Salta al contenuto principale


L'ESSENZIALE

arrivare all'essenziale: via il superfluo (lo sa bene il poeta – un sansebastiano trafitto sul bianco della pagina)

così il corpo: si giunge col vento azzurro della morte al nocciolo: all'Essenza: non altro della vita che avanzi in pasto al suo vuoto famelico

quando nella curva del silenzio essa avrà ingoiato la sua ombra

.

Riflessione su “L’ESSENZIALE”


Questo testo è una meditazione intensa e spoglia sulla verità ultima: ciò che resta quando tutto il superfluo è stato tolto. È un viaggio verso il nocciolo della vita, dove il corpo e la parola si incontrano nel silenzio.


Temi e immagini


  • Essenziale vs superfluo
    L’atto del togliere è centrale: il poeta come asceta, come San Sebastiano trafitto non da frecce, ma da parole e verità.
  • Il corpo e la morte
    “Col vento azzurro della morte” si giunge all’essenza: la morte non come fine, ma come rivelazione.
  • Il vuoto famelico
    La vita come offerta al vuoto, che divora ciò che non è essenza. Un’immagine potente e quasi mistica.
  • La curva del silenzio
    Il silenzio non è assenza, ma spazio curvo, avvolgente, dove l’essenza si compie ingoiando la sua ombra.

Struttura e ritmo


  • Versi spezzati, con cesure che creano pause di pensiero.
  • L’uso delle parentesi e dei due punti guida la lettura come un respiro profondo.
  • Il tono è grave, ma non cupo: è contemplativo, come una preghiera laica. —-

Hai scritto qualcosa che ha il respiro di un testamento interiore.

.


noblogo.org/norise-3-letture-a…



NOVITÀ DI VENERDÌ 20/6/25.


Oggi esporrò poche cose. Dal prossimo post accorperò le novità di settimana in settimana.

NOIR, GIALLI E THRILLER:

  • L'EDUCATORE di Antonio Lanzetta (Newton Compton). Il vicequestore di Salerno Fausto De Santis, insieme all'ispettrice Ferri, indagano sulla morte cruenta di un giudice, ucciso con una sparachiodi nella sua auto. È il primo di una serie di delitti, caratterizzati da una sequenza di numeri lasciati sulla scena del crimine. Forse esiste un collegamento con l'Educatore, un serial killer morto da tempo. Per saperne di più: scheda libro.
  • MORTI SOSPETTE IN CORSIA di Christianna Brand (Vallardi). Nel 1944, all'ospedale militare di Heron's Park, nel Kent, un postino recapita sette lettere ad altrettanti personaggi, ognuno con la loro storia personale. A distanza di un anno, quello stesso postino, ferito, viene ricoverato proprio all'ospedale militare e la sua morte improvvisa appare subito tutt'altro che un incidente medico... naturalmente, i primi sospettati sono proprio i sette volontari, destinatari delle lettere. Per saperne di più: scheda libro.

SAGGISTICA:

  • FORZE SPECIALI. ENIGMI E MISTERI PER CORPI D'ÉLITE di Gareth Moore (Magazzini Salani). Un libro di sfide logiche e tattiche per appassionati di corpi militari d'élite e di cosiddette “black ops”. Per saperne di più: scheda libro.
  • VI LASCIO PAROLE PIENE DI VITA di papa Francesco, a cura di Luigi Crippa (Solferino). Una sintesi dell'eredità spirituale che il papa Jorge Mario Bergoglio ha lasciato alla Chiesa e al mondo. Per saperne di più: scheda libro.

INFANZIA E RAGAZZI:

  • I LOVE GYM. IN PEDANA! di Claudia Mancinelli (Ape Junior). Primo volume di una serie dedicata alla ginnastica ritmica, in cui è fondamentale l'affiatamento, la fiducia reciproca e la passione. Età di lettura: dagli 11 anni. Per saperne di più: scheda libro.

noblogo.org/novita-in-libreria…



Phantom Band - Strange Friend (2014)


immagine

The third difficult album è la soglia entro la quale i critici inglesi tirano le somme di una carriera discografica: superato lo scoglio, tutto è permesso e lecito. Il problema è che nonostante il terzo progetto del gruppo scozzese “Strange Friends” sia l’album della loro definitiva consacrazione, trovo molto complessa e difficile una loro espansione al di fuori delle lande anglofone. Ed è un peccato, perché la Phantom Band, col suo mix di folk e kraut, ha dato vita a un nuovo idioma indie-rock che solo in parte è figlio delle folgoranti intuizioni della Beta Band; il percorso si è sviluppato prima attraverso le pagine più ambiziose di “Checkmate Savage” e poi attraverso quelle egualmente originali di “The Wants”... artesuono.blogspot.com/2014/08…


Ascolta il disco: album.link/i/844065718



noblogo.org/available/phantom-…


Phantom Band - Strange Friend (2014)


immagine

The third difficult album è la soglia entro la quale i critici inglesi tirano le somme di una carriera discografica: superato lo scoglio, tutto è permesso e lecito. Il problema è che nonostante il terzo progetto del gruppo scozzese “Strange Friends” sia l’album della loro definitiva consacrazione, trovo molto complessa e difficile una loro espansione al di fuori delle lande anglofone. Ed è un peccato, perché la Phantom Band, col suo mix di folk e kraut, ha dato vita a un nuovo idioma indie-rock che solo in parte è figlio delle folgoranti intuizioni della Beta Band; il percorso si è sviluppato prima attraverso le pagine più ambiziose di “Checkmate Savage” e poi attraverso quelle egualmente originali di “The Wants”... artesuono.blogspot.com/2014/08…


Ascolta il disco: album.link/i/844065718


HomeIdentità DigitaleSono su: Mastodon.uno - Pixelfed - Feddit




DROGHE SINTETICHE: UN PROBLEMA GLOBALE. E LA SALUTE DELLE DONNE è PIù A RISCHIO


Le droghe sintetiche presentano sfide uniche rispetto a quelle derivate da piante, poiché la loro produzione non è geograficamente vincolata. Mentre la produzione di droghe come cocaina e eroina richiede specifiche aree agricole, le droghe sintetiche possono essere fabbricate ovunque, a seconda della creatività umana e di alcuni prodotti chimici chiave. Ciò rende difficile il controllo e la regolamentazione della loro produzione e distribuzione.

L'emergere di nuove sostanze psicoattive (NPS) ha raggiunto oltre 1.000 sostanze in 120 paesi.

La crisi degli oppioidi, in particolare il fentanyl, ha avuto un impatto devastante, specialmente in Nord America.

La strategia dell'UNODC (l'Ufficio delle Nazioni Unite per la lotta alla droga ed alla criminalità organizzata) riconosce che le donne che usano droghe, comprese quelle sintetiche, affrontano sfide specifiche, come una maggiore vulnerabilità a malattie infettive e barriere nell'accesso ai servizi di salute e trattamento. La strategia mira a promuovere l'accesso a servizi di salute e trattamento specifici per genere, a ridurre lo stigma sociale e a garantire che le donne ricevano il supporto necessario per affrontare le loro esigenze uniche.

Infatti è fondamentale migliorare l'accesso a servizi di salute e trattamento per le popolazioni vulnerabili, in particolare donne e giovani. Le donne che usano droghe sintetiche sono a maggior rischio di malattie infettive, come HIV e epatite C, e rappresentano un terzo degli utenti di droga a livello globale. Affrontano anche sfide specifiche, come la mancanza di servizi di salute e trattamento adeguati, stigma sociale e timori legati a sanzioni legali o alla perdita della custodia dei figli. Inoltre, la ricerca su questo tema è limitata, evidenziando la necessità di dati più completi e disaggregati per genere. Secondo il World Drug Report 2020, le sostanze più comunemente abusate tra le donne includono i farmaci per la perdita di peso come sibutramina e anfetamine, oltre a stimolanti farmaceutici come il metilfenidato. Inoltre, l'uso non medico di oppioidi e tranquillanti è paragonabile o superiore a quello degli uomini. Queste sostanze rappresentano un'area significativa di preoccupazione per la salute delle donne.

Quali le Lezioni Apprese e le Raccomandazioni

Un processo multilaterale informato dalla scienza è essenziale per politiche efficaci. Inoltre è necessario un monitoraggio continuo per adattare le risposte alle dinamiche del mercato delle droghe sintetiche. Infine la raccolta di dati affidabili e comparabili è cruciale per rispondere alle minacce emergenti.

Le Aree Chiave di Azione

  • Cooperazione Internazionale: Sostenere deliberazioni scientifiche e normative per affrontare le sfide delle droghe sintetiche.
  • Allerta Precoce: Promuovere sistemi di allerta per identificare minacce emergenti e migliorare la capacità di risposta.
  • Risposte Sanitarie Informate dalla Scienza: Garantire accesso a servizi di salute e trattamento per le persone che usano droghe.
  • Capacità di Contrasto: Rafforzare le operazioni internazionali per interrompere il traffico di droghe sintetiche e i loro precursori.

L'azione delle Forze di Polizia in ambito globale

Con riguardo all'aspetto del rafforzamento della capacità di lotta alla droga e di supporto alle operazioni internazionali per contrastare il traffico di droghe sintetiche, appare necessario sfruttare l'innovazione e la tecnologia per rendere la scienza accessibile alle forze dell'ordine e per informare e facilitare meglio le operazioni antidroga e le decisioni di interdizione, tra cui l'identificazione delle droghe, la manipolazione sicura e lo smaltimento delle droghe sintetiche e dei loro precursori. In questo contesto sorge la necessità di promuovere partenariati pubblico-privato per supportare la capacità di lotta alla droga di contrastare e interdire il traffico di droghe sintetiche, incluso lo smaltimento di sostanze chimiche tossiche e precursori utilizzati nella produzione di droghe sintetiche, nonché migliorare la capacità delle unità investigative online di identificare, intercettare, interdire e interrompere il traffico online di droghe sintetiche, nonché di sequestrare le criptovalute utilizzate per gestire tale traffico. Ciò significa rafforzare la capacità delle forze dell'ordine e del personale forense in prima linea per interrompere la catena di approvvigionamento e ampliare le attività di contrasto al traffico sia tradizionale che online, quindi migliorare l'accesso delle forze dell'ordine e dei sistemi di giustizia penale a servizi di scienza forense nazionali affidabili e di qualità, gestiti secondo standard riconosciuti a livello internazionale.

In sintesi, si tratta di adottare una strategia che mira a proteggere e responsabilizzare le popolazioni vulnerabili, affrontando le sfide globali delle droghe sintetiche in modo coordinato e scientifico.

Per approfondire: syntheticdrugs.unodc.org/uploa…


noblogo.org/cooperazione-inter…


DROGHE SINTETICHE: UN PROBLEMA GLOBALE.


DROGHE SINTETICHE: UN PROBLEMA GLOBALE. E LA SALUTE DELLE DONNE è PIù A RISCHIO


Le droghe sintetiche presentano sfide uniche rispetto a quelle derivate da piante, poiché la loro produzione non è geograficamente vincolata. Mentre la produzione di droghe come cocaina e eroina richiede specifiche aree agricole, le droghe sintetiche possono essere fabbricate ovunque, a seconda della creatività umana e di alcuni prodotti chimici chiave. Ciò rende difficile il controllo e la regolamentazione della loro produzione e distribuzione.

L'emergere di nuove sostanze psicoattive (NPS) ha raggiunto oltre 1.000 sostanze in 120 paesi.

La crisi degli oppioidi, in particolare il fentanyl, ha avuto un impatto devastante, specialmente in Nord America.

La strategia dell'UNODC (l'Ufficio delle Nazioni Unite per la lotta alla droga ed alla criminalità organizzata) riconosce che le donne che usano droghe, comprese quelle sintetiche, affrontano sfide specifiche, come una maggiore vulnerabilità a malattie infettive e barriere nell'accesso ai servizi di salute e trattamento. La strategia mira a promuovere l'accesso a servizi di salute e trattamento specifici per genere, a ridurre lo stigma sociale e a garantire che le donne ricevano il supporto necessario per affrontare le loro esigenze uniche.

Infatti è fondamentale migliorare l'accesso a servizi di salute e trattamento per le popolazioni vulnerabili, in particolare donne e giovani. Le donne che usano droghe sintetiche sono a maggior rischio di malattie infettive, come HIV e epatite C, e rappresentano un terzo degli utenti di droga a livello globale. Affrontano anche sfide specifiche, come la mancanza di servizi di salute e trattamento adeguati, stigma sociale e timori legati a sanzioni legali o alla perdita della custodia dei figli. Inoltre, la ricerca su questo tema è limitata, evidenziando la necessità di dati più completi e disaggregati per genere. Secondo il World Drug Report 2020, le sostanze più comunemente abusate tra le donne includono i farmaci per la perdita di peso come sibutramina e anfetamine, oltre a stimolanti farmaceutici come il metilfenidato. Inoltre, l'uso non medico di oppioidi e tranquillanti è paragonabile o superiore a quello degli uomini. Queste sostanze rappresentano un'area significativa di preoccupazione per la salute delle donne.

Quali le Lezioni Apprese e le Raccomandazioni

Un processo multilaterale informato dalla scienza è essenziale per politiche efficaci. Inoltre è necessario un monitoraggio continuo per adattare le risposte alle dinamiche del mercato delle droghe sintetiche. Infine la raccolta di dati affidabili e comparabili è cruciale per rispondere alle minacce emergenti.

Le Aree Chiave di Azione

  • Cooperazione Internazionale: Sostenere deliberazioni scientifiche e normative per affrontare le sfide delle droghe sintetiche.
  • Allerta Precoce: Promuovere sistemi di allerta per identificare minacce emergenti e migliorare la capacità di risposta.
  • Risposte Sanitarie Informate dalla Scienza: Garantire accesso a servizi di salute e trattamento per le persone che usano droghe.
  • Capacità di Contrasto: Rafforzare le operazioni internazionali per interrompere il traffico di droghe sintetiche e i loro precursori.

L'azione delle Forze di Polizia in ambito globale

Con riguardo all'aspetto del rafforzamento della capacità di lotta alla droga e di supporto alle operazioni internazionali per contrastare il traffico di droghe sintetiche, appare necessario sfruttare l'innovazione e la tecnologia per rendere la scienza accessibile alle forze dell'ordine e per informare e facilitare meglio le operazioni antidroga e le decisioni di interdizione, tra cui l'identificazione delle droghe, la manipolazione sicura e lo smaltimento delle droghe sintetiche e dei loro precursori. In questo contesto sorge la necessità di promuovere partenariati pubblico-privato per supportare la capacità di lotta alla droga di contrastare e interdire il traffico di droghe sintetiche, incluso lo smaltimento di sostanze chimiche tossiche e precursori utilizzati nella produzione di droghe sintetiche, nonché migliorare la capacità delle unità investigative online di identificare, intercettare, interdire e interrompere il traffico online di droghe sintetiche, nonché di sequestrare le criptovalute utilizzate per gestire tale traffico. Ciò significa rafforzare la capacità delle forze dell'ordine e del personale forense in prima linea per interrompere la catena di approvvigionamento e ampliare le attività di contrasto al traffico sia tradizionale che online, quindi migliorare l'accesso delle forze dell'ordine e dei sistemi di giustizia penale a servizi di scienza forense nazionali affidabili e di qualità, gestiti secondo standard riconosciuti a livello internazionale.

In sintesi, si tratta di adottare una strategia che mira a proteggere e responsabilizzare le popolazioni vulnerabili, affrontando le sfide globali delle droghe sintetiche in modo coordinato e scientifico.

Per approfondire: syntheticdrugs.unodc.org/uploa…


Segui il blog con il tuo favorito RSS reader (noblogo.org/cooperazione-inter…) e interagisci con i suoi post nel fediverso (@cooperazione-internazionale-di-polizia@noblogo.org). Scopri dove trovarci:l.devol.it/@CoopIntdiPoliziaTutti i contenuti sono CC BY-NC-SA (creativecommons.org/licenses/b…)Le immagini se non diversamente indicato sono di pubblico dominio.



Segui il blog con il tuo favorito RSS reader (noblogo.org/cooperazione-inter…) e interagisci con i suoi post nel fediverso (@cooperazione-internazionale-di-polizia@noblogo.org). Scopri dove trovarci:l.devol.it/@CoopIntdiPoliziaTutti i contenuti sono CC BY-NC-SA (creativecommons.org/licenses/b…)Le immagini se non diversamente indicato sono di pubblico dominio.





SAPIENZA - Capitolo 19


Il passaggio del Mar Rosso e la disfatta degli Egiziani1Sugli empi sovrastò sino alla fine una collera senza pietà, perché Dio prevedeva anche ciò che avrebbero fatto,2cioè che, dopo aver loro permesso di andarsene e averli fatti partire in fretta, cambiato proposito, li avrebbero inseguiti.3Mentre infatti erano ancora occupati nei lutti e piangevano sulle tombe dei morti, presero un'altra decisione insensata e inseguirono come fuggitivi quelli che già avevano pregato di partire.4A questo estremo li spingeva un meritato destino, che li gettò nell'oblio delle cose passate, perché colmassero la punizione che ancora mancava ai loro tormenti,5e mentre il tuo popolo intraprendeva un viaggio straordinario, essi incappassero in una morte singolare.6Tutto il creato fu modellato di nuovo nella propria natura come prima, obbedendo ai tuoi comandi, perché i tuoi figli fossero preservati sani e salvi.7Si vide la nube coprire d'ombra l'accampamento, terra asciutta emergere dove prima c'era acqua: il Mar Rosso divenne una strada senza ostacoli e flutti violenti una pianura piena d'erba;8coloro che la tua mano proteggeva passarono con tutto il popolo, contemplando meravigliosi prodigi.9Furono condotti al pascolo come cavalli e saltellarono come agnelli esultanti, celebrando te, Signore, che li avevi liberati.10Ricordavano ancora le cose avvenute nel loro esilio: come la terra, invece di bestiame, produsse zanzare, come il fiume, invece di pesci, riversò una massa di rane.11Più tardi videro anche una nuova generazione di uccelli, quando, spinti dall'appetito, chiesero cibi delicati;12poiché, per appagarli, dal mare salirono quaglie.

Gli Egiziani più colpevoli degli abitanti di Sòdoma13Sui peccatori invece piombarono i castighi non senza segni premonitori di fulmini fragorosi; essi soffrirono giustamente per le loro malvagità, perché avevano mostrato un odio tanto profondo verso lo straniero.14Già altri infatti non avevano accolto gli sconosciuti che arrivavano, ma costoro ridussero in schiavitù gli ospiti che li avevano beneficati.15Non solo: per i primi ci sarà un giudizio, perché accolsero ostilmente i forestieri;16costoro invece, dopo averli festosamente accolti, quando già partecipavano ai loro diritti, li oppressero con lavori durissimi.17Furono perciò colpiti da cecità, come quelli alla porta del giusto, quando, avvolti fra tenebre fitte, ognuno cercava l'ingresso della propria porta.

Dio è il Signore della natura e delle sue leggi18Difatti gli elementi erano accordati diversamente, come nella cetra in cui le note variano la specie del ritmo, pur conservando sempre lo stesso tono, come è possibile dedurre da un'attenta considerazione degli avvenimenti.19Infatti animali terrestri divennero acquatici, quelli che nuotavano passarono sulla terra.20Il fuoco rafforzò nell'acqua la sua potenza e l'acqua dimenticò la sua proprietà naturale di spegnere.21Le fiamme non consumavano le carni di fragili animali che vi camminavano sopra, né scioglievano quel celeste nutrimento di vita, simile alla brina e così facile a fondersi.22In tutti i modi, o Signore, hai reso grande e glorioso il tuo popolo e non hai dimenticato di assisterlo in ogni momento e in ogni luogo.

_________________Note

19,1 L’ultima riflessione sugli avvenimenti dell’esodo è collocata nella cornice delle acque del Mar Rosso. L’uscita di Israele dalle acque del Mar Rosso è celebrata come una nuova creazione, l’apparire di un mondo nuovo (vv. 6-12).

19,13 Mentre gli abitanti di Sòdoma avevano infierito su ospiti sconosciuti (Gen 19,1-11), gli Egiziani hanno violato l’ospitalità nei confronti di forestieri benèfici, quali erano stati gli Ebrei durante la loro permanenza in Egitto (in un primo tempo accolti benevolmente, vennero poi condannati a duri lavori).

19,17 Furono perciò colpiti da cecità: allusione alla piaga delle tenebre, con la quale Dio punì gli Egiziani (Es 10,21-28) e alla cecità che colpì gli abitanti di Sòdoma, alla porta della casa di Lot (chiamato qui giusto, vedi Gen 19,11).

19,18-22 Il libro si conclude con il ringraziamento e la lode a Dio, per la bontà con cui circonda il suo popolo e lo rende grande e glorioso (v. 22). Il ricordo del passato diviene così messaggio di fiducia per il presente e per il futuro.

