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[vortex]le arti decorative tutte le >a le] tipo a fustellatrice a cilindro centrale passione [zanzariere da tre generazioni scaglia] un pezzo unico alla Furlanetto fa i deserti glob of mud o guardano] in basso il] ghiaccio che si ritira il rullo] dell'inchiostro l'intoppo compressore


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[filtri]interurbane* bonus infissi [bellicosi o -meno cause chiuse refuso tattico T teatri sfusi tribunali oppure] non cadendo servizio monouso mostrano la pozzanghera dell'assessore un metro da sarto vasto] -meno assortimento veleni in punta caffè splendor [desaparecidos la diga] crolla le ventitré sono rimasti a riempire i capanni non cadendo i [centrotavola capodanno con gli spilli* [dating banca] dati il prossimo quelli buoni malgré eux


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Balloon Kid e l'arte di restare sospesi


La scatola del gioco

Schedina* Console: Game Boy * Anno: 1990 * Sviluppatore: Nintendo * Genere: Platform * Quanto ci ho giocato al primo giro: 1 ora e un quarto

Lo spunto è di quelli irresistibili: Alice e Jim sono due bambini che vivono in una città in cui in cielo ci sono le nuvolette, i grattacieli sono matite (giuro: Wikipedia dice che si chiama Pencilvania, spero sia vero) e ci si diverte tutto il giorno con i palloncini. Il problema è che Jim, ragazzo sveglio ma non troppo, decide di strafare e di mettere insieme un sacco di palloncini e di attaccarcisi... così comincia a svolazzare, e il vento se lo porta via. Tocca ad Alice andare a recuperare il fratello, a sua volta svolazzando per otto livelli, tenendo in mano due palloncini (ne bastavano due per divertirsi nel cielo, a quanto pare).

Basta la premessa per capire dove voglio andare a parare: Balloon Kid è semplicemente fantastico. Per quanto mi riguarda, rappresenta tutto ciò che amo in un platform: la relativa semplicità, la grafica tonda e vivace, la curva di apprendimento estremamente dolce. L'avrete capito anche dai miei post precedenti, probabilmente: non amo necessariamente la sfida, in un platform.

Un bel problema

È una cosa che ho realizzato da adulto: non mi hanno mai appassionato particolarmente i platform in cui è necessario azzeccare il salto con precisione millimetrica: bello Super Meat Boy, ma, come si dice, forse non è il mio. Al contrario, trovo delizioso e quasi terapeutico controllare questi piccoli personaggi in un mondo colorato e nel quale mi piacerebbe fare una passeggiata. Il mio gioco di Super Mario preferito è Super Mario Land 2: 6 Golden Coins, dopotutto: quello facile grazie al power-up della carota.

Balloon Kid ha molto di quel modo di pensare i platform (d'altronde credo condivida un pezzo importante di DNA). I controlli sono precisi ma non troppo, perché in fondo stiamo parlando di un platform in cui la protagonista può fare solo le seguenti cose: fluttuare per aria attaccata ai suoi palloncini, mollare i palloncini per affrontare brevissime sezioni a terra, gonfiare palloncini per risalire nel cielo verde dello schermo del primo Game Boy. Non risultano altre azioni: non si spara, non ci sono power-up, e non ci sono molti salti. Ci sono i palloncini e le nuvolette, e ostacoli come fulmini, uccellini e polpi che saltano fuori dall'acqua, mentre i livelli scorrono da destra verso sinistra ed Alice con loro.

Personalmente adoro i platform su Game Boy perché, con così pochi tasti a disposizione, gli sviluppatori non hanno modo di complicare (spesso inutilmente, ma dipende dai gusti) le cose. È l'essenza del gioco che deve funzionare bene: la fisica del salto, i tempi di risposta degli attacchi, la dinamica dell'accelerazione nella corsa. Balloon Kid, grazie al cielo, azzecca completamente l'unica sua grande meccanica: il fluttuare nel cielo. La prima metà del gioco ti permette di andare veloce, e poi, dal quinto livello in avanti, il gioco ti richiede di essere preciso. Di dosare la pressione del tasto A (con il quale Alice muove teneramente le braccia) e di passare indenne attraverso ostacoli sempre più complessi – ma non troppo. Ci sono anche le boss fight: tre botte in testa ai cattivi, e via.

Pencilvania!

Il gioco è mediamente facile e si finisce in un'ora, un'ora e un quarto. Ma stiamo parlando di un'oretta in cui ci è permesso indossare i panni di una bambina attaccata a dei palloncini, che attraversa un mondo di matite-grattacielo, templi, temporali a zone, montagne e oceani per salvare il suo fratellino, sfidando la sorte, il vento, la pioggia e gli uccellini. È un'ora gentile.

Se Balloon Kid ha un pregio è quello di ricordare a chi gioca che non serve sempre spingere, correre, ottimizzare: a volte basta restare sospesi il tempo giusto, fidarsi della brezza e tenere stretti i propri due palloncini.

Tags: #GameBoy #Nintendo #retrogaming #BalloonKid


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L'inizio di tutto: Trip World e Felix The Cat - Double Feature!


Questi sono stati i primi due articoli pubblicati sulla versione originale di Flusso Inverso, questo mio viaggio attraverso la prima library del Game Boy originale (ma pure Color, dai!). Li ripropongo qui per completezza, in attesa di pubblicare i nuovi pezzi che ho scritto su Balloon Kid e altri

Trip World e il privilegio dei sogni gentili


Schedina* Titolo: Trip World * Piattaforma: Game Boy * Anno di uscita: 1992 (Giappone), 1993 (Europa) * Sviluppatore: Sunsoft * Publisher: Sunsoft * Genere: Platform * Quanto ci ho giocato al primo giro: 2 ore

Mi sono avvicinato a Trip World scegliendolo a caso dalla lista di titoli emulabili dalla mia Anbernic. Non avevo idea di cosa fosse, ma devo dire che il delizioso filmato di apertura mi ha convinto a dargli una possibilità. A onor del vero, ancor prima di premere start ero pronto a cercare informazioni relative al gioco su Google, ma ho voluto evitare: se rigiocare questi vecchi giochi è un antidoto contro il caos, allora bisogna fare alla vecchia maniera. Premendo start, appunto, e non consultando uno smartphone.

E se decidiamo di iniziare giocare, scopriamo che Trip World è un gioco di Sunsoft, un team di sviluppo che mi è capitato varie volte di incrociare da bambino, perché avevo il gioco di Batman e uno di Daffy Duck – vado a memoria, senza controllare online. Erano tutti graficamente deliziosi, specie su un hardware limitato come il Game Boy, e Trip World non fa eccezione — anzi, spicca.”

Dal punto di vista visivo Trip World è proprio un bel gioco. Gli sprite del protagonista e delle creaturine “nemiche” sono ricchi di piccoli dettagli e di grande espressività, mentre gli sfondi sono particolareggiati e riescono a raccontare un piccolo mondo anche senza l’utilizzo di alcun testo. Nessuno parla, in Trip World: zero linee di dialogo, a parlare è solo quello che viene rappresentato a schermo. Il sonoro, poi, è splendido.

Trip World è un gioco estremamente semplice, almeno da un punto di vista concettuale: è un classico platform dell’era Game Boy, con tutti gli elementi che conosciamo. Cinque livelli (o “mondi”, come li chiama il gioco), scorrimento orizzontale, mascotte dolce e che vorresti immediatamente abbracciare, tanti salti, abilità di combattimento limitatissime, alcuni power-up che si possono raccogliere in giro e qualche enigma ambientale.

La cosa particolare, che ha reso Trip World una specie di piccolo cult (l’ho scoperto dopo averlo terminato, quando ero troppo curioso di capire quanto fosse conosciuto), è che il 90% dei nemici (ma perché poi, se non ti attaccano?) del gioco non ti attacca direttamente. Al massimo ti ostacolano leggermente spingendoti via.

È un approccio insolito, ed è insolito che non sia una gimmick roboante da comunicato stampa: non te lo dice nessuno, all’interno del gioco, lo noti e basta. Complice il fatto che il protagonista può, almeno inizialmente, solo sferrare un calcio con quelle sue piccole, adorabili gambette corte, ci si accorge presto che queste creaturine… si fanno gli affari propri. Al giocatore la scelta: li picchio o me ne vado per la mia strada?

Dimenticavo! Il protagonista può anche trasformarsi in un simpatico pesce, per superare le sezioni acquatiche (volendo si trasforma anche sulla terraferma, ma… non serve a niente!), e in una specie di forma adatta al volo, che nella mia sessione non ho mai utilizzato.

Il gioco è tutto qui. Dura meno di un’oretta, forse un po’ di più se si vogliono scoprire tutti i segreti. Si può riassumere in poche parole: platform bello da vedere e da sentire, e rilassante da giocare. Allora perché parlarne?

Perché Trip World, con la sua estetica dolcemente psichedelica, ha la rara capacità di isolare chi ci gioca dal mondo esterno. È un piccolo mondo che sembra vivere per conto proprio, slegato quanto basta dalle dinamiche classiche del videogioco anni ’90 per dimostrare originalità senza tuttavia risultare alieno al giocatore.

È un gioco semplice nella migliore accezione del termine, che si concede il lusso di provare a far sognare, almeno per un paio d’ore, chi decide di mettersi a giocare. Lo fa, oltretutto, con i pochissimi mezzi a disposizione concessi dall’hardware del Game Boy.

Una persona che stimo molto mi disse che “è un privilegio avere sogni educati”. Non so bene perché, ma nel giocare a Trip World ho pensato che avesse proprio ragione.

Una birra con Felix The Cat


Schedina* Console: Game Boy * Anno: 1993 * Sviluppatore: Hudson Soft * Genere: Platform * Quanto ci ho giocato al primo giro: 1 ora e mezza

Nel far partire il gioco di Felix The Cat per il Game Boy mi sono reso conto di non sapere nulla di Felix, il personaggio. O meglio: lo riconoscerei tra mille perché ha un design bellissimo, tondo ed espressivo, ma non so esattamente in cosa consista il suo cartone animato.

La cosa è strana, perché io adoro i cartoni animati, specie quelli della prima metà del ‘900. Eppure, pur avendone visti tanti, non ho quasi mai incrociato sul mio cammino il buon (?) Felix. Sono andato a cercare su YouTube qualche spezzone e credo francamente che sarà la mia prossima ossessione per le settimane a venire. Ho già adocchiato un video di mezz’ora che parla dei 100 anni di evoluzione del personaggio.

Però, insomma, anche non sapendo nulla di Felix devo dire che il suo gioco per Game Boy è assolutamente comprensibile: Felix è un gatto antropomorfo e l’antagonista del gioco rapisce la sua fidanzatina Kitty. A lui toccherà attraversare sei mondi, suddivisi in un paio di livelli ciascuno, per salvarla.

Tecnicamente non c’è moltissimo da dire su un gioco come questo (sospetto che in questo viaggio nella library del Game Boy mi capiterà spesso di ripetere variazioni di questo paragrafo, ma tant’è). Si salta sulle piattaforme e si colpiscono nemici, partendo da sinistra e andando verso destra. Lo spin che il gioco offre alla classica formula del platform anni ’90 è che, raccogliendo la valuta del gioco (le monete con la faccia triste di Felix), il nostro protagonista potrà accedere a diversi power-up, che si accumuleranno uno dopo l’altro.

Questi power-up fanno sì che Felix acquisisca due vantaggi rispetto alla sua forma base: in primo luogo, potrà sopportare più colpi nemici (che lo faranno regredire al power-up precedente e non perdere immediatamente una vita). Inoltre, questi power-up gli permetteranno di diventare… un sacco di cose a seconda del contesto, come una specie di bolide e un tank, consentendogli di sparare dei colpi forti ma imprecisi, come da tradizione dei platform.

Ci sono poi dei livelli maggiormente accostabili agli sparatutto a scorrimento orizzontale dell’epoca piuttosto che ai puri platform, secondo me i più riusciti – specie il livello acquatico e quello spaziale, che sono davvero deliziosi.

Mi rendo conto che non sia esattamente un resoconto entusiasmante, eppure mi sono divertito tantissimo a giocare a Felix The Cat. La grafica è una delle più belle che abbia visto su Game Boy e riesce a trasmettere perfettamente la sensazione di stare giocando a un cartone animato, al netto delle limitazioni tecniche degli 8-bit e della monocromia. Le musiche, semplici e allegre, sono pronte a essere fischiettate. La fisica del salto funziona molto bene per il tipo di gioco immaginato dagli sviluppatori, e la difficoltà tarata verso il basso rende il gioco una buffa scampagnata in un mondo pieno di cose tonde.

Come in anni recenti ci ha insegnato Cuphead, infatti, l’estetica visiva e sonora da cartone animato dei primi del ‘900 funziona meravigliosamente se applicata ai platform e agli shooter a scorrimento. Non c’è un elemento in Felix che sembri fuori posto, non c’è un fondale che non sia immediatamente riconoscibile (e adorabile, per quel che mi riguarda). Ogni animazione riesce a far sorridere e a catapultarti in un mondo colorato e pieno di avventure bislacche.

È un gran gioco, quindi? Probabilmente, per gli standard con cui abbiamo stabilito che andrebbero recensiti i videogiochi, no: è estremamente semplice, e si finisce in un’oretta o poco più. Il senso di inferiorità degli appassionati di videogiochi rispetto ad altre forme d’arte dovrebbe relegarlo a un “carino, ma nulla più”.

