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Caro D.,


#passato #amore #felicità #sofferenza

ti scrivo questa lettera perché ti odio, eppureti penso ancora? ti voglio ancora bene? ti amo ancora?Le guance mi formicolano, significa che sono arrossita.Che diavolo sto pensando?Getto la penna sul tavolo e fisso solo una di quelle parole che ho scritto nero su bianco: eppure. Mi appoggio allo schienale della sedia. Congiungo le mani dietro la nuca, fisso il soffitto. Sospiro.Perché ho bisogno di far riaffiorare tutto questo?Rimango a fissare il vuoto sopra di me. Non so dire perché, ma il bisogno di scriverti è tanto. Ci penso da anni. È un circolo vizioso: penso di scriverti, poi schiaffeggio quel pensiero, poi penso di nuovo di scriverti...Devo farlo, quindi: devo pareggiare i conti col passato, con te. Da dove iniziare?Prendo la penna senza guardarla, fisso le parole che ho scritto. Decido di scarabocchiare un piccolo punto dopo “eppure”. Sospiro.

Caro D., ti scrivo questa lettera perché ti odio, eppure. Eppure, so che c'è di più dietro questo mio sentimento. Pensavo di non volerti più scrivere dopo aver bruciato il tuo numero di telefono trascritto su quel foglietto arancione, eppure. Eppure, mi rendo conto solo ora che è stato un gesto simbolico di chiusura non tanto efficace. Ti penso di tanto in tanto, forse idealizzandoti. Sono sicura che tu non volessi ferirmi, solo che non capivi un cazzo di sentimenti, né di te stesso, né di quello che volessi dalla vita, né del tipo di donna volessi al tuo fianco.Mica poco...Hai svolazzato in lungo e in largo, senza meta. Poi hai incontrato me, che ero sempre sotto il tuo naso, ovunque ti girassi. Ero lì per rimanerci.Una facilissima preda...Volevo conoscere ogni cosa di te ma tu me lo hai permesso solo in parte. Eri una persona complessa ma, allo stesso tempo, eri perfettamente leggibile ai miei occhi. Eri molto emotivo e sveglio, come me. Ricordo perfettamente come sei fatto, ti riconoscerei anche ora a distanza di anni, tra mille. La tua camminata, le tue labbra carnosissime, ti ricordo con e senza occhiali.Troppo bello...Purtroppo, eri il classico artista maledetto, una maschera che ora riconosco in altre persone: la indossa non vuole curarsi delle conseguenze delle proprie azioni usando la scusa di essere dannati.Uomini senza morale o solo persi?Stare con te era come vivere in Beutiful, un eterno dramma di sentimenti confusi provati per altre donne e, quando ti ricordavi, per me. Ti sei accorto in più occasioni di bruciare incessantemente tutto quello che ti donavo. Ti scusavi. E io, che allora supplicavo un po' di amore, come avrei potuto non perdonarti?Io avrei cercato in ogni modo di far funzionare questa relazione disfunzionale, aurtodistruggendomi, se tu, prontamente non ti foasi allontanato da me e poi lasciato. Ricordo benissimo la giornata in cui mi lasciasti. Ho pianto tantissimo. Ricordo che eravamo su una panchina in una piazzetta, nella città che ho sempre amato con tutta me stessa.* Conosci questo sentimento?Ogni tanto, qualche passante si assicurava che tu mi stessi ferendo solo emotivamente, e non fisicamente.Problemi di cuore, a posto così.Tu sembravi dispiaciuto, chissà se era realmente così. Ti ho chiesto se potevo accompagnarti in stazione, tu hai accettato. Abbiamo passeggiato. Ci siamo calmati e abbiamo ricordato i bei momenti passati insieme, ridendo, addirittura. Impressa nella mia memoria è un'immagine, una vera e propria foto scattata in quell'occasione.No, non ricordare...Ti sei girato verso di me con un cappello di paglia appena comprato e mi hai sorriso. In quel semplice istante, mi hai steso. Un sorriso innocente. Una graziosa fessura tra gli incisivi. Una persona che avrei voluto mi amasse realmente... Lì.Avrei dovuto essere arrabbiata con te. Perché eri così bello? Perché volevi dirmi addio se eri così felice con me?Click. Foto.Dopo quel giorno c'è stato qualche tira e molla, ricordi? Ci siamo visti un paio di volte, su qualche altra panchina, su qualche altro letto, come se anche tu avessi notato qualcosa in quella passeggiata. Non ci capivi proprio niente in quel periodo, lasciatelo dire, fratello. Spero tu abbia trovato una sorta di pace interiore, davvero.Sono diventata più cupa grazie a te, sai? È stata dura la risalita...

