IQBAL MASIH: STORIA DI UN' INFANZIA RAPITA
A cura di Luca Rossi.
Novembre 2006
“Nessun bambino dovrebbe mai impugnare uno strumento di lavoro. Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano sono penne e matite”
I.M.,Stoccolma 1994
Il film di Cinzia Th. Torrini[1] (1998), inerente la vita di Iqbal Masih, non è altro che la storia di una vita riscattata da violenze e omertà su uno degli aspetti più inquietanti che legano le società ricche dell'occidente a quelle più povere, in un'asimmetria abissale dove all'interno delle prime i bambini portano con sé la dignità loro attribuita da leggi consapevoli del valore della vita, mentre le seconde utilizzano con il termine di “piccoli lavoratori” un eufemismo per celare un sostantivo ben più pesante, quello dell'essere schiavo.
Già, perché Iqbal Masih, insieme ai milioni di bambini schiavi sparsi per il mondo, concentrati soprattutto nelle zone del Bangladesh, del Pakistan, dell'India, del Nepal rappresenta la sofferenza di un'infanzia che segna i cuori di tutti coloro che si battono contro lo sfruttamento dei più deboli, in qualsiasi senso.
Venduto all'età di quattro anni dal padre, la regista ci narra la storia vera di un ragazzo pakistano, ceduto ad un fabbricante di tappeti senza scrupoli, al fine di pagare un debito contratto per il matrimonio della figlia. Mani distrutte per avere intessuto per dodici ore al giorno per sei lunghi anni tappeti raffinati, pronti per essere rivenduti nei paesi occidentali a prezzi elevatissimi. Piedi incatenati a un telaio per fare sì che nessuno dei piccoli lavoratori si allontanasse dal posto di lavoro, o rinchiusi da Hussain Kahn, titolare dell'azienda (se così la si potrebbe definire), nella “Tomba”, un pozzo privo di aria e di luce quando qualcuno disubbidiva o cercava la fuga. Le regole erano semplici, come ricorda uno dei ragazzi a Iqbal appena giunto alla fabbrica: 1) non è permesso parlare altrimenti verrai punito; 2) puoi fare una pausa di mezz'ora per mangiare ogni giorno. Se ci metti di più verrai punito; 3) se ti addormenti sul telaio verrai punito; 4) se sporchi la tua panca o perdi gli attrezzi di lavoro verrai punito; 5) se ti lamenti o parli con sconosciuti fuori dalla fabbrica verrai punito.
Iqbal fu l'esempio vivente, ispirato da ideali di libertà, per tutti i bambini del mondo, ridotti in schiavitù, più che inserirsi nel lavoro nero. E più che di un film, quello della Torrini, è un vero e proprio reportage filmato che non ha fine, che non avrà mai fine, poiché lo sfruttamento minorile non è cessato di esistere.
Venduto per pochi dollari, Iqbal riuscirà con l'aiuto di un sindacalista, Eshan Kahn, presidente della lega contro il lavoro dei bambini -BLLF- (unica persona di cui fidarsi a dispetto della famiglia dove non avrebbe più trovato rifugio, perché sarebbe subito stato riportato al proprio aguzzino o della polizia locale corrotta essa stessa), a diffondere il suo pensiero e la sua voglia di vivere e difendere quanti hanno vissuto il suo dramma partecipando a varie manifestazioni, portandovi la voce di coloro che non avevano voce, in Svezia, negli Stati Uniti d'America, dove riceverà onorificenze e contributi, nonché una borsa di studio dalla Brandeis University, che gli consentiranno di progettare un sogno: quello di diventare un giorno avvocato per difendere i soprusi verso i minori, mentre nello scorrere delle immagini della Torrini, le telecamere inquadrano striscioni e cartelli di marce di bambini liberi inneggianti la scritta “Children are innocent!”.
Iqbal regalerà alla nonna non vedente, ma in grado di distinguere i colori dal calore che essi emanano, quasi un'energia vitale che attraversa l'anima, una semplice bambola di pezza che le aveva promesso anni prima, fino al giorno in cui, la domenica di Pasqua del 1995, all'età di tredici anni, il martirio segnò per sempre la sua vita.
Ucciso da un sicario che gli sparò in pieno petto (perché accusato con le sue pubbliche affermazioni di ridurre gli introiti attraverso lo sfruttamento minorile dell'economia illegale del Pakistan), sarà ritrovato su di una spiaggia, sulle lande di Chapa Kana Mill, nei pressi di Lahore, con legato ad una mano il filo di un aquilone volteggiante alto nel cielo, segno di quella fanciullezza che non poggia i propri piedi su di una terra corrotta, ma che si libera come ala nel blu del cosmo, tra nuvole bianche riflesse nel sole. Ma quel giorno il sole non doveva avere colore.
Mentre l'aquilone sale alto, la polizia scriverà a verbale: “L'assassinio è scaturito da una discussione tra un contadino ed Iqbal.”
Prima di essere ucciso, il piccolo uomo scrisse: “Non ho paura del mio padrone; ora è lui ad avere paura di me.”
Quello della Torrini lo si vorrebbe un film che appartenesse alla storia, come quelli girati nei campi di concentramento, ma non è così: resterà sempre attuale.
Accanto alle immagini della regista vi è però da aggiungere a mio giudizio ciò che ha da dirci la poesia in merito. Il poeta, come il cineasta, grida anch'egli il suo sdegno. Tra le figure contemporanee di poeti che hanno dato voce al dolore di Iqbal ne ricordiamo una per tutte: quella del poeta torinese Felice Serino[2], di cui riporto il suo dire in merito attraverso una delle più belle poesie di cui la prima stesura fu quella pubblicata su “Il Tizzone”[3]: “tuo padre ti vendette/ per pagare un debito/ inestinguibile// violarono la tua infanzia/ insieme all'innocenza di bambine/ costrette a prostituirsi// tra trame di tappeti e catene/ il tuo sangue ancora grida nei piccoli/ fratelli – sotto ogni latitudine// ma la tua ribellione ha creato/ un precedente: una forza/ dirompente a svegliare coscienze// per un più umano domani.”
Ripresa e rielaborata in chiave diversa la poesia apparve poi premiata in vari concorsi nel seguente modo:“come un bosco devastato/ intristirono la tua infanzia/ di pochi sogni// tra trame di tappeti e catene/ ancora grida il tuo sangue nei piccoli/ fratelli – il tuo sangue che lavò la terra// quel mattino che nascesti in cielo – dimmi –/ chi fu a cogliere il tuo dolore adulto/ per appenderlo ad una stella?”
Entrambe le espressioni d'arte esprimono, ciascuna a modo loro, il pensiero cosmopolita di chi ha voluto testimoniare con i suoi verdi anni una fede universale.
[1] Cinzia Th. Torrini nasce a Firenze nel 1954 e si trasferirà a Monaco dove si diplomerà alla scuola di cinematografia. Dopo avere girato alcuni documentari e cortometraggi, esordirà con la pellicola “Giocare d'azzardo”, riscuotendo a Venezia nel 1982 un notevole successo da parte della critica. Seguirà nel 1986 la produzione del film “Hotel Colonial”, mentre nel 1996 parteciperà con altri quattordici registi alla produzione di “Esercizi di stile”.
Per la televisione Cinzia Th. Torrini ha partecipato alla realizzazione di “L'ombra della sera” (1984), “Dalla notte all'alba” (1991), “L'aquila della notte” (1993), “Morte di una strega” (1996), “Iqbal Masih” (1998) e “Ombre” (1999).
[2] Nato a Pozzuoli (NA), F. Serino vive a Torino da operaio metalmeccanico, oggi in pensione. Ha pubblicato i seguenti volumi: “Il Dio-Boomerang”; “Frammenti dell'immagine spezzata”; “Fuoco dipinto”; “La difficile luce”; “Di nuovo l'utopia”. In proprio ha editato: “Delta & Grido” e “Idolatria di un'assenza”. Ha collaborato in vario modo con il periodico “Il Tizzone”, “Omero” ed altri. Maurizio Cucchi dice di lui: “F. Serino dimostra notevole esperienza, destrezza e buone letture, non solo poetiche. Conserva residui avanguardistici ma cita anche Bartolo Cattafi e si ispira qua e là ad Andrea Zanzotto.”
[3] Poesia apparsa sulla rivista letteraria “Il Tizzone”; editore Alfio Arcifa – Rieti 1999.
LA SCHIZOFRENIA DELLA FABBRICA Antonio Catalfamo
Da: IL CALENDARIO DEL POPOLO – Poeti operai [numero monografico n. 730, maggio 2008]
Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941. Dopo vari impieghi nel settore alberghiero e come benzinaio, ha lavorato per ben trentuno anni alla micidiale catena di montaggio della Fiat Mirafiori, a Torino.
Poeta autodidatta, “mail artista” e studioso di astrologia, vive tuttora nella capitale italiana dell'automobile. Ha pubblicato le seguenti raccolte poetiche: Il dio-boomerang (1978); Frammenti dell'immagine spezzata (1981); Di nuovo l'utopia (1984); Delta & grido (1988); Idolatria di un'assenza (1994); Fuoco dipinto (2002); La difficile luce (2005); Il sentire celeste (in e-book, 2006); Dentro una sospensione (2007).
I versi di Serino sono costruiti, non a caso, attraverso la tecnica del monologo interiore, che, spinto all'estremo, sconfina nel flusso di coscienza: i pensieri vengono riprodotti su carta così come affluiscono alla mente, saltando i nessi grammaticali, logici e cronologici.
Il poeta vuole rappresentarli in presa diretta, senza mediazione alcuna, per rendere palpabile al lettore la condizione psicologica alienata dell'operaio.
Così salta anche la punteggiatura, i piani narrativi si intrecciano, il “prima” si fonde col “poi”.
Non esiste un “tempo di fabbrica” e un “tempo di libertà”, separati l'uno dall'altro. Anche quando l'operaio è a casa con la famiglia, a letto con la moglie, nell'intimità dell'amplesso, nella dimensione ludica del rapporto affettivo con la figlioletta, la fabbrica è sempre presente, nel pensiero, con i suoi rumori, i suoi ritmi, le sue ansie ed i suoi pericoli.
Pure il verso prende un ritmo incessante, come quello della catena di montaggio. Solo qualche enjambement consente una pausa, poi il macchinario continua a girare, costringendo l'operaio ad inseguirlo, ad adeguare i propri tempi a quelli del mostro tecnologico.
E' questa la “qualità totale” di cui tanto si parla. L'impresa impone la propria centralità, precludendo ogni spazio esistenziale privato all'operaio, assumendo una funzione totalizzante.
Si noti, inoltre, il clima di angoscia incessante, che domina i versi di Serino.
Le immagini degli omicidi bianchi, le morti violente, che si susseguono in fabbrica, come lampi al magnesio, esplodono nella sua mente, impedendogli una vita “normale”; rimangono impigliati nei meccanismi della macchina e ossessionano il poeta in ogni momento del suo ciclo vitale, che ne risulta irrimediabilmente alterato.
Su tutto (sentimenti, valori) domina il plusvalore, che Taylor diceva furbescamente di voler ridurre in un cantuccio. La produzione, secondo lui, avrebbe raggiunto vette così alte che il problema della distribuzione del plusvalore sarebbe diventato marginale.
Ma nei decenni il Pil (Prodotto interno lordo) è aumentato progressivamente, senza che ciò contribuisse ad eliminare l'alienazione del lavoratore.
Come osserva giustamente Serino, l'operaio, anzi, resta impigliato in un nuovo ciclo alienante, “produci-consuma-produci”, diventa vittima sacrificale per un nuovo “dio-mammona”, “pedina in massacri calcolati”.
Traspare dalle poesie del Nostro (sin dai titolo delle raccolte: Il dio-boomerang; e poi nelle immagini bibliche ricorrenti: l'operaio come Cristo crocifisso, le presenze diaboliche che affiorano qua e là) una religiosità violata, tradita da un ordine sociale cinico, che calpesta persino le leggi di natura, i principi evangelici.
Antonio Catalfamo
Da: IL CALENDARIO DEL POPOLO – Poeti operai
[numero monografico n. 730, maggio 2008]
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PROLETARI
1
distinzioni di classi
niente di nuovo la storia si ripete
noi pendolari voi vampiri
dell'industria che evadete il fisco
(imboscando capitali sindona insegna)
ed esponete le chiappe al solleone
sulla costa azzurra o smeralda
(lontani dal nostro morire –
in città-vortice sangue solare
innalziamo piramidi umane
per l'alba di mammona)
dopo aver fatto il bello e il cattivo tempo
(burattinai per vocazione
di questa babele tecnocratica)
averci diseredati crocifissi
con bulloni a catene di montaggio
2
cieche corse cronometriche
cottimi barattati con la salute
pensieri accartocciati desideri
condannati a morte
uccidi la tua anima per otto ore
sventola la tua bandiera-di-carne
produci-consuma-produci
per il dio-mammona per il benessere (di chi?!)
sei bestia per il giogo del potere
pedina in massacri calcolati
SPIRALE
metti la caffettiera sul gas
il tempo di fare l'amore
la casa un'isola nella nebbia
di ieri nella testa il grido dell'officina
non ti avanza tempo per buttare su carta
quattro versi che ti frullano nel cervello
la bimba vuol passare nel lettone sorridi
per il polistirolo ritrovatosi in bocca
con la torta ieri il suo compleanno
trepiderai ancora una volta al ritorno
davanti alla cassetta delle lettere
e la moglie a dire qui facciamo i salti
mortali per quadrare il bilancio
il borbottìo del caffè ti alzi
esci e penetri il muro di nebbia
nella testa il grido stridulo d'officina
a cui impigliati restano brandelli
d'anima e carne
d'un'altra settimana di passione
stasera deporrai la croce
LINEA DI MONTAGGIO
lo hanno visto inginocchiarsi
davanti alla centoventesima vettura: come se
volesse specchiarvisi o adorare
il dio-macchina:
46 anni: infarto – parole
di circostanza chi deve informare la
famiglia – l'attimo
di sconcerto poi li risucchia il ritmo
vorticante: come se nulla
sia accaduto: la produzione
innanzitutto
MORTE BIANCA
al paese (le donne avvolte
in scialli si segnano ai lampi)
hanno saputo di stefano volato
dall'impalcatura come angelo senz'ali
– non venire a mettere radici – scriveva al fratello
minore – qui anche tu nella
città di ciminiere e acciaio: qui dove
mangio pane e rabbia: dove si vive
in mano a volontà cieche
UOMO TECNOLOGICO
parabole di carne convertite in
plusvalore – l'anima canta nell'acciaio – pensieri
decapitati al dileguarsi di essenze: vuota
occhiaia del giorno dilatato:
coscienza che si lacera all'infinito
L'ANIMA TESA SUL GRIDO
l'anima tesa sul grido
dopo otto ore alla catena
neanche la voglia di parlare
davanti alla tivù-caminetto
e morfeo ti apre le braccia
(impigliàti nello stridìo
della macchina
brandelli di coscienza)
domani ancora una pena
l'anima tesa sul grido
del giorno
in spirali di alienazione
OLOCAUSTO
immolato al moloch del consumo
deponi la croce delle otto ore lasciando
brandelli di anima lungo la catena
biascichi parole di fumo prima del sonno e sogni
strappare alla vita il sorriso ammanettato
dal giorno tieni in vita la tua morte tra vortici
dell'essere e trucioli d'acciaio rovente ti farà
fuori una overdose di nevrosi-solitudine
cuore-senza-paese immolato al moloch
dei consumi il sangue vorticante nella babele di
pacifici massacri offerta quotidiana
[Le poesie di quegli anni 80, sono servite se non altro alla mia crescita.]
.
Criminalità ambientale: una guida legislativa per combatterla. L'importanza della cooperazione tra Forze di polizia
Il crimine inquinante rappresenta una minaccia significativa e crescente per l'ambiente, la salute umana e lo sviluppo sostenibile, contribuendo alla tripla crisi planetaria dei cambiamenti climatici, alla perdita di biodiversità e all'inquinamento. In questo contesto l'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine ( UNODC ) ha pubblicato “Lotta al crimine di inquinamento: una guida alle buone pratiche legislative” (reperibile [en] qui sherloc.unodc.org/cld/uploads/…), per sostenere gli Stati nel rafforzare le risposte legali a questo problema complesso e in rapida evoluzione.