Eppure non riesco a non amare questo Felix The Cat. È una questione di sensibilità personale, probabilmente, e di mia riluttanza verso gli standard di cui sopra – quelli per i quali tutto deve essere profondo, coinvolgente, entusiasmante. Felix non è profondo, non è coinvolgente, e non è nemmeno entusiasmante. È simpatico e intraprendente, quello sì.

Il punto, in fondo, è questo: Felix fa quel che può. Nello specifico corre, salta, spara e prova a salvare Kitty. Se si ha voglia di accompagnarlo, però, si scopre che è come prendere qualcosa da bere con un amico che vedi ogni tanto – non troppo spesso, magari.

A volte non serve altro, per stare bene.

Tags: #GameBoy #Retrogaming


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Antony And The Johnsons - Turning (2014)


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Siamo dietro le quinte. Antony si rivolge alle tredici “magnifiche donne” che si sono avvicendate sul palco, complimentandosi con tutte. “E’ stato perfetto“, dice, “a parte qualche problemino con la mia voce“. Non so a quali problemi si riferisse il buon Hegarty, ma se avessero a che fare con quell’estro più terrigno, quella grana soul carnale e a tratti persino brusca che ne hanno mitigata la consueta spiritualità, sono problemi che gli auguro di affrontare spesso. La scena sta più o meno alla fine di Turning, docufilm diretto da Charles Atlas uscito due anni fa ed oggi pubblicato in DVD (più CD contenente l’intera scaletta dei brani)... artesuono.blogspot.com/2014/11…


Ascolta: album.link/i/923502798



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Antony And The Johnsons - Turning (2014)


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Siamo dietro le quinte. Antony si rivolge alle tredici “magnifiche donne” che si sono avvicendate sul palco, complimentandosi con tutte. “E’ stato perfetto“, dice, “a parte qualche problemino con la mia voce“. Non so a quali problemi si riferisse il buon Hegarty, ma se avessero a che fare con quell’estro più terrigno, quella grana soul carnale e a tratti persino brusca che ne hanno mitigata la consueta spiritualità, sono problemi che gli auguro di affrontare spesso. La scena sta più o meno alla fine di Turning, docufilm diretto da Charles Atlas uscito due anni fa ed oggi pubblicato in DVD (più CD contenente l’intera scaletta dei brani)... artesuono.blogspot.com/2014/11…


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Es Cartago, en el norte de África, en lo que ahora es Túnez. Es el siglo VI a.C. Estamos en la capital del estado púnico, es decir de los fenicios de occidente. Y ahí, alguien, en la necrópolis, olvida una tarjeta con la inscripción “mi Puniel Karthazies”: “soy un fenicio de Cartago”.

Pero la inscripción está en etrusco y los fenicios se decían canaaneos a sí mismos. ¿Qué pasa?

De estos y otros apuntes sueltos traídos del libro “Mare Aperto” de Luca Misculin hablaremos hoy en #LunesDeLenguas

Foto de la tarjeta de invitación: dos pedazos de marfil sobre un fondo negro.

El libro de Misculin es una historia cultural, política, geológica y mitológica sobre el Canal de Sicilia, la parte del Mediterráneo que está, justamente, entre la isla italiana y los estados contemporáneos de Túnez y Libia. Habla de muchas cosas que no tienen que ver con lenguas, pero lo recomiendo mucho de todas maneras, si pueden leer italiano.

Pero volviendo a los fenicios, estos eran un pueblo semítico que se consideraban hijos de Canáan y vivían en el extremo oriental del Mediterráneo.

Es decir, su origen estaba en las costas de lo que ahora es Líbano, Palestina, Siria e Israel.

A los fenicios les encantaba tanto navegar como fundar nuevas ciudades para poder comerciar. Y por eso en algún momento del siglo IX a.C. fundaron Cartago al otro extremo del Mediterráneo.

Allí se volvieron famosos por comerciar una exquisitez que el resto del Mediterráneo codiciaba: el color morado*.

El tinte morado se conseguía recogiendo las secreciones de ciertos caracolitos (o machacando sus caparazones) que se pueden encontrar por la costa de Tiro (la primera capital fenicia, en el actual Líbano).

en.wikipedia.org/wiki/Tyrian_p…

El color era escaso en la naturaleza y el proceso para producirlo era dispendioso, por lo que era muy caro. Y se convirtió en símbolo de riqueza y de realeza. Sólo la gente más acaudalada podía darse ese lujo. El lujo de comprarles a los fenicios.

Entonces, una de las principales teorías de por qué los hijos de Canaán comenzaron a ser conocidos como “fenicios” tiene que ver, justamente, con el morado.

En giergo antiguo, “morado” se dice φοῖνιξ (fóiniks). Palabra que también quiere decir “dátil” (otro gran éxito del comercio fenicio) y “fénix” (como el ave mitológica.

en.wiktionary.org/wiki/%CF%86%…

Pero queda la pregunta: ¿los griegos nombraron al color por los fenicios? ¿O nombraron a los fenicios por la palabra que tenían para el color?

Misculin cree en la segunda opción, por otra palabra griega, φοινός (foinós), que significa tanto “rojo sangre” como “mortal”.

en.wiktionary.org/wiki/%CF%86%…

Es decir, que el autor dice que ya había una palabra que significaba “rojo sangre” y que la palabra para morado, un color similar, derivó de ahí.

Esta etimología sigue siendo algo incierta. Pero sin importar qué vino primero, influenció la opinión que tanto los griegos como los romanos llegaron a tener sobre los fenicios.

En la Ilíada, compuesta quizás durante el siglo VIII a.C., los fenicios son descritos como πολυδαίδαλοι (polydáidaloi), “los de muchos talentos artísticos”.

En el siglo V a.C., tanto fenicios como persas intentaron conquistar Sicilia, entonces territorio griego.

Ninguno lo logró, pero desde entonces para los griegos ambos pueblos quedaron en la categoría de “bárbaros” (del griego βάρβαρος, bárbaros, “el que balbucea” o, más literalmente, “el que sólo dice blah blah”).

Los fenicios no eran vistos ahora sólo como gente que hablaba una lengua diferente (aunque como buenos comerciantes, y como muestra la tarjeta del inicio de este hilo, eran buenos aprendiendo otras lenguas), sino que además se convirtieron en un “otro”: una gente malvada, violenta y sangrienta cuya mera existencia nos pone en riesgo, por lo cual no son dignos de confianza.

En la “República” de Platón, del siglo IV a.C., Sócrates dice que las mentiras son “cosas fenicias”.

En su política, Aristóteles dice que los fenicios están “inclinados a la guerra”.

Quizás desde este punto de vista tenga sentido que su nombre tenga que ver con la palabra para decir “mortal” y “sangre”.

En el siglo III a.C. los romanos ya habían conquistado no sólo Sicilia, sino todas las ciudades griegas. Y además de importar la religión y buena parte del vocabulario, también importaron el odio hacia los fenicios. Y en particular hacia los cartaginenses.

En latín, fenicio se dice “poenus” o “poenicus”, dos romanizaciones diferentes de la palabra “foinix” hecha para una lengua que no tenía una f aspirada (como sí la tenían los griegos), ni sabía pronunciar la x (ξ).

etimologias.dechile.net/?pu.ni…

De ahí viene el adjetivo “púnico” (como en las guerras púnicas) para referirse a los cartaginenses. Y de ahí viene la expresión coloquial latina “fides punica” (“pacto cartaginés”) para referirse a una mentira o a una traición.

El odio romano por Cartago llegó al punto que, en las guerras púnicas, se propusieron no sólo derrotar a su rival, sino a borrarla del mapa.

Por lo que la alocución “Carthago delenda est”, de la que hablaremos alguna otra vez, se volvió famosa.

es.wikipedia.org/wiki/Carthago…

Pero, un momento, volvamos a esa inscripción del principio. Dije que era del siglo VI a.C. y que estaba en etrusco. Es decir que los fenicios ya viajaban a la península itálica antes de que Roma fuera “caput mundi”.

Y es decir que los fenicios ya eran conocidos como “punies” en etrusco, antes de que el latín dominara la península y quizás antes de que las influencias latinas entraran al latín.

Así que es posible que hayan sido los etruscos los que no tenían f aspirada ni x. Y que ellos se hayan inventado eso de “púnicos” tras escuchar el nombre griego para esta gente.

No sabemos con seguridad.

Lo que sí sabemos es que tanto el alfabeto etrusco, como el griego, como el latino derivan del fenicio. Ah, gente pa' echada pa'lante en.wikipedia.org/wiki/Archaic_…

*O púrpura, o violeta, o como le digan en su casa. Pero yo soy colombiano y digo morado porque he tomado muchos jugos de mora.


noblogo.org/lunes-de-lenguas/e…



SAPIENZA - Capitolo 9


La preghiera di Salomone per ottenere la sapienza1“Dio dei padri e Signore della misericordia, che tutto hai creato con la tua parola,2e con la tua sapienza hai formato l'uomo perché dominasse sulle creature che tu hai fatto,3e governasse il mondo con santità e giustizia ed esercitasse il giudizio con animo retto,4dammi la sapienza, che siede accanto a te in trono, e non mi escludere dal numero dei tuoi figli,5perché io sono tuo schiavo e figlio della tua schiava, uomo debole e dalla vita breve, incapace di comprendere la giustizia e le leggi.6Se qualcuno fra gli uomini fosse perfetto, privo della sapienza che viene da te, sarebbe stimato un nulla.7Tu mi hai prescelto come re del tuo popolo e giudice dei tuoi figli e delle tue figlie;8mi hai detto di costruirti un tempio sul tuo santo monte, un altare nella città della tua dimora, immagine della tenda santa che ti eri preparata fin da principio.9Con te è la sapienza che conosce le tue opere, che era presente quando creavi il mondo; lei sa quel che piace ai tuoi occhi e ciò che è conforme ai tuoi decreti.10Inviala dai cieli santi, mandala dal tuo trono glorioso, perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica e io sappia ciò che ti è gradito.11Ella infatti tutto conosce e tutto comprende: mi guiderà con prudenza nelle mie azioni e mi proteggerà con la sua gloria.12Così le mie opere ti saranno gradite; io giudicherò con giustizia il tuo popolo e sarò degno del trono di mio padre.13Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?14I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni,15perché un corpo corruttibile appesantisce l'anima e la tenda d'argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.16A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo?17Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall'alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?18Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza”.

_________________Note

9,1-18 Il brano si richiama alla preghiera di Salomone, ricordata in 1Re 3,6-9 e 2Cr 1,8-10.

9,8 enda santa: allusione alla tenda fatta costruire da Mosè nel deserto (Es 25,9.40).

9,15 tenda d’argilla: è immagine della condizione precaria dell’uomo. L’espressione un corpo corruttibile appesantisce l’anima vuole indicare le difficoltà che incontra il cammino spirituale dell’uomo. A differenza della filosofia greca, il pensiero biblico non contiene un giudizio negativo sul corpo.

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Approfondimenti


vv. 1-18. Preannunciata al capitolo precedente, si staglia ora imponente, ma anche delicata ed appassionata, la preghiera del c. 9, nella quale il giovane Salomone invoca da Dio il dono della sapienza. Questa preghiera è articolata in tre strofe (vv. 1-6; 7-12; 13-18), delimitata rispettivamente dalle inclusioni: «uomo-uomini» (vv. 2.6), «tuo popolo-tuo popolo» (7.12), «uomo-uomini» (vv. 13.18). Si tratta di termini significativi perché segno di un progressivo allargamento d'orizzonte: se nella prima strofa Salomone è presente come un uomo fra gli uomini con la medesima vocazione e i medesimi limiti, il Salomone della seconda strofa è specificatamente il re del popolo di Dio, chiamato a costruire il tempio; nell'ultima strofa Salomone non viene più menzionato; egli diventa l'uomo di ogni epoca e di ogni terra, invitato a realizzare il progetto di Dio; si prepara così l'orizzonte del c. 10, dove compariranno i grandi personaggi della storia universale. Al centro di ogni strofa spicca la richiesta della sapienza: vv. 4.10.17bc. Quella del v. 10 è l'invocazione più forte, sottolineata dalla ripetizione sinonimica; a ciò si aggiunga che il v. 10 non solo si trova al centro della seconda strofa, ma anche esattamente al centro dell'intero capitolo, avendo 22 emistichi prima e 2 emistichi dopo! Dunque, se ciascuna strofa converge verso i rispettivi centri, tutto il capitolo converge in particolar modo sul centro del v. 10; a ragione dunque si tratta qui al c. 9 di una preghiera! Il capitolo si apre e si chiude con l'espressione «per mezzo della sapienza» (vv. 2a.18c), unici passi di tutto il libro dove compaia questa espressione letteralmente. I due passi segnano pure i due poli della riflessione teologica dello Pseudo-Salomone, perché dalla sapienza creatrice operante all'inizio presso Dio si arriva alla sapienza salvifica operante nella storia degli uomini; in tal modo, in uno sguardo veramente unitario, la sapienza appare al centro dell'azione amorevole di Dio che crea e salva l'uomo; attraverso essa soltanto passa il rapporto Dio-uomo. Di qui l'appassionata e insistente invocazione della sapienza!

vv. 1-6. Salomone, uomo fra gli uomini, invoca la sapienza.

v. 1a. «Dio dei padri e Signore di misericordia»: sebbene in questa prima strota della preghiera, Salomone venga presentato semplicemente come uomo fra gli uomini, di Dio si sottolinea anzitutto la dimensione storico-salvifica, prima ancora di quella creazionale; egli è infatti il Dio dei padri, Il Dio cioè dei patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe (cfr. ad es. Es 3,6) e poi anche di Davide (cfr. 1 Re 3,6-7; 6,12-13). Grazie ai loro meriti, Israele possiede degli intercessori potenti; ma è soprattutto la misericordia dimostrata da Dio nei loro confronti ad infondere fiducia alla preghiera dello Pseudo-Salomone!

