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La denuncia contro l'azienda bellica Leonardo è sacrosanta. Viene anzi forse perfino molto, troppo tardi rispetto alla vicenda del genocidio. Un articolo su 'Left' (che ho ripreso su differx.noblogs.org ma solo nell'incipit) ne parla. Eccolo: left.it/2025/11/21/ecco-perche…

#genocidio #Gaza #israhell #Palestina #denuncia #israele #israelterroriststate #israelestatoterrorista


noblogo.org/differx/la-denunci…



Nessuno stato Palestinese: la via di Netanyahu.


(180)

(P1)

La posizione del primo ministro israeliano Benjamin #Netanyahu e dei suoi governi rispetto alla nascita di uno stato palestinese è stata storicamente e sistematicamente di netta opposizione. Tale linea, consolidata nel corso di più mandati, si fonda su motivazioni di sicurezza, strategie politiche interne e supporto di alleati significativi come gli #USA, con uno specifico ruolo anche dell'Unione Europea, specialmente negli ultimi anni di conflitto e nella fragile tregua in atto.​

Netanyahu si è sempre opposto in modo esplicito alla nascita di uno stato palestinese, sia in Cisgiordania che nella Striscia di Gaza, sostenendo che la creazione di tale entità comporterebbe gravi rischi per la sicurezza di Israele e porterebbe il territorio sotto l'influenza di Hamas e di altri gruppi considerati terroristici.

Nel corso dei decenni, il leader israeliano ha argomentato che l’origine del conflitto non dipende dall’assenza di uno stato palestinese, ma dall’opposizione all’esistenza stessa di Israele da parte di diverse parti palestinesi e arabe. Tale convinzione ha portato Netanyahu a promuovere politiche di isolamento dell’Autorità Nazionale Palestinese e al rafforzamento di Hamas a Gaza per mantenere la divisione tra i palestinesi: “Chi desidera ostacolare la nascita di uno stato palestinese deve sostenere il rafforzamento di #Hamas”, ha dichiarato in riunioni di partito.​

A partire dal ritorno alla guida di #Israele nel dicembre 2022, il governo Netanyahu ha accentuato la sua opposizione a qualsiasi riconoscimento unilaterale di uno stato palestinese. Nel 2024, la Knesset ha votato formalmente contro la nascita di uno stato palestinese, definendo l’eventuale riconoscimento “un regalo al terrorismo”. Il primo ministro ha ottenuto il sostegno sia dai partiti di destra che da quelli centristi, consolidando una linea che respinge apertamente ogni diktat internazionale su tale questione. Parallelamente, sono state accelerate le operazioni militari a Gaza e l’espansione degli insediamenti in #Cisgiordania, rallentando o impedendo ogni serio negoziato di pace.​

(P2)

Gli Stati Uniti hanno storicamente sostenuto Israele anche rispetto al veto posto contro il riconoscimento di uno stato palestinese presso le Nazioni Unite. Nell’ultimo conflitto a #Gaza, Washington ha ripetutamente bloccato con il proprio veto risoluzioni ONU che chiedevano l’arresto delle ostilità e l’apertura agli aiuti umanitari, dichiarando che tali pressioni pianificate “indebolirebbero la sicurezza israeliana e rafforzerebbero Hamas”.

Tuttavia, segnali recenti indicano un leggero cambiamento: una parte del Congresso USA ha iniziato a proporre la risoluzione per il riconoscimento dello Stato palestinese, seppur senza concreto esito. La tregua attuale rimane estremamente fragile e subordinata alle dinamiche interne israeliane e alle pressioni internazionali, con il governo di Netanyahu che continua a minare la stabilità e i processi negoziali.​

L’Unione Europea si è mostrata maggiormente incline a sostenere la “soluzione a due stati”, criticando apertamente la politica israeliana contemporanea. Tuttavia, la reale capacità d’influenza della #UE sulle scelte del governo israeliano rimane marginale, sia per le profonde divergenze interne alla stessa Europa che per il peso geopolitico degli Stati Uniti nelle politiche israeliane. La posizione della UE si limita spesso a dichiarazioni di principio e pressioni diplomatiche, risultando poco efficace nel condizionare gli sviluppi concreti sul campo.​

L’opposizione di Netanyahu e del suo governo alla creazione di uno stato palestinese appare più radicata che mai nel contesto attuale. Le strategie di divisione interpalestinese, la retorica sulla sicurezza e la gestione della crisi di Gaza sono pilastri di questa immunità ai cambiamenti internazionali. Gli apparati di potere statunitensi e, in misura minore, europei, nonostante alcuni segnali di evoluzione, continuano a garantire una protezione diplomatica che rende difficile qualunque concreta attuazione della “soluzione a due stati”. #Israele vuole essere l’unico stato nella Palestina. Lo dice con le armi e la distruzione di ogni ragionevole ipotesi contraria.