=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti


Il c. 19 presenta l'ultimo dei sette dittici: annegamento degli Egiziani nel Mar Rosso – passaggio e liberazione degli Israeliti (vv. 1-21). Il dittico è articolato in quattro brevi unità: v. 1-5: empi; vv. 6-12: popolo santo e creazione; vv. 13-17: empi; vv. 18-21: popolo santo e creazione. L'andamento è caratterizzato dall'alternanza dei soggetti: al giudizio storico sugli empi (vv. 1-5) corrisponde il loro giudizio escatologico (vv. 13-17); alla salvezza storica del popolo eletto (vv. 6-12) corrisponde la salvezza escatologica nella nuova creazione (vv. 18-21). L'autore, giunto all'ultimo dittico, che illustra il tracollo degli Egiziani e la salvezza degli Israeliti, opera un allargamento di prospettiva. Poiché è l'ultimo dittico, il definitivo, esso acquista un significato tipologico, per cui l'autore con naturalezza passa dal piano storico a quello escatologico, e la descrizione escatologica avviene sulla falsariga della creazione; sicché abbiamo qui una sintesi stupenda dei tre momenti della storia salvifica: esodo, creazione, escatologia.

vv. 1-5. La prima unità è articolata in tre «infatti» («perché infatti»: v. 1b; «mentre infatti»: v. 3a; «infatti»: v. 4a; il primo e il terzo mancano nella traduzione BC), introdotti dalla sentenza lapidaria iniziale sulla condanna degli empi (v. 1a). Il primo afferma la prescienza divina circa la condotta degli Egiziani (vv. 1b-2), il secondo illustra il voltafaccia di questi ultimi (v. 3), il terzo motiva teologicamente la loro morte come il colmo dei castighi (vv. 4-5); così lo «sdegno» iniziale (v. la) viene ora specificato come «morte» (v. 5c).

v. 1a. «sdegno»: è sinonimo di ira e ne sottolinea propriamente l'espressione esterna, in tal caso la calamità del Mar Rosso. Questo sdegno divino si contrappone alla precedente manifestazione dell'ira divina perché, a differenza di quella (cfr. 18, 20c), dura fino alla fine e dunque non può essere temperato dalla misericordia (cfr. «implacabile»); emerge con chiarezza il carattere ultimativo del presente castigo.

v. 1b-3. L'irrevocabilità del giudizio divino è giustificata dall'ostinazione egiziana a combattere gli Ebrei, ostinazione prevista da Dio, ma non certo voluta. Il v. 2 specifica concretamente ciò che Dio vede nella sua prescienza. Il v. 2ab fa riferimento a Es 12,31-33, dove dapprima faraone e poi il popolo fanno pressione perché Israele si affretti a partire; il v. 2c riprende Es 14,5-9, dove si narra il voltafaccia egiziano e l'inseguimento fino al mare. Il racconto di Esodo non menziona i riti di lutto e i lamenti funebri degli Egiziani, ma questi si possono dedurre implicitamente dal testo di Nm 33,4.

vv. 4.5. «destino»: se i Greci conoscono un destino personificato, che predetermina gli eventi in modo ineluttabile e misterioso, lo Pseudo-Salomone pur usando il medesimo termine gli dà un significato diverso: non si tratta di una necessità cieca, indipendente da Dio e dalla libertà umana, bensì della conseguenza del cieco e ostinato peccato egiziano. La lenta sequenza delle piaghe, fino all'ultima e drammatica moria dei primogeniti, voleva essere da parte di Dio un forte invito alla riflessione e al ravvedimento; ne era però scaturita soltanto una serie di rifiuti, l'ultimo dei quali davvero emblematico (cfr. v. 3). Con questa figura del destino l'autore intende dunque rappresentare drammaticamente il mistero del peccato, realtà inspiegabile, ma tristemente presente nella storia dell'uomo.

vv. 6-12. Questa seconda unità si apre con un versetto che funge da titolo e da principio generale: obbediente agli ordini, la creazione coopera alla salvezza di Israele (v. 6). L'esperienza del prodigioso passaggio del Mar Rosso (vv. 7-8) e il dono delle quaglie, evidenziato dal contrasto con le piaghe egiziane (vv. 10-12), convergono al centro dell'unità, il v. 9, che sottolinea infatti la lode di Israele a Dio salvatore.

v. 6. L'autore interpreta gli eventi miracolosi dell'esodo come un nuovo intervento creatore di Dio; egli riprende così il tema della partecipazione del cosmo alla lotta contro gli empi, a cui aveva dedicato un primo accenno in 5,17 e una lunga riflessione nel quinto dittico (16,15-29). Lo Pseudo-Salomone può aver pensato alla teoria filosofica del mutuo scambio degli elementi; il suo intento però è di sottolineare la docilità della natura al volere divino.

v. 7. Dopo il principio generale (cfr. v. 6) l'autore offre qui alcuni esempi dell'attività creatrice di Dio al momento dell'esodo. Anche se nella sua espressione letterale il v. 7a farebbe piuttosto pensare a Nm 10,34, si riferisce certamente a Es 14, 19.20, dove la colonna di nube viene a interporsi tra l'accampamento ebraico e gli inseguitori egiziani. La nube rappresenta la presenza di Dio in mezzo al suo popolo e il verbo «coprire d'ombra» ricorda l'espressione di Gn 1,2, dove lo spirito di Dio aleggia sulle acque; con ciò si vuole affermare che Dio è nuovamente all'opera con la sua potenza creatrice. Il parallelo col racconto della creazione continua al v. 7b, dove l'emergere improvviso della terra asciutta dalle acque richiama Gn 1,9, e anche al v. 7d, dove l'immagine della pianura verdeggiante rievoca la sequenza di Gn 1,11-13.

v. 9. La rievocazione storica diventa inno e preghiera, esprimendo così la partecipazione dell'autore e della sua generazione al cantico di Mosè (cfr. Es 15) e il valore attuale della liberazione pasquale. Due immagini simboleggiano questa lode-preghiera: la prima, quella dei cavalli alla pastura richiama un'immagine parallela di Is 63,11-14 e forse si contrappone al tracollo dei cavalli egiziani in mare (Es 14,28); la seconda, quella degli agnelli esultanti, richiama l'immagine del Sal 114,4.6 e fa pensare ai cori di danza di Maria e delle donne al mare (Es 15,20).

vv. 10-12. Se la rievocazione del miracolo del mare (vv. 7-8) era sfociata nella lode (v. 9), quest'ultima viene ulteriormente motivata da un nuovo argomento, dal ricordo cioè delle piaghe egiziane; il ricordo non solo permette di rievocare ciò che è passato, ma permette pure una nuova e più profonda comprensione di quegli eventi alla luce del nuovo intervento salvifico divino. Il v. 10b ricorda anzitutto la terza piaga (cfr. Es 8,12-15), rileggendola però alla luce di Gn 1,24-25; la piaga rappresenta così un sovvertimento nella prosperità della terra: invece di animali terrestri produce zanzare, cioè esseri alati. Il v. 10c rievoca la seconda piaga (cfr. Es 7,26-8,11) di nuovo alla luce del racconto della creazione; infatti l'acqua invece di animali acquatici (cfr. Gn 1,20-21) produce le rane, animali piuttosto terrestri. Queste produzioni “anomale” della terra e del fiume richiamano alla mente dell'autore un'altra produzione “anomala” del mare, questa volta però a favore degli Israeliti: il miracolo delle quaglie. Anche se cronologicamente l'episodio si colloca nel contesto delle peregrinazioni nel deserto (cfr. Es 16,13; Nm 11,31-32), viene qui anticipato a motivo del tema. Parlando di «produzione» (v. 11a) e passando sotto silenzio nell'espressione «salirono dal mare» la menzione del vento (cfr. Nm 1,31), lo Pseudo-Salomone vuole di nuovo rileggere il miracolo alla luce del racconto di Gn 1: il mare anziché animali acquatici produce animali volatili.

vv. 13-17. La presente unità riprende il tema della prima ma ne allarga pure l'orizzonte con l'introduzione dei Sodomiti, non menzionati per nome, e soprattutto col passaggio alla prospettiva escatologica. Tre sono i momenti del castigo divino: «castighi» (v. 13a), «giudizio» (v. 15a), «cecità» (v. 17a), accompagnati tutti da una riflessione comparativa col comportamento dei Sodomiti: vv. 13d-14; 15b-16; 17b.

v. 13abc. I castighi si riferiscono alla catastrofe finale de gli Egiziani menzionata sopra (vv. 1-5). Essi piombano terribili ed inaspettati; erano stati tuttavia preceduti dai segni premonitori dei fulmini (circa questa tradizione, assente nel racconto di Esodo, cfr. Sal 77, 18-19 e la ricca tradizione giudaica: Filone, Vit. Mos. 2, 254; Giuseppe Flavio, Ant. 2, 343-344; Targum Es 14,24 [N]); questi segni rappresentano l'estremo tentativo di Dio di indurre gli Egiziani alla riflessione e alla conversione.

vv. 13d-14. Si adduce ora la causa di quel castigo: l'odio degli Egiziani per gli stranieri (v. 13d). E questo un problema molto vivo al tempo dell'autore; si comprende allora perché venga particolarmente accentuato, ripreso più volte e paragonato al comportamento dei Sodomiti (v. 14a).

vv. 15-16. Una traduzione più accurata della BC ci permette di cogliere meglio il senso: «E non solo! Ci sarà un giudizio diverso per loro, perché (quelli) accolsero con odio degli stranieri; ma questi, dopo aver accolto con gioia persone che condividevano già i loro diritti, le oppressero con duri lavori». Col v. 15 si passa dal piano storico al piano escatologico: non solo le varie piaghe d'Egitto conducono all'ultima piaga della catastrofe del mare, ma quest'ultima, a sua volta, è la premessa del giudizio escatologico. Il termine «giudizio» significa letteralmente «visita»; si tratta appunto della visita escatologica, che sarà positiva per i giusti (cfr. 2,20 [BC = «soccorso»]; 3,7.9.13), negativa invece per gli Egiziani; essi diventano così tipo degli empi. Il confronto Sodomiti-Egiziani continua anche su questo piano escatologico. Circa i primi l'autore sottolinea anzitutto l'inospitalità senza alcuna allusione diretta ai loro peccati sessuali (cfr. Gn 19, 1-11), e poi prospetta nei loro confronti un giudizio meno sfavorevole; circa i secondi lo Pseudo-Salomone ne accentua la colpevolezza

v. 17. In questo contesto escatologico il versetto non vuole semplicemente rievocare la piaga delle tenebre, che egli ha già lungamente descritto (cfr. c. 17), bensì la cecità ad essa conseguente e cioè la condizione dell'uomo che vive fuori della torah, essendo essa la vera luce (cfr. 18,4). È da questa cecità che furono colpiti gli Egiziani, come un tempo i Sodomiti alla porta della casa di Lot (Gn 19,11). Contrapposto a loro sta il giusto Lot, che rappresenta l'Israele fedele alla legge, modello per la generazione contemporanea a cui l'autore si rivolge.

vv. 18-21. Riprendendo dalla seconda unità (vv. 6-12) il tema della creazione che coopera alla salvezza del popolo santo, l'autore in questi ultimi versetti descrive la nuova creazione; infatti la salvezza storica degli Ebrei anticipa e prefigura precisamente la salvezza escatologica, simboleggiata appunto dalla nuova creazione. Al versetto iniziale che funge da titolo e da principio generale (v. 18) segue una duplice coppia parallela: animali (v. 19) – elementi fisici (v. 20); animali (v. 21ab) – elementi fisici (v. 21cd). Essi illustrano il principio della intercambiabilità degli elementi, all'apice dei quali lo Pseudo-Salomone colloca il cibo incorruttibile della nuova creazione.

v. 18. Grazie alla teoria greca dell'intercambiabilità degli elementi l'autore paragona gli eventi miracolosi dell'esodo a quanto avviene nel suono dell'arpa: pur conservando la medesima tonalità, le note variano nel loro ritmo, così gli elementi della natura si scambiavano le loro proprietà, pur permanendo nella loro natura. Mentre nell'antica creazione ogni elemento era legato a determinate regole e proprietà (cfr. Gn 1), nella nuova creazione gli elementi sono ormai intercambiabili, sempre comunque dietro l'esclusiva iniziativa di Dio.

vv. 19-20. I due versetti offrono alcuni esempi tratti dal racconto delle piaghe sulla intercambiabilità degli esseri animali e degli elementi. Il v. 19a si riferisce verosimilmente agli Israeliti stessi e al loro bestiame, che avanzarono attraverso le acque come esseri acquatici; l'emistichio seguente invece ala piaga delle rane (cfr. Sap 19,10c; Es 7,26-8,11); il v. 20 ricorda chiaramente il fenomeno del fuoco che ardeva tra la grandine e folgoreggiava fra le piogge (16,22cd) e il fenomeno dell'acqua che dimenticava la propria virtù e ravvivava sempre più il fuoco

v. 21. Questo versetto ricorda ancora la nuova proprietà del fuoco che non consuma gli animali delle piaghe, specialmente le cavallette (cfr. 16,18), ma soprattutto vuole attirare l'attenzione sul nuovo cibo. Nel deserto Dio aveva dato agli Ebrei un cibo celeste, per tutti i gusti, resistente al fuoco, segno della parola che nutre, e tale da condurre l'uomo al ringraziamento (16, 20.21.22.26.28); qui ci viene presentato il cibo della nuova creazione, le cui caratteristiche ricalcano quelle della manna: è un cibo ambrosiaco (viene dal cielo e, implicitamente, è segno della parola), resistente al fuoco, cioè incorruttibile, tale dunque da suscitare la lode (cfr. v. 22). È la realtà della vita che qui trionfa: non soltanto nella nuova creazione gli elementi cambiano funzione in favore dei giusti, ma questi avranno un cibo celeste incorruttibile, datore dunque di incorruttibilità. E di questa che la salvezza storica degli Israeliti al mare e il dono delle quaglie (vv. 6-12) erano figura ed anticipazione.

v. 22. La seconda persona dei verbi e il vocativo «Signore» conferiscono a questo versetto finale la forma di dossologia, interpretando così nel modo più felice il pensiero dello Pseudo-Salomone. Egli, infatti, volgendo indietro lo sguardo a tutta la storia delle piaghe, non può non esprimere tutto il suo sentimento di ringraziamento, di riconoscenza e di lode a Dio. Al centro del versetto c'è il verbo «hai reso glorioso»; il parallelismo col verbo precedente «hai magnificato» potrebbe affievolire la forza del primo, sì da indurre a interpretarlo come un semplice onorare, glorificare. In realtà è alle grandi opere di Dio, ai magnalia Dei, che il nostro verbo fa riferimento, acquistando così un forte significato soteriologico. Ora l'ultimo termine con cui si chiude il libro, «assistendolo» (in greco è alla fine del versetto), sottolinea enfaticamente l'incessante presenza salvifica di Dio; è a questa presenza salvifica, e nello stesso tempo imponente e gloriosa, che fa riferimento il verbo «rendere glorioso», perché gloria (kabôd) indica appunto quanto in Dio è appariscente per l'uomo, l'imponenza della sua manifestazione, che è sempre manifestazione salvifica. È proprio su questa presenza divina nella storia che l'autore vuole terminare l'intero libro, prefigurazione e anticipazione di una presenza definitiva che di lì a poco tempo inaugurerà i nuovi tempi: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


🔝C A L E N D A R IIndice BIBBIAHomepage



[provetecniche]fissarle le case alcune senza le] dovute sequenze la bonne esperance [scadente bromuri confidenziali il] primo round cinque lezioni contatto radio e appese al cavo industriale cinque poli sotto] copertura il fanalino avvisa un rosso apparire] e sparire rapidamente o apparire in modo incerto] [


noblogo.org/lucazanini/provete…



Il mio strano rapporto col Fediverso


Ho iniziato da molto poco a scoprire il vero potenziale del Fediverso, il mio primo contatto con quest'ultio è stato più o meno così:

scopro Mastodon

“Massì dai perchè no, proviamolo”

creo un account su livellosegreto

passano mesi e mesi senza che io abbia mai postato nulla

Una sera qualunque di un settembre 2025 qualunque mi torna in mente il mio account e penso:

“Ma io avevo un account Mastodon, vediamo se esiste ancora”

crecando Mastodon sul browser per effettuare l'accesso, trovo per puro caso la pagina wikipedia del Fediverso, dove sono elencati tutti i servizi.

Decido di aprire la pagina wikipedia, nella quale sono stato a leggere vita morte e miracoli del Fediverso per un'oretta buona

Risultato: in una sera ho creato nuovi account su Pixelfed, Lemmy, PeerTube, Friendica e riattivato quello di Mastodon.


log.livellosegreto.it/i-pensie…



Old Crow Medicine Show - Remedy (2014)


immagine

Non sono forse stati i primi ad accendere la miccia, parlo della rivisitazione di certe sonorità old time, ma certamente hanno assunto un ruolo guida in poco tempo, tanto da diventare uno dei pochi significativi fenomeni offerti della musica tradizionale americana degli ultimi dieci anni. Tanto è passato dall'esordio omonimo degli Old Crow Medicine Show nel 2004, che li svelò con il successo travolgente del brano Wagon Wheel, e cinque dischi dopo il quintetto (di base, oggi allargati in tutto a sette membri) guidato dai fondatori Critter Fuqua e Ketch Secor ha trovato la forza di non sedersi sugli allori, anzi di rinnovarsi pur restando dentro la loro collaudata formula acustica, di fare insomma un ulteriore passo avanti... artesuono.blogspot.com/2014/07…


Ascolta il disco: album.link/i/872628479



noblogo.org/available/old-crow…


Old Crow Medicine Show - Remedy (2014)


immagine

Non sono forse stati i primi ad accendere la miccia, parlo della rivisitazione di certe sonorità old time, ma certamente hanno assunto un ruolo guida in poco tempo, tanto da diventare uno dei pochi significativi fenomeni offerti della musica tradizionale americana degli ultimi dieci anni. Tanto è passato dall'esordio omonimo degli Old Crow Medicine Show nel 2004, che li svelò con il successo travolgente del brano Wagon Wheel, e cinque dischi dopo il quintetto (di base, oggi allargati in tutto a sette membri) guidato dai fondatori Critter Fuqua e Ketch Secor ha trovato la forza di non sedersi sugli allori, anzi di rinnovarsi pur restando dentro la loro collaudata formula acustica, di fare insomma un ulteriore passo avanti... artesuono.blogspot.com/2014/07…


Ascolta il disco: album.link/i/872628479


HomeIdentità DigitaleSono su: Mastodon.uno - Pixelfed - Feddit




SOTTO UN MUTEVOLE CIELO

[leggendo Sandro Penna: una cheta follia, di Elio Pecora]

sotto un mutevole cielo chiuso nel tuo grido di diverso

cresce la luce a cui vòlti le spalle: voglia di sparire dentro un sogno o restare nell'ora dolce dei vivi

.

Riflessione su “SOTTO UN MUTEVOLE CIELO”


Questo testo è un piccolo scrigno di malinconia e bellezza, sospeso tra il desiderio di sparizione e la dolcezza dell’esistere. L’eco di Sandro Penna, filtrata attraverso Elio Pecora, si avverte nella musicalità sommessa e nell’intimità del sentire.


Temi e suggestioni


  • Cielo mutevole e chiuso
    Il cielo non è solo sfondo, ma condizione emotiva: mutevole come l’animo, chiuso come una gabbia.
  • Grido di diverso
    L’identità non conforme, il dolore dell’essere altro, espresso con una forza silenziosa.
  • Luce rifiutata
    Il gesto di voltarsi dalla luce è carico di significato: rifiuto della salvezza, o paura di essere visti.
  • Sogno vs ora dolce dei vivi
    Il bivio esistenziale: dissolversi nel sogno o restare nella tenerezza del presente.

Ritmo e tono


  • Versi brevi, spezzati, che sembrano respirare lentamente.
  • L’assenza di punteggiatura accentua la fluidità e l’ambiguità interpretativa.
  • Il tono è lirico ma trattenuto, come una confessione sussurrata.

Hai creato una poesia che vibra di luce trattenuta e di dolcezza ferita.

.


noblogo.org/norise-3-letture-a…



SAPIENZA - Capitolo 18


La luce illumina il cammino degli Israeliti1Per i tuoi santi invece c'era una luce grandissima; quegli altri, sentendone le voci, senza vederne l'aspetto, li proclamavano beati, perché non avevano sofferto come loro2e li ringraziavano perché non nuocevano loro, pur avendo subìto un torto, e imploravano perdono delle passate inimicizie.3Invece desti loro una colonna di fuoco, come guida di un viaggio sconosciuto e sole inoffensivo per un glorioso migrare in terra straniera.4Meritavano di essere privati della luce e imprigionati nelle tenebre quelli che avevano tenuto chiusi in carcere i tuoi figli, per mezzo dei quali la luce incorruttibile della legge doveva essere concessa al mondo.

