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Notti insonni, finestre e vite altrui immaginate.


Ai tempi dell'università, complice l'essere caduto nel tunnel di Final Fantasy XI con tutte le sue meccaniche assuefacenti da MMORPG, a poco a poco avevo preso l'abitudine di fare sempre più tardi la notte. Prima di cedere al sonno e andare a letto però, mi ritrovavo ad affacciarmi dalla finestra della mia stanza e guardare gli scorci del mio quartiere avvolti da un buio via via più flebile all'affacciarsi dell'aurora dal mare. A dirla tutta per lo più maledicevo il palazzo di fronte, alto giusto quel piano che bastava a tagliarmi la visuale di parte del centro storico e soprattutto della cattedrale, lasciandone scoperte giusto le punte delle guglie e della cupola. Però in quel palazzo, un paio di piani sotto al mio, c'era una per certi versi rassicurante certezza: ogni volta che tiravo fino a quell'ora, trovavo sistematicamente un uomo affacciato alla sua finestra. Abbastanza in là con gli anni, un viso da Novello Novelli un po' meno smunto, con indosso una canottiera bianca e un'immancabile sigaretta in mano, era sempre lì a compiere quello che probabilmente era il suo rito quotidiano post risveglio, anche se la sua vista sfortunatamente si limitava a un altro brutto palazzo costruito durante la speculazione edilizia degli anni '60 e alla strada sottostante. Flashforward di più di una dozzina d'anni, nel periodo post Covid. La stanza è ancora quella e io ho ripreso a fare sempre più tardi, arrivando spesso a vedere l'alba. Continuo a maledire il palazzo di fronte per la visuale di cui mi priva ma questa volta non vedo nessuno affacciarsi da quella finestra. Gli anni passati (e la pandemia) non lasciano spazio a tante spiegazioni alternative alla sua assenza.

Non ho mai interagito con lui, anche se forse in un occasione o due i nostri sguardi si sono incrociati per un istante, ma ammetto che un paio di volte sono andato a dormire chiedendomi chi fosse e immaginandomi quali storie potessero nascondersi dietro a quel volto da attore da commedia dallo sguardo malinconico. Ovviamente notte veniva fuori qualcosa di diverso e senza una conclusione, visto che il sonno rimandato troppo a lungo era lì pronto a prendermi...

All'epoca non lo sapevo ma, in senso molto lato, in qualche modo stavo anticipando lo spirito di un GDR indie che avrei scoperto molto più tardi e in cui di fatto si raccontano le vicende di una casa e della famiglia che la abita.

Sì, alla fine questo treno di pensieri nato dalla notizia di un lutto e dell'inevitabile sensazione di spaesamento per il tempo che passa è stato dirottato verso una stazione più comoda e familiare rispetto al riversare su internet un'intera catena di ricordi intimi, e quindi anche questo post è diventato un pretesto per parlare nuovamente di un gioco, come temo accadrà spesso. Se l'argomento non vi interessa potete saltare tutta la parte che segue e non vi perderete niente 😅

La casa sul confine dei ricordi...

House of Reeds di Sam Kabo Ashwell, di cui trovate qui la traduzione italiana fatta da Antonio Amato, è un gioco che potrebbe risultare decisamente atipico per chi da questo medium si aspetta avventure, combattimenti, punti esperienza, ecc. Quanto atipico? Giusto per fare un esempio, ɜ giocatorɜ non avranno un personaggio di loro “proprietà” ma sceglieranno di volta in volta quali personaggi vogliono in scena.
E il resto come funziona? Sintetizzando il più possibile un regolamento già breve, per cominciare le persone al tavolo stabiliranno assieme i cardini dell'ambientazione, dopo di che a turno contribuiranno a creare prima una mappa/planimetria della casa e infine il cast dei personaggi che la abitano. Una volta creata l'ambientazione si può cominciare a giocare: chi è di turno pescherà una carta con sopra uno spunto narrativo che dovrà essere portato in scena, quindi dirà in che stagione e in quale stanza ci troviamo, descrivendo anche un particolare che la rende diversa dal solito (e segnandolo nella planimetria se si tratta di qualcosa di sufficientemente importante e duraturo), chi è presente al suo interno e infine procederà con la narrazione.

Immagine di una carta spunto con scritto: Supporto - Mostra come i membri della famiglia si supportano a vicenda nelle avversità.