#Blog #Israele #Palestina #USA #UE #Opinioni #Medioriente


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Nessuno stato Palestinese: la via di Netanyahu.


(180)

(P1)

La posizione del primo ministro israeliano Benjamin #Netanyahu e dei suoi governi rispetto alla nascita di uno stato palestinese è stata storicamente e sistematicamente di netta opposizione. Tale linea, consolidata nel corso di più mandati, si fonda su motivazioni di sicurezza, strategie politiche interne e supporto di alleati significativi come gli #USA, con uno specifico ruolo anche dell'Unione Europea, specialmente negli ultimi anni di conflitto e nella fragile tregua in atto.​

Netanyahu si è sempre opposto in modo esplicito alla nascita di uno stato palestinese, sia in Cisgiordania che nella Striscia di Gaza, sostenendo che la creazione di tale entità comporterebbe gravi rischi per la sicurezza di Israele e porterebbe il territorio sotto l'influenza di Hamas e di altri gruppi considerati terroristici.

Nel corso dei decenni, il leader israeliano ha argomentato che l’origine del conflitto non dipende dall’assenza di uno stato palestinese, ma dall’opposizione all’esistenza stessa di Israele da parte di diverse parti palestinesi e arabe. Tale convinzione ha portato Netanyahu a promuovere politiche di isolamento dell’Autorità Nazionale Palestinese e al rafforzamento di Hamas a Gaza per mantenere la divisione tra i palestinesi: “Chi desidera ostacolare la nascita di uno stato palestinese deve sostenere il rafforzamento di #Hamas”, ha dichiarato in riunioni di partito.​

A partire dal ritorno alla guida di #Israele nel dicembre 2022, il governo Netanyahu ha accentuato la sua opposizione a qualsiasi riconoscimento unilaterale di uno stato palestinese. Nel 2024, la Knesset ha votato formalmente contro la nascita di uno stato palestinese, definendo l’eventuale riconoscimento “un regalo al terrorismo”. Il primo ministro ha ottenuto il sostegno sia dai partiti di destra che da quelli centristi, consolidando una linea che respinge apertamente ogni diktat internazionale su tale questione. Parallelamente, sono state accelerate le operazioni militari a Gaza e l’espansione degli insediamenti in #Cisgiordania, rallentando o impedendo ogni serio negoziato di pace.​

(P2)

Gli Stati Uniti hanno storicamente sostenuto Israele anche rispetto al veto posto contro il riconoscimento di uno stato palestinese presso le Nazioni Unite. Nell’ultimo conflitto a #Gaza, Washington ha ripetutamente bloccato con il proprio veto risoluzioni ONU che chiedevano l’arresto delle ostilità e l’apertura agli aiuti umanitari, dichiarando che tali pressioni pianificate “indebolirebbero la sicurezza israeliana e rafforzerebbero Hamas”.

Tuttavia, segnali recenti indicano un leggero cambiamento: una parte del Congresso USA ha iniziato a proporre la risoluzione per il riconoscimento dello Stato palestinese, seppur senza concreto esito. La tregua attuale rimane estremamente fragile e subordinata alle dinamiche interne israeliane e alle pressioni internazionali, con il governo di Netanyahu che continua a minare la stabilità e i processi negoziali.​

L’Unione Europea si è mostrata maggiormente incline a sostenere la “soluzione a due stati”, criticando apertamente la politica israeliana contemporanea. Tuttavia, la reale capacità d’influenza della #UE sulle scelte del governo israeliano rimane marginale, sia per le profonde divergenze interne alla stessa Europa che per il peso geopolitico degli Stati Uniti nelle politiche israeliane. La posizione della UE si limita spesso a dichiarazioni di principio e pressioni diplomatiche, risultando poco efficace nel condizionare gli sviluppi concreti sul campo.​

L’opposizione di Netanyahu e del suo governo alla creazione di uno stato palestinese appare più radicata che mai nel contesto attuale. Le strategie di divisione interpalestinese, la retorica sulla sicurezza e la gestione della crisi di Gaza sono pilastri di questa immunità ai cambiamenti internazionali. Gli apparati di potere statunitensi e, in misura minore, europei, nonostante alcuni segnali di evoluzione, continuano a garantire una protezione diplomatica che rende difficile qualunque concreta attuazione della “soluzione a due stati”.#Israele vuole essere l’unico stato nella Palestina. Lo dice con le armi e la distruzione di ogni ragionevole ipotesi contraria.