Poso la penna. Sono una silenziosa fontana di lacrime, il cuore si dibatte. Era inevitabile. Guardo il vuoto, in silenzio, per qualche minuto. Raccolgo la penna un'ultima volta. Scrivo lentamente:

Ora va meglio in realtà. Sai, quando qualcuno ti ama e non gioca a calcio con il tuo cuore, un pochino di ferite si rimarginano. Forse qualcosa la provo ancora per te ma non si torna indietro. È meglio averti perso. Sarai sempre un ricordo dolce e amaro. Addio.

Rimango immobile per non so quanto. Ricordo del tuo canale Youtube, chissà se hai pubblicato qualcosa da allora.Davvero, te la senti?Sto già scrivendo il nome del tuo canale. Con stupore, noto che non hai pubblicato più nulla. Nulla.Sei...morto? O, peggio, sei caduto in una depressione più grande?

Non so. Non lo saprò mai, a quanto pare. Spero tu stia bene.


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Amici di sciopero


#socialità #felicità

Che ci sarebbe stato sciopero oggi ne parlavano anche i TG. Per questo, forse, c'è un'aria strana in giro.Una gogliardica rassegnazione, direi.Sì. Alcuni si lamentano, certo, ma i più accettano, sorridono, si scambiano battute scherzose sul destino infame, sono più attenti a ciò che li circonda, più empatici. Devo tornare a casa e, come tutti su quel binario, aspetto un treno che tarda sempre di più. Un ragazzo mulatto si avvicina con un bicchiere di carta in mano.We, non è che c'hai qualche spicciolo?Un accento alquanto milanese. E non siamo a Milano. Sbatto le palpebre per sopprimere una risata.No, mi spiace.Se ne va barcollando. Mi giro verso due ragazzi sulla tarda trentina che commentavano la scena. Li guardo e gli faccio uno spontaneo...Taaac! spezzo l'aria in diagonale, dall'alto verso il basso, con la mano tesa. I due ridono a crepapelle. Siamo diventati amici di sventure, amici di sciopero. Indugiamo in quella gogliardica rassegnazione, chiacchieriamo e ridiamo per qualche minuto. 10 minuti rit. 15 minuti rit. Cancellato. Me lo aspettavo, non mi scopongo. Devo andare al binario 1, a prendere il treno successivo. Saluto ragazzi e vado. Il treno è lì. È un'Intercity, non il regionale che dovrei prendere. Ma non so quando passerà il prossimo treno. Attorno a me c'è gente che corre dappertutto. Ritardi. Cancellazioni. Salgo, anche se con mille timori. Squadro la gente sopra il treno.Molte di queste persone non sono tipiche di un Intercity. Di sicuro si trovano nella mia stessa situazioneMi siedo. Mi sento lievemente più sollevata. Ancora qualche goliardica battuta di rassegnazione attorno a me. Appoggio i miei guanti sul tavolino. Sospiro. È una giornata difficile. Pochi secondi dopo, un signore brizzolato mi chiede se può sedersi di fronte a me. Certo, ci mancherebbe! Indossa una giacca di pelle. È un motociclista, porta con sè un casco.Si sarà seduto qui perchè ha visto i miei meravigliosi guanti con i teschi.Gli sorrido. Lui fa un cenno poco caloroso ma entro i limiti della cordialità. Gli chiedo se anche lui, come me, ha un biglietto regionale invece che per l'Intercity. “Sì, ma ho chiesto alla capotreno e mi ha detto di salire comunque. Col cazzo che pago un altro biglietto con questo servizio!” Scambio qualche parola, per ringraziarlo e fargli capire che i miei timori sono spariti grazie a lui.Perchè scioperano, poi?Una volta mi sarei interessata di più... Arrivo alla mia fermata e saluto il motociclista. Scendo. Devo aspettare in stazione, mi vengono a prendere.Che ne dici di un bel bufalo? Ci mangiamo un bufalo, eh?Una tortina di carote, grazie. Il mio stomaco disapprova. Mi siedo nella saletta del bar. Molti pendolari erano lì, più del solito a causa dello sciopero. Mangio la mia tortina. Quanto basta per arrivare a casa. Una ragazza mi prende in simpatia...Saranno ancora i miei strepitosi guanti con i teschi....... e chiacchieriamo per qualche minuto. Mi saluta e va via. Mi guardo intorno, sono energica ora. Alcuni chiacchierano dello sciopero, molti sono con gli occhi fissi sul telefono. Noto un barboncino bianco accanto a me. Trema, ha un collare rosa. Il padrone è seduto di spalle. Lei lo fissa, nella speranza che lui accenni al fatto che è ora di andarsene. Ehi... Mi guarda e trema.Parlo con un sacco persone, oggi. Vuoi essere anche tu la mia amica di sciopero?Propende verso la mia mano. Direi che è un sì. Mi accovaccio. Stiamo lì insieme, ci isoliamo da resto. La accarezzo dolcemente e lentamente, per rassicurarla. Lei si calma un po', ogni tanto guarda il padrone ma con meno ossessione.Tutto vortica ma io e te abbiamo fermato il tempo. Non credi, cagnolina senza nome?Mi godo il momento. Noi, due perfette sconosciute, ci coccoliamo mentre fuori c'è il caos più totale. Sento di essere osservata e alzo lo sguardo. Una ragazza mi sta sorridendo geniunamente.Stavolta non sono i guanti, è il fatto di accarezzare un cane. La gente ama i cani.Ricambio e continuo a rilassarmi. Il padrone della cagnolina si alza con calma. È un uomo lievemente abbronzato, sulla quarantina. Mi nota. Ho le mani nel sacco... cioè sul cane. Mi sorride.Accidenti che sorriso. Impossibile tu sia single.Non lo dico, ovviamente. Più probabile che sia arrossita, come al solito in presenza di un bell'uomo. La cagnolina sguiscia via da me come fosse d'acqua e va verso l'uscita. Lui mi saluta. Ricambio. E aspetto da sola.