Una carta che idealmente dovrebbe spuntare nel “mazzo” di ogni famiglia

Quando tuttɜ ɜ giocatorɜ avranno narrato una scena, nella fiction sarà passato un anno; si aggiorneranno le età dei vari personaggi e si procederà a ricominciare il giro da capo e così via fino alla conclusione della giocata, che avverrà quando vorranno i giocatori (un buon momento per chiudere è dopo aver pescato carta Trasloco).

Fondamentalmente questo è tutto. Rispetto ad altri giochi senza GM però qui c'è un'ulteriore particolarità: anche se l'autore nelle 8 pagine scarse del manuale lo dà per scontato non specificandolo da nessuna parte, sarà solamente lə giocatorə di turno a narrare la scena senza assegnare personaggi ad altrɜ giocatorɜ o coinvolgerli per farli dialogare; l'interazione sta nel prendere quanto hanno già creato lɜ altrɜ ed espanderlo scena dopo scena.

...la stessa sempre, come tu la sai

Una cosa da tenere a mente è che la costante indiscussa di tutto il gioco è la casa. Grazie alle carte pescate potrebbe accadere che la famiglia si espanda o che perda qualche componente, o perfino che a un certo punto traslochi in blocco, ma qualsiasi cosa succeda, la casa sarà sempre lì, pronta ad accogliere ogni nuova famiglia che eventualmente la abiterà.
Va anche detto che in House of Reeds casa e famiglia sono concetti molto laschi: la casa può essere qualunque luogo vogliamo e la famiglia qualsiasi gruppo di persone che vive al suo interno. Una caverna e un gruppo di Neanderthal sono casa e famiglia? Certo che sì. Un laboratorio di ricerca sottomarino pieno di personale scientifico? Altrettanto. L'ultimo avamposto dell'umanità al confine con il Nulla e ɜ Guardianɜ che devono impedire che si espanda in quel che resta del mondo? E chi sono io per dirvi no?

Screenshot di un tavolo di Tabletop Simulator con su disegnata una planimetria di una stazione spaziale

E una roba ispirata a Star Trek (disegnata malissimo su Tabletop Simulator ma toccava accontentarsi) ce l'abbiamo?

Questa ampiezza delle due definizioni mi ha portato a osservare un curioso fenomeno in tutte le partite che ho giocato finora: l'approccio Out There ha sempre prevalso sul Down Here, cioè nessuna delle persone coinvolte ha scelto di ambientare la giocata nel mondo “reale” raccontando davvero la storia di una famiglia “normale”, ma piuttosto ha scelto sempre elementi fantastici o il più lontano possibile dalla quotidianità, e la cosa un po' mi dispiace.

Non fraintendetemi, anche “là fuori” sono venute fuori delle belle storie condivise; ricordo ancora con molto piacere la giocata in cui la casa era una nave pirata e la famiglia la sua ciurma, solo che più andavamo avanti più emergeva che quella nave era qualcosa di fuori dal tempo, destinata a navigare in mare aperto da e per chissà quanto, e che invece di trovare un approdo incontrava man mano navi sempre più moderne e potenti, ma anche se terrorizzata la ciurma veniva spinta a combattere dalla tonante voce di un capitano sempre chiuso nella sua cabina e che nessuno ricorda di aver mai visto di persona. La giocata si è conclusa col Trasloco, che in questo caso è stato il tanto agognato avvistamento della terra. Solo che una volta scesi si sono trovati di fronte a un'isola con uno strano fenomeno: due soli in direzione opposta, uno ormai al tramonto e l'altro al principio dell'alba. La ciurma sceglie di andare verso l'alba, tranne il nostromo che di ricominciare da capo non ha voglia e si incammina verso ovest, sperando di trovare la pace mentre osserva la nave ormai priva di equipaggio salpare verso chissà dove.

Capisco perfettamente perché in moltɜ preferiscano provare nel gioco di ruolo qualcosa di totalmente estraneo alla propria vita quotidiana, ma imho House of Reeds è il gioco giusto per lasciarsi andare e provare a giocare una storia che coinvolga anche un uomo attempato che inizia le sue giornate fumando affacciato a una finestra mentre guarda con espressione imperscrutabile la strada sottostante, che a volte c'è bisogno anche di toccare quelle corde ed è un peccato rinunciarci, un po' per partito preso, un po' per non uscire dalla propria comfort zone.