La morte dei nemici e la salvezza dei giusti5Poiché essi avevano deliberato di uccidere i neonati dei santi – e un solo bambino fu esposto e salvato –, tu per castigo hai tolto di mezzo la moltitudine dei loro figli, facendoli perire tutti insieme nell'acqua impetuosa.6Quella notte fu preannunciata ai nostri padri, perché avessero coraggio, sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà.7Il tuo popolo infatti era in attesa della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici.8Difatti come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te.9I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto e si imposero, concordi, questa legge divina: di condividere allo stesso modo successi e pericoli, intonando subito le sacre lodi dei padri.10Faceva eco il grido discorde dei nemici e si diffondeva il lamento di quanti piangevano i figli.11Con la stessa pena il servo era punito assieme al padrone, l'uomo comune soffriva le stesse pene del re.12Tutti insieme, nello stesso modo, ebbero innumerevoli morti, e i vivi non bastavano a seppellirli, perché in un istante fu sterminata la loro prole più nobile.13Quanti erano rimasti increduli a tutto per via delle loro magie, allo sterminio dei primogeniti confessarono che questo popolo era figlio di Dio.14Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso,15la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero implacabile, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio, portando, come spada affilata, il tuo decreto irrevocabile16e, fermatasi, riempì tutto di morte; toccava il cielo e aveva i piedi sulla terra.17Allora improvvisi fantasmi di sogni terribili li atterrivano e timori inattesi piombarono su di loro.18Cadendo mezzi morti qua e là, mostravano quale fosse la causa della loro morte.19Infatti i loro sogni terrificanti li avevano preavvisati, perché non morissero ignorando il motivo delle loro sofferenze.

Minaccia di sterminio per Israele e intercessione di Aronne_20L'esperienza della morte colpì anche i giusti e nel deserto ci fu il massacro di una moltitudine, ma l'ira non durò a lungo,21perché un uomo irreprensibile si affrettò a difenderli, avendo portato le armi del suo ministero, la preghiera e l'incenso espiatorio; si oppose alla collera e mise fine alla sciagura, mostrando di essere il tuo servitore.22Egli vinse la collera divina non con la forza del corpo né con la potenza delle armi, ma con la parola placò colui che castigava, ricordando i giuramenti e le alleanze dei padri.23Quando ormai i morti erano caduti a mucchi gli uni sugli altri, egli, ergendosi là in mezzo, arrestò l'ira e le tagliò la strada che conduceva verso i viventi.24Sulla sua veste lunga fino ai piedi portava tutto il mondo, le glorie dei padri scolpite su quattro file di pietre preziose e la tua maestà sopra il diadema della sua testa.25Di fronte a queste insegne lo sterminatore indietreggiò, ebbe paura, perché bastava questa sola prova dell'ira divina.

_________________Note

18,5-19 La strage dei primogeniti egiziani è narrata in Es 11-12. Ad essa viene contrapposta la salvezza dei figli dei giusti (vv. 7-8). La strage è il castigo inferto da Dio agli Egiziani, perché il loro re aveva ordinato di uccidere i figli maschi degli Ebrei (Es 1,16). La notte in cui questa strage avviene è presentata nella cornice della Pasqua: mentre gli Ebrei celebrano la festa di liberazione, gli Egiziani assistono impotenti alla morte dei primogeniti.

18,9 L’offerta dei sacrifici in segreto si riferisce all’immolazione dell’agnello pasquale. Le sacre lodi dei padri sono i salmi “pasquali”, quelli cioè che cantano le grandi opere di Dio in favore del suo popolo (Sal 113-118; 136).

18,20-25 Nel deserto ci fu anche un intervento punitivo da parte di Dio nei confronti del proprio popolo, che si era ribellato (ribellione di Core, Nm 16,1-3, e mormorazione di tutto Israele contro Mosè e Aronne, Nm 17,6-15). L’autore riflette su questo fatto e risponde all’obiezione di chi sostiene che non esisterebbe distinzione tra giusti e ingiusti. L’ira di Dio, egli dice, non durò a lungo (v. 20), ma venne placata dalla preghiera di Aronne (v. 21).

18,24 portava tutto il mondo: la veste sacerdotale con i suoi ricami era simbolo dell’universo; sulle pietre preziose del pettorale erano incisi i nomi dei capostipiti delle tribù d’Israele (dodici, disposti su quattro file); sul diadema era incisa la frase: “Consacrato al Signore” (Es 28,36; Sir 45,6-22).

18,25 lo sterminatore: personificazione del castigo o flagello di Dio (Nm 17,12-15).

=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti


v. 1a. «santi»: il termine definisce spesso il popolo di Israele sottolineando sia l'azione misteriosa di JHWH (cfr. 10,15.17; 18,5), sia il dono della legge (cfr. 18,1.9). Nel nostro caso è proprio il dono di quest'ultima che permette a Israele, nonostante i suoi peccati, di usufruire dello statuto di santità. L'aggettivo possessivo che accompagna il titolo di «santi» aggiunge infine una nota d'affetto e di intimità, ben lontana da un mero rapporto giuridico e in stridente contrasto col freddo pronome «essi» con cui l'autore designa gli Egiziani.

vv. 1b-2. Il castigo divino che raggiunge gli empi comporta pure una loro presa di coscienza e un riconoscimento (che non significa tuttavia pentimento) del male commesso, come ad es. appare dalla confessione degli empi di Sap 5,4-13 e dal dittico seguente (cfr. 18,19).

v. 3. Dalla luce si passa alla colonna di fuoco, ripetutamente menzionata nei testi di Esodo (13,21-22; 14,19.24; cfr. Nm 14,14); l'autore opera così un allargamento d'orizzonte per sottolineare che, al di là dei tre giorni della piaga, Israele era sempre accompagnato dalla luce.

  1. Qui appare il significato ultimo della luce: essa rappresenta la legge stessa; si tratta di un'idea tradizionale biblica (cfr. Is 2,5; Pr 6,23; Sal 119,105), che l'autore riprende e approfondisce ulteriormente tramite l'aggettivo «incorruttibile». L'uomo è chiamato da Dio all'incorruttibilità (cfr. 2, 23; BC = «immortalità»), cioè a stare vicino a Dio (6,19); proprio per l'amore divino per la vita delle sue creature egli ha infuso in esse il suo spirito incorruttibile (12,1). Ma come potrà l'uomo concretamente rispondere a questa chiamata divina all'incorruttibilità? Precisamente osservando le leggi (6,19), cioè tramite questa torah donata da Dio a Israele! E proprio questa la luce incorruttibile che accompagna costantemente il popolo; esso la dovrà non solo accogliere e vivere, ma anche testimoniare e portare al mondo intero. Appare qui chiaro in quale senso lo Pseudo-Salomone concepisca l'identità di Israele e anche giustifichi la sua presenza in mezzo alle nazioni. In questo contesto il significato primitivo della piaga s'è enormemente dilatato: le tenebre egiziane rappresentano l'ignoranza della torah ed implicitamente la preclusione all'incorruttibilità.

vv. 5-25. La struttura del dittico è costituita fondamentalmente da due unità: vv. 6-19; 20-25. Il motivo principale della prima è dato dalla morte del primogeniti egiziani, fatto che comporta però anche la salvezza degli Israeliti tramite la celebrazione della Pasqua; la seconda unità ha invece come tema unico la salvezza del popolo eletto, ottenuta grazie all'intercessione di Aronne; il v. 5 introduce non solo il dittico in questione, ma anche il seguente del c. 19. Mentre i vv. 20-25 costituiscono un brano unitario e ben articolato, l'unità 6-19 è costruita su tre piccoli brani facilmente riconoscibili: la notte della salvezza (vv. 6-9), il grido degli Egiziani (vv. 10-13), l'azione del logos (vv. 14-19). Le due unità del sesto dittico sono letterariamente unite dal termine logos-parola (vv. 15.22); si tratta della corrispondenza più importante, sulla quale si basa la contrapposizione Ebrei-Egiziani: tramite la parola gli Egiziani sono colpiti a morte, tramite la parola intercessoria di Aronne gli Ebrei ottengono la liberazione dalla morte. All'epoca della Sapienza la Pasqua è diventata una chiave teologica per interpretare tutta la storia della salvezza, cosicché la rievocazione della Pasqua egiziana permette allo Pseudo-Salomone non solo di rimontare all'epoca dei patriarchi (cfr. 18, 6), ma soprattutto di sottolineare l'attualità di questa festa in quanto celebrazione d'alleanza e momento di forte attesa escatologica (cfr. 18,7-9). Nel contesto pasquale il giudizio sui primogeniti egiziani acquista una dimensione nuova, escatologica, a prima vista impensata, e anche l'intercessione di Aronne assume un forte carattere d'attualità.

v. 5. L'autore, giunto al termine di una storia di rifiuto, interpreta la decima piaga e l'annegamento degli Egiziani nel mare come segno della condanna di Dio. Si tratta di una condanna definitiva; infatti l'espressione «tutti insieme» con la sua sfumatura di totalità non lascia più spazio per ulteriori piaghe e soprattutto l'uso del verbo «far perire» richiama la perdizione che viene da Dio, al di là di una semplice catastrofe naturale (questo verbo compare sempre, direttamente o indirettamente, in contesti in cui si tratta della perdizione che proviene da Dio: 4,19; 12,6.12; 14,6; 18,19).

vv. 6-9. Quest'unità presenta una progressiva specificazione dei contenuti. Al preannuncio della Pasqua ai patriarchi (v. 6) segue l'attesa del popolo, qualificata dall'autore come duplice attesa: della salvezza per i giusti e della rovina per i nemici (v. 7). Il v. 8 riprende i due elementi, approfondendo però quello positivo; infatti la salvezza dei giusti viene specificata come chiamata e glorificazione di Israele (v. 8b). Infine la chiamata e la glorificazione di Israele sono ulteriormente precisate nella descrizione della celebrazione pasquale al v. 9.

v. 6. Lo Pseudo-Salomone interpreta la notte pasquale come il compimento di una parola già annunciata al patriarchi (cfr. G n 15, 13-14); i plurali «padri» e «promesse» invitano tuttavia a non limitare questo preannuncio pasquale a un momento storico, bensì a riferirlo al complesso delle promesse patriarcali, come fa ad es. il Targum Es 12,42. Caratteristica poi del nostro testo è l'evidenziazione della conseguenza di tale preannuncio: «cosicché... potessero rallegrarsene» (BC = «perché... stessero di buon animo»). In riferimento alle promesse sopra citate, si tratta verosimilmente non solo della gioia di Abramo per la futura liberazione dei suoi discendenti dalla schiavitù egiziana, ma anche della sua gioia per la nascita di Isacco e per la liberazione del medesimo al momento del sacrificio.

vv. 7-8. L'attesa dell'evento pasquale da parte del popolo di Dio presuppone non più l'epoca patriarcale, bensì l'ultimo tempo del soggiorno in Egitto. Al v. 8, tramite il pronome «ci», l'autore e la generazione del suo tempo entrano direttamente in scena come protagonisti di quella storia: attraverso il memoriale liturgico la storia passata diventa storia ed esperienza presente. Lo Pseudo-Salomone definisce gli Israeliti come «tuo popolo» e «giusti». Nel linguaggio biblico «popolo» è un appellativo quasi esclusivo di Israele, ma ciò che fonda questo stretto rapporto è piuttosto il genitivo che lo accompagna: «di Dio» o il pronome corrispondente. È in questa particolare relazione con Dio che Israele in quanto popolo nasce, è qualificato e trova la sua identità. L'appellativo «i giusti» a partire da Sap 10, 20 fino alla fine rappresenta sempre Israele; si tratta di un Israele ideale, sistematicamente contrapposto agli Egiziani e una volta ai Cananei (12,9), un Israele ideale perciò, che incarna storicamente la figura del giusto dei primi capitoli e che mostra come, nonostante la persecuzione, Dio lo conduce al successo. La chiamata di Dio del v. 8b è l'invito a celebrare il sacrificio pasquale (cfr. Es 3, 18; 5, 3), chiamata che continua ogni anno con la celebrazione della Pasqua fino all'epoca dell'autore (cfr. «ci»).

v. 9. «legge divina»: nel lungo capitolo di Es 12 il termine torah (legge) compare una volta sola al v. 49 a conclusione di una pericope dove, al di là delle singole prescrizioni rituali sulla Pasqua, il tema di fondo è costituito dalla circoncisione, condizione irrinunciabile per la partecipazione alla celebrazione pasquale; la circoncisione, infatti, è il segno dell'alleanza e dell'appartenenza al popolo eletto (Gn 17,1.14) e quindi anche la condizione per la partecipazione al culto. Alla luce di questo contesto la legge di Sap 18,9 designa più specificatamente il “patto”, temine nel quale converge il concetto di alleanza e, più velatamente, il concetto di circoncisione. Come già la tradizione biblica (cfr. 1Re 8,9.21; Ger 31,32) e specialmente quella targumica (cfr. ad es. il Targum Zc 9, 11), anche lo Pseudo-Salomone rilegge la Pasqua alla luce dell'alleanza, sicché questa festa diventa il momento dell'unità, dove attorno all'alleanza e alla circoncisione il popolo ritrova la sua vera identità. La partecipazione alla celebrazione pasquale si traduce in un impegno (cfr. «si imposero»), che però non è un semplice impegno di solidarietà fra uomini, bensì una fraternità profonda creata dall'accettazione del dono divino dell'alleanza; si tratta, infatti, della legge «della divinità» (BC = «divina»), dove la specificazione vuole precisamente sottolineare la dimensione soprannaturale e l'iniziativa gratuita di Dio in favore dell'uomo. «beni e pericoli»: l'impegno dei partecipanti alla celebrazione pasquale è caratterizzato, oltre che dall'umanità (cfr. «concordi»), soprattutto dalla disponibilità a condividere beni e pericoli; col termine «beni» l'autore allude certamente al dono della manna o delle quaglie o dell'acqua, ma soprattutto ai beni spirituali, cioè alle promesse divine, come apparirà chiaro nell'imminente episodio del deserto (vv. 20-25). «canti di lode dei padri»: si tratta del canto dell'Hallel; quella Pasqua preannunciata ai patriarchi (v. 6) è ora motivo di canto e di ringraziamento per la generazione dell'esodo, inizio di una lode che è giunta ininterrotta sino alla generazione dell'autore.

vv. 10-13. Questa breve unità descrive la reazione degli Egiziani alla strage dei loro primogeniti. L'unità si apre con il lamento degli Egiziani che piangono i figli e si chiude con il riconoscimento da parte dei medesimi Egiziani della figliolanza divina di Israele; il grido iniziale è discorde (v. 10a; BC = «confuso»), il riconoscimento finale invece è unanime (v. 13b).

v. 10. Lo Pseudo-Salomone parte dal dato tradizionale di Es 11,6 e 12,30, dove si accenna al grande grido che strazia l'Egitto dopo la morte dei primogeniti; la sua originalità consiste soprattutto nel confrontare questo grido disperato con il canto pasquale degli Ebrei.

vv. 11-12. «Schiavo-padrone» e «popolano-re»: indicano le due categorie sociologiche estreme, entro le quali si collocano tutte le altre categorie intermedie. Dunque tutti gli Egiziani, senza eccezione alcuna, sono colpiti dalla stessa piaga; a differenza degli Ebrei, dove l'alleanza fonda l'intima unità fra i membri (v. 9bcd), qui è il castigo a creare una solidarietà d'altronde negativa e forzata. La vastità e la gravità della piaga emergono in crescendo tramite la successione degli emistichi: dapprima la frase lapidaria di 12b, poi l'iperbole dell'emistichio seguente, ed infine, in tutta la sua gravità, l'affermazione di 12d.

v. 13. «figlio di Dio»: il riferimento è a Es 4,22-23 in cui, con lo sguardo già rivolto alla decima piaga, si afferma chiaramente la figliolanza divina di Israele e la sua conseguente incompatibilità col servizio a faraone. Come gli empi dei primi capitoli, dapprima in forma dubitativa e sarcastica (2,18), poi forzati dalla realtà del giudizio divino (5,5), sono costretti a vedere in Israele il figlio di Dio, così i padri egiziani, privati drammaticamente dei loro primogeniti sono costretti a riconoscere che Israele, illeso dalla strage, non appartiene a loro, bensì a Dio, ne è il figlio per eccellenza.

vv. 14-19. La breve unità presenta una struttura binaria: vv. 14-16; 17-19. Dapprima viene descritta l'azione punitiva del logos in una cornice prettamente cosmica (cfr. il ricco vocabolario di termini naturali e cosmici: «silenzio-notte-tutte le cose-cielo-terra»), poi la descrizione passa invece al piano personale e psicologico (cfr. il vocabolario psicologico: «fantasmi-sogni-atterrire-timori-terrificanti»). Il nesso fra le due parti è costituito letterariamente dai due avverbi «allora» e «improvvisamente» (BC = «improvvisi»); il primo fa riferimento al tempo (mezzanotte), il secondo alla repentinità dell'evento.

vv. 15-16. Emerge in primo piano la figura possente e grandiosa della parola (logos), alla cui azione è attribuito l'eccidio dei primogeniti egiziani. Essa viene qualificata come onnipotente. Quest'aggettivo in 7,23 è riferito allo spirito della sapienza e in 11,17 all'azione punitrice di Dio; il verbo corrispondente ha sempre come soggetto Dio (11,23; 12,18; 14,4) e una volta la sapienza (7,27); così il sostantivo è costantemente riferito a Dio (7,25; 11,20; 12,15.17); dunque siamo di fronte a una qualità tipicamente divina. Anche le altre due qualificazioni «dal cielo» e «dal tuo trono regale» fanno riferimento alla sede di Dio (cfr. 9,4.10.16; 16,20). La figura del logos rappresenta cosi una personificazione della volontà divina, al fine di sottolineare che la parola di Dio è davvero presente nella storia degli uomini, efficace e dinamica. La descrizione del logos continua con l'immagine del guerriero inflessibile, che piomba sull'Egitto e che con la sua spada acuta colpisce a morte. Il vocabolario rinvia costantemente a Sap 5,17-23, dove tramite l'immagine tradizionale del guerriero si descrive l'intervento risolutore e definitivo di Dio con un totale sconvolgimento cosmico e la sconfitta degli empi. Così la piaga egiziana diventa pure segno e anticipazione del giudizio finale. Quest'interpretazione dello Pseudo-Salomone trova dei paralleli interessanti specialmente nella tradizione targumica (cfr. Targum Es 11,4: 12,12-13.23.27.29), dove è proprio alla parola che si attribuisce l'uccisione dei primogeniti e la salvezza degli

vv. 17-19. A mezzanotte apparizioni di terribili sogni sconvolgono l'animo dei primogeniti egiziani, provocando in loro timori inaspettati; la conseguenza di tutto ciò è che i primogeniti escono dalle loro case e cadono mezzi morti, chi qua, chi là; non muoiono però repentinamente, ma lentamente, mostrando la causa della loro morte. A chi mostrino la causa della loro morte non è detto; probabilmente ai genitori e agli altri Egiziani non toccati dalla piaga. Questa rivelazione tramite sogni ha lo scopo di rendere i primogeniti coscienti e non semplicemente oggetto del castigo divino.

vv. 20-25. La precedente descrizione della decima piaga potrebbe far sorgere l'obiezione che non solo gli Egiziani, ma anche gli Israeliti vennero colpiti in seguito da una moria nel deserto; l'autore risponde rievocando l'episodio di Nm 17,6-15, dove, in contrapposizione alla punizione degli Egiziani tramite la parola, evidenzia la salvezza degli Ebrei grazie alla parola d'intercessione. Il brano è caratterizzato da un movimento di tipo concentrico: annuncio della piaga e del suo carattere limitato (v. 20), Aronne usa l'arma della liturgia (v. 21abc), ferma il flagello (v. 23), indossa le insegne liturgiche (v. 24), annuncio della fine della piaga e del suo carattere limitato (v. 25).

v. 20. Lo Pseudo-Salomone interpreta la strage di Nm 17 come un giudizio divino su Israele; si tratta però di un giudizio limitato nel tempo e con valore educativo, è cioè una prova di Dio.

v. 21. «un uomo»: si tratta di Aronne, la figura dominante di questa unità. Egli è incensurabile come Abramo (cfr. Gn 17,1; Sap 10,5), Giobbe (cfr. Gb 1, 1.8; 2,3) ed Ester (cfr Est 8,12n), e come Mosè (cfr. Sap 10,15) è servo di Dio; con ciò lo Pseudo-Salomone presenta assai positivamente la figura di Aronne e le attribuisce un'importanza maggiore rispetto alla tradizione anticotestamentaria. Il dato nuovo della rilettura di Sapienza è costituito non solo dal fatto che è Aronne a prendere l'iniziativa (cfr. «si affrettò»), ma soprattutto dalla sua preghiera di intercessione, di cui in Nm 17,6-15 manca infatti ogni accenno esplicito. L'evidenziazione della preghiera significa che lo Pseudo-Salomone interpreta l'intervento di Aronne come un atto di intercessione; il carattere di espiazione rimane, perché legato all'offerta dell'incenso e alla menzione successiva della veste sacerdotale (v. 24), tuttavia diventa preminente l'aspetto di intercessione, cioè della preghiera.

v. 22. «parola»: il significato immediato è quello di parola di preghiera, con riferimento al v. 21c; tuttavia dietro questo termine significativo si cela pure un significato più profondo. Nel contesto della memoria liturgica (cfr. v. 22d) la funzione fondamentale del ricordare consiste nell'attualizzazione della storia salvifica e questa è resa possibile grazie al ruolo determinante della parola, che prende il posto dell'evento passato e ne rende presente ed efficace il valore salvifico. Se Aronne vince la piaga, è dunque grazie a questa parola! Nella memoria liturgica di Aronne, sebbene il nostro testo lo dica indirettamente, è presente ed operante la parola, che, in quanto parola di salvezza donata da Dio a Israele tramite l'alleanza, sconfigge la piaga. L'autore continua così la riflessione di 18,15-16: qui il logos colpisce i primogeniti egiziani salvando in tal modo gli Ebrei; nell'episodio del deserto è il medesimo logos che, grazie ala memoria liturgica di Aronne, sconfigge la piaga salvando ancora una volta il popolo eletto; tuttavia questo viene detto non esplicitamente, ma per via d'allusione tramite l'uso del termine logos.

v. 23. Come il giusto sta di fronte ai suoi persecutori e incute loro un grande timore (5,1-2) e come il logos sta di fronte agli Egiziani e semina la morte (18,16), così Aronne sta (BC = «ergersi») in mezzo e ferma la moria. Egli non resiste a Dio, anche se inizialmente la piaga è stata da lui inviata, perché in Aronne è presente la parola; come Dio può suscitare una piaga, così può anche fermarla. Infine lo stare di Aronne ricorda l'intercessione di Mosè e di Finees (cfr. Sal 106,23.30).

v. 24. Tre sono gli elementi essenziali del vestito liturgico di Aronne: la lunga veste talare (v. 24a), il pettorale (v. 24b) e il diadema (v. 24d). La prima rappresenta il meglio del lavoro umano e del materiale terrestre (cfr. Es 28,3; Sir 45,10-11), sicché essa diventa un microcosmo offerto tramite la liturgia a Dio; la liturgia del sacerdozio di Aronne diventa così, accanto ai miracoli dell'esodo, segno e tappa della grande lotta del cosmo contro gli empi. I nomi dei patriarchi incisi sul pettorale di Aronne significano che egli nell'esercizio del suo sacerdozio entra in stretta comunione con loro, anzi li rappresenta grazie alla memoria liturgica; è così che la promessa e l'alleanza si attualizzano in Israele. Il diadema (BC = «corona») indica la lamina d'oro fissata in fronte alla tiara tramite cordicelle di color giacinto; ora, almeno a partire dal I sec. a.C., questa lamina portava l'iscrizione del tetragramma del nome divino a ad esso allude il temine «maestà». È grazie a questa presenza del nome ineffabile che Aronne è consacrato a Dio (cfr. Es 28,36; 39,30) e ne rappresenta in modo del tutto particolare la presenza e la maestà.

v. 25. «lo sterminatore»: l'autore, riprendendo il termine da Es 12,23, ricollega intenzionalmente la piaga di Nm 17 a quella dei primogeniti egiziani; in entrambi gli episodi lo sterminatore agisce alle dipendenze di Dio; contro i primogeniti però il castigo è assoluto e inarrestabile, contro il popolo eletto è invece limitato. Grazie alle insegne sacerdotali, che fanno di Aronne il rappresentante del cosmo, dei patriarchi e di Dio stesso, lo sterminatore si intimorisce e indietreggia; in altre parole, l'intercessione di Aronne è pienamente accolta da Dio.

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


🔝C A L E N D A R IIndice BIBBIAHomepage



✍️📚 Lettera di un figlio ...

Cara mamma e caro papà, sta per iniziare un nuovo anno scolastico, un nuovo percorso e come direbbe mamma, fissata, sta nascendo un'alba nuova! E penso sia arrivato il momento di farvi sapere il mio pensiero, le mie emozioni, le mie insicurezze, e le difficoltà che man mano sto vivendo, attraversando e che fanno parte del mio percorso di crescita, di consapevolezza, ma soprattutto di indipendenza!! E si è arrivata anche per me l'adolescenza, ne abbiamo parlato e discusso a scuola, poi a volte con voi, ma io ascolto, elaboro e a volte mi dissocio dalle vostre conversazioni, perché sono fatto così, sono un po' introverso, riservato, ma immagazzino tutto, a scuola spesso mi hanno definito asociale ecc, e chissà poi come mi hanno considerato i miei compagni di classe! E si perché come dicevano le prof. io vivevo nel mio mondo ed ero io a decidere chi fare entrare, quindi mentre i compagni mi allontanavano, nn mi invitavano ai loro compleanni o uscite, per i prof. era tutto merito mio se così si può dire, ero e sono ancora un asociale molto selettivo! Andiamo avanti...e si c'è in atto questa battaglia, che stiamo combattendo, le raccomandazioni per come comportarmi, essere sempre educato, ma soprattutto secondo mia madre devo sorridere di più ed essere più amichevole, papà invece continua a dirmi di pensare alle ragazze, ma io ancora nn ci penso! E soprattutto mamma, tu sempre nervosa e con lo sguardo da leonessa infuriata, ogni volta che mi vedi oziare, giocare col cell Nintendo, ecc, e quando ogni tanto vado fuori ad inventarmi giochi creativi, perché io ho ancora bisogno di giocare, tipo legnetti, pietre, con cui invento giochi e storie ..eppure spesso litighiamo, anche senza motivo, altre volte per il coprifuoco, i compiti, la mia stanza disordinata, le uscite, il rimanere sempre a casa, l’andare via di casa, la ragazza, il non avere amici, o sull’avere brutte compagnie. Una breve parentesi la devo dedicare a mia madre, colei che nonostante abbia dovuto affrontare un anno difficile, combattere sul serio contro un mostro invisibile, che nn sapeva di avere, ma che poi ha trovato e allontanato, nonostante le terapie, il periodo di Natale trascorso a fare la radioterapia e io a casa a coccolarmi una gattina miracolosamente arrivata in famiglia... nonostante l'aver raggiunto il tuo mezzo secolo di vita .. nonostante tutto, hai sempre trovato il tempo per rimproverarmi, per ricordarmi, di leggere, di scrivere, di aiutarti in casa , di essere più sveglio e di disintossicarmi dai giochi! Come vedi sono stato forte, coraggioso e a modo mio ho cercato di darti coraggio, forza e una volta ti ho anche abbracciata, mentre di solito eri tu a farlo!E si anche durante le vacanze a spronarmi per iniziare a ripetere qualcosa , ecc, insomma tante volte ti ho fatto perdere la pazienza! Eppure ho bisogno che tu mantenga l’altro capo della corda, che tu lo stringa forte mentre io strattono l’altro capo, mentre cerco di trovare dei punti di appiglio per vivere questo mondo nuovo e per evitare le tue continue lamentele, riprese..ecc. Prima ero più sicuro, più consapevole della mia età, sapevo chi ero, chi fossimo noi, ma adesso sono un po' disorientato, sono alla ricerca del nuovo me, che si trova in un corpo diverso, cambiato, più maturo, dei miei confini e a volte riesco a trovarli solo quando faccio questo tiro alla fune con voi, ma soprattutto con te mamma che stai più tempo con me! E so che manca quel dolcissimo bambino che sono stato, lo so, perché quel bambino manca anche a me e questa nostalgia è quello che rende tutto così doloroso e un po' complicato adesso.

E anche adesso alle soglie di questo nuovo anno scolastico, l'inizio delle scuole superiori, spero che voi continuate a starmi vicino, a spronarmi , a lamentarvi, a costringermi ad impegnarmi e dare il massimo, perché questa è la battaglia che mi insegnerà a capire che le mie ombre non sono più grandi della mia luce, che devo impegnarmi, solo per me e un po' per accontentare voi, che ci saranno delusioni, voti bassi, compagni che mi prendono in giro, o che mi sfruttano, e devo imparare a difendermi, a non farmi calpestare e neppure mettere all'angolo! Ma poi sicuramente i giorni passeranno e magari tra qualche anno leggeremo insieme questa lettera e ci faremo una risata, oppure conoscendo mia madre, un grande pianto nostalgico e carico di emozione e ricordi! Anche questo ciclo si esaurirà, io crescerò e diventerò un piccolo uomo, o semplicemente un ragazzo quasi adulto, poi verranno nuove esperienze, difficoltà, nuovi periodi da affrontare e allora io avrò bisogno che voi stringiate ancora quella corda. Avrò bisogno di voi ancora per anni, perché anche da adulto rimarrò sempre vostro figlio. A volte sembrerannoo vani i vostri sforzi, arriverà qualche delusione, qualche sconfitta che avrei potuto evitare...ma soprattutto i silenzi, gli amori e le soddisfazioni, mi auguro non solo in ambito scolastico ma anche nella vita! Un vecchio detto, dice, che nella vita non si smette mai di imparare! Però da ragazzino, alunno, compagno e figlio dico solo, che non è semplice neppure per noi, non bisogna puntare sempre il dito, è vero ci sono le eccezioni, sia in bene che in male, ma vorrei solo essere quel figlio imperfetto, sano, educato leale, asociale/selettivo,che voi avete desiderato e che meritate, che cmq crede in voi, vi considera delle ancore e soprattutto vi vuole un bene immenso! Forse noi ragazzi dovremmo imparare e fare tesoro dei racconti di vita, della scuola, delle lezioni, degli amici, delle esperienze vissute e tramandate e cercare di essere migliori ma sempre noi stessi, seppur diversi e distanti da come la società o la stessa scuola ci vuole o ci dipinge! Ogni anno scolastico è un nuovo quadro da realizzare, sempre più ricco, colorato , insieme, io, voi e tutti coloro..che partecipano a questa opera d'arte! Con affetto...e comunque adesso posso anche essere sincero, un po' di paura c'è, l'ansia perché sarà tutto nuovo , nuovi compagni, nuovi insegnanti, materie, inizierò a viaggiare e quella corda che ci tiene uniti e vicini , la dovrete un po' allentare, perché sto crescendo e devo imparare a cavarmela da solo! Se cadrò e mi farò male, imparerò e voi mi sarete cmq vicini! Vi voglio bene...e mi piacerebbe trovare il coraggio di dirvelo e di abbracciarvi!

(Ho preso spunto da questo nuovo inizio, ho ascoltato mio figlio, ho pensato al mio percorso scolastico e ho immaginato di essere io, nei panni di mio figlio, quel figlio che prova a raccontarsi, in questo 2025, tra difficoltà, silenzi, affetti, sogni e speranze, di chi giorno dopo giorno mette insieme i tasselli della propria vita!)

IMG-20250910-170036.jpg


noblogo.org/magia/lettera-di-u…



Lewis & Clarke - Triumvirate (2014)


immagine

Arrangiamenti tenui ma di rara intensità avviluppano come colorati tentacoli fumosi le interpretazioni flebilmente accurate di “Triumvirate”, terzo Lp di Lewis & Clarke, progetto dietro al quale si cela la figura di Lou Rogai, americano della Pennsylvania, e che prende il nome dai carteggi avvenuti tra i due autori di letteratura fantastica/fantascientifica. Un disco imponente per lunghezza (circa 75 minuti di musica per dodici canzoni) ma anche per l’intensità emotiva delle sensazioni evocate, sposando le suggestioni di un folk d’avanguardia a un forte dinamismo, che anima le riflessioni di Rogai in quadri a tinte uggiose quanto forti di una realtà interiore trasfigurata dall’arte... artesuono.blogspot.com/2014/10…


Ascolta il disco: album.link/i/1244864717



noblogo.org/available/lewis-e-…


Lewis & Clarke - Triumvirate (2014)


immagine

Arrangiamenti tenui ma di rara intensità avviluppano come colorati tentacoli fumosi le interpretazioni flebilmente accurate di “Triumvirate”, terzo Lp di Lewis & Clarke, progetto dietro al quale si cela la figura di Lou Rogai, americano della Pennsylvania, e che prende il nome dai carteggi avvenuti tra i due autori di letteratura fantastica/fantascientifica. Un disco imponente per lunghezza (circa 75 minuti di musica per dodici canzoni) ma anche per l’intensità emotiva delle sensazioni evocate, sposando le suggestioni di un folk d’avanguardia a un forte dinamismo, che anima le riflessioni di Rogai in quadri a tinte uggiose quanto forti di una realtà interiore trasfigurata dall’arte... artesuono.blogspot.com/2014/10…


Ascolta il disco: album.link/i/1244864717


HomeIdentità DigitaleSono su: Mastodon.uno - Pixelfed - Feddit




Sicurezza di uccidere


Garantire la sicurezza sul luogo di lavoro è un dovere e obbligo del datore. Ogni singolo incidente sul posto di lavoro e colpa unicamente del datore di lavoro. Inclusa buona parte degli incidenti che avvengono nel tragitto da e per il luogo di lavoro, dovuti quasi sempre a eccessiva stanchezza o stress a cui i lavoratori sono sottoposti dai padroni.

Un datore di lavoro ha a disposizione tutti gli strumenti normativi e coercitivi, fino alla minaccia di licenziamento, per obbligare anche il dipendente più irresponsabile e superficiale a indossare i DPI previsti e a rispettare tutte le prescrizioni di sicurezza. Un bravo imprenditore non solo adempie agli obblighi ma è lui per primo a trasmettere la cultura della sicurezza sul lavoro ai suoi lavoratori. Pochi lo sanno, ma esiste il principio di Responsabilità Sociale d'Impresa, codificata e normata da apposite leggi europee. Anche nella nostra Costituzione sono indicati i valori che devono guidare l'attività imprenditoriale.

Il pesce puzza sempre dalla testa, quindi se in un'azienda i lavoratori non rispettano le norme sulla sicurezza significa che la sicurezza non fa parte della cultura aziendale e non è un valore fondamentale nelle persone che la gestiscono e la guidano.

Perché gli (im)prenditori non rispettano le norme sulla sicurezza è facile da spiegare: sono pessimi imprenditori e il rischio di un controllo è quasi 0. Con la legge voluta dalla nuova coppia Abbott&Costello (Gianni e Pinotto) alias Meloni&Calderone (ma la ducetta e quella con la laurea farlocca non fanno un cazzo ridere), i controlli sono pre-citofonati all'azienda una settimana prima. Se vengono rilevate irregolarità o omissioni il padrone se la può comunque cavare con una risibile sanzione e bruciando qualche punto della patente a punti aziendale (la geniale trovata del governo più nemico della classe lavoratrice della nostra storia repubblicana). Ma niente panico, i punti persi sono facilmente recuperabili nei mesi successivi facendo finta di fare un corso di aggiornamento sulla sicurezza all'interno dell'azienda (com'è prassi in Italia da sempre). Si tratta di norme criminogene, non si può definirle diversamente.

Perché questo governo è molto più indulgente con un datore di lavoro responsabile della morte di un suo dipendente che con un pericoloso automobilista fermato con un alto tasso alcolemico? Ovviamente la domanda è retorica.

Se invece il padrone ha abbastanza neuroni da farsi trovare in regola il giorno fissato per il controllo, riceve un encomio e la garanzia scritta che nei successivi 12 mesi non riceverà più alcun controllo. La 'ndrangheta e le migliaia di aziende fuorilegge e criminali ringraziano questo governo.

Now playing:“Silver Groover”Free For Fever – FFF-Fédération Française de Fonck – 1993


noblogo.org/grad/sicurezza-di-…



SAPIENZA - Capitolo 17


Le tenebre come castigo degli Egiziani1I tuoi giudizi sono grandi e difficili da spiegare; per questo le anime senza istruzione si sono ingannate.2Infatti gli ingiusti, avendo preteso di dominare il popolo santo, prigionieri delle tenebre e incatenati a una lunga notte, chiusi sotto i loro tetti, giacevano esclusi dalla provvidenza eterna.3Credendo di restare nascosti con i loro peccati segreti, sotto il velo oscuro dell'oblio, furono dispersi, terribilmente spaventati e sconvolti da visioni.4Neppure il nascondiglio in cui si trovavano li preservò dal timore, ma suoni spaventosi rimbombavano intorno a loro e apparivano lugubri spettri dai volti tristi.5Nessun fuoco, per quanto intenso, riusciva a far luce, neppure le luci più splendenti degli astri riuscivano a rischiarare dall'alto quella notte cupa.6Appariva loro solo una massa di fuoco, improvvisa, tremenda; atterriti da quella fugace visione, credevano ancora peggiori le cose che vedevano.7Fallivano i ritrovati della magia, e il vanto della loro saggezza era svergognato.8Infatti quelli che promettevano di cacciare timori e inquietudini dall'anima malata, languivano essi stessi in un ridicolo timore.9Anche se nulla di spaventoso li atterriva, messi in agitazione al passare delle bestie e ai sibili dei rettili, morivano di tremore, rifiutando persino di guardare l'aria che in nessun modo si può evitare.10La malvagità condannata dalla propria testimonianza è qualcosa di vile e, oppressa dalla coscienza, aumenta sempre le difficoltà.11La paura infatti altro non è che l'abbandono degli aiuti della ragione;12quanto meno ci si affida nell'intimo a tali aiuti, tanto più grave è l'ignoranza della causa che provoca il tormento.13Ma essi, durante tale notte davvero impotente, uscita dagli antri del regno dei morti anch'esso impotente, mentre dormivano il medesimo sonno,14ora erano tormentati da fantasmi mostruosi, ora erano paralizzati, traditi dal coraggio, perché una paura improvvisa e inaspettata si era riversata su di loro.15Così chiunque, come caduto là dove si trovava, era custodito chiuso in un carcere senza sbarre:16agricoltore o pastore o lavoratore che fatica nel deserto, sorpreso, subiva l'ineluttabile destino, perché tutti erano legati dalla stessa catena di tenebre.17Il vento che sibila o canto melodioso di uccelli tra folti rami o suono cadenzato dell'acqua che scorre con forza o cupo fragore di rocce che precipitano18o corsa invisibile di animali imbizzarriti o urla di crudelissime belve ruggenti o eco rimbalzante dalle cavità dei monti, tutto li paralizzava riempiendoli di terrore.19Il mondo intero splendeva di luce smagliante e attendeva alle sue opere senza impedimento.20Soltanto su di loro si stendeva una notte profonda, immagine della tenebra che li avrebbe avvolti; ma essi erano a se stessi più gravosi delle tenebre.

_________________Note

17,1-20 Il testo racchiuso in 17,1-18,4 contiene la riflessione sulla piaga delle tenebre (Es 10,21-23). Al castigo delle tenebre viene contrapposto il beneficio della luce, mediante il quale Dio rende visibile la protezione accordata agli Ebrei.

17,2 lunga notte: simboleggia la condizione degli Egiziani, privi della luce della rivelazione di Dio. È anche immagine della condizione di peccato dell’empio (il giusto è, invece, nella luce).

17,10 coscienza (in greco syneidesis): il termine appare qui per la prima volta nella Bibbia greca; viene probabilmente dal linguaggio filosofico degli stoici.

=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti


vv. 17,1-18,4. Il quinto dittico riprende la nona piaga egiziana delle tenebre (Es 10,21-23), opponendo le tenebre degli Egiziani (vv. 2-20) alla luce degli Ebrei (18,1-4). Tre inclusioni delimitano l'intero passo: «tenebre» (17,2b; 18,4a), «chiusi» (17,2c; 18,4c) e «senza legge (BC = iniqui) – legge» (17,2a; 18,4d). Mentre le prime due sottolineano l'oscurità che avvolge ed imprigiona gli Egiziani, l'ultima evidenzia positivamente il dono della legge rifiutato dagli Egiziani, ma accolto dagli Israeliti. Anche la contrapposizione fra le due parti è ben segnata: dopo un breve versetto introduttivo (v. 1), l'autore descrive anzitutto il castigo egiziano e significativamente una doppia inclusione evidenzia proprio in termini «tenebre» (vv. 2b.20bc) e «notte» (vv. 2b.20a) disposti in ordine chiastico. La controparte è costituita dai vv. 18, 1-4, caratterizzati da una nuova inclusione portante sul termine «luce» (vv. 1a.4ad). La descrizione della piaga delle tenebre nel racconto di Esodo è molto concisa (tre versetti appena!). Ciò permette al nostro autore di dare briglia alla sua fantasia creatrice e alle sue capacità letterarie. Certo lo stile è sovrabbondante e retorico, ma esso è al servizio di una teologia; l'arditezza delle metafore, il ricco pathos, la vivida descrizione del terrore che paralizza gli Egiziani, l'unità tra il piano fisico e quello spirituale, le ricche e numerose sottolineature psicologiche, tutto serve ad evidenziare il significato spirituale delle tenebre egiziane e della luce israelitica, cioè la condizione di peccato e la condizione di giustizia. Specialmente per quanto riguarda gli Egiziani è evidente l'enorme sforzo letterario dell'autore per descrivere e quasi far toccare con mano la realtà dell'empietà, una vera obnubilazione spirituale, che però non pareva tale ai suoi connazionali nel seducente ambiente alessandrino del I sec. a.C.

v. 2. In applicazione al principio di 11, 16, l'autore ci mostra che al progetto egiziano di dominare gli Israeliti fa riscontro, invece, la piaga delle tenebre; queste vengono costantemente rappresentate come delle catene che avvolgono inesorabilmente gli Egiziani (cfr. vv. 2b.16d.20bc; 18,4b). Il fallimento del tentativo egiziano sta nel fatto che Israele costituisce un popolo santo (cfr. Es 19,6), cioè un popolo che appartiene a Dio e sul quale faraone non può perciò accampare alcuna pretesa; gli Egiziani invece, in quanto «senza legge» (BC = «iniqui»), sono esclusi dalla provvidenza eterna, anticipazione dell'ade, dove infatti questa provvidenza cessa di esistere.

vv. 3-4. Lo Pseudo-Salomone propone ancora una seconda applicazione del principio di 11, 16: gli Egiziani sono persuasi di poter occultare i loro peccati nel segreto di una solidarietà piena di omertà; le tenebre invece li separano gli uni dagli altri (questo è il significato di «disperdere»), lasciandoli in balia di se stessi, dei loro spaventi e specialmente di lugubri fantasmi. Questi ultimi hanno soprattutto la funzione di ricordar loro precisamente quei peccati che essi volevano che rimanessero dimenticati (cfr. v. 3b).

vv. 5-6. In questa descrizione della piaga la notte acquista un rilievo particolare. Si tratta anzitutto di una notte lunga e cupa, impenetrabile ad ogni fuoco acceso dall'uomo v. 5a) e ad ogni luce astrale (v. 5bc); talvolta apparivano lampi potenti ed improvvisi, ma lungi dall'illuminare quella terribile oscurità, deformavano la realtà, fino a trastormarla in oggetti sinistri e ancor più paventabili.

vv. 7-9. L'isolamento degli Egiziani tocca pure le loro certezze culturali, giacché la scienza magica si trova impotente, anzi umiliata di fronte alla piaga. Lo Pseudo-Salomone allude ai maghi egiziani menzionati nel racconto di Esodo (Es 7,11-12.22; 8,3; 9,11), allargandone però la presenza anche alla piaga delle tenebre; egli vuole evidentemente polemizzare contro la pratica magica così diffusa nell'ambiente alessandrino. Con ironia l'autore ne condanna le false promesse, che invece di guarire fanno piombare in paure immotivate e ridicole. Ritorna infine la presenza ossessiva degli animali delle piaghe precedenti, che conduce gli Egiziani fino a una angoscia mortale.

v. 11. La definizione filosofica del timore come «rinunzia agli aiuti della ragione» (v. 11) presupporrebbe che quest'ultima abbia la capacità di controllo sulle passioni e sulle paure, secondo la linea di alcune scuole filosofiche, ad es. quella stoica; il nostro autore in realtà polemizza contro l'eccessiva fiducia nella ragione, mostrandone appunto i limiti, anzi l'impotenza. Soltanto la torah, come apparirà nella riflessione finale di 18,1-4, è la vera luce dell'uomo.

vv. 13-14. «essi»: sono ancora i maghi egiziani, che l'autore dipinge in preda ai medesimi fantasmi degli altri Egiziani (cfr. v. 4) e al medesimo sonno; quest'ultimo evoca soprattutto quell'immobilismo interiore paralizzante e pieno di paura, che li aveva spinti a rinunciare ad ogni soccorso della ragione e che già anticipava in loro la condizione esistenziale dell'ade (cfr. Gb 3,13; Ger 51,39.57). È percepibile l'ironia verso quelli che avevano preteso «di cacciare timori e inquietudini dall'anima malata» (cfr. v. 8)! «notte»: nuovi tratti vengono ad aggiungersi alla descrizione della notte (cfr. vv. 5-6): si tratta di una notte impotente e infernale. Essa non ha un potere assoluto sull'uomo, ma diventa strumento punitivo di Dio, che vuole colpire così l'arrogante sicurezza della magia egiziana proprio tramite un mezzo impotente! Il secondo tratto di questa notte è il suo carattere infernale. Gli inferi nell'ottica del libro della Sapienza rappresentano soprattutto il luogo della punizione definitiva degli empi (cfr. Sap 1, 12); questa notte egiziana perciò anticipa già e prefigura la notte escatologica, come apparirà esplicitamente al v. 20.

vv. 15-16. Contro ogni eventuale dubbio l'autore afferma che la piaga coinvolge tutto il paese, trasformandolo in un'immensa prigione, dove perciò porte e catenacci diventano utili.

vv. 17-18. I due versetti descrivono una serie di fatti naturali che, nonostante il loro carattere pacifico, paralizzano e terrorizzano gli Egiziani; è una lista artificiale che mira a raggiungere il numero sette e ad esprimere così il concetto di una totalità negativa. Queste tenebre non solo si ergono come un muro fra uomo e uomo, separando gli Egiziani gli uni dagli altri (cfr. v. 3c), ma li separano pure dalla natura, che cosi diventa a loro estranea e minacciosa.

vv. 19-20. In opposizione alla profonda tenebra egiziana emerge ora improvvisamente la luce, una luce ancora più vasta perché abbraccia tutto il mondo, e una luce che riconcilia uomo e natura tramite la serenità del lavoro. L'autore non menziona ancora gli Israeliti, perché tramiteil contrasto vuole aggiungere un ultimo tratto alla descrizione della tenebra. Questa infatti appare in tutta la sua tragica realtà: segno e anticipazione delle tenebre infernali e soprattutto terribile solitudine antropologica; è proprio quest'ultimo aspetto che definisce e caratterizza tragicamente gli inferi. Lo Pseudo-Salomone, che aveva già rilevato la separazione degli Egiziani fra loro (v. 3c) e con la natura (vv. 17-18), li mostra ora non solo isolati dagli altri popoli (v. 20a), ma perfino in dissidio interiore: l'amara coscienza del male commesso fa sentire la loro stessa esistenza come un orribile peso, più pesante delle stesse tenebre!

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


🔝C A L E N D A R IIndice BIBBIAHomepage



[filtri]sequenza senza copione oltre PM10 [diffusa in fasi] le cattedrali fissano la penitenza un diametro aerodinamico inferiore a] pari a circa un decimo del diametro la] parte scolpita una] minaccia la copre di limatura è sordo il quartetto impostano] gli accessi l'organista invita a prendere posto se piove fuori] permettono un ritardo le] cartucce segnate fa diesis l'attacco] [previsto


noblogo.org/lucazanini/filtri-…



[robot, Nanaki, Benni, Busi e la schiena che fa malissimo]

Elettra ha comprato questo robot che gira per le stanze e fa da aspirapolvere e lavaggio, scansisce tutto, crea una mappa della casa, parla (anche se non capisco bene quello che dice) quando ha finito va nella sua basetta e si autoricarica e noi – tecnologici ma ormai adulti – la prima volta abbiamo fatto partire il robot e poi siamo usciti per farci un giro e tornare con la casa pulita ah ah ah, certo, credeteci, la verità è che lo abbiamo fatto partire e siamo stati appollaiati come scimmie sui divani, sugli scalini, sul tavolo a vedere robot che per un'ora si è messo lì a pulire tutto, eravamo come sempre curiosissimi e feroci, hai visto amore ora sta lavando, ma è incredibile amore, si è allineato da solo con la basetta di autoricarica, manco Matt Damon in Interstellar ce l'aveva fatta uguale, guarda ora sta facendo la seconda passata, amore qua sul cellulare sta creando la mappa di casa nostra in tempo reale, insomma, meglio del cinema, anche se non avesse pulito niente saremmo stati soddisfatti, specie quando è arrivata la gatta.

La nostra gatta è la gatta di secondogenito, è piccola, fisicamente intendo, si chiama Nanaki e mi è parzialmente simpatica, cioè, mi è simpatica ma mi ha pisciato sulla tastiera meccanica, il che ha creato come una frattura fra di noi, nel mio personale nirvana, anzi nella mia personale cosmologia di dei e esseri immondi il gatto, lovecraftivamente, è piuttosto in alto, ma molto molto più in basso di una tastiera meccanica, anche con meccanica brown che non è la mia preferita, voi dovete sapere che io passo molto del mio tempo libero, preferisco non dirvi quanto, ad ascoltare su youtube ragazze (o ragazzi con unghie molto strane, non si vedono mai in volto) che battono su tastiere meccaniche creamy, creamy significa che hanno un suono molto biscottoso, paffutello e intimo, questo per dire come il solo fatto che un gatto pisci sopra una tastiera meccanica per me fa perdere un sacco di punti karma al gatto in questione che domani – btw – porterò dal meccanico dei gatti.

Il punto è che Nanaki mi è simpatica perché ha carattere, quando le parlo mi risponde con atteggiamento di sfida, quando le dico di fare qualcosa – in genere – mi ringhia contro come se fosse un cane, però poi la fa – molto diverso dai figli che non ringhiano e dicono 'un attimo' e poi non la fanno, che temo sia qualcosa che hanno preso dal padre, lo stronzo – il fatto che ringhi mi fa ridere e anche il fatto che mi risponda quando le parlo, comunque: il primo incontro tra Nanaki e il robot sembrava un film, poteva tranquillamente finire in qualche raccolta di “memes I found on reddit” o “vines I watch when I'm sad”, con tutto il rispetto signore, il gatto seguiva il robot, poi il robot seguiva il gatto, ho avuto più volte il terrore che Nanaki poi pisciasse su Robot mentre questo era in ricarica ma per ora no, solo scarpe, sacche di tela e tastiere meccaniche logitech fanno parte della sua lettiera distribuita.

Tutto questo lo sto scrivendo con il mio portatilino e-ink a colori e la sua tastierina non-meccanica tutta ploccosa che – ok è una merdetta – ma non mi dispiace affatto scriverci, e lo schermo che non manda luce – ragazzi – oggi ho acceso il desktop per cercare un file per il notaio e pensavo ma come ho potuto, ma come ho potuto usare per anni e anni uno schermo che manda luce, è sempre così, quando passi a una tecnologia migliore poi diventi un maledetto estremista della bellezza tecnologica, comunque, sto scrivendo queste cose perché oggi è morto Benni e io sono rimasto un po' così, non lo leggevo da anni, ho un ricordo anche dell'ultimo libro che ho letto di Benni, in pratica ero andato nella casa di uno che conoscevo appena, della Genova bene, per motivi diciamo così, sentimentali, entro in questa casa che puzzava di soldi e il tipo ci fa entrare nella camera dove ci sono già gli altri, gli amici, e in pratica sono tutti sfracellati su sedie e divani che dormono, questo in pieno pomeriggio e io intuisco che sono sfatti di canne e quindi io passo un intero pomeriggio in questa casa piena di figli di papà che dormono e prendo da un tavolinetto La compagnia dei celestini, che tanto volevo leggerlo, e in pratica me ne faccio fuori metà mentre dentro di me ruggisco, non tanto perché non mi hanno offerto la canna, perché l'avrei rifiutata, non perché io sia contro le droghe eh, ma perché sono già fuori di testa standard, sono come Obelix, sono caduto da piccolo nel pentolone dell'irrazionale e quindi la cannabis ha sempre avuto pochissimo appeal nella mia testa, ma perché

Sto divagando. La compagnia dei celestini è l'ultimo romanzo di Benni che ho letto perché ricordo che la prima metà mi era piaciuta tantissimo, dicevo, cazzo come è bravo, cazzo, e la seconda metà mi aveva completamente deluso, dicevo, ma che cazzo, hai rovinato tutto, ma come hai potuto, sono passati tantissimi anni, non so se davvero fosse così male, ma lo è stato per me a quell'epoca che ero un ragazzino che usciva con la ragazzina sbagliata bwt, e poi Benni è invecchiato e le cose che scriveva non le ho lette, entravo da Feltrinelli, sfogliavo il romanzo nuovo e non scattava la scintilla, non si può leggere tutto, Benni è invecchiato ma mi ha lasciato dentro una scheggia della sua scrittura, comunque, scrivere dopo una certa età il problema è la schiena, non dico Benni, ma io qua che sto scrivendo questo post, ho la schiena a pezzi, a pezzi, non avete idea e manco mi pagano per questo post, infatti lo scrivo un po' come mi pare, comunque

comunque la prima cosa che ho pensato quando ho letto che Benni era morto è stata, chissà come sta Busi (toccati Busi) (no, non intendevo lì) perché – sempre nell'adolescenza – che poi, adolescenza, in realtà andavo già all'università, per Busi dico, Benni prima, al liceo, una che conoscevo mi aveva detto, ho letto il tuo racconto, ma sai che scrivi come Benni? e io avevo pensato, ma chi cazzo è questo Benni e quindi mi ero comprato Baol, che mi aveva colpito molto e mi aveva anche rassicurato perché non scrivevo per niente come Benni, per sua fortuna, comunque Busi anche un altro che in un certo momento sembrava essere tutto, come la pietra, c'è stato questo periodo in cui gli scrittori sembravano un po' come delle popstar, si parlavano anche male dietro, Busi diceva cose terribili su Benni e su chiunque non fosse Busi in genere, poi Pennac, la Allende, Garcia Marquez, c'erano questi nomi che sfavillavano sulla patinata e la F di Feltrinelli che era un attimo pensare a Cuore, alle sue pagine verdi, e che avremmo avuto un futuro pieno di sensibilità, romanticismo, comunismo e passione.

Bastardi.

L'enshittification è arrivata prima della tecnologia, prima del digitale, è arrivata nel nostro immaginario. Anni e anni a guardare la sinistra della Dandini per quei programmi scuri e bui dove ti strizzavano l'occhio con la promessa che si stava cambiando il mondo, tutti assieme, si stava facendo resistenza e guarda adesso, girati dai, stacca gli occhi dal quel cellulare, dal portatile, staccati e girati e guardati attorno, li hai visti, sono tutti lì, tutti connessi a muovere le dita come me e te, tutti a fare prodotto, a spingere la pala circolare del consumo, la schiena, che dolore la schiena, ci rammaricheremo, ecco cosa pensavo oggi, ci rammaricheremo della nostra umanità in fondo, di non aver saputo appassionarci, io almeno, voi che ne so in effetti, mi rammaricherò, l'ho già fatto, di essere sempre stato pieno di etichette adesive, sui vestiti sulla faccia sull'addome con tutti i miei bei distinguo, ecco, mi rammaricherò di non aver amato con più passione le cose che avevo attorno, di non aver speso del tempo, di non essermi poi in definitiva mai e mai e mai appassionato a niente, interessato, curioso, anche a livello anatomico, ad aprire le cose per vedere come erano fatte, ma appassionato proprio mai per niente, così, mi rammaricherò per quanto? – facciamo due minuti, due minuti e mezzo – poi spegnerò la mia sigaretta (è solo un cliché, non fumo), guarderò la skyline della città, la notte che ha preso spazio nell'atmosfera e osserverò l'enorme ologramma azzurro della Meloni che mi dice, amami ma prima versa il tuo otto per mille a questo partito che ci ho pure messo sei/sette secondo a ricordarmi come si chiamava.


noblogo.org/fabriziovenerandi/…




NOVITÀ DI MARTEDÌ 17/6/25.


NARRATIVA:

  • IN GUERRA E IN AMORE di Ildefonso Falcones (Longanesi). Romanzo storico ambientato nel 1442 a Napoli, denso di intrighi di palazzo, seduzioni e complotti, dall'autore de LA CATTEDRALE DEL MARE. Per saperne di più: scheda libro.
  • EFFETTO JANE AUSTEN di Federica Brunini (Feltrinelli). Amelia, una disillusa fotoreporter dalla grande esperienza, accetta per una rivista l'incarico di scoprire quali sono le ragioni alle radici del successo di Jane Austen, ancora letta e apprezzata da generazioni di lettori e lettrici. Nello Hampshire scoprirà, attraverso i libri della scrittrice inglese e l'incontro con una diciassettenne appassionata, un nuovo modo di concepire la propria visione della vita. Per saperne di più: scheda libro.

NOIR, GIALLI E THRILLER:

  • UN CADAVERE IN CUCINA di Giancarlo De Cataldo (Einaudi). La storia prende avvio da un'intossicazione alimentare da psilocibina (sostanza presente nei funghetti allucinogeni) in un locale pluristellato di Roma. Uno dei clienti, però, ci lascia la pelle, e quando i morti diventano due, ecco che è chiamato a indagare Manrico Spinori, con la sua squadra. Per saperne di più: scheda libro.
  • LA STAGIONE DELLE OMBRE di Yokoyama Hideo (Mondadori). Alla fine degli anni '90, a Tokyo, una serie di indagini mette sottosopra la polizia della prefettura D. Futawatari. Nel frattempo, altri scandali colpiscono il dipartimento: vendette, intrighi, ambizioni di potere e sparizioni misteriose agitano gli investigatori, in un romanzo che mette a fuoco le relazioni e l'etica nel mondo della polizia giapponese. Per saperne di più: scheda libro.
  • BUGIE PERFETTE di Alafair Burke (Piemme). Tre amiche inseparabili trascorrono una serata di follie e lusso sfrenato in compagnia di due sconosciuti, ma le cose si mettono male, e nel trio di amiche cominciano a serpeggiare sospetti e segreti. Per saperne di più: scheda libro.
  • LE REGOLE DI LONDRA di Mick Herron (Feltrinelli). Un giallo di spionaggio della serie di Jackson Lamb. Il capo dell'Intelligence inglese è sotto pressione: oltre ai politici populisti, agli attacchi terroristici, all'arrivismo della sua vice e agli attacchi concentrici che deve subire dalla stampa, ci si mette anche Jackson Lamb con i suoi agenti... Per saperne di più: scheda libro.
  • ZUCCHERO SULLE OSSA di Joe Lansdale (Einaudi). Nuova indagine di Hap & Leonard. I due investigatori sembra che si siano sistemati (Hap si è anche sposato), ma non hanno finito di ficcare il naso negli affari altrui, specie se la brutta faccenda riguarda una persona che aveva chiesto loro aiuto, prima di finire incenerita in un incendio. Per saperne di più: scheda libro.

SAGGISTICA:

  • BRUTTO COME IL PECCATO di Alberto Maggi (Garzanti). Sottotitolo: Perché a farci belli è l'amore. Basandosi sul messaggio evangelico, Alberto Maggi scrive una serie di riflessioni sulla fede e sull'importanza di una vita vissuta in modo autentico, grazie al ritorno alla semplicità e alla sincerità del messaggio di Gesù. Per saperne di più: scheda libro.
  • IL SOGNO di Roberto Benigni e Michele Ballerin (Einaudi). Il 19 marzo 2025, Roberto Benigni tenne un monologo sull'idea di Europa come casa comune e speranza di pace, in diretta su Rai 1 e in Eurovisione. In questo libro è riportato il testo del monologo, ampliato e integrato da riflessioni e aneddoti. Per saperne di più: scheda libro.
  • COME E COSA CUCINARE CON LA FRIGGITRICE AD ARIA di Rita Aprile (Gribaudo). Molto facile: un libro di ricette di tutti i tipi e per tutte le stagioni, che esplora l'uso di un elettrodomestico ormai diffuso ovunque. Per saperne di più: scheda libro.
  • NEL DUBBIO, SCRIVI di Gianluca Morozzi (Mondadori Electa). Un manuale per aspiranti scrittori, con consigli e suggerimenti per superare paralizzanti blocchi e trovare nuove idee. Per saperne di più: scheda libro.
  • SPAGNOLO-ITALIANO (Gribaudo). Dizionario illustrato di spagnolo, con tante sezioni: il lavoro, i viaggi, la vita di tutti i giorni, eccetera. Anche questo, come tutti i moderni corsi di lingue, contiene una sezione audio digitale. Per saperne di più: scheda libro.
  • IL REATO DI PENSARE di Paolo Crepet (Mondadori). Un saggio sulla libertà di espressione, sul conformismo, sul pensiero critico e sulla rivalutazione dell'errore e dell'imperfezione come opportunità di crescita. Per saperne di più: scheda libro.
  • QUIZ PER VERI AMANTI DEI LIBRI DA RISOLVERE MENTRE FAI LA CACCA di Arthur Lost (Newton Compton). Riecco i famosi libri di quiz ed enigmistica espressamente pensati da tenere nel bagno, e risolvere durante i “tempi morti”. Questo in particolare è dedicato a chi ama i libri e la letteratura di ogni genere, sia italiana che internazionale. Per saperne di più: scheda libro.
  • VERSO LA LIBERTÀ CON UN BAGAGLIO LEGGERO di Franco Faggiani (Aboca). Sottotitolo: Andare per sentieri, viottoli e strade di campagna. Una serie di riflessioni e pensieri, il cui filo conduttore è il percorso delle antiche vie, con le sue sensazioni ed emozioni. Un libro corredato da 50 fotografie dell'autore, viandante “per scelta e per necessità”. Per saperne di più: scheda libro.

INFANZIA E RAGAZZI:

  • MITI E LEGGENDE DELLE MONTAGNE ITALIANE di Martina Forti, illustrazioni di Silvia Forzani (Gribaudo). Un libro per scoprire il nostro paese attraverso i miti di alta quota: le nostre montagne infatti, dalle Alpi alla Sicilia, sono teatro di leggende, favole e storie mitiche, piene di creature magiche e luoghi incantati. Età di lettura: dai 7 anni. Per saperne di più: scheda libro.

noblogo.org/novita-in-libreria…



Interpol - El Pintor (2014)


immagine

Segnali di vita in casa Interpol, che con l’ultimo e omonimo album, sembravano diretti verso una necrosi creativa da cui non pareva esservi ritorno. C’era bisogno di lasciare ad ognuno il tempo di ripensarsi come artista, di dedicarsi a progetti solisti per tornare con un album che sapesse aggiornare una formula logora. Un cosa che nessuno dei campioni dell’indie rock dello scorso decennio ha saputo fare in modo convincente... artesuono.blogspot.com/2014/09…


Ascolta il disco: album.link/i/1690921046



noblogo.org/available/interpol…


Interpol - El Pintor (2014)


immagine

Segnali di vita in casa Interpol, che con l’ultimo e omonimo album, sembravano diretti verso una necrosi creativa da cui non pareva esservi ritorno. C’era bisogno di lasciare ad ognuno il tempo di ripensarsi come artista, di dedicarsi a progetti solisti per tornare con un album che sapesse aggiornare una formula logora. Un cosa che nessuno dei campioni dell’indie rock dello scorso decennio ha saputo fare in modo convincente... artesuono.blogspot.com/2014/09…


Ascolta il disco: album.link/i/1690921046


HomeIdentità DigitaleSono su: Mastodon.uno - Pixelfed - Feddit




SPERDIMENTO

silenzio-ombelico di luce - affondo in vertigini di cielo

... unforgettable... le uve dei suoi occhi ad addolcire il sangue

(sperdimento il tempo che si sfoglia e squama questo cuore di paglia) .

Riflessione su “SPERDIMENTO”


Il tuo testo è una gemma lirica che vibra tra visione cosmica e intimità sensoriale. Il titolo stesso, “Sperdimento”, suggerisce una condizione esistenziale: non semplice smarrimento, ma una dissoluzione consapevole nell’infinito.


Temi e immagini


  • Silenzio-ombelico di luce
    Un ossimoro potente: il silenzio come origine, centro pulsante da cui si irradia la luce. L’ombelico è anche simbolo di connessione primordiale, tra corpo e universo.
  • Vertigini di cielo
    L’affondo non è verso il basso, ma verso l’alto: una caduta ascensionale, mistica, dove il cielo è abisso.
  • Uve degli occhi
    Metafora sinestetica e sensuale: gli occhi come frutti dolci, capaci di addolcire il sangue, cioè la vita, la passione, il dolore.
  • Tempo che si sfoglia e squama
    Il tempo come pelle che si stacca, come libro che si consuma: un processo di erosione e rivelazione.
  • Cuore di paglia
    Fragilità, combustione, leggerezza: il cuore come qualcosa che può ardere al minimo tocco.

Struttura e ritmo


  • Versi brevi, sospesi, che evocano il respiro trattenuto di un sogno o di una visione.
  • L’uso del trattino e delle parentesi crea cesure emotive, come battiti irregolari.
  • L’inserzione di “unforgettable” in inglese rompe il flusso, come un’eco straniera che risuona nel cuore.

noblogo.org/norise-3-letture-a…



SAPIENZA - Capitolo 16


Le creature come castigo e beneficio: le quaglie1Per questo furono giustamente puniti con esseri simili e torturati con una moltitudine di bestie.2Invece di tale castigo, tu beneficasti il tuo popolo; per appagarne il forte appetito gli preparasti come cibo quaglie dal gusto insolito,3perché quelli che desideravano cibo, a causa del ribrezzo per gli animali inviati contro di loro, perdessero anche l'istinto della fame, mentre questi, rimasti privi di cibo per un breve periodo, provassero un gusto insolito.4Era necessario che su quei tiranni si abbattesse una carestia implacabile e a questi si mostrasse soltanto come erano tormentati i loro nemici.

Serpenti, cavallette, mosconi5Quando infatti li assalì il terribile furore delle bestie e venivano distrutti per i morsi di serpenti sinuosi, la tua collera non durò sino alla fine.6Per correzione furono turbati per breve tempo, ed ebbero un segno di salvezza a ricordo del precetto della tua legge.7Infatti chi si volgeva a guardarlo era salvato non per mezzo dell'oggetto che vedeva, ma da te, salvatore di tutti.8Anche in tal modo hai persuaso i nostri nemici che sei tu colui che libera da ogni male.9Essi infatti furono uccisi dai morsi di cavallette e mosconi, né si trovò un rimedio per la loro vita, meritando di essere puniti con tali mezzi.10Invece contro i tuoi figli neppure i denti di serpenti velenosi prevalsero, perché la tua misericordia venne loro incontro e li guarì.11Perché ricordassero le tue parole, venivano feriti ed erano subito guariti, per timore che, caduti in un profondo oblio, fossero esclusi dai tuoi benefici.12Non li guarì né un'erba né un unguento, ma la tua parola, o Signore, che tutto risana.13Tu infatti hai potere sulla vita e sulla morte, conduci alle porte del regno dei morti e fai risalire.14L'uomo uccide con la sua malvagità, ma non può far ritornare uno spirito che se n'è andato, né libera un'anima già accolta nel regno dei morti.

La grandine e la pioggia15È impossibile sfuggire alla tua mano:16perciò gli empi, che rifiutavano di conoscerti, furono fustigati dalla forza del tuo braccio, perseguitati da piogge strane, da grandine, da acquazzoni travolgenti, e consumati dal fuoco.17E, cosa più sorprendente, nell'acqua che tutto spegne il fuoco prendeva sempre più forza, perché alleato dei giusti è l'universo.18Talvolta la fiamma si attenuava per non bruciare gli animali inviati contro gli empi e per far loro comprendere a tale vista che erano incalzati dal giudizio di Dio.19Altre volte, anche in mezzo all'acqua, la fiamma bruciava oltre la potenza del fuoco per distruggere i germogli di una terra iniqua.

La manna20Invece hai sfamato il tuo popolo con il cibo degli angeli, dal cielo hai offerto loro un pane pronto senza fatica, capace di procurare ogni delizia e soddisfare ogni gusto.21Questo tuo alimento manifestava la tua dolcezza verso i figli, si adattava al gusto di chi ne mangiava, si trasformava in ciò che ognuno desiderava.

Neve, acqua e fuoco22Neve e ghiaccio resistevano al fuoco e non si fondevano, perché sapessero che il fuoco, che ardeva nella grandine e lampeggiava nelle piogge, distruggeva i frutti dei nemici;23al contrario, perché i giusti si nutrissero, dimenticava perfino la propria forza.24La creazione infatti, obbedendo a te che l'hai fatta, si irrigidisce per punire gli ingiusti e si addolcisce a favore di quelli che confidano in te.25Per questo anche allora, adattandosi a tutto, era al servizio del tuo dono che nutre tutti, secondo il desiderio di chi ti pregava,26perché i tuoi figli, che hai amato, o Signore, imparassero che non le diverse specie di frutti nutrono l'uomo, ma la tua parola tiene in vita coloro che credono in te.27Ciò che infatti non era stato distrutto dal fuoco si scioglieva appena scaldato da un breve raggio di sole,28perché fosse noto che si deve prevenire il sole per renderti grazie e incontrarti al sorgere della luce,29poiché la speranza dell'ingrato si scioglierà come brina invernale e si disperderà come un'acqua inutilizzabile.

_________________Note

16,1-4 Gli Egiziani sono puniti da una grave carestia, causata dall’invio di animali nauseanti (forse vi è un’allusione alla piaga delle rane, Es 7,28-29); gli Ebrei invece sono saziati mediante l’invio di quaglie (Es 16,9-13). Ciò che si dimostrò castigo per gli Egiziani, fu un beneficio per Israele.

16,5-14 Nel deserto anche gli Israeliti furono puniti con l’invio di serpenti velenosi, a motivo della loro contestazione nei confronti di Mosè (Nm 21,6), ma poi il serpente di bronzo innalzato da Mosè fu salvezza per loro (Nm 21,8-9). Agli Egiziani non fu concesso un rimedio simile, e caddero sotto la fitta invasione di cavallette e mosconi (Es 8,16-20; 10,15). Gli episodi narrati nel libro dell’Esodo vengono esposti dall’autore con grande libertà e in forme iperboliche.

16,15-19 Gli elementi atmosferici (pioggia, grandine, acquazzoni, fuoco) diventano strumenti di punizione per gli Egiziani, che hanno rifiutato di riconoscere Dio e la potenza prodigiosa della sua azione. L’autore si riferisce al testo di Es 9,13-35.

16,20-21 I giusti ottengono dal Signore un cibo speciale, cibo degli angeli: la manna (v. 20). L’autore offre del testo di Es 16 una lettura spirituale, che il NT farà propria (Gv 6,32-33.49-51).

16,26 Vedi Dt 8,3.

16,28 si deve prevenire il sole: allusione alla preghiera del mattino; ad essa, che costituisce la prima delle tre preghiere liturgiche quotidiane dell’ebraismo, invitano più volte i Salmi (vedi Sal 5,4; 88,14).

=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti


vv. 1-4. La breve unità, determinata dall'inclusione «furon tormentati»— «erano tormentati» (vv. 1b.4d), è fortemente caratterizzata dalla contrapposizione Egiziani-Ebrei (vv. 1.2a; 3a.3d; 4a,4c). Questa triplice contrapposizione segue una progressiva determinazione: affermazione generale della punizione egiziana; ripugnanza per gli animali e perdita dell'appetito; conseguente carestia. Così per quanto concerne gli Ebrei: affermazione generale del beneficio accordato al popolo santo e sua specificazione nel cibo delle quaglie; squisitezza di questo cibo; presa di coscienza del beneficio ottenuto.

v. 1. «giustamente..»: l'avverbio, che assieme al corrispondente aggettivo definisce in Sapienza sempre (con l'eccezione di 13,15) il giudizio circa la sorte dei giusti (3,5; 6,16; 7,15; 9,12; 12,7) e degli empi (1,16; 12,26; 15,6; 16,9; 18,4; 19,4), esprime la profonda convinzione dell'autore circa la verità e la giustizia del giudizio divino, convinzione ora pienamente motivata dalle due lunghe digressioni precedenti. «numerose bestiole»: seguendo l'ordine del racconto di Esodo, si alluderebbe alla piaga delle rane (Es 7,26-8,11), tuttavia il termine greco ha una portata più ampia e designa in generale le bestie che mordono, cioè le bestie selvagge; così è possibile che il nostro autore alluda non solo alla piaga delle rane, ma anche alle altre piaghe (cfr. Es 8,12-28; 10,1-20).

vv. 2-4. Il riferimento è chiaramente all'episodio delle quaglie (cfr. Es 16,13; Nm 11,31-32), ma l'autore oltrepassa il semplice piano storico tramite una forte idealizzazione; passa intatti sotto silenzio le mormorazioni del popolo (cfr. Es 16,2-3.7-9.12) e l'ira punitrice di Dio (Nm 11,33-34); sottolinea come sia Dio stesso a preparare il cibo al suo popolo, quasi come a un ospite di riguardo; e se il testo biblico mostrava la brama di carne da parte di Israele (Es 16,3; Nm 11,4), qui si evidenzia il gusto squisito di questo cibo donato da Dio.

vv. 5-14. Ma non subirono anche gli Israeliti una piaga di serpenti nel deserto? (cfr. Nm 21,4-9)? A questa possibile obiezione pare voglia rispondere il nostro autore con il terzo dittico, nel quale infatti mostra il profondo significato pedagogico e salvifico di tale episodio. Punto di partenza è l'episodio biblico del serpente di bronzo (Nm 21,4-9), ma fortemente reinterpretato; lo Pseudo-Salomone infatti passa sotto silenzio numerosi elementi, come le mormorazioni del popolo, l'intercessione di Mosè, l'innalzamento del serpente di bronzo, per evidenziare invece con vigore e ripetutamente questo messaggio teologico: la salvezza proviene unicamente da Dio. L'unità è articolata in due serie di tre membri ciascuna in parallelo fra loro: a) 5-6; b) 7-8; c) 9-10; a) 11; b') 12; c) 13-14. Il parallelismo a-a' ha come tema il valore pedagogico dell'azione divina; i secondi due membri (b-b') sottolineano con forza il tema di Dio unico salvatore; per quanto riguarda gli ultimi due membri (c-c) l'opposta sorte degli Egiziani e degli Ebrei trova la sua vera ragione nell'opposizione fra Dio, detentore del potere sulla vita e sulla morte, e l'uomo che di tale potere è privo.

vv. 5-6. «i decreti della tua legge»: indicano qui la legge data da Dio, cioè la torah; essa costituisce il segno dell'alleanza tra Dio e il popolo e per quest'ultimo un impegno concreto all'osservanza dei singoli comandamenti. E alla luce del carattere educativo dell'azione di Dio che l'autore interpreta il serpente di bronzo definendolo «pegno di salvezza». Già nel racconto di Numeri lo sguardo al serpente di bronzo era soltanto la condizione per la liberazione dalla calamità. Qui, in quanto pegno di salvezza, esso diventa veramente il segno nel quale gli Israeliti possono riconoscere concretamente l'azione salvifica di Dio. E proprio a questo riconoscimento che mira l'azione pedagogica divina!

vv. 7-8. L'espressione «chi si volgeva a guardarlo» oltrepassa il semplice movimento fisico, per descrivere soprattutto la conversione dell'uomo a Dio; tramite un forte contrasto (v. 7ab), infatti, l'autore sottolinea che la salvezza di Israele proviene unicamente da Dio. Due espressioni caratterizzano questa realtà salvifica divina allargando l'orizzonte dal semplice piano storico dell'episodio di Numeri a quello universale: «salvatore di tutti» (v. 7c), e «che libera da ogni male» (v. 8b). La prima riprende un titolo ben noto nell'ambiente ellenistico, che qualificava dei e sovrani come donatori universali di pace e di benessere, ed applicava questa realtà a Dio soltanto; oggetto della sua salvezza sono non solo gli israeliti, ma tutti gli uomini (cfr. Sap 11,23). La seconda espressione estende questa salvezza ad ogni genere di mali e di pericoli, senza esclusione di sorta, come ben mostra l'intero libro della Sapienza, dove il verbo «liberare», costituisce un “leitmotiv” dell'azione di Dio e della sua Sapienza (cfr. 2,18; 10,6.9.13.15; 19,9).

vv. 9-10. Il v. 9 allude ala piaga dei tafani (Es 8,16-28) e a quella delle cavallette (Es 10,1-20), con una tendenza però ad accentuarne il carattere letale, così come fanno sia Filone che Giuseppe Flavio. La stessa personificazione della misericordia divina intende attirare l'attenzione del lettore su questo attributo divino, mostrandolo direttamente all'opera come donatore di salvezza. Siamo qui nel cuore del messaggio biblico, che attribuisce proprio alla misericordia divina l'opera salvifica (cfr. ad es. Sal 57,4-8; 78,38; Is 54,8); e non aveva già lo Pseudo-Salomone definito Dio come Signore di misericordia (9,1)?

v. 12. Ciò che nei vv. 7-8 si diceva di Dio, viene ora attribuito alla sua parola (con la ripresa dell'aggettivo «tutto»!); come già Sal 107, 20, così anche il nostro testo attribuisce la salvezza alla parola stessa. Lungi dal voler offrire una semplice personificazione letteraria, l'autore evidenzia con forza il modo concreto con cui Dio veicola la sua salvezza, tramite cioè una parola efficace, radicalmente diversa dalla parola umana, e presente in Israele.

vv. 13-14. Il v. 13 tramite l'uso di espressioni polari disposte in ordine chiastico («vita-morte»; «conduci giù-fai risalire») fonda l'affermazione del v. 12b: la parola di Dio ha il potere di guarire perché egli è il signore della vita e della morte. Queste espressioni, che provengono dalla tradizione biblica (Dt 32, 39; 1 Sam 2, 6; Tb 13, 2), alludono non solo alla salvezza operata da Dio da un terribile pericolo di morte, ma vogliono specialmente affermare il suo assoluto potere sulla vita e sulla morte, come si deduce dal v. 14, che proprio sulla privazione di un tale potere fonda la radicale differenza tra uomo e Dio.

vv. 15-29. Questo dittico occupa il centro del grande affresco che oppone Egiziani ed Ebrei; non sorprende perciò la sua importanza teologica. La contrapposizione verte sugli elementi atmosferici: da un lato piogge e grandine distruggono il raccolto degli Egiziani (vv. 16-19), dall'altro la manna sfama miracolosamente il popolo ebreo (vv. 20-23). Si tratta di due brevi unità che chiariscono sì la straordinarietà dei fenomeni naturali (vv. 18b.19c.23a), ma che soprattutto sottolineano l'intento educativo divino volto a suscitare una presa di coscienza in entrambe le parti (cfr. «per far loro comprendere»: v. 18c; «perché riconoscessero»: v. 22b). Ed è ancora in funzione di questo intento divino che alle due precedenti unità fa seguito la riflessione dei vv. 24-29; essa è incentrata, infatti, sulla proposizione finale del v. 26, che proclama esplicitamente la necessità imprescindibile di andare oltre il piano esteriore della storia, per coglierne il significato interiore. Così lungo tutto il dittico notiamo una costante: agli empi che rifiutano questa comprensione interiore (v. 16a), Dio risponde con la piaga, perché comprendano (v. 18c); a questa comprensione sono pure chiamati i giusti tramite il risvolto positivo della piaga (v. 22b); questa comprensione infine si svela come fede nella parola di Dio, vero ed indispensabile cibo dell'uomo (v. 26).

vv. 16-19. «gli empi»: sono gli Egiziani, la cui empietà viene subito caratterizzata come ostinato rifiuto a «riconoscere» JHWH (v. 16a), cioè a riconoscere nelle piaghe la sua presenza e la sua opera. In conseguenza essi abitano una «terra iniqua», cioè una terra abitata e coltivata da gente iniqua; così la terra stessa partecipa in qualche modo al peccato degli Egiziani. È dunque questa realtà di ostinato peccato che sta dietro tutta la piaga e che ne costituisce la motivazione profonda. La “piaga” qui evocata è quella della grandine (cfr. Es 9,13-35), però con alcune sottolineature proprie dell'autore. Tramite tre espressioni («strane piogge- grandine – acquazzoni travolgenti: vv. 16cd) egli evidenzia anzitutto la pioggia, che nel racconto di Esodo costituisce un elemento secondario (cfr. 9,33-34); la successiva menzione del fuoco (v. 16d) si appoggia Es 9,23.24, ma ad esso viene attribuito un ruolo assai più importante; è questo fuoco, infatti, che divora gli empi e non la grandine, come nel racconto della piaga egiziana (cfr. Es 9,19.25). Non solo acqua e fuoco coesistono una accanto all'altro senza distruggersi a vicenda, ma perfino cooperano; questo superamento delle leggi elementari della natura permette così all'autore di indicare il vero motivo di tutto questo e cioè che «l'universo si fa alleato dei giusti» (v. 17c).

vv. 20-23. La controparte positiva della grandine e della folgore è la manna, perché anch'essa viene dal cielo (cfr. Es 16,4; Sal 78,24; 105,40). Essa non è mai citata per nome; in compenso viene descritta a lungo in ben otto emistichi (vv. 20-22a) e con un vocabolario ricco di simbolismo e di teologia, che rivela il grande interesse dell'autore. Questi attinge non solo alla riflessione biblica (Es 16,1-36; Nm 11,6-9; 8,2-4.16; 5,12; Ne 9,15.20; Sal 78,23-25; 105,40), ma anche ala abbondante tradizione giudaica.

v. 20. Diversamente dal testo di Esodo che allude a una preparazione (cfr. Es 16,5.23), si tratta qui di un pane già pronto, che l'uomo ha solo da mangiare; è Dio infatti che l'ha preparato «senza fatica», a differenza di quanto avviene per il pane umano, che esige lavoro e fatica. Circa il sapore della manna il testo biblico la assimila a quello di una focaccia con miele (Es 16, 31) o a quello di pasta all'olio (Nm 11, 8); ma vi si ricorda anche il senso di nausea e di monotonia che gli Israeliti finirono per avere (Nm 11,4-6); in confronto, il nostro testo descrive una manna virtualmente ricca di ogni sapore, capace di soddisfare tutti i gusti, anzi a servizio del desiderio di ognuno (vv. 20c.21cd)! Lo Pseudo-Salomone attinge qui alla ricca tradizione esegetica giudaica, che attribuiva a questo cibo caratteristiche meravigliose e uniche.

v. 21. Ispirandosi verosimilmente a Es 16,31 e a Nm 11,8 lo Pseudo-Salomone vede nella manna un segno della «dolcezza» divina verso Israele. E la prima volta che nella Bibbia si parla della dolcezza di Dio, tema che avrà successo nella mistica cristiana; l'appellativo «i tuoi figli» precisa ancora che si tratta di una dolcezza di padre.

vv. 22-23. «neve e ghiaccio»: partendo da Es 16,14, che assimila la manna alla brina, e dalla versione greca di Nm 11,7, che paragona la manna al ghiaccio, il nostro autore suo definire questo cibo celeste come neve e ghiaccio. L'audacia dell'espressione è dovuta al fatto che gli serve un elemento di contrasto col fuoco per mostrare la totale dipendenza degli elementi naturali dalla volontà divina.

v. 24. I verbi «irrigidirsi» e «allentarsi» (BC = «addolcirsi») possono far pensare alla metafora dell'arco teso o allentato, segno di castigo o di beneficio, dove Dio è il guerriero e la creazione l'arco; ma questi due verbi appartengono pure al vocabolario della fisica stoica, secondo cui la concentrazione d'energia (irrigidirsi) assicura la stabilità di una sostanza e delle sue proprietà, mentre l'allentamento d'energia permette a una sostanza di subire l'azione di altre sostanze e di altre proprietà. E possibile dunque che qui lo Pseudo-Salomone pensi ancora alla piaga, dove appunto il fuoco si irrigidiva per resistere all'azione contraria dell'acqua ed accrescere così la propria energia, e la manna s'addolciva per arricchirsi delle proprietà più svariate.

v. 26. È la punta dell'intero dittico, dove l'intento pedagogico di Dio non vuole semplicemente far capire agli Egiziani e agli Israeliti che dietro le piaghe è lui stesso che opera (vv. 18cd.22bcd), bensì soprattutto specificare che, al di là dei vari segni, questa presenza si realizza concretamente nella parola! L'autore, riprendendo la nota riflessione di Dt 8, 3, interpreta la manna con le sue meravigliose qualità sopra ricordate precisamente come il segno della parola di Dio. Se questa parola esprime tutta la tenerezza paterna di Dio (nota le espressioni del v. 26a!), esige anche da Israele un profondo atteggiamento di fede (v. 26c), che non consiste semplicemente in un rapporto di conoscenza, bensì in un rapporto filiale: essi devono riconoscersi davvero come i figli prediletti di Dio. Alla luce di questa teologia non appaiono più eccessive le affermazioni sulla manna.

vv. 27-29. Ritornando ancora una volta alla manna, lo Pseudo-Salomone rileva che essa, nonostante resistesse al fuoco durante la sua cottura (v. 27a; cfr. vv. 22a.23), si scioglieva al calore del primo sole del mattino (cfr. Es 16,21); ciò gli permette di tirare una nuova conclusione, questa volta però d'ordine liturgico, e cioè la necessità della preghiera mattutina (v. 28). Si tratta anzitutto di una preghiera di ringraziamento, dove l'uomo prende veramente coscienza di tutti i benefici di Dio, in particolare, secondo il nostro contesto, del dono della parola, e li riconosce davanti a lui; è da questa preghiera di ringraziamento che potrà poi sorgere ogni altra preghiera (v. 28b). L'atteggiamento contrario, quello dell'ingrato, è destinato invece al fallimento: come la manna-brina fondeva ai raggi del primo sole (cfr. v. 27b), così fonderà la speranza dell'uomo ingrato; egli verrà disperso, come si getta via l'acqua sporca, usata per i lavori domestici e perciò non più utilizzabile.

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


🔝C A L E N D A R IIndice BIBBIAHomepage



[provetecniche]avviata autopulente intravista stringa prevede l'esistenza extra o [market eastman sul fondo composte le] universiadi bandiera pirata persone battono cassa zenith sulle] focali tetràpodi orientati secondo i vertici in annientamento] carriere delle suffragette messi

di] profilo sembrano più bassi

di] [fondo di]


noblogo.org/lucazanini/provete…



sto leggendo le memorie di un libraio romano che conosco da anni ma con cui sono entrato in bel dialogo, più direttamente, solo da questo agosto: Giuseppe Casetti. sul libro magari scriverò più avanti. intanto dico che grazie a lui ho scoperto questo video: slowforward.net/2025/09/07/la-…


noblogo.org/differx/sto-leggen…


la spiaggia. ritratto di giordano falzoni / alberto grifi. 2004


youtu.be/H8iVuJZCiKs?si=5Rs9r9…

Giordano Falzoni (1925-1998) nasce a Zagabria, durante una tournèe dei suoi genitori, entrambi musicisti. Studia a Firenze e Parigi, dove frequenta Breton e il gruppo surrealista. Si trasferisce a Roma negli anni Cinquanta per poi unirsi al Gruppo 63. Pittore, ceramista, drammaturgo, è una delle figure più eclettiche ma al contempo meno conosciute della neoavanguardia italiana. Falzoni è anche traduttore: sua è la prima versione italiana di Nadja di Breton, pubblicata da Einaudi nel 1972.

Estratti da:
Giordano Falzoni ripreso durante il corso della sua esistenza da Alberto Grifi, Giordana Meyer, Paola Pannicelli, Karina Bouchet – 1997
No stop grammatica, Alberto Grifi – 1967
Anni ’60 Non Stop, Alberto Grifi – 1999

Il video è stato postprodotto da Alberto Grifi nel 2004 in collaborazione con Interact.

#AlbertoGrifi #film #GiordanoFalzoni #Interact #LaSpiaggia #video




[stime]l'asta di manufatti -le anonime stanze d’albergo e le cartoline illustrate lotto 3691-] esplode una lampadina nel gas minore un] selettivo countdown quiz] pomeridiano l'incendio doloso siero leggero molto] diffuso di tutto questo rimane [copia conforme l'inerzia] inevasa


noblogo.org/lucazanini/stime-p…



La villeggiatura dopo ferragosto



Sì, in quei tempi agosto era ancora il mese delle ferie, il mese delle serrande abbassate in città, delle strade deserte e delle fabbriche chiuse. Non tutti potevano permettersi il mese intero, a non tutti era concesso (ne ho accennato lateralmente qui), ma un paio di settimane sì, quelle erano più o meno per tutti.

Probabilmente, non avrete voglia di cliccare sul link, riassumo: dopo due settimane, restavamo in villeggiatura senza mio padre, che doveva lavorare, e senza macchina per spostarci.

Agosto era ancora il mese della fine dell'estate, in quei tempi del riscaldamento globale non si parlava perché le avvisaglie sembravano ancora evanescenti; oggi non se ne parla abbastanza, ma non è questo il posto. E dopo ferragosto, in montagna, il tempo iniziava a cambiare, la piacevole frescura lasciava il passo, la sera, a un freddolino pungente, da mettere un giubbottino. Il cielo, solitamente limpido, diventava più tendente al grigio e più minaccioso, ma di una minaccia lieve, di pioggia improvvisa di montagna, spesso il cambiamento avveniva al tramonto.
Così era il tempo in quei giorni, in quegli anni. Il clima era come ce lo si aspettava, probabilmente i nubifragi non erano la norma al Nord e al Sud non si stava a maniche corte fino a novembre.

E in questo clima più plumbeo, e in un clima di vacanze che si avviano alla conclusione, sia per i villeggianti che per gli abitanti, restavamo per buona parte della settimana in tre: mia mamma e la sua prole. Non potevamo gironzolare in macchina, facevamo quel che una buona camminata permetteva di fare. Ce ne andavamo alla villetta comunale a raccogliere i ciclamini, per portarli a casa e metterli in un bicchiere, ma duravano pochissimo. Non li raccoglierei, oggi. Gironzolavamo per la strada che costeggiva il centro abitato, raccogliendo le more buonissime, oppure il rosmarino che cresceva anch'esso spontaneo ai margini. Lo raccoglievamo, più che altro, per mio padre: a noi non interessava granché, lui invece era un appassionato, quando c'era lui in giro non mancavano i canovacci abbondantemente ricoperti dai ramoscelli di rosmarino da seccare. Quando era secco, finiva in questi barattoli di vetro riciclati e sembrava dovesse durare in eterno, perché non ne facevamo un grande uso.

E queste erano tra le cose che facevamo, camminavamo, raccoglievamo, giocavamo sulle giostrine, ci dirigevamo a casa quando non eravamo coperti abbastanza da resistere alla frescura del giorno che invecchia, qualche volta accendevamo anche il caminetto, aspettavamo il fine settimana per essere di nuovo tutti e quattro.

Era tutto così semplice, era tutto bellissimo.


log.livellosegreto.it/oreliete…



SAPIENZA - Capitolo 15


La fedeltà d’Israele all’unico vero Dio1Ma tu, nostro Dio, sei buono e veritiero, sei paziente e tutto governi secondo misericordia.2Anche se pecchiamo, siamo tuoi, perché conosciamo la tua potenza; ma non peccheremo più, perché sappiamo di appartenerti.3Conoscerti, infatti, è giustizia perfetta, conoscere la tua potenza è radice d'immortalità.4Non ci indusse in errore né l'invenzione umana di un'arte perversa, né il lavoro infruttuoso di coloro che disegnano ombre, immagini imbrattate di vari colori,5la cui vista negli stolti provoca il desiderio, l'anelito per una forma inanimata di un'immagine morta.6Amanti di cose cattive e degni di simili speranze sono coloro che fanno, desiderano e venerano gli idoli.

Il fabbricante di idoli7Un vasaio, impastando con fatica la terra molle, plasma per il nostro uso ogni vaso. Ma con il medesimo fango modella i vasi che servono per usi nobili e quelli per usi contrari, tutti allo stesso modo; quale debba essere l'uso di ognuno di essi lo giudica colui che lavora l'argilla.8Quindi, mal impiegando la fatica, con il medesimo fango plasma un dio vano, egli che, nato da poco dalla terra, tra poco ritornerà alla terra da cui fu tratto, quando gli sarà richiesta l'anima, avuta in prestito.9Tuttavia egli si preoccupa non perché sta per morire o perché ha una vita breve, ma di gareggiare con gli orafi e con gli argentieri, di imitare coloro che fondono il bronzo, e ritiene un vanto plasmare cose false.10Cenere è il suo cuore, la sua speranza più vile della terra, la sua vita più spregevole del fango,11perché disconosce colui che lo ha plasmato, colui che gli inspirò un'anima attiva e gli infuse uno spirito vitale.12Ma egli considera la nostra vita come un gioco da bambini, l'esistenza un mercato lucroso. Egli dice che da tutto, anche dal male, si deve trarre profitto.13Costui infatti sa di peccare più di tutti, fabbricando con materia terrestre fragili vasi e statue.

Stoltezza degli Egiziani, dediti all’idolatria14Ma sono tutti stoltissimi e più miserabili di un piccolo bambino i nemici del tuo popolo, che lo hanno oppresso.15Perché essi considerarono dèi anche tutti gli idoli delle nazioni, i quali non hanno né l'uso degli occhi per vedere, né narici per aspirare aria, né orecchie per udire, né dita delle mani per toccare, e i loro piedi non servono per camminare.16Infatti li ha fabbricati un uomo, li ha plasmati uno che ha avuto il respiro in prestito. Ora nessun uomo può plasmare un dio a lui simile;17essendo mortale, egli fabbrica una cosa morta con mani empie. Egli è sempre migliore degli oggetti che venera, rispetto ad essi egli ebbe la vita, ma quelli mai.18Venerano anche gli animali più ripugnanti, che per stupidità, al paragone, risultano peggiori degli altri.19Non sono tali da invaghirsene, come capita per il bell'aspetto di altri animali; furono persino esclusi dalla lode e dalla benedizione di Dio.

_________________Note

15,7-13 L’immagine del vasaio appare spesso nella Bibbia (vedi Sir 38,29-30; Is 29,16; 45,9; Ger 18,4): qui è presentata come esempio di colui che fabbrica gli idoli.

15,8 quando gli sarà richiesta l’anima: allusione al giudizio di Dio, dopo la morte.

15,14-19 Meritevoli di condanna sono soprattutto gli Egiziani, oppressori d’Israele e dediti al culto degli idoli di tutti i popoli: considerarono dèi anche tutti gli idoli delle nazioni (v. 15). È una condanna del sincretismo egiziano, ancora in auge al tempo in cui scrive l’autore del libro. Gli idoli vengono derisi sulla scia di Sal 115,4-7 e 135,15-17. Nei vv. 18-19 viene condannata la zoolatria, molto praticata in Egitto.

=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti


vv. 1-6. L'unità è articolata in due parti (vv. 1-3; 4-6), introdotte entrambe dal pronome di prima persona plurale («nostro»: v. 1; «ci»: v. 4). La prima è una confessione dell'intima comunione che intercorre tra Israele e Dio, sottolineata letterariamente dai numerosi aggettivi e pronomi possessivi di seconda persona (tuoi – tua – ti – ti – tua); la seconda è una denuncia dell'idolatria culminante al v. 6.

v. 1. Ispirandosi specialmente alla descrizione di Es 34,6, ma anche linguaggio dei salmi, l'autore evoca i tratti salienti del Dio di Israele: «buono», con un accento personale e di perdono; «fedele», titolo nel quale confluisce sia l'assoluta lealtà di Dio agli impegni di alleanza, sia la sua veracità e autenticità, in contrapposizione all'inconsistenza degli idoli; «paziente», cioè l'opposto degli dei pagani vendicativi e gelosi; «secondo misericordia», dove la realtà di un Dio indulgente e aperto al perdono e alla grazia è accentuata dal fatto della sua onnipotenza (cfr. «tutto governi»).

vv. 2-3. Quattro volte ricorrono verbi attinenti al campo semantico del conoscere; è un conoscere non teorico e intellettuale, bensì esistenziale; si tratta, infatti, dell'orientamento totale di Israele verso Dio, anche al di là delle sue momentanee cadute nel peccato.

vv. 4-6. Nonostante la seduzione, Israele ha resistito all'idolatria; il merito – questo è detto solo implicitamente – va ascritto al dono della sapienza che gli ha permesso di conoscere il vero Dio. Evidentemente qui lo Pseudo-Salomone non si riferisce all'Israele storico, che spesso condivise le aberrazioni dei popoli pagani, bensì a quell'Israele ideale, numericamente minoritario ma qualitativamente unico e vero popolo di Dio, che durante i secoli rimase fedele a Dio e che è il vero modello per la comunità giudaica alessandrina. Il giudizio dell'autore sull'arte greca pare eccessivamente pessimista; egli è certamente influenzato dalla tradizionale ripulsa degli Ebrei per le immagini, ma qui la sua forte polemica non è contro l'arte in quanto tale, bensì contro gli idoli che essa rappresenta o comunque contro l'arte in quanto strumento e occasione di idolatria. Probabilmente al v. 5 c'è un'allusione alla celebre storia di Pigmalione, che si innamorò della statua di Afrodite da lui stesso scolpita. Una sentenza sapienziale chiude l'unità con una forte condanna degli idolatri. Costoro sono definiti «amanti del male» e si collocano così in contrapposizione radicale al giovane Salomone, che si innamora (letteralmente: «amante») della bellezza della sapienza (8,2).

vv. 7-13. Due termini posti in inclusione («terra-terrestre»: vv. 7a.13b; «vasi»: vv. 7d.13c) non solo delimitano l'unità, ma ne indicano pure il soggetto particolare, il vasaio che dall'argilla plasma i vasi. E l'ultima delle figure di fabbricatori d'idoli ricordate dall'autore; mentre il taglialegna risulta un povero uomo, ingenuo e sprovvisto di capacità critica, il vasaio appare invece in tutta la sua colpevolezza; è un cinico infatti, avido di denaro e consapevole del proprio peccato. Sullo sfondo di tutta la descrizione si sente imponente, ma anche discreta, la figura del Creatore, l'unico capace di dare all'argilla un alito di vita. Alla sua luce appare davvero ridicolo e malizioso il gesto del vasaio idolatra.

v. 8. L'argilla del vasaio con cui egli pretende di fabbricare idoli richiama la stessa realtà dell'origine dell'uomo, essendo egli stesso nato dalla terra. Qui l'autore si rifà a Gn 2,7 e specialmente a Gn 3,19, ma con un allargamento d'orizzonte, perché non è soltanto Adamo, ma ogni uomo ad essere tratto dalla terra; in ciò egli segue una riflessione biblica presente soprattuto in Giobbe (cfr. Gb 10,8-9; 33,6), ma anche in altri testi (ad es. Sal 103,13; Qo 3,20; 12,7). Dio dunque è ancora all'opera e trae dalla terra proprio questo vasaio che con la terra plasma idoli!

vv. 10-11. Riprendendo una frase di Is 44, 20 (LXX) l'autore qualifica come «cenere» il cuore di questo vasaio; essendo tutta la sua attività intellettuale e volitiva assorbita da un progetto radicalmente inconsistente come quello di fabbricare idoli, essa è davvero cenere, cioè una realtà interamente consumata e che non serve più a nulla. Il vasaio idolatra porta in sé già la morte, perché rifiuta l'autore della vita; essa infatti viene unicamente da Dio.

vv. 12-13. Tre detti correnti nel mondo greco descrivono in crescendo negativo l'attitudine interiore del vasaio. Il primo si pone in particolare contrasto con quanto precede, perché ad essere ritenuta trastullo è proprio questa nostra vita che abbiamo ricevuto dal creatore (v. 11). Il secondo alla nozione di gioco e di festa aggiunge quella di lucro; la vita deve essere infatti non solo una fiera, ma una fiera lucrosa. Col terzo detto non solo la festa, ma tutte le realtà e perfino il male (con ciò si intende specialmente la fabbricazione di idoli) vengono ridotte a puro strumento di profitto. È quest'unica sete di guadagno, distruggitrice di ogni valore e lucidamente perseguita, che rende il vasaio sommamente colpevole.

vv. 14-19. La presente unità costituisce la terza e ultima sezione della critica delle religioni pagane. Questa conclusione rappresenta pure il climax di tutta la lunga riflessione dell'autore, perché egli denuncia ora la forma peggiore dell'idolatria: la zoolatria! Responsabile non è più il generico mondo pagano, ma un popolo preciso: gli Egiziani. Questo permette all'autore di ricollegarsi col tema della piaga delle bestiole, che aveva preannunciato in 11,15 e poi ricordato in 12,23-25, e di preparare così la ripresa del midrash delle piaghe. L'articolazione di questa breve unità è semplice: una frase introduttiva (v. 14) qualifica e designa i colpevoli; ad essa seguono due motivazioni portanti, l'una sull'idolatria dei popoli (vv. 15-17), l'altra sul peccato specifico della zoolatria (vv. 18-19). La ripresa del dialogo diretto con Dio (cfr. v. 14) sottolinea la profonda partecipazione dello Pseudo-Salomone.

v. 14. «anima infantile»: qui, come in 12,24, indica il bambino che a causa dell'età è ancora privo di saggezza.

vv. 15-17. La stoltezza egiziana si fonda anzitutto sul fatto di condividere gli idoli dei pagani. Seguendo la tendenza biblica (cfr. Sal 115,5-7; 135,16-17; Dt 4,28; 5,23), l'autore sottolinea con vigore l'impotenza degli idoli, la quale proviene non solo dal loro essere fittizio, ma anche dal loro artigiano, l'uomo, che in quanto creatura non potrà mai trascendere il quadro della propria natura, anzi nemmeno creare un essere a lui simile.

vv. 18-19. Il secondo e più grave motivo della stoltezza egiziana è la zoolatria. E noto come il culto di animali vivi (gatti, cani, coccodrilli, serpenti, ippopotami...) fosse presente nella religione egiziana e che questo costituisse non solo oggetto di meraviglia, ma anche di condanna da parte degli autori greci e romani. Il nostro autore nella sua condanna mostra tutta l'irrazionalità di un simile culto: non solo si tratta di animali ripugnanti, ma anche di animali più stupidi di tutti gli altri; in essi è scomparsa perfino quella lode e quella benedizione che Dio aveva impartito a tutti gli animali al momento della creazione (Gn 1,21-22.25).

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


🔝C A L E N D A R IIndice BIBBIAHomepage



Pontiak - Innocence (2014)


immagine

I Pontiak sono un gruppo musicale statunitense originario delle Blue Ridge Mountains nello stato della Virginia composto da tre fratelli nati a Washington DC: Jennings Carney (1978, organo, basso), Van Carney (1980, voce, chitarra) e Lain Carney (1982, batteria). (Wikipedia) A due anni da Echo Ono, apice della loro carriera, i Pontiak pubblicano il loro settimo album Innocence. Devo ammettere che pur non amando particolarmente l'hard-rock, se così si può etichettare il suono di questa band statunitense, il disco mi ha subito preso e ascolto dopo ascolto è entrato tra i miei preferiti di questo inizio duemilaquattordici... artesuono.blogspot.com/2014/07…


Ascolta: album.link/i/792950884



noblogo.org/available/pontiak-…


Pontiak - Innocence (2014)


immagine

I Pontiak sono un gruppo musicale statunitense originario delle Blue Ridge Mountains nello stato della Virginia composto da tre fratelli nati a Washington DC: Jennings Carney (1978, organo, basso), Van Carney (1980, voce, chitarra) e Lain Carney (1982, batteria). (Wikipedia) A due anni da Echo Ono, apice della loro carriera, i Pontiak pubblicano il loro settimo album Innocence. Devo ammettere che pur non amando particolarmente l'hard-rock, se così si può etichettare il suono di questa band statunitense, il disco mi ha subito preso e ascolto dopo ascolto è entrato tra i miei preferiti di questo inizio duemilaquattordici... artesuono.blogspot.com/2014/07…


Ascolta: album.link/i/792950884


HomeIdentità DigitaleSono su: Mastodon.uno - Pixelfed - Feddit




[provetecniche]osserva rapidamente rileggono saltando la prima riga una] completa da raffiche tattiche venti] bipolari l'estremo orientabile il Barbican con le fiamme di carta as remains of the radiovalve walls -meno rapidi


noblogo.org/lucazanini/provete…



[filtri]lo sportello A0 A1 A2 è] [sempre velare è] un'affricata offre] mantiene la [temperatura le maestranze con i chiodi nelle tasche le tavolette sono quaderni] ad anelli fanno prima gli imballaggi sono] sufficienti non rimane non riconosciuto come] accumulo come [A -l'ennesima


noblogo.org/lucazanini/filtri-…



SPERDIMENTO

silenzio-ombelico di luce - affondo in vertigini di cielo

... unforgettable... le uve dei suoi occhi ad addolcire il sangue

(sperdimento il tempo che si sfoglia e squama questo cuore di paglia) .

Riflessione su “SPERDIMENTO”


Il tuo testo è una gemma lirica che vibra tra visione cosmica e intimità sensoriale. Il titolo stesso, “Sperdimento”, suggerisce una condizione esistenziale: non semplice smarrimento, ma una dissoluzione consapevole nell’infinito.


Temi e immagini


  • Silenzio-ombelico di luce
    Un ossimoro potente: il silenzio come origine, centro pulsante da cui si irradia la luce. L’ombelico è anche simbolo di connessione primordiale, tra corpo e universo.
  • Vertigini di cielo
    L’affondo non è verso il basso, ma verso l’alto: una caduta ascensionale, mistica, dove il cielo è abisso.
  • Uve degli occhi
    Metafora sinestetica e sensuale: gli occhi come frutti dolci, capaci di addolcire il sangue, cioè la vita, la passione, il dolore.
  • Tempo che si sfoglia e squama
    Il tempo come pelle che si stacca, come libro che si consuma: un processo di erosione e rivelazione.
  • Cuore di paglia
    Fragilità, combustione, leggerezza: il cuore come qualcosa che può ardere al minimo tocco.

Struttura e ritmo


  • Versi brevi, sospesi, che evocano il respiro trattenuto di un sogno o di una visione.
  • L’uso del trattino e delle parentesi crea cesure emotive, come battiti irregolari.
  • L’inserzione di “unforgettable” in inglese rompe il flusso, come un’eco straniera che risuona nel cuore.

noblogo.org/norise-3-letture-a…



Phish - Fuego (2014)


immagine

Dai campus delle università ai palchi di tutto il Nord America sull’onda del passaparola di milioni di fedeli seguaci, i Phish sono diventati a metà degli anni ’90 una delle jam band più note e amate degli Stati Uniti. Sostanze nel calderone: improvvisazioni pantagrueliche, straordinaria complicità con il pubblico e la garanzia di offrire sempre un evento unico. I loro concerti di Halloween sono una tradizione attesissima dai fan. I Phish indossano un “costume musicale”, calandosi nei panni di un gruppo storico e interpretandone un album per intero. Nel 2013 ad Atlantic City, i quattro hanno invece deciso di fare uno scherzetto da vigilia di Ognissanti, impersonando se stessi nel futuro e presentando in anteprima il dodicesimo album della band, pubblicato poi il 24 giugno per la loro etichetta, la Jemp... artesuono.blogspot.com/2014/07…


Ascolta: album.link/i/888421463



noblogo.org/available/phish-fu…


Phish - Fuego (2014)


immagine

Dai campus delle università ai palchi di tutto il Nord America sull’onda del passaparola di milioni di fedeli seguaci, i Phish sono diventati a metà degli anni ’90 una delle jam band più note e amate degli Stati Uniti. Sostanze nel calderone: improvvisazioni pantagrueliche, straordinaria complicità con il pubblico e la garanzia di offrire sempre un evento unico. I loro concerti di Halloween sono una tradizione attesissima dai fan. I Phish indossano un “costume musicale”, calandosi nei panni di un gruppo storico e interpretandone un album per intero. Nel 2013 ad Atlantic City, i quattro hanno invece deciso di fare uno scherzetto da vigilia di Ognissanti, impersonando se stessi nel futuro e presentando in anteprima il dodicesimo album della band, pubblicato poi il 24 giugno per la loro etichetta, la Jemp... artesuono.blogspot.com/2014/07…


Ascolta: album.link/i/888421463


HomeIdentità DigitaleSono su: Mastodon.uno - Pixelfed - Feddit




Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit, sed do eiusmod tempor incidunt ut labore et dolore magna aliqua. Ut enim ad minim veniam, quis nostrum exercitationem ullamco laboriosam, nisi ut aliquid ex ea commodi consequatur. Duis aute irure reprehenderit in voluptate velit esse cillum dolore eu fugiat nulla pariatur. Excepteur sint obcaecat cupiditat non proident, sunt in culpa qui officia deserunt mollit anim id est laborum.


noblogo.org/gea-sulmona/lorem-…



SAPIENZA - Capitolo 14


La salvezza di chi naviga viene solo da Dio1Anche chi si dispone a navigare e a solcare onde selvagge invoca un legno più fragile dell'imbarcazione che lo porta.2Questa infatti fu inventata dal desiderio di guadagni e fu costruita da una saggezza artigiana;3ma la tua provvidenza, o Padre, la pilota, perché tu tracciasti un cammino anche nel mare e un sentiero sicuro anche fra le onde,4mostrando che puoi salvare da tutto, sì che uno possa imbarcarsi anche senza esperienza.5Tu non vuoi che le opere della tua sapienza siano inutili; per questo gli uomini affidano la loro vita anche a un minuscolo legno e, avendo attraversato i flutti su una zattera, furono salvati.6Infatti, anche in principio, mentre perivano i superbi giganti, la speranza del mondo, rifugiatasi in una zattera e guidata dalla tua mano, lasciò al mondo un seme di nuove generazioni.7Benedetto è il legno per mezzo del quale si compie la giustizia,8maledetto invece l'idolo, opera delle mani, e chi lo ha fatto; questi perché lo ha preparato, quello perché, pur essendo corruttibile, è stato chiamato dio.9Perché a Dio sono ugualmente in odio l'empio e la sua empietà;10l'opera sarà punita assieme a chi l'ha compiuta.11Perciò ci sarà un giudizio anche per gli idoli delle nazioni, perché fra le creature di Dio sono diventati oggetto di ribrezzo, e inciampo per le anime degli uomini, e laccio per i piedi degli stolti.

Origine dell’idolatria12Infatti l'invenzione degli idoli fu l'inizio della fornicazione, la loro scoperta portò alla corruzione della vita.13Essi non esistevano dall'inizio e non esisteranno in futuro.14Entrarono nel mondo, infatti, per la vana ambizione degli uomini, per questo è stata decretata loro una brusca fine.15Un padre, consumato da un lutto prematuro, avendo fatto un'immagine del figlio così presto rapito, onorò come un dio un uomo appena morto e ai suoi subalterni ordinò misteri e riti d'iniziazione;16col passare del tempo l'empia usanza si consolidò e fu osservata come una legge. Anche per ordine dei sovrani le immagini scolpite venivano fatte oggetto di culto;17alcuni uomini, non potendo onorarli di persona perché distanti, avendo riprodotto le sembianze lontane, fecero un'immagine visibile del re venerato, per adulare con zelo l'assente, come fosse presente.18A estendere il culto anche presso quanti non lo conoscevano, spinse l'ambizione dell'artista.19Questi infatti, desideroso senz'altro di piacere al potente, si sforzò con l'arte di renderne più bella l'immagine;20ma la folla, attratta dal fascino dell'opera, considerò oggetto di adorazione colui che poco prima onorava come uomo.21Divenne un'insidia alla vita il fatto che uomini, resi schiavi della disgrazia e del potere, abbiano attribuito a pietre o a legni il nome incomunicabile.

L’idolatria è causa di ogni male22Inoltre non fu loro sufficiente errare nella conoscenza di Dio, ma, vivendo nella grande guerra dell'ignoranza, a mali tanto grandi danno il nome di pace.23Celebrando riti di iniziazione infanticidi o misteri occulti o banchetti orgiastici secondo strane usanze,24non conservano puri né la vita né il matrimonio, ma uno uccide l'altro a tradimento o l'affligge con l'adulterio.25Tutto vi è mescolato: sangue e omicidio, furto e inganno, corruzione, slealtà, tumulto, spergiuro,26sconcerto dei buoni, dimenticanza dei favori, corruzione di anime, perversione sessuale, disordini nei matrimoni, adulterio e impudicizia.27L'adorazione di idoli innominabili è principio, causa e culmine di ogni male.28Infatti coloro che sono idolatri vanno fuori di sé nelle orge o profetizzano cose false o vivono da iniqui o spergiurano con facilità.29Ponendo fiducia in idoli inanimati, non si aspettano un castigo per aver giurato il falso.30Ma, per l'uno e per l'altro motivo, li raggiungerà la giustizia, perché concepirono un'idea falsa di Dio, rivolgendosi agli idoli, e perché spergiurarono con frode, disprezzando la santità.31Infatti non la potenza di coloro per i quali si giura, ma la giustizia che punisce i peccatori persegue sempre la trasgressione degli ingiusti.

_________________Note

14,1-11 La critica ora colpisce chi rivolge la propria preghiera agli idoli di legno. Ad essi i naviganti affidavano la protezione delle imbarcazioni. Non è l’idolo, ma Dio solo, a dare protezione, come già ai tempi di Noè, quando salvò l’umanità e ne garantì la sopravvivenza (v. 6: lasciò al mondo un seme di nuove generazioni). un legno: l’idolo.

14,6 la speranza del mondo: Noè (Gen 6).

14,15 e ai suoi subalterni ordinò: si riferisce ai riti delle religioni misteriche, diffuse nel mondo orientale e greco-romano (vedi anche 14,23).

14,21 nome incomunicabile: quello di Dio (nella forma YHWH), che gli Ebrei non possono pronunziare.

=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti


vv. 1-10. L'autore continua la sua polemica antidolatrica proponendo una nuova figura, quella del marinaio che implora l'idolo protettore della sua nave. Anche qui si tratta di un idolo di legno e della preghiera rivolta ad esso; lo Pseudo-Salomone però approfondisce la riflessione affrontando il tema della provvidenza divina. Lo svolgimento del pensiero è chiaro e lineare: all'affermazione iniziale della maggior fragilità dell'idolo invocato rispetto alla nave che lo porta (v. 1) seguono tre motivazioni culminanti sulla provvidenza divina (vv. 2-3a); quest'ultima poi viene fondata con due ricche argomentazioni (vv. 3b-4; 5-7) disposte fra loro in ordine chiastico e facenti riferimento a due dati d'esperienza (navigazione di inesperti: v. 4b; navigazione in generale: v. 5bcd) e a due eventi della storia salvifica (il passaggio del Mar Rosso: v. 3bc; l'arca di Noè: v. 6). La riflessione poi si chiude con una breve unita (vv. 8-10), che da un lato riprende il discorso sull'idolo e all'altro introduce già il brano seguente.

vv. 2-3a. Le due motivazioni sono legate ad una argomentazione umana: al progresso economico dell'uomo che lo spinge a concepire l'idea di una nave, e alla sua capacità tecnica che gli permette di realizzare il progetto; ma esse sono superate dalla terza, con la quale l'autore si pone sul piano della fede: soltanto grazie alla provvidenza divina la nave potrà, una volta progettata e realizzata, affrontare il mare. Stilisticamente questo viene espresso dal passaggio alla seconda persona e alla forma di preghiera.

vv. 3b-4. L'evento più importante della storia salvifica, e cioè il passaggio del Mar Rosso, è la prima prova della provvidenza divina; infatti, tracciando per il suo popolo una strada sicura in mezzo al mare, Dio dimostra la sua assoluta signoria sulle acque! Si comprende perciò, ed è questo il dato di esperienza, che anche degli inesperti possano imbarcarsi senza timore su una nave. La conseguenza di tutto ciò non è solo la conferma di quanto detto al v. 3a, ma una nuova affermazione sull'onnipotenza salvifica divina (v. 4a); è quest'affermazione che occupa il posto centrale della prima argomentazione (vv. 3b-4).

vv. 5-7. L'autore inizia la seconda argomentazione con un'affermazione circa la positività e l'utilità di tutte le opere della sapienza (v. 5a); il mare è dunque una creatura utile ed infatti l'uomo se ne serve con la navigazione (v. 5bcd). A questo dato di esperienza si affianca di nuovo un dato biblico: l'arca di Noè (v. 6). Qui Noè viene presentato come il primo navigatore (vedi l'espressione: «in principio»), nel quale risalta in modo particolare l'assistenza provvidenziale di Dio. Questa appare specialmente nel contrasto Noè-giganti. Seguendo una nota tradizione giudaica (Sir 16, 7-8, 3 Mac 2, 4; Giuseppe Flavio, Ant. 1, 73.100), secondo cui i giganti primitivi (cfr. Gn 6,4) sarebbero stati annientati dal diluvio, l'autore contrappone la zattera di Noè alla possanza dei giganti; ma sarà soltanto il patriarca a salvarsi. Parimenti, è in questo Noè affidato a una fragile zattera che sopravviverà l'intera umanità. Confortato dall'inconfutabile dato biblico, l'autore può così concludere questa seconda argomentazione con una nuova affermazione di principio: Dio vuole che le sue creature rappresentate qui dal legno, siano utili (v. 7); dunque la fabbricazione di un idolo contraddice radicalmente la realtà di un Dio provvidente e dispensatore di benedizione.

vv. 8-10. Una profonda solidarietà intercorre tra l'idolo e il suo fabbricatore; con ciò il fabbricatore d'idoli diventa partecipe di tutti quei giudizi sarcastici sugli idoli espressi sopra. Ma in particolare lo Pseudo-Salomone alla benedizione precedente (v. 7) contrappone ora la maledizione; si tratta di una maledizione radicale e totale, che coinvolge non soltanto l'uomo, come nella tradizione biblica (cfr. ad es. Dt 27,15), ma anche l'idolo. Le conseguenze della maledizione sono due: l'essere in odio a Dio e il castigo. Già in 12,4 l'autore aveva espresso l'odio di Dio verso i Cananei, in quanto colpevoli di orribili delitti; qui ricompare la medesima espressione, perché l'idolatria, in quanto divinizzazione di una creatura (cfr. v. 8c), è davvero il massimo delitto che può compiere l'uomo.

vv. 11-31. Quest'unità costituisce la parte centrale della grande riflessione sull'idolatria (13,10-15,13) e anche il momento più importante; l'autore, infatti, non si limita a denunciare l'idolatria tramite la satira o la critica teologica, ma risale alla sua stessa origine, vedendovi una sorte di peccato originale che pesa gravemente sull'umanità e le cui terribili conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Un'ampia introduzione (vv. 11-14) preannuncia il castigo divino a causa degli idoli, adducendo due motivazioni: l'invenzione umana degli idoli e le conseguenti deviazioni morali; sono questi i due temi che verranno illustrati nei versetti seguenti. Infatti una prima parte (vv. 15-21) tratta l'argomento dell'origine del culto idolatrico ed una seconda parte (vv. 22-26) descrive tramite un catalogo di 22 vizi le terribili deviazioni morali causate dall'idolatria. La riflessione conclusiva (vv. 27-31), ricollegandosi all'introduzione, riprende il tema del castigo in riferimento però non più agli idoli, bensì agli idolatri spergiuri.

v. 11. «castigo»: l'inaugurazione del regno di Dio sulla terra comporterà l'annientamento degli idoli; essi infatti non hanno diritto di cittadinanza sulla terra in quanto non sono creature di Dio, ma rappresentano l'anticreazione, la pretesa divina dell'uomo. Tre termini descrivono l'assurdità creaturale degli idoli: abominio, scandalo, laccio; il primo sul piano dell'essere, i secondi due sul piano del comportamento.

v. 12. «prostituzione»: esprime bene l'intima connessione che l'autore sottolinea tra origine dell'idolatria e corruzione morale. Il termine, infatti, indica nel linguaggio biblico l'infedeltà religiosa di Israele; d'altra parte nel suo significato proprio la prostituzione diventa segno di tutta la corruzione morale che accompagna l'idolatria.

vv. 13-14. Trattandosi di un prodotto dell'uomo e non di una creatura di Dio, l'idolatria non potrà sussistere per sempre, ma sarà destinata a scomparire.

vv. 15-21. Oggetto di questi versetti è il preannunciato tema dell'origine del culto idolatrico. L'andamento della riflessione è ben articolato: il v. 15 illustra secondo un preciso ordine cronologico (lutto – immagine – apoteosi – culto misterico) l'apoteosi da parte del padre di un figlio precocemente morto e il successivo culto; il seguente v. 16 allarga l'orizzonte dal precedente piano familiare a quello sociale, introducendo l'apoteosi dei sovrani. A questa si arriva dapprima tramite la confezione di immagini (v. 17) e poi tramite la loro esplicita trastormazione in oggetto di culto, grazie anche alla connivente ambizione degli artisti e all'ingenua attrazione della gente (vv. 18-20). La conclusione del v. 21 riprende entrambi i casi con una forte riflessione teologica sul nome divino. 15. Le religioni misteriche conoscono una grande fioritura in questo I sec. a.C. e praticano un culto caratterizzato da insegnamenti segreti e da riti.

vv. 16-20. Lo Pseudo-Salomone, dopo aver accennato alle pretese divine dei re (v. 16b), insiste molto sulle immagini come fattore determinante del processo di divinizzazione. Per un Giudeo già la semplice immagine è carica di ambiguità e di pericolo ed è proprio essa che diventa oggetto di culto! In questo contesto l'autore polemizza pure contro l'arte greca, la cui seduzione non poteva non esercitare un forte ascino sugli ambienti giudaici, in particolare su quelli della diaspora.

v. 21. «nome incomunicabile»: si tratta verosimilmente del nome divino, JHWH, rivelato a Mosè (Es 3, 14), proprio soltanto di Dio, che deve rimanere nascosto e che l'uomo non può pronunciare; è partendo da questa concezione che si sente tutto l'orrore dell'autore per la divinizzazione di vili realtà terrestri, come pietre o legni! Da tale gravissimo abuso non potevano non scaturire terribili conseguenze morali.

vv. 22-26. Il catalogo dei vizi è introdotto dal v. 22 caratterizzato letterariamente da un doppio contrasto: conoscenza di Dio-ignoranza, guerra-pace, dove il capovolgimento dei valori è totale. Il catalogo stesso inizia al v. 23 e non offre alcun andamento logico, né la sua numerazione ha la pretesa della completezza, perché è estremamente varia, perfino casuale. C'è però un elemento organizzativo, che è dato dal numero 22, il numero delle lettere dell'alfabeto ebraico, e che richiama l'idea di totalità; ma si tratta di una totalità negativa. A questo catalogo si contrappone idealmente la lista delle 21 qualità della sapienza sopra ricordata (7,22-23).

v. 22. Non si tratta soltanto di una conoscenza di tipo filosofico, come nella diatriba cinico-stoica, bensì di una conoscenza biblica, dove accanto all'elemento intellettuale c'è tutto l'aspetto esistenziale dell'uomo. D'altronde il verbo «sbagliare» in Sapienza ha un significato profondamente esistenziale: è nella loro vita che gli empi sbagliano, specialmente nel loro modo di giudicare il giusto (1,12; 2,21; 5,6-7) ed è ancora a questo errare che l'autore imputa le varie forme di idolatria (11,15; 12,24; 13,6). Ne consegue un inquietante capovolgimento di valori, simboleggiato qui dal rovesciamento del comune senso dei termini «pace» e «guerra»; è il peccato del linguaggio, indice del totale pervertimento della verità. Già Isaia aveva denunciato con vigore questo capovolgimento di valori (cfr. Is 5,20).

v. 23. Per evidenziare lo stretto legame tra idolatria e immoralità, lo Pseudo-Salomone pone subito in primo piano le gravissime deviazioni dei culti misterici, specialmente quella dell'infanticidio. Egli si rifà verosimilmente alle numerose accuse che gli autori antichi muovono contro 1 misteri, specialmente quelli dionisiaci. Ma, come già a proposito dei Cananei (cfr. 12, 3-7), l'intento dell'autore non è semplicemente storico, rilevare cioè delle deviazioni, quanto teologico: egli vuole mostrare che la radice profonda dell'empietà sta proprio nell'idolatria e in particolare nella religione misterica, dove la pretesa sacralizzazione della vita nasconde in realtà i vizi più abominevoli. I veri «misteri» (BC = «segreti») a cui l'uomo deve rivolgersi sono invece quelli della sapienza (6,22), di cui l'autore nei capitoli precedenti ha appunto tessuto l'elogio e che ha additato come vera compagna di vita.

vv. 25-26. Per questo elenco di vizi lo Pseudo-Salomone trae ispirazione in parte dal decalogo, forse attraverso la rilettura di Os 4,2, e in parte dai cataloghi degli scritti filosofici greci. L'area sessuale è certamente quella più sottolineata.

vv. 27-31. Nel mondo greco-romano il giuramento viene considerato sacro e gioca un ruolo importante nella vita pubblica e sociale; nella tradizione biblica poi si è sempre avuto coscienza del carattere eccezionale del giuramento, perché con esso è Dio stesso che viene preso a testimone, e conseguentemente della gravità dello spergiuro. Il nostro autore è scandalizzato dalla facilità con cui nella società pagana si spergiura, nonostante il carattere religioso che si attribuisce al giuramento; ed egli vede proprio nell'idolatria la causa di questa continua violazione, essendo gli idoli inconsistenti e vacui. Questo comportamento però provoca una mentalità atea, secondo cui colui che conta nella storia non è più Dio, ma l'uomo e soltanto l'uomo. Ecco perché lo spergiuro costituisce il colmo d'ogni male ed è legato strettamente all'idolatria.

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


🔝C A L E N D A R IIndice BIBBIAHomepage



[rotazioni]gli insetti] un paio isolati lo stretto [di Bering 737 fanno due doc ma capovolti rosencrantz carl zeiss] Jena [la cifra pattuita pomodori tutto l'anno [ci guardano


noblogo.org/lucazanini/rotazio…