Skip to main content


[piriche]qualche segnale si è visto le miniature la carbonifera] in misura i leganti a misura di leganti santelle quiescenti un vetro [è spaccato] è popolare perché segna l'invaso o un] manipolo sacche di fluido marcatore scenario diviso con spaghi sottilissimi l'articolo è sullo scaffale [recita data] l'occasione si aggirano] il salvacondotto visibile qualche sacca mezza] [cartuccia


noblogo.org/lucazanini/piriche



[provetecniche] unbroken

chiuso nel cerchio fa spigoli il condominio vista a terra nel ventuno A4 scade l'autostrada i noleggi perdono liquido liquori simili] ogni ventuno stoppie delle lavorazioni a] specchio l'occupazione notula da statistica tentati] [dal demonio rifugi in cartapesta l'ipergotico o scampoli in pianura] affreschi non datati danno indìzi l'architettura] da manuale occupa lo spazio regolatore la] scultura


noblogo.org/lucazanini/provete…



AMBIENTE, SMANTELLATA IN CROAZIA RETE CRIMINALE. I RIFIUTI PROVENIVANO ANCHE DALL'ITALIA


Nei giorni scorsi le autorità di contrasto croate hanno arrestato 13 persone, indagate per far parte di una rete criminale ambientale.

I principali sospettati, due cittadini croati, si ritiene abbiano orchestrato l'importazione illegale di rifiuti pericolosi dall'Italia, dalla Slovenia e dalla Germania alla Croazia.

Invece di essere adeguatamente trattati e smaltiti, i rifiuti sono stati semplicemente sepolti o scaricati in almeno tre siti illegali.

E' stato stimato che almeno 35 000 tonnellate di rifiuti siano state smaltite illegalmente in questo modo, generando un profitto di almeno 4 milioni di euro per i criminali.

Leggi tutto quipoliverso.org/display/0477a01e…


noblogo.org/cooperazione-inter…


AMBIENTE, SMANTELLATA IN CROAZIA RETE CRIMINALE.


AMBIENTE, SMANTELLATA IN CROAZIA RETE CRIMINALE. I RIFIUTI PROVENIVANO ANCHE DALL'ITALIA


Nei giorni scorsi le autorità di contrasto croate hanno arrestato 13 persone, indagate per far parte di una rete criminale ambientale.

I principali sospettati, due cittadini croati, si ritiene abbiano orchestrato l'importazione illegale di rifiuti pericolosi dall'Italia, dalla Slovenia e dalla Germania alla Croazia.

Invece di essere adeguatamente trattati e smaltiti, i rifiuti sono stati semplicemente sepolti o scaricati in almeno tre siti illegali.

E' stato stimato che almeno 35 000 tonnellate di rifiuti siano state smaltite illegalmente in questo modo, generando un profitto di almeno 4 milioni di euro per i criminali.

Leggi tutto quipoliverso.org/display/0477a01e…


Segui il blog e interagisci con i suoi post nel fediverso. Scopri dove trovarci:l.devol.it/@CoopIntdiPoliziaTutti i contenuti sono CC BY-NC-SA (creativecommons.org/licenses/b…)Le immagini se non diversamente indicato sono di pubblico dominio.



Segui il blog e interagisci con i suoi post nel fediverso. Scopri dove trovarci:l.devol.it/@CoopIntdiPoliziaTutti i contenuti sono CC BY-NC-SA (creativecommons.org/licenses/b…)Le immagini se non diversamente indicato sono di pubblico dominio.





[provetecniche]notizia il concept caucasico] la spuma Irina fa lo spelling l'ospite] la variante incluso parcheggio una trappola in cucina] l'esca secca ad alta pressione [feroce satira del mondo dello spettacolo o] fallisce nello stesso l'iperbarico lo] include senza Sandokan [senza Anna dei miracoli senza Fitzcarraldo senza Andrew Manson senza il piccolo Ranger senza Max Graf senza La Fontaine senza re Lear senza Madame Bovary senza Pio nono decimo undecimo senza Kirk Douglas [il tip-tap] senz'altro


noblogo.org/lucazanini/provete…



Lloyd Cole And The Commotions - Rattlesnakes (1984)


immagine

Rattlesnakes è l'album di debutto del gruppo britannico Lloyd Cole and the Commotions, pubblicato il 12 ottobre 1984. L'album raggiunse il numero 13 nella classifica degli album del Regno Unito e includeva i singoli di successo “Perfect Skin” (#26 nel Regno Unito), “Forest Fire” (#41 nel Regno Unito, #25 in Nuova Zelanda) e “Rattlesnakes” (#65 nel Regno Unito, #31 nei Paesi Bassi).


Ascolta: album.link/i/1444138482



noblogo.org/available/lloyd-co…


Lloyd Cole And The Commotions - Rattlesnakes (1984)


immagine

Rattlesnakes è l'album di debutto del gruppo britannico Lloyd Cole and the Commotions, pubblicato il 12 ottobre 1984. L'album raggiunse il numero 13 nella classifica degli album del Regno Unito e includeva i singoli di successo “Perfect Skin” (#26 nel Regno Unito), “Forest Fire” (#41 nel Regno Unito, #25 in Nuova Zelanda) e “Rattlesnakes” (#65 nel Regno Unito, #31 nei Paesi Bassi).


Ascolta: album.link/i/1444138482


HomeIdentità DigitaleSono su: Mastodon.uno - Pixelfed - Feddit


#25 #26 #31 #65 #41


SALMO - 13 (12)


IMPLORAZIONE A DIO1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.

2 Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?

3 Fino a quando nell'anima mia addenserò pensieri, tristezza nel mio cuore tutto il giorno? Fino a quando su di me prevarrà il mio nemico?

4 Guarda, rispondimi, Signore, mio Dio, conserva la luce ai miei occhi, perché non mi sorprenda il sonno della morte,

5 perché il mio nemico non dica: “L'ho vinto!” e non esultino i miei avversari se io vacillo.

6 Ma io nella tua fedeltà ho confidato; esulterà il mio cuore nella tua salvezza, canterò al Signore, che mi ha beneficato. _________________Note

13,1 L’insistente richiesta di aiuto al Signore, formulata mediante il grido caratteristico delle suppliche (Fino a quando, Signore? vv. 2-3; cf Sal 6,4), ha origine dalle angosce e dai pericoli che minacciano il giusto. Anche Dio sembra dimenticarsi del suo fedele, che dal profondo della sofferenza ravviva la sua fiducia, prorompendo in un inno di lode.

13,3 anima e cuore: esprimono qui unitariamente quelle realtà interiori dell’uomo che lo rendono capace di avvertire sensazioni tumultuose e angosciate.

=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti


Salmo 13 (12) – Supplica insistente e fiduciosa Supplica individuale

Questo carme si può prendere come modello del genere letterario delle “Suppliche individuali”. Infatti oltre al rapporto triangolare dei soggetti: Dio, l'io ed essi (= i nemici), il salmo abbraccia tutti gli elementi che qualificano tale genere. La composizione poetica è breve, semplice e trasparente nelle sue idee, ma profonda nei sentimenti e sensazioni che riesce a trasmettere. Insieme alla sensazione di impaziente urgenza data dall'espressione «fino a quando?» (‘ad ’ānâ), ripetuta quattro volte nei vv. 2-3, predominano nel carme i campi semantici simbolici del vedere e del sentire-parlare, nonché quello inerente alla morte. Il nome del Signore si incontra all'inizio (v. 2), al centro (v. 4) e alla fine (v. 6).

Divisione:

  • vv. 2-3: lamento;
  • vv. 4-5: supplica e sua motivazione;
  • v. 6: ringraziamento.

vv. 2-3. Questi due versetti sono dominati dall'espressione «fino a quando?» ripetuta quattro volte, che nel simbolismo numerico indica la totalità delle direzioni cardinali spaziali. L'espressione, che introduce una domanda retorica, oltre a vivacizzare il lamento, implica una certa protesta radicale, per risolvere finalmente una situazione fattasi pesante e insostenibile.

v. 2. «continuerai a dimenticarmi..»; il salmista si lamenta della dimenticanza di Dio nei suoi riguardi, dandogli la sensazione di un prolungato disinteresse, cfr. Sal 77,8-9; Lam 5,20.

v. 3. «affanni... tristezza... nemico»: l'orante enumera gli effetti del nascondimento di Dio: le angosce e la tristezza nel suo intimo, e i nemici all'esterno. «il nemico»: l'espressione si trova al singolare qui e nel v. 5a; al plurale («avversari») nel v. 5b. L'oscillazione tra il singolare e il plurale ricorre spesso nei salmi di lamentazione. La figura del nemico è generica, ma aperta a diverse possibilità; può essere un singolo o una collettività, o perfino la malattia e la morte (cfr. 1Cor 15,26).

v. 4. «Guarda..»: l'espressione è caratteristica della preghiera dell'AT. Serve ad attirare l'attenzione sulle necessità dell'orante. Lo sguardo di Dio inoltre indica certezza di esaudimento, cfr. Sal 80,15; 84,10. «Signore mio Dio»: è l'invocazione più intima dell'orante; evidenzia lo stretto rapporto personale con Dio. «luce ai miei occhi... sonno della morte»: le due espressioni sono qui correlative e antitetiche. Il salmista chiede al Signore di conservargli la luce degli occhi, cioè mantenerlo in vita (cfr. 1Sam 14,27.29), e non farlo morire. Per l'immagine della luce come «vita», cfr. Sal 36,10; Gb 33,28.30. Per l'immagine della morte come «sonno», cfr. Ger 51,39; Gb 3,13; e nel NT 1Cor 15,6.18.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


🔝C A L E N D A R IIndice BIBBIAHomepage



Forse intendevi Distretto?


Mi chiamo Trent, o almeno, questo è il soprannome che mi hanno dato i miei amici campagnoli all'epoca in cui ero campagnolo anche io. No, non intendevo “distretto”, intendevo proprio “dispetto”, ma non c'è nulla di maligno in ciò: è semplicemente un ironico gioco di parole per rendere un'idea immediata dello spirito con cui ho deciso di scrivere questo blog.

Sono un #fisioterapista di Cure Primarie che lavora nei servizi domiciliari, e voglio raccontare la mia professione, la #sanità territoriale, la Pubblica Amministrazione ed, eventualmente, attimi di vita in maniera ironica, sempre nel rispetto della privacy, non solo dei pazienti, ma anche dei miei colleghi e dell'amministrazione in cui lavoro. Per questo motivo, qualsiasi persona presente nei miei aneddoti, sarà menzionata sempre con un nome di fantasia; e per quanto riguarda l'ambientazione, vi basti sapere che lavoro nelle zone periferiche di una grande città, e che, spesso e volentieri, le mie mansioni mi portano anche in zone extraurbane. Anche se qualche lettore sarà, probabilmente, sufficientemente attento da individuare indizi incontrovertibili, non fornirò mai espliciti riferimenti.

Voglio raccontare che cosa si cela dietro alla mia proverbiale gentilezza, efficienza, ed esaustività – almeno così dicono di me – perché sì, lavorare a contatto col pubblico, indovinate un po'...?

*rullo di tamburi*

È STRESSANTE!

Quello che ho appena detto è scontatissimo, e l'avrete certamente già sentito dire e ripetere fino alla nausea da baristi, commessi, cassieri, receptionist, addetti alle vendite, addetti al post-vendita, direttori del marketing, direttori delle risorse umane, venditori porta a porta, muratori, idraulici, manutentori, imbianchini, agricoltori... Vabbè dai, lo dicono un po' tutti i lavoratori, ma alla fine non hanno nemmeno torto. Finalmente il mondo si sta rendendo conto che i rapporti umani fanno la differenza, anche se devi sostituire una marmitta, vendere una forma di formaggio, o alzare la cornetta e dire “Buongiorno, sono Riccarda, in cosa posso esserle utile?”. L'unica cosa che mi sento di puntualizzare è che, in sanità, noi professionisti abbiamo a che vedere con un'utenza sofferente, ansiosa, spaesata, e spesso prevenuta, oppure illusa.

Cosa si nasconde dietro alla professionalità con cui io e molti miei colleghi approcciamo all'utenza? Impossibile rispondere con una sola parola o con un solo concetto. A volte dietro ad un comportamento ineccepibile si nasconde compassione, a volte simpatia, a volte imbarazzo, fastidio, distacco, o addirittura rabbia. Avere a che fare con un pubblico sofferente significa avere grandi soddisfazioni, ottenere la stima e la fiducia delle persone che si incontrano, ma, in tanti casi, significa anche internalizzare il malessere altrui, sentirsi impotenti o eccessivamente responsabilizzati. Ho perso il conto delle volte in cui avrei voluto appoggiare la penna, alzare la testa e dire alla persona che avevo davanti frasi del tipo:

“Mi stai prendendo per il culo?”

Oppure:

“Senti, non è colpa mia... Chiamati lo psicologo.”

Raccontare le Cure Primarie, nel mio immaginario, significa esaltare quanto di bello si possa trovare in questo mondo, ed esorcizzare tutti quegli aspetti che uno eliminerebbe volentieri.

Ecco, questo secondo punto – ovvero esorcizzare – è, nel mio immaginario, lo scopo dei miei futuri post.


noblogo.org/dispettosociosanit…



Scuola: la classe di concorso spesso sconosciuta per la quale nessuno fa domanda


Esiste una classe di concorso nella scuola pubblica italiana, quella dell’educatore facente parte del personale educativo che in pochi conoscono, se non gli addetti ai lavori. Accade così che quando gli aspiranti supplenti nella scuola si inseriscono nelle graduatorie, si inseriscono come professori e ignorando che la loro laurea dà accesso anche alla professione del personale educativo non spulciano la classe di concorso PP “personale educativo” pur avendone diritto. Paradosso che non si trovano supplenti in alcune province, anche nel Sud Italia. Ma chi è l’educatore nei convitti scolastici? Spesso l’opinione pubblica confonde il profilo dell’educatore della scuola, con quello dell’educatore nelle istituzioni penitenziarie, nelle case famiglia, negli asili nido o addirittura con l’educatore socio-sanitario. Si tratta di profili professionali completamente diversi. Il precettore o istitutore, in latino: magister o praefectus era la persona addetta all'istruzione e all'ammaestramento dei figli di famiglie ricche e/o nobili. Era una figura tipica soprattutto dei tempi in cui, mancava un sistema educativo diffuso e l’educatore svolgeva la propria opera all'interno della famiglia. Con l’avvento dei convitti, prima religiosi, poi laici dello stato, tale figura assunse il nome di istitutore, svolta sia da preti che da insegnanti statali. L’educatore dei convitti si avvicina a tale tipologia lavorativa. La denominazione di istitutore/trice, ancora tutt’ora in uso per consuetudine in alcuni convitti è stata soppiantata da quella di educatore. Un breve manuale reperibile cliccando sulla copertina del libro sopra fa chiarezza su questa figura professionale, il suo ruolo, come lo si diventa e la raccolta di leggi di questo profilo professionale poco conosciuto. Le lauree che danno accesso a questa professione nella scuola pubblica italiana sono: L 19-Scienze dell'educazione, Laurea in Scienze della formazione primaria: indirizzo scuola primaria, LM 57-Scienze dell'educazione degli adulti e della formazione continua, LM 85 bis-Scienze della formazione primaria, LM 85-Scienze pedagogiche, LS 65-Scienze dell'educazione degli adulti e della formazione continua, LS 87-Scienze pedagogiche e infine il Diploma magistrale se il corso di studi è iniziato entro l'anno scolastico 1997-1998 e il titolo è stato conseguito entro l'anno scolastico 2001-2002.


noblogo.org/caserta24ore/bscuo…



Scuola. La classe di concorso spesso sconosciuta per la quale nessuno fa domanda

Esiste una classe di concorso nella scuola pubblica italiana, quella dell’educatore facente parte del personale educativo che in pochi conoscono, se non gli addetti ai lavori. Accade così che quando gli aspiranti supplenti nella scuola si inseriscono nelle graduatorie, si inseriscono come professori e ignorando che la loro laurea dà accesso anche alla professione del personale educativo non spulciano la classe di concorso PP “personale educativo” pur avendone diritto.


Paradosso che non si trovano supplenti in alcune province, anche nel Sud Italia. Ma chi è l’educatore nei convitti scolastici? Spesso l’opinione pubblica confonde il profilo dell’educatore della scuola, con quello dell’educatore nelle istituzioni penitenziarie, nelle case famiglia, negli asili nido o addirittura con l’educatore socio-sanitario. Si tratta di profili professionali completamente diversi. Il precettore o istitutore, in latino: magister o praefectus era la persona addetta all'istruzione e all'ammaestramento dei figli di famiglie ricche e/o nobili. Era una figura tipica soprattutto dei tempi in cui, mancava un sistema educativo diffuso e l’educatore svolgeva la propria opera all'interno della famiglia. Con l’avvento dei convitti, prima religiosi, poi laici dello stato, tale figura assunse il nome di istitutore, svolta sia da preti che da insegnanti statali. L’educatore dei convitti si avvicina a tale tipologia lavorativa. La denominazione di istitutore/trice, ancora tutt’ora in uso per consuetudine in alcuni convitti è stata soppiantata da quella di educatore.
Un breve manuale reperibile solo a questo link (LIBRO) fa chiarezza su questa figura professionale, il suo ruolo, come lo si diventa e la raccolta di leggi di questo profilo professionale poco conosciuto. Le lauree che danno accesso a questa professione nella scuola pubblica italiana sono: L 19-Scienze dell'educazione, Laurea in Scienze della formazione primaria: indirizzo scuola primaria, LM 57-Scienze dell'educazione degli adulti e della formazione continua, LM 85 bis-Scienze della formazione primaria, LM 85-Scienze pedagogiche, LS 65-Scienze dell'educazione degli adulti e della formazione continua, LS 87-Scienze pedagogiche e infine il Diploma magistrale se il corso di studi è iniziato entro l'anno scolastico 1997-1998 e il titolo è stato conseguito entro l'anno scolastico 2001-2002.


noblogo.org/caserta24ore/bscuo…



[provetecniche]notizia il concept caucasico] la spuma Irina fa lo spelling l'ospite] la variante incluso parcheggio una trappola in cucina] l'esca secca ad alta pressione [feroce satira del mondo dello spettacolo o] fallisce nello stesso l'iperbarico lo] include senza Sandokan [senza Anna dei miracoli senza Fitzcarraldo senza Andrew Manson senza il piccolo Ranger senza Max Graf senza La Fontaine senza re Lear senza Madame Bovary senza Pio nono decimo undecimo senza Kirk Douglas senza Eco [il tip-tap] senz'altro


noblogo.org/lucazanini/provete…



Senza principi?


Predicazione su Ecclesiaste 7, 15-18


versione audio

A volte succedono cose strane! Un giovane che aveva appena preso la patente è stato salvato dalla polizia e da un carro attrezzi dai gradini di una chiesa. Come ha fatto ad arrivare? Beh, aveva seguito senza esitazione le indicazioni del navigatore satellitare, che gli aveva indicato un percorso più breve per arrivare a destinazione.

Una volta invece ho rischiato di finire in un fiume. Tornando da una riunione del Servizio Cristiano a Riesi, avevo intenzione di cambiare strada. Mi stavo seccando di dover sempre passare per Catania e pensavo che ci dovesse essere una strada a ovest dell’Etna che mi avrebbe fatto tornare a Messina. Ho programmato il navigatore e via. A un certo punto, mi ha fatto imboccare una strada sterrata, ma non c'era nulla di cui preoccuparsi: talvolta la strada più breve, il navigatore me la fa fare anche su sterrato. Mi avvicinavo al fiume e, quando il navigatore mi ha detto di voltare a sinistra sul ponte, il ponte non c’era. Era ormai buio pesto e vedevo solo le acque del fiume. Ho fatto quindi retromarcia e ho fatto la solita strada via Catania.

Certo, il navigatore satellitare è utile. Ci indica la strada, ci dà l'orientamento e ci aiuta a trovare luoghi che non abbiamo ancora visitato. Ci dà sicurezza alla guida. È positivo che i navigatori satellitari esistano. Tuttavia, non possono sostituire il pensiero alla guida.

Anche nella vita di tutti i giorni abbiamo dei sistemi di navigazione. Si chiamano principi. La maggior parte delle persone segue alcuni principi o atteggiamenti fondamentali nella vita. Seguiremo regole che abbiamo stabilito per noi stessi o regole che altri hanno stabilito e che riteniamo giuste e adeguate. Ma ha senso seguire queste regole nel bene e nel male?

Alcune persone vogliono essere sempre puntuali e non arrivare mai in ritardo. Ma cosa succede se qualcuno ha bisogno del mio aiuto immediato e io vengo trattenuto da un'emergenza? Cosa è più importante: la mia puntualità o il mio aiuto? Per altri è molto importante non mentire, ma dire sempre la verità. Essere sinceri e onesti. Ma non ci sono anche bugie giustificate? Un esempio è quando un potere criminale chiede alle persone di tradire gli amici. Oppure quando, all'inizio di una diagnosi di malattia, si omettono cose molto spiacevoli; o anche solo la piccola bugia per educazione, quando un interlocutore dice: “Sono contento di essere qui con voi”, anche se preferirebbe di gran lunga bere un bicchiere di vino con gli amici o leggere un libro in pace a casa. Sono bugie giustificate?

E che dire della nostra fede ora? Nel nostro rapporto con Dio? Ci devono essere dei principi, devono valere dei principi e devono essere rispettati. Non è così?

Ve ne siete accorti? Il nostro testo ci pone un grande punto interrogativo. Mi sono chiesto: la Bibbia predica forse un tiepido arrancare nella vita con le sue esigenze? Dovrebbe essere questo il principio su cui basare la nostra vita? Non può essere vero, no?

In ogni caso, dalla Bibbia mi aspetto qualcos'altro: chiarezza e linearità. Contiene i dieci comandamenti e molte altre regole di vita. La Bibbia non esorta forse continuamente alla giustizia? O al contrario: di tenersi lontani dall'empietà e dalla malvagità?