La guida legislativa mira a fungere da strumento per gli Stati al momento di elaborare, rivedere o modificare la legislazione nazionale pertinente per prevenire e combattere la criminalità dell'inquinamento. Pertanto, la guida ha lo scopo di fornire ai legislatori nazionali una panoramica delle questioni chiave da considerare durante lo sviluppo e la modifica della legislazione nazionale pertinente. Inoltre, nella guida vengono forniti esempi legislativi nazionali e regionali, casi studio e altre informazioni supplementari.
La cooperazione tra Forze di polizia
Tra gli altri capitoli, quello dedicato alla cooperazione internazionale tra le forze dell'ordine, indicata come parte integrante della lotta ai reati di inquinamento e al coinvolgimento di gruppi criminali organizzati transnazionali in tali reati. La condivisione in tempo reale delle informazioni, le disposizioni per estendere i poteri operativi oltre confine e l'invio di ufficiali di collegamento sono solo alcune delle misure che possono migliorare la risposta a tali reati. Una cooperazione efficace può essere attuata attraverso canali formali e informali e i funzionari dovrebbero essere adeguatamente formati sull'uso appropriato di tali opzioni. La scarsa consapevolezza dei mezzi e dei metodi di cooperazione rappresenta un ostacolo fondamentale a tale collaborazione.
La cooperazione internazionale tra le forze dell'ordine è disciplinata dall'articolo 27 della Convenzione sulla criminalità organizzata, che prevede che gli Stati parti collaborino strettamente tra loro per migliorare l'efficacia delle azioni di contrasto. Le misure specifiche richieste dall'articolo 27 includono l'istituzione di canali di comunicazione tra autorità, agenzie e servizi competenti al fine di facilitare lo scambio sicuro e rapido di informazioni relative alla criminalità organizzata. L'articolo prevede inoltre la cooperazione tra gli Stati parte nelle indagini su persone, beni e proventi coinvolti nella criminalità organizzata, la condivisione di beni e sostanze necessari a fini analitici o investigativi e l'invio di ufficiali di collegamento. Un modello per la legislazione di tali forme di cooperazione internazionale tra forze dell'ordine è fornito nella disposizione legislativa modello 21. La disposizione è rilevante principalmente per gli Stati in cui è richiesto un mandato legale affinché le agenzie investigative cooperino con le controparti internazionali. In altri Stati tale disposizione potrebbe non essere necessaria, ma potrebbe essere auspicabile per chiarire e migliorare i meccanismi esistenti di cooperazione tra forze dell'ordine.
SALMO - 126 (125)
LA GIOIA DEL RITORNO1 Canto delle salite.
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion, ci sembrava di sognare.
2 Allora la nostra bocca si riempì di sorriso, la nostra lingua di gioia. Allora si diceva tra le genti: “Il Signore ha fatto grandi cose per loro”.
3 Grandi cose ha fatto il Signore per noi: eravamo pieni di gioia.
4 Ristabilisci, Signore, la nostra sorte, come i torrenti del Negheb.
5 Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia.
6 Nell'andare, se ne va piangendo, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con gioia, portando i suoi covoni.
_________________Note
126,1 Più che al ritorno dall’esilio babilonese (a cui sembrerebbe riferirsi una diversa traduzione del v. 1: “Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion”), questa supplica sembra alludere al ritorno nella situazione di armonia e di pace in cui il Signore colloca l’orante (e la sua comunità) dopo alterne vicende di dolore, di sofferenza e di pericolo.
126,4 i torrenti del Negheb: in questa regione arida le piogge primaverili portano acqua ai torrenti e fanno rivivere la natura.
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Approfondimenti
Dal pianto alla gioia Supplica collettiva (+ motivi di ringraziamento e sapienziali)
Il salmo in pochi versi esprime con intenso lirismo i genuini sentimenti di gioia, di riconoscenza e di supplica. Il ritmo nel TM è di 4 + 3 accenti nei vv. 1-3 e di 3 + 2 nei vv. 4-6. La voce «Signore» (JHWH) ricorre quattro volte nei vv. 1-4. Al termine del 2b e all'inizio del v. 3a c'è la ripresa dell'espressione «grandi cose..», assai comune nei “Salmi delle ascensioni”, cui il nostro formalmente appartiene. La simbologia riguarda il campo della gioia, lo spazio, il tempo e la vita agricola.
Divisione:
- vv. 1-3: ricordo gioioso e riconoscente della liberazione passata;
- vv. 4-6: supplica per il rinnovo dei prodigi.
v. 1. «ricondusse»: il salmista accenna al secondo esodo (Is 40-55) che realizzò la profezia di Ger 30,18 e Ez 34,16. «ci sembrava di sognare»: più che la descrizione dell'effetto psicologico di un'improvvisa e inaspettata liberazione, qui si accenna all'attuazione delle “visioni” profetiche. Infatti il verbo ebraico usato ḥlm (sognare) ha un nesso con tali visioni (cfr. Gl 3,1).
v. 2. «la nostra bocca si aprì al sorriso...»: si ricorda l'entusiasmo e la gioia piena per la liberazione e il ringraziamento al Signore con «canti di gioia» (cfr. Is 35,10; 54,1). «si diceva tra i popoli...»: cfr. Ger 33,9; Ez 36,23-24. Al contrario della domanda ironica e blasfema «dov'è il loro Dio?», espressa dai popoli altre volte (Sal 42,4.11; 79,10), qui le nazioni straniere si ricredono e riconoscono apertamente l'operato prodigioso di Dio a favore del suo popolo.
v. 4. «Riconduci, Signore...»: la traduzione è incerta per la corruzione del testo. Si può tradurre anche: «cambia Signore le nostre sorti». L'espressione richiama per inclusione quella simile del v. 1, ove il verbo šwb (ritornare) gioca un ruolo importante. «come i torrenti del Negheb»: il paragone è pregnante e significativo. Suppone la conoscenza geografica della terra palestinese. I torrenti (wadi) del Negheb (= regione a sud della Palestina) sono secchi per mancanza di pioggia, ma al suo cadere si riempiono a tal punto da essere travolgenti nella furia precipitosa delle acque che danno vita (cfr. Is 35,6-7).
v. 5. «Chi semina nelle lacrime...»: il salmista cita forse un proverbio come espressione di speranza nell'esaudimento della supplica del v. 4. L'immagine è presa dal mondo agricolo. Alla fatica e alla privazione della semina segue la gioia e l'abbondanza del raccolto, cfr. Sal 30,6. Per la gioia del tempo del raccolto cfr. Sal 4,8; Is 9,2; 61,3.
v. 6. «Nell'andare se ne va e piange...»: tutto il versetto è un'amplificazione del detto proverbiale di v. 5, insistendo sull'immagine agricola della semina e del raccolto.
Nel NT la liberazione di Pietro in At 12,9 richiama la stessa esperienza di “sogno” di v. 1 del salmo. L'espressione «grandi cose ha fatto il Signore..» dei v. 2b-3a riecheggia in Lc 1,49. Per il riferimento all'immagine agricola della semina e della mietitura, che ricorre spesso nel NT, tra l'altro cfr. Mt 13,3-9.18-32.36-43 e paralleli; Gv 4,35-38; 12,24; Gal 6,7-10; 1Cor 9,11; 15,36; 2Cor 9,6-7.10. Al cambiamento delle «lacrime» in «giubilo» dei vv. 5-6 fanno eco tra l'altro Mt 5,5; Gv 16,20; Ap 21,4.
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
L'Occasione
Mi sono messo in camicia e cravatta oggi per essere il più presentabile possibile. È un grande giorno per me che ho fatto tutti i passaggi burocratici e penso di fare questa esperienza già da un po'. Mi siedo al tavolo indicato dopo essermi presentato agli altri colleghi, mi trovo già bene in questo nuovo ambiente. Da tempo voglio fare questa attività e rendermi utile e da tempo vorrei un “LA” per parlarle. Mora, sguardo luminoso, sorriso abbagliante. La incontro spesso per strada, delle volte è seduta al tavolo del bar di zona che anche io frequento a bere con le amiche mentre altre volte semplicemente torna dal lavoro o dalla spesa o da chissà quali altre faccende che le occupano la giornata. I nostri sguardi si sono incrociati più volte in questi mesi, di sfuggita per lo più, e io non sono il tipo che fa il cascamorto con l'altro sesso: dovrei fermarla e chiederle il numero di telefono mentre porta le buste della spesa? No, sarebbe da cretini. Interromperla mentre ride e scherza con le amiche al tavolo? Diventerei io il motivo delle risate. E tornando dal lavoro avrà già chissà quanti pensieri più importanti per la testa che con la fortuna che ho se le facessi un complimento nella giornata sbagliata probabilmente mi prenderebbe a calci.
«Devi farti notare passivamente, come un elemento già visto su un paesaggio che non si vede tutti i giorni. Risaltare!» dice Roberto sorseggiando un negroni, il mio amico di sempre che trovo bruttarello ma chissà come ha successo con le donne come e quanto Barney di “How I met your mother”. Magari si ispira proprio a quel personaggio, o viceversa si sono ispirati loro a lui. Vai a sapere, ma a quanto sembra tutto quello che ho fatto fin'ora mi sta portando a seguire il suo consiglio. A prima vista lei mi piace e mi crea curiosità anche se non so nemmeno che voce abbia o quale musica ascolta. È una cosa fisica, probabilmente non sa nemmeno che esisto, quindi ho pensato di unire il desiderio di rendermi utile qui dentro all'avere l'occasione di farmi notare da lei. Sai, magari la prossima volta mi fermerà lei per strada per dirmi «Hey! Ma tu sei quello che quel giorno...»
Prima giornata e passano le ore, gente entra ed esce a turno. Ci scambiamo due parole come da protocollo, fornisco il servizio richiesto e se ne vanno. Tutto qui. È una di quelle attività talmente ripetitive e brevi che poi inserisci il pilota automatico e le ore scorrono senza che tu te ne accorga o almeno è quello che mi avevano detto di aspettarmi, perché in realtà fra una persona e l'altra passa talmente tanto tempo che avrò servito una ventina di persone al massimo in tutta la giornata. Meno male che colleghe e colleghi sembrano ben disposti nei miei confronti anche se sono nuovo del team, quindi ho avuto modo di chiacchierare con loro e conoscerli meglio. Franco ha 50 anni e fa questo da tutta la vita (infatti è il capo) e ci crede tantissimo, Laura è poco più che trentenne ed è alla sua terza esperienza, mentre Carlo e Alice vengono da un'altra città e si sono trasferiti in questo quartiere da qualche anno, quindi già si conoscono e già collaborano insieme in molte altre cose essendo amici da una vita. Fra le nostre chiacchiere e il passare dei minuti che si trasformano in ore ci accorgiamo che il turno è finito. Mi sento stanco, è stata una giornata piacevole ma mi aspettavo un po' di movimento in più. Incredibile come ci si possa stancare facendo pochissimo, mentre lei... non è mai arrivata.
Il giorno dopo dobbiamo fare solo mezzo turno e nonostante ciò in qualche modo le ore sono passate più lentamente. Finalmente, dopo molte chiacchiere e racconti arriva il momento e Franco batte le mani una singola volta dicendo «bene amici, abbiamo finito!», il sorriso coperto in parte da baffi grigi ci conferma il termine delle operazioni. Una volta fatta la chiusura ci salutiamo fuori dall'ingresso, il nostro dovere è fatto e... lei anche oggi non è venuta. Vado al solito bar, mi siedo e ordino un negroni come farebbe Roberto. Lei arriva allegra con le sue amiche e si siede a un tavolo vicino, ordinano da bere e con tono trionfale brindano «A QUEI COGLIONI CHE HANNO VOTATO!».
È qua che la vedo davvero e capisco. Colpa mia che l'ho idealizzata, d'accordo, ma mi aspettavo di più. E visto che sono uno di quei coglioni che ci credono al punto da fare lo scrutatore a questo punto spero di sparire del tutto dal suo campo visivo.
Il controllo dell'informazione (in senso buono)
Nell'ultima puntata ( open.spotify.com/episode/4xN1O… ) abbiamo parlato di misure applicabili contro il complottismo.
Una misura che ci sembra venga spesso presa sotto gamba è quella del controllo dell'informazione: non stiamo parlando del controllo centralizzato da parte di un ente o un governo, ma del controllo che possiamo applicare tutti noi quando stiamo per condividere un'informazione.
Più il titolo dell'articolo è eclatante, più l'emozione generata in noi è forte e più velocemente tenderemo a condividere un'informazione. Spesso senza controllarne la veridicità. È il meccanismo che rende virali notizie “che non lo erano”, ad esempio notizie vere, ma riportate in modo incorretto o distorto, oppure notizie false (“fake news”).
Gli studi dimostrano che la misinformazione, ad esempio un politico che cita delle statistiche in modo errato o distorto per giustificare una legge, ha un impatto più grande delle “fake news” che spesso sono relegate ad una frangia più estrema e numericamente ridotta della popolazione.
Quindi quello che possiamo fare nel nostro piccolo è controllare le notizie che condividiamo: è proprio vero che un nuovo studio conferma che mangiare cioccolata fa bene? Probabilmente i ricercatori scrivono qualcosa tipo “è stato riscontrato un miglioramento nel 51% dei soggetti testati, ma non è possibile stabilire un nesso causale”. Invece di condividere acriticamente, andiamo a leggere lo studio, facciamoci un'idea più chiara, forniamo un contesto al semplice link e al titolo “acchiappa click”, così che le persone che leggeranno la nostra condivisione potranno a loro volta fermarsi a riflettere.
Poi, certo, qualcuno potrebbe argomentare che in questo modo l'algoritmo potrà dare ancora più spazio alla fuffa che viene generata e ricondivisa alla velocità della luce, ma quello è un problema differente e andrebbe affrontato con strumenti diversi.
La (in)naturale avversione per i ciclisti, dinamica e statica
Innaturale perché è un sentimento malato instillato da una mentalità tanto sbagliata quanto difficile da stradicare; naturale perché praticamente data per scontata, nei paesi meno civili. Vivo in Italia.
Dell'avversione dinamica non c'è molto da dire: sappiamo benissimo che l'unico ciclista buono è quello morto, per la persona plagiata da decenni di macchinacentrismo istituzionale, concetti e luoghi modellati sulle necessità delle automobili e degli automobilisti.
L'avversione statica è quella che fa odiare anche la bicicicletta in sé, in qualsiasi momento. Schiuma alla bocca per il concetto stesso di bicicletta: la sola esistenza di un mezzo che non consuma, non inquina, porta benessere mentale e fisico e non ammazza con un tocco i soggetti più deboli.
*L'avversione dinamica si manifesta in strada, in movimento. L'avversione statica si manifesta anche nel cortile di un condominio, tra le mura di un palazzo, in un qualsiasi posto chiuso. Spesso è anche regolamentata e imposta, in maniera ufficiale (delibere di condominio) o ufficiosa (cartelli apposti arbitrariamente da un soggetto, con l'approvazione tacita degli altri).
Non voglio tirarla ulteriormente per le lunghe: la gente preferisce un autocarro del 1960 lasciato acceso davanti casa, a una bicicletta parcheggiata in una rastrelliera in un cortile deserto, inutilizzato. L'autocarro inquina come un deposito di materiali sintetici in fiamme, la bicicletta sta lì, inoffensiva e silente.Tanto basta.
Il forno sulla circumvallazione di San Gregorio Matese
Circumvallazione è una parola probabilmente grossa, per un paesino di 1.000 abitanti scarsi e il cui nucleo, seppur all'interno di un'area abbastanza generosa, è racchiuso metaforicamente in un pugno.
Questa fantasiosa circumvallazione, della lunghezza di circa 3 chilometri, avvolge il paese ed è ottima per farci delle camminate, cosa che a volte facevamo prima dell'orario di colazione o nel pomeriggio, quando il sole iniziava a trovare ostacolo nelle montagne; lungo il percorso, la caserma dei carabinieri e della forestale, alcuni punti panoramici dove far spaziare la vista, la chiesa grande e un forno.
Uso questo termine perché non ricordo quale fosse l'attività principale: vendevano pane, pizzette, dolciumi, biscotti, dolce e salato. Qualunque cosa fosse, era in un punto strategico del tracciato e ci si poteva fermare per poter prendere qualcosa da portare a casa, o mangiare nei paraggi, e rifarsi della lunga camminata. Che non era lunga per niente, ma da piccoli il mondo sembra molto più grande.
All'epoca, ora non saprei, era tutto bianco, dentro e fuori. Semplice intonaco, insomma, ma mi è rimasto dentro così, nella sua banale semplicità, per qualche motivo. Ancora oggi, nella mia mente, il forno per definizione è tutto bianco, appena fuori dal centro, tranquillo, rassicurante. Un posto così è un posto dove mi piacerebbe comprare il pane, dei biscotti, del dolce e del salato.
Cosa ci rende esseri umani?Ognuno di noi potrebbe rispondere a questa domanda in modo diverso. E, anche dopo aver ascoltato le opinioni di una miriade di persone, ci sarà sempre qualcuno che, per originalità o fantasia, sarà capace di stupirci ancora. Potrebbe sembrare una questione filosofica, scientifica o religiosa, ma la domanda che vi sto ponendo si riferisce solo a voi stessi e al vostro modo di approcciarvi alla vita, come partecipazione attiva all’esperienza umana.La soluzione mi porta a un immaginario talmente ampio e antico che ho difficoltà a inquadrarlo nella mia mente. Eppure, guardando all’evoluzione, la risposta è semplice: 11 siamo il risultato delle nostre origini. La nostra crescita come specie è dipesa da un solo, imprescindibile elemento: la Natura. Un tempo, l’essere umano era molto più animale di quanto lo sia oggi, senza screditare le menti geniali e poliedriche che hanno abbattuto le barriere del tempo plasmando le nostre vite. Con “animale” intendo ciò che ci legava indissolubilmente alla Natura. Vivevamo in una situazione in cui la nostra sopravvivenza dipendeva dalla conoscenza e dal rispetto del pianeta: conoscere le peculiarità dei raccolti, le fasi lunari, il periodo di semina, era indispensabile per sopravvivere.
Era un’epoca “x”, un tempo non definito, più o meno lontano, ma certamente distante dalla nostra attuale dipendenza dalle tecnologie. Da qualche decennio, la trasmissione orale delle storie, la fatica di tramandare leggende e tradizioni, è stata soppiantata dalla tecnologia, cambiando completamente il nostro approccio alla conoscenza. Mi riferisco a un tempo in cui le grandi storie erano narrate soprattutto per ricordo o per sentito dire, rendendo l’origine di qualsiasi tradizione vicina e lontana, dinamica e costantemente mutabile. I nostri avi, non così diversi da noi, sapevano affascinarsi e stupirsi con grande facilità. La loro vita era semplice ma dura. La nostra è confusa e complessa, a volte troppo facile, esagerata in ogni aspetto. Questo ci ammala psicologicamente e fisicamente. Oggi le grandi storie sono diventate facilmente reperibili, le troviamo ovunque, subito, e per questo abbiamo perso la capacità di stupirci e gioire ogni volta che ne abbiamo l’occasione.
Viviamo nell’epoca dell’Abbondanza – è una condizione che ci ha reso umani molto diversi; le nostre superficiali e viziate priorità hanno seppellito molti preziosi aspetti di un passato ormai dimenticato. In appena un secolo,ci siamo snaturalizzati a dismisura. Abbiamo cessato di essere legati alla Natura, cercando di diventare qualcos’altro di molto più subdolo e complesso, perdendo così la necessità di vivere in sintonia e in rispetto con l'ambiente circostante: abbiamo perso l’essenza stessa di ciò che ci rende umani, rendendoci irrimediabilmente infelici. Non sappiamo più cosa può renderci veramente felici.
La più grande rivoluzione comportamentale della nostra contemporaneità è definita dalle tecnologie smart. Questo nuovo aspetto invasivo e contaminante è diventato lo spartiacque di due epoche: il prima e il dopo. Ma per chi, come me, è nato già nel “dopo”, è difficile immaginare quanto saremmo potuti essere semplici, e semplicemente felici, senza il bisogno dell’abbondanza a caratterizzare la nostra quotidianità. L’odierno “essere umano” ha barattato le meraviglie della Natura con una malsana comodità e una consapevole ignoranza. Cosa ci rende esseri umani adesso? Un tempo, procurarsi qualcosa di così semplice e indispensabile come il cibo, richiedeva fatica, intelligenza, attenzione. Ma il sistema attuale ha abbattuto ogni difficoltà, donandoci il piacere dell’Abbondanza: qualsiasi cosa desideriamo è a portata di scaffale, pronta e confezionata, e noi possiamo ignorare se sia una verdura di stagione o un animale che stiamo portando all’estinzione solo per distribuirlo nei nostri generici punti di rifornimento.
Le tecnologie smart, oltre a non essere quasi mai usate per denunciare un meccanismo malsano e autodistruttivo, incentivano il consumo e lo spreco, un sistema pensato per arricchire pochi, a spese di tutti e di tutto. Il rispetto dedicato alla Natura, unico fattore indispensabile per permetterci il nostro alto tenore di vita, è gravemente trascurato. Il nostro modo di ricambiare questa entità planetaria, che ci ha donato tutto ciò di cui abbiamo avuto bisogno, è la devastazione: la maggior parte della flora e fauna vengono trasferite nei supermercati, nati dalla nostra totale pigrizia e indifferenza. Il semplice e scontato supermercato, a cui tutti siamo abituati, è eticamente e moralmente sbagliato e disumano: crea una voluta ignoranza e un disequilibrio tra la società e le persone che la compongono. La consapevolezza data dalle nostre tecnologie smart, i nostri “distributori di conoscenza”, non ammette ignoranza e non giustifica il nostro comportamento egocentrico come specie animale. Siamo tutti consapevoli, me compreso. Con ogni nostra scelta quotidiana che incrementa il nostro inattaccabile sistema autodistruttivo, scegliamo di voltare le spalle alle nostre origini.
Alla domanda “Cosa ci rende esseri umani?”, rispondo con convinzione: siamo ciò che la Natura ci ha permesso di essere, e nutro un grande sentimento di debito da saldare con il Mondo. Un debito che si paga solo in un modo: proteggendo il Pianeta, sarà lui a provvedere alla preservazione delle nostre vite nei secoli e oltre. Preservare la Terra significa riconoscerci per ciò che siamo, abitanti e ospiti, trascurando la nostra malsana necessità di sentirci padroni.
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Ciò che ci ha resi così diversi da come eravamo, e forse da come avremmo dovuto essere, è legato soprattutto alla tecnologia, che in brevissimo tempo ha mutato radicalmente le nostre abitudini e priorità. La nostra disumanizzazione è sicuramente iniziata prima della diffusione della tecnologia smart, ma con essa ha raggiunto l’apice economico e sociale.
I vertici del sistema hanno orchestrato una rapida trasformazione che ha avuto gravi ripercussioni sulla nostra vita, alimentando un infinito processo costantemente mutevole. La vita sociale si è spostata sugli schermi di computer e telefoni: interessi, passatempi e amicizie vengono consumati in un mondo filtrato. Questa esagerata necessità di adoperare continuamente la tecnologia ci ha resi dipendenti, schiavi di connessioni che però sono solo surrogati: non puoi sentirti solo finché fai parte di un gruppo WhatsApp. Oltre alla manipolazione comportamentale, lo scopo del sistema è il costante bombardamento pubblicitario, che crea bisogni utili solo all’apparenza, per renderci dei perfetti consumatori. La pubblicità è ovunque, ci dice cosa fare, cosa desiderare, come mostrarci, chi essere; più siamo uguali agli altri, più siamo accettati. È così che nasce la competizione universale, una corsa senza senso verso un ideale esagerato. Il tuo ruolo determinerà la tua rispettabilità come persona.
Per un uomo, il successo passa dall’auto costosa, dal telefono di ultima generazione, una carriera brillante, magari come imprenditore o avvocato, e da una compagna che ricalchi gli attuali canoni di bellezza. Una donna sa che, oltre a dover rispecchiare alcune precedenti caratteristiche, il suo valore è legato al suo corpo, la perfezione estetica è un dovere: solo la ragazza perfetta potrà avere la misera illusione di avere il mondo al proprio servizio. Seno troppo piccolo? O forse il sedere non è abbastanza rotondo? Da rifare. E quando la giovinezza inizia a svanire, resta solo la necessaria illusione di poterla comprare, chirurgicamente, per dimostrare a se stessa che non invecchia tanto velocemente quanto invecchia il mondo.
Tutti noi siamo corrotti da questi stimoli inutili, voluti per farci sentire sempre in difetto e renderci la vita impossibile, imprigionando i più deboli in un turbinio di imperfezioni. Queste imperfezioni vengono suggerite dal mondo umano stesso: siamo programmati per essere dei consumatori al servizio di chi ne trae profitto, come le grandi multinazionali che governano le pubblicità. Il miglior consumatore sarà sempre quello che sente l’estremo bisogno di avere ciò che ancora non ha, anche se potrebbe non servirgli a niente. I nostri smartphone non sono solo telefoni, ma hanno agito da catalizzatori al servizio di questi processi.
Vi rendo partecipi di una riflessione personale: Le persone che hanno vissuto i primi venti o trent’anni della loro vita nel “prima”, senza tutto questo, oggi sono comunque immerse nel sistema. Noi, che ci siamo nati dentro, quando saremo adulti, quando avremo cinquant’anni, sessanta, settanta... quando il mondo potrebbe essere completamente convertito alla fede delle tecnologie inutili: sapremo rinunciare alle più tossiche e invadenti? E se non ci riuscissimo? cosa resterebbe di noi e della nostra umanità?
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Nella società odierna, il computer è diventato uno strumento indispensabile per la propria integrazione nel sistema, sia nella vita professionale che nella sfera personale: un’evoluzione più che giustificata per il pigro essere umano, da sempre incline alla comodità. Il nostro fidato Pc ha reso la vita più semplice, piú rapida, più autonoma. Anche la tecnologia smart è ormai considerata un bene di prima necessità.
Il nostro “telefono intelligente” ha amplificato le precedenti comodità, aggiungendo ben poco di inedito alle nostre vite, permettendoci di fare le stesse identiche cose di prima, ma in modo più veloce e seducente – eppure tutti abbiamo estremamente bisogno di possederne uno, due, tre... e poi la smart TV, lo smartwatch, gli occhiali smart. Siamo completamente assuefatti da questi strumenti, che ci rendono sempre piú pigri e rischiano di farci regredire in un sistema senza precedenti.
Eppure, le cose davvero importanti restano sempre le stesse: l’aria pulita, l’acqua incontaminata, la salvaguardia degli animali, la protezione dei ghiacciai. A livello sociale, abbiamo bisogno di sanità e istruzione di qualità, di una politica equa, dalla parte dei cittadini. Ma tutta questa comodità rischia di alterare le nostre priorità, facendoci dimenticare gli obiettivi comuni, smorzando il desiderio di reagire, di lottare, di ribellarci. Un adolescente oggi ha bisogno di like, di visualizzazioni, di follower: ecco i nuovi valori. Questo processo, indotto su vasta scala, è un lavaggio del cervello orchestrato da pochi oligarchi che traggono profitto dal nostro disinteresse.
Il modo migliore per vendere un prodotto è quello di creare un bisogno collettivo, anche se solo apparente. Ci sentiamo obbligati ad avere ciò che tutti gli altri hanno. Ma alle multinazionali non interessa davvero rendere le nostre vite più comode, più veloci e più facili. Vogliono solo vendere, e più diffuso è il prodotto, più ci guadagnano: in questa epoca il più venduto al mondo è proprio lo smartphone. E così abbiamo telefoni dotati di enormi prestazioni, totalmente sprecate per l’uso reale che ne facciamo. Anche il più povero sente il bisogno di investire centinaia di euro in uno strumento che spesso non comprende e non sfrutta appieno, ma quale interesse reale dovrebbe avere un consumatore verso uno strumento di cui ignora le vere potenzialità? Servirebbe un’indifferenza collettiva, invece siamo spinti a possedere almeno uno.
Il mondo si è così abituato all’esistenza di questo accessorio che, se smettessimo tutti di usarlo per qualche tempo, il sistema collasserebbe. Chiunque si senta obbligato ad avere uno smartphone costoso e di marca è vittima di un sistema che ci ha cresciuti come perfetti consumatori.
Se compriamo tutto ciò che la pubblicità ci propone, siamo davvero liberi? O siamo talmente condizionati da credere di esserlo, mentre scegliamo ciò che è già stato scelto per noi? Non siamo più esseri umani: siamo consumatori, acquirenti potenziali. Io, almeno, vorrei sentirmi libero di dissociarmi da un sistema che non approvo, da una società che sfrutterebbe chiunque al posto mio.
Cassandra Wilson - Silver Pony (2010)
Silver Pony è un album in studio della cantante jazz americana Cassandra Wilson, pubblicato nel novembre 2010 dalla Blue Note Records. Un mix di brani dal vivo e registrati in studio, è stato prodotto da Wilson e John Fischbach. L'album include standard jazz, blues e pop, oltre a musica originale di Wilson e della sua band. Il sassofonista Ravi Coltrane e il cantante John Legend fanno apparizioni come ospiti. L'album ha ricevuto recensioni contrastanti, ma generalmente positive, dalla critica. I critici hanno elogiato la voce di Wilson e hanno particolarmente apprezzato l'attenzione rivolta alla sua band. Recensioni più negative sono arrivate da critici che hanno ritenuto che Silver Pony fosse al di sotto degli standard abituali di Wilson e presentasse poca originalità. L'album ha raggiunto il sesto posto nella classifica Billboard Jazz Albums.
Ascolta: open.spotify.com/intl-it/album…
Nessun Problema è sufficientemente lontano.
Io mi ricordo...
Metà anni 90, un sabato in giro per la città, una bancarella tra l'edicola e il duomo. Degli uomini stranieri mostravano foto di persone torturate e uccise e raccoglievano firme contro un dittatore lontano e sconosciuto. Per ricordarmelo ancora adesso, evidentemente la cosa mi ha segnato profondamente. Mi dispiaceva tanto, ma io cosa potevo fare (allora minorenne) per aiutare quelle persone? (a ripensarci adesso, probabilmente Curdi torturati e uccisi sotto Saddam Hussein)
Primi anni 2000, internet. Per un po' di tempo sono circolate le mail che raccontavano la situazione delle donne afghane dopo il ritorno dei talebani, l'impossibilità per le donne di lavorare, di andare a scuola, di uscire da sole, e l'appello per fare qualcosa per aiutarle. Anche qui, mi dispiaceva, ma io cosa potevo fare per aiutarle?
Ecco, anni dopo, quei problemi lontani di persone sconosciute sono arrivati a bussare alla mia porta di casa, con le missioni militari di “pace”, gli attentati in Europa, l'aumento delle spese militari e la conseguente erosione delle spese in campo sociale, l'arrivo di profughi traumatizzati, il finanziamento della criminalità organizzata nella tratta di esseri umani, i controlli invasivi negli aeroporti, ...
Tempo fa ho letto un articolo scritto da un marinaio di un sommergibile, raccontava la sua esperienza. Diceva che in un sommergibile se c'è un incendio, tutti vanno verso il problema per cercare di risolverlo al più presto, e non fuggono dalla parte opposta, perché è inutile, anzi, dannoso. Perché in sostanza in un sommergibile, nessun problema è sufficientemente lontano.
SALMO - 125 (124)
DIO, NOSTRA SALDA PROTEZIONE1 Canto delle salite.
Chi confida nel Signore è come il monte Sion: non vacilla, è stabile per sempre.
2 I monti circondano Gerusalemme: il Signore circonda il suo popolo, da ora e per sempre.
3 Non resterà lo scettro dei malvagi sull'eredità dei giusti, perché i giusti non tendano le mani a compiere il male.
4 Sii buono, Signore, con i buoni e con i retti di cuore.
5 Ma quelli che deviano per sentieri tortuosi il Signore li associ ai malfattori. Pace su Israele!
_________________Note
125,1 La stabilità dei monti di Gerusalemme (e, più in particolare, del monte Sion, sede del tempio) ispira questa supplica, nella quale l’orante fa appello alla stabilità incrollabile di Dio.
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Approfondimenti
Il Signore abbraccia il suo popolo come i monti Gerusalemme Salmo di fiducia (+ motivi sapienziali)
Lo sfondo geografico della breve lirica è dato dall'orografia di Gerusalemme, che è circondata da monti. Nella composizione unitaria si intravvedono due linee opposte: quella della giustizia e quella dell'empietà. Alla stabilità di chi ha fiducia in Dio, corrisponde, in inclusione antitetica, l'instabilità e rovina degli empi. La simbologia è spaziale.