#Blog #Israele #Palestina #USA #UE #Opinioni #Medioriente

Mastodon: @alda7069@mastodon.unoTelegram: t.me/transitblogFriendica: @danmatt@poliverso.orgBlue Sky: bsky.app/profile/mattiolidanie…Bio Site (tutto in un posto solo, diamine): bio.site/danielemattioli

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Gaza ed il dopo-conflitto: un ruolo anche per i carabinieri italiani


L'Italia si sta posizionando per svolgere un ruolo operativo nella fase post-conflitto a Gaza. La soluzione più concreta prevede l'impiego dei Carabinieri per addestrare e supportare le future forze di sicurezza locali, seguendo modelli di successo già implementati in Cisgiordania e in altre regioni. Come ha spiegato il Ministro degli Esteri, Tajani: “siamo pronti a fare la nostra parte e inviare i nostri Carabinieri il giorno dopo la fine del conflitto”.

L'approccio italiano si intreccia con i negoziati sul cessate il fuoco e la governance di transizione. L'ambito d'azione includerebbe attività di polizia di prossimità, gestione graduale dell'ordine pubblico, protezione di siti sensibili e supporto alle indagini, in coordinamento con i partner europei e regionali.

L'esperienza pregressa conta. Il CoESPU (Center of Excellence for Stability Police Units) di Vicenza addestra da anni unità di polizia per contesti post-crisi; la missione MIADIT in Palestina a Gerico ha già formato migliaia di operatori in tecniche di polizia, gestione dell'ordine pubblico, indagini e tutela del patrimonio culturale.

Il valico di Rafah rimane cruciale per la fase umanitaria e la riapertura controllata dei valichi. La riattivazione della missione europea al confine con l'Egitto fornisce un canale operativo per l'assistenza, il controllo e la protezione dei flussi.

La presenza italiana richiede un quadro politico credibile. Il governo si sta concentrando su un processo in tre fasi: cessate il fuoco, accordo politico e ricostruzione. In questo contesto, sono in gioco le pressioni internazionali e gli sforzi diplomatici che coinvolgono attori regionali e gli Stati Uniti.

Perché i Carabinieri? I Carabinieri, una forza di polizia a struttura militare, combinano capacità di mediazione civile e disciplina operativa. Sono adatti alle zone grigie degli ambienti postbellici, dove la protezione dei civili, la garanzia dei servizi essenziali e il ripristino della fiducia tra le parti sono fondamentali.

Cosa aspettarsi nell'immediato. Il modello più probabile il giorno dopo la pace è “addestrare e consigliare”: squadre dell'Arma a fianco delle unità locali per attività di polizia di prossimità, scene del crimine, monitoraggio dei valichi e protezione delle infrastrutture critiche.

Per l'Italia, si tratta di un test di credibilità nel Mediterraneo. Se l'operazione avrà successo, Roma consoliderà il suo ruolo di fornitore di sicurezza e rafforzerà i canali con i partner europei e arabi; in caso contrario, si correrà il rischio di incorrere in costi operativi e reputazionali.

Il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha espresso sia l'intenzione che l'obbligo morale dell'Italia di essere presente nelle regioni colpite da conflitti, sottolineando in particolare l'importanza dell'approccio nazionale alla pace, della cultura dell'inclusione e della capacità unica di promuovere il dialogo. Intervenendo durante un dibattito con Matteo Renzi alla Stazione Leopolda, Crosetto ha affrontato il potenziale coinvolgimento dei Carabinieri nel piano di pace dell'amministrazione Trump per Gaza. Ha sottolineato il lungo impegno dell'Italia per la pace attraverso la sua partecipazione attiva alle missioni delle Nazioni Unite, alle operazioni europee e alle iniziative della NATO. Il Ministro ha sottolineato che le forze armate italiane non solo sono altamente addestrate, ma portano con sé anche una distinta “italianità”, una qualità che le distingue in contesti internazionali in cui la presenza militare può spesso essere percepita come un'imposizione o un simbolo di potere.