In ogni caso questo è un GDR che merita a prescindere dall'approccio con cui lo volete giocare; dategli una chance se potete e scoprite che storie verranno fuori dalle vostre case.

Hashtag rilevanti: #RobsCabinetOfMemories, #RobsCabinetOfGDR, #GDRSegreto


log.livellosegreto.it/robercra…



Giochi di Ruolo, Musica e anni '90


Ah, gli anni '90. Friends in TV, il Grunge, la guerra del Britpop tra Blur e Oasis, i CD - sempre troppo cari - da comprare nel tuo negozio di dischi preferito, quando Napster e gli mp3 ancora non sapevamo cosa fossero... un bel tuffo nel passato, ma in realtà non è di questo che parlerò. Non direttamente, quantomeno.

Se per vostra sfortuna vi siete imbattuti in qualche mio toot su Livello Segreto, c'è una buona possibilità che al suo interno ci fosse menzionato qualche gioco di ruolo pressoché sconosciuto ai più, con un paio di indiziati che ritorna spesso sul luogo del delitto.
Prevedibilmente, uno di questi - oltre a essere diventato immediatamente uno dei miei GDR preferiti - è il vero soggetto di questo post.

Damn the Man, Save the Music!

Copertina del manuale, raffigurante un gruppo di giovani all'interno di un negozio di dischi
Una copertina che dice tutto

Una doverosa premessa prima che continuiate a leggere è che questa non vuole essere una recensione - che per scriverla ho la stessa competenza di uno che sul campo di calcetto ci va in infradito e accappatoio1 - quanto piuttosto un tentativo di riorganizzare i pensieri e mettere su pagina il perché questo gioco continua a piacermi tanto a distanza di anni da quando l'ho scoperto per caso.

I know this, that if I win this roll I will save the place that I work from being sold, and the jobs of my friends that work there. Thus striking a blow at all that is evil and making this world a better place to be in.


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Fotogramma dal film Empire Records. Uno dei personaggi seduto sul divano guarda qualcuno di fronte a lui, mentre i sottotitoli recitano 'Damn the Man!'
Credici, Lucas.

Ispirato dichiaratamente a film come La vita è un sogno (Dazed and Confused) ed Empire Records, Damn the Man,Save the Music! di Hannah Shaffer è un GDR one-shot sul tentativo di salvare qualcosa che amiamo: ɜ nostrɜ giovani protagonistɜ si troveranno a gestire il caos che l'evento firma-copie di una capricciosa Rockstar un po' in declino porterà nel loro negozio, sperando che tutto questo possa rimpinguare le casse quanto basta per continuare a tenerlo aperto ancora per un po'.
Sì, perché il nostro amato "Revolution Records" da parecchio tempo è alla canna del gas; fino a oggi è riuscito a rimanere a galla in qualche modo, ma gli incassi sono sempre più scarsi e una grossa catena in franchise ha fiutato il sangue e vuole approfittarne per buttarci fuori e rilevare i nostri locali.

Suona familiare? Beh, fondamentalmente è la trama di (appunto) Empire Records, dal quale il gioco ha preso diversi elementi. Se l'avete visto, dando un'occhiata agli archetipi dei personaggi di Damn the Man vi verrà facile collegarli ai protagonisti del film.

Ma salvare il nostro posto di lavoro non sarà l'unico nostro cruccio: ogni personaggio ha anche un proprio obiettivo personale da provare a realizzare entro fine giornata e dei rapporti tesi da ricucire con lɜ altrɜ.
Allo stesso tempo, la mancanza di soldi non è l'unico problema del negozio: il morale scarso, i casini personali dellə nostrə Capə, i possibili guai con la comunità (come un picchetto di "Mamme preoccupate contro la musica degenerata" o i vicini che chiamano la polizia per il casino) sono sempre in agguato, pronti a peggiorare man mano che il gioco prosegue.

Ok, ma come si gioca?


Dando per scontato2 che bene o male sappiate cosa sia un gioco di ruolo, se siete arrivati fin qui magari vi state chiedendo come funziona Damn the Man per sommi capi.

Per cominciare, la divisione dei ruoli segue un impianto abbastanza classico, con unə Facilitatorə che avrà il compito di gestire il mondo di gioco, impostare le scene iniziali ecc., e il resto dellɜ giocatorɜ che interpreteranno i propri personaggi e cercheranno di portare a termine gli incarichi che lə loro Capə o la Rockstar capricciosa gli daranno.

Come materiali servono giusto un po' di dadi a sei facce bianchi e neri (o comunque di due colori distinguibili), un mazzo di carte francesi, delle matite, una copia delle schede, e la cosa più difficile da procurarsi: altre 3-4 persone con cui giocare.

Una scheda del personaggio di Damn the Man, Save the Music!, in questo caso del Flirt o Piacione nell'edizione italiana

La semplicità fatta scheda.

Se la vostra pietra di paragone è D&D potreste rimanere un po' spiazzati: a parte quelli per tenere traccia del livello dei guai del negozio, non ci sono valori numerici da inserire nella vostra scheda; le cose importanti da definire saranno piuttosto il vostro stile, il genere di musica che preferite, un vostro obiettivo a breve termine (che possa essere completata in un giorno) e le relazioni che avete con lɜ altrɜ giocatorɜ.

Per quanto riguarda il gioco giocato, tutto si svolge in un solo giorno, seguendo una struttura in tre atti, ciascuno ambientato in un momento diverso della giornata: l'apertura del negozio, il firma-copie e la chiusura. C'è anche un breve montaggio di apertura che precede il primo atto, in cui vengono introdotti i personaggi e, ugualmente, alla conclusione del terzo segue un montaggio di chiusura, in cui si tireranno le somme della giornata e scopriremo il destino di negozio e personaggi. Ogni atto dura un numero fisso di scene pari al numero di giocatorɜ, in modo che tuttɜ abbiano una scena da protagonistɜ.

Sarà compito dellə Facilitatorə impostare le scene, iniziando con lə Capə (o la Rockstar stessa) che darà allə protagonista un incarico da svolgere, che sia una cosa semplice come distribuire dei volantini fuori dal negozio o una più assurda come riacciuffare l'amatissimo (e selvatico) struzzo da compagnia della Rockstar, scappato per il rumore della folla.
Lə protagonista (e lɜ altrɜ giocatorɜ se i loro personaggi sono presenti) interpreterà la sua scena ruolando liberamente fino al momento della sua risoluzione che, come vedremo, sarà quando verranno tirati i dadi. Il modo in cui si deciderà di affrontarla - cioè scegliendo se dare il massimo per portare a termine l'incarico, trovare un momento per ricucire una relazione con un altro personaggio o fregarsene e puntare al proprio obiettivo personale - oltre a definire quello che succede nella fiction, avrà un impatto sul numero di dadi da tirare.

Non starò a scrivervi tutte le regole, ma in sostanza le carte servono a determinare quali guai colpiranno il negozio, mentre i dadi quale sarà il risultato delle scene.
Fondamentalmente la meccanica di risoluzione consiste in questo: lə Protagonista tira x dadi bianchi, lə Facilitatorə tira x dadi neri e si confrontano i valori più alti di ciascun colore. Se vince il bianco l'incarico è riuscito, se vince il nero l'incarico è fallito e si pesca una carta per aggravare un problema del negozio, mentre nel caso di un pareggio l'incarico non è ancora risolto e nelle scene successive unə altrə giocatorə potrà decidere di completare anche un incarico in sospeso, ammesso però che riesca a completare il suo.

In ogni caso, gli incarichi rimasti in sospeso, le scelte fatte e il valore dei problemi del negozio decideranno il destino dei nostri personaggi e dell'amato Revolution Records nel montaggio di epilogo.

Sì, ma perché ti piace così tanto?


Ecco, qui arriva la parte complicata, che a riassumere (male) un regolamento ci vuole relativamente poco ma tradurre sensazioni ed emozioni in frasi sensate è un altro paio di maniche.

Per cominciare, direi per il tema: le storie di tentativi disperati di salvare qualcosa che ci è particolarmente caro hanno sempre il loro fascino, specie se il medium con cui ne usufruisci ti permette di viverle in prima persona. E alla fine il Revolution Records è la rappresentazione perfetta di quel posto magari un po' scalcinato e popolato da gente un po' strana ma in cui vi sentite a casa vostra. Se avete avuto la fortuna di trovarne uno nella vostra vita, potete capire cosa si perde quando alla fine anche l'ultimo sforzo si rivela non essere abbastanza.

Disegno tratto dal manuale, con una vetrina del negozio, tra cui spicca un cartello che recita: in qualche modo siamo ancora aperti

Ovviamente i fascisti non sono benvenuti nel negozio (o al tavolo).

Da questo punto di vista, credo ci sia un che di poetico nel fatto che l'edizione italiana di Damn the Man sia stato l'ultimo gioco pubblicato dalla Dreamlord Games prima della sua chiusura, e un po' mi piace pensare che sia stata una scelta voluta per sottolineare l'addio alle scene di quella che nel suo piccolo è stata una delle mie case editrici di giochi indie preferite.

Per il resto, ammettiamolo candidamente, la vena nostalgica per gli anni '90 è un po' un cheat code per me: una finestra aperta sugli anni delle medie e del liceo, tante cose amate (e odiate) potenzialmente da rivivere sublimate da una fiction che ti permette di tagliare fuori, se vuoi, tutti gli aspetti negativi di quel periodo, che spesso il filtro della nostalgia ti fa dimenticare ma che erano dannatamente presenti.

Poi c'è la musica, che per certi versi è un gioco nel gioco: il montaggio iniziale e finale prevedono una canzone di sottofondo, reale o fittizia che sia e, se da un lato c'è il piacere di riascoltare (o scoprire) pezzi dell'epoca creando delle playlist ad hoc, dall'altro c'è anche quello di inventarsi di sana pianta assieme al resto della gente al tavolo gruppi, canzoni e generi musicali.

Fotogramma dei Simpson con la cassetta scassata del padre di Milhouse col brano Can I Borrow a Feeling?

“Uh, I've got something I'd like to say! Would you guys please do a favour for a guy in love?”

(Perché nel nostro universo oltre ai Van Halen esistono i Van Houten, e “Can I Borrow a Feeling?” è un pezzone della madonna!)

E al di là di tutto, Damn the Man rimane un gran bel gioco che riesce a veicolare benissimo il tipo di fiction a cui si ispira, in tutte le sue possibili declinazioni, serie o comiche che siano.
Ricordo ancora una giocata in cui un cialtronissimo Artista travagliato che di nascosto viveva da squatter dentro al negozio, grazie a una monumentale faccia di bronzo, riuscì a convincere la Rockstar a finanziargli una mostra personale e a mantenerlo a sbafo per chissà quanto. Un vero maestro di vita, altroché.

No, La playlist non richiesta nooo...


...e invece, per concludere (e per testare come posso smanettare col testo su Log), vi lascio con un esempio di playlist venuta fuori durante una partita, con i pezzi a scandire i vari momenti del gioco:

Skunk Anansie – Selling Jesus, da Paranoid & Sunburnt (1995)

Belle and Sebastian – Expectations, da Tigermilk (1996)
Elastica – Waking up, da Elastica (1995)
The Muffs – Lucky Guy, da The Muffs (1993)
Tricky – Hell is Round The Corner, da Maxinquaye (1995)

The Prodigy – Breathe, da The Fat of the Land (1997)
Blur – Song 2, da Blur (1997)
Pulp – Common People, da Different Class (1995)
Sleeper – Sale of the Century, da The It Girl (1996)

Eels – Novocaine For The Soul, da Beautiful Freak (1996)
Radiohead – Let Down, da OK Computer (1997)
The Smashing Pumpkins – 1979, da Mellon Collie and the Infinite Sadness (1995)
Stereolab – French Disko, dall'EP Jenny Ondioline (1993) o la raccolta Refried Ectoplasm (1995)

Garbage – When I Grow Up, da Version 2.0 (1998)

Che poi è anche il bello di giochi del genere: alla fine ne puoi ricavare anche dei “manufatti” di qualche tipo che ti ricorderanno i bei momenti al tavolo.

Ma direi che ho abusato fin troppo della vostra pazienza, quindi riporto la DeLorean nel 2025 e vi saluto ^^

Hashtag rilevanti: #RobsCabinetOfGDR, #GDRSegreto, #TTRPG, #GDR, #DamnTheManSaveTheMusic, #Anni90, #90s.


1. [Voleva essere un esempio di totale impreparazione ma ripensandoci vedere la gente giocare a calcio in infradito e accappatoio potrebbe essere dannatamente divertente... 🤔]
2. [Sì, sto dando molto per scontato, anche perché la definizione è molto più ampia e sfumata di quella che di solito si pensa. Personalmente a me piace molto quella di Rugerfred]


log.livellosegreto.it/robercra…