Divisione:
- v. 1: introduzione tematica: professione di fede;
- v. 2: esempio illustrativo;
- v. 3: oracolo attualizzante;
- v. 4-5: sorte dei buoni e degli empi.
v. 1 «Chi confida»: alla lett. «coloro che confidano». «come il monte Sion»: il monte Sion indica qui Gerusalemme (cfr. Sal 87). La montagna è segno di stabilità.
v. 2 «I monti cingono Gerusalemme..»: non si accenna alle mura della città, ma alla corona di monti che circondano l'antica “città di Davide”, posta sull'Ofel o Sion, a sud dell'attuale spianata del tempio. Gerusalemme di fatti è circondata da monti eccetto che al lato nord, da dove sono venute per il passato le invasioni.
v. 3 «Egli non lascerà pesare...»: il v. 3, introdotto nel testo originale da kî (= perché), è un'affermazione oracolare, che applica il concetto della protezione divina alla situazione di sofferenza e alla paura attuale d'Israele; «non lascerà pesare»: alla lett. «non riposerà». «scettro degli empi»: lo scettro è segno di potere e di autorità. La voce šebet, significando anche tribù, può designare nel caso un popolo perverso. «possesso»: il possesso (gôral) designa qui il territorio giudaico assegnato come eredità dal Signore (cfr. Sal 37,3.9.18.22.29).
vv. 4-5. In questi due versetti sotto forma di appello si richiama il dogma della retribuzione terrena; premio per i buoni e castigo per i malvagi (cfr. Ez 18). «pace su Israele»: sebbene sia considerata un'aggiunta liturgica (Sal 128,6), il richiamo alla «pace» (šalôm) che allude al nome di Gerusalemme (yᵉrûšalaim), fa sì che quanto detto di Gerusalemme venga augurato a tutto Israele.
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
Cosa sarà di noi?
Predicazione su Giovanni 14, 15-19.23-27
castopod.it/@jhansen/episodes/…
Quando una persona leader lascia il suo incarico, spesso ci si chiede come andrà avanti senza questa persona. Chi si congeda o viene trasferito in altra seda lascia innanzitutto uno spazio vuoto, uno spazio che sarà difficile da riempire dalla persona che segue e prende il posto.
Così è nell’economia quando un imprenditore di successo lascia la guida della sua impresa, e tutti, anche i dipendenti si chiedono: che cosa sarà di noi? Ma succede anche nelle nostre chiese. Un pastore molto amato viene trasferito e lascia un vuoto. Non per caso nelle nostre chiese ben volentieri si pensa ai pastori che maggiormente hanno inciso sulla propria fede. In ogni chiesa forse esiste un Pastore con la P maiuscola, quello che più ha inciso sulla fede delle persone e sulla vita della chiesa.
Ma può anche essere nella vita privata quando muore la madre, il padre o quando si arriva a fine corsa per il matrimonio.
In tutte queste situazioni di congedo ci accorgiamo che noi non siamo facilmente sostituibili come lo sono le macchine, una si rompe, ecco, la si sostituisce con una nuova. Con noi persone, esseri umani, non funziona così, perché non se ne va solo un corpo, ma una persona con il suo carattere, con il suo modo di fare e amare.
“Come andare avanti?” è quindi una delle domande più frequenti in queste situazioni di cambio. E’ una domanda che vuole una risposta. Allora è molto importante fare in modo che le transizioni vengano organizzate in modo ordinato per aiutare a ridurre le incertezze e le paure, per dare continuità e la sensazione: si va avanti.
Anche Gesù se ne deve andare. Egli non vuole che i suoi non siano preparati a questa situazione. Si occupa del dopo. “Non vi lascerò orfani.” Già questo versetto rivela tutta la drammaticità di ciò che sta davanti a tutti: con Gesù, i discepoli e le discepole non perdono solo il loro maestro, ma la sua morte metterà in dubbio tutta la loro esistenza. Il vuoto che Gesù lascia toglierà loro il fiato. Hanno deciso di seguire Gesù, e ora lui se ne va. Perdono tutto.
Come orfani sono senza protezione, senza orientamento, senza amore. Vivranno o meglio sopravvivranno derubati di tutto ciò o meglio di colui che da un senso alla loro vita.
Ancora un po', e il mondo non mi vedrà più. Significa: non sarò più con voi! Tutto ciò che si è costruito attorno a Gesù, i miracoli, le speranze, il futuro immaginato con il loro maestro, il nuovo orizzonte, tutto, veramente tutto rischia di crollare con queste parole.
E infatti, è crollato tutto. Basti immaginare i racconti che seguono la crocifissione. I discepoli maschi scappano e tornano alla loro vita di sempre. Le donne che vanno alla tomba si spaventano. Marco infatti fa finire il suo Vangelo con le parole: non dissero nulla a nessuno, perché avevano paura.
I discepoli un gregge depresso, in pieno lutto, impreparato ad affrontare il dopo Gesù.
Gesù lo sa, e per questo si rivolge ai suoi facendo loro una promessa: coloro che lo hanno seguito avranno ora a loro volta uno che li seguirà e li accompagnerà. Non dice subito il nome, non dice chi è, ma che cosa farà: consolatore. I discepoli saranno consolati, consolati per aprirsi alla vita. Gli orfani non rimarranno orfani, perché anche dopo la dipartita del loro maestro rimane ciò che per Gesù di Nazaret è la base del suo parlare e agire: l’amore di Dio per le sue creature. Anzi, ciò che Gesù è stato per i suoi, adesso lo sperimenteranno per mezzo del consolatore: sarà lui a insegnare loro e a ricordare loro tutto ciò che hanno imparato dal loro maestro.
Questa consolazione ci viene raccontata già nelle apparizioni del risorto. Tommaso non dubita più, Maria Maddalena non piange più, i discepoli di Emmaus che prima camminano a passo pesante verso Emmaus, tornano pieni di gioia a Gerusalemme, correndo.
Lo Spirito fa veramente nuovo tutto. I discepoli diventano apostoli, predicatori con parole e azioni dell’amore di Dio.
Alla fine Gesù conclude il suo discorso nel brano: Vi lascio pace; vi do la mia pace.
Solo la pace può togliere l’incertezza, le preoccupazione per la propria vita, la paura del futuro, tutte cose che fanno della vita un combattimento e ci costringono a doverci sempre giustificare davanti a tutti. La pace cambia la prospettiva della vita.
Sapersi sostenuti dall’amore di Dio porta alla pace. Lo Shalom che è veramente più del semplice tacere delle armi. Per questo Gesù distingue la sua pace dalla pace del mondo. La sua pace è la pace di cui parlano i profeti, è una vita nel campo magnetico dell’amore di Dio che fa sì che cambio io e cambia il mondo. E’ la pace dei profeti che la descrivono in parole che sembrano utopia, ma infondo sono l’essenza dell’amore:
Isaia 65:25 “Il lupo e l'agnello pascoleranno assieme, il leone mangerà il foraggio come il bue, e il serpente si nutrirà di polvere. Non si farà né male né danno su tutto il mio monte santo”, dice il SIGNORE.
Isaia 2:4 Trasformeranno le loro spade in vomeri d'aratro, e le loro lance, in falci; una nazione non alzerà più la spada contro un'altra, e non impareranno più la guerra.
Ezechiele 34:25 Stabilirò con esse un patto di pace; farò sparire le bestie selvatiche dal paese; le mie pecore abiteranno al sicuro nel deserto e dormiranno nelle foreste.
La pace, lo shalom è talmente importante per i profeti che possiamo tradurla con benessere. La pace è la conseguenza della vita nell’amore di Dio. Non ci sono pochi stracchi e una moltitudine di poveri, non ci sono vedove, orfani e stranieri lasciati a se stessi, non ci sono avvoltoi che mangiano del tuo. Shalom, pace, vivere nell’amore, dell’amore e l’amore di Dio.
E’ questa pace che Gesù promette ai suoi discepoli. E’ la pace che ci ricorda che siamo a casa nell’amore di Dio. Sperimentarla e concretizzarla è un dono dello Spirito di Dio.
Lo spirito dona forza, coraggio, voglia di vivere anche contro ogni evidenza, contro ogni disperazione. E’ un consolatore proattivo che ci rende a nostra volta proattivi, perché chi vive nell’amore di Dio vuole essere un portatore e una portatrici del suo shalom e renderlo visibile nel mondo in cui spesso non c’è nemmeno quel poco di pace che Gesù ci lascia, quella pace del mondo. Lauren Daigle, la cantante degli USA di testi di fede lo dice così nel ritornello del suo canto “You say” (tu dici): Dici che sono amata quando non riesco a provare niente, dici che sono forte quando penso di essere debole, dici che c'è qualcuno che mi tiene quando sto per cadere quando non appartengo a niente, oh tu dici che sono tua. Cliccare qui per il video
Facciamoci dare questa forza, possa lo spirito abitare in noi e fare di noi dei testimoni dell’amore che sfocia nella pace e porta ad un mondo nuovo.
[filtri] -les mots ont des oreilles
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Ciao Mondo!
Ciao Mondo! Che bello poterti parlare di nuovo! Ti chiederei spensieratamente “come stai”, ma con disagio la reputerei una domanda tristemente incline alla retorica. L’ultima volta che ci siamo confrontati, le cose erano parecchio diverse... Dal punto di vista che riguarda la tua preziosa salute (da cui dipende, senza mezzi termini, anche la nostra) l’acqua era di certo più pulita, l’aria più respirabile, gli animali liberi di vivere le loro vite, ignari di tutto ciò che comporta condividerle con l’umanità. Mi correggo: con l’ultimo stadio raggiunto dall’umanità.Qualche scambio di parole addietro, mi avresti detto senza 3 pensarci due volte di essere felice. L’unico grande motivo che avrebbe potuto renderti ineguagliabilmente spensierato ed appagato, sarebbe stato vedere noi esseri umani (nonostante la nostra natura animale, in perenne evoluzione e mutamento) capaci di non compromettere in modo irreversibile ciò che di più importante custodisci nella tua infinita composizione: i sistemi che ti appartengono, che ti rendono unico e speciale.
È quasi inutile affermare che una volta eravamo molto diversi. Eravamo facilmente affascinabili, e lo stupore ci arrivava sempre da te: un paesaggio, un temporale, una stella, ci lasciava senza fiato. Ci definivano i nostri grandi sentimenti universali, quelli rivolti a ciò che era ignoto, ingestibile, indomabile: la paura dell’ignoto e il bisogno di conoscenza. Ora tutto è diventato più piatto, ovattato, il sentimento stesso non ha più lo stesso valore. La nostra esistenza, un tempo legata a un bisogno di semplicità oltre che di curiosità, ci permetteva di gioire di una quotidianità lenta e sana. Attributi che, a parer mio, rendevano le persone di ogni epoca, più felici di quanto sappiamo esserlo oggi. Non eravamo ancora contaminati da mille fattori esterni inutili, che oggi ci bombardano, ci distraggono, ci rincoglioniscono.
Una cosa che rendeva unica la nostra esistenza passata era che, involontariamente, non avendo i mezzi e la tecnologia per compiere disastri ambientali come quelli odierni, non avevamo nemmeno la responsabilità che oggi invece ci accomuna tutti. Non avevamo strumenti per essere tanto pericolosi quanto lo siamo adesso. Oggi, farti del male è diventata un’abitudine di poca importanza. Che dire... ci legava una parte animale, primordiale, atavica, priva della complessità che oggi ci caratterizza. Eppure, anche allora la vita sapeva essere cruda, spietata, incoerente, profondamente parziale come concetto di giustizia. Il bianco doveva essere bianco, il nero a sua volta doveva rimanere nero. L’emancipazione dei deboli, la lealtà, la moralità, la coerenza... erano concetti limitati a un bisogno personale, non collettivo. Non erano diritti accettati e riconosciuti da un sistema volto alla tutela degli ultimi scalini della nostra infinita piramide sociale. Pochi condividevano quei valori e chi predicava la sua giustizia, se la trovava contro: dalla parte del carnefice, del potente, del socialmente riconosciuto. C’era molta parzialità e prepotenza, i torti erano all’ordine del giorno, e al sistema interessava poco.
Oggi, noi occidentali del “primo mondo”, possiamo ritenerci fortunati. Da questo punto di vista, devo ammettere che siamo migliorati parecchio, almeno nella porzione di mondo che impropriamente mi permetto di chiamare “casa”. Nel resto del pianeta... chi lo sa? Sarò sincero, Mondo: i tempi di cui parlo vorrei tanto ricordarmeli. Desidererei sapere, conoscere esattamente ciò di cui sto discutendo o bagolando, ma quando sono nato io, poche decine di anni fa, era circa tutto così come è adesso. Forse il contesto umano era appena diverso, ma già predisposto a modellare il presente che conosciamo oggi. Viviamo in una situazione complessa: non ci capiamo, e nessuno capisce nessuno. La quotidianità è diventata subdola, fittizia, apparente, superficiale.
Tutti pensiamo di essere liberi di agire secondo decisioni personali, con delle volute esigenze personali, ma è solo una bugia travestita da libero arbitrio, che ci incatena senza che nemmeno ce ne accorgiamo. Viviamo in una prigione senza sbarre, da cui è impossibile evadere. Tutto ciò che un tempo era raro e indispensabile oggi è considerato ovvio, scontato: nessuno si stupisce più di niente. Prendendo degli esempi banali, fare due o tre pasti variegati al giorno, o fare i propri bisogni su di un bagno caldo e accogliente, sono diventati normalità quotidiane, giustamente o meno. Ci sarebbero esempi più pertinenti, meno banali, ma lascio a te decidere se pensarli. Qui a casa mia, la qualità della vita è davvero migliorata, ma ogni medaglia ha il suo rovescio. Siamo viziati, annoiati, abbiamo tutto. Facciamo appena in tempo a desiderare qualcosa, lo ordiniamo e arriva a casa in pochissimo tempo: dopo una settimana ci siamo già dimenticati il motivo per cui lo abbiamo voluto. Ogni nuovo oggetto è un anestetico che attutisce temporaneamente i nostri problemi, una distrazione che ci allontana da ogni pensiero, soprattutto quelli più utili e costruttivi. Ciò che oggi dovrebbe essere considerato davvero indispensabile, è diventato trascurabile. Come preservare te, Mondo, invece ti stiamo lentamente rovinando e compromettendo irreversibilmente. Uno dei motivi è che per le grandi masse, non sei più abbastanza seducente o interessante quanto le solite, misere cagate di cui ci circondiamo. Sicuramente non sei per noi seducente ed interessante come un tempo. La nostra condizione attuale ha avuto grandi ripercussioni nei tuoi confronti, questa è l’altra faccia della medaglia che ti ho menzionato prima.
Il prezzo più alto, purtroppo, l’hai pagato tu, Mondo. Hai dovuto rinunciare ad ecosistemi, specie animali da noi portate all’estinzione, ci hai permesso di avvelenarti l’aria, forare l’ozono, farti sciogliere i ghiacciai, prosciugarti i fiumi e desertificare le foreste. Fossi in te, sarei furibondo.
***
Ciao amico mio! Grazie per non avermelo chiesto direttamente, mi sarei sentito infastidito se l’umanità avesse ignorato ciò che è stato fatto. Apprezzo che ci sia ancora qualcuno disposto a rivolgermi la parola. Ormai, tutti sono distratti da mille impegni ritenuti più importanti di me, nessuno si preoccupa più nemmeno per l’altro, vicino o lontano che sia. Capisco appieno il tuo disagio verso l’epoca in cui vivi, per le mille incoerenze ed ingiustizie che caratterizzano la tua vita e quella di chiunque altro voglia rendersene conto. La presa di coscienza fa male, lo so. Anch’io, spesso, mi imbestialisco: è assurdo che nel 2025 abbiate ancora una costellazione di problemi facilmente risolvibili, se solo lo voleste. Ma non dovresti avvelenarti il fegato per questo, prova a esistere nel miglior modo possibile, perché l’unico vero motivo per cui valga la pena esistere, è l’esistenza stessa, la tua, quella di qualsiasi altro essere vivente e non vivente.