C'è quest'aria solidale quando c'è sciopero. Sono tutti propensi alla chiacchiera e al sorriso. Mi piacerebbe fosse tutti i giorni così.Mi sono venuti a prendere. Sorrido alla ragazza di prima ma lei ha immerso la faccia nel suo panino e gli dedica una doviziosa attenzione. Pazienza. Ho avuto abbastanza soddisfazioni per oggi, va bene così.


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Cammino e non ci sei


#solitudine #felicità #amore

C'è festa oggi in città. La strada principale, e qualche traversa, è piena di bancarelle, principalmente di cibo.Siamo proprio italiani...Cammino con passo calmo e osservo chi incrocio. Molti anziani e bambini: d'altronde è una mattina feriale, sono io la palla impazzita in questa situazione.Forse dovrei chiamarti, dirti che potremmo passeggiare insieme in centro, nel tardo pomeriggio.Cammino. Calzini. Pancetta.No, troveresti qualche scusa per non passeggiare con me, probabilmente il freddo o la folla.Attenta al bambino! Un signore si scusa, saluta.No, meglio prendermi del tempo per me: da quanto non lo faccio?Riempio i polmoni d'aria, guardo il cielo e continuo per la via principale.Sto così bene qui: in mezzo a un numero modesto di gente, senza parlare, ad osservare...Scamorze. Bigiotteria. Vestiti ammatassati in montagne irrispettose. Sento della musica in quel chiacchiericcio, è nella piazzetta, in una traversa.Un violino!! Cos'è? Andiamo!Vedo un violinista, in effetti, sotto la cattedrale. È un uomo curato, forse va per i quaranta, ha un cappotto involontariamente steampunk e un violino molto consunto. Noto una ragazza che lo ascolta, distantissima ma molto felice. Io mi metto a poca distanza da lui, in una ipotetica prima fila, ma non di fronte...Sono pur sempre una timidona....ma neanche in modo tale da essere davanti alla ragazza in disparte. Ascolto. Lui mi nota e ci sorridiamo. Una canzone triste ma intensa, che so che scorderò, ma applaudo con fervore. Lui si inchina, io accenno un inchino applaudendo. Un'altra canzone intensa, molte signore porgono monete. Lui molte volte sorride, altre volte inclina il capo, altre volte è troppo immerso nel suo violino per notarle. Sono l'unica ad essere rimasta per cinque minuti, forse dieci, e non gli ho dato neanche una moneta.A quelle signore non cambiano la vita i due spicci donati a un musicista di strada, a te sì. E poi è bravo: c'è chi gliene darà ancora.Lo ringrazio, due parole ma calorose. Ci inchiniamo ancora e, a malincuore, riprendo a camminare. Sono felice, ci voleva.Come vorrei che fossi qui con me... Forse... forse non così tanto. So che non avresti capito questa felicità.Cammino. Aspirapolveri, signore! Un violino ricomincia a suonare in lontananza:Alla prossima emozione! Ricordati di restare viva!Sorrido.


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