Crosetto ha spiegato come l'esercito e i Carabinieri italiani siano stati in grado di creare fiducia in diverse regioni, tra cui il Libano, dove stanno attualmente contribuendo all'addestramento delle forze di polizia locali. Questa fiducia, ha spiegato, nasce dalla capacità delle forze armate italiane di interagire con le comunità in modo rispettoso e inclusivo, trattando le persone come pari piuttosto che da una posizione di superiorità. Questo approccio affonda le sue radici nella vasta esperienza dei Carabinieri che operano in migliaia di città italiane, dove interagiscono con cittadini di ogni estrazione sociale, dagli anziani ai funzionari locali, promuovendo un senso di connessione e comprensione che portano con sé ovunque vadano.

Il Ministro ha inoltre descritto la situazione attuale come l'inizio di un lungo e impegnativo percorso verso la pace, che richiede pazienza, perseveranza e lo sforzo collettivo di tutte le parti coinvolte. Nonostante le difficoltà future, Crosetto ha espresso un cauto ottimismo, affermando che la comunità internazionale, che comprende nazioni arabe, paesi occidentali e persino la Russia, ha mostrato un raro livello di unità nel sostenere il processo di pace. Questa cooperazione senza precedenti, ha sostenuto, offre la speranza per un futuro in cui sia Israele che il popolo palestinese possano coesistere nel rispetto dei loro diritti e delle loro aspirazioni.

#carabinieri

#armadeicarabinieri

#Gaza

#israele

#Palestina

#Rafah

#Coespu

#miadit


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Gaza ed il dopo-conflitto: un ruolo anche per i carabinieri italiani


Gaza ed il dopo-conflitto: un ruolo anche per i carabinieri italiani


L'Italia si sta posizionando per svolgere un ruolo operativo nella fase post-conflitto a Gaza. La soluzione più concreta prevede l'impiego dei Carabinieri per addestrare e supportare le future forze di sicurezza locali, seguendo modelli di successo già implementati in Cisgiordania e in altre regioni. Come ha spiegato il Ministro degli Esteri, Tajani: “siamo pronti a fare la nostra parte e inviare i nostri Carabinieri il giorno dopo la fine del conflitto”.

L'approccio italiano si intreccia con i negoziati sul cessate il fuoco e la governance di transizione. L'ambito d'azione includerebbe attività di polizia di prossimità, gestione graduale dell'ordine pubblico, protezione di siti sensibili e supporto alle indagini, in coordinamento con i partner europei e regionali.

L'esperienza pregressa conta. Il CoESPU (Center of Excellence for Stability Police Units) di Vicenza addestra da anni unità di polizia per contesti post-crisi; la missione MIADIT in Palestina a Gerico ha già formato migliaia di operatori in tecniche di polizia, gestione dell'ordine pubblico, indagini e tutela del patrimonio culturale.

Il valico di Rafah rimane cruciale per la fase umanitaria e la riapertura controllata dei valichi. La riattivazione della missione europea al confine con l'Egitto fornisce un canale operativo per l'assistenza, il controllo e la protezione dei flussi.

La presenza italiana richiede un quadro politico credibile. Il governo si sta concentrando su un processo in tre fasi: cessate il fuoco, accordo politico e ricostruzione. In questo contesto, sono in gioco le pressioni internazionali e gli sforzi diplomatici che coinvolgono attori regionali e gli Stati Uniti.

Perché i Carabinieri? I Carabinieri, una forza di polizia a struttura militare, combinano capacità di mediazione civile e disciplina operativa. Sono adatti alle zone grigie degli ambienti postbellici, dove la protezione dei civili, la garanzia dei servizi essenziali e il ripristino della fiducia tra le parti sono fondamentali.

Cosa aspettarsi nell'immediato. Il modello più probabile il giorno dopo la pace è “addestrare e consigliare”: squadre dell'Arma a fianco delle unità locali per attività di polizia di prossimità, scene del crimine, monitoraggio dei valichi e protezione delle infrastrutture critiche.

Per l'Italia, si tratta di un test di credibilità nel Mediterraneo. Se l'operazione avrà successo, Roma consoliderà il suo ruolo di fornitore di sicurezza e rafforzerà i canali con i partner europei e arabi; in caso contrario, si correrà il rischio di incorrere in costi operativi e reputazionali.

Il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha espresso sia l'intenzione che l'obbligo morale dell'Italia di essere presente nelle regioni colpite da conflitti, sottolineando in particolare l'importanza dell'approccio nazionale alla pace, della cultura dell'inclusione e della capacità unica di promuovere il dialogo. Intervenendo durante un dibattito con Matteo Renzi alla Stazione Leopolda, Crosetto ha affrontato il potenziale coinvolgimento dei Carabinieri nel piano di pace dell'amministrazione Trump per Gaza. Ha sottolineato il lungo impegno dell'Italia per la pace attraverso la sua partecipazione attiva alle missioni delle Nazioni Unite, alle operazioni europee e alle iniziative della NATO. Il Ministro ha sottolineato che le forze armate italiane non solo sono altamente addestrate, ma portano con sé anche una distinta “italianità”, una qualità che le distingue in contesti internazionali in cui la presenza militare può spesso essere percepita come un'imposizione o un simbolo di potere.

Crosetto ha spiegato come l'esercito e i Carabinieri italiani siano stati in grado di creare fiducia in diverse regioni, tra cui il Libano, dove stanno attualmente contribuendo all'addestramento delle forze di polizia locali. Questa fiducia, ha spiegato, nasce dalla capacità delle forze armate italiane di interagire con le comunità in modo rispettoso e inclusivo, trattando le persone come pari piuttosto che da una posizione di superiorità. Questo approccio affonda le sue radici nella vasta esperienza dei Carabinieri che operano in migliaia di città italiane, dove interagiscono con cittadini di ogni estrazione sociale, dagli anziani ai funzionari locali, promuovendo un senso di connessione e comprensione che portano con sé ovunque vadano.

Il Ministro ha inoltre descritto la situazione attuale come l'inizio di un lungo e impegnativo percorso verso la pace, che richiede pazienza, perseveranza e lo sforzo collettivo di tutte le parti coinvolte. Nonostante le difficoltà future, Crosetto ha espresso un cauto ottimismo, affermando che la comunità internazionale, che comprende nazioni arabe, paesi occidentali e persino la Russia, ha mostrato un raro livello di unità nel sostenere il processo di pace. Questa cooperazione senza precedenti, ha sostenuto, offre la speranza per un futuro in cui sia Israele che il popolo palestinese possano coesistere nel rispetto dei loro diritti e delle loro aspirazioni.

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verso la fine dell'audio linkato qui sotto, emerge abbastanza nettamente il tema della natura politica della scrittura, delle scritture, e di conseguenza anche di quelle dette 'di ricerca'. (l'interrogativo è posto da Gilda Policastro, e si trova pure al fondo di un intervento di Tommaso Giartosio). sia Andrea Inglese che io diciamo la nostra (anche in rapporto al genocidio in atto). annoto qui, in aggiunta: chi scrive deve in qualche modo sapere di farlo non “dopo” ma “durante” Auschwitz, durante GAZA. in questo momento (un momento che dura da due anni + 75) direi che siamo interpellati non certo dal solo Adorno, ma prima e violentemente dalle centinaia di migliaia di vittime di Palestina. senza nessuna retorica, e con l'ingenuità & povertà di mezzi che espongo forse già in questa notilla mia, credo sia questo l'orizzonte delle cose adesso. ho idea che se un linguaggio, 'qualsiasi linguaggio', non è nei suoi modi cosciente di (e schiacciato da) questo, diventa o rischia di diventare un 'linguaggio qualsiasi', e immagino che a perderlo non si faccia gran danno.

slowforward.net/2025/09/28/pap…

(in questo senso sono persuaso si possano leggere e accogliere molto positivamente i due ultimi libri usciti nella collana UltraChapBooks, di Tic, appena stampati. ma ci sarà modo di parlarne)

#Gaza #genocidio #scrittura #scritture #scritturadiricerca #scritturediricerca #senzariparo

p.s.: non si interpreti questa annotazione come un elogio della frontalità e dell'assertività. è esattamente l'opposto. ogni poesia e poesiola scritta 'durante' Gaza è (dico per me, soggettivamente) inaccettabile


noblogo.org/differx/verso-la-f…


pod al popolo #079, presentazione di “prati. extended version” da tic, 26 sett. 2025


Audio completo del reading / presentazione del libro Prati, di Andrea inglese (Tic, 2025). Interventi e letture dell’autore, annotazioni critiche e domande di MG e del pubblico. Ora in Pod al popolo. Podcast irregolare ed ennesimo [em]fail again fail [/em]better dell’occidente postremo. Buon ascolto
"Prati", di Andrea Inglese (Tic, 2025)
ticedizioni.com/products/prati…

#disturbo #glitch #incompletezza #margini #ombra #PAP #pap079 #pap079 #podAlPopolo #podcast #prati #prosa #prosaBreve #ProsaInProsa #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #Tic #TicEdizioni #UltraChapBooks