Molti mi considerano impassibile, distaccato, ma non è mai stato così. La mia tristezza per ciò che è stato rovinato è grande, ma ciò che mi rattrista ancora di più è sapere che l’essere umano pagherà un prezzo ben più alto del mio per via della sua scarsa resilienza, dote che almeno io posso vantare. Chi patirà di più le conseguenze sarà l'umanità stessa. Le mie visibili reazioni sono governate dal caos e dalla casualità, non sono volontà punitive. Io non voglio scatenare sulla vita preziosa, calamità naturali come tsunami, uragani o incendi di massa... sono solo le conseguenze di ciò che avete fatto. Quando imparerete a rispettare ciò che vi circonda, oltre ai vostri interessi, sarò in grado di preservare tutta la vita presente sul pianeta, compresa la vostra, come ho sempre fatto e come vorrei continuare a fare.
Vorrei che vi ricordaste che, se siete voi umani in cima alla catena alimentare e a dominare la piramide sociale e biologica, è perché io vi ho fornito gli strumenti per farlo, riponendo in voi una immensa fiducia. Siete ciò che siete perché io ve l’ho permesso, dovreste riconoscerlo. Non pretendo grandi riconoscimenti, non mi sono mai interessati, ma esigerei che la vostra presenza non fosse sempre così dannosa. Esigerei che costruiste qualcosa di buono per tutti, invece di distruggere ciò che io ho già creato. Avete tutti gli strumenti per farlo. Dovreste ricambiare con un rispetto tale da permettermi di non condannarvi mai all’estinzione. Vi ho accolti e vi ho protetti, ma ora mi voltate ingenuamente le spalle come un figlio ribelle ed irriconoscente. La peggiore cosa che potreste farmi, per il momento, è dimenticarvi di me.
Io non dimentico nulla, mai. Vi penso e mi preoccupate profondamente. Il futuro, di ogni cosa che riguarda tutti noi, è nelle vostre mani.
IN SOGNO RITORNANO
[ispirata nella notte del 25.3.07]
in sogno sovente ritornano
amari i momenti del vissuto
che non vorresti mai fossero stati
per cui accorato in segreto piangi
si affaccia nel tuo sogno bagnato
quel senso di perdizione
incarnato nel figlio
prodigo che fosti
emerge dai fondali
dell'inconscio dove naviga
il sangue e tu
disfartene non puoi
Felice Serino
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BREVI CONSIDERAZIONI SULLA POESIA DI FELICE SERINO
“IN SOGNO RITORNANO”
Pure nei sogni ci può essere tormento perché la fatica dell' uomo sta nella mente oltre che nel corpo.
E i ricordi e le cose brutte possono tornare ad “inquinare” il cervello inavvertitamente, a sorpresa, senza che noi ci mettiamo del nostro per provocarle. Ma anche su queste lo spirito ha il sopravvento, combatte, ed ha il sopravvento.
In questa dimensione si sta dentro una sospensione come un palloncino che si perde, fluttua nel cielo, fino a scomparire, fino a diventarne parte.
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IO-UN ALTRO
questo sentirmi diviso: e
non riconoscermi come
il fuori del mio dentro:
convivere con gli umori
di un corpo di morte
Felice Serino
*
CONSIDERAZIONI SULLA POESIA DI FELICE SERINO
“IO-UN ALTRO”
“Convivere con gli umori di un corpo di morte”, anche per un tempo breve – “dentro una sospensione” – non è cosa facile, è la prova a cui siamo sottoposti.
La salvezza è sorprenderci, continuare a sorprenderci in positivo pure quando attorno a te c'è più di un sole velato, magari uno strato addensante di nuvole nere che pesano come una crosta su un corpo ferito. Quella crosta sappiamo cadrà e lascerà una pelle nuova. Così le nostre situazioni di vita, superate le difficoltà si rinfresca, si riaccende un mondo da scoprire, creato per essere tastato, visitato, scoperto. Quel nero cielo che dà buio interiore, farà cadere una scrosciante pioggia e dopo il temporale porterà un fresco risveglio delle membra e con esse il riequilibrio della mente nella sua positività.
Lo spirito a volte è costretto a “convivere con gli umori di un corpo di morte” ma ha un alleato nella speranza che gli crea le situazioni per il sopravvento, per la rinascita continua, con una forza che scavalca ogni avversità che colpisce il fisico.
Andrea Crostelli
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Libro sacro
leggerne una pagina al giorno
perché la fede non sia acqua
Colui che te la dona
fallo uscire dal libro sacro
le righe nere diventino il tuo sangue
fa che sia pane
non polvere nel vento la Parola
da In una goccia di luce, 2008
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Del Libro sacro il verso pungente, stimolante, rivelatore, e altamente poetico è: “fallo uscire dal libro sacro”. Contiene un imperativo, un'urgenza profetica alla quale non puoi voltare la faccia.
Andrea Crostelli
"La Ricerca di Felice Serino": Un'Odissea Introspettiva.
“La Ricerca di Felice Serino”: Un'Odissea Introspettiva. Recensione di Alessandria today . La Ricerca, poesia di Felice Serino, è un'esplorazione profonda dell'animo umano e della sua incessante ricerca di significato. La poesia ci porta in un viaggio introspettivo, attraverso i dubbi, le paure e le speranze che caratterizzano la nostra esistenza.
Serino utilizza un linguaggio ricco e suggestivo per creare immagini vivide nella mente del lettore. Le sue parole ci trasportano in un mondo interiore di riflessioni e domande esistenziali.
La poesia è ricca di metafore, come la vita paragonata ad un “mare in tempesta” e la ricerca di significato ad una “stella polare”. Queste immagini rafforzano l'idea della vita come un viaggio incerto e pieno di sfide.
Il tono generale della poesia è riflessivo e malinconico. Serino riconosce la difficoltà di trovare risposte alle domande più profonde della vita, ma non si arrende. La poesia ci ricorda che la ricerca di significato è un viaggio che vale la pena intraprendere, anche se non sappiamo dove ci porterà.
In sintesi, “La Ricerca” è una poesia profonda e toccante che esplora il tema universale della ricerca di significato nella vita. La poesia ci invita a riflettere su noi stessi e sul nostro posto nel mondo.
Pier Carlo Lava
. La ricerca
uscire dal porto -il cuore in mano- issare la vela della passione dietro lo stridulo urlo dei gabbiani tra le vene bluastre del cielo foriero di tempesta squarciare nel giorno stretto il grande ventre del mare che geloso nasconde negli abissi i suoi figli
Critica al libro "In una goccia di luce"
Critica al libro “In una goccia di luce”
di Felice Serino.
A cura di Luca Rossi.
Febbraio 2009.
Incentrato sulla psicologia dell' Io, tra interiorità-esteriorità, tra morfologia del corpo (il
pre-essere che si fa uomo, il quale si relaziona successivamente col mondo), il biennio 2007-2008 vede il poeta dare alla luce queste nuove liriche, riaffermando
il suo indagare su ciò che è temporalità e realtà.
Già la prefazione di W. Blake anticipa quello che sarà il corpus poetico che vede la “bellezza dell'essere” risiedere nel mistero ancestrale del creato. Quell'essere che non porta al suo interno il mistero stesso, è un individuo che acquista scarso valore. E' questo che pare voglia affermare Serino ribadendo le parole di A. Crostelli nella lirica che apre la silloge. Un mistero dentro il quale si racchiude il bello e il brutto di ciò che è umano e non trascendente, per chi volesse pensare ai versi del poeta solamente alla luce dei lumi del cristianesimo. Un mistero che è regione spazio-tempo indeterminata, in cui anche i sogni hanno un loro ruolo (vedi: “In sogno ritornano”): “amari i momenti del vissuto/ che non vorresti mai fossero stati…//si affaccia nel tuo sogno bagnato/ quel senso di perdizione…”.
Riflettori da cui diparte una luce “insostanziale”, che ci permette di vedere il “non-vissuto” o ciò che non si vorrebbe scrutare perché figlio della paura “…luce verde della memoria/ scuote la morte”, come afferma in “Insostanziale la luce”.
Una luce che diviene il punto di partenza incentrando il discorso antropologico intrinseco nel vissuto di ognuno: “…sostanza di luce e silenzio/ sapore dell'origine…”, da “Lacera trasparenza”.
Entrare nel mistero vuole dire entrare nella luce: “…camminare nel mistero a volte/ con passi non tuoi…”, da “Entrare nella luce”. Mistero come sinonimo di fragilità dell'essere e brevità del tempo, o fortezza di entrambi.
Il concetto viene mirabilmente espresso in quelli che potrebbero ritenersi i versi centrali di tutta l'opera, riportati in “Se ci pensi”: “capisci quanto provvisoria/ è questa casa di pietra e di sangue/ dove tra i marosi il tempo/ trama il tuo destino di piccolo uomo?…//…mentre ti ripugna/ il disfacelo lo scandalo/ della morte il salto nel vuoto”.
Come non riandare ai versi della Dickinson scritti per la morte del nipotino Gilbert?
Incostante, poco convincente la chiusura della poesia “Mondo”, dove colui che scrive sembra smentire tutta una filosofia etico-morale appartenente al suo modo di concepire l'immagine dell'essere che detesta il mondo. Eppure è proprio in “quel” mondo che nasce l'uomo descritto da Serino, anche se proveniente da bagliori indefiniti. E' proprio lì che il mistero di un amore-odio ha valore solo se entrambi coesistono. Non ci potrebbe essere amore se non esistesse odio. Non ci potrebbe essere odio se non esistesse amore. Binomio indissolubile senza il quale tutto sarebbe utopia, anarchia del pensiero collettivo, sempre che non si varcassero le porte del trascendente. Che il suo dichiararsi contro la guerra sia la ragione che sublima il pensiero umano è cosa scontata, ma non reale nella sua pienezza, perché è in quello stesso uomo che il bene e il male convivono.
Così come in “Sic transit…”. Ma questa è la realtà dell'uomo contemporaneo. Aggrapparsi all'effimero o costruire il suo dominio sulla roccia. Probabilmente l'abile penna del poeta vuole portarci a fare un salto di qualità nell'apprendere il suo professare.
Un salto di qualità che è didattica. Perché questo è il fine ultimo della poesia, anche se talvolta difficile da concepire.
Una poesia fine a se stessa, con un costrutto essenzialmente “vuoto”, è infruttuosa. Deve sussistere una poesia invece in grado di farci volgere lo sguardo alle “coordinate dei sogni -e/ l'insaziato stupirsi della vita/ da respirare su mari aperti// – che tenga lontano la morte”, da “Nel segreto del cuore”.
La morte, la morte…Altra descrizione di un paesaggio tanto forte quanto quello della vita. Il passaggio dalle tenebre alla luce può essere violento, ma è in questo che si risveglia la coscienza di chi vive tra il bene e il male operando attraverso strumenti di discernimento, quelli dettati dalla poesia, appunto: “e tu di nuovo ostaggio della notte/ l'invito/ l'abbraccio del vuoto// parola neo-nata/ la chiami nel buio/ l'innervi in parole// la plasmi a scalpelli di luce”, da “L'invito”.
La morfologia della poesia di Serino differisce da ogni altra per il suo concatenare i puri elementi dell'anatomia umana (sangue, nervi, fonemi, ecc.) con quelli del logos, perché la parola diventi carne ed entrambi, così terreni, così tangibili, generati da una forza a cui fare ritorno e in cui rispecchiarsi.
Non serve riportare nelle note biografiche la breve descrizione di chi sia il poeta, di quando sia nato o di ciò che abbia scritto. Le poesie da lui scritte sono un biglietto di presentazione, il biglietto da visita dell'uomo-poeta.
Egli è l'Hermes, colui che nella mitologia greca è il dio dei confini e dei viaggiatori, di tutti noi insomma, di quella geografia che ci appartiene, corporea e del pensiero.
Dio degli oratori e dei poeti, dei pesi e delle misure. E' apportatore di sogni, osservatore notturno, interprete.
Mercurio, nella mitologia romana.
Serino ci trasporta così dal buio alla luce, dal non-essere alla forma dell'essere.
Scruta le ombre per capire dove sia la fonte di luce che le genera, perché senza luce, non esisterebbe ombra. Ladro e bugiardo solo apparentemente in certe strofe da lui scritte al fine di riscattarci a valori assoluti a cui il nostro “uomo di domani” deve rivalutarsi dal passato.
Proveniente dalla luce, attraversando le tenebre, si (ci) indirizza verso il mistero, oltre lo stesso.
Mi permetto solo di rubare alcune parole all'amico prof. D. Pezzini, direttore della cattedra di lingua inglese e letteratura medioevale inglese presso l'università di Verona, che nel descrivere la figura del poeta gallese Ronald Stuart Thomas, scrisse in un suo libro per gli studenti universitari: “Thomas ha infatti della poesia una visione che diremmo severa e impegnata, nella quale egli traduce un percorso di scoperta personale che passa attraverso la lettura del mondo in cui vive (…) e di indagine ostinata del proprio io alla ricerca del senso ultimo delle cose.”
Questo, a mio modesto avviso, vale anche per F. Serino.
La mia introduzione al talk di Richard Stallman presso il Politecnico di Milano – 26 giugno 2025 [ITA] [ENG]
Politecnico Open unix Labs (POuL), in collaborazione con Fedimedia Italia (@Fedimedia Italia APS ⁂), hanno accolto Richard Stallman (@rms@mastodon.xyz) per un incontro approfondito sulle sfide etiche e politiche che minacciano la libertà digitale. Stallman analizza in che modo il software proprietario e i servizi centralizzati limitino l’autonomia degli utenti, e perché il software libero (Free/Libre) rappresenti ancora oggi la nostra miglior difesa contro tali minacce.
Ecco la mia introduzione al Talk di Richard Stallman al Politecnico di Milano [ITA]:
“Grazie al Politecnico di Milano e al POul per l’ospitalità e il sostegno a questa iniziativa. Oggi è un giorno storico per noi: nasce Fedimedia Italia, un’associazione che si batte per un web decentralizzato, libero dalle logiche di sorveglianza e controllo delle Big Tech.
I nostri scopi sono promuovere software libero, privacy come diritto fondamentale e comunità autogestite. Crediamo in un internet dove gli utenti siano proprietari dei propri dati, dove gli algoritmi non decidano cosa leggere o pensare, dove la tecnologia serva le persone, non il profitto.
Nessuno meglio di Richard Stallman, padre del Free Software Movement, avrebbe potuto inaugurare le nostre attività. La sua lotta per la libertà digitale è il faro che guida i progetti del fediverso.
Insieme, scriveremo un capitolo nuovo: quello di un web etico, accessibile e umano. Grazie a tutti per essere qui, ed essere parte di questa rivoluzione.”
Di seguito il video proiettato all'inizio del talk tratto dal Tedx tenuto da Richard Stallman a Ginevra nel 2014:
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My introduction to Richard Stallman's talk at the Politecnico di Milano – June 26, 2025 [ENG]
“Thanks to the Politecnico di Milano and POuL for their hospitality and support for this initiative. Today is a historic day for us: Fedimedia Italia is born — an association that fights for a decentralized web, free from the surveillance and control of Big Tech.
Our goals are to promote free software, privacy as a fundamental right, and self-managed communities. We believe in an internet where users own their data, where algorithms don’t decide what we read or think, and where technology serves people, not profit.
No one could have been a better figure to launch our activities than Richard Stallman, father of the Free Software Movement. His fight for digital freedom is the guiding light for all fediverse projects.
Together, we’ll write a new chapter: one of an ethical, accessible, and human web. Thank you all for being here and for being part of this revolution.”
Chi è il Dr. Richard Stallman?
Il Dr. Richard Stallman (www.stallman.org) ha fondato il Movimento per il Software Libero e il progetto GNU nel 1983, ponendo le basi per gli attuali sistemi GNU/Linux. È stato il principale architetto e coordinatore del progetto GNU e ha sviluppato numerosi software ampiamente utilizzati, tra cui il compilatore GNU Compiler Collection (GCC), il debugger GNU Debugger (GDB) e l’editor di testo GNU Emacs. Come figura trainante della Free Software Foundation, il suo lavoro promuove i diritti degli utenti, la trasparenza e il controllo sulla tecnologia digitale. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Grace Hopper dell’ACM, una Borsa di studio MacArthur, il Premio Pioniere della EFF, ed è stato inserito nella Internet Hall of Fame. In breve, non è solo uno dei programmatori più noti al mondo, ma anche il più influente sostenitore del Software Libero.
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Chi siamo
Politecnico Open unix Labs (POuL)
Siamo un’associazione studentesca del Politecnico di Milano che organizza corsi, conferenze e workshop poul.orgIl nostro obiettivo è diffondere la conoscenza e l’utilizzo del Software (e Hardware) Libero in progetti personali e professionali.
Fedimedia Italia
Associazione no-profit nata nel 2025, impegnata nella promozione di un Fediverso italiano libero, etico e decentralizzato, ispirato a iniziative come FediGov.eu. Puoi trovarli su: fedimedia.it oppure su Mastodon: @Fedimedia Italia APS ⁂
SALMO - 123 (124)
DIO, NOSTRO AIUTO E NOSTRO LIBERATORE1 Canto delle salite. Di Davide.
Se il Signore non fosse stato per noi – lo dica Israele –,
2 se il Signore non fosse stato per noi, quando eravamo assaliti,
3 allora ci avrebbero inghiottiti vivi, quando divampò contro di noi la loro collera.
4 Allora le acque ci avrebbero travolti, un torrente ci avrebbe sommersi;
5 allora ci avrebbero sommersi acque impetuose.
6 Sia benedetto il Signore, che non ci ha consegnati in preda ai loro denti.
7 Siamo stati liberati come un passero dal laccio dei cacciatori: il laccio si è spezzato e noi siamo scampati.
8 Il nostro aiuto è nel nome del Signore: egli ha fatto cielo e terra.
_________________Note
124,1 In questo quinto “canto delle salite” esplode il ringraziamento di tutto Israele per la liberazione ottenuta dal Signore. Assediato da travolgenti pericoli, Israele nutre la fiducia di avere in Dio sempre il suo salvatore e liberatore.
=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=
Approfondimenti
Ringraziamento al Signore liberatore Salmo di ringraziamento collettivo
Il salmo è di un'intensità quasi travolgente, tuttavia è poco originale perché adopera immagini stereotipe e reminiscenze di altre composizioni. Il ritmo nel TM è quello della qînâ (3 + 2 accenti). La lingua (aramaizzante) e lo stile inducono a pensare al tardo postesilio come epoca della sua composizione. Il poeta si attarda nei vv. 1-5 sulla descrizione dell'incubo dell'assalto dei nemici. La costruzione è quella della “protasi (vv. 1-2) – apodosi (vv. 3-5)”. La protasi è doppia, e l'apodosi si estende nei tre versetti seguenti (vv. 3-5). La simbologia riguarda il fuoco, l'acqua, la caccia e la psicologia.
Divisione:
- vv. 1-5 (I sezione): invitatorio;
- vv. 6-7 (II sezione): ringraziamento;
- v. 8: professione di fede e di fiducia.
v. 2. «uomini ci assalirono...»: si tratta di espressione generica. Si intuisce il caso di estremo pericolo (vv. 3-5), ma non è possibile saperne di più.
v. 3. «inghiottiti vivi»: i nemici sono immaginati come draghi feroci e famelici.
vv. 4-5. «Le acque...»: per l'immagine delle acque tumultuose (zêdônîm) cfr. Sal 18,5.7.17-18. Si richiamano così il fuoco (v. 3) e l'acqua (vv. 4-5), simboli dei pericoli morali. Nel fuoco si raffigura la furiosa collera del nemico e nell'acqua la sua irruente arroganza.
v. 7. «come un uccello»: la liberazione e lo scampato pericolo sono descritti con l'immagine venatoria dell'uccello liberato dal laccio dei cacciatori, cfr. Prv 6,5; Sal 11,1.
v. 8. «Il nostro aiuto...»: l'orante professa infine la sua fede e fiducia solo in Dio onnipotente, che ha creato l'universo.
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
Mavis Staples – You Are Not Alone (2010)
You Are Not Alone è l'ottavo album in studio della cantante gospel e soul statunitense Mavis Staples, pubblicato il 14 settembre 2010 su ANTI-Records. Ha vinto il Grammy Award come miglior album americano alla 53a edizione dei Grammy Awards.
Ascolta: album.link/i/1485025049
NOVITÀ DI VENERDÌ 25/4/25.
Condenso in questo post le uscite che (un po' disordinatamente) mi sono uscite durante la settimana del 25 Aprile. Aggiungo anche stavolta i libri di carattere religioso del carico San Paolo.
NARRATIVA:
- LA BIBLIOTECA DEL CENSORE DI LIBRI di Bothayna Al-Essa (Astoria). Un romanzo concepito come una favola: in un mondo distopico dall'apparenza perfetta, il Censore di libri cerca di risolvere i mille problemi che scaturiscono dai libri: comincia a leggerli con attenzione, per poterli censurare meglio, ma le storie hanno la meglio su di lui. Per saperne di più: scheda libro.
- IL DOLORE DELLA GUERRA di Bao Ninh (Neri Pozza). In Vietnam, nel 1976, il protagonista viene graziato dalla sorte in una guerra che ha distrutto un'intera generazione. Ora che la guerra è finita, ha un compito: recuperare i resti dei caduti del suo battaglione, sterminato dal napalm nella Giungla delle Anime Urlanti. Un libro sulla disumanità della guerra e sulla perdita dell'innocenza. Per saperne di più: scheda libro.
NOIR, GIALLI E THRILLER:
- LUCIA – LA PRIMA INDAGINE DI LUCIA GUERRERO di Bernard Minier (Baldini+Castoldi). Come dice il sottotitolo, si tratta del primo libro di una serie dedicata a una nuova investigatrice: la tenente Lucia Guerrero deve indagare sulla morte un militare della Guardia Civil, crocifisso sulle colline nei pressi di Madrid. E a Salamanca, un laboratorio di Criminologia scopre un serial killer che dispone le sue vittime come dipinti ispirati alle Metamorfosi di Ovidio. Per saperne di più: scheda libro.
- UN DIO SOLO NON BASTA di Massimo Tallone (Edizioni del Capricorno). Sirio, il protagonista, vive in autogrill da due anni: deve espiare una colpa orribile. Tuttavia viene convinto a uccidere di nuovo: il bersaglio è una studiosa di mitologia greca, scomparsa dopo aver contribuito a diffondere il politeismo nella civiltà occidentale. La caccia si tramuta però in qualcosa di molto più ambiguo. Per saperne di più: scheda libro.
FANTASY E HORROR:
- IL SANTUARIO DELLA MONTAGNA SILENZIOSA di Nanami Kamon (Newton Compton). Una scrittrice di horror in crisi creativa decide di indagare su una montagna maledetta: strane cose stanno capitando a coloro che si sono avventurati in quel luogo sperduto... Per saperne di più: scheda libro.
- BRANCALONIA – MANUALE DELLE GIOVANI CANAGLIE di Mauro Longo (Acheron). Anno 1025, Porto Anduja, in Abracalabria: il protagonista deve mettere le mani su un carico di anduja dal valore inestimabile. E il protagonista di questo “spaghetti-fantasy” sei tu: si tratta infatti di un libro-game in cui dovrai mettere insieme una squadra di malfattori, fregare i criminali che hanno nascosto il carico di spezie ed evitare di essere acciuffato dalle guardie. Per giocare servono una matita, una gomma e questo libro. Per saperne di più: scheda libro.
FUMETTI E GRAPHIC NOVEL:
- SENZANIMA: NAUFRAGIO di Luca Enoch, Stefano Vietti e Giancarlo Olivares (Sergio Bonelli). 15° volume della saga fantasy dei Senzanima: navigando di ritorno dai Regni Meridionali, i mercenari vengono scagliati da una tempesta in un luogo denso di pericoli. Per saperne di più: scheda libro.
- COME UN CANE di Danijel Žeželj (24 Ore Cultura Comics). Una graphic novel composta di tavole in bianco e nero e dai tratti sporchi e spessi, ispirata al racconto IL DIGIUNATORE di Kafka. Per saperne di più: scheda libro.
- THORGAL. VOL. 37 – L'EREMITA DI SKELLINGAR di F. Vignaux e Yann (Alessandro Editore). Una storia inedita in Italia dell'eroe Thorgal, che deve affrontare una setta nell'isola di Skellingar. Per saperne di più: scheda libro.
- NAGASAKI 1945 di Nathalie Fourmy (ITL). Takashi Nagai, un giovane medico giapponese convertito al cristianesimo, si aggira fra le rovine della distrutta Nagasaki: pur essendo sconvolto dalla perdita della moglie Midori, si prodiga per prestare soccorso ai sopravvissuti, fino a diventare un esempio per il mondo intero. Per saperne di più: scheda libro.
- KÖLLWITZ 1742 di Sergio Toppi (Nicola Pesce Editore). Quattro storie del maestro del fumetto italiano, dedicate all'insensatezza della guerra, che coinvolge sia i soldati che la popolazione civile. Per saperne di più: scheda libro.
SAGGISTICA:
- COME SI CUCINA UN MAMMUT? di Uta Seeburg (Corbaccio). Sottotitolo: Una storia dell'umanità in 50 ricette. In realtà non si tratta di un libro di ricette ma di storia, attraverso episodi strani e curiosi legati al cibo: ad esempio il cigno arrosto, pietanza dell'aristocrazia seicentesca, oppure la frittata, ovvero il primo piatto preparato in diretta televisiva. Per saperne di più: scheda libro.
- «UNA CERTA IMPRONTA DELLA SCIENZA DIVINA» di Antonio Sabetta (Marcianum Press). Un'analisi della teologia di San Tommaso d'Aquino, a partire dalla prima questione della sua Summa Theologiae. Riflessioni sorprendentemente attuali, su fede e ragione, sul pensiero teologico, e sulla rivelazione come dimensione esistenziale e salvifica. Per saperne di più: scheda libro.
- IL DIGIUNO di John Oakes (Il Saggiatore). Si tratta del racconto di cosa succede quando si smette di mangiare. Per sette giorni, infatti, l'autore si è privato volontariamente del cibo, esplorando una pratica ascetica antica come il mondo. Per saperne di più: scheda libro.
- CANNIBALI. DAGLI AZTECHI A JEFFREY DAHMER di Antonio Maccioni (Newton Compton). Questo è facile: un catalogo ragionato degli episodi di antropofagia nella storia, che siano rituali ancestrali, pratiche di sopravvivenza in condizioni estreme oppure agghiaccianti modus operandi di serial killer. Per saperne di più: scheda libro.
- IL CORPO DI MUSSOLINI di Ugo Savoia (Neri Pozza). Una ricostruzione delle vicende e delle vicissitudini legate alla scomparsa e al trafugamento del cadavere del duce, fino all'inumazione definitiva a Predappio, nel 1957. Una storia intricata e degna di un romanzo giallo. Per saperne di più: scheda libro.
- COSA VOGLIONO DIRCI I CANI di Mat Ward (HarperCollins). Semplicemente, un manuale per prenderci cura dei nostri amici pelosi, con consigli e informazioni utili a renderli felici. Per saperne di più: scheda libro.
- ORIGAMI – I GRANDI MAESTRI ITALIANI (NuiNui). Gli autori dei modelli contenuti in questo cofanetto (composto dal libro di istruzioni e 100 fogli di carta da origami di grande formato) sono tutte mie vecchie conoscenze del CDO (Centro Diffusione Origami), ovvero la più grande associazioni di origamisti in Italia. Dal prolifico Pasquale D'Auria, al matematico Francesco Mancini, dal simpaticissimo Francesco Decio al geniale Federico Scalambra, e tanti altri talentuosi artisti. Oltre alle istruzioni e ai diagrammi, ogni modello è dotato di un QR code per accedere ai video tutorial. Per saperne di più: scheda libro.
- IMMORTALI di Attilio Bolzoni (Fuoriscena). Dopo oltre trent'anni dalle stragi di mafia, la Sicilia sembra in pace. In realtà, una volta che i grandi boss sono stati messi fuori combattimento, a comandare sono i cosiddetti “colletti bianchi”, che hanno appoggiato le famiglie dall'esterno: funzionari, imprenditori, avvocati, funzionari amministrativi e faccendieri. Una mafia di “incensurati” che, senza il clamore delle sparatorie e degli esplosivi, stanno facendo tornare la Sicilia (e l'Italia) ai tempi prima di Falcone e del Maxiprocesso. Per saperne di più: scheda libro.
- I KAMIKAZE 1944-1945 di Christian Kessler (L'Ippocampo). Una raccolta di storie e ultimi scritti (lettere, poesie e testamenti) dei piloti dell'aeronautica giapponese che andavano ad immolarsi contro le navi americane. Per saperne di più: scheda libro.
- Per le Edizioni Messaggero di Padova abbiamo due cosette:
- IN OGNI MOMENTO di Daniele La Pera (scheda libro): un volume che prende in esame il tema del tempo dal punto di vista cristiano: ogni momento è importante.
- IO E DIO di Francesco Farronato (scheda libro): il Cristo risorto, nei Vangeli non viene mai riconosciuto alla prima occhiata, anche quando lo incontrano i suoi amici più intimi. Significa che siamo invitati a riconoscere Cristo negli incontri della quotidianità.
- LA SIEPE DEI MAESTRI di Matteo Bergamaschi (Queriniana). Trentasette brani scelti dal Talmud per esplorare il pensiero ebraico nei vari temi: lo studio della Torah, il rapporto tra studente e maestro, il significato della parola, eccetera. L'autore mette in relazione lo studio delle meditazioni talmudiche con la cultura occidentale, attingendo al lavoro di filosofi, psicanalisti e letterati delle varie epoche. Per saperne di più: scheda libro.
- Per la casa editrice Àncora:
- IL CHIOSTRO PERDUTO E RITROVATO di Luigi Borriello (scheda libro). Una riflessione sulla vita consacrata, e sulla tentazione di lasciarsi fuorviare dalle logiche del “mondo”.
- PRIMA ERAVAMO AZZURRI di Michela Musante (scheda libro): 27 testi di esegesi, a firma di importanti scrittori e letterati antichi e moderni, tratti dalla rivista on line Tortuga Magazine nel corso dell'anno dal febbraio 2023 al febbraio 2024.
- Per San Paolo, invece, ecco altre novità:
- L'AUTISMO E I SUOI ENIGMI di Tonino Cantelmi e Angelo Trecca (scheda libro). Sull'autismo si dicono molte cose, per lo più dettate dai pregiudizi. Questo è un libro molto pratico su come avere a che fare con individui che soffrono di disturbi dello spettro autistico, al fine di generare inclusione e benessere, e aiutare l'acquisizione di competenze e autonomie.
- SCONFINATO di Luca Peyron (scheda libro): la ricerca spirituale attraverso i cieli stellati.
- TUTTA COLPA DI UN ESORCISTA di Frate Alfonso detto Tartufone (scheda libro): un racconto dell'esperienza nel mondo degli esorcismi, raccontata in modo ironico da Frate Alfonso. Paradossalmente, proprio gli indemoniati hanno contribuito alla sua “conversione”.
- MARIA di Roberto Fusco (scheda libro). Sottotitolo: Abbiamo ancora bisogno di una madre? La devozione mariana e le apparizioni riconosciute dalla Chiesa sono al centro di questo libro che cerca risposte sull'attualità della figura della Madre.
- SUI PASSI DELLA SPERANZA di Roberto Benotti, con commenti di Valerio Bocci (Sanpino). Vignette umoristiche e riflessioni sul Giubileo della Speranza, che accompagnano un pellegrino nel suo percorso fino a Roma. Per saperne di più: scheda libro.
INFANZIA E RAGAZZI:
- IL GIOCO DEI COLORI DI PIMPA di Altan (Franco Cosimo Panini). Un gioco di carte per arricchire il lessico e la creatività dei bambini. Su ogni carta c'è una figura il nome dell'oggetto raffigurato: per giocare si possono associare le carte per colore, per categorie, eccetera, oppure metterle in fila per creare nuove storie. Età di lettura: dai 3 anni. Per saperne di più: scheda libro.
- LE CANZONI DEL COMPLEANNO di Jennifer Eckford, illustrazioni di Amy Adele (Giunti). Libro sonoro con i pulsanti per ascoltare le musiche da compleanno più famose, insieme a una famiglia di topini. Età di lettura: dai 4 anni. Per saperne di più: scheda libro.
- UNA SETTIMANA CON PILI PARKER di Giulia Bracco (Àncora). Il bullo Giò deve scontare una punizione per aver preso di mira un compagno sull'autobus: dovrà assistere per una settimana la strana “quasi nonna” Pili Parker... sopravvivrà all'esperienza? Ne uscirà contrito e pentito? Età di lettura: dagli 8 anni. Per saperne di più: scheda libro.
- I FUORIPOSTO – LO SCHERZO È BELLO QUANDO DURA POCO di Luca Di Gialleonardo (Gallucci). Un piccolo giallo in cui i Fuoriposto (Beba, Laura e Paolo) devono indagare su uno strano simbolo comparso sulla porta delle case del paese, alla vigilia della rievocazione storica. Età di lettura: dagli 11 anni. Per saperne di più: scheda libro.
QUESTO SPAZIO NON HA AMMINISTRATORI E NON VIENE AGGIORNATO
Il sito internet della testata giornalistica Caserta24ore è presente a questo linkcaserta24ore.blogspot.com/
SALMO - 123 (122)
PREGHIERA FIDUCIOSA A DIO1 Canto delle salite. Di Davide.
A te alzo i miei occhi, a te che siedi nei cieli.
2 Ecco, come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni, come gli occhi di una schiava alla mano della sua padrona, così i nostri occhi al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi.
3 Pietà di noi, Signore, pietà di noi, siamo già troppo sazi di disprezzo,
4 troppo sazi noi siamo dello scherno dei gaudenti, del disprezzo dei superbi.
_________________Note
123,1 Gli occhi del salmista si elevano a Dio, imploranti e in fiduciosa attesa. Quegli occhi diventano gli occhi di tutta la comunità d’Israele che, in mezzo a difficoltà interne ed esterne, attende da Dio salvezza e liberazione.
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Approfondimenti
Occhi e mani rivolti al Signore Salmo di fiducia (+ motivo di supplica)
Il salmo può rispecchiare il periodo storico del ritorno dall'esilio babilonese, quando l'entusiasmo iniziale cedette allo scoraggiamento per gli ostacoli interni ed esterni intervenuti nell'opera di ricostruzione, specialmente da parte dei popoli circostanti (cfr. Ne 2,19; 3,36). Il salmo è profondamente unitario e dotato di commovente lirismo. Il ritmo nel TM è quello elegiaco della qînâ (3 + 2 accenti). Il fulcro del carme è dato dalla triplice ripetizione del verbo «avere pietà» (bnn) (vv. 2b-3a). La supplica è al singolare nel v. 1 e al plurale nei vv. 2-4. La simbologia è somatica (occhio, mani...), spaziale e della sazietà (vv. 3b-4).
Divisione:
- v. 1b: introduzione;
- v. 2: descrizione dell'atteggiamento di fiducia;
- vv. 3-4 supplica con motivazione.
v. 1b. «A te levo i miei occhi..»: è l'atteggiamento della preghiera biblica (cfr. Sal 121,1). «che abiti nei cieli»: i cieli sono considerati la sede celeste di Dio ove egli ha il suo trono, cfr. Sal 2,4; 11,4; 1Re 8,27.30.
v. 2. Il gesto dell'alzata degli occhi, è come quello di un servo o di una serva verso il suo padrone o padrona, quindi è segno di implorazione e di fiduciosa attesa.
v. 4. «scherni dei gaudenti»: questi personaggi sono gli spensierati che si sentono tranquilli (cfr. Am 6,1), si mostrano indifferenti nei riguardi di Dio e lo sfidano con arroganza (cfr. Is 5,19); «disprezzo dei superbi»: è quel disprezzo da parte di chi è orgoglioso, presuntuoso e umilia i poveri e i giusti, che sono particolarmente protetti dal Signore. In queste categorie di persone si possono scorgere i nemici oppressori di Israele e i popoli che nel postesilio hanno creato problemi per la ricostruzione della nazione.
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
Nick Cave & Grinderman - Grinderman 2 (2010)
Grinderman 2 è il secondo e ultimo album in studio del gruppo alternative rock Grinderman, progetto parallelo di Nick Cave and the Bad Seeds, pubblicato il 13 settembre 2010 dalla Mute Records nel Regno Unito e da ANTI-Records negli Stati Uniti. Agli ARIA Music Awards del 201, l'album è stato nominato per il miglior album alternativo per adulti.
Ascolta: youtu.be/yxbA_f9Uggk?si=N7sHdP…
Peacekeeping e criminalità organizzata. La necessità di forze specialistiche, quali Carabinieri e Guardia di Finanza
Nel nostro blog in più circostanze abbiamo evidenziato l’importanza di inserire Forze di Polizia nell’ambito delle Operazioni di mantenimento della Pace (Peacekeeping).Peacekeeping in retreat: Rethinking how to deal with organized crime in conflict settings è il titolo di un recente interessante articolo di Walter Kemp, che è Director of Communications del “Global Initiative Against Transnational Organized Crime” segnala come le operazioni di peacekeeping delle Nazioni Unite siano in crisi: non vengono lanciate nuove missioni dal 2014, molte sono state ridotte o chiuse, e i finanziamenti sono in calo. Ed, in questo contesto, la criminalità organizzata – una delle principali minacce alla pace – è quasi del tutto assente dall’agenda delle Nazioni Unite. Secondo l’autore le missioni di pace non affrontano adeguatamente la criminalità organizzata, che alimenta i conflitti e mina la resilienza degli Stati. L’assenza di interventi può portare a governance criminali o a guerre per il controllo delle economie illecite.
Kemp indica la necessità di nuovi modelli di missioni, ove includere componenti specializzate nel contrasto alla criminalità organizzata, individuandole in quelle che egli chiama “Squadre anticrimine”, idonee a raccogliere informazioni, fornire supporto tecnico e, se autorizzate, eseguire arresti. Inoltre il personale delle missioni (o meglio parte di esso) dovrebbe avere una formazione mirata, per preparare le forze di pace a riconoscere e affrontare le economie illecite.
A tale proposito l’autore ipotizza collaborazioni più ampie: coinvolgere agenzie come INTERPOL, forze specializzate (es. Guardia di Finanza), società civile e comunità locali, anche per effettuare una migliore mappatura dei mercati criminali per progettare strategie di stabilizzazione efficaci. Kemp conclude sottolineando come la criminalità organizzata sia un fattore chiave nei conflitti moderni. Ignorarla compromette la pace e la sicurezza. Le Nazioni Unite devono adattare le loro strategie, anche in assenza di missioni di peacekeeping, per affrontare questa minaccia in modo efficace. Quanto suggerito da Kemp richiama una struttura dell’Arma dei carabinieri costituita ad hoc in alcune missioni di pace internazionali “a marchio” NATO. Ci riferiamo alle Multinational Specialized Unit (MSU) di cui abbiamo parlato qui noblogo.org/cooperazione-inter…
L’articolo (in inglese) è reperibile a questa pagina globalinitiative.net/analysis/…
#peacekeeping #criminaltàorganizzata #Nazioniunite #ONU #Armadeicarabinieri #GuardiadiFinanza
La democrazia non ci merita.
I referendum sul lavoro non raggiungeranno il quorum, non arriveranno al 40%. Triste dirlo ma le cose andranno così. Ne ho la conferma con le persone che incontro tutti i giorni, con cui parlo al telefono e sui social.
Non andranno a votare proprio quelli che invece dovrebbero votare Sì. I referendum riguardano loro, lo so perché li conosco tutti.
A non votare saranno soprattutto i trentenni e quarantenni. Coloro la cui situazione lavorativa attuale è più incerta, precaria e debole. E quella del prossimo futuro lo sarà ancora di più se non si ribellano, non lottano e nemmeno vanno a votare per i propri diritti. Saranno loro i più sfruttati e tartassati. Sono quelli a cui manca ancora una vita lavorativa prima della pensione. Pensano sul serio di poter andare avanti così per altri 25-35 anni, almeno?
Non c'è più una coscienza di classe: la classe lavoratrice in Italia non esiste più. Esistono solo gli schiavi e i loro padroni. Ma gli schiavi di un tempo si battevano fino alla morte per avere dei diritti e avevano una coscienza collettiva. Ma gli schiavi italiani di oggi sono stupidi, indolenti, menefreghisti e fatalisti.
Il padrone se la ride e si sfrega le mani.Quando lunedì sera vedrà i risultati si sganascerà dalle risate e il giorno dopo tornerà in ditta a vessare, ricattare, sfruttare e a guardare negli occhi i propri dipendenti con la certezza, confermata il giorno prima, di avere di fronte dei perfetti coglioni.
Il sacrificio dei nostri nonni è stato vano. La democrazia non ci merita.Siamo un popolo di sudditi, meritiamo di vivere sotto la dittatura o la monarchia. Se non voti o voti No, o sei il padrone o sei un servo del padrone.
Now playing:“Fade to Black”Ride the Lightning – Metallica – 1984
L'aspetto conta (per se stessi)
Ormai si sa, se scrivo qua, qualcosa sarà successo.
Io mi trovo in una situazione in cui guardarmi allo specchio significa vomitare. Non sono mai stato bello ai miei occhi, sono anni che se potevo, evitavo di guardarmi allo specchio, ma non mi aspettavo di trovarmi in una situazione di merda come questa, in cui io non riesco più a guardarmi in faccia.
In passato momenti dove mi sentivo carino erano causati dal portare anelli e collane, le spalle e aggiunto i capelli ricci e lunghi, motivo per cui non facevo mai foto di faccia. Ma ora, con i capelli corti, un armadio intero da rifare, con l'aver messo su pancia, i peli, non portando più anelli, il viso, tanti problemi accumulati che uno dice “vabbè ma sono così risolvibili” ma che io non riesco a trovare il coraggio di risolverli e soprattutto, sono ostacolato anche dalla situazione che gira attorno a me nel fare questo cambiamento.
Pur troppo finché non lo farò, avrò sempre questo disagio interiore, cerco di tenermi calmo pensando che siano problemi risolvibili e superflue ma interiormente sto una merda.
Eh vabbè, sono abituato
[provetecniche]al neon monoatomico e [sono accese sbriciola poi partenze] [adesso la cartomante indica la curva dei fossi seriole latticini ha-i] [brevetti fin qui] pose ammirata al passaggio di qui [scampoli furor di portalettere le vite de' tutto] in rovina dopo breve sequenza di grandine stop] come strati stop oliano [la manovella producono filari lame] chimiche dopo breve] carburanti arena] e iodio i [traccianti le cavigliere Google maps
🎮 Il Crollo del Videogioco: La Crisi del 1983 e le Lezioni per l'Industria Moderna
🕹️ Un’Industria in Ascesa… e poi il Disastro
Nei primi anni ‘80, l’industria dei videogiochi sembrava inarrestabile. Le console domestiche come l’Atari 2600 stavano invadendo le case, le sale giochi erano il luogo di ritrovo per un’intera generazione e i profitti delle aziende erano alle stelle.
Poi, all’improvviso, il mercato collassò.
Nel 1983, l’industria videoludica nordamericana subì uno dei più grandi crolli economici della storia dell’intrattenimento, con perdite che superarono i 3 miliardi di dollari in un solo anno. Atari, che fino a poco prima era sinonimo di successo, fu letteralmente spazzata via. I negozi di videogiochi chiusero in massa, gli investitori fuggirono e i media iniziarono a parlare del videogioco come una moda passeggera, destinata a scomparire.
Ma cosa portò a questo disastro? E soprattutto, quali lezioni possiamo trarne per l’industria moderna?
🔥 Le Cause della Crisi: Un Cocktail Esplosivo
Ciò che accadde nel 1983 fu il risultato di una serie di errori strategici, scelte miopi e colpi di sfortuna, che insieme portarono il mercato al collasso. Vediamoli uno per uno.
📈 1. Sovrapproduzione di Console e Giochi
All’inizio degli anni ‘80, tutti volevano una fetta del mercato videoludico. Se nel 1977 c’erano solo due console domestiche principali, nel 1982 il mercato era invaso da dozzine di modelli diversi:
- Atari 2600, 5200
- Mattel Intellivision
- ColecoVision
- Magnavox Odyssey²
- Consoline economiche senza cartucce
💰 Ognuna di queste console richiedeva giochi esclusivi, ma non c’era abbastanza domanda per giustificare così tante piattaforme diverse. Il risultato? Un’enorme confusione per i consumatori e magazzini pieni di console invendute.
🎮 2. Il Problema della Qualità: Troppi Giochi, Troppo Scadenti
Negli anni ‘80, chiunque poteva sviluppare e vendere un gioco senza controllo sulla qualità. A differenza di oggi, non esistevano certificazioni o sistemi di approvazione come quelli imposti da Nintendo con il famoso Nintendo Seal of Quality.
Questo portò a una valanga di giochi terribili che affollarono il mercato, spesso sviluppati in fretta e senza alcuna supervisione. Due esempi emblematici:
🏜️ ET: Il Videogioco (1982) – Il Simbolo del Disastro
Atari, credendo di avere tra le mani un successo assicurato, investì milioni per ottenere la licenza di ET da Steven Spielberg. Il problema? Il gioco doveva essere sviluppato in sole cinque settimane, un tempo ridicolmente breve per qualsiasi produzione.
Il risultato? Un disastro totale:
✔ Meccaniche incomprensibili
✔ Grafica povera
✔ Bug ovunque
Il gioco vendette malissimo, lasciando milioni di cartucce invendute, che furono sepolte nel deserto del New Mexico in un episodio leggendario della storia dei videogiochi.
🏴☠️ Pac-Man per Atari 2600 – Il Colpo di Grazia
Un altro errore fu la conversione casalinga di Pac-Man, uno dei più grandi successi arcade. Atari, nella fretta di rilasciare il gioco, creò una versione orrenda, con colori sbagliati, animazioni scadenti e un gameplay lento e frustrante.
🚨 Problema: Atari stampò 12 milioni di copie, pur avendo venduto solo 10 milioni di console. Un errore madornale che portò a perdite colossali.
🏦 3. La Perdita di Fiducia di Consumatori e Rivenditori
La combinazione di troppe console, troppi giochi di scarsa qualità e mancanza di standard di sviluppo portò a un effetto domino:
- I consumatori smisero di comprare giochi, temendo di acquistare titoli spazzatura.
- I negozi si ritrovarono con montagne di copie invendute, svendendo i giochi a pochi dollari.
- Gli sviluppatori indipendenti iniziarono a fallire, riducendo ulteriormente la varietà di titoli validi.
⚠️ Il risultato? Un collasso totale del settore. Gli investitori considerarono il videogioco un mercato morto, e le grandi aziende tecnologiche abbandonarono il settore.
🏗️ Lezioni per l’Industria Moderna
Guardando la crisi del 1983, possiamo vedere paralleli impressionanti con il presente. Anche oggi il mondo del gaming affronta rischi simili:
🎮 1. Il Rischio della Sovrapproduzione di Console
✔ Xbox, PlayStation, Nintendo, PC, Cloud Gaming… troppa frammentazione può confondere i consumatori.
✔ I visori VR e le nuove tecnologie rischiano di essere troppo di nicchia.
📉 2. L’Inflazione di Giochi di Bassa Qualità
✔ Con il boom di Steam e del mobile gaming, migliaia di giochi vengono pubblicati ogni anno, rendendo difficile trovare titoli di qualità.
✔ Il fenomeno del “asset flipping” e dei giochi costruiti su template Unity sta rendendo il mercato sempre più caotico.
🏆 3. Il Valore della Qualità e del Controllo
Nintendo imparò la lezione e, quando entrò nel mercato con il NES nel 1985, impose regole ferree sulla qualità, evitando gli errori di Atari.
Oggi, con piattaforme come Game Pass, PlayStation Plus e Steam, il modello di distribuzione sta cambiando, cercando di bilanciare quantità e qualità.
📌 Morale della storia? L’industria del gaming è ciclica: chi non impara dagli errori del passato è destinato a ripeterli.
🎙️ Conclusione: Può Succedere di Nuovo?
Oggi il gaming è più forte che mai, ma le sfide non sono poi così diverse da quelle del 1983.
- Il mercato sta diventando saturo?
- La qualità dei giochi è in pericolo con il boom dell’IA generativa e dell’early access?
- Il modello free-to-play e live service porterà a una nuova crisi di fiducia?
Peter Gabriel - Scratch My Back (2010)
Scratch My Back è l'ottavo album in studio (e il quindicesimo album in totale) del musicista inglese Peter Gabriel , il primo in otto anni. È stato pubblicato nel febbraio 2010. L'album, registrato agli AIR Lyndhurst e ai Real World Studios nel corso del 2009, consiste in cover di dodici brani di vari artisti, utilizzando solo strumenti orchestrali e voce. È prodotto da Gabriel con Bob Ezrin. L'album ha ricevuto generalmente recensioni favorevoli dai giornalisti musicali e ha ottenuto buoni risultati nelle classifiche degli album in tutto il mondo, raggiungendo il primo posto in Belgio, il secondo in Germania e Canada e il terzo nella Repubblica Ceca, Italia e Svizzera. Ha inoltre raggiunto la top 5 in Francia e Svezia. Nel Regno Unito, paese natale di Gabriel, ha raggiunto il dodicesimo posto nella classifica degli album del Regno Unito il 21 febbraio 2010, la settimana successiva alla sua uscita. Negli Stati Uniti ha raggiunto il ventiseiesimo posto nella classifica Billboard 200, il secondo nella classifica degli album indipendenti e il terzo nella classifica degli album rock il 12 marzo 2010. Scratch My Back è stato inizialmente pubblicato su compact disc e come download musicale ; un'edizione in vinile è stata successivamente pubblicata a fine marzo 2010.
Ascolta: album.link/i/989290344
SALMO - 122 (121)
SALUTO A GERUSALEMME, CITTÀ DI PACE1 Canto delle salite. Di Davide.
Quale gioia, quando mi dissero: “Andremo alla casa del Signore!”.
2 Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte, Gerusalemme!
3 Gerusalemme è costruita come città unita e compatta.
4 È là che salgono le tribù, le tribù del Signore, secondo la legge d'Israele, per lodare il nome del Signore.
5 Là sono posti i troni del giudizio, i troni della casa di Davide.
6 Chiedete pace per Gerusalemme: vivano sicuri quelli che ti amano;
7 sia pace nelle tue mura, sicurezza nei tuoi palazzi.
8 Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: “Su te sia pace!”.
9 Per la casa del Signore nostro Dio, chiederò per te il bene.
_________________Note
122,1 Mentre sta per entrare nella città santa (v. 2), il pellegrino intona questo gioioso canto di lode (considerato uno dei “canti di Sion”, vedi nota a Sal 46), al quale si uniscono il saluto e l’augurio perché Gerusalemme rimanga sempre centro di tutto Israele e città della pace.
122,4 Allusione al pellegrinaggio collegato con le tre maggiori feste dell’anno (ved Sal 120).
122,5 A Gerusalemme, come capitale del regno, si amministrava la giustizia sotto la guida del re.
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Approfondimenti
Verso Gerusalemme, città di pace _ Salmo di pellegrinaggio (o Cantico di Sion)_
Come il Sal 84, questo salmo è legato più direttamente al pellegrinaggio. Sebbene usi un linguaggio arcaizzante, alcuni aramaismi ne rivelano la composizione tardiva al tempo del postesilio, ma prima dell'epoca maccabaica. Lo stile è limpido e appassionato. La voce «Gerusalemme» ricorre tre volte e in punti chiave della composizione (vv. 2.3.6); si gioca inoltre sulla sua etimologia popolare (= città della pace) nei vv. 6-7. E proprio la parola «pace» risuona insistentemente quattro volte nel finale (vv. 6-8). Nel v. 6 del TM c'è il fenomeno dell'allitterazione. Il simbolismo spaziale è molto marcato: Gerusalemme è ben descritta nella sua struttura architettonica armonica e compatta.
Il salmo si divide in tre strofe:
- vv. 1-2 (I strofa): desiderio e arrivo in Gerusalemme;
- vv. 3-5 (II strofa): descrizione materiale e teologica di Gerusalemme;
- vv. 6-9 (I strofa): auguri per Gerusalemme.
v. 1b. «Quale gioia»: lett. «Mi rallegrai...». La gioia dà il tono e crea la serena atmosfera del salmo. «Andremo alla casa del Signore»: l'espressione è con ogni probabilità una formula fissa indicante l'inizio ufficiale del viaggio-pellegrinaggio (cfr. Is 2,3).
v. 2. «i nostri piedi... alle tue porte»: sono due sineddochi (parte per il tutto). I piedi indicano tutta la persona, mentre le porte tutta la città. Le porte possono qui indicare anche la cinta di mura protettive della città.
v. 3. «Gerusalemme... città salda e compatta»: è la prima impressione globale del pellegrino. In una visione dall'alto delle colline circostanti la città, essa appare come una roccaforte ben compaginata, a differenza dei villaggi con casupole sparse, a prima vista senz'ordine pianificato.
v. 4. «Là salgono insieme le tribù»: l'orante ricorda i pellegrinaggi che da tutte le tribù, per il passato e il presente, si dirigono verso la città; «secondo la legge del Signore»: questa legge (‘ēdût) prescrive il pellegrinaggio in occasione delle tre grandi feste annuali di Pasqua, Pentecoste e delle Capanne (Dt 12,5-9; 16,16).
v. 5. «Là sono posti i seggi del giudizio»: l'esercizio della giustizia avveniva alle porte dei villaggi (Dt 17,8; Rt 4,1-12). Ma in Gerusalemme c'era il tribunale dell'ultima istanza. Gerusalemme, quindi, a maggior ragione dev'essere la «città della giustizia», «i seggi della casa di Davide»: «casa» (= dinastia). Gerusalemme è particolarmente legata a Davide che la conquistò dai Gebusei (2Sam 5,7) e perché lì ricevette da Natan la promessa della stabilità della sua dinastia (2Sam 7,16).
vv. 6-7. «pace per Gerusalemme»: alla lett. «pace di Gerusalemme». Il genitivo può essere sia soggettivo sia oggettivo. Si tratta della pace che da essa deriva per quanti l'amano (cfr. v. 8) e quella che si augura a essa e al suoi abitanti. La radice šlm, nota in tutta l'area semitica, esprime la totalità e la pienezza di ogni bene. La pace augurata a Gerusalemme, nonostante il suo significato globale di pienezza, è specificamente articolata quasi come i festosi rintocchi di una campana. Si augura pace a «quelli che l'amano», «sulle sue mura», e «nei suoi palazzzi simili a baluardi».
vv. 8-9. «Per i miei fratelli...»: il salmista si fa voce anche dei fratelli e degli amici rimasti a casa per moltiplicare il suo augurio (v. 8) ed esporne la motivazione superiore: perché in Gerusalemme c'è il tempio del Signore (v. 9).
v. 9. «chiederò per te il bene»: il «bene» (ṭôb) è sinonimo di «pace». La pace dei vv. 6-8 è richiamata nel v. 9 dal «bene».
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
[escursioni]per Dover due [tentativi o [la persona saggia misura [l'area] del triangolo [oppure rilasciano una dichiarazione e aghi di pino pietre radio] la commissione d'ornato aggiusta le frontiere con spaghi spalmano] tossine per indagini sulla terra] piatta scivolano locuste armeggiano] non è stato possibile la scienza è inclìne la [balistica
✍️ Riflessioni sotto il sole! 05/06/2025
Col tempo ho capito di essere un po' cambiata, ho dovuto imparare ad essere diverse me, per assolvere a precisi doveri. Eppure nessuno ci insegna a ritornare ad essere noi stessi, perché ogni giorno dobbiamo fare mille cose, essere e comportarci in un certo modo per essere accettati! Eppure io mi sono dovuta adattare e mi sono assegnata dei compiti da portare a termine, per evitare di non essere emarginata e isolata! Ma non è servito, perché io nel bene e nel male sono rimasta me stessa, seppur schiacciata a volte dal peso di aspettative altrui. Mi sono illusa di poter essere accettata, per quello che realmente sono, per quelli che sono i miei pensieri e diversità! Ma adesso sento il bisogno di fermarmi, di ascoltare quella voce che è ben nascosta tra i silenzi, le aspettative, i doveri. È la voce di chi ero, di chi sono adesso e di chi probabilmente sarò un domani, Di qui a volte il bisogno di rimanere da sola nel mio mondo, nei miei pensieri, anche nelle mie paure, perché non sempre essere se stessi significa avere coraggio, anzi significa mostrarsi con le proprie fragilità, insicurezze e avere la forza di andare avanti , seppur controvento, seppur in una direzione che non è quella in cui vanno tutti!
(By Marty)
sul lettino nel corridoio di casa al mare
Sul lettino nel corridoio di casa al mare senza sapere se volare se strisciare nelle vacanze estive riuscivo ad immaginare di essere libero e illimitato in una terra disperata.
L'urgenza di vivere mi bruciava le scarpe mi strappava le carte mi sfondava le porte e rideva di me.
Sul lettino nel corridoio di casa al mare dove mi hai chiamato amore oppure Angie, Anna o Alfredo mi veniva spesso un nodo alla gola e lo capisco adesso cos'era.
Cantami, amica quello che vuoi basta che non mi lasci mai.
Contro il vento del tempo
Ma io dico: no.
L’uomo non è polvere che il vento disperde. Le idee, l’arte, le scoperte, gli atti di coraggio e persino i gesti più semplici di amore lasciano un’impronta. Le piramidi, la Divina Commedia, la teoria della relatività, una carezza data al momento giusto: tutto questo resiste, si accumula, diventa eredità.
Se anche il singolo individuo è effimero, l’umanità nel suo insieme costruisce, ricorda, avanza. Le orme non sono sempre visibili, ma esistono. Sono nelle strade che percorriamo, nei libri che leggiamo, nelle leggi che ci proteggono. Persino nel dolore c’è una traccia che ci lega agli altri.
Il mondo non passa invano. Noi siamo qui, oggi, a raccogliere il testimone di chi ci ha preceduto e a preparare la strada per chi verrà. E questa è già una vittoria sul tempo.
Counter-attack, a photo that makes History.
Premise: To reach an international audience of readers, the American English translation of my text is first shown. Italian-language readers may find the original version below.
Let's talk about this impactful photo (taken on June 3, 2025) depicting Greta Thunberg on the deck of the boat Madleen, setting sail for Gaza aimed at “breaking Israel's siege” on the persecuted palestinian people.
This picture now belongs to eternity.
Flooded as we are by the infodemic, audiovisual and ai-generated tide we do not yet realize it, but this shot of Thunberg is one of those images that “makes history.” As with Korda's “Guerrillero Heroico” or Widener's “Tank Man”, this photo will be featured in school textbooks, history essays, museums and exhibitions for the years to come. It is something bound to be passed on to all posterity (assuming, of course, that the above posterity will be populated by people who are less short-sighted, less narrow-minded, and less cruel than those who live in contemporary times; but that's another matter, better not to digress).
If I were the author of the photo, I would have named it “Counter-attack.”
Because Thunberg is the embodiment of the last and, alas, feeble counter-attack of the Future against the eternal sprawling present that crushes and suffocates us all.
She's an immortal symbol that transcends the mere chronological dimension.
Greta Thunberg, « la Pucelle » (“the Maiden”). A Jeanne d'Arc (“Joan of Arc”) of our times.
An icon of Absolute Future.
***
Now follows the original version of the text aimed at Italian readers.
Premessa: Quella che segue è la versione originale del mio scritto, così come l'ho originariamente pensata e ideata. Nel testo vengono utilizzati i caratteri ə e ɜ (il primo per il numero singolare e il secondo per quello plurale) come suffissi a nomi e aggettivi per esprimere il non-genere. Questa scelta deriva dalla mia personale prospettiva socio-politica che riconosce il genere come un costrutto sociale arbitrario e storicamente determinato che può (anzi deve) essere superato.
Parliamo di questa ormai celebre foto, scattata in data 3 giugno 2025, che ritrae Greta Thunberg sul ponte dell'imbarcazione Madleen, diretta a Gaza per “rompere l'assedio di Israele” sulla popolazione palestinese perseguitata.
Questo scatto appartiene ormai all'eternità.
Anche se, inondatɜ come siamo dalla marea infodemica, audiovisiva e ia-generativa non ce ne rendiamo ancora conto, questa istantanea di Thunberg é una di quelle immagini che “fa la Storia”. Come per “Guerrillero Heroico” di Korda o “Tank Man” di Widener, ritroveremo questa fotografia negli anni a venire, nei testi scolastici, nei manuali di storia, nei musei e nelle mostre. È qualcosa di destinato a essere tramandata all'intera posterità (a patto, ovviamente, che suddetta posterità sia abitata da persone meno miopi, meno grette e meno crudeli di quelle che abitano la contemporaneità; ma quello é un altro discorso, meglio non divagare).
Se fossi stato io l'autorə della foto, l'avrei intotolata “Counter-attack”.
Perché Thunberg é la personificazione dell'ultimo e, ahinoi, flebile contrattacco del Futuro contro l'eterno presente tentacolare che ci stritola e ci soffoca tuttɜ.
É un simbolo immortale che oltrepassa la mera dimensione cronologica.
Greta Thunberg, la pulzella. La Jeanne d'Arc del nostro tempo.
Un'icona di Futuro Assoluto.
Neil Young - Le Noise (2010)
Le Noise è il 32° album in studio del musicista canadese/statunitense Neil Young, pubblicato il 28 settembre 2010. L'album è stato registrato a Los Angeles e prodotto da Daniel Lanois, da cui il gioco di parole del titolo. L'album consiste in Young che suona da solo, principalmente con la chitarra elettrica con effetti di eco, distorsione e feedback. Le sessioni coincisero con la morte di due dei collaboratori di lunga data di Young, il regista L.A. Johnson e il chitarrista steel Ben Keith, influenzando alcuni dei testi. Lanois ha anche avuto un incidente motociclistico quasi mortale durante la registrazione. L'album è la prima collaborazione tra i due canadesi.
Ascolta: album.link/i/433823242
SALMO - 121 (120)
LODE A DIO, CUSTODE D’ISRAELE1 Canto delle salite
Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l'aiuto?
2 Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra.
3 Non lascerà vacillare il tuo piede, non si addormenterà il tuo custode.
4 Non si addormenterà, non prenderà sonno il custode d'Israele.
5 Il Signore è il tuo custode, il Signore è la tua ombra e sta alla tua destra.
6 Di giorno non ti colpirà il sole, né la luna di notte.
7 Il Signore ti custodirà da ogni male: egli custodirà la tua vita.
8 Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri, da ora e per sempre.
_________________Note
121,1 Preghiera e dialogo, lode e fiducia si alternano in questa composizione, che sembra accompagnare i primi passi del pellegrino. Qua e là, sui monti che l’attorniano, sono visibili luoghi di culto idolatrico; ma il salmista ha già scelto la sua meta: è il monte Sion, dove Dio dimora e da dove gli verrà l’aiuto.
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Approfondimenti
Fiducia in Dio, custode d'Israele Salmo di fiducia
Dal punto di vista strutturale il salmo è caratterizzato dalla ripresa progressiva di termini da un versetto all'altro, e dalla presenza di alcune espressioni “polari” indicanti la totalità come «cielo e terra» (v. 2), «sole e luna» e «giorno e notte» (v. 6), «esci e... entri» (v. 8). Un rilievo nella struttura ha il verbo «custodire» (šmr) che ricorre sei volte (vv. 3b.4b.5b.7a.7b.8a). L'ambientazione geografica suppone la città di Gerusalemme sullo sfondo, circondata da monti (Sal 125,2), luogo della divina presenza. Il salmo può essere letto anche nella forma di dialogo liturgico tra l'orante e un sacerdote o levita. La simbologia è somatica e spazio-temporale.
Divisione:
- vv. 1-2: introduzione;
- vv. 3-8: sviluppo del v. 2.
v. 1b. «Alzo gli occhi...»: più che il guardare comune è qui un atteggiamento di supplica, cfr. Sal 123,2. «monti»: sono i monti che circondano Gerusalemme e quelli su cui è la stessa città. Ma se l'espressione è considerata come plurale d'eccellenza, indica il monte del tempio.
v. 2. «Il mio aiuto viene dal Signore...»: cfr. Sal 124,8. «che ha fatto...»: l'accenno alla creazione, segno di potenza, rende più certo e sicuro l'aiuto divino.
vv. 3-8. In questi versetti si sviluppa, circostanziandolo e motivandolo, l'aiuto certo del Signore. La motivazione fondamentale è che il Signore è il «custode d'Israele» (v. 4).
v. 6. «né la luna di notte»: anche i raggi della luna erano ritenuti pericolosi. I raggi del sole e della luna sono emblema di tutti i mali dell'uomo, da cui il Signore libera l'orante. Ciò è detto chiaramente nel v. 7.
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
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