Il libro biblico di Qoelet, da cui è tratto il testo del nostro sermone odierno, è uno dei cosiddetti libri sapienziali, insieme ai Proverbi e a Giobbe. Sono scritti da donne e uomini che hanno osservato molto da vicino il mondo che li circondava.

Poi hanno riassunto le loro osservazioni e le hanno messe per iscritto. Il risultato è stato un insieme di regole di vita. Regole che, se seguite, possono far sì che la vita vada per il verso giusto.

Anche il nostro testo inizia con una constatazione della realtà: “Ho visto tutto questo”. Chi vorrebbe contraddire ciò che è registrato qui come una constatazione? Un uomo malvagio vive a lungo e in pace con la sua malvagità. E viceversa: un giusto perisce a causa della sua giustizia. Anche se non è facile stabilire se ciò a cui si fa riferimento qui è “a causa della sua giustizia” o “per la sua giustizia”. Entrambe le cose sono possibili. La vita ci insegna anche che chi si impegna a vivere sempre secondo i principi della giustizia può fallire miseramente: a causa dei propri ideali, della propria testardaggine, ma anche della realtà della vita.

Che cosa suggerisce il nostro saggio per affrontare questa situazione? Quale consiglio dà il Qoelet? Ebbene, mette in guardia con urgenza dal “troppo”. E anche in questo caso ci lascia senza fiato. Non siate troppo giusti o troppo saggi, per non rovinarvi. È possibile? Si può essere troppo giusti e troppo saggi? La giustizia e la saggezza non sono mai abbastanza. La giustizia e la saggezza sono qualità e comportamenti del tutto positivi e buoni.

Tuttavia, secondo Qoelet, sembra che ci sia un eccesso. È evidente che, quando dà i suoi consigli, ha in mente un certo tipo di persona. Una persona che si attiene scrupolosamente alle leggi religiose, etiche e alle istruzioni dei maestri di saggezza. Egli pensa che questo sia il modo per fare fortuna o almeno vivere a lungo.

Non posso fare fortuna né garantire una lunga vita a me stesso, non posso crearle per me stesso. Non c'è alcuna garanzia in merito. La felicità, il senso, una buona vita arriveranno, oppure no.

C'è un'altra cosa che la persona troppo giusta e saggia dimentica: la vita vera non può essere imprigionata tra due coperture di leggi e regole di vita. Si può vivere solo in modo pratico e concreto, nel qui e ora.

Forse conoscete anche il tipo di persone che Qoelet ha in mente: Quelli che hanno sempre ragione e che vogliono sempre dirci cosa è giusto e cosa è sbagliato, che hanno una risposta per tutto, anche se non si chiede loro nulla; che vogliono dirmi cosa devo pensare e come devo vivere.

Gesù ha descritto questo tipo di persona nella storia del fariseo e dell'esattore delle tasse: Una persona che pensa di dover osservare scrupolosamente tutte le leggi e che alla fine non riesce a cogliere la cosa più importante: l'umanità.

E dove questo manca, si perisce davvero. Un commentario scrive che la parola che la nostra Bibbia traduce con “perire” significa anche “diventare spoglio, vuoto”. Una persona che si attiene troppo meticolosamente alla lettera diventa vuota, desolata, perché manca di ciò che costituisce la vita: lo spirito, il cuore. Il nostro testo mette in guardia da questo.

Ma naturalmente non dobbiamo nemmeno essere empi e stolti per non morire prima del tempo. Perché ovviamente il testo del sermone, con il suo monito contro una giustizia troppo rigida, non significa che dobbiamo agire in modo eccessivamente ingiusto. Né tantomeno che dobbiamo agire in modo eccessivamente sciocco. Si tratta piuttosto della giusta misura.

Ma qual è la misura giusta? Sentiamo due risposte a questa domanda.

La prima: è bene che tu ti attenga all'una e non lasci sfuggire di mano l'altra. Qoelet ripete così il consiglio che ha appena dato: non essere troppo giusto, non essere troppo saggio, ma anche non essere troppo ingiusto o troppo sciocco. Non essere un cavaliere dei principi, ma nemmeno uno che cerca solo il proprio vantaggio e attraversa la vita con i gomiti in fuori.

Piuttosto, mantenete la giusta misura. Ma qual è lo standard della giusta misura? Lo dice l'ultima frase del nostro testo: chi teme Dio sfugge a tutte queste cose. Chi teme Dio sfugge al pericolo di essere rovinato o di perdere la mente e il cuore. E chi teme Dio sfugge al pericolo di morire prima del tempo. Dio deve quindi essere lo standard per le nostre azioni. Non i comandamenti e le leggi, non i saggi e i consigli saggi e morali della Bibbia, ma Dio stesso.

E questo suona improvvisamente del tutto coerente, perché Dio stesso agisce nel modo raccomandato da Qoelet. Dio può anche deviare dalle regole di base che ha stabilito e decidere spontaneamente in modo diverso da quello che ci aspettiamo. Noè e la sua generazione lo hanno sperimentato. Sì: Dio manda il diluvio perché l'uomo agisce in modo malvagio e corrompe la terra. Ma alla fine della storia diventa chiaro: l'uomo non cambia a causa del diluvio, ma Dio cambia. Egli promette di non permettere che un diluvio si abbatta di nuovo sulla terra.

Anche Giona fa questa esperienza. Viene incaricato da Dio di annunciare la caduta della città di Ninive, capitale degli ostili Assiri. Lo fa – scoraggiato. E alla fine, Dio risparmia Ninive. Dio cambia idea. Con grande disappunto di Giona, che affronta Dio con sfida: “Sapevo che tu sei benevolo, misericordioso, longanime e di grande bontà, e che ti penti del male” (Giona 4,2).

Come apprendiamo dalla Bibbia, Dio non è un cavaliere dei principi. Può, se vuole, deviare dai suoi principi una volta che questi sono stati stabiliti. Può essere misericordioso e benevolo, paziente e di grande bontà, come l'Antico Testamento non si stanca di lodare.

Perché – dice il salmista del Salmo 130 – Se tieni conto delle colpe, Signore, chi potrà resistere?

Perciò la raccomandazione di Qoelet di non essere troppo giusti e non troppo saggi, ma anche non troppo stolti e non troppo privi di Dio, non va assolutamente intesa come un invito a vivere la vita in modo tiepido. Piuttosto, dovremmo trattare noi stessi e le persone che ci circondano secondo gli standard di Dio: misericordiosi e benevoli, pazienti e di grande bontà.

Nella Chiesa dei primi secoli, la preparazione dei candidati al battesimo iniziava in questa domenica. Nelle nove settimane che precedevano il giorno del battesimo nella Veglia pasquale, essi imparavano ciò che dovevano sapere per la loro vita cristiana. All'inizio c'è l'immagine del Dio misericordioso. Questa è la cosa più importante. Spero che questa immagine del Dio misericordioso rimanga nei nostri cuori fino a Pasqua e oltre. E spero che questa immagine aiuti anche noi a essere misericordiosi. Amen.

Nota, la versione audio non sempre combacia con la versione scritta


noblogo.org/jens/senza-princip…


Senza principi?


Predicazione su Ecclesiaste 7, 15-18


clicca qui per la versione audio su Castopod

A volte succedono cose strane! Un giovane che aveva appena preso la patente è stato salvato dalla polizia e da un carro attrezzi dai gradini di una chiesa. Come ha fatto ad arrivare? Beh, aveva seguito senza esitazione le indicazioni del navigatore satellitare, che gli aveva indicato un percorso più breve per arrivare a destinazione.

Una volta invece ho rischiato di finire in un fiume. Tornando da una riunione del Servizio Cristiano a Riesi, avevo intenzione di cambiare strada. Mi stavo seccando di dover sempre passare per Catania e pensavo che ci dovesse essere una strada a ovest dell’Etna che mi avrebbe fatto tornare a Messina. Ho programmato il navigatore e via. A un certo punto, mi ha fatto imboccare una strada sterrata, ma non c'era nulla di cui preoccuparsi: talvolta la strada più breve, il navigatore me la fa fare anche su sterrato. Mi avvicinavo al fiume e, quando il navigatore mi ha detto di voltare a sinistra sul ponte, il ponte non c’era. Era ormai buio pesto e vedevo solo le acque del fiume. Ho fatto quindi retromarcia e ho fatto la solita strada via Catania.

Certo, il navigatore satellitare è utile. Ci indica la strada, ci dà l'orientamento e ci aiuta a trovare luoghi che non abbiamo ancora visitato. Ci dà sicurezza alla guida. È positivo che i navigatori satellitari esistano. Tuttavia, non possono sostituire il pensiero alla guida.

Anche nella vita di tutti i giorni abbiamo dei sistemi di navigazione. Si chiamano principi. La maggior parte delle persone segue alcuni principi o atteggiamenti fondamentali nella vita. Seguiremo regole che abbiamo stabilito per noi stessi o regole che altri hanno stabilito e che riteniamo giuste e adeguate. Ma ha senso seguire queste regole nel bene e nel male?

Alcune persone vogliono essere sempre puntuali e non arrivare mai in ritardo. Ma cosa succede se qualcuno ha bisogno del mio aiuto immediato e io vengo trattenuto da un'emergenza? Cosa è più importante: la mia puntualità o il mio aiuto? Per altri è molto importante non mentire, ma dire sempre la verità. Essere sinceri e onesti. Ma non ci sono anche bugie giustificate? Un esempio è quando un potere criminale chiede alle persone di tradire gli amici. Oppure quando, all'inizio di una diagnosi di malattia, si omettono cose molto spiacevoli; o anche solo la piccola bugia per educazione, quando un interlocutore dice: “Sono contento di essere qui con voi”, anche se preferirebbe di gran lunga bere un bicchiere di vino con gli amici o leggere un libro in pace a casa. Sono bugie giustificate?

E che dire della nostra fede ora? Nel nostro rapporto con Dio? Ci devono essere dei principi, devono valere dei principi e devono essere rispettati. Non è così?

Ve ne siete accorti? Il nostro testo ci pone un grande punto interrogativo. Mi sono chiesto: la Bibbia predica forse un tiepido arrancare nella vita con le sue esigenze? Dovrebbe essere questo il principio su cui basare la nostra vita? Non può essere vero, no?

In ogni caso, dalla Bibbia mi aspetto qualcos'altro: chiarezza e linearità. Contiene i dieci comandamenti e molte altre regole di vita. La Bibbia non esorta forse continuamente alla giustizia? O al contrario: di tenersi lontani dall'empietà e dalla malvagità?

Il libro biblico di Qoelet, da cui è tratto il testo del nostro sermone odierno, è uno dei cosiddetti libri sapienziali, insieme ai Proverbi e a Giobbe. Sono scritti da donne e uomini che hanno osservato molto da vicino il mondo che li circondava.

Poi hanno riassunto le loro osservazioni e le hanno messe per iscritto. Il risultato è stato un insieme di regole di vita. Regole che, se seguite, possono far sì che la vita vada per il verso giusto.

Anche il nostro testo inizia con una constatazione della realtà: “Ho visto tutto questo”. Chi vorrebbe contraddire ciò che è registrato qui come una constatazione? Un uomo malvagio vive a lungo e in pace con la sua malvagità. E viceversa: un giusto perisce a causa della sua giustizia. Anche se non è facile stabilire se ciò a cui si fa riferimento qui è “a causa della sua giustizia” o “per la sua giustizia”. Entrambe le cose sono possibili. La vita ci insegna anche che chi si impegna a vivere sempre secondo i principi della giustizia può fallire miseramente: a causa dei propri ideali, della propria testardaggine, ma anche della realtà della vita.

Che cosa suggerisce il nostro saggio per affrontare questa situazione? Quale consiglio dà il Qoelet? Ebbene, mette in guardia con urgenza dal “troppo”. E anche in questo caso ci lascia senza fiato. Non siate troppo giusti o troppo saggi, per non rovinarvi. È possibile? Si può essere troppo giusti e troppo saggi? La giustizia e la saggezza non sono mai abbastanza. La giustizia e la saggezza sono qualità e comportamenti del tutto positivi e buoni.

Tuttavia, secondo Qoelet, sembra che ci sia un eccesso. È evidente che, quando dà i suoi consigli, ha in mente un certo tipo di persona. Una persona che si attiene scrupolosamente alle leggi religiose, etiche e alle istruzioni dei maestri di saggezza. Egli pensa che questo sia il modo per fare fortuna o almeno vivere a lungo.

Non posso fare fortuna né garantire una lunga vita a me stesso, non posso crearle per me stesso. Non c'è alcuna garanzia in merito. La felicità, il senso, una buona vita arriveranno, oppure no.

C'è un'altra cosa che la persona troppo giusta e saggia dimentica: la vita vera non può essere imprigionata tra due coperture di leggi e regole di vita. Si può vivere solo in modo pratico e concreto, nel qui e ora.

Forse conoscete anche il tipo di persone che Qoelet ha in mente: Quelli che hanno sempre ragione e che vogliono sempre dirci cosa è giusto e cosa è sbagliato, che hanno una risposta per tutto, anche se non si chiede loro nulla; che vogliono dirmi cosa devo pensare e come devo vivere.

Gesù ha descritto questo tipo di persona nella storia del fariseo e dell'esattore delle tasse: Una persona che pensa di dover osservare scrupolosamente tutte le leggi e che alla fine non riesce a cogliere la cosa più importante: l'umanità.

E dove questo manca, si perisce davvero. Un commentario scrive che la parola che la nostra Bibbia traduce con “perire” significa anche “diventare spoglio, vuoto”. Una persona che si attiene troppo meticolosamente alla lettera diventa vuota, desolata, perché manca di ciò che costituisce la vita: lo spirito, il cuore. Il nostro testo mette in guardia da questo.

Ma naturalmente non dobbiamo nemmeno essere empi e stolti per non morire prima del tempo. Perché ovviamente il testo del sermone, con il suo monito contro una giustizia troppo rigida, non significa che dobbiamo agire in modo eccessivamente ingiusto. Né tantomeno che dobbiamo agire in modo eccessivamente sciocco. Si tratta piuttosto della giusta misura.

Ma qual è la misura giusta? Sentiamo due risposte a questa domanda.

La prima: è bene che tu ti attenga all'una e non lasci sfuggire di mano l'altra. Qoelet ripete così il consiglio che ha appena dato: non essere troppo giusto, non essere troppo saggio, ma anche non essere troppo ingiusto o troppo sciocco. Non essere un cavaliere dei principi, ma nemmeno uno che cerca solo il proprio vantaggio e attraversa la vita con i gomiti in fuori.

Piuttosto, mantenete la giusta misura. Ma qual è lo standard della giusta misura? Lo dice l'ultima frase del nostro testo: chi teme Dio sfugge a tutte queste cose. Chi teme Dio sfugge al pericolo di essere rovinato o di perdere la mente e il cuore. E chi teme Dio sfugge al pericolo di morire prima del tempo. Dio deve quindi essere lo standard per le nostre azioni. Non i comandamenti e le leggi, non i saggi e i consigli saggi e morali della Bibbia, ma Dio stesso.

E questo suona improvvisamente del tutto coerente, perché Dio stesso agisce nel modo raccomandato da Qoelet. Dio può anche deviare dalle regole di base che ha stabilito e decidere spontaneamente in modo diverso da quello che ci aspettiamo. Noè e la sua generazione lo hanno sperimentato. Sì: Dio manda il diluvio perché l'uomo agisce in modo malvagio e corrompe la terra. Ma alla fine della storia diventa chiaro: l'uomo non cambia a causa del diluvio, ma Dio cambia. Egli promette di non permettere che un diluvio si abbatta di nuovo sulla terra.

Anche Giona fa questa esperienza. Viene incaricato da Dio di annunciare la caduta della città di Ninive, capitale degli ostili Assiri. Lo fa – scoraggiato. E alla fine, Dio risparmia Ninive. Dio cambia idea. Con grande disappunto di Giona, che affronta Dio con sfida: “Sapevo che tu sei benevolo, misericordioso, longanime e di grande bontà, e che ti penti del male” (Giona 4,2).

Come apprendiamo dalla Bibbia, Dio non è un cavaliere dei principi. Può, se vuole, deviare dai suoi principi una volta che questi sono stati stabiliti. Può essere misericordioso e benevolo, paziente e di grande bontà, come l'Antico Testamento non si stanca di lodare.

Perché – dice il salmista del Salmo 130 – Se tieni conto delle colpe, Signore, chi potrà resistere?

Perciò la raccomandazione di Qoelet di non essere troppo giusti e non troppo saggi, ma anche non troppo stolti e non troppo privi di Dio, non va assolutamente intesa come un invito a vivere la vita in modo tiepido. Piuttosto, dovremmo trattare noi stessi e le persone che ci circondano secondo gli standard di Dio: misericordiosi e benevoli, pazienti e di grande bontà.

Nella Chiesa dei primi secoli, la preparazione dei candidati al battesimo iniziava in questa domenica. Nelle nove settimane che precedevano il giorno del battesimo nella Veglia pasquale, essi imparavano ciò che dovevano sapere per la loro vita cristiana. All'inizio c'è l'immagine del Dio misericordioso. Questa è la cosa più importante. Spero che questa immagine del Dio misericordioso rimanga nei nostri cuori fino a Pasqua e oltre. E spero che questa immagine aiuti anche noi a essere misericordiosi. Amen.

Nota, la versione audio non sempre combacia con la versione scritta

Jens HansenMastodon




I giochi gratis della settimana!


Essere puntuale nel pubblicare questi articoli il Giovedì sera, ultimamente mi viene difficile. Quindi non userò più (almeno per ora) il titolo “i giochi gratis del Giovedì”.

Steam

Stellar Mess: The Princess Conundrum (Chapter 1)


  • Genere: Avventura, Indie
  • Sviluppatore: Tibba Games
  • Editore: Tibba Games
  • Franchise: Stellar Mess
  • Data di rilascio: 27 Febbraio 2023


Stellar Mess è un gioco d'avventura punta e clicca in 2D, ambientato da qualche parte nella Patagonia argentina. Il gioco si ispira ai primi giochi classici EGA del genere.
Pagina ProtonDB

Lo potete riscattare gratuitamente da questo link fino il 27 Febbraio 2025, ore 19:00.


Epic Games Store

F1® Manager 2024


  • Genere: Simulazione, Strategia
  • Sviluppatore: Frontier Developments
  • Editore: Frontier Developments
  • Franchise: Frontier Developments, FrontierDev
  • Data di rilascio: 23 Luglio 2024


Conduci la tua squadra al trionfo in F1® Manager 2024. La nuova stagione di Formula 1® è iniziata, portando con sé l'esperienza manageriale di F1® più completa di sempre. Scrivi la storia di uno dei dieci costruttori ufficiali di F1® oppure, per la prima volta, crea la tua squadra dei sogni.
Pagina ProtonDB

Lo potete riscattare gratuitamente da questo link fino il 20 Febbraio 2025, ore 17:00.


Amazon Prime Gaming

Dark Sky


  • Genere: Indie, GDR, Strategia
  • Sviluppatore: Ganymede Games
  • Editore: Midwest Games
  • Franchise: Midwest Games
  • Data di rilascio: 24 Settembre 2024


Dark Sky è un deckbuilder RPG narrativo che presenta combattimenti tattici e un sistema di aggiornamento delle carte ramificato. Assembla il tuo gruppo, personalizza il tuo mazzo e sfrutta potenti sinergie per padroneggiare battaglie strategiche mentre sveli il mistero dietro una catastrofe planetaria.
Pagina ProtonDB

Lo potete riscattare gratuitamente da questo link fino il 16 Aprile 2025.


The Smurfs 2 – The Prisoner of the Green Stone


  • Genere: Azione, Avventura
  • Sviluppatore: OSome Studio
  • Editore: Microids
  • Data di rilascio: 02 Novembre 2023


Puffo Pratico ha creato un'invenzione rivoluzionaria: PuffoMix! Tuttavia, manca un ingrediente fondamentale, la Pietra verde, che è nelle avide grinfie di Gargamella. Quindi Puffo Pratico e la sua squadra partono in missione per recuperare la famosa pietra dal laboratorio di Gargamella, ma un passo falso fatale la fa esplodere e i suoi frammenti si spargono per tutta la Terra maledetta.
Oltre a liberare nella natura i suoi incredibili poteri di copiare e decomporre la materia, la Pietra verde ha liberato il malvagio Stolas, un nuovo ordine deciso a creare un regno di terrore. Un team di esperti costituito da 4 Puffi deve quindi avventurarsi attraverso vari teletrasporti per trovare i frammenti della Pietra verde e ricomporli prima che faccia precipitare il mondo nel caos.Ben equipaggiati, i Puffi possono contare sul PuffoMix e su un alleato inaspettato...Gargamella

Pagina ProtonDB

Lo potete riscattare gratuitamente da questo link fino il 14 Maggio 2025.


Lysfanga: The Time Shift Warrior


  • Genere: Azione, Indie, Strategia
  • Sviluppatore: Sand Door Studio
  • Editore: Spotlight by Quantic Dream
  • Data di rilascio: 13 Febbraio 2024


Il destino del tuo Regno dipende da te... da te... e da te. Riavvolgi il tempo per creare cloni del tuo passato e combatti con un esercito tutto tuo. Diventa una legione e trionfa su orde di mostri per salvare Antala in questo gioco tattico Hack and slash.
Pagina ProtonDB

Lo potete riscattare gratuitamente da questo link fino il 14 Maggio 2025.


Hardspace: Shipbreaker


  • Genere: Simulazione
  • Sviluppatore: Blackbird Interactive
  • Editore: Focus Entertainment
  • Franchise: Focus Entertainment
  • Data di rilascio: 24 Maggio 2022


Con tecnologia di recupero all'avanguardia a portata di mano, taglia e smonta navi spaziali per recuperare materiali di valore. Potenzia il tuo equipaggiamento per lavorare su contratti sempre più impegnativi e ripagare il tuo debito miliardario con la LYNX Corp!
Pagina ProtonDB

Lo potete riscattare gratuitamente da questo link fino il 13 Aprile 2025.


noblogo.org/linuxitaliagaming/…



Billy Bragg & Wilco - Mermaid Avenue (1998)


immagine

Mermaid Avenue è un album del 1998 di testi inediti scritti dal cantante folk americano Woody Guthrie, musicati e interpretati dal cantante britannico Billy Bragg e dalla band americana Wilco. Il progetto è stato il primo di diversi progetti simili organizzati dalla figlia di Guthrie, Nora Guthrie, direttrice originale della Woody Guthrie Foundation e degli archivi. Mermaid Avenue è stato pubblicato dall'etichetta Elektra Records il 23 giugno 1998. Un secondo volume di registrazioni, Mermaid Avenue Vol. II, è seguito nel 2000 ed entrambi sono stati raccolti in un cofanetto insieme al volume tre nel 2012 come Mermaid Avenue: The Complete Sessions. I progetti prendono il nome dalla canzone “Mermaid's Avenue”, scritta da Guthrie. Questo era anche il nome della strada di Coney Island, New York, in cui viveva Guthrie. Secondo American Songwriter Magazine, “Il progetto Mermaid Avenue è essenziale per dimostrare che Woody Guthrie poteva illuminare ciò che stava accadendo dentro di lui così come poteva descrivere nei dettagli la difficile situazione del suo prossimo”. È stato votato al numero 939 nella terza edizione dei 1000 migliori album di tutti i tempi di Colin Larkin (2000).


Ascolta: album.link/i/1679829563



noblogo.org/available/billy-br…


Billy Bragg & Wilco - Mermaid Avenue (1998)


immagine

Mermaid Avenue è un album del 1998 di testi inediti scritti dal cantante folk americano Woody Guthrie, musicati e interpretati dal cantante britannico Billy Bragg e dalla band americana Wilco. Il progetto è stato il primo di diversi progetti simili organizzati dalla figlia di Guthrie, Nora Guthrie, direttrice originale della Woody Guthrie Foundation e degli archivi. Mermaid Avenue è stato pubblicato dall'etichetta Elektra Records il 23 giugno 1998. Un secondo volume di registrazioni, Mermaid Avenue Vol. II, è seguito nel 2000 ed entrambi sono stati raccolti in un cofanetto insieme al volume tre nel 2012 come Mermaid Avenue: The Complete Sessions. I progetti prendono il nome dalla canzone “Mermaid's Avenue”, scritta da Guthrie. Questo era anche il nome della strada di Coney Island, New York, in cui viveva Guthrie. Secondo American Songwriter Magazine, “Il progetto Mermaid Avenue è essenziale per dimostrare che Woody Guthrie poteva illuminare ciò che stava accadendo dentro di lui così come poteva descrivere nei dettagli la difficile situazione del suo prossimo”. È stato votato al numero 939 nella terza edizione dei 1000 migliori album di tutti i tempi di Colin Larkin (2000).


Ascolta: album.link/i/1679829563


HomeIdentità DigitaleSono su: Mastodon.uno - Pixelfed - Feddit




SALMO - 12 (11)


CONTRO LA MENZOGNA E L’ARROGANZA1 Al maestro del coro. Sull'ottava. Salmo. Di Davide.

2 Salvami, Signore! Non c'è più un uomo giusto; sono scomparsi i fedeli tra i figli dell'uomo.

3 Si dicono menzogne l'uno all'altro, labbra adulatrici parlano con cuore doppio.

4 Recida il Signore le labbra adulatrici, la lingua che vanta imprese grandiose,

5 quanti dicono: “Con la nostra lingua siamo forti, le nostre labbra sono con noi: chi sarà il nostro padrone?“.

6 “Per l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, ecco, mi alzerò – dice il Signore –; metterò in salvo chi è disprezzato”.

7 Le parole del Signore sono parole pure, argento separato dalle scorie nel crogiuolo, raffinato sette volte.

8 Tu, o Signore, le manterrai, ci proteggerai da questa gente, per sempre,

9 anche se attorno si aggirano i malvagi e cresce la corruzione in mezzo agli uomini. _________________Note

12,1 L’invocazione a Dio nasce nel cuore dell’orante dalla constatazione del prevalere della menzogna e dell’orgoglio. Ma Dio si alza a difesa dei poveri e dei miseri (v. 6). Il salmo può essere collocato tra le lamentazioni individuali (v. 2) e collettive (vv. 8-9).

=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti


Salmo 12 (11) – Supplica contro i bugiardi Supplica collettiva contro i peccati di lingua (+ motivi liturgici e sapienziali)

Il campo semantico che domina il salmo è quello della parola doppia e bugiarda dell'uomo, e quella pura e veritiera di Dio. ÈÌ presente il classico schema triangolare dei personaggi “Dio, noi, essi (nemici)”, comune al genere delle “Suppliche”. Il TM presenta qualche difficoltà. Il metro è di 4 + 4 accenti.

Divisione:

  • v. 2-3: appello introduttivo di salvezza;
  • vv. 4-5: appello imprecatorio contro le malelingue;
  • v. 6: oracolo;
  • v. 7: commento sapienziale all'oracolo;
  • vv. 8-9: fiducia nel divino soccorso.

v. 2. «Salvami, Signore»: il pressante appello, significato dallo stato enfatico del verbo, è presente anche altrove nella Bibbia; cfr. Sal 3,8; 20,10; 69,2; 2Re 6,26. «è scomparsa la fedeltà...»: si tratta di un iperbole che amplifica il senso di vuoto e di scoraggiamento dell'orante.

V. 5. «Per la nostra lingua siamo forti... chi sarà nostro padrone?»: il salmista riporta il discorso arrogante dei bugiardi che osano sfidare lo stesso Dio, credendosi potenti con l'uso distorto e doppio della parola. È il peccato di hybris come quello del re di Babilonia di Is 14,13-15

v. 6. Oracolo. E il cuore del salmo. Il Signore risponde prontamente alla pressante invocazione iniziale del v. 2. Egli interverrà a difendere i miseri e i poveri, facili prede di raggiri, d'inganni e di ingiustizie da parte di chi si serve indiscriminatamente e spregiudicatamente della parola. «io sorgerò»: l'alzarsi di Dio è azione tipica per un intervento salvifico (o punitivo) di Dio, come di un giudice o di un generale, cfr. Is 33,10; Sal 76,10; 102,14.

vv. 8-9. Il salmo si chiude con i vv. 8-9 in inclusione con il v. 2, manifestando la fiducia nella giustizia e nel soccorso di Dio, che libererà il suo popolo dalla piaga degli empi e arroganti bugiardi.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


🔝C A L E N D A R IIndice BIBBIAHomepage



L'Appeso. Tatuaggio che mi sono fatto, una decina di anni fa, sull'interno dell'avambraccio sinistro. Non ricordo adesso se fosse il quarto o il quinto dei sette che ho. Mi piacque perché una delle interpretazioni che avevo letto di questo Arcano Maggiore (non conosco assolutamente i Tarocchi) è che rappresenta l'inversione degli schemi. Assolutamente in linea con un precedente tatuaggio che m'ero fatto, un aforisma di Samuel Butler che recita, nella versione che ho conosciuto, “La gallina è solo il modo con il quale un uovo fa un altro uovo”. Lo trovai uno splendido esempio di cambio di paradigma, di prospettiva. Mi sono fermato poi a 7 tatuaggi, già ben prima del Covid sicché qualche anno lo è, però l'ultimo mi è particolarmente caro. È una frase arrangiata tratta dalla canzone di Jarabe de Palo “Depende” nella versione spagnola e che recita: “Aquí estamos de prestado. Uno nace y luego muere y este cuento se ha acabado.” Ah, l'unica motivazione che mi ha spinto a cominciare, tra l'altro a 53 o 54 anni, a farmi dei tatuaggi è stata “Perché sì”, non sono riuscito a trovarne a posteriori altre che mi convincessero di più.


noblogo.org/54rv36u/lappeso



carote dimenticate da dio


Quanti di noi comprano le carote, le mettono con amore e le migliori intenzioni nel cassetto basso del frigorifero e dopo settimane quelle poveracce sono ancora lì, stanche, in attesa di un destino migliore del rattrappirsi?

Bene, questa volta oltre alle carote che chiedevano pietà avevo anche della farina di mandorle che mi girava per la dispensa da troppo tempo. Rispolverando le ormai dimenticate doti acquisite all'alberghiero quando ancora era di moda il walkman, ho tirato su una (modestamente) ottima:

Torta di carote, arancia e farina di mandorle


3 uova 120 gr. zucchero 250/300 gr carote (esauste mi raccomando) 180 gr. farina di mandorle 100 gr. farina di grano tenero tipo 00 1 bustina di lievito per dolci 4 cucchiai di olio di oliva (no EVO) oppure girasole/semi la scorza di una arancia non trattata il succo dell'arancia di cui sopra

Io comincio dalla cosa più noiosa, imburrare e infarinare la tortiera. Uso un diametro 24 perché mi piace che venga bella alta ma va bene anche più larga (cuocerà prima occhio). Pulite e grattugiate le carote (io uso l'attrezzo con cui le metto anche nell'insalata, quello che le fa a scaglie come il parmigiano) così anche questo passaggio noioso è fatto. Setacciate farina e lievito per poi mischiarli alla farina di mandorle. Montate con uno sbattitore uova e zucchero e quando sarà montato aggiungete l'olio, la scorza ed il succo di arancia senza mescolare. Se siete sbadati come me, vi ricordo di grattare la scorza prima di spremere l'arancia.. Siete pronti per unite il mix farina/mandorle in due tempi, usando una spatola e facendo un movimento dal basso verso l'alto per non far smontare il composto. Ora non resta che dare una degna fine alle nostre carote sofferenti, unitele al composto allo stesso modo e se vi sembra troppo denso allungatelo con del latte, latte di mandorla, altra arancia o quello che avete (anche Cointreau perché no). Versate nella tortiera, livellate e mettete in forno statico preriscaldato a 180° per 35/40 minuti. Per verificare la cottura pungete con uno stecchino di legno o metallo la torta e se questo esce asciutto ci siamo. Se avete usato uno stampo apribile potete togliere l'anello dopo 5 minuti e dopo altri 5 min. girarla su un piatto o una graticola per farla raffreddare. Se la tortiera è invece un pezzo solo, vi consiglio aspettate 10/15 minuti prima di girarla così da non rischiare che la torta si rompa. Altrettanto importante, non dimenticatevi la torta nello stampo perché da fredda non la staccate più. O meglio farete un disastro ma è buona uguale.

Vi dirò che questa torta salva carota a mio avviso è uno spettacolo, ottima in ogni momento della giornata.

Un abbraccio al fediverso cui affido la ricetta


noblogo.org/spaziovuoto/carote…



[provetecniche] spioventi

provenire la parte metallica le] imitazioni plastiche mimetiche toccate da rumore anomalo branchie] lasciate per strada -o] fanno cerniere autopulenti ricami nonstop mai arrivate anche le cornici in taniche antifungine un Lautrec nel cul de sac la] darsena al buio un] bicchiere fa da lente i segni sulla nota carburante hanno] mangiato le previsioni per] locale dentro file di intermittenti


noblogo.org/lucazanini/provete…



Freespeach


Ma non vedo sinceramente il problema. Io condivido in pieno i valori di quei merdosi schifosi puzzolenti di americani, mi piacciono i loro faccioni da deretani flaccidi. Il cibo spazzatura e cancerogeno che introitano e le loro panze piene di colesterolo sono davvero il top. Poi Vance in particolare ha un bel visino da ratto di fogna e ogni cosa che dice è volgare e vomitevole come piace a me che adoro questa sua inclinazione da zerbino, suddito e voltagabbana indispensabile per avere successo nella vita. E poi adoro i social degli oligarchi americani, quelli che ti permettono di dire in pubblico che Bezos ha la faccia come una scoreggia interrotta a metà e che Zuckerberg sembra il deretano di una scimmia africana senza melatonina. Infine adoro quel rincoglionito, demente e sessuofobico, probabilmente satanista e nazista di Musk e la sua filosofia del freespeach che vorrei importata anche nella mia vecchia Europa. Esalto gli ideali terrapiattisti e satanisti di RFK junior che mi appartengono e che vorrei diventassero valori fondanti per tutto l’occidente. Evviva la libertà di pensiero e di parola!

immagine


noblogo.org/strano-biovolta/fr…



La tempesta 2


Trasmissione Radio RAI FVG – 6 febbraio 2025


ascolta tutto l'episodio

Un bubbolìo lontano… Rosseggia l’orizzonte, come affocato, a mare: nero di pece, a monte, stracci di nubi chiare: tra il nero un casolare: un’ala di gabbiano.Giovanni Pascoli, Temporale

A me le tempeste sul mare piacciono. Quando ho fatto la vela, ho sempre approfittato dei momenti prima dello scatenarsi della tempesta per avere il vento migliore e volare quasi sopra il mare. Tutto davanti a delle nuvole scure che facevano contrasto con il mare le cui onde iniziarono a fare schiuma. Anche le passeggiate invernali sulle dighe del mare con un forte vento che fa arrivare l’acqua quasi in cima alla diga. Quante passeggiate ho fatto e quante fotografie ho scattato di una tempesta o anche un temporale in arrivo. Gli elementi in subbuglio, colori scuri, nuvole minacciose e in mezzo io, vedere il cielo oscurarsi, gravido di nuvole, il mare mosso dal vento forte, il vento nel viso.

E’ ben diverso quando la tempesta, la devi affrontare nella propria vita, ti trovi con l’acqua alla gola, il vento forte della paura ti rende difficile respirare. Quando è il momento della tempesta, quando una perdita ti toglie la terra da sotto i piedi, cerchi un sostegno, un riparo per non farti travolgere e per non finire con le parole del profeta Giona che si rivolge a Dio: Tu mi hai gettato nell'abisso, nel cuore del mare; la corrente mi ha circondato, tutte le tue onde e tutti i tuoi flutti mi hanno travolto.

La tempesta può anche arrivare lentamente, ma tu la senti già arrivare, pregusti già l’acqua che ti arriva alla gola. Ti trovi in un letto dell’ospedale, vieni curato per un colpo che ti è venuto e poi, durante la terapia per recuperare le tue forze, ecco, arriva una nuova diagnosi, cancro. La tempesta perfetta che arriva quasi come l’alta marea che inesorabilmente fa salire l’acqua.

La tempesta può arrivare al ciel sereno. Da un attimo all’altro perdi il lavoro, in un attimo sono esauriti i risparmi, non paghi più le bollette, salti sempre più pasti, e alla fine ti sfrattano, ti trovi sulla strada con l’acqua alla gola.

Allora, in mezzo alla tempesta hai bisogno di qualcuno che stia come una roccia nel mare in tempesta e fermi le onde.

Il nostro testo fa vedere Gesù come il Signore sulle forze della natura e sulle tempeste della vita. I discepoli non lo capiscono, loro sono in panico, hanno paura di morire. Si trovano nella tempesta mortale e a loro non va proprio giù che Gesù in mezzo a questa situazione che rischia di uccidere tutti, sta lì e dorme come se niente fosse. Si sentono abbandonati dal loro maestro che tanto ha insegnato e dato a loro: «Maestro, non t'importa che noi moriamo?»

Gesù si alza e calma la tempesta. Alla fine il nostro testo afferma: Il vento cessò e si fece gran bonaccia.

Un gospel in inglese lo dice così: In the middle of darkness, in the center of a storm, I know there’s a name I can call. And I call on your name, Jesus / Nel mezzo dell'oscurità, nel centro di una tempesta, so che c'è un nome che posso chiamare. E invoco il tuo nome, Gesù.

Dove Dio sembra lasciarti sola o solo, dove pensi di doverlo scuotere, Dio è molto vicino, lenisce, conforta, spiana le onde. Anche il più grande diluvio ha avuto una fine e dato il via a un nuovo futuro.


noblogo.org/jens/la-tempesta-2


La tempesta 2


Trasmissione Radio RAI FVG – 6 febbraio 2025


clicca qui per ascoltare tutto l'episodio su Castopod

Un bubbolìo lontano… Rosseggia l’orizzonte, come affocato, a mare: nero di pece, a monte, stracci di nubi chiare: tra il nero un casolare: un’ala di gabbiano.Giovanni Pascoli, Temporale

A me le tempeste sul mare piacciono. Quando ho fatto la vela, ho sempre approfittato dei momenti prima dello scatenarsi della tempesta per avere il vento migliore e volare quasi sopra il mare. Tutto davanti a delle nuvole scure che facevano contrasto con il mare le cui onde iniziarono a fare schiuma. Anche le passeggiate invernali sulle dighe del mare con un forte vento che fa arrivare l’acqua quasi in cima alla diga. Quante passeggiate ho fatto e quante fotografie ho scattato di una tempesta o anche un temporale in arrivo. Gli elementi in subbuglio, colori scuri, nuvole minacciose e in mezzo io, vedere il cielo oscurarsi, gravido di nuvole, il mare mosso dal vento forte, il vento nel viso.

E’ ben diverso quando la tempesta, la devi affrontare nella propria vita, ti trovi con l’acqua alla gola, il vento forte della paura ti rende difficile respirare. Quando è il momento della tempesta, quando una perdita ti toglie la terra da sotto i piedi, cerchi un sostegno, un riparo per non farti travolgere e per non finire con le parole del profeta Giona che si rivolge a Dio: Tu mi hai gettato nell'abisso, nel cuore del mare; la corrente mi ha circondato, tutte le tue onde e tutti i tuoi flutti mi hanno travolto.

La tempesta può anche arrivare lentamente, ma tu la senti già arrivare, pregusti già l’acqua che ti arriva alla gola. Ti trovi in un letto dell’ospedale, vieni curato per un colpo che ti è venuto e poi, durante la terapia per recuperare le tue forze, ecco, arriva una nuova diagnosi, cancro. La tempesta perfetta che arriva quasi come l’alta marea che inesorabilmente fa salire l’acqua.

La tempesta può arrivare al ciel sereno. Da un attimo all’altro perdi il lavoro, in un attimo sono esauriti i risparmi, non paghi più le bollette, salti sempre più pasti, e alla fine ti sfrattano, ti trovi sulla strada con l’acqua alla gola.

Allora, in mezzo alla tempesta hai bisogno di qualcuno che stia come una roccia nel mare in tempesta e fermi le onde.

Il nostro testo fa vedere Gesù come il Signore sulle forze della natura e sulle tempeste della vita. I discepoli non lo capiscono, loro sono in panico, hanno paura di morire. Si trovano nella tempesta mortale e a loro non va proprio giù che Gesù in mezzo a questa situazione che rischia di uccidere tutti, sta lì e dorme come se niente fosse. Si sentono abbandonati dal loro maestro che tanto ha insegnato e dato a loro: «Maestro, non t'importa che noi moriamo?»

Gesù si alza e calma la tempesta. Alla fine il nostro testo afferma: Il vento cessò e si fece gran bonaccia.

Un gospel in inglese lo dice così: In the middle of darkness, in the center of a storm, I know there’s a name I can call. And I call on your name, Jesus / Nel mezzo dell'oscurità, nel centro di una tempesta, so che c'è un nome che posso chiamare. E invoco il tuo nome, Gesù.

Dove Dio sembra lasciarti sola o solo, dove pensi di doverlo scuotere, Dio è molto vicino, lenisce, conforta, spiana le onde. Anche il più grande diluvio ha avuto una fine e dato il via a un nuovo futuro.

Jens HansenMastodon




Chi sono io?


Trasmissione Radio RAI FVG – 30 gennaio 2025


ascolta tutto l'episodio

Chi sono io? Che cosa ha importanza nella mia vita? Come voglio essere? Ognuno di noi conosce queste domande.

Le risposte a queste domande sono diverse. Dipendono da chi vogliamo essere, da come ci vediamo, dagli ideali e anche dagli idoli che abbiamo. Poi la risposta a queste domande varierà a seconda della nostra età. Oggi io mi vedo diverso da come mi vedevo 20 anni fa, e ciò è un bene, è un segno che la vita è dinamica e che con le esperienze cresco e cambio.

In fondo tutte le domande sfociano nella domanda principale della propria identità. Chi sono? Questa domanda ce la poniamo quando abbiamo paura o ci troviamo in un periodo di crisi, ce la poniamo quando non vediamo più nessuna via d'uscita dai nostri problemi.

Ed è nei tempi di crisi che la domanda del “chi sono io?” diventa insistente e viene accompagnata dalla domanda: “Dio, chi sei tu?”

Il nostro brano ci presenta entrambe le domande: inizia con la nostra prima domanda: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire dall'Egitto i figli d'Israele?» Mosè, nella sua routine quotidiana da pastore incontra Dio. Un incontro inconsueto, senza culto, senza rito predisposto, senza sacerdoti quali mediatori, no, un incontro diretto fra Mosè e Dio, un incontro del tutto inaspettato dall’uomo, genero del sacerdote Ietro.

Un incontro inaspettato in quanto Mosè conosce il suo passato, porta con sé i rimorsi della coscienza per l'omicidio commesso. Dio si incontra con un omicida, e lo fa senza grandi liturgie in mezzo alla quotidianità. Dio parla a Mosè e Mosè risponde: Eccomi qui.

Inizia così l’incontro fra Dio e Mosè.

Dio si presenta. Per chiarire subito che non è un dio nuovo che vuole l'attenzione di Mosè, Egli si presenta come Dio dei suoi antenati, il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. E Mosè? Ha paura e si chiede: “che cosa vuole questo Dio da me?”

Ancora non è però il tempo delle risposte. Prima Dio parla della ragione del suo incontro con Mosè. Dio ha visto uomini e donne che soffrono, persone abusate come schiavi, Dio ha visto delle ingiustizie che gridano al cielo e non ce la fa più a guardare, vuole intervenire.

Ed ecco, scende in terra, non rimane indifferente. Dio si fa toccare dalla sofferenza umana, Dio ascolta le lamentele degli umani, le loro domande e anche le loro accuse, Dio non rimane indifferente.

In mezzo alle sofferenze Dio ha bisogno di persone disposte a farsi coinvolgere. Mosè inizia a capire che Dio vuole proprio lui, e gli viene la paura.

Così chiede a Dio: “Chi sono io?” E noi potremmo aggiungere: “Dio ciò che vuoi è troppo grande per me. Non ce la farei, ho troppa paura.”

Chi sono io? E chi sei tu, Dio?

Certo è che Dio non è più un Dio lontano per Mosè. E' sceso in terra per incontrarsi proprio con lui. Noi sappiamo che in Cristo ci è ancora venuto più vicino, in Cristo Dio è con coloro che piangono, che gridano e anche con coloro che danno una mano a chi soffre.

“Io sarò con te”

Dio risponde in modo relazionale. Dio promette a Mosè e a tutti noi: “Io sarò con te.” Quando Mosè vuole sapere il nome di Dio, Dio risponde: “Sarò colui che sarò. Dirai così ai figli d'Israele: 'l'IO SONO mi ha mandato da voi'”

Dio non è un Dio lontano dalle nostre esperienze, non è il vecchio con la barba lunga che siede sopra le nuvole. Dio è un Dio coinvolto al massimo nelle vicende della nostra vita. La fede così cambia. Non è un sistema di regole da seguire, non è un impalcatura teologica o un sistema morale o un credere nell'esistenza di un essere supremo, la fede è relazione con il Dio che viene proprio per relazionarsi con noi e per dare una risposta alla domanda: “chi sono io?”

Siamo delle persone che non sono sole. Grazie a Dio.


noblogo.org/jens/chi-sono-io


Chi sono io?


Trasmissione Radio RAI FVG – 30 gennaio 2025


clicca qui per ascoltare tutto l'episodio su Castopod

Chi sono io? Che cosa ha importanza nella mia vita? Come voglio essere? Ognuno di noi conosce queste domande.

Le risposte a queste domande sono diverse. Dipendono da chi vogliamo essere, da come ci vediamo, dagli ideali e anche dagli idoli che abbiamo. Poi la risposta a queste domande varierà a seconda della nostra età. Oggi io mi vedo diverso da come mi vedevo 20 anni fa, e ciò è un bene, è un segno che la vita è dinamica e che con le esperienze cresco e cambio.

In fondo tutte le domande sfociano nella domanda principale della propria identità. Chi sono? Questa domanda ce la poniamo quando abbiamo paura o ci troviamo in un periodo di crisi, ce la poniamo quando non vediamo più nessuna via d'uscita dai nostri problemi.

Ed è nei tempi di crisi che la domanda del “chi sono io?” diventa insistente e viene accompagnata dalla domanda: “Dio, chi sei tu?”

Il nostro brano ci presenta entrambe le domande: inizia con la nostra prima domanda: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire dall'Egitto i figli d'Israele?» Mosè, nella sua routine quotidiana da pastore incontra Dio. Un incontro inconsueto, senza culto, senza rito predisposto, senza sacerdoti quali mediatori, no, un incontro diretto fra Mosè e Dio, un incontro del tutto inaspettato dall’uomo, genero del sacerdote Ietro.

Un incontro inaspettato in quanto Mosè conosce il suo passato, porta con sé i rimorsi della coscienza per l'omicidio commesso. Dio si incontra con un omicida, e lo fa senza grandi liturgie in mezzo alla quotidianità. Dio parla a Mosè e Mosè risponde: Eccomi qui.

Inizia così l’incontro fra Dio e Mosè.

Dio si presenta. Per chiarire subito che non è un dio nuovo che vuole l'attenzione di Mosè, Egli si presenta come Dio dei suoi antenati, il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. E Mosè? Ha paura e si chiede: “che cosa vuole questo Dio da me?”

Ancora non è però il tempo delle risposte. Prima Dio parla della ragione del suo incontro con Mosè. Dio ha visto uomini e donne che soffrono, persone abusate come schiavi, Dio ha visto delle ingiustizie che gridano al cielo e non ce la fa più a guardare, vuole intervenire.

Ed ecco, scende in terra, non rimane indifferente. Dio si fa toccare dalla sofferenza umana, Dio ascolta le lamentele degli umani, le loro domande e anche le loro accuse, Dio non rimane indifferente.

In mezzo alle sofferenze Dio ha bisogno di persone disposte a farsi coinvolgere. Mosè inizia a capire che Dio vuole proprio lui, e gli viene la paura.

Così chiede a Dio: “Chi sono io?” E noi potremmo aggiungere: “Dio ciò che vuoi è troppo grande per me. Non ce la farei, ho troppa paura.”

Chi sono io? E chi sei tu, Dio?

Certo è che Dio non è più un Dio lontano per Mosè. E' sceso in terra per incontrarsi proprio con lui. Noi sappiamo che in Cristo ci è ancora venuto più vicino, in Cristo Dio è con coloro che piangono, che gridano e anche con coloro che danno una mano a chi soffre.

“Io sarò con te”

Dio risponde in modo relazionale. Dio promette a Mosè e a tutti noi: “Io sarò con te.” Quando Mosè vuole sapere il nome di Dio, Dio risponde: “Sarò colui che sarò. Dirai così ai figli d'Israele: 'l'IO SONO mi ha mandato da voi'”

Dio non è un Dio lontano dalle nostre esperienze, non è il vecchio con la barba lunga che siede sopra le nuvole. Dio è un Dio coinvolto al massimo nelle vicende della nostra vita. La fede così cambia. Non è un sistema di regole da seguire, non è un impalcatura teologica o un sistema morale o un credere nell'esistenza di un essere supremo, la fede è relazione con il Dio che viene proprio per relazionarsi con noi e per dare una risposta alla domanda: “chi sono io?”

Siamo delle persone che non sono sole. Grazie a Dio.

Jens HansenMastodon




Sete


Trasmissione Radio RAI FVG – 23 gennaio 2025


ascolta tutto l'episodio

La samaritana vede un uomo strano, un ebreo, seduto da solo al pozzo, stanco per il viaggio, incapace di attingere acqua per sé perché non ha nulla per farla risalire dalle profondità. Quest’uomo le chiede di dargli da bere. La donna non ha idea di chi sia questo viaggiatore. Quando lo straniero cerca di rivelarle con delicatezza il segreto della sua persona, la donna rimane insospettita, addirittura sulla difensiva, perché non riesce a immaginare che qualcuno possa essere “più del nostro padre Giacobbe”. Solo dopo che Gesù le ha parlato dell'acqua della vita eterna che egli è in grado di darle, ella chiede quest'acqua.

Questa storia va intesa come un invito. Vuole aiutare le persone a credere o: a venire alla fonte della vita. Per la gente del tempo di Gesù questo era difficile almeno quanto lo è per noi oggi. O forse noi abbiamo un vantaggio, perché la storia ci dimostra molte persone eccellenti di fede che talvolta sono degli esempi per noi.

Pensiamo ai martiri che hanno difeso la loro fede fino alla morte (Dietrich Bonhoeffer, Martin Luther King) e a molti altri nei secoli passati, o pensiamo a persone la cui fede ha dato loro la forza di affrontare la vita o di fare del bene agli altri. Queste buone tradizioni ci indicano la strada verso la fonte a cui queste persone hanno attinto. Comunque, in molti anche oggi non riescono a immaginare che la Parola di Dio e la fonte di acqua fresca per la vita si trovino qui. La sete c’è, la stessa sete di vita, ma la si cerca di calmare altrove.

La verità cristiana è a volte molto diversa, molto semplice, poco appariscente, nascosta, proprio come era nascosta nella figura del Cristo viaggiatore. Ma vale la pena prestarvi attenzione, prenderla a cuore, rifletterci e discuterne con gli altri.

Anche la Samaritana aveva bisogno di tempo. Ma non si è tirata indietro. Ascoltò, si informò finché non giunse alla certezza: Questo è l'inviato di Dio. Posso credergli. Ma questa storia va intesa anche come un invito, nel senso che vuole attirarci su un nuovo sentiero. Il vecchio sentiero convenzionale, sul quale di solito cerchiamo di raggiungere la felicità nella vita, segue il motto: “Cerca di fare qualcosa di tuo”. La nuova via si chiama: “Porta gli altri con te – la vita è comunità – con Dio – con gli altri”. Il suo segno distintivo: “Incoraggia gli altri!”

A prima vista, questo nuovo stile di vita, lo stile di Gesù, sembra essere associato a perdite e rinunce per me. A un esame più attento, è benedetto da guadagni. Apre alla comunione, a trovarsi insieme, al sostegno, a sentirsi casa, al successo, alla salute e alla gioia.

La frase di Gesù: “L'acqua che io gli darò diventerà in lui un pozzo d'acqua che sgorga nella vita eterna” è probabilmente meglio tradotta come “incoraggiamento”. Chi incoraggia, rafforza, edifica e conforta gli altri è a sua volta incoraggiato, rafforzato, edificato e confortato. Egli promuove la vita e vive lui stesso. È una fonte per molti, una persona dal cui corpo sgorgano fiumi di acqua viva (Gv 7,38). E se ci si approfitta di lui? O – questa è la vecchia paura – cadete in disgrazia? E gli altri vinceranno la gara? La risposta a questo antico dubbio di tutte le persone pie potrebbe essere la richiesta della Samaritana: “Signore, dammi tanta acqua”, così tanta da annegare in essa la mia paura e il mio dubbio e da far tornare forte la mia fede.


noblogo.org/jens/sete


Sete


Trasmissione Radio RAI FVG – 23 gennaio 2025


clicca qui per ascoltare tutto l'episodio su Castopod

La samaritana vede un uomo strano, un ebreo, seduto da solo al pozzo, stanco per il viaggio, incapace di attingere acqua per sé perché non ha nulla per farla risalire dalle profondità. Quest’uomo le chiede di dargli da bere. La donna non ha idea di chi sia questo viaggiatore. Quando lo straniero cerca di rivelarle con delicatezza il segreto della sua persona, la donna rimane insospettita, addirittura sulla difensiva, perché non riesce a immaginare che qualcuno possa essere “più del nostro padre Giacobbe”. Solo dopo che Gesù le ha parlato dell'acqua della vita eterna che egli è in grado di darle, ella chiede quest'acqua.

Questa storia va intesa come un invito. Vuole aiutare le persone a credere o: a venire alla fonte della vita. Per la gente del tempo di Gesù questo era difficile almeno quanto lo è per noi oggi. O forse noi abbiamo un vantaggio, perché la storia ci dimostra molte persone eccellenti di fede che talvolta sono degli esempi per noi.

Pensiamo ai martiri che hanno difeso la loro fede fino alla morte (Dietrich Bonhoeffer, Martin Luther King) e a molti altri nei secoli passati, o pensiamo a persone la cui fede ha dato loro la forza di affrontare la vita o di fare del bene agli altri. Queste buone tradizioni ci indicano la strada verso la fonte a cui queste persone hanno attinto. Comunque, in molti anche oggi non riescono a immaginare che la Parola di Dio e la fonte di acqua fresca per la vita si trovino qui. La sete c’è, la stessa sete di vita, ma la si cerca di calmare altrove.

La verità cristiana è a volte molto diversa, molto semplice, poco appariscente, nascosta, proprio come era nascosta nella figura del Cristo viaggiatore. Ma vale la pena prestarvi attenzione, prenderla a cuore, rifletterci e discuterne con gli altri.

Anche la Samaritana aveva bisogno di tempo. Ma non si è tirata indietro. Ascoltò, si informò finché non giunse alla certezza: Questo è l'inviato di Dio. Posso credergli. Ma questa storia va intesa anche come un invito, nel senso che vuole attirarci su un nuovo sentiero. Il vecchio sentiero convenzionale, sul quale di solito cerchiamo di raggiungere la felicità nella vita, segue il motto: “Cerca di fare qualcosa di tuo”. La nuova via si chiama: “Porta gli altri con te – la vita è comunità – con Dio – con gli altri”. Il suo segno distintivo: “Incoraggia gli altri!”

A prima vista, questo nuovo stile di vita, lo stile di Gesù, sembra essere associato a perdite e rinunce per me. A un esame più attento, è benedetto da guadagni. Apre alla comunione, a trovarsi insieme, al sostegno, a sentirsi casa, al successo, alla salute e alla gioia.

La frase di Gesù: “L'acqua che io gli darò diventerà in lui un pozzo d'acqua che sgorga nella vita eterna” è probabilmente meglio tradotta come “incoraggiamento”. Chi incoraggia, rafforza, edifica e conforta gli altri è a sua volta incoraggiato, rafforzato, edificato e confortato. Egli promuove la vita e vive lui stesso. È una fonte per molti, una persona dal cui corpo sgorgano fiumi di acqua viva (Gv 7,38). E se ci si approfitta di lui? O – questa è la vecchia paura – cadete in disgrazia? E gli altri vinceranno la gara? La risposta a questo antico dubbio di tutte le persone pie potrebbe essere la richiesta della Samaritana: “Signore, dammi tanta acqua”, così tanta da annegare in essa la mia paura e il mio dubbio e da far tornare forte la mia fede.

Jens HansenMastodon




Festa a spese altrui


Trasmissione Radio RAI FVG – 16 gennaio 2025


ascolta tutto l'episodio

Una giovane coppia si vuole sposare. I due però sono poveri e non possono permettersi un matrimonio che costa un occhio della testa. Comunque vogliono lo stesso fare festa per condividere la gioia del matrimonio con tutti gli amici. Preparano una festa in un parco pubblico su un bel prato verde, dove stare con tutti e festeggiare. Nel biglietto di invito chiedono che tutti gli invitati non portino dei regali ma solo una bottiglia di vino rosso tipico della zona.

Così il giorno delle nozze, tutti vengono con in mano una bottiglia di vino, si mettono in fila davanti alla grande botte, messa all’ingresso, per versarci il loro vino. Quando tutti sono arrivati, la festa può iniziare. Che sorpresa però, quando lo sposo apre il rubinetto della botte! Non esce vino, ma soltanto acqua, acqua chiara del rubinetto. Il vino è diventato acqua, anzi, non c’era mai stato.

Come mai? Questo accade perché tutti hanno avuto lo stesso pensiero: se io porto una bottiglia di acqua, in mezzo a tante bottiglie di vino che riempiranno la botte, nessuno si ne accorgerà. Cosa è poca acqua in così tanto vino?

Peccato che tutti hanno avuto lo stesso pensiero. Tutti hanno pensato di fare festa a spesa degli altri. Il risultato? La festa non c’è.

Questo racconto è il contrario di quanto accade nel brano biblico scelto per la riflessione di oggi. Lì il maitre, l’unico che si accorge del segno miracoloso di Gesù, dice: «Ognuno serve prima il vino buono; e quando si è bevuto abbondantemente, il meno buono; tu, invece, hai tenuto il vino buono fino ad ora».

Qui, a Cana, nelle nozze a cui è invitato Gesù con i suoi, non si fa festa a spese altrui, mentre i giovani sposi del nostro racconto non fanno proprio festa, perché tutti la vogliono fare a spese altrui e rimangono a gola secca, o a gola solo bagnata d’acqua. E’ però questo l’evento che meglio descrive quanto abbiamo davanti ai nostri occhi, quanto accade nella nostra vita e nel mondo. E’ qui che l’1% più ricco della popolazione mondiale vive a spese del rimanente 99%. Fanno festa accaparrando le risorse e le ricchezze del mondo, inquinano, sfruttano l’altro 99%, e lo buttano nella povertà dove festa non c’è proprio. La festa a spese altrui, si chiama ingiustizia ed è in forte aumento. Eppure, tutto potrebbe andare diversamente, tutto potrebbe andare per il verso giusto, se solo si prendesse sul serio di non fare festa a spesa altrui, ma di farsi contagiare dalla pienezza che Dio dona a tutte e tutti. Il segno miracoloso di Cana si ripete laddove attingiamo alla pienezza e la condividiamo. La festa della vita è bella quando nessuno vive a spese altrui, ma ognuno e ognuna condivide i doni, quando ci sono pochi ricchi e ancor meno poveri.


noblogo.org/jens/festa-a-spese…


Festa a spese altrui


Trasmissione Radio RAI FVG – 16 gennaio 2025


clicca qui per ascoltare tutto l'episodio su Castopod

Una giovane coppia si vuole sposare. I due però sono poveri e non possono permettersi un matrimonio che costa un occhio della testa. Comunque vogliono lo stesso fare festa per condividere la gioia del matrimonio con tutti gli amici. Preparano una festa in un parco pubblico su un bel prato verde, dove stare con tutti e festeggiare. Nel biglietto di invito chiedono che tutti gli invitati non portino dei regali ma solo una bottiglia di vino rosso tipico della zona.

Così il giorno delle nozze, tutti vengono con in mano una bottiglia di vino, si mettono in fila davanti alla grande botte, messa all’ingresso, per versarci il loro vino. Quando tutti sono arrivati, la festa può iniziare. Che sorpresa però, quando lo sposo apre il rubinetto della botte! Non esce vino, ma soltanto acqua, acqua chiara del rubinetto. Il vino è diventato acqua, anzi, non c’era mai stato.

Come mai? Questo accade perché tutti hanno avuto lo stesso pensiero: se io porto una bottiglia di acqua, in mezzo a tante bottiglie di vino che riempiranno la botte, nessuno si ne accorgerà. Cosa è poca acqua in così tanto vino?

Peccato che tutti hanno avuto lo stesso pensiero. Tutti hanno pensato di fare festa a spesa degli altri. Il risultato? La festa non c’è.

Questo racconto è il contrario di quanto accade nel brano biblico scelto per la riflessione di oggi. Lì il maitre, l’unico che si accorge del segno miracoloso di Gesù, dice: «Ognuno serve prima il vino buono; e quando si è bevuto abbondantemente, il meno buono; tu, invece, hai tenuto il vino buono fino ad ora».

Qui, a Cana, nelle nozze a cui è invitato Gesù con i suoi, non si fa festa a spese altrui, mentre i giovani sposi del nostro racconto non fanno proprio festa, perché tutti la vogliono fare a spese altrui e rimangono a gola secca, o a gola solo bagnata d’acqua. E’ però questo l’evento che meglio descrive quanto abbiamo davanti ai nostri occhi, quanto accade nella nostra vita e nel mondo. E’ qui che l’1% più ricco della popolazione mondiale vive a spese del rimanente 99%. Fanno festa accaparrando le risorse e le ricchezze del mondo, inquinano, sfruttano l’altro 99%, e lo buttano nella povertà dove festa non c’è proprio. La festa a spese altrui, si chiama ingiustizia ed è in forte aumento. Eppure, tutto potrebbe andare diversamente, tutto potrebbe andare per il verso giusto, se solo si prendesse sul serio di non fare festa a spesa altrui, ma di farsi contagiare dalla pienezza che Dio dona a tutte e tutti. Il segno miracoloso di Cana si ripete laddove attingiamo alla pienezza e la condividiamo. La festa della vita è bella quando nessuno vive a spese altrui, ma ognuno e ognuna condivide i doni, quando ci sono pochi ricchi e ancor meno poveri.

Jens HansenMastodon




E Viuvette [genovese]


Stamattina mi sono alzato presto, ho sparecchiato la tavola di ieri sera, avevamo avuto una coppia di amici a cena per festeggiare il compleanno di questa amica, proprio di San Valentino (un giorno come un altro per nascere, no?). Ho caricato la lavastoviglie la cui la sistemazione finale la fa comunque mia moglie, io non so nemmeno dove vanno messe le pastiglie, quale programma impostare (so che è l'eco) e come si fa partire. Ho per consuetudine apparecchiato per la colazione e preparato le medicine del mattino. Poi sono tornato al computer. La routine del risveglio prevede che attorno alle 7:45 ( ma a volte anche alle 8) giungano dalla camera i rumori delle due che si alzano. A volte compare prima la cana, a volte prima mia moglie. Stamattina la cana. Dopo il bacino di “Buon mattino” ed il reciproco bollettino “come hai dormito stanotte?”, mia moglie porta giù in giardino la cana per i bisogni (con me non li fa!). Io intanto preparo la ciotola con i crocchini ed un po' di “umido” ad insaporire (le volte che ho dimenticato l'umido la cana, arrivando alla ciotola, si è voltata a fissarmi con lo sguardo a dire “Eh stamattina 'sta merda cos'è?”. Al loro rientro si può cominciare. Come ultima operazione proprio prima di sedermi accendo l'interruttore alla caffettiera elettrica. Sedendomi stamattina ho trovato accanto al mio piatto le prime violette della stagione, me l'ha raccolte mia moglie. Piacevole sorpresa! (pixelfed.uno/i/web/post/796300…)


noblogo.org/54rv36u/e-viuvette…



Pixies - Doolittle (1989)


immagine

Doolittle è il secondo album in studio della band alternative rock americana Pixies, pubblicato nell'aprile 1989 su 4AD. Doolittle è stata la prima pubblicazione internazionale dei Pixies, con Elektra Records come distributore dell'album negli Stati Uniti e PolyGram in Canada. I Pixies hanno pubblicato due singoli di Doolittle: “Here Comes Your Man” e “Monkey Gone to Heaven”, entrambi successi nelle classifiche Billboard Modern Rock Tracks negli Stati Uniti, mentre brani come “Debaser” e “Hey” hanno ricevuto elogi. L'album stesso ha raggiunto l'ottavo posto nella UK Albums Chart, un successo inaspettato per la band. Sebbene sia considerato l'album più accessibile dei Pixies, Doolittle è spesso considerato il lavoro più forte e migliore della band e ha continuato a vendere costantemente bene negli anni successivi alla sua uscita, essendo certificato Oro nel 1995 e Platino nel 2018 dalla Recording Industry Association of America. L'album è stato citato come fonte di ispirazione da molti artisti alternativi, mentre numerose pubblicazioni musicali lo hanno classificato come uno degli album più influenti di sempre. Un sondaggio del 2003 degli scrittori di NME ha classificato Doolittle come il secondo miglior album di tutti i tempi, Rolling Stone ha posizionato l'album al 141° posto nella sua lista del 2020 dei “500 migliori album di tutti i tempi” e Pitchfork lo ha classificato come il quarto miglior album degli anni '80. L'argomento anticonformista e oscuro dell'album presenta riferimenti al surrealismo, alla violenza biblica, alla tortura e alla morte.


Ascolta: album.link/i/7060469



noblogo.org/available/doolittl…


Pixies - Doolittle (1989)


immagine

Doolittle è il secondo album in studio della band alternative rock americana Pixies, pubblicato nell'aprile 1989 su 4AD. Doolittle è stata la prima pubblicazione internazionale dei Pixies, con Elektra Records come distributore dell'album negli Stati Uniti e PolyGram in Canada. I Pixies hanno pubblicato due singoli di Doolittle: “Here Comes Your Man” e “Monkey Gone to Heaven”, entrambi successi nelle classifiche Billboard Modern Rock Tracks negli Stati Uniti, mentre brani come “Debaser” e “Hey” hanno ricevuto elogi. L'album stesso ha raggiunto l'ottavo posto nella UK Albums Chart, un successo inaspettato per la band. Sebbene sia considerato l'album più accessibile dei Pixies, Doolittle è spesso considerato il lavoro più forte e migliore della band e ha continuato a vendere costantemente bene negli anni successivi alla sua uscita, essendo certificato Oro nel 1995 e Platino nel 2018 dalla Recording Industry Association of America. L'album è stato citato come fonte di ispirazione da molti artisti alternativi, mentre numerose pubblicazioni musicali lo hanno classificato come uno degli album più influenti di sempre. Un sondaggio del 2003 degli scrittori di NME ha classificato Doolittle come il secondo miglior album di tutti i tempi, Rolling Stone ha posizionato l'album al 141° posto nella sua lista del 2020 dei “500 migliori album di tutti i tempi” e Pitchfork lo ha classificato come il quarto miglior album degli anni '80. L'argomento anticonformista e oscuro dell'album presenta riferimenti al surrealismo, alla violenza biblica, alla tortura e alla morte.


Ascolta: album.link/i/7060469


HomeIdentità DigitaleSono su: Mastodon.uno - Pixelfed - Feddit




SALMO - 11 (10)


FIDUCIA IN DIO1 Al maestro del coro. Di Davide.

Nel Signore mi sono rifugiato. Come potete dirmi: “Fuggi come un passero verso il monte”?

2 Ecco, i malvagi tendono l'arco, aggiustano la freccia sulla corda per colpire nell'ombra i retti di cuore.

3 Quando sono scosse le fondamenta, il giusto che cosa può fare?

4 Ma il Signore sta nel suo tempio santo, il Signore ha il trono nei cieli. I suoi occhi osservano attenti, le sue pupille scrutano l'uomo.

5 Il Signore scruta giusti e malvagi, egli odia chi ama la violenza.

6 Brace, fuoco e zolfo farà piovere sui malvagi; vento bruciante toccherà loro in sorte.

7 Giusto è il Signore, ama le cose giuste; gli uomini retti contempleranno il suo volto. _________________Note

*11,1** Gli amici sembrano consigliare all’orante di fuggire davanti alle macchinazioni dell’empio (v. 1) che appaiono incrinare l’equilibrio del cosmo (v. 3), ma egli ha piena fiducia nel Dio d’Israele, che ha posto la dimora nel suo tempio santo: là trova rifugio e difesa (v. 4).

*11,6** Brace, fuoco e zolfo: probabile riferimento al castigo inflitto da Dio alle città di Sodoma e Gomorra (Gen 19,24).=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti


Salmo 11 (10) – Il giusto si rifugia in Dio Salmo di fiduciaLa composizione poetica trasmette pace e serenità. Il nome del «Signore» ricorre cinque volte: nel v. 1 (inizio), nei vv. 4-5 (corpo del salmo) e nel v. 7 (alla fine), Quest'ultimo versetto fa da sunto teologico a tutto il carme. È evidente la posizione antitetica tra le voci “giusto” (ṣaddîq) ed empio (rāsā‘). La simbologia è di carattere venatorio-bellico (v. 2), spaziale, antropomortico. Dio è visto come «scrutatore» (vv. 4-5), «guerriero» (v. 6) e «giudice» (v. 7). Il ritmo nel TM è di 3 + 3 accenti.

Divisione:

  • v. 1b: introduzione;
  • vv. 2-3: il trionfo dell'empio;
  • vv. 4-6: trionfo del giusto;
  • v. 7: dossologia e sunto del salmo.

v. 1b. Il salmo si apre con una professione di fede. Il salmista confessa che ha trovato rifugio nel Signore, cioè nel tempio, e non può seguire il consiglio di scappare sui monti per salvarsi.

v. 1c. «Fuggi come un passero...»: spesso i perseguitati trovano scampo nascondendosi sulle montagne.

v. 3. «Quando sono scosse le fondamenta...»: cfr. Sal 82,5. Le fondamenta sono le colonne che nella cosmologia biblica sostengono la piattaforma della terra (Sal 24,2; 102,26; 104,5.8; Prv 3,19; Gb 38,4-7...). Qui è da intendersi in senso traslato. Si tratta delle fondamenta del vivere civile, di un buon governo. Se vengono meno, regna l'ingiustizia e l'anarchia, e il giusto non ha che da fuggire sui monti, secondo il parere dei consiglieri del mondo, ma non ha che da rifugiarsi nel Signore, secondo il salmista.

v. 4. «il Signore nel tempio santo...»: nel versetto si evidenzia l'onniscienza di Dio. Egli guarda il mondo e i suoi occhi scrutano ogni uomo (cfr. Sal 7,10). Il suo trono celeste è reso visibile nel suo tempio terrestre (Sal 99,5; 1Cr 28,2).

v. 6. «Farà piovere...»: il castigo esemplare di Dio è simile a quello di Sodoma e Gomorra (Gn 19,24). Si ricorre al linguaggio teofanico (cfr. Es 24,17; Sal 18,8-16).

v. 7. Un atto di fede dossologico finale chiude il salmo. Il Signore manifesta la sua giustizia ai giusti (retti di cuore) ammettendoli alla visione del suo volto, cioè a una comunione di vita. Il versetto probabilmente fu aggiunto o dall'autore stesso o da un redattore, come sintesi finale del salmo; vi ricorrono infatti tutti i termini più significativi.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


🔝C A L E N D A R IIndice BIBBIAHomepage



[provetecniche] the planned plain is subject to official transformations

le pirotecniche oppure bruciature pirotecnie oppure wiener-enterprise le] casistiche gli ammanchi di arrotini un paio] di plagi in ottemperanza hanno masticato le istruzioni un grammo] di turadenti il muscolo in uscita nelle edicole nelle] stive delle cicche spente oppure una] rivoluzione la torre l'] arrocco satisfaction


noblogo.org/lucazanini/provete…




Nella tempesta


Predicazione sul testo biblico di Marco 4, 35-41


Basta leggere i giornali della settimana scorsa per capire che il barometro del clima politico ed economico mondiale va verso la tempesta. Inizio il sermone proprio con una lettera arrivatami questa settimana che da proprio voce alle mie preoccupazioni e a quelle di molte persone:

Jens, Donald Trump è tornato. E non si tratta solo di un ritorno politico: è il simbolo di tutto ciò che ostacola il progresso nella lotta contro la crisi climatica. Trump non è solo un negazionista climatico; è il paladino di un sistema che sacrifica i diritti delle persone e la salute del nostro pianeta per proteggere i profitti delle grandi compagnie petrolifere. La sua amministrazione ha già tentato di bloccare ogni tentativo di azione climatica attaccando la scienza e smantellando regolamenti fondamentali per la protezione dell’ambiente. Ora promette di trivellare ovunque, sbandierando il suo slogan “drill, baby, drill” e si è ritirato ancora una volta dall’Accordo di Parigi, sabotando gli sforzi globali per combattere questa crisi. Jens, il messaggio di Trump è inequivocabile: negare la scienza, distruggere l’ambiente, arricchire i potenti e soddisfare l’ingordigia delle compagnie fossili! Quelle che hanno finanziato la sua campagna elettorale con ben 14.1 milioni di dollari! Nel frattempo, però, la realtà è un’altra: è un mondo afflitto dalla crisi climatica.- Incendi devastanti che trasformano foreste e città in cimiteri di cenere. - Siccità che affamano milioni di persone costringendole a migrare. - Alluvioni e tempeste che spazzano via strade, ponti, case, vite umane, storie di singole persone e intere comunità.Solo nel 2023, il numero di disastri climatici ha raggiunto un nuovo record, con oltre 100 miliardi di dollari di danni e milioni di persone sfollate. Eppure, Trump e i suoi alleati continuano a trattare questa crisi come un gioco politico. Trump rappresenta tutto ciò che non possiamo permetterci: negazione, avidità e distruzione.


Aggiungiamo la prospettiva che i populisti e le estreme destre possano vincere le elezioni future e far ricadere il nostro continente in una situazione che conosciamo dagli anni trenta del novecento.

Ovunque, a quanto pare, delle nuvole scure si stanno addensando all'orizzonte, preannunciando un fronte globale di maltempo che potrebbe scuotere e forse addirittura capovolgere la barca del “Pianeta Terra” nella quale ci troviamo tutti e tutte insieme.

Se ora concentriamo il nostro sguardo sulle tempeste che si abbattono sulle nostre vite, le conosciamo tutte e tutti. Sappiamo come ci si sente quando soffia il vento nella propria vita. Sono situazioni in cui non sempre dobbiamo avere paura della nostra vita, ma in cui sperimentiamo, talvolta in modo diretto, che non abbiamo il controllo totale della nostra vita, che abbiamo la sensazione di essere vissuti anziché di vivere... scusate il passivo forzato.

Talvolta la situazione si aggrava. A quel punto, nella nostra disperazione, cerchiamo qualcuno che ci tiri fuori da questa situazione e che faccia passare la tempesta.

Ma come?

Non so se vi ricordate che anche nell’AT si parla di salvataggi in mare. In quel racconto, proprio come nel nostro, si tratta di dover calmare le onde, questa volta del mare vero e non di un piccolo lago. Sì, parlo del libro del profeta Giona.

Giona, incaricato di predicare a Ninive, preferisce defilarsi e non seguire la chiamata divina. Trova una nave, sale a bordo e si sente al sicuro. Fino a quando non arriva una tempesta tremenda che, nonostante i tentativi dei marinai di portare la nave in salvo, non accenna a placarsi.

A quel punto Giona racconta la sua fuga e si fa buttare in mare per evitare il naufragio agli altri. Pare che allora si seguisse ben volentieri l’idea che un sacrificio umano potesse salvare la nave.

Se siamo sinceri, anche oggi non mancano i sacrifici umani. Per mantenere il nostro benessere, lasciamo morire migliaia di persone nel Mediterraneo, sacrificando le loro vite. Per il profitto di pochi, miliardi di persone sono schiavizzate o sfruttate fino al limite delle loro forze. Oltre ai sacrifici umani, si sacrifica anche la creazione che geme sotto i nostri piedi ogni giorno sempre più forte.

Il nostro racconto della traversata del lago di Galilea è diverso. Innanzitutto, siamo testimoni di un Gesù che non si lascia sconvolgere dalle onde. Gesù non è un pescatore, non conosce i venti e le onde, al massimo potrebbe aver pensato che su un lago non c'è alcun pericolo.

Questo, però, non basta a spiegare la sua tranquillità. Gesù dorme nella parte posteriore della barca. L’evangelista Marco sottolinea il sonno profondo di Gesù, parlando di un guanciale e di un cuscino. Un cuscino su una barca da pescatori!

La domanda dei discepoli, invece, è: «Maestro, non t’importa che noi moriamo?» – ci riporta alle esperienze che talvolta facciamo. Esperienze che ci riempiono di dubbi. Esperienze che ritroviamo anche nei salmi, e che sono all'origine di tanti nostri dubbi.

Dio, perché non intervieni? Perché non impedisci che i malvagi possano avere il sopravvento?

Una domanda che, nel Salmo 22, assume estreme conseguenze e diventa un'accusa: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Un'accusa che lanciamo verso Dio quando affrontiamo catastrofi personali, senza però trovare una risposta che ci soddisfi pienamente.

Ecco perché, in molti, non desiderano altro che ciò che Marco racconta, ciò che dell’episodio sul lago fa un miracolo. Come già detto sopra, i discepoli si avvicinano in preda al panico a Gesù con la domanda: «Maestro, non t’importa che noi moriamo?»

La risposta di Gesù, che dopo aver placato la tempesta non sarà piaciuta, sarà: «Perché avete così tanta paura? Non avete ancora fede?» Certo, lo dice dopo aver placato il mare e il vento. La situazione si calma. Silenzio. Bonaccia, scrive Marco.

Ciò che segue è altrettanto inaspettato e strano. I discepoli non gioiscono per essere stati salvati, sono spaventati. Prima avevano paura delle onde e del vento, ora sono colmi di timore e spavento per Gesù.

Cosa ci vuole insegnare, alla fine, la vicenda della tempesta?

I primi cristiani leggono la vicenda in questo modo: Gesù ha predicato, annunciato e aspettato il Regno di Dio. Per loro, il Regno di Dio significa che Dio sale sul trono del mondo e vince tutte le potenze che soffocano e opprimono la vita: la violenza militare romana, la sofferenza, le malattie, la fame, la miseria, lo sfruttamento, la schiavitù. Dio avrebbe sconfitto tutto ciò con la forza del suo amore.

Tuttavia, le forze oppressive sono ancora presenti e le chiese di 2000 anni fa si sentono come in una barca in mezzo alla tempesta, abbandonate al vento e alle onde. Gesù, morto e risorto, che un giorno tornerà, porterà aiuto adesso? Ora?

Man mano, le prime chiese hanno compreso che ciò che viviamo ora, le persecuzioni, il maltrattamento degli schiavi, mette a dura prova la nostra fiducia in Dio. In tutto ciò, nonostante la nostra poca fede, possiamo contare sulla presenza di Dio in mezzo a noi. E noi? In mezzo agli uragani di cui ho parlato all’inizio del sermone, in mezzo a una situazione mondiale che ci rende insicuri e dubbiosi, forse ci riempie anche di paura e ansie, come ascoltiamo questo evento in cui Gesù calma la tempesta?

Quanta paura è giustificata? Quanta paura invece è indotta e ci rende ciechi di fronte a ciò che si può e si deve fare? Possiamo fare come i discepoli nella tempesta: «Signore, aiutaci!».

E scopriremo che Gesù toglie il fondamento alle nostre paure. Il vento deve cessare, la forza primordiale della natura deve tacere. Le fauci mortali del mare devono chiudersi. Segue un silenzio.

Essere con Gesù nella stessa barca significa attraversare il pericolo. Prima bisogna vincere la paura, poi anche la tempesta si placherà. Gesù è con noi. Con lui la paura non ci sopraffà e abbiamo la forza di contrastarla con l’amore di Dio, un amore che può cacciare via la paura.


noblogo.org/jens/h1nella-tempe…


Nella tempesta


Predicazione sul testo biblico di Marco 4, 35-41


Versione audio

Basta leggere i giornali della settimana scorsa per capire che il barometro del clima politico ed economico mondiale va verso la tempesta. Inizio il sermone proprio con una lettera arrivatami questa settimana che da proprio voce alle mie preoccupazioni e a quelle di molte persone:

Jens, Donald Trump è tornato. E non si tratta solo di un ritorno politico: è il simbolo di tutto ciò che ostacola il progresso nella lotta contro la crisi climatica. Trump non è solo un negazionista climatico; è il paladino di un sistema che sacrifica i diritti delle persone e la salute del nostro pianeta per proteggere i profitti delle grandi compagnie petrolifere. La sua amministrazione ha già tentato di bloccare ogni tentativo di azione climatica attaccando la scienza e smantellando regolamenti fondamentali per la protezione dell’ambiente. Ora promette di trivellare ovunque, sbandierando il suo slogan “drill, baby, drill” e si è ritirato ancora una volta dall’Accordo di Parigi, sabotando gli sforzi globali per combattere questa crisi. Jens, il messaggio di Trump è inequivocabile: negare la scienza, distruggere l’ambiente, arricchire i potenti e soddisfare l’ingordigia delle compagnie fossili! Quelle che hanno finanziato la sua campagna elettorale con ben 14.1 milioni di dollari! Nel frattempo, però, la realtà è un’altra: è un mondo afflitto dalla crisi climatica.- Incendi devastanti che trasformano foreste e città in cimiteri di cenere. - Siccità che affamano milioni di persone costringendole a migrare. - Alluvioni e tempeste che spazzano via strade, ponti, case, vite umane, storie di singole persone e intere comunità.Solo nel 2023, il numero di disastri climatici ha raggiunto un nuovo record, con oltre 100 miliardi di dollari di danni e milioni di persone sfollate. Eppure, Trump e i suoi alleati continuano a trattare questa crisi come un gioco politico. Trump rappresenta tutto ciò che non possiamo permetterci: negazione, avidità e distruzione.


Aggiungiamo la prospettiva che i populisti e le estreme destre possano vincere le elezioni future e far ricadere il nostro continente in una situazione che conosciamo dagli anni trenta del novecento.

Ovunque, a quanto pare, delle nuvole scure si stanno addensando all'orizzonte, preannunciando un fronte globale di maltempo che potrebbe scuotere e forse addirittura capovolgere la barca del “Pianeta Terra” nella quale ci troviamo tutti e tutte insieme.

Se ora concentriamo il nostro sguardo sulle tempeste che si abbattono sulle nostre vite, le conosciamo tutte e tutti. Sappiamo come ci si sente quando soffia il vento nella propria vita. Sono situazioni in cui non sempre dobbiamo avere paura della nostra vita, ma in cui sperimentiamo, talvolta in modo diretto, che non abbiamo il controllo totale della nostra vita, che abbiamo la sensazione di essere vissuti anziché di vivere... scusate il passivo forzato.

Talvolta la situazione si aggrava. A quel punto, nella nostra disperazione, cerchiamo qualcuno che ci tiri fuori da questa situazione e che faccia passare la tempesta.

Ma come?

Non so se vi ricordate che anche nell’AT si parla di salvataggi in mare. In quel racconto, proprio come nel nostro, si tratta di dover calmare le onde, questa volta del mare vero e non di un piccolo lago. Sì, parlo del libro del profeta Giona.

Giona, incaricato di predicare a Ninive, preferisce defilarsi e non seguire la chiamata divina. Trova una nave, sale a bordo e si sente al sicuro. Fino a quando non arriva una tempesta tremenda che, nonostante i tentativi dei marinai di portare la nave in salvo, non accenna a placarsi.

A quel punto Giona racconta la sua fuga e si fa buttare in mare per evitare il naufragio agli altri. Pare che allora si seguisse ben volentieri l’idea che un sacrificio umano potesse salvare la nave.

Se siamo sinceri, anche oggi non mancano i sacrifici umani. Per mantenere il nostro benessere, lasciamo morire migliaia di persone nel Mediterraneo, sacrificando le loro vite. Per il profitto di pochi, miliardi di persone sono schiavizzate o sfruttate fino al limite delle loro forze. Oltre ai sacrifici umani, si sacrifica anche la creazione che geme sotto i nostri piedi ogni giorno sempre più forte.

Il nostro racconto della traversata del lago di Galilea è diverso. Innanzitutto, siamo testimoni di un Gesù che non si lascia sconvolgere dalle onde. Gesù non è un pescatore, non conosce i venti e le onde, al massimo potrebbe aver pensato che su un lago non c'è alcun pericolo.

Questo, però, non basta a spiegare la sua tranquillità. Gesù dorme nella parte posteriore della barca. L’evangelista Marco sottolinea il sonno profondo di Gesù, parlando di un guanciale e di un cuscino. Un cuscino su una barca da pescatori!

La domanda dei discepoli, invece, è: «Maestro, non t’importa che noi moriamo?» – ci riporta alle esperienze che talvolta facciamo. Esperienze che ci riempiono di dubbi. Esperienze che ritroviamo anche nei salmi, e che sono all'origine di tanti nostri dubbi.

Dio, perché non intervieni? Perché non impedisci che i malvagi possano avere il sopravvento?

Una domanda che, nel Salmo 22, assume estreme conseguenze e diventa un'accusa: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Un'accusa che lanciamo verso Dio quando affrontiamo catastrofi personali, senza però trovare una risposta che ci soddisfi pienamente.

Ecco perché, in molti, non desiderano altro che ciò che Marco racconta, ciò che dell’episodio sul lago fa un miracolo. Come già detto sopra, i discepoli si avvicinano in preda al panico a Gesù con la domanda: «Maestro, non t’importa che noi moriamo?»

La risposta di Gesù, che dopo aver placato la tempesta non sarà piaciuta, sarà: «Perché avete così tanta paura? Non avete ancora fede?» Certo, lo dice dopo aver placato il mare e il vento. La situazione si calma. Silenzio. Bonaccia, scrive Marco.

Ciò che segue è altrettanto inaspettato e strano. I discepoli non gioiscono per essere stati salvati, sono spaventati. Prima avevano paura delle onde e del vento, ora sono colmi di timore e spavento per Gesù.

Cosa ci vuole insegnare, alla fine, la vicenda della tempesta?

I primi cristiani leggono la vicenda in questo modo: Gesù ha predicato, annunciato e aspettato il Regno di Dio. Per loro, il Regno di Dio significa che Dio sale sul trono del mondo e vince tutte le potenze che soffocano e opprimono la vita: la violenza militare romana, la sofferenza, le malattie, la fame, la miseria, lo sfruttamento, la schiavitù. Dio avrebbe sconfitto tutto ciò con la forza del suo amore.

Tuttavia, le forze oppressive sono ancora presenti e le chiese di 2000 anni fa si sentono come in una barca in mezzo alla tempesta, abbandonate al vento e alle onde. Gesù, morto e risorto, che un giorno tornerà, porterà aiuto adesso? Ora?

Man mano, le prime chiese hanno compreso che ciò che viviamo ora, le persecuzioni, il maltrattamento degli schiavi, mette a dura prova la nostra fiducia in Dio. In tutto ciò, nonostante la nostra poca fede, possiamo contare sulla presenza di Dio in mezzo a noi. E noi? In mezzo agli uragani di cui ho parlato all’inizio del sermone, in mezzo a una situazione mondiale che ci rende insicuri e dubbiosi, forse ci riempie anche di paura e ansie, come ascoltiamo questo evento in cui Gesù calma la tempesta?

Quanta paura è giustificata? Quanta paura invece è indotta e ci rende ciechi di fronte a ciò che si può e si deve fare? Possiamo fare come i discepoli nella tempesta: «Signore, aiutaci!».

E scopriremo che Gesù toglie il fondamento alle nostre paure. Il vento deve cessare, la forza primordiale della natura deve tacere. Le fauci mortali del mare devono chiudersi. Segue un silenzio.

Essere con Gesù nella stessa barca significa attraversare il pericolo. Prima bisogna vincere la paura, poi anche la tempesta si placherà. Gesù è con noi. Con lui la paura non ci sopraffà e abbiamo la forza di contrastarla con l’amore di Dio, un amore che può cacciare via la paura.

Jens HansenMastodon




Metodisti in Italia


Conferenza a Gorizia svoltasi il 6 febbraio


Tex Willer è Metodista: con questa affermazione Paolo Naso ha concluso il suo intervento sul nuovo libro “Metodisti in Italia”, tenutosi a Gorizia davanti a un pubblico molto interessato e attento. Paolo Naso è venuto a Gorizia proprio per presentare questo volume sui metodisti in Italia, pubblicato dalla Claudiana. Questo libro è il risultato di anni di ricerche sul tema e, come Naso ha spiegato all’inizio del suo intervento, è stato possibile crearlo solo grazie alla costituzione di un archivio virtuale sul metodismo in Italia. Purtroppo, quello reale, cioè i registri delle chiese e altro, non esiste nella misura necessaria per avere una base di ricerca. Per questo motivo, si sono recati in Gran Bretagna e negli USA per consultare le fonti riguardanti l’Italia negli archivi delle chiese metodiste. Il volume presentato è la prova concreta del successo di questo lavoro: oltre 500 pagine, 23 capitoli con 23 autori che offrono un’immagine dei metodisti in Italia, dalla storia fino all’innologia.

Paolo Naso sviluppa il suo intervento partendo dalla domanda sul perché ultimamente siano stati pubblicati dei volumi sulla storia, i quattro sulla storia valdese e il volume presentato sui metodisti. Naso individua nel desiderio di conoscenza del passato un pericolo insito nella ricerca storica: chi vede nel presente e nel futuro ostacoli insormontabili potrebbe voler solo guardare indietro, ma ciò rappresenterebbe una storia destinata a chiudersi. Perciò, Naso cerca di raccontare la storia come una vicenda che continua e si apre al futuro.

Lo fa in due direzioni: da una parte, racconta appunto la storia che continua; dall'altra, evidenzia l'importanza di una piccola chiesa di fronte ai problemi del mondo. L’arrivo dei missionari metodisti in Italia nel 1859 segna l’inizio di una presenza significativa di una delle più grandi denominazioni protestanti nel mondo. Oggi, infatti, i metodisti nel mondo sono 80.000.000, tanti quanti i luterani.

Al loro arrivo, i metodisti leggono la storia d’Italia come una fase di transizione e, dopo Porta Pia, vedono la caduta dell’anticristo in chiave apocalittica, fase che si conclude con l’inizio della Prima Guerra Mondiale.

La vera stagione dei metodisti in Italia si apre secondo Paolo Naso nel II dopoguerra e porta molto fermento negli anni ‘60 del 1900. In quegli anni movimentati, si cerca di essere una chiesa nell’Italia di oggi con una nuova spiritualità incarnata (fattiva!) e un nuovo rapporto con gli altri evangelici italiani. Un esempio è la Federazione delle chiese evangeliche in Italia.

Tra gli elementi forti del metodismo vi sono la visione sull’Italia, l’attenzione rivolta al Mezzogiorno e la ricchezza ecumenica eccezionale, nonché la lunga esperienza maturata nel sud del mondo.

Al termine dell’intervento, le domande ruotano soprattutto attorno alle scoperte personali di Paolo Naso fatte durante il lavoro al Volume. Una di queste è il rapporto tra Wesley e i padri della chiesa antica e l’aspetto gioioso della grazia, di cui il famoso inno Amazing grace è egregia testimonianza.

Rimane comunque la domanda sollevata all’inizio dell’articolo. Ma Tex Willer è metodista? Per Paolo Naso la risposta è positiva, e lo paragonerebbe al circuit rider metodista.

Il libro è in vendita alla claudina editrice


noblogo.org/jens/h1metodisti-i…


Metodisti in Italia


Conferenza a Gorizia svoltasi il 6 febbraio


Tex Willer è Metodista: con questa affermazione Paolo Naso ha concluso il suo intervento sul nuovo libro “Metodisti in Italia”, tenutosi a Gorizia davanti a un pubblico molto interessato e attento. Paolo Naso è venuto a Gorizia proprio per presentare questo volume sui metodisti in Italia, pubblicato dalla Claudiana. Questo libro è il risultato di anni di ricerche sul tema e, come Naso ha spiegato all’inizio del suo intervento, è stato possibile crearlo solo grazie alla costituzione di un archivio virtuale sul metodismo in Italia. Purtroppo, quello reale, cioè i registri delle chiese e altro, non esiste nella misura necessaria per avere una base di ricerca. Per questo motivo, si sono recati in Gran Bretagna e negli USA per consultare le fonti riguardanti l’Italia negli archivi delle chiese metodiste. Il volume presentato è la prova concreta del successo di questo lavoro: oltre 500 pagine, 23 capitoli con 23 autori che offrono un’immagine dei metodisti in Italia, dalla storia fino all’innologia.

Paolo Naso sviluppa il suo intervento partendo dalla domanda sul perché ultimamente siano stati pubblicati dei volumi sulla storia, i quattro sulla storia valdese e il volume presentato sui metodisti. Naso individua nel desiderio di conoscenza del passato un pericolo insito nella ricerca storica: chi vede nel presente e nel futuro ostacoli insormontabili potrebbe voler solo guardare indietro, ma ciò rappresenterebbe una storia destinata a chiudersi. Perciò, Naso cerca di raccontare la storia come una vicenda che continua e si apre al futuro.

Lo fa in due direzioni: da una parte, racconta appunto la storia che continua; dall'altra, evidenzia l'importanza di una piccola chiesa di fronte ai problemi del mondo. L’arrivo dei missionari metodisti in Italia nel 1859 segna l’inizio di una presenza significativa di una delle più grandi denominazioni protestanti nel mondo. Oggi, infatti, i metodisti nel mondo sono 80.000.000, tanti quanti i luterani.

Al loro arrivo, i metodisti leggono la storia d’Italia come una fase di transizione e, dopo Porta Pia, vedono la caduta dell’anticristo in chiave apocalittica, fase che si conclude con l’inizio della Prima Guerra Mondiale.

La vera stagione dei metodisti in Italia si apre secondo Paolo Naso nel II dopoguerra e porta molto fermento negli anni ‘60 del 1900. In quegli anni movimentati, si cerca di essere una chiesa nell’Italia di oggi con una nuova spiritualità incarnata (fattiva!) e un nuovo rapporto con gli altri evangelici italiani. Un esempio è la Federazione delle chiese evangeliche in Italia.

Tra gli elementi forti del metodismo vi sono la visione sull’Italia, l’attenzione rivolta al Mezzogiorno e la ricchezza ecumenica eccezionale, nonché la lunga esperienza maturata nel sud del mondo.

Al termine dell’intervento, le domande ruotano soprattutto attorno alle scoperte personali di Paolo Naso fatte durante il lavoro al Volume. Una di queste è il rapporto tra Wesley e i padri della chiesa antica e l’aspetto gioioso della grazia, di cui il famoso inno Amazing grace è egregia testimonianza.

Rimane comunque la domanda sollevata all’inizio dell’articolo. Ma Tex Willer è metodista? Per Paolo Naso la risposta è positiva, e lo paragonerebbe al circuit rider metodista.

Il libro è in vendita alla claudina editrice

Jens HansenMastodon




Le attività a Gorizia


La chiesa metodista di Gorizia si trova in Via Armando Diaz 18/a. Le sue attività, le pubblico regolarmente nella agenda che inserisco qui sotto.
mia.nl.tab.digital/apps/calend…


noblogo.org/jens/la-chiesa-met…


Le attività a Gorizia


La chiesa metodista di Gorizia si trova in Via Armando Diaz 18/a. Le sue attività, le pubblico regolarmente nella agenda che inserisco qui sotto.
mia.nl.tab.digital/apps/calend…
Jens HansenMastodon

Jens HansenMastodon




La via della vita


Ogni due mesi pubblico una circolare per le due chiese. All'inizio delle circolari scrivo una meditazione biblica che pubblico qui oggi. E' per la circolare di febbraio/marzo.

Si basa sul versetto biblico preso dal Salmo 16 che dice al versetto 11:

Tu m’insegni la via della vita.

Nell'ultimo versetto del Salmo 16, la persona che prega esprime il suo impegno con Dio in poche parole: Tu m’insegni la via della vita. La sua vita è caratterizzata da una profonda fiducia in Dio confessata in ogni versetto della sua preghiera.

Proteggimi, o Dio, perché io confido in te. Così inizia la sua preghiera e la persona che prega sembra essere consapevole che la sua fiducia è un dono di Dio.

Questo versetto scelto per febbraio mi ricorda la decisione che Mosè sottopone al popolo di Israele, ricorda i comandamenti della Torah e invita a decidere tra la vita e la felicità o la morte e la disgrazia.

Mosè dice: ti comando oggi di amare il SIGNORE, il tuo Dio, di camminare nelle sue vie, di osservare i suoi comandamenti, le sue leggi e le sue prescrizioni, affinché tu viva e ti moltiplichi, e il SIGNORE, il tuo Dio, ti benedica nel paese dove stai per entrare per prenderne possesso. (Deuteronomio 30:16).

Camminare per le vie di Dio significa seguire la sua chiamata, ottenere la vita in senso globale facendo ciò che si deve fare. Non vuol dire vivere secondo una norma legale. La chiamata di Dio si concretizza nell'alleanza e nella legge. Entrambe sono doni di Dio al suo popolo Israele. L'alleanza non può essere rivista; Dio l'ha stipulata con il suo popolo per l'eternità. La legge va intesa più come un'istruzione parola meno rigida che apre al dialogo.

Gesù stesso ha partecipato a questo dialogo, ma senza uscire dal campo della Torah.

Riflettere sull'alleanza e sulle istruzioni di Dio può indicarci la strada da seguire. Ai suoi tempi, il profeta Isaia vide come le persone possono allontanarsi da questo sentiero e come possono correre alla cieca verso l'abisso: Noi tutti eravamo smarriti come pecore, ognuno di noi seguiva la propria via; ma il SIGNORE ha fatto ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti. (Isaia 53:6) Anche il salmista, nel Salmo 16, riconosce il pericolo che altre vie possono portare fuori strada.

Se ognuno guarda solo al proprio cammino, esclude fin dall'inizio qualsiasi dialogo con gli altri, penso anche al dialogo tra membri di religioni diverse, oggi più che mai necessario.

In una società così diversa dal punto di vista religioso come la nostra, questo dialogo interreligioso non deve limitarsi esclusivamente agli incontri tra rappresentanti religiosi ufficiali. È altrettanto importante cercare e impegnarsi in questo dialogo nella nostra vita quotidiana. Le opportunità per farlo si trovano se non ci limitiamo a guardare il nostro cammino. Sono consapevole di non poter pretendere di essere assoluto sul mio cammino. Posso rinunciarvi senza allontanarmi dal cammino che Dio mi rivela.

L'amore per i miei simili e la fiducia in Dio includono l’accoglienza di persone di fede diversa dalla mia. E questo significa lavorare per la realizzazione di una vita buona nella giustizia e nella pace. Con tutte le persone di buona volontà.


noblogo.org/jens/ogni-due-mesi…


La via della vita


Ogni due mesi pubblico una circolare per le due chiese. All'inizio delle circolari scrivo una meditazione biblica che pubblico qui oggi. E' per la circolare di febbraio/marzo.

Si basa sul versetto biblico preso dal Salmo 16 che dice al versetto 11:

Tu m’insegni la via della vita.

Nell'ultimo versetto del Salmo 16, la persona che prega esprime il suo impegno con Dio in poche parole: Tu m’insegni la via della vita. La sua vita è caratterizzata da una profonda fiducia in Dio confessata in ogni versetto della sua preghiera.

Proteggimi, o Dio, perché io confido in te. Così inizia la sua preghiera e la persona che prega sembra essere consapevole che la sua fiducia è un dono di Dio.

Questo versetto scelto per febbraio mi ricorda la decisione che Mosè sottopone al popolo di Israele, ricorda i comandamenti della Torah e invita a decidere tra la vita e la felicità o la morte e la disgrazia.

Mosè dice: ti comando oggi di amare il SIGNORE, il tuo Dio, di camminare nelle sue vie, di osservare i suoi comandamenti, le sue leggi e le sue prescrizioni, affinché tu viva e ti moltiplichi, e il SIGNORE, il tuo Dio, ti benedica nel paese dove stai per entrare per prenderne possesso. (Deuteronomio 30:16).

Camminare per le vie di Dio significa seguire la sua chiamata, ottenere la vita in senso globale facendo ciò che si deve fare. Non vuol dire vivere secondo una norma legale. La chiamata di Dio si concretizza nell'alleanza e nella legge. Entrambe sono doni di Dio al suo popolo Israele. L'alleanza non può essere rivista; Dio l'ha stipulata con il suo popolo per l'eternità. La legge va intesa più come un'istruzione parola meno rigida che apre al dialogo.

Gesù stesso ha partecipato a questo dialogo, ma senza uscire dal campo della Torah.

Riflettere sull'alleanza e sulle istruzioni di Dio può indicarci la strada da seguire. Ai suoi tempi, il profeta Isaia vide come le persone possono allontanarsi da questo sentiero e come possono correre alla cieca verso l'abisso: Noi tutti eravamo smarriti come pecore, ognuno di noi seguiva la propria via; ma il SIGNORE ha fatto ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti. (Isaia 53:6) Anche il salmista, nel Salmo 16, riconosce il pericolo che altre vie possono portare fuori strada.

Se ognuno guarda solo al proprio cammino, esclude fin dall'inizio qualsiasi dialogo con gli altri, penso anche al dialogo tra membri di religioni diverse, oggi più che mai necessario.

In una società così diversa dal punto di vista religioso come la nostra, questo dialogo interreligioso non deve limitarsi esclusivamente agli incontri tra rappresentanti religiosi ufficiali. È altrettanto importante cercare e impegnarsi in questo dialogo nella nostra vita quotidiana. Le opportunità per farlo si trovano se non ci limitiamo a guardare il nostro cammino. Sono consapevole di non poter pretendere di essere assoluto sul mio cammino. Posso rinunciarvi senza allontanarmi dal cammino che Dio mi rivela.

L'amore per i miei simili e la fiducia in Dio includono l’accoglienza di persone di fede diversa dalla mia. E questo significa lavorare per la realizzazione di una vita buona nella giustizia e nella pace. Con tutte le persone di buona volontà.

Jens HansenMastodon

Jens HansenMastodon




20250214 Tanto per vedere come funziona qui, un ricordo: Ricordo sempre il nostro primo San Valentino. C’eravamo messi insieme da pochissimi giorni, il 5 di febbraio. Doveva essere un Febbraio caldo perché c’erano già le violette. Ne comprai un mazzetto, erano profumatissime. Trepidante te le consegnai sul Lungarno davanti a Piazza Carrara dove c’era il nostro Liceo. Mancavano pochi minuti ad entrare. Tu prendesti questo mazzetto di violette tra le tue mani, lo guardasti e poi, lo ricordo sempre con commozione, mi dicesti: “Io non sono innamorata, sicché non ti ho comprato nulla!” Suonò la campanella ed entrammo, ognuno nella sua classe. Io avevo Filosofia alla prima ora, si commentava il “Panta Rei” di Eraclito. Io pensai solo “ Eraclito, Ma te lo vai a troncà dove devi te e tutti quei greci di merda”

Tutto sommato non è andata poi così male, giusto pochi giorni fa abbiamo festeggiato i nostri 48 anni di “messinsieme”, sicché...


noblogo.org/54rv36u/20250214-t…



Le attività a Udine e Tramonti


La chiesa metodista di Udine si trova in Piazzale Gabriele D'Annunzio 9. Abbiamo attività regolari come il culto domenicale, gli studi biblici, il corso teologico, il catechismo e riunioni di preghiera. Qui faccio l'embed del calendario che viene regolarmente aggiornato.
mia.nl.tab.digital/apps/calend…


noblogo.org/jens/la-chiesa-met…


Le attività a Udine e Tramonti


La chiesa metodista di Udine si trova in Piazzale Gabriele D'Annunzio 9. Abbiamo attività regolari come il culto domenicale, gli studi biblici, il corso teologico, il catechismo e riunioni di preghiera. Qui faccio l'embed del calendario che viene regolarmente aggiornato.
mia.nl.tab.digital/apps/calend…
Jens HansenMastodon

Jens HansenMastodon




M il figlio del secolo...


forse zio Benito potrebbe essere considerato la madre del secolo considerato tutti i figli di puttana che abbiamo in giro... (Bah!) Al di là di questa battutona da bar, volevo prendere un attimo per buttare li due considerazioni sulla tanto (?) discussa serie M Il figlio del secolo, una serie in onda sui canali Sky ma non solo su quelli che reinventa, rivista e (ri)propone una nuova versione di Benito Mussolini, la serie inizia con Mussolini non più direttore del giornale socialista Avanti e si sviluppa nella carriera politica che lo porterà, passando per tutte le peculiarità dell'escursus fascista, sino alla presidenza del consiglio, l'omicidio su commissione di Giacomo Matteotti. Non nego di essermi aprocciato alla visione di questa serie con un certo pregiudizio, ovviamente politico, ma nel caso di specie legato all'opportunità di una simile produzione, in un certo senso, proprio perché il problema fascista in questo paese è tutt'oggi lontano dall'essere risolto la questione di una pubblicazione di una fiction sul genere può essere cotroversa. Inutile negare che toccare l'argomento Benito Mussolini comporta e comporterà sempre una reazione radicale e meno da parte di qualcuno. La serie nello specifico, è originale, e mi piace definirla divertente nella sua espressione artistica, recitata magistralmente dall'ottimo Marinelli, ma anche da tutto il resto del cast, la straordinaria Barbara Chichiarelli nel ruolo della Sarfatti la prima e storica amante di Benito Mussolini, tutto funziona in una rappresentazione Pop di personaggio che gravitano intorno ad un Mussolini in ascesa e pronto a tutto per il potere, Luca Marinelli è bravissio ad mostrare plasticamente il cattivo protagonista, in una sorta di rivisitazione novecentesca di un joker ante litteram, comprendo che l'iperbole potrebbe risultare curiose tuttavia mi pare pertinente, si può anche sorridere a tratti della meschina malvagità del rampante duce. Si finisce per sorridere, spesso amaramente, delle prodezze e della capriole del novello Benito, impettito in abiti eleganti che lo raccontano al meglio ma non lo rappresentano, un mix di modi e fatti che, a mio avviso, circoscrive e racconta con una buona approssimazione le volte mentali, oltre che quelle futuriste, de Mussolini in crescita, un pavido, cinico, spregiudicato carrierista della politica, il conflitto con un D'Annunzio che incarna quella purezza degli inizi della filosofia fascista, quella purezza che man mano viene sporcata dalle azioni spregevoli, dalla sua naturale crescita. La serie "M Il figlio di secolo" ha, secondo me, ha trovato una chiave valida per rappresentare il figlio del secolo ancora non risolto. Forse anche con la possibilità di buttar giù un contributo, non so quanto grande, a risolverlo. locandina ne verso giusto!


log.livellosegreto.it/belzebu/…



Cicloturismo


#Cicloturismo

La scorsa settimana ho pedalato le tappe Lucca-San Miniato e San Miniato-San Gimignano della via Francigena, lo volevo fare, ed ho trovato rare giornate di bel tempo in mezzo a settimane di pioggia. Mi è piaciuto farlo, mi ha ricaricato le energie e liberato la mente dai pensieri negativi. Nel pernottamento al convento San Francesco di San Miniato mi sono trovato in camera con un pellegrino portoghese partito più di tre mesi prima. Mi sono sentito un pivello, e quasi mi vergognavo nel dirgli che stavo facendo due misere tappe di Francigena in preparazione al cammino portoghese di Santiago (Porto-Santiago). Lui era molto cattolico, infatti il suo cammino, percorso nel periodo invernale è stata una scelta per evitare i turisti della bella stagione; il suo obiettivo era raggiungere Roma ed iniziare li volontariato per il giubileo. Il mio approccio spirituale con questi cammini invece è più naturalistico e di crescita interiore. A me piace quando in solitaria faccio queste cose, liberare la mia mente dai piccoli problemi ordinari che nel quotidiano sembrano grandi, trovare ispirazione per nuove idee, purificare la mia mente, ricaricare le mie energie vitali, migliorare la mia prestanza fisica, entrare maggiormente in contatto con la natura...

Durante quei due giorni ho deciso che prima di ripartire col lavoro (seconda meta di marzo) voglio rifare qualche giorno in bicicletta da punto A a punto B, ma in una situazione pianeggiante, le colline Toscane sono bei paesaggi, ma impegnative con la bicicletta; così ho puntato all'Olanda. Ho sempre apprezzato il lifestyle di muoversi in bicicletta degli olandesi e le loro piste ciclabili, e specialmente l'ultima volta che ci sono stato in macchina ho visitato anche paesini cittadini olandesi, e spostarsi con la bicicletta la è veramente facile e piacevole; così nel mese di marzo, voglio intercettare alcuni giorni di bel tempo per farmi un po di sano cicloturismo tra Eindhoven ed Amsterdam; dovrei cavarmela con quattro giorni a pedalare e cinque pernottamenti. Devo pianificare!


noblogo.org/shiva/la-scorsa-se…



Bee Gees - Odessa (1969)


immagine

Odessa è il sesto album in studio dei Bee Gees, un doppio vinile LP pubblicato il 30 marzo 1969, inizialmente con una sontuosa copertina floccata rossa con scritte dorate. Nonostante abbia raggiunto la Top Ten del Regno Unito e la Top 20 degli Stati Uniti, l'album non è stato particolarmente ben accolto, anche se ora è considerato da molti il ​​più significativo degli album degli anni Sessanta del gruppo. Un progetto ambizioso, originariamente concepito come un concept album sulla perdita di una nave immaginaria nel 1899, creò tensione e disaccordi nella band riguardo alla direzione del lavoro; infine, una disputa su quale canzone pubblicare come singolo portò Robin Gibb a lasciare temporaneamente il gruppo. Pubblicato dalla Polydor Records nel Regno Unito e dalla Atco Records negli Stati Uniti, Odessa fu il quarto album del gruppo pubblicato a livello internazionale e il loro unico doppio album di musica originale. Sarebbe stato l'ultimo album a presentare l'incarnazione originale della band e l'ultimo a includere il chitarrista Vince Melouney. L'album include il singolo di successo del 1969 “First of May” (UK n. 6 / US n. 37) e tracce degne di nota come “Lamplight”, “Marley Purt Drive” e “Melody Fair”, quest'ultima presente nella compilation del 1973 Best of Bee Gees Vol. 2. L'album è stato ripubblicato come singolo disco nel settembre 1976, quando è stato riacceso l'interesse per la carriera dei Bee Gees. Da allora l'album ha ottenuto un crescente successo di critica. È stato ripubblicato di nuovo nel gennaio 2009, come set deluxe da tre dischi, ed è incluso in 1001 Albums You Must Hear Before You Die.


Ascolta: album.link/i/1467020922



noblogo.org/available/bee-gees…


Bee Gees - Odessa (1969)


immagine

Odessa è il sesto album in studio dei Bee Gees, un doppio vinile LP pubblicato il 30 marzo 1969, inizialmente con una sontuosa copertina floccata rossa con scritte dorate. Nonostante abbia raggiunto la Top Ten del Regno Unito e la Top 20 degli Stati Uniti, l'album non è stato particolarmente ben accolto, anche se ora è considerato da molti il ​​più significativo degli album degli anni Sessanta del gruppo. Un progetto ambizioso, originariamente concepito come un concept album sulla perdita di una nave immaginaria nel 1899, creò tensione e disaccordi nella band riguardo alla direzione del lavoro; infine, una disputa su quale canzone pubblicare come singolo portò Robin Gibb a lasciare temporaneamente il gruppo. Pubblicato dalla Polydor Records nel Regno Unito e dalla Atco Records negli Stati Uniti, Odessa fu il quarto album del gruppo pubblicato a livello internazionale e il loro unico doppio album di musica originale. Sarebbe stato l'ultimo album a presentare l'incarnazione originale della band e l'ultimo a includere il chitarrista Vince Melouney. L'album include il singolo di successo del 1969 “First of May” (UK n. 6 / US n. 37) e tracce degne di nota come “Lamplight”, “Marley Purt Drive” e “Melody Fair”, quest'ultima presente nella compilation del 1973 Best of Bee Gees Vol. 2. L'album è stato ripubblicato come singolo disco nel settembre 1976, quando è stato riacceso l'interesse per la carriera dei Bee Gees. Da allora l'album ha ottenuto un crescente successo di critica. È stato ripubblicato di nuovo nel gennaio 2009, come set deluxe da tre dischi, ed è incluso in 1001 Albums You Must Hear Before You Die.


Ascolta: album.link/i/1467020922


HomeIdentità DigitaleSono su: Mastodon.uno - Pixelfed - Feddit




Come accordare l'orchestra del cloud con i "container"


Buone pratiche per sviluppare applicazioni e servizi in modo sicuro, leggero e scalabile nel settore pubblico

di Daniele Pizzolli e Fabrizio De Rosa, Team Cloud Italia del Dipartimento per la trasformazione digitale

Ogni tecnologia che abilita il cloud ha un ruolo preciso, proprio come gli strumenti in un'orchestra di musica classica. E perché la melodia sia armoniosa e avvincente è necessaria una perfetta coordinazione tra tutti gli strumenti in scena.

Oggi parliamo dei “container”, dei veri e propri contenitori digitali che suonano il loro spartito in modo efficiente e sincronizzato, costruendo applicazioni e servizi in modo sicuro, leggero e scalabile. A dirigere la musica c'è il maestro d'orchestra, ad esempio Kubernetes, che ottimizza le risorse in sicurezza, permettendo ai container di collaborare insieme senza stonature. È necessario che l'orchestra sia ben affiatata per offrire prestazioni adeguate al funzionamento di organizzazioni complesse come le amministrazioni pubbliche italiane.

In questo articolo esploreremo alcuni dei passi fondamentali per l'utilizzo di queste tecnologie, analizzandone i benefici e le differenze principali con il modello di migrazione lift and shift, ovvero il semplice trasferimento di dati e servizi che rimangono dentro macchine virtuali.

I container e le virtual machine

I container sono una tecnologia che consente di allocare e isolare risorse, come ad esempio la memoria volatile (RAM) e la CPU, utilizzando il sistema operativo senza la necessità di coinvolgere l'hardware, diversamente da quanto avviene con le macchine virtuali.

Il fatto che l'isolamento sia ottenuto tramite il sistema operativo rende i container più veloci ad accendersi e a spegnersi, in quanto non c'è bisogno di inizializzare l'hardware (seppure emulato) e avviare tutto il sistema operativo della virtual machine (VM). Queste ultime risultano meno isolate, venendo a mancare la separazione netta a livello di CPU gestita dall'hypervisor, ovvero lo strato di software che gestisce le macchine virtuali dialogando con l'hardware.

Come in altri ambiti dell'informatica, non è tutto o bianco o nero: la distinzione fra container e VM, a seconda delle tecnologie usate, può non essere così evidente.


Da un lato ci sono container gestiti integralmente dal sistema operativo, dall'altro VM con uno strato di sistema operativo così esiguo da essere assimilabili a container.

Come si costruisce un container

La costruzione dell'immagine di un container è molto simile a quella di una VM, ma per fortuna molto più standardizzata. Se le immagini delle VM sono molto differenti a seconda della tecnologia, per i container c'è una buona standardizzazione de-facto nel formato dell'immagine (Image Format Specification), delle configurazioni (Runtime Specification) e la distribuzione degli artefatti (Distribution Specification) portati avanti dall'Open Container Initiative (OCI).

L'immagine di un container si può trovare sia preparata dal fornitore del software o da system integrator di terze parti, che costruita a partire da immagini di base, di norma condivise direttamente dai vari produttori di sistemi operativi all'interno di un processo automatizzato di Continuouos Integration/Continuous Delivery (CI/CD).

Qui è possibile notare le prime differenze sostanziali con le VM. Le buone pratiche per la gestione dei container prevedono che l'immagine sia stateless, ovvero che non porti con sé nessuna informazione specifica legata alla singola istanza (o al singolo deploy, se preferiamo la nomenclatura inglese). Le configurazioni vengono infatti applicate tramite appositi file o variabili d'ambiente al momento dell'inizializzazione e i dati persistenti sono archiviati in appositi volumi o database, o ancora meglio in sistemi di storage e database distribuiti, al contrario di quanto avviene solitamente con i monoliti nelle VM dove software, configurazioni e dati sono accorpati.

L'immagine di un container deve essere quindi costruita per auto-configurarsi alla partenza, cosa fattibile ma non banale in quanto richiede competenze DevOps.


Se la sicurezza riveste un ruolo prioritario, è meglio introdurre nel gruppo di lavoro anche competenze di tipo DevSecOps.

Un' orchestra per migliorare l'ottimizzazione delle risorse

Per eseguire e gestire un'immagine di un container si possono usare vari sistemi, dai più semplici basati su configurazioni più o meno statiche, eseguite all'interno di una VM, fino a sofisticati sistemi di orchestrazione che prevedono il monitoraggio delle risorse, il rilevamento di condizioni di criticità e la scalabilità automatica, spesso offerti come servizi SaaS dai cloud provider.

I sistemi più semplici sono facili da adottare, ma non consentono configurazioni che permettono di operare risparmi in base all'utilizzo di tali sistemi.

I cloud provider mettono a disposizione varie interfacce ed API per gestire il tutto. Il sistema di gran lunga più diffuso è certamente Kubernetes, un progetto Free e Open Source gestito dalla Cloud Native Computing Foundation (CNCF), il direttore d'orchestra dei container. Di solito ogni provider personalizza l'offerta con varie estensioni più o meno aperte o proprietarie.

La base comune di Kubernetes aiuta a ridurre il rischio di lock-in.


Le personalizzazioni dei cloud provider possono rappresentare un vantaggio gestionale, ma talvolta introducono complicazioni. Il campo dei sistemi di container orchestration è in continua evoluzione e ci sono decine di sistemi che rientrano nella definizione. Tra i più noti menzioniamo Docker Swarm e Nomad. Ci sono poi strumenti di gestione dei sistemi di container orchestration, come OpenShift o Rancher o appunto i sistemi messi a disposizione da ogni cloud provider. A volte le differenze fra i sistemi sono minime, a volte sostanziali. Anche in questo campo l'introduzione di automatismi basati su quello che comunemente viene chiamato “intelligenza artificiale” porterà ad ulteriori possibili scelte gestionali.

La complessità gestionale di introdurre un orchestratore di container è ripagata da un aumento della flessibilità, della resilienza, dell'ottimizzazione delle risorse, ottenibile dopo aver conseguito una certa esperienza.


Se tendenzialmente nelle VM che ospitano servizi in produzione l'accensione e lo spegnimento sono eventi rarissimi, di contro i container dovrebbero essere adottati per essere continuamente accesi e spenti oltre a lavorare in parallelo per ottenere quella che viene definita la scalabilità orizzontale

In questo modo il fallimento del singolo non si ripercuote sul sistema, che può anche essere aggiornato velocemente e gradualmente.

Da virtual machine a container

Bisogna partire da un'analisi dell'applicazione che si vuole migrare. Un buon approccio è sintetizzato nel paradigma dei 12 fattori per le applicazioni, o in generale nelle migliori pratiche della containerizzazione, riassunte qui. Di certo alcuni requisiti, come quello di non usare dati locali, potrebbero essere difficili da soddisfare se l'applicazione è un monolite pensato per lavorare direttamente sul filesystem: in questo caso la componente dello storage dell'applicazione andrà completamente ri-fattorizzata.

Fino a che tutte le buone pratiche non saranno soddisfatte, l'applicazione continuerà a vivere in una VM e solo quando raggiungerà la flessibilità necessaria per essere containerizzata potrà essere migrata sui container.

In questo caso sarà utile, parallelamente al processo di ri-fattorizzazione dell'applicazione, ristrutturare l'ambiente di Continuos Integration (CI) e Continuos Delivery (CD) per produrre le immagini dell'applicazione e per testarle automaticamente. Nell'ambiente di CI si possono inserire anche processi di scansione delle dipendenze per vulnerabilità note, sistemi di controllo della formattazione e della percentuale di codice coperto da test, che contribuiscono a migliorare la qualità del codice dell'applicazione e a tenere sotto controllo gli aspetti più visibili della sicurezza. È possibile trovare un esempio delle raccomandazioni della CNCF qui.

Come risparmiare: un esempio pratico

I container sono eseguiti all'interno di VM o direttamente nelle macchine fisiche o all'interno di cluster condivisi messi a disposizione e completamente gestiti dai cloud provider.

Nel caso venga utilizzato un cluster dedicato, al fine di ottenere dei risparmi legati all'uso delle risorse su scale medio/grandi, il sistema di orchestrazione tiene conto delle risorse richieste in tempo reale e rilascia le risorse non necessarie.


Ad esempio, facendo gestire il carico dei nodi ad un sistema di orchestrazione di container, 100 macchine virtuali con un utilizzo medio della CPU del 50% possono essere ridotte a 63, se teniamo come parametro di utilizzo medio della CPU l'80%.

Se viene rilevato un utilizzo medio delle risorse superiore, il meccanismo di autoscaling aggiungerà nuove VM al cluster. La soglia dell'80% è una soglia arbitraria, da valutare di caso in caso, per esempio, bilanciando i tempi di risposta dell'applicazione con la riserva di CPU che si vuole tenere.

Allo stesso modo, è possibile ottimizzare l'utilizzo della RAM e ovviamente bisogna tenere in considerazione anche il picco di richieste alla rete e le richieste verso lo storage.

Dopo aver messo in piedi il sistema e monitorato le prestazioni per un periodo ragionevole, è possibile analizzare i dati per determinare il numero ottimale di VM da mantenere stabilmente, ottenendo risparmi significativi a lungo termine. I picchi di utilizzo, invece, possono essere gestiti con risorse a consumo, riducendo i costi complessivi.

Un'analisi dei costi dovrebbe anche tenere conto della maggiore resilienza del sistema ai guasti o agli attacchi cibernetici.


Quanto costa un'ora di interruzione dei servizi? Quanto tempo ci vuole a ripristinare un sistema basto interamente su VM? Un sistema basato su container, se progettato e gestito correttamente, può garantire un'elevata continuità operativa, riducendo al minimo le interruzioni. Per una disamina più puntuale sull'analisi dei costi rimandiamo al manuale di abilitazione al cloud.

Anomalie e dove trovarle

Quando si collocano diverse applicazioni nello stesso cluster, è importante considerare attentamente la gestione della sicurezza. La gestione dei container segue le buone pratiche: monitora la sicurezza dell'applicazione anche in fase di costruzione dell'artefatto software (build) ed è integrata in un sistema di CI/CD per eseguire un rapido aggiornamento in caso emergessero problematiche, permettendo in questo modo di predisporre una risposta alle minacce in maniera molto efficace. La dinamicità offerta dai container permette anche di adottare paradigmi del tipo “service mesh” dove il traffico stesso fra i microservizi è oggetto di osservazione e analisi. Questo consente una rilevazione delle anomalie e una segregazione degli eventuali componenti malfunzionanti in maniera molto puntuale e precisa rispetto ad un'applicazione servita da un applicativo monolitico eseguito all'interno di una VM.

Cambio di paradigma: da tutto statico a tutto dinamico

La tecnologia dei container porta con sé un radicale cambio di paradigma, dove alla staticità delle VM si affianca la dinamicità dei container. Per questo non è facile pensare ad una transizione fluida da una tecnologia all'altra. Ci saranno necessariamente dei salti da effettuare, ad esempio nel migrare lo storage locale a quello distribuito, che devono essere progettati con attenzione e testati sul campo prima di arrivare in produzione. Allo stesso modo il paradigma *stateless*, dove i container non devono tenere lo stato dell'applicazione cambia l'approccio alla gestione dei dati. Le operazioni di backup e di restore dei dati, così come la gestione degli aggiornamenti nello schema del database, devono essere adattate agli strumenti e alle pratiche della gestione container.

È importante notare che non tutte le applicazioni (o parti di applicazioni) si sposano bene con il paradigma dei container.


In questo caso si deve valutare se l'applicazione possa essere sostituita da un servizio cloud nativo del provider (per esempio nel caso di database) o mantenuto all'interno di una VM.

Il gioco di squadra è (quasi) tutto

Per arrivare a questo traguardo occorre creare un gruppo di lavoro ben affiatato, aggiornato sulle buone pratiche e con gli strumenti giusti a disposizione. La competenza sui container, oggetti molto più leggeri, ma anche effimeri, rispetto alle virtual machine, non si improvvisa. Esistono però innumerevoli risorse, dai tutorial alla documentazione e al materiale dei workshop liberamente scaricabile, fino a corsi e sessioni pratiche su una particolare tecnologia. Il processo di refactoring di un'applicazione per il cloud dovrà necessariamente far riprogrammare i gruppi di lavoro e la loro organizzazione: prima i developer sviluppavano il software e i sysadmin lo installavano manualmente sulle virtual machine.

Oggi con i container tutto deve essere più fluido e integrato per garantire un funzionamento ottimale.


Se non si dispone di molte competenze interne, per alcune tecnologie o framework di programmazione, i cloud provider, o terze parti, mettono a disposizione degli strumenti di valutazione della prontezza (readiness) dell'applicazione al fine di essere migrata da VM a provider, e in alcuni casi il processo può anche essere automatizzato. Tali strumenti possono essere molto potenti, ma di contro sono molto invasivi e non si consiglia di utilizzarli nell'istanza di produzione con i dati reali. Usare il primo strumento che si trova (spesso richiede solo pochi clic) sarebbe equivalente a consegnare le proprie chiavi di casa ad uno sconosciuto che si propone di valutarla per fare una proposta di ristrutturazione. Fidarsi è bene, non fidarsi del tutto è meglio. Prima di un utilizzo effettivo è necessario valutare l'impatto sulla sicurezza che comporta questo accesso privilegiato.

Che si scelga di affidarsi a una squadra interna o al supporto di consulenti e strumenti specializzati, la migrazione ai container rappresenta un passo importante verso sistemi più resilienti e performanti.

Mappare le competenze

I container sono una tecnologia necessaria per stare al passo con i tempi. In questo approfondimento ci siamo focalizzati sui benefici in fase di gestione, ma la loro adozione permette anche di usufruire di ambienti di sviluppo più controllati, insieme a sistemi di test e staging più facili da gestire, abilitando l'adozione di sistemi e architetture orientate ai microservizi.

La tecnologia e l'offerta di servizi, in continua evoluzione, è certamente matura per essere adottata senza controindicazioni nella maggioranza dei casi.


L'effettiva gestione della VM o del cluster sul quale vengono eseguiti i container può essere delegata ad un modello SaaS (Software as a Service) specializzato, a volte chiamato CaaS (Container as a Service), dove si delega la complessa gestione dell'infrastruttura sottostante al cloud provider per focalizzarsi sullo sviluppo dell'applicazione.

La tecnologia ha raggiunto uno stato di standardizzazione tale che, anche se prendessimo decisioni errate per la migrazione a questo modello, comunque riusciremmo facilmente a cambiare i componenti che non soddisfano più le nostre esigenze o il sistema di orchestrazione senza grossi contraccolpi, assicurando così continuità operativa.

Mappare le competenze è il primo passo fondamentale per adottare i container senza troppi timori. Comincia questo percorso leggendo il manuale di abilitazione al cloud.

:::

Le immagini presenti in questo articolo sono state sviluppate con il supporto dell’Intelligenza Artificiale con l’obiettivo di rappresentare visivamente i temi trattati.


noblogo.org/developers-italia/…


Come accordare l'orchestra del cloud con i "container"


Buone pratiche per sviluppare applicazioni e servizi in modo sicuro, leggero e scalabile nel settore pubblico

di Daniele Pizzolli e Fabrizio De Rosa, Team Cloud Italia del Dipartimento per la trasformazione digitale

Ogni tecnologia che abilita il cloud ha un ruolo preciso, proprio come gli strumenti in un'orchestra di musica classica. E perché la melodia sia armoniosa e avvincente è necessaria una perfetta coordinazione tra tutti gli strumenti in scena.

Oggi parliamo dei “container”, dei veri e propri contenitori digitali che suonano il loro spartito in modo efficiente e sincronizzato, costruendo applicazioni e servizi in modo sicuro, leggero e scalabile. A dirigere la musica c'è il maestro d'orchestra, ad esempio Kubernetes, che ottimizza le risorse in sicurezza, permettendo ai container di collaborare insieme senza stonature. È necessario che l'orchestra sia ben affiatata per offrire prestazioni adeguate al funzionamento di organizzazioni complesse come le amministrazioni pubbliche italiane.

In questo articolo esploreremo alcuni dei passi fondamentali per l'utilizzo di queste tecnologie, analizzandone i benefici e le differenze principali con il modello di migrazione lift and shift, ovvero il semplice trasferimento di dati e servizi che rimangono dentro macchine virtuali.

I container e le virtual machine

I container sono una tecnologia che consente di allocare e isolare risorse, come ad esempio la memoria volatile (RAM) e la CPU, utilizzando il sistema operativo senza la necessità di coinvolgere l'hardware, diversamente da quanto avviene con le macchine virtuali.

Il fatto che l'isolamento sia ottenuto tramite il sistema operativo rende i container più veloci ad accendersi e a spegnersi, in quanto non c'è bisogno di inizializzare l'hardware (seppure emulato) e avviare tutto il sistema operativo della virtual machine (VM). Queste ultime risultano meno isolate, venendo a mancare la separazione netta a livello di CPU gestita dall'hypervisor, ovvero lo strato di software che gestisce le macchine virtuali dialogando con l'hardware.

Come in altri ambiti dell'informatica, non è tutto o bianco o nero: la distinzione fra container e VM, a seconda delle tecnologie usate, può non essere così evidente.


Da un lato ci sono container gestiti integralmente dal sistema operativo, dall'altro VM con uno strato di sistema operativo così esiguo da essere assimilabili a container.

Come si costruisce un container

La costruzione dell'immagine di un container è molto simile a quella di una VM, ma per fortuna molto più standardizzata. Se le immagini delle VM sono molto differenti a seconda della tecnologia, per i container c'è una buona standardizzazione de-facto nel formato dell'immagine (Image Format Specification), delle configurazioni (Runtime Specification) e la distribuzione degli artefatti (Distribution Specification) portati avanti dall'Open Container Initiative (OCI).

L'immagine di un container si può trovare sia preparata dal fornitore del software o da system integrator di terze parti, che costruita a partire da immagini di base, di norma condivise direttamente dai vari produttori di sistemi operativi all'interno di un processo automatizzato di Continuouos Integration/Continuous Delivery (CI/CD).

Qui è possibile notare le prime differenze sostanziali con le VM. Le buone pratiche per la gestione dei container prevedono che l'immagine sia stateless, ovvero che non porti con sé nessuna informazione specifica legata alla singola istanza (o al singolo deploy, se preferiamo la nomenclatura inglese). Le configurazioni vengono infatti applicate tramite appositi file o variabili d'ambiente al momento dell'inizializzazione e i dati persistenti sono archiviati in appositi volumi o database, o ancora meglio in sistemi di storage e database distribuiti, al contrario di quanto avviene solitamente con i monoliti nelle VM dove software, configurazioni e dati sono accorpati.

L'immagine di un container deve essere quindi costruita per auto-configurarsi alla partenza, cosa fattibile ma non banale in quanto richiede competenze DevOps.


Se la sicurezza riveste un ruolo prioritario, è meglio introdurre nel gruppo di lavoro anche competenze di tipo DevSecOps.

Un' orchestra per migliorare l'ottimizzazione delle risorse

Per eseguire e gestire un'immagine di un container si possono usare vari sistemi, dai più semplici basati su configurazioni più o meno statiche, eseguite all'interno di una VM, fino a sofisticati sistemi di orchestrazione che prevedono il monitoraggio delle risorse, il rilevamento di condizioni di criticità e la scalabilità automatica, spesso offerti come servizi SaaS dai cloud provider.

I sistemi più semplici sono facili da adottare, ma non consentono configurazioni che permettono di operare risparmi in base all'utilizzo di tali sistemi.

I cloud provider mettono a disposizione varie interfacce ed API per gestire il tutto. Il sistema di gran lunga più diffuso è certamente Kubernetes, un progetto Free e Open Source gestito dalla Cloud Native Computing Foundation (CNCF), il direttore d'orchestra dei container. Di solito ogni provider personalizza l'offerta con varie estensioni più o meno aperte o proprietarie.

La base comune di Kubernetes aiuta a ridurre il rischio di lock-in.


Le personalizzazioni dei cloud provider possono rappresentare un vantaggio gestionale, ma talvolta introducono complicazioni. Il campo dei sistemi di container orchestration è in continua evoluzione e ci sono decine di sistemi che rientrano nella definizione. Tra i più noti menzioniamo Docker Swarm e Nomad. Ci sono poi strumenti di gestione dei sistemi di container orchestration, come OpenShift o Rancher o appunto i sistemi messi a disposizione da ogni cloud provider. A volte le differenze fra i sistemi sono minime, a volte sostanziali. Anche in questo campo l'introduzione di automatismi basati su quello che comunemente viene chiamato “intelligenza artificiale” porterà ad ulteriori possibili scelte gestionali.

La complessità gestionale di introdurre un orchestratore di container è ripagata da un aumento della flessibilità, della resilienza, dell'ottimizzazione delle risorse, ottenibile dopo aver conseguito una certa esperienza.


Se tendenzialmente nelle VM che ospitano servizi in produzione l'accensione e lo spegnimento sono eventi rarissimi, di contro i container dovrebbero essere adottati per essere continuamente accesi e spenti oltre a lavorare in parallelo per ottenere quella che viene definita la scalabilità orizzontale

In questo modo il fallimento del singolo non si ripercuote sul sistema, che può anche essere aggiornato velocemente e gradualmente.

Da virtual machine a container

Bisogna partire da un'analisi dell'applicazione che si vuole migrare. Un buon approccio è sintetizzato nel paradigma dei 12 fattori per le applicazioni, o in generale nelle migliori pratiche della containerizzazione, riassunte qui. Di certo alcuni requisiti, come quello di non usare dati locali, potrebbero essere difficili da soddisfare se l'applicazione è un monolite pensato per lavorare direttamente sul filesystem: in questo caso la componente dello storage dell'applicazione andrà completamente ri-fattorizzata.

Fino a che tutte le buone pratiche non saranno soddisfatte, l'applicazione continuerà a vivere in una VM e solo quando raggiungerà la flessibilità necessaria per essere containerizzata potrà essere migrata sui container.

In questo caso sarà utile, parallelamente al processo di ri-fattorizzazione dell'applicazione, ristrutturare l'ambiente di Continuos Integration (CI) e Continuos Delivery (CD) per produrre le immagini dell'applicazione e per testarle automaticamente. Nell'ambiente di CI si possono inserire anche processi di scansione delle dipendenze per vulnerabilità note, sistemi di controllo della formattazione e della percentuale di codice coperto da test, che contribuiscono a migliorare la qualità del codice dell'applicazione e a tenere sotto controllo gli aspetti più visibili della sicurezza. È possibile trovare un esempio delle raccomandazioni della CNCF qui.

Come risparmiare: un esempio pratico

I container sono eseguiti all'interno di VM o direttamente nelle macchine fisiche o all'interno di cluster condivisi messi a disposizione e completamente gestiti dai cloud provider.

Nel caso venga utilizzato un cluster dedicato, al fine di ottenere dei risparmi legati all'uso delle risorse su scale medio/grandi, il sistema di orchestrazione tiene conto delle risorse richieste in tempo reale e rilascia le risorse non necessarie.


Ad esempio, facendo gestire il carico dei nodi ad un sistema di orchestrazione di container, 100 macchine virtuali con un utilizzo medio della CPU del 50% possono essere ridotte a 63, se teniamo come parametro di utilizzo medio della CPU l'80%.

Se viene rilevato un utilizzo medio delle risorse superiore, il meccanismo di autoscaling aggiungerà nuove VM al cluster. La soglia dell'80% è una soglia arbitraria, da valutare di caso in caso, per esempio, bilanciando i tempi di risposta dell'applicazione con la riserva di CPU che si vuole tenere.

Allo stesso modo, è possibile ottimizzare l'utilizzo della RAM e ovviamente bisogna tenere in considerazione anche il picco di richieste alla rete e le richieste verso lo storage.

Dopo aver messo in piedi il sistema e monitorato le prestazioni per un periodo ragionevole, è possibile analizzare i dati per determinare il numero ottimale di VM da mantenere stabilmente, ottenendo risparmi significativi a lungo termine. I picchi di utilizzo, invece, possono essere gestiti con risorse a consumo, riducendo i costi complessivi.

Un'analisi dei costi dovrebbe anche tenere conto della maggiore resilienza del sistema ai guasti o agli attacchi cibernetici.


Quanto costa un'ora di interruzione dei servizi? Quanto tempo ci vuole a ripristinare un sistema basto interamente su VM? Un sistema basato su container, se progettato e gestito correttamente, può garantire un'elevata continuità operativa, riducendo al minimo le interruzioni. Per una disamina più puntuale sull'analisi dei costi rimandiamo al manuale di abilitazione al cloud.

Anomalie e dove trovarle

Quando si collocano diverse applicazioni nello stesso cluster, è importante considerare attentamente la gestione della sicurezza. La gestione dei container segue le buone pratiche: monitora la sicurezza dell'applicazione anche in fase di costruzione dell'artefatto software (build) ed è integrata in un sistema di CI/CD per eseguire un rapido aggiornamento in caso emergessero problematiche, permettendo in questo modo di predisporre una risposta alle minacce in maniera molto efficace. La dinamicità offerta dai container permette anche di adottare paradigmi del tipo “service mesh” dove il traffico stesso fra i microservizi è oggetto di osservazione e analisi. Questo consente una rilevazione delle anomalie e una segregazione degli eventuali componenti malfunzionanti in maniera molto puntuale e precisa rispetto ad un'applicazione servita da un applicativo monolitico eseguito all'interno di una VM.

Cambio di paradigma: da tutto statico a tutto dinamico

La tecnologia dei container porta con sé un radicale cambio di paradigma, dove alla staticità delle VM si affianca la dinamicità dei container. Per questo non è facile pensare ad una transizione fluida da una tecnologia all'altra. Ci saranno necessariamente dei salti da effettuare, ad esempio nel migrare lo storage locale a quello distribuito, che devono essere progettati con attenzione e testati sul campo prima di arrivare in produzione. Allo stesso modo il paradigma *stateless*, dove i container non devono tenere lo stato dell'applicazione cambia l'approccio alla gestione dei dati. Le operazioni di backup e di restore dei dati, così come la gestione degli aggiornamenti nello schema del database, devono essere adattate agli strumenti e alle pratiche della gestione container.

È importante notare che non tutte le applicazioni (o parti di applicazioni) si sposano bene con il paradigma dei container.


In questo caso si deve valutare se l'applicazione possa essere sostituita da un servizio cloud nativo del provider (per esempio nel caso di database) o mantenuto all'interno di una VM.

Il gioco di squadra è (quasi) tutto

Per arrivare a questo traguardo occorre creare un gruppo di lavoro ben affiatato, aggiornato sulle buone pratiche e con gli strumenti giusti a disposizione. La competenza sui container, oggetti molto più leggeri, ma anche effimeri, rispetto alle virtual machine, non si improvvisa. Esistono però innumerevoli risorse, dai tutorial alla documentazione e al materiale dei workshop liberamente scaricabile, fino a corsi e sessioni pratiche su una particolare tecnologia. Il processo di refactoring di un'applicazione per il cloud dovrà necessariamente far riprogrammare i gruppi di lavoro e la loro organizzazione: prima i developer sviluppavano il software e i sysadmin lo installavano manualmente sulle virtual machine.

Oggi con i container tutto deve essere più fluido e integrato per garantire un funzionamento ottimale.


Se non si dispone di molte competenze interne, per alcune tecnologie o framework di programmazione, i cloud provider, o terze parti, mettono a disposizione degli strumenti di valutazione della prontezza (readiness) dell'applicazione al fine di essere migrata da VM a provider, e in alcuni casi il processo può anche essere automatizzato. Tali strumenti possono essere molto potenti, ma di contro sono molto invasivi e non si consiglia di utilizzarli nell'istanza di produzione con i dati reali. Usare il primo strumento che si trova (spesso richiede solo pochi clic) sarebbe equivalente a consegnare le proprie chiavi di casa ad uno sconosciuto che si propone di valutarla per fare una proposta di ristrutturazione. Fidarsi è bene, non fidarsi del tutto è meglio. Prima di un utilizzo effettivo è necessario valutare l'impatto sulla sicurezza che comporta questo accesso privilegiato.

Che si scelga di affidarsi a una squadra interna o al supporto di consulenti e strumenti specializzati, la migrazione ai container rappresenta un passo importante verso sistemi più resilienti e performanti.

Mappare le competenze

I container sono una tecnologia necessaria per stare al passo con i tempi. In questo approfondimento ci siamo focalizzati sui benefici in fase di gestione, ma la loro adozione permette anche di usufruire di ambienti di sviluppo più controllati, insieme a sistemi di test e staging più facili da gestire, abilitando l'adozione di sistemi e architetture orientate ai microservizi.

La tecnologia e l'offerta di servizi, in continua evoluzione, è certamente matura per essere adottata senza controindicazioni nella maggioranza dei casi.


L'effettiva gestione della VM o del cluster sul quale vengono eseguiti i container può essere delegata ad un modello SaaS (Software as a Service) specializzato, a volte chiamato CaaS (Container as a Service), dove si delega la complessa gestione dell'infrastruttura sottostante al cloud provider per focalizzarsi sullo sviluppo dell'applicazione.

La tecnologia ha raggiunto uno stato di standardizzazione tale che, anche se prendessimo decisioni errate per la migrazione a questo modello, comunque riusciremmo facilmente a cambiare i componenti che non soddisfano più le nostre esigenze o il sistema di orchestrazione senza grossi contraccolpi, assicurando così continuità operativa.

Mappare le competenze è il primo passo fondamentale per adottare i container senza troppi timori. Comincia questo percorso leggendo il manuale di abilitazione al cloud.

:::

Le immagini presenti in questo articolo sono state sviluppate con il supporto dell’Intelligenza Artificiale con l’obiettivo di rappresentare visivamente i temi trattati.

Questo blog è redatto da Developers Italia




Tratta di esseri umani: afghani, ricercati dal Belgio, arrestati in Italia


Sono stati i carabinieri del ROS (Raggruppamento Operativo Speciale) ad eseguire tra Bari e Gorizia un Ordine europeo d’indagine, richiesto dall’Autorità giudiziaria del Belgio (Tribunale di Prima istanza di Anversa), accolto dalla procura della Repubblica nei confronti di 2 cittadini afghani, ritenuti responsabili del reato di associazione a delinquere finalizzata alla tratta di essere umani aggravata. Nei confronti dei due è stato contestualmente eseguito il mandato di arresto europeo.

crest del ROS

Questi provvedimenti hanno origine nell’ambito della cooperazione internazionale di polizia presso Europol, che oltre la partecipazione del Ros dei carabinieri, si è avvalsa della Polizia federale del Belgio, la National crime agency del Regno Unito ed altre Forze di polizia europee, finalizzata al contrasto del fenomeno della tratta di esseri umani.

In particolare, l’Operational Task Force costituita si concentra sull’esistenza di gruppi armati organizzati, attivi nel traffico di migranti lungo la rotta balcanica ed attivi principalmente in Serbia e Bosnia Erzegovina. Secondo le accuse delle autorità del Belgio, gli arrestati, sebbene in Italia, sarebbero da considerarsi membri di un’organizzazione transnazionale e coinvolti nel trasferimento dei migranti in vari Paesi europei, in particolar modo verso il Belgio e il Regno Unito. Tutte le attività delinquenziali, oltre ad essere particolarmente violente, venivano spesso documentate con video e/o foto sui principali social network.

Nello stesso tempo, sono stati eseguiti in Belgio e Regno Unito altri provvedimenti cautelari

Il logo della Polizia federale del Belgio

#trattaesseri umani #mandatoarrestoeuropeo #armadeicarabinieri #ROS #europol #cooperazioneinternazionaledipolizia #belgio #regnounito


noblogo.org/cooperazione-inter…


Tratta di esseri umani: afghani, ricercati dal Belgio, arrestati in Italia


Sono stati i carabinieri del ROS (Raggruppamento Operativo Speciale) ad eseguire tra Bari e Gorizia un Ordine europeo d’indagine, richiesto dall’Autorità giudiziaria del Belgio (Tribunale di Prima istanza di Anversa), accolto dalla procura della Repubblica nei confronti di 2 cittadini afghani, ritenuti responsabili del reato di associazione a delinquere finalizzata alla tratta di essere umani aggravata. Nei confronti dei due è stato contestualmente eseguito il mandato di arresto europeo.

crest del ROS

Questi provvedimenti hanno origine nell’ambito della cooperazione internazionale di polizia presso Europol, che oltre la partecipazione del Ros dei carabinieri, si è avvalsa della Polizia federale del Belgio, la National crime agency del Regno Unito ed altre Forze di polizia europee, finalizzata al contrasto del fenomeno della tratta di esseri umani.

In particolare, l’Operational Task Force costituita si concentra sull’esistenza di gruppi armati organizzati, attivi nel traffico di migranti lungo la rotta balcanica ed attivi principalmente in Serbia e Bosnia Erzegovina. Secondo le accuse delle autorità del Belgio, gli arrestati, sebbene in Italia, sarebbero da considerarsi membri di un’organizzazione transnazionale e coinvolti nel trasferimento dei migranti in vari Paesi europei, in particolar modo verso il Belgio e il Regno Unito. Tutte le attività delinquenziali, oltre ad essere particolarmente violente, venivano spesso documentate con video e/o foto sui principali social network.

Nello stesso tempo, sono stati eseguiti in Belgio e Regno Unito altri provvedimenti cautelari

Il logo della Polizia federale del Belgio

#trattaesseri umani #mandatoarrestoeuropeo #armadeicarabinieri #ROS #europol #cooperazioneinternazionaledipolizia #belgio #regnounito


Segui il blog e interagisci con i suoi post nel fediverso. Scopri dove trovarci:l.devol.it/@CoopIntdiPoliziaTutti i contenuti sono CC BY-NC-SA (creativecommons.org/licenses/b…)Le immagini se non diversamente indicato sono di pubblico dominio.



Segui il blog e interagisci con i suoi post nel fediverso. Scopri dove trovarci:l.devol.it/@CoopIntdiPoliziaTutti i contenuti sono CC BY-NC-SA (creativecommons.org/licenses/b…)Le immagini se non diversamente indicato sono di pubblico dominio.





A singing silence tingles my nerves, Feminine, aimless, wistful. A nameless desire commanding attention, Earthly and soft like a pink orchid.


noblogo.org/chiaramente/a-sing…



SALMO - 10 (9)


DIO ABBATTE L’ARROGANZA DELL’EMPIOLamed 1 (9,22) Perché, Signore, ti tieni lontano, nei momenti di pericolo ti nascondi?

2 (9,23) Con arroganza il malvagio perseguita il povero: cadano nelle insidie che hanno tramato!

3 (9,24) Il malvagio si vanta dei suoi desideri, l'avido benedice se stesso.

4 (9,25) Nel suo orgoglio il malvagio disprezza il Signore: “Dio non ne chiede conto, non esiste!”; questo è tutto il suo pensiero.

5 (9,26) Le sue vie vanno sempre a buon fine, troppo in alto per lui sono i tuoi giudizi: con un soffio spazza via i suoi avversari.

6 (9,27) Egli pensa: “Non sarò mai scosso, vivrò sempre senza sventure”.

Pe 7 (9,28) Di spergiuri, di frodi e d'inganni ha piena la bocca, sulla sua lingua sono cattiveria e prepotenza.

8 (9,29) Sta in agguato dietro le siepi, dai nascondigli uccide l'innocente.

Ain I suoi occhi spiano il misero,9 (9,30) sta in agguato di nascosto come un leone nel covo. Sta in agguato per ghermire il povero, ghermisce il povero attirandolo nella rete.

10 (9,31) Si piega e si acquatta, cadono i miseri sotto i suoi artigli.

11 (9,32) Egli pensa: “Dio dimentica, nasconde il volto, non vede più nulla”.

Kof 12 (9,33) Sorgi, Signore Dio, alza la tua mano, non dimenticare i poveri.

13 (9,34) Perché il malvagio disprezza Dio e pensa: “Non ne chiederai conto”?

Res 14 (9,35) Eppure tu vedi l'affanno e il dolore, li guardi e li prendi nelle tue mani. A te si abbandona il misero, dell'orfano tu sei l'aiuto.

Sin 15 (9,36) Spezza il braccio del malvagio e dell'empio, cercherai il suo peccato e più non lo troverai.

16 (9,37) Il Signore è re in eterno, per sempre: dalla sua terra sono scomparse le genti.

Tau 17 (9,38) Tu accogli, Signore, il desiderio dei poveri, rafforzi i loro cuori, porgi l'orecchio,

18 (9,39) perché sia fatta giustizia all'orfano e all'oppresso, e non continui più a spargere terrore l'uomo fatto di terra. _________________Note

10,1 Di fronte all’arroganza del malvagio e al successo di ogni sua opera, il giusto rimane colpito dal silenzio di Dio e ne invoca l’intervento. Dio non rimarrà indifferente. Si tratta della seconda parte del Sal 9, come indicano le lettere dell’alfabeto da Lamed a Tau, poste all’inizio di ogni strofa. Nel testo ebraico della Bibbia inizia qui il Sal 10, mentre nella versione greca dei LXX e nella Vulgata latina continua il Sal 9.

=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti


Salmo 10 (9)vv.22-32. Dopo una domanda simile a quella del giusto perseguitato (cfr. Sal 22,2) sull'apparente silenzio ed inoperosità di Dio al momento del bisogno, e la prosperità degli empi, il salmista descrive lungamente la perfidia e le arti messe in campo dal malvagio contro il misero e l'oppresso (vv. 23-31) osando sfidare direttamente anche Dio (v. 32).

v. 25. «Dio non se ne cura: Dio non esiste»: cfr. Sal 14. Si tratta di ateismo pratico. Le parole dell'empio negano l'interessamento e l'intervento di Dio a favore dell'uomo.

v. 27. «Egli pensa...»: nei vv. 27-32 si descrive la mentalità e l'atteggiamento dell'empio, che negando l'interessamento di Dio per l'uomo, disprezza le sue leggi opprimendo con inganni, tranelli, agguati, violenza e soprusi il misero, sicuro di sé (v. 27), e disprezzando Dio, accusato di dimenticare e di voltare la faccia per non vedere (v. 32).

v. 33. «Sorgi»: Dio come un guerriero si alza a combattere (Es 6,6; Dt 4,24), ma anche come giudice per giudicare (Is 9,11; 10,4).

v. 36. «Spezza il braccio...»: è un antropomorfismo. Il braccio è simbolo del potere e dell'azione perfida dell'empio. Dio «con la mano alzata» (v. 33) lo spezza riducendo l'empio all'impotenza di nuocere.

vv. 37-39. In questi versetti di genere innico si esalta il Signore, re eterno, che ascolta i gemiti dei miseri e li salva, facendo giustizia e distruggendo i malvagi, cosicché essi non incutano più paura agli oppressi e agli orfani (v. 39). Il salmo si chiude con una professione di fede nella giustizia di Dio che salva «l'orfano e l'oppresso», ma riduce al nulla l'uomo che, dimentico della sua condizione creaturale, ha osato sfidarlo.

Nel NT Rm 3,14 cita il v. 28a (= Sal 10,7), e At 17,31 riprende il v. 9; 1Pt 5,8 adopera l'immagine del leone del v. 30 (= Sal 10,9), applicandola al diavolo.

(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


🔝C A L E N D A R IIndice BIBBIAHomepage