vv. 1b.2a. La disposizione chiastica dei due emistichi evidenzia il parallelismo parola-sapienza; i due termini rappresentano certamente entrambi l'intera opera creatrice di Dio, ma con due sfumature diverse: la parola sottolinea maggiormente la grandezza e la maestà di Dio che crea l'universo, la sapienza evidenzia specialmente l'intelligenza e la scienza che caratterizzano l'opera creatrice, specialmente nei confronti dell'uomo.

v. 3. Il binomio «santità e giustizia» esprime la collocazione esistenziale che, secondo il disegno di Dio, l'uomo deve assumere all'interno del creato. Tramite la santità l'uomo riconosce fondamentalmente la sua creaturalità nei confronti di Dio; tramite la giustizia, invece, si rapporta in modo corretto verso gli altri uomini e verso le creature irrazionali. Verosimilmente, a motivo della regalità di Salomone all'interno dell'esercizio della giustizia, l'emistichio seguente sottolinea l'importanza di un sereno e imparziale esercizio della giustizia.

v. 4. Esattamente al centro di questa prima unità risuona la preghiera d'invocazione della sapienza. Il giovane Salomone non solo richiede esplicitamente la virtù della sapienza, come già in 2Cr 1,10, ma la sapienza stessa personificata; questa sposa ideale, di cui s'era tessuto l'elogio nel capitolo precedente, appare qui come una regina in possesso di una piena dignità regale; è essa infatti colei che governa il mondo (cfr. 8,1) e soprattutto gli uomini (cfr. 7, 27).

v. 5. Nel contesto della preghiera emergono alcune reminiscenze di salmi atte ad esprimere le ragioni profonde di questa richiesta. Anzitutto con le parole del Sal 116,16 Salomone protesta con forza la sua dipendenza assoluta da Dio e dunque la sua appartenenza a lui; col Sal 90 (specialmente i vv. 5-6.9-10) riconosce poi la caducità della propria vita; infine adduce un motivo peculiare, inerente alla sua condizione di re, e cioè l'incapacità di discernere da solo ciò che è giusto e secondo le leggi. La richiesta della sapienza diventa così una necessità davvero vitale.

v. 6. La filosofia contemporanea, specialmente quella stoica, proponeva l'ideale della perfezione, ideale tuttavia assai difficile da raggiungere, se non impossibile. Ma anche una ipotetica perfezione umana sarebbe ancora radicalmente insufficiente in assenza della sapienza, cioè della prospettiva divina, che sola può dare senso alla vita dell'uomo.

vv. 7-12. Salomone in quanto re invoca la sapienza.

v. 7. Se già in quanto uomo Salomone necessita del dono della sapienza, tanto più gli è necessaria in quanto re. A questo compito egli e stato prescelto da Dio nel contesto li un disegno dove i titoli umani di primogenitura e di diritto cedono il passo all'imperscrutabile volontà di Dio: Salomone fu preferito ad Adonia (cfr. 1Re 1,5.28-40) e agli altri figli di Davide (cfr. 2Sam 3,2.5). Così egli dovrà esercitare non semplicemente una funzione giuridica o un potere, ma una missione, perché si tratta del popolo di Dio; quest'ultimo concetto è particolarmente sottolineato dal triplice aggettivo possessivo «tuo» e dall'espressione «tuoi figli/tue figlie», che non solo esplicita «tuo popolo», ma gli conferisce un carattere più personale e patetico. Di conseguenza è davvero necessaria la sapienza.

v. 8. Traspare tutto l'amore per il tempio proprio dello Pseudo-Salomone e della generazione contemporanea, amore cresciuto a dismisura dopo le vicissitudini della distruzione, dell'esilio e della perdita dell'indipendenza politica. Quest'amore nasce dalla scelta che Dio ha fatto di Gerusalemme ed in particolare del tempio come sua dimora; questo tempio infatti, come già la tenda del deserto, è la replica terrestre dell'autentico santuario celeste. Del tempio lo Pseudo-Salomone evidenzia l'altare degli olocausti, il luogo cioè dove, tramite il sacrificio, l'uomo riconosce e fa propria la presenza divina. Per questo sublime compito di liturgia Salomone necessita del dono della sapienza!

v. 10. Le due riflessioni precedenti su Salomone re e liturgo sfociano nell'invocazione forte e appassionata della sapienza, che si colloca al centro dell'intero capitolo. Si esclude con vigore una presenza superficiale e temporanea della sapienza; questa infatti condividerà davvero la vita di Salomone, permettendogli con la illuminazione interiore e con la compartecipazione alla fatica quotidiana di ottemperare alla sua missione.

v. 11. Riprendendo il verbo «guidare», che in Dt 1,33 (cfr. anche Ne 9,12; Sal 78,14) descrive l'accompagnamento del popolo di Dio nel deserto da parte della colonna di nube e di fuoco, l'autore prospetta ora la sapienza come la vera guida che accompagnerà e proteggerà Salomone nell'esodo della sua vita. L'emistichio 11c sottolinea ancora il concetto precedente con il termine «gloria», che significa non solo potenza, ma anche luce, e indica una presenza profonda, intima, permanente, di Dio stesso nella vita del giovane Salomone.

vv. 13-18. Necessità della sapienza per ogni uomo.

v. 13. Una duplice domanda retorica introduce quest'ultima unità, nella quale la preghiera assume un carattere dottrinale e sapienziale; prova ne sia la serie di domande retoriche e l'uso prevalente della terza persona (vv. 13-16). Scompare la figura storica di Salomone ed emerge l'uomo in generale, di ogni tempo e di ogni terra, nel suo confronto con l'insondabile disegno divino. Le due domande retoriche del versetto esprimono l'intima convinzione dell'autore che l'uomo, privo della sapienza, non può conoscere la volontà di Dio e quindi realizzare il progetto a cui è stato chiamato.

v. 14. A conferma dell'affermazione precedente l'autore adduce anzitutto l'esperienza della vita e della storia, da cui risulta l'incertezza e la fragilità delle riflessioni umane. Non si tratta di una mortificazione totale del pensiero umano, ma piuttosto della presa di coscienza delle sue inadeguatezze di fronte al mondo di Dio.

v. 15. Viene illustrata qui la ragione profonda dei limiti dell'uomo. Se l'autore ricorre a un vocabolario desunto dalla filosofia platonica (corpo-anima-mente-tenda d'argila), egli se ne differenzia quanto al pensiero: la mente non rappresenta un terzo elemento, ma l'anima in quanto fonte del pensiero, in armonia dunque con lo schema binario corpo-anima proprio del libro della Sapienza (cfr. ad es. 1,4; 8,19-20; 16,14); non si presuppone un'esistenza anteriore dell'anima, né questa viene ritenuta prigioniera di un corpo ed esortata a liberarsene il più presto possibile. Lo Pseudo-Salomone vuole semplicemente sottolineare la corruttibilità del corpo, la sua affinità con le realtà materiali e quindi la tensione con l'anima appartenente invece alle realtà spirituali; la metafora della tenda d'argilla evidenzia precisamente il legame del corpo con la materia e di conseguenza il fatto d'essere per l'anima una dimora fragile ed instabile. Queste considerazioni poggiano essenzialmente su un dato di fatto e non di speculazione e permettono all'autore di mostrare ancora una volta l'assoluta necessità della sapienza.

v. 17. Il versetto riprende la domanda iniziale del v. 13a, a cui però dà anche la risposta (v. 17bc). Il contenuto della risposta alla domanda è naturalmente il dono della sapienza (v. 17b); ad esso si aggiunge pure il dono del santo spirito (v. 17c). L'autore specifica l'attività della sapienza tramite la nozione biblica di spirito. Un testo di Isaia (Is 63, 8-14) aveva presentato lo spirito come la guida di Israele durante l'esodo; lo Pseudo-Salomone riprende questo concetto nell'imminenza della descrizione dell'opera della sapienza nella storia salvifica (Sap 10-19), dandogli pero un orizzonte universale.

v. 18. Questo versetto serve da transizione. Da un lato si riallaccia al versetto precedente tramite l'avverbio iniziale«così» e la ripresa del termine «sapienza»; inoltre completa la risposta alla domanda precedente con l'affermazione che storicamente gli uomini furono salvati per mezzo della sapienza; dall'altro proprio con quest'ultima affermazione preannuncia quanto verrà narrato nella terza parte del libro. Il senso dell'immagine dei sentieri raddrizzati, immagine che ritornerà poco dopo a proposito della fuga di Giacobbe (10,10), viene dato esplicitamente dall'emistichio seguente; si tratta cioè della conoscenza della volontà di Dio nelle evenienze concrete della vita e della sua attuazione.

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Sapienza – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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31 agosto di due anni fa, primo giorno di "esiste la ricerca" al teatro litta,...


31 agosto di due anni fa, primo giorno di “esiste la ricerca” al teatro litta, a milano. pranzo da alessandro broggi. avevamo parlato anche di varie ragioni di poetica. e di lavoro sulle ipotassi di alcuni romanzi, soprattutto se remoti, anche pre-novecenteschi.


noblogo.org/differx/31-agosto-…



L'inizio di tutto: Trip World e Felix The Cat - Double Feature!


Questi sono stati i primi due articoli pubblicati sulla versione originale di Flusso Inverso, questo mio viaggio attraverso la prima library del Game Boy originale (ma pure Color, dai!). Li ripropongo qui per completezza, in attesa di pubblicare i nuovi pezzi che ho scritto su Balloon Kid e altri

Trip World e il privilegio dei sogni gentili


Schedina* Titolo: Trip World * Piattaforma: Game Boy * Anno di uscita: 1992 (Giappone), 1993 (Europa) * Sviluppatore: Sunsoft * Publisher: Sunsoft * Genere: Platform * Quanto ci ho giocato al primo giro: 2 ore

Mi sono avvicinato a Trip World scegliendolo a caso dalla lista di titoli emulabili dalla mia Anbernic. Non avevo idea di cosa fosse, ma devo dire che il delizioso filmato di apertura mi ha convinto a dargli una possibilità. A onor del vero, ancor prima di premere start ero pronto a cercare informazioni relative al gioco su Google, ma ho voluto evitare: se rigiocare questi vecchi giochi è un antidoto contro il caos, allora bisogna fare alla vecchia maniera. Premendo start, appunto, e non consultando uno smartphone.

E se decidiamo di iniziare giocare, scopriamo che Trip World è un gioco di Sunsoft, un team di sviluppo che mi è capitato varie volte di incrociare da bambino, perché avevo il gioco di Batman e uno di Daffy Duck – vado a memoria, senza controllare online. Erano tutti graficamente deliziosi, specie su un hardware limitato come il Game Boy, e Trip World non fa eccezione — anzi, spicca.”

Dal punto di vista visivo Trip World è proprio un bel gioco. Gli sprite del protagonista e delle creaturine “nemiche” sono ricchi di piccoli dettagli e di grande espressività, mentre gli sfondi sono particolareggiati e riescono a raccontare un piccolo mondo anche senza l’utilizzo di alcun testo. Nessuno parla, in Trip World: zero linee di dialogo, a parlare è solo quello che viene rappresentato a schermo. Il sonoro, poi, è splendido.

Trip World è un gioco estremamente semplice, almeno da un punto di vista concettuale: è un classico platform dell’era Game Boy, con tutti gli elementi che conosciamo. Cinque livelli (o “mondi”, come li chiama il gioco), scorrimento orizzontale, mascotte dolce e che vorresti immediatamente abbracciare, tanti salti, abilità di combattimento limitatissime, alcuni power-up che si possono raccogliere in giro e qualche enigma ambientale.

La cosa particolare, che ha reso Trip World una specie di piccolo cult (l’ho scoperto dopo averlo terminato, quando ero troppo curioso di capire quanto fosse conosciuto), è che il 90% dei nemici (ma perché poi, se non ti attaccano?) del gioco non ti attacca direttamente. Al massimo ti ostacolano leggermente spingendoti via.

È un approccio insolito, ed è insolito che non sia una gimmick roboante da comunicato stampa: non te lo dice nessuno, all’interno del gioco, lo noti e basta. Complice il fatto che il protagonista può, almeno inizialmente, solo sferrare un calcio con quelle sue piccole, adorabili gambette corte, ci si accorge presto che queste creaturine… si fanno gli affari propri. Al giocatore la scelta: li picchio o me ne vado per la mia strada?

Dimenticavo! Il protagonista può anche trasformarsi in un simpatico pesce, per superare le sezioni acquatiche (volendo si trasforma anche sulla terraferma, ma… non serve a niente!), e in una specie di forma adatta al volo, che nella mia sessione non ho mai utilizzato.

Il gioco è tutto qui. Dura meno di un’oretta, forse un po’ di più se si vogliono scoprire tutti i segreti. Si può riassumere in poche parole: platform bello da vedere e da sentire, e rilassante da giocare. Allora perché parlarne?

Perché Trip World, con la sua estetica dolcemente psichedelica, ha la rara capacità di isolare chi ci gioca dal mondo esterno. È un piccolo mondo che sembra vivere per conto proprio, slegato quanto basta dalle dinamiche classiche del videogioco anni ’90 per dimostrare originalità senza tuttavia risultare alieno al giocatore.

È un gioco semplice nella migliore accezione del termine, che si concede il lusso di provare a far sognare, almeno per un paio d’ore, chi decide di mettersi a giocare. Lo fa, oltretutto, con i pochissimi mezzi a disposizione concessi dall’hardware del Game Boy.

Una persona che stimo molto mi disse che “è un privilegio avere sogni educati”. Non so bene perché, ma nel giocare a Trip World ho pensato che avesse proprio ragione.

Una birra con Felix The Cat


Schedina* Console: Game Boy * Anno: 1993 * Sviluppatore: Hudson Soft * Genere: Platform * Quanto ci ho giocato al primo giro: 1 ora e mezza

Nel far partire il gioco di Felix The Cat per il Game Boy mi sono reso conto di non sapere nulla di Felix, il personaggio. O meglio: lo riconoscerei tra mille perché ha un design bellissimo, tondo ed espressivo, ma non so esattamente in cosa consista il suo cartone animato.

La cosa è strana, perché io adoro i cartoni animati, specie quelli della prima metà del ‘900. Eppure, pur avendone visti tanti, non ho quasi mai incrociato sul mio cammino il buon (?) Felix. Sono andato a cercare su YouTube qualche spezzone e credo francamente che sarà la mia prossima ossessione per le settimane a venire. Ho già adocchiato un video di mezz’ora che parla dei 100 anni di evoluzione del personaggio.

Però, insomma, anche non sapendo nulla di Felix devo dire che il suo gioco per Game Boy è assolutamente comprensibile: Felix è un gatto antropomorfo e l’antagonista del gioco rapisce la sua fidanzatina Kitty. A lui toccherà attraversare sei mondi, suddivisi in un paio di livelli ciascuno, per salvarla.

Tecnicamente non c’è moltissimo da dire su un gioco come questo (sospetto che in questo viaggio nella library del Game Boy mi capiterà spesso di ripetere variazioni di questo paragrafo, ma tant’è). Si salta sulle piattaforme e si colpiscono nemici, partendo da sinistra e andando verso destra. Lo spin che il gioco offre alla classica formula del platform anni ’90 è che, raccogliendo la valuta del gioco (le monete con la faccia triste di Felix), il nostro protagonista potrà accedere a diversi power-up, che si accumuleranno uno dopo l’altro.

Questi power-up fanno sì che Felix acquisisca due vantaggi rispetto alla sua forma base: in primo luogo, potrà sopportare più colpi nemici (che lo faranno regredire al power-up precedente e non perdere immediatamente una vita). Inoltre, questi power-up gli permetteranno di diventare… un sacco di cose a seconda del contesto, come una specie di bolide e un tank, consentendogli di sparare dei colpi forti ma imprecisi, come da tradizione dei platform.

Ci sono poi dei livelli maggiormente accostabili agli sparatutto a scorrimento orizzontale dell’epoca piuttosto che ai puri platform, secondo me i più riusciti – specie il livello acquatico e quello spaziale, che sono davvero deliziosi.

Mi rendo conto che non sia esattamente un resoconto entusiasmante, eppure mi sono divertito tantissimo a giocare a Felix The Cat. La grafica è una delle più belle che abbia visto su Game Boy e riesce a trasmettere perfettamente la sensazione di stare giocando a un cartone animato, al netto delle limitazioni tecniche degli 8-bit e della monocromia. Le musiche, semplici e allegre, sono pronte a essere fischiettate. La fisica del salto funziona molto bene per il tipo di gioco immaginato dagli sviluppatori, e la difficoltà tarata verso il basso rende il gioco una buffa scampagnata in un mondo pieno di cose tonde.

Come in anni recenti ci ha insegnato Cuphead, infatti, l’estetica visiva e sonora da cartone animato dei primi del ‘900 funziona meravigliosamente se applicata ai platform e agli shooter a scorrimento. Non c’è un elemento in Felix che sembri fuori posto, non c’è un fondale che non sia immediatamente riconoscibile (e adorabile, per quel che mi riguarda). Ogni animazione riesce a far sorridere e a catapultarti in un mondo colorato e pieno di avventure bislacche.

È un gran gioco, quindi? Probabilmente, per gli standard con cui abbiamo stabilito che andrebbero recensiti i videogiochi, no: è estremamente semplice, e si finisce in un’oretta o poco più. Il senso di inferiorità degli appassionati di videogiochi rispetto ad altre forme d’arte dovrebbe relegarlo a un “carino, ma nulla più”.

Eppure non riesco a non amare questo Felix The Cat. È una questione di sensibilità personale, probabilmente, e di mia riluttanza verso gli standard di cui sopra – quelli per i quali tutto deve essere profondo, coinvolgente, entusiasmante. Felix non è profondo, non è coinvolgente, e non è nemmeno entusiasmante. È simpatico e intraprendente, quello sì.

Il punto, in fondo, è questo: Felix fa quel che può. Nello specifico corre, salta, spara e prova a salvare Kitty. Se si ha voglia di accompagnarlo, però, si scopre che è come prendere qualcosa da bere con un amico che vedi ogni tanto – non troppo spesso, magari.

A volte non serve altro, per stare bene.

Tags: #GameBoy #Retrogaming


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Mahavishnu Orchestra — The Inner Mounting Flame (1972)


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In un periodo adolescenziale della mia vita fui folgorato sulla via del jazz rock (e non solo), termine non certamente ortodosso per la critica jazzistica. Fra i tanti musicisti e gruppi in auge in quegli anni, la Mahavishnu Orchestra di John McLaughlin nutriva la mia più sentita ammirazione. Se Miles Davis inventò il jazz rock sulle onde di “Bitches Brew”, furono i suoi discepoli a dargli ordine e regola, a cominciare da John McLaughlin, che con Hammer e Cobham fondò nel 1971 la Mahavishnu Orchestra. The Inner Mounting Flame è uno dei capolavori insieme a Birds of Fire (1973) di questo genere sonoro: il jazz rock. Questo primo disco è completamente composto dal giovane trentenne chitarrista, dotato di una tecnica straordinaria affinata nei lunghi anni di apprendistato nella scena jazz blues britannica... silvanobottaro.it/archives/365…


Ascolta: album.link/i/527849434



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Mahavishnu Orchestra — The Inner Mounting Flame (1972)


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In un periodo adolescenziale della mia vita fui folgorato sulla via del jazz rock (e non solo), termine non certamente ortodosso per la critica jazzistica. Fra i tanti musicisti e gruppi in auge in quegli anni, la Mahavishnu Orchestra di John McLaughlin nutriva la mia più sentita ammirazione. Se Miles Davis inventò il jazz rock sulle onde di “Bitches Brew”, furono i suoi discepoli a dargli ordine e regola, a cominciare da John McLaughlin, che con Hammer e Cobham fondò nel 1971 la Mahavishnu Orchestra. The Inner Mounting Flame è uno dei capolavori insieme a Birds of Fire (1973) di questo genere sonoro: il jazz rock. Questo primo disco è completamente composto dal giovane trentenne chitarrista, dotato di una tecnica straordinaria affinata nei lunghi anni di apprendistato nella scena jazz blues britannica... silvanobottaro.it/archives/365…


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SAPIENZA - Capitolo 8


I vantaggi della sapienza1La sapienza si estende vigorosa da un'estremità all'altra e governa a meraviglia l'universo.2È lei che ho amato e corteggiato fin dalla mia giovinezza, ho bramato di farla mia sposa, mi sono innamorato della sua bellezza.3Ella manifesta la sua nobile origine vivendo in comunione con Dio, poiché il Signore dell'universo l'ha amata;4infatti è iniziata alla scienza di Dio e discerne le sue opere.5Se la ricchezza è un bene desiderabile in vita, che cosa c'è di più ricco della sapienza, che opera tutto?6Se è la prudenza ad agire, chi più di lei è artefice di quanto esiste?7Se uno ama la giustizia, le virtù sono il frutto delle sue fatiche. Ella infatti insegna la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza, delle quali nulla è più utile agli uomini durante la vita.8Se uno desidera anche un'esperienza molteplice, ella conosce le cose passate e intravede quelle future, conosce le sottigliezze dei discorsi e le soluzioni degli enigmi, comprende in anticipo segni e prodigi e anche le vicende dei tempi e delle epoche.

La sapienza, fonte di gloria e di immortalità9Ho dunque deciso di dividere con lei la mia vita, certo che mi sarebbe stata consigliera di buone azioni e conforto nelle preoccupazioni e nel dolore.10Per lei avrò gloria tra le folle e, anche se giovane, onore presso gli anziani.11Sarò trovato perspicace nel giudicare, sarò ammirato di fronte ai potenti.12Se tacerò, resteranno in attesa, se parlerò, mi presteranno attenzione, e se mi dilungo nel parlare, si tapperanno la bocca.13Grazie a lei avrò l'immortalità e lascerò un ricordo eterno a quelli che verranno dopo di me.14Governerò popoli, e nazioni mi saranno soggette.15Sentendo parlare di me, crudeli tiranni si spaventeranno; mi mostrerò buono con il popolo e coraggioso in guerra.16Ritornato a casa, riposerò vicino a lei, perché la sua compagnia non dà amarezza, né dolore il vivere con lei, ma contentezza e gioia.

La sapienza è dono di Dio17Riflettendo su queste cose dentro di me e pensando in cuor mio che nella parentela con la sapienza c'è l'immortalità18e grande godimento vi è nella sua amicizia e nel lavoro delle sue mani sta una ricchezza inesauribile e nell'assidua compagnia di lei c'è la prudenza e fama nel conversare con lei, andavo cercando il modo di prenderla con me.19Ero un ragazzo di nobile indole, ebbi in sorte un'anima buona20o piuttosto, essendo buono, ero entrato in un corpo senza macchia. **21vSapendo che non avrei ottenuto la sapienza in altro modo, se Dio non me l'avesse concessa – ed è già segno di saggezza sapere da chi viene tale dono –, mi rivolsi al Signore e lo pregai, dicendo con tutto il mio cuore:

_________________Note

8,6-7 prudenza… giustizia… temperanza… fortezza: si allude alle virtù ritenute fondamentali, inculcate dalla filosofia greca e conosciute comunemente come “virtù cardinali” (sono il “cardine” della vita morale dell’uomo). Qui esse vengono presentate non tanto come frutto dello sforzo dell’uomo, quanto piuttosto come dono della sapienza.

8,13 l’immortalità: qui va intesa non nel senso della vita eterna riservata ai giusti, ma come sopravvivenza nel ricordo dei posteri, dopo la morte (vedi anche 8,17).

8,20 ero entrato in un corpo senza macchia: più che riferirsi alla dottrina platonica della preesistenza dell’anima, qui si vuole accentuare la natura dell’anima stessa, quale espressione profonda dell’io e perciò superiore alla componente materiale dell’uomo.

=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti


vv. 2-9. La sapienza, superiore a tutti i beni, sposa ideale di Salomone. Quest'unità riprende il tema della precedente unità parallela (7,13-21) circa la superiorità della sapienza sui beni culturali, ma allargando a tutti gli altri beni e soprattutto introducendo il motivo nuovo della sapienza sposa ideale; l'inclusione «prendermela come sposa» – «prendermela a compagna della mia vita» (vv. 2.9) evidenzia proprio quest'ultimo aspetto. La pericope è ben costruita: a un ampia introduzione sulla sapienza sposa divina e sposa ideale di Salomone (vv. 2-4 = sette emistichi), seguono quattro frasi introdotte da «se» (vv. 5-8 = 14 emistichi), di cui le prime due, più brevi, sono interrogative e le ultime due, più lunghe, sono condizionali; illustrando la superiorità radicale della sapienza rispetto a tutti gli altri beni, l'autore vuole così motivare la scelta esistenziale di Salomone. Il v. 9 conclude l'unità (cfr. «dunque») col ribadire la scelta sponsale del re israelita.

v. 2. «sposa»: l'autore rilegge il sogno di Gabaon (1Re 3,4-15) in chiave mistico-sponsale e descrive l'innamoramento del giovane Salomone. Il verbo greco che sta dietro «ho amato», più che un progetto volontario e deliberato, indica piuttosto un'attrazione, una inclinazione e un compiacimento, che nascono da una certa affinità e armonia comune. Non meraviglia che, nonostante la loro diseguaglianza ontologica, Salomone si senta fortemente attratto dalla sapienza verso un affetto e amore d'amicizia; infatti essa stessa con la sua ricerca amorosa previene ogni ricerca dell'uomo (cfr. 6, 12-16). Provando questo amore, Salomone s'è messo dunque alla ricerca della sapienza, una ricerca finalizzata al matrimonio. Infine, ancora una volta l'autore insiste sull'innamoramento del giovane re, sottolineando il motivo della bellezza della sapienza; si tratta di un motivo greco, ma anche biblico, perché evoca l'ambiente del Cantico, dove il tema della bellezza della sposa gioca un ruolo fondamentale; così la sposa del Cantico diventa qui la sapienza stessa.

v. 3. La nobiltà d'origine della sapienza, motivo assai importante nella scelta della sposa, eccelle su ogni altra a causa della sua comunione di vita con Dio; ritorna qui l'immagine sponsale, ma riferita al rapporto sapienza-Dio. La comunione di vita fra sapienza e Dio ha la sua fonte e il suo fondamento nell'iniziativa gratuita di quest'ultimo che l'ha scelta e amata; l'origine e la natura di questo amore coincidono con il mistero dell'origine e della natura della sapienza. Dunque, entrando in comunione sponsale con lei, Salomone entra in comunione d'amore con Dio stesso.

vv. 5-6. Fra i motivi di scelta di una sposa ci può essere anche quello della ricchezza; non solo la sapienza è superiore a ogni ricchezza (cfr. 7,8), ma la possiede tutta, essendo essa la creatrice d'ogni bene. Anche i beni creati dal genio artistico o artigianale dell'uomo dipendono dalla sapienza, essendo l'intelligenza artistica un'espressione di questa.

v. 7. Dai beni materiali l'autore passa ai valori morali, ai quali accorda un'importanza primaria, in consonanza d'altronde con la filosofia dell'epoca che poneva le virtù fra i beni essenziali d'una sposa. Il primo termine «giustizia» è certamente in riferimento alla giustizia di Sap 1,1; tuttavia qui rappresenta piuttosto l'ideale morale dell'uomo virtuoso quale propagandava la filosofia greca e quale può nascere nel progetto esistenziale di un uomo retto. L'esperienza umana ci dice però quanto sia difficile da raggiungere questo ideale! Di fronte a ciò l'autore propone la sapienza come la vera artefice della virtù. Precisa poi il concetto generale di giustizia enumerando le quattro virtù cardinali. Questo schema è noto alla filosofia greca e in particolare allo stoicismo; significativo è tuttavia il fatto che egli integri nel patrimonio biblico e reinterpreti alla luce della sapienza questo ideale morale pagano.

v. 8. Fra i prerequisiti di una sposa idelae lo Pseudo-Salomone pone anche la cultura; si tratta però non di una cultura libresca ed erudita, bensì di una esperienza molteplice. Ancora una volta è la sapienza che possiede in sommo grado una simile esperienza, mostrandosi perciò come la sposa ideale. Il versetto specifica poi in che cosa consista questa vasta conoscenza; possiamo vedervi un'allusione alla storia, alla dialettica e alla retorica – in tal caso l'autore completerebbe l'elenco delle discipline di 7,17-21 –, ma è insufficiente, perché qui egli descrive propriamente quella che è la conoscenza sapienziale, immersa nella realtà della storia e della vita, caratterizzata dall'osservazione, dalla riflessione e dal ripensamento, volta alla ricerca del senso profondo delle realtà, il tutto alo scopo di essere in grado di compiere le scelte giuste in ogni circostanza della vita. Passato e futuro vengono conosciuti in funzione del loro profondo significato esistenziale (v. 8b); i «discorsi» (v. 8c) sono gli oracoli profetici della tradizione biblica e le sentenze della sapienza pagana, che, formulati sovente in modo oscuro o apparentemente ambiguo, necessitano di una interpretazione; anche gli «enigmi» (v. 8c) abbisognano di una soluzione. L'espressione «segni e portenti» (v. 8d) è in riferimento sia agli eventi storico-salvifici della tradizione anticotestamentaria (cfr. Sap 10, 16), sia a quei fenomeni straordinari e particolari che attirano l'attenzione dell'uomo; questi e le «vicende» (v. 8e) storiche rientrano in questa vasta esperienza della sapienza, che permette di cogliere il senso profondo della storia.

v. 9. La precedente illustrazione delle qualità di una sposa ideale e la loro presenza in sommo grado nella sapienza confermano pienamente Salomone nella decisione di prenderla come sposa; ciò che al v. 2 è ancora progettuale «ho cercato...»), diventa qui decisione piena e cosciente. L'inclusione «comunione di vita» (v. 3b) – «comunione di vita» (v. 9a; BC = «compagna della mia vita») significa che, accogliendo la sapienza, Salomone partecipa alla sua stessa comunione di vita con Dio! Infine queste mistiche nozze con la sapienza partecipano a Salomone tutti quei beni (bellezza, nobiltà di lignaggio, ricchezze, intelligenza artistica, ideale virtuoso, discernimento sapienziale) sopra enumerati, presenti in pienezza nella sapienza.

vv. 10-16. La sapienza apporta a Salomone una fama incomparabile e l'immortalità. I vv. 10-16 formano un'unità che ha come centro il v. 13, preceduto e seguito da sette emistichi; nella prima parte si parla della gloria di Salomone presso gli uomini, al v. 13 del dono dell'immortalità. Ai vv. 10a.13a, costruiti parallelamente, i termini «gloria» e «immortalità» preannunciano e sottolineano i due temi principali della pericope, di cui il primo nell'ambito dell'esistenza terrena è la premessa del secondo nella vita dopo la morte.

vv. 10-12. Se il conseguimento della gloria presso le folle dei sudditi può essere relativamente facile, l'apprezzamento presso gli anziani è più difficile, sia perché costoro sono persone d'esperienza e di riflessione, sia perché Salomone è ancora un giovane (cfr. 1Re 3,7; Sir 47,14). L'autore menziona poi sulla scia della tradizione biblica la sua sagacità di giudice (cfr. 1Re 3,16-28), la sua rinomanza internazionale (cfr. 1Re 5,14.21; 10,1-10) ed infine la sua arte nel parlare, capace di suscitare attesa, desiderio d'ascolto, attenzione, applicazione prolungata.

v. 13. «immortalità»: la posizione enfatica del termine alla fine dell'emistichio e il parallelo col v. 17c gli conferiscono il significato di immortalità personale; è precisamente questa la gloria dopo la morte! La menzione del «ricordo eterno» non vuole limitare il significato dell'immortalità sopra menzionata semplicemente al concetto di memoria, bensì sottolineare che l'opera meravigliosa della sapienza nella vita di Salomone continuerà a vivere, e quindi a fare del bene, nella tradizione del popolo di Dio, come potrebbe testimoniare la presente rievocazione dell'autore.

vv. 14-15. A partire da alcuni testi biblici (cfr. 1Re 5,1.4) il nostro autore idealizza Salomone fino a descriverlo come un dominatore di popoli; ciò non gli è difficile, dal momento che Salomone è diventato lo sposo mistico della sapienza, apportatrice di un regno autentico e trascendente (cfr. Sap 6,20-21). In questa idealizzazione del regno salomonico potrebbe pure essere presente il motivo messianico della sottomissione definitiva dei popoli al regno di Dio.

v. 16. Nessun successo nella vita pubblica potrebbe compensare un insuccesso nella vita privata! Di qui il ritratto della sapienza come l'unica sposa che può rendere felice l'uomo. L'espressione «ritornato a casa» indica la sfera della vita privata e familiare ed il verbo «riposerò vicino a lei» significa una felice e serena intimità coniugale. Di fronte alla tradizione sapienziale spesso assai critica nei confronti della donna (cfr. ad es. Prv 19,13; Qo 7,26-28; Sir 25,12-26), qui l'autore non solo esclude l'amarezza, ma positivamente sottolinea la contentezza e la gioia che procura a Salomone una vita condivisa con la sapienza. Si tratta però di un ideale non ancora raggiunto, ma solo agognato (cfr. i verbi al futuro)! Si incomincia già a sentire l'esigenza di una preghiera che superi il semplice progetto umano e che raggiunga il cuore stesso di Dio.

vv. 17-21. La sapienza, bene supremo, è dono di Dio. È l'unità conclusiva del lungo discorso di Salomone; l'inclusione «cuore» «cuore» (vv. 17b.21f) sottolinea che tutte le considerazioni precedenti sulla sapienza e l'imminente preghiera per ottenerla sono il frutto d'una riflessione cosciente e matura, non un prodotto emozionale; il cuore infatti nel linguaggio biblico indica la sede dell'intelligenza e della volontà. I primi due versetti sono una ricapitolazione dei dati precedenti, dei beni cioè che la sapienza apporta all'uomo; i vv. 19-21 illustrano invece la necessità della preghiera come unico mezzo per ottenere la sapienza, fungendo così da introduzione alla preghiera vera e propria del c. 9.

vv. 17-18. L'autore, quasi per riaffermare a se stesso e ai suoi ascoltatori che la sapienza costituisce davvero la scelta esistenziale migliore, enumera ancora una volta i beni che essa apporta e cioè immortalità, godimento, ricchezza, prudenza, fama. Di fronte a una tale dote si comprende l'imbarazzo di Salomone e la sua ricerca di una via per ottenere la sapienza; chi gli darà questa sposa? Alla domanda rispondono vv. 19-21.

vv. 19-21. Il ragionamento è logico: «ero certo un fanciullo...; ma sapendo che non l'avrei..., mi rivolsi». Le due particelle «certo»-«ma», assenti nella traduzione BC, assicurano un coerente legame tra i vv. 19-20 e il v. 21. I vv. 19-20 costituiscono una doppia riflessione sulle buone qualità fisiche, intellettuali e morali proprie di Salomone, ma a partire da due aspetti diversi: al v. 19 l'autore considera le buone disposizioni dell'anima che egli ha ricevuto; al v. 20 invece parte dal corpo, che afferma d'aver ricevuto senza alcuna tara fisica o morale; non si tratta di una affermazione a favore della teoria della preesistenza dell'anima, ma semplicemente di una precisazione o di un completamento dell'asserzione precedente. Pur dotato di una natura umana ricca di qualita, Salomone è profondamente convinto che l'ideale del matrimonio mistico con la sapienza non sia raggiungibile con i soli sforzi umani – sta qui la differenza con le filosofie morali contemporanee –, essendo un dono gratuito di Dio. Anzi, già questo convincimento è frutto della sapienza che opera nell'uomo, prevenendo la sua ricerca; infatti dietro il termine «intelligenza» del v. 21c dobbiamo vedere un'intelligenza illuminata dalla sapienza operante nell'uomo. Sorge così spontaneo l'anelito alla preghiera, un anelito sempre più insistente, come denotano le tre espressioni di 21ef: «mi rivolsi», «pregai», «dicendo con tutto il cuore».

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Sapienza – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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[vortex]olio su carta da architetto unterdruck preparatorio al giro panoramico] in fuoriquota analisti ematite oppure] puntamedia panam una forma] di riciclo prevede bendaggi idro [carbonato] atono la parte lesa del microchip


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ogni tanto mi arrivano messaggi non richiesti di difesa della poesia, definizioni di poesia, osservazioni sulla poesia. proprio la poesia-poesia. oppure vedo post (in cui vengo nominato) in tema di poesia. oggi, 2025. vorrei sottolineare che non mi occupo praticamente più di poesia ma di scritture di ricerca, che sono per il 99% tutt'altra cosa, completamente altra cosa, rispetto alla poesia. ci sono molti nomi per nominare molte (diverse) cose: slowforward.net/2021/06/23/nio…


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White Fence - For The Recently Found Innocent (2014)


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Tim Presley, aka White Fence, giunge con “For The Recently Found Innocent “ al sesto album in quattro anni di carriera e sembra aver rinforzato sempre di più la venatura cantautoriale del suo pop lo-fi psichedelico: si è fatto più preciso, il Nostro, meno rude, più limpido e meno confusionario. Perciò via i suoni stravaganti e i mille pedali che hanno caratterizzato per anni il suono della sua chitarra, ma solo strumenti che servono al jangle- psych californiano: chitarra acustica, chitarra elettrica, basso e batteria. C’è meno urgenza in For The Recently Found Innocent e si percepisce di più la forza crescente della composizione di White Fence. Rispetto agli stessi due dischi precedenti, “Family Perfume Vol. 2“ (2012) e “Cyclops Reap” (2013) c’è più chiarezza e sicurezza nello scrivere canzoni, che inevitabilmente predispone all’ascolto. Detto questo, non che l’immaginario di riferimento cambi, siamo sempre in odore di Byrds, folk-rock, Syd Barrett, il Bob Dylan di “Bringing All Back Home”, John Lennon... artesuono.blogspot.com/2014/07…


Ascolta: album.link/i/929738641



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White Fence - For The Recently Found Innocent (2014)


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SAPIENZA - Capitolo 7


Discorso di Salomone sulla sapienza1Anch'io sono un uomo mortale uguale a tutti, discendente del primo uomo plasmato con la terra. La mia carne fu modellata nel grembo di mia madre,2nello spazio di dieci mesi ho preso consistenza nel sangue, dal seme d'un uomo e dal piacere compagno del sonno.3Anch'io alla nascita ho respirato l'aria comune e sono caduto sulla terra dove tutti soffrono allo stesso modo; come per tutti, il pianto fu la mia prima voce.4Fui allevato in fasce e circondato di cure;5nessun re ebbe un inizio di vita diverso.6Una sola è l'entrata di tutti nella vita e uguale ne è l'uscita.7Per questo pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza.8La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto,9non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l'oro al suo confronto è come un po' di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l'argento.10L'ho amata più della salute e della bellezza, ho preferito avere lei piuttosto che la luce, perché lo splendore che viene da lei non tramonta.11Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.12Ho gioito di tutto ciò, perché lo reca la sapienza, ma ignoravo che ella è madre di tutto questo.13Ciò che senza astuzia ho imparato, senza invidia lo comunico, non nascondo le sue ricchezze.14Ella è infatti un tesoro inesauribile per gli uomini; chi lo possiede ottiene l'amicizia con Dio, è a lui raccomandato dai frutti della sua educazione.15Mi conceda Dio di parlare con intelligenza e di riflettere in modo degno dei doni ricevuti, perché egli stesso è la guida della sapienza e dirige i sapienti.16Nelle sue mani siamo noi e le nostre parole, ogni sorta di conoscenza e ogni capacità operativa.

Dio dona la sapienza17Egli stesso mi ha concesso la conoscenza autentica delle cose, per comprendere la struttura del mondo e la forza dei suoi elementi,18il principio, la fine e il mezzo dei tempi, l'alternarsi dei solstizi e il susseguirsi delle stagioni,19i cicli dell'anno e la posizione degli astri,20la natura degli animali e l'istinto delle bestie selvatiche, la forza dei venti e i ragionamenti degli uomini, la varietà delle piante e le proprietà delle radici.21Ho conosciuto tutte le cose nascoste e quelle manifeste, perché mi ha istruito la sapienza, artefice di tutte le cose.

Le caratteristiche della sapienza22In lei c'è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, agile, penetrante, senza macchia, schietto, inoffensivo, amante del bene, pronto,23libero, benefico, amico dell'uomo, stabile, sicuro, tranquillo, che può tutto e tutto controlla, che penetra attraverso tutti gli spiriti intelligenti, puri, anche i più sottili.24La sapienza è più veloce di qualsiasi movimento, per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa.25È effluvio della potenza di Dio, emanazione genuina della gloria dell'Onnipotente; per questo nulla di contaminato penetra in essa.26È riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell'attività di Dio e immagine della sua bontà.27Sebbene unica, può tutto; pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova e attraverso i secoli, passando nelle anime sante, prepara amici di Dio e profeti.28Dio infatti non ama se non chi vive con la sapienza.29Ella in realtà è più radiosa del sole e supera ogni costellazione, paragonata alla luce risulta più luminosa;30a questa, infatti, succede la notte, ma la malvagità non prevale sulla sapienza.

_________________Note

7,2 nello spazio di dieci mesi: i mesi del calendario ebraico lunare sono più brevi dei nostri. Qui si intendono nove mesi completi, seguendo questo calendario, e in più gli inizi del decimo. D’altra parte nel mondo antico era una concezione abbastanza diffusa che il parto avvenisse al decimo mese di gravidanza.

7,17-21 In questi versetti si coglie un riferimento alle discipline che costituivano oggetto di insegnamento nell’epoca ellenistica, dalla cosmologia all’astronomia, dalla zoologia alla botanica, dalla medicina alla filosofia e alla teologia.

7,22-30 Ispirandosi alla cultura dell’epoca, che vede l’espandersi e l’imporsi del pensiero filosofico dei Greci, il sapiente, identificato idealmente con il re Salomone, enumera una ventina di attributi della sapienza. Non manca, tuttavia, l’ancoramento alla tradizione biblica, che applica alla sapienza, come già alla legge, il ricco simbolismo della luce: è più radiosa del sole..., paragonata alla luce risulta più luminosa (v. 29). Anche il NT si ispirerà a questa celebrazione della sapienza, applicandola alla persona di Gesù (Gv 1,9; Col 1,15; Eb 1,3).

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Approfondimenti


vv. 1-6. Condivisione da parte di Salomone della mortale e fragile natura umana. Le espressioni «come tutti» e «alla stessa maniera», con identico vocabolario in greco, fanno da inclusione all'unità e ne sottolineano l'idea centrale, cioè l'uguaglianza, la solidarietà e il comune destino di ogni essere umano, incluso il re Salomone. Da un lato pare probabile, dietro queste affermazioni, l'espressione di una critica all'ideologia monarchica orientale, in particolare egiziana, che pretendeva di vedere nei re degli esseri di origine divina; dall'altro lo Pseudo-Salomone vuole mostrare come l'acquisizione della sapienza non sia frutto di un privilegio, ma possibilità offerta ad ogni uomo. L'illustrazione dell'uguaglianza radicale fra gli uomini avviene tramite alcuni tempi che articolano la vita umana: la comune discendenza dal primo essere umano, Adamo (7,1b); la concezione e la formazione dell'embrione nel seno materno (1c.2); la nascita (v. 3); la crescita (v. 4) e infine la morte (v. 6). Si tratta di una spiegazione popolare della biologia umana, dipendente dalle teorie contemporanee, come ad es. a proposito della funzione del sangue femminile nella concezione e nella formazione del feto, oppure a proposito della durata della gravidanza stimata a dieci mesi. Più importante però è notare come questa solidarietà fra gli uomini sia velata di pessimismo. C'è anzitutto la consapevolezza della morte come destino dell'uomo, perché egli, definito fin dall'inizio come mortale (v. 1), avrà come ultima tappa del suo cammino la morte (v. 6). Si comprende perciò come questa vita dell'uomo sia legata alla materia (cfr. «plasmato di creta», «caduto su una terra») e caratterizzata dalla sofferenza («e sono caduto su una terra uguale per tutti»: v. 3b) e dal pianto (v. 3c). Di fronte a questo ritratto pessimista dell'esistenza umana e come risposta al desiderio incontenibile della gioia e della vita, diventa urgente l'invocazione della sapienza.

vv. 7-12. Superiorità della sapienza rispetto ai beni regali. L'inclusione del termine «sapienza» (vv. 7b.12a) racchiude tutti gli altri beni elencati nella pericope, per significare la sua superiorità radicale; infatti essa ne è la «madre» e proprio su questo termine si conclude l'unità!

v. 7. Il «per questo» iniziale è in riferimento alla situazione esistenziale umana descritta nell'unità precedente. «pregai»: l'autore si riferisce a una preghiera determinata, quella fatta da Salomone a Gabaon (cfr. 1Re 3,5-12). Più che «prudenza» (BC) si dovrebbe tradurre «discernimento», perché viene designato l'aspetto concreto della sapienza, cioè la capacità pratica di scegliere il bene nelle varie circostanze della vita; «lo spirito della sapienza» invece caratterizza piuttosto la sapienza come principio interiore e dinamico. In dipendenza da 1Re 3,5-12 questa sapienza pare ancora configurata come un dono naturale, tramite cui Salomone/l'uomo ottiene illuminazione e scienza per poter compiere scelte di bene; sarà al c. 8 che Salomone approfondirà il concetto di sapienza sul piano mistico e soprannaturale.

v. 8. Sette beni vengono scartati in favore della sapienza: scettri, troni, ricchezza, gemma inestimabile, salute, bellezza, luce. Rispetto al testo di 1Re 3,11, l'autore tralascia il motivo della lunga vita, perché è un bene per lui relativo (cfr. Sap 4,8-16), e quello della morte dei nemici, perché non più conveniente nel contesto universalistico del libro; per questo medesimo motivo dietro il plurale «scettri, troni» c'è il rifiuto di una egemonia su altri popoli. Lo Pseudo-Salomone amplifica poi il motivo delle ricchezze (cfr. quattro emistichi su otto) ed aggiunge in conformità all'ambiente in cui vive due beni particolarmente apprezzati dai Greci, e cioè la salute e soprattutto la bellezza; forse per quest'ultimo è stato influenzato dalla tradizione giudaica che sottolineava fortemente la bellezza eccezionale di Salomone. Anche la menzione della luce è originale; pare preferibile intenderla come luce degli occhi anziché come luce del giorno. Ne risulta un'audace affermazione; al limite è preferibile rinunciare alla luce degli occhi, anziché alla luce della sapienza! Abbiamo così nell'elenco di questi beni un'accentuata progressione: si passa dai beni esterni e materiali a quelli concernenti la vita fisica dell'uomo; ma anche questi, perfino la luce degli occhi, sono un nulla a paragone con la sapienza, che viene a collocarsi così come il vero ed unico bene dell'uomo.

v. 11. Assicurata la preminenza della sapienza su tutti gli altri beni, l'autore può ora precisare che essa non è ad essi antitetica; anzi, chi accoglie la sapienza avrà pure tutti gli altri beni. Vengono in mente le parole di Mt 6,33.

v. 12b. Infine lo Pseudo-Salomone, rispetto alla precedente tradizione sapienziale (cfr. Gb 28,12ss.; Pr 8,22; Sir 1,1-10; 24), vuole approfondire maggiormente la riflessione sull'attività creatrice della sapienza, egli definisce come creatrice (BC = «madre») (cfr. Sap 7,21; 8,4-6). Non solo la sapienza guida, cioè dà un senso ai beni materiali, ma essa stessa ne è l'artefice. Arriviamo così già a una prima affermazione circa la sapienza divina personificata, che opera certo in dipendenza da lui, ma accanto a lui.

vv. 13-21. Superiorità della sapienza rispetto a ogni cultura enciclopedica. L'inclusione «non nascondo» – «nascosto» (vv. 13.21) evidenzia la volontà dell'autore di svelare che la conoscenza della sapienza è radicalmente superiore a ogni altra conoscenza, anzi, che ne è la fonte!Infatti essa è l'«artefice» di tutte le cose, termine questo che ricorre nel versetto finale, parallelamente al precedente «madre» (lett. «creatrice»: v. 12). Infine l'inclusione «egli» – «sapienza» (vv. 17.21) racchiude l'elenco del sapere enciclopedico di Salomone; questo sottolinea ancora una volta come la sapienza sta alla base di ogni conoscenza umana, essendo essa la personificazione della stessa conoscenza divina.

v. 14. È la sapienza che rende gli uomini amici di Dio. Nella tradizione biblica il titolo di «amico di Dio» è riservato in modo particolare ad Abramo (Is 41,8; 2Cr 20,7; cfr. Gc 2,23) ed indirettamente anche a Mosè (cfr. Es 33,11), questo specialmente a motivo della loro intimità con Dio. Al saggio si apre la medesima prospettiva, perché grazie alla sapienza egli gode di una presenza profonda e intima di Dio.

vv. 15-16. Ogni conoscenza proviene da Dio: di qui la preghiera spontanea e fiduciosa per ottenere il dono di questa conoscenza. L'autore non chiede a Dio semplicemente di poter parlare secondo conoscenza, ma l'illuminazione interiore, cioè un'autentica conoscenza spirituale, di cui le espressioni esterne possano essere uno specchio fedele. La motivazione teologica è duplice:

a) è il Signore che guida la sapienza verso l'uomo; non si tratta di un'appropriazione da parte di quest'ultimo; ogni concezione prometeica oppure volontaristica è qui esclusa. E anche quando l'uomo ha già ricevuto il dono della sapienza, non va da sé un cammino di saggezza, perché è ancora sempre Dio che orienta questo cammino;

b) tutta l'intelligenza dell'uomo, sia teorica che concreta, sia interiore che espressa, è dono di Dio; l'espressione «in sua mano» del testo greco (BC = «in suo potere») aggiunge una nota di delicatezza e di attenzione: la piccola creatura è tenuta attentamente nella mano del grande creatore.

vv. 17-20. Partendo dal testo di 1Re 5,13 si descrive la scienza enciclopedica che Salomone ha ricevuto da Dio. È un quadro della cultura ellenistica secondo le varie discipline; mancano però le scienze umanistiche (storia, retorica, dialettica), che verranno menzionate più tardi in 8,8. In capo all'elenco sta la cosmologia (v. 17), dove si sente l'influsso della filosofia greca tendente a concepire il cosmo come una unità, strutturata su alcuni elementi di base. Segue la cronologia, che comprende tre emistichi (vv. 18-19) e che ci ricorda il forte interesse dei contemporanei per questo campo. Della zoologia si sottolinea in particolare la conoscenza delle bestie selvagge, conoscenza difficile e pericolosa (v. 20a). Della conoscenza antropologica viene evidenziata la capacità di comprendere gli impulsi (BC = «poteri») subitanei e qualche volta irrazionali che si impadroniscono dell'uomo (forse in connessione con la precedente menzione dell'istinto delle fiere) ed i suoi «ragionamenti» (v. 20b). Conclude l'elenco la botanica, con un accenno alle virtù particolari e medicinali di certe piante (v. 20c). Il senso ultimo di quest'elenco sta nella profonda convinzione dell'autore che Dio è all'origine di ogni scienza; quella dello Pseudo-Salomone è una visione unitaria dell'uomo, delle sue attività e del cosmo, dove al centro c'è Dio. Non c'è spazio per una rivendicazione di indipendenza, foss'anche da parte di scienze tipicamente sperimentali!

v. 21. Con la menzione della sapienza si chiude il cerchio, aperto da Dio: questa conoscenza è giunta a Salomone grazie alla sapienza in quanto artefice di tutte le cose. Siamo qui in presenza della sapienza divina, che appare come una personificazione dell'attività creatrice di Dio o, meglio ancora, della profonda intelligenza che sta dietro la creazione. Perciò ogni scienza che attingerà a questa intelligenza insita nel cuore del cosmo, parteciperà alla sapienza stessa, ne sarà un'emanazione e un dono.

vv. 7,22-8,1. L'elogio-descrizione inizia con una serie di 21 (3x7) aggettivi, che formano una piccola unità (vv. 22-23), delimitata da una chiara inclusione: «spirito intelligente... sottile – spiriti intelligenti... sottilissimi». Nella catena degli aggettivi appaiono formazioni sempre più ampie. Questo segna il passaggio alla seconda parte dell'elogio, che è infatti articolato su una serie di proposizioni concernenti la natura e l'origine della sapienza e dove l'affermazione iniziale (v. 24) è ripresa e completata dal versetto finale (8, 1).

v. 22-23. I 21 attributi della sapienza costituiscono chiaramente una cifra simbolica, basata sui numeri sette (= perfezione) e tre (= pienezza). L'intento di raggiungere questa cifra e la volontà di esprimere tramite un'accumulazione di aggettivi la ricchezza della natura divina della sapienza comportano la presenza di sinonimi e di approssimazioni; la sequenza non segue apparentemente un ordine logico, tuttavia ha una propria coerenza. Il genere letterario è quello dell'“'accumulazione” degli epiteti, con una preoccupazione più dottrinale che retorica. Lo Pseudo-Salomone sottolinea la personificazione della sapienza attribuendole, come gli esseri razionali e soprattutto come Dio, uno spirito, cioè un principio vitale, dinamico e attivo; è proprio descrivendo questo spirito che egli caratterizza la sapienza, che emerge così come una figura parallela a quella dello spirito anticotestamentario, entrambi espressione dell'attività di Dio stesso. «intelligente» e «santo»: il primo, nel mondo greco, indica lo stato più elevato dello spirito; il secondo, proveniente dalla tradizione biblica, qualifica lo spirito della sapienza come appartenente alla sfera della divinità; sono dunque due vocaboli che esprimono la trascendenza divina. «unico» e «molteplice»: due attributi complementari, di cui il primo afferma l'unicità di questo spirito e il secondo la sua incomparabile ricchezza espressiva. «sottile e mobile»: si tratta di uno spirito immateriale, capace di raggiungere senza difficoltà ogni essere. I seguenti quattro epiteti, «penetrante (lett. distinto), senza macchia, terso, inoffensivo (lett. inalterabile)», esprimono tramite il simbolismo della purezza fisica l'idea della purezza spirituale, non alterabile da alcuna realtà materiale. Una serie di cinque aggettivi descrive poi secondo una progressione intenzionale le virtù “morali” di questo spirito della sapienza nel governo dell'universo e specialmente nella guida degli uomini: «amante del bene, acuto, libero, benefico, amico dell'uomo». Che non si tratti di qualità transeunti e che l'uomo possa perciò aprirsi alla speranza, è confermato dai seguenti qualificativi: «stabile, sicuro, senz'affanno», che sottolineano il modo sereno e tranquillo con cui lo spirito della sapienza opera nella storia degli uomini; esso, infatti, in quanto espressione dell'agire divino, è «onnipotente» e «onniveggente»! Gli ultimi due emistichi (23de) riprendono e sottolineano l'idea iniziale di uno spirito che «pervade» tutti gli spiriti intelligenti, senza eccezione alcuna.

v. 24. È la sapienza stessa soggetto grammaticale delle proposizioni fino al termine dell'unità (8, 1). L'autore riprende ancora una volta l'idea precedente di mobilità, per evidenziare la realtà di una sapienza dinamica, capace di incontrare in profondità ogni essere.

vv. 25-26. Attraverso cinque immagini vengono illustrate l'origine divina della sapienza e la sua identità di natura con Dio. La prima immagine della sapienza «emanazione» ricorda Sir 24,3a; l'originalità della nostra affermazione sta nella menzione della potenza di Dio, che accentua il carattere dinamico della sapienza: essa è l'espressione permanente dell'energia divina creatrice e vivificatrice. Passando dal campo semantico dell'aria a quello dell'acqua, l'autore descrive la sapienza come effluvio della gloria dell'Onnipotente; le opere della sapienza saranno dunque le opere della gloria divina, cioè di Dio in quanto si manifesta nella storia salvifica. Il campo semantico della luce offre allo Pseudo-Salomone tre ulteriori comparazioni: «riflesso, specchio, immagine». Se nella tradizione biblica compare piuttosto la metafora della luce (cfr. Is 60,19-20), il giudaismo ellenistico invece usa volentieri la metafora di Dio luce. Qui si sottolinea la perennità della luce divina e soprattutto il fatto che questa luce risplende nelle opere della sapienza. La tematica della sapienza-luce verrà ripresa ai vv. 29-30, dove la bellezza del sole, degli astri e della luce è radicalmente inferiore a quella della sapienza; il motivo è che la luce della sapienza, a differenza della luce fisica (cfr. v. 30a), non tramonta mai, partecipa cioè della perennità della luce divina (v. 26a).

vv. 27-28. Gli emistichi 27ab illustrano nuovamente il binomio precedente unico-molteplice (v. 22b), ma in funzione dell'attività della sapienza; lo Pseudo-Salomone poi richiama espressamente quella che è la sua meta privilegiata, cioè gli uomini, riprendendo così ed approfondendo il tema accennato sopra con l'epiteto «amico dell'uomo» (v. 23a). Lo sguardo adesso si pone sulle generazioni storiche degli uomini, senza restrizione alcuna di popolo o di luogo, perché il popolo della sapienza è costituito dalle anime sante, cioè da coloro che vivono nel timore di Dio e nell'apertura esistenziale ai suoi doni. Se nella precedente tradizione biblica il titolo di «amico di Dio» è riservato ad alcuni eminentissimi personaggi (cfr. sopra a 7,14) e se, parimenti, il titolo di «profeta» è proprio di alcune determinate persone chiamate da Dio a questo compito, ora viene offerta ad ogni uomo questa possibilità di diventare amico di Dio e profeta, purché egli accolga la sapienza nella propria vita! Abbiamo qui un meraviglioso allargamento d'orizzonte della precedente tradizione anticotestamentaria e insieme una sua reinterpretazione, perché appare chiaro che dietro un Abramo o un Mosè o un profeta c'era l'opera della sapienza; questo verrà ampiamente sviluppato negli esempi storici dei cc. 10-19. Però non si tratta semplicemente di accogliere la sapienza, bensì di accoglierla come sposa, come compagna di vita: è quanto afferma l'immagine coniugale del v. 28 ed è quanto ha fatto il Salomone ideale dell'autore, come apparirà immediatamente nella pericope seguente.

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Sapienza – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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31 agosto, Giornata internazionale di sensibilizzazione sull'overdose: in Europa preoccupa la cocaina


L'overdose continua a mietere migliaia di vittime in Europa, sottolineando la necessità di un'azione urgente. La Giornata internazionale di sensibilizzazione sull'overdose (organizzata dal 2012 dall'ente australiano no-profit per la salute pubblica, il Penington Institute) cade il 31 agosto. L'agenzia europea per le droghe, l' #EUDA, segnala a riguardo la sua risorsa on-line sui decessi indotti da droghe in Europa, evidenziando la portata della crisi e identifica la cocaina, i nuovi oppioidi sintetici (nitazeni) e il consumo combinato di più sostanze come principali preoccupazioni.

In tutta l'UE, l'overdose rimane una delle principali cause di morte prevenibili tra i consumatori di droghe. Nel 2023, oltre 7.500 persone nell'UE hanno perso la vita per overdose, cifra che sale a circa 8.100 se si includono Turchia e Norvegia. In particolare, quattro vittime su cinque erano uomini, la maggior parte dei quali tra la fine dei trent'anni e l'inizio dei quarant'anni. Gli oppioidi sono stati coinvolti in oltre due terzi dei decessi indotti da droghe in Europa, sebbene i modelli nazionali varino. I decessi correlati al fentanil e ai suoi derivati sono rimasti stabili nel 2023, con alcuni casi collegati a farmaci derivati piuttosto che a fentanil illegale.

La cocaina è stata coinvolta in oltre un quarto dei decessi indotti da droghe nei 20 paesi che hanno fornito dati sia per il 2022 che per il 2023, con numeri in aumento da 956 nel 2022 a 1.051 nel 2023. In alcuni paesi, la cocaina è stata segnalata in percentuali più elevate di decessi indotti da droghe rispetto al resto d'Europa, tra cui Portogallo (65%), Spagna (60%) e Germania (30%). L'evidenza di un consumo di più sostanze era comune, con gli oppioidi presenti in molti decessi correlati alla cocaina.

Gli oppioidi nitazenici sono stati collegati a epidemie di avvelenamento localizzate in tutta Europa, in particolare in Estonia e Lettonia. In Estonia, i decessi indotti da droghe sono balzati da 82 casi nel 2022 a 119 nel 2023, con i nitazeni implicati in oltre la metà (52%) di questi decessi. La Lettonia ha registrato un aumento ancora più marcato, da 63 decessi nel 2022 a 154 nel 2023, con i nitazeni presenti in due terzi (66%) dei casi.

Si evidenzia anche il ruolo dei farmaci nei decessi per poliassunzione, con benzodiazepine rilevate in oltre un terzo dei casi nella maggior parte dei paesi che hanno riportato risultati autoptici. L'alcol è stato menzionato in oltre il 20% dei casi in almeno sei paesi e sono stati segnalati anche decessi correlati a farmaci oppioidi, come ossicodone e tramadolo.

L'EUDA sottolinea che i decessi per overdose sono influenzati da molti fattori, tra cui il tipo di droga, le modalità di utilizzo, le interruzioni del trattamento e la ridotta tolleranza. L'intento suicidario è stato segnalato più spesso tra i decessi indotti da droghe nelle donne rispetto agli uomini, sottolineando la necessità di una prevenzione attenta al genere.

Prevenire i decessi per overdose è una priorità della Strategia e del Piano d'azione dell'UE in materia di droga 2021-25, che include misure come la personalizzazione degli interventi per i gruppi ad alto rischio, l'aumento della disponibilità e dell'uso del naloxone e l'espansione dei trattamenti basati sull'evidenza.

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31 agosto, Giornata internazionale di sensibilizzazione sull'overdose: in Europa preoccupa la cocaina


L'overdose continua a mietere migliaia di vittime in Europa, sottolineando la necessità di un'azione urgente. La Giornata internazionale di sensibilizzazione sull'overdose (organizzata dal 2012 dall'ente australiano no-profit per la salute pubblica, il Penington Institute) cade il 31 agosto. L'agenzia europea per le droghe, l' #EUDA, segnala a riguardo la sua risorsa on-line sui decessi indotti da droghe in Europa, evidenziando la portata della crisi e identifica la cocaina, i nuovi oppioidi sintetici (nitazeni) e il consumo combinato di più sostanze come principali preoccupazioni.

In tutta l'UE, l'overdose rimane una delle principali cause di morte prevenibili tra i consumatori di droghe. Nel 2023, oltre 7.500 persone nell'UE hanno perso la vita per overdose, cifra che sale a circa 8.100 se si includono Turchia e Norvegia. In particolare, quattro vittime su cinque erano uomini, la maggior parte dei quali tra la fine dei trent'anni e l'inizio dei quarant'anni. Gli oppioidi sono stati coinvolti in oltre due terzi dei decessi indotti da droghe in Europa, sebbene i modelli nazionali varino. I decessi correlati al fentanil e ai suoi derivati sono rimasti stabili nel 2023, con alcuni casi collegati a farmaci derivati piuttosto che a fentanil illegale.

La cocaina è stata coinvolta in oltre un quarto dei decessi indotti da droghe nei 20 paesi che hanno fornito dati sia per il 2022 che per il 2023, con numeri in aumento da 956 nel 2022 a 1.051 nel 2023. In alcuni paesi, la cocaina è stata segnalata in percentuali più elevate di decessi indotti da droghe rispetto al resto d'Europa, tra cui Portogallo (65%), Spagna (60%) e Germania (30%). L'evidenza di un consumo di più sostanze era comune, con gli oppioidi presenti in molti decessi correlati alla cocaina.

Gli oppioidi nitazenici sono stati collegati a epidemie di avvelenamento localizzate in tutta Europa, in particolare in Estonia e Lettonia. In Estonia, i decessi indotti da droghe sono balzati da 82 casi nel 2022 a 119 nel 2023, con i nitazeni implicati in oltre la metà (52%) di questi decessi. La Lettonia ha registrato un aumento ancora più marcato, da 63 decessi nel 2022 a 154 nel 2023, con i nitazeni presenti in due terzi (66%) dei casi.

Si evidenzia anche il ruolo dei farmaci nei decessi per poliassunzione, con benzodiazepine rilevate in oltre un terzo dei casi nella maggior parte dei paesi che hanno riportato risultati autoptici. L'alcol è stato menzionato in oltre il 20% dei casi in almeno sei paesi e sono stati segnalati anche decessi correlati a farmaci oppioidi, come ossicodone e tramadolo.

L'EUDA sottolinea che i decessi per overdose sono influenzati da molti fattori, tra cui il tipo di droga, le modalità di utilizzo, le interruzioni del trattamento e la ridotta tolleranza. L'intento suicidario è stato segnalato più spesso tra i decessi indotti da droghe nelle donne rispetto agli uomini, sottolineando la necessità di una prevenzione attenta al genere.

Prevenire i decessi per overdose è una priorità della Strategia e del Piano d'azione dell'UE in materia di droga 2021-25, che include misure come la personalizzazione degli interventi per i gruppi ad alto rischio, l'aumento della disponibilità e dell'uso del naloxone e l'espansione dei trattamenti basati sull'evidenza.

#Giornatainternazionalesensibilizzazioneoverdose


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noblogo.org/lucazanini/provete…



NOVITÀ DI MARTEDÌ 10/6/25 (e qualche ritardatario).


Prosegue la carrellata di libri di quest'estate.

NARRATIVA:

  • ANNA DELLA PIOGGIA di Michela Murgia (Einaudi). Una serie di racconti dell'autrice sarda, che non erano mai stati raccolti in un libro, ma che erano stati letti ad alta voce nelle scuole, o durante eventi sociali. Un vero catalogo di personaggi, storie, territori e sensazioni, curati da Alessandro Giammei. Per saperne di più: scheda libro.
  • LA BOTTEGA DEL TEMPO RITROVATO di Toshikazu Kawaguchi (Garzanti). Ecco l'autore che ha dato il via al filone della letteratura orientale rilassante con il suo FINCHÉ IL CAFFÈ È CALDO. Anche in questo nuovo libro, per ciascun personaggio, i dettagli che sembrano insignificanti sono quelli che costituiscono l'elemento chiave per ritornare in contatto con la propria essenza. Per saperne di più: scheda libro.
  • CAMPANELLA SILENZIOSA di Aki Shimazaki (Feltrinelli). La storia di una famiglia giapponese, tra modernità e tradizione, raccontata da cinque voci delle varie generazioni che la compongono. Il tema del libro sono gli equilibri familiari, le relazioni autentiche e le contraddizioni di una società in continua evoluzione. Per saperne di più: scheda libro.
  • DEMICHOV di Salvatore La Porta (Il Saggiatore). Nel 1967, il chirurgo sudafricano Christiaan Barnard compì un miracolo: il primo trapianto di cuore su un essere umano. Alle spalle di quel successo, però, ci furono esperimenti e teorie di un oscuro medico sovietico, Vladimir Petrovic Demichov, che compì orribili operazioni di vivisezione con i cani. Salvatore La Porta scrive un romanzo che ripercorre l'esistenza di quel medico visionario, ridicolizzato come un ciarlatano e poi dimenticato. Per saperne di più: scheda libro.
  • THE LAST SUNRISE di Anna Todd (Sperling & Kupfer). Una giovane protagonista, vessata dalla salute compromessa e da una madre iperprotettiva, uscirà dal suo guscio grazie a una vacanza a Maiorca e da un incontro che la guiderà a vivere una vita finalmente piena. Per saperne di più: scheda libro.
  • UN GRUISTA IN PARADISO di Arto Paasilinna (Iperborea). Dopo un'attenta selezione, un operaio gruista di Helsinki viene incaricato di sostituire Dio nelle sue mansioni. L'Onnipotente, stanco dell'umanità e delle sue nefandezze, potrà andare così in vacanza. Nessuno però ha calcolato la rivoluzione che il gruista, fresco di nomina divina, cercherà di imporre sulla terra e sul paradiso... un romanzo di satira e humor dal compianto autore di PICCOLI SUICIDI TRA AMICI e L'ANNO DELLA LEPRE. Per saperne di più: scheda libro.
  • RITORNO IN VIA KROCHMALNA di Isaac Bashevis Singer (Adelphi). La storia torbida e catastrofica di un uomo che abbandona la moglie in Argentina per intraprendere una disastrosa ricerca ai limiti estremi della moralità, attraverso l'Europa fino a Varsavia. Un inconsueto yiddish gangster novel, da un maestro della letteratura. Per saperne di più: scheda libro.

NOIR, GIALLI E THRILLER:

  • LA FILA ALLE POSTE di Chiara Valerio (Sellerio). Per la precisione, questo libro è uscito il 4 giugno, ma mi era sfuggito: lo inserisco per amor di completezza. A Scauri, una località di mare tra Napoli e Roma, una bambina è morta. Come in ogni piccolo paese, tutti sanno tutto di tutti, e nessuno ha dubbi su chi sia stato a uccidere la piccola. L'avvocato Lea Russo, però sente che c'è qualcosa di più dietro a questo crimine, e decide di difendere la madre della bambina dall'accusa di omicidio. Per saperne di più: scheda libro.
  • LUNA DI MIELE VERSO IL NULLA di Akimitsu Takagi (Einaudi). Nel Giappone del secondo dopoguerra, contro il favore della sua famiglia e in contrasto con le convenzioni sociali, la giovane e infelice Etsuko trova l'amore nel timido professore universitario, un uomo dal passato controverso. Etsuko e Yoshihiro si sposano, ma lui scompare dopo una telefonata strana, proprio il giorno della partenza per la luna di miele. Un giallo pubblicato per la prima volta nel 1965, in cui Akimitsu Takagi denuncia l'ipocrisia della società e dell'università giapponese, le tensioni sociali e le corruzioni nel mondo dell'industria. Per saperne di più: scheda libro.
  • I SEI DELITTI DI DAPHNE ST. CLAIRE di MacKenzie Common (Longanesi). Il fidanzato di Daphne St. Claire, una novantenne che abita in una lussuosa casa di riposo della Florida, viene trovato morto nella sua stanza. Sembrerebbe morto per cause naturali, ma Daphne confessa di averlo ucciso, e di aver ucciso molte altre volte. La podcaster Ruth Robinson raccoglie il racconto della sua lunga vita, ma Daphne è davvero una serial killer? Per saperne di più: scheda libro.
  • I DELITTI DI MACCIA D'ARÀRU di Gavino Zucca (Newton Compton). Un giallo della serie sarda del capitano Roversi. In un'azienda nei dintorni di Sassari, il contabile viene trovato morto. È lo stesso luogo in cui, ventisette anni prima, era stato ucciso il vecchio proprietario. Una storia di vecchi delitti, evasioni, presunti innocenti e indagini complicate. Per saperne di più: scheda libro.
  • L'ATOMO SFUGGENTE di Alex Zamboni (Mondadori). La scomparsa di Aldo Colombo, un professore di fisica del liceo, non dà pace a un matematico, suo ex allievo, Teo. Si tratta di un rapimento? Solo Deianira, una giovane professoressa di origini ungheresi, può aiutare Teo a decifrare il plico di formule che il professor Colombo ha lasciato. E, durante le indagini serrate, fra atomi, fissione nucleare, agenti segreti e lettere anonime, spunta l'enigmatica figura di Ettore Majorana... Per saperne di più: scheda libro.
  • DAMASCUS STATION di David McCloskey (Salani). Un agente della CIA e una funzionaria siriana si cacciano nei guai, quando, a Damasco, indagano sulla scomparsa di un altro agente segreto americano. Per saperne di più: scheda libro.
  • GLI EREDI DELL'ARTICO di Aslak Nore (Marsilio). Un mix tra saga familiare, thriller e spionaggio internazionale: la famiglia Falck è coinvolta in un intrigo che può causare un incidente diplomatico con la Russia di Putin, mentre si scatena la lotta per il controllo delle risorse minerarie di un'isola delle Svalbard. Per saperne di più: scheda libro.

FANTASY E HORROR:

  • LONG LIVE EVIL. LUNGA VITA AL MALE di Sarah Reese Brennan (Mondadori). La protagonista Rae ha un'ultima possibilità per salvare la propria vita, giunta al termine: rinascere per magia in una delle sue saghe fantasy preferite. Il problema è che a Rae si risveglia nel ruolo della regina di un castello, al fianco del malvagio Imperatore del Passato e dell'Eterno Futuro. È una storia per chi pensa che, in fin dei conti, il cattivo della vicenda sia il personaggio più affascinante. Per saperne di più: scheda libro.

SAGGISTICA:

  • IL NEMICO di Stefano Feltri (Utet). Un volume che esplora le intenzioni e le direzioni politiche di un controverso personaggio come Elon Musk, ma non solo. La democrazia è forse messa in pericolo dal tecnocapitalismo e dai suoi meccanismi? Per saperne di più: scheda libro.
  • GIOIA di Eugenio Borgna (Einaudi). Un testo sul concetto di gioia e sul suo potere, consegnato dall'autore appena prima di morire. Per saperne di più: scheda libro.
  • SHANGRI-LA di Alberto Becattini e Marco Ciardi (Carocci). Shangri-La è un luogo immaginario descritto da James Hilton nel suo romanzo ORIZZONTE PERDUTO, un'utopia in cui l'armonia tra gli uomini è totale. Questo saggio analizza il mito di Shangri-la in tutte le sue sfaccettature, dalla sua origine alla sua trasformazione in topos dell'immaginario collettivo, presente in film, musica e fumetti. Per saperne di più: scheda libro.
  • GLI EFFETTI DELL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE NEL QUOTIDIANO di Roberto Magnani (Edizioni il Messaggero di Padova). A differenza della marea di libri sull'argomento, ecco un volume che spiega concretamente, senza pregiudizi, come l'Intelligenza Artificiale interviene nella vita di tutti i giorni, e quali sono i rischi connessi all'uso di questi strumenti senza la dovuta consapevolezza. Per saperne di più: scheda libro.
  • BALTICO di Oliver Moody (Marsilio). Nelle recenti vicende storiche e geopolitiche, la grande zona del Mar Baltico è diventata una regione chiave per gli stati che rivendicano la propria sfera d'influenza, ovvero la Russia e le Repubbliche che un tempo facevano parte dell'impero sovietico (Estonia, Lettonia, Lituania), oltre ai paesi dell'Europa centro-settentrionale. Questo libro offre un'analisi della storia e delle caratteristiche di questa importante zona del mondo europeo. Per saperne di più: scheda libro.
  • LEZIONI SUL «DON CHISCIOTTE» di Vladimir Nabokov (Adelphi). Il volume raccoglie gli interventi che Nabokov tenne nel 1952, nel suo secondo corso di letteratura all'università di Harvard. Il titolo dice tutto sull'oggetto delle sue dissacranti lezioni. Per saperne di più: scheda libro.

RELIGIONE E SPIRITUALITÀ:

  • UN TESORO DA RISCOPRIRE di Marco Panero (Àncora). Sottotitolo: Le preghiere comuni del cristiano. Si tratta di un agile libretto che ripercorre le preghiere della tradizione popolare cristiana (l'Ave Maria, il Padre Nostro, l'Atto di dolore, l'Eterno riposo, eccetera) e le spiega in ogni sua parte. Per saperne di più: scheda libro.
  • PARLO CON DIO? di Laura Invernizzi (Centro Ambrosiano). Un piccolo libro della collana Dire Dio, composta da 7 volumi sull'incontro del credente con Dio. In questo quinto libro, l'oggetto è la preghiera, intesa come risposta a Dio che parla e che cerca interlocutori. Per saperne di più: scheda libro.

INFANZIA E RAGAZZI:

  • E IO? di Marie-Sabine Roger e Marjolaine Leray (Officina Libraria). Il piccolo Grugnolo si arrabbia sempre perché è invidioso: a suo dire, riceve sempre la fetta di torta più piccola, il regalo meno bello, oppure meno grosso, eccetera... è forse meno amato degli altri? Età di lettura: dai 3 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • IO GIOCO di Anna Simioni e Paolo Colombo (Feltrinelli). Elena ha una vera passione per il calcio, e riesce, con la sua amica Marina, a giocare in un campionato, ma la quadra in cui le due ragazze riescono a entrare è una squadra maschile... Età di lettura: dai 12 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • IL LEGGENDARIO TESORO DI HELL GATE di Davide Morosinotto (Mondadori). Le avventure di una banda di ragazzi, nella New York degli anni '20. È molto bella la confezione editoriale del volume, a forma di grossa scatola di fiammiferi. Età di lettura: dai 12 anni. Per saperne di più: scheda libro.

noblogo.org/novita-in-libreria…



oggi su slowforward ho ripubblicato tutta una serie di video e dati sugli incontri di fine 2022, a New York, dedicati alla sperimentazione letteraria. andavano sotto il titolo complessivo di The Reappearing Pheasant. ma, rifletto (come anni fa): quanto di effettivamente sperimentale registravano? proprio i video secondo me danno una misura molto esatta del bilanciamento tra scrittura di ricerca (o complessa) et alia.

slowforward.net/2025/08/30/r-_…


noblogo.org/differx/oggi-su-sl…


[r] _ the complete videos of “the re-appearing pheasant”: an encounter of american and italian poets and critics, new york, 11-12-13 nov 2022

youtube.com/embed/sDTTTR_NA8k?…

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youtube.com/embed/OxhMrOef8TA?…

The Re-Appearing Pheasant
An Encounter of American and Italian Poets and Critics
New York, November 11-12-13, 2022

Convened by
Luigi Ballerini

Presented by
Casa Italiana Zerilli-Marimò at New York University
Stefano Albertini, Director

In Cooperation with
The Italian Cultural Institute of New York
Fabio Finotti, Director


#AmericanAndItalianPoetsAndCritics #AmericanPoets #CasaItalianaZerilliMarimò #criticism #critics #event #FabioFinotti #ItalianPoets #LuigiBallerini #NewYorkUniversity #poems #poetry #poets #proseInProse #prosePieces #StefanoAlbertini #TheItalianCulturalInstituteOfNewYork #TheReAppearingPheasant




Sfuggire alla bruttezza in motorino



Mio padre, alle medie, mi disse che mi avrebbe comprato il motorino, al compimento dei quattordici anni, così ci sarei potuto andare a scuola. Non era l'indirizzo scolastico che avrei voluto scegliere, non era neanche tra i primi dieci, ma la sede era abbastanza lontana.

Ho iniziato le superiori a tredici anni, i mesi passavano, io fantasticavo sul motorino, sul suo colore. Nello specifico, la promessa era quella di una Vespa, in quel periodo ne era uscito un restyling che aveva portato le marce a tre, ma la questione tecnica non mi interessava particolarmente: tre marce, quattro, volevo solo andarmene in giro sulla mia Vespa rossa; intanto, i mesi passavano e la Vespa sembrava allontanarsi sempre più. La promessa della Vespa era un tentativo (poco nascosto, ma riuscito), di tenermi lontano dalla bicicletta che avevo sempre chiesto.

Gli anni delle superiori passavano, “tanto a diciotto anni prendi la patente e ti prendo la macchina”. Chissà quale sarebbe stata la progressione: la bisarca a ventuno e il tram a venticinque. Cosa mi aspetta al compimento dei cento anni? Il Millennium Falcon, almeno.

Non so guidare il motorino, credo, non ho motivo di credere diversamente, non ho mai avuto modo di provarci. Neanche la bisarca e l'aliante. Premetto di esser nato nella parte fortunata del mondo, tant'è che sto qui a scrivere sciocchezze per potenziali lettori in condizioni analoghe.

Non sto scappando da una guerra, sotto il fuoco incrociato dei proiettili di qualche guardia costiera e quello del razzismo di chi vuol trincerarsi nello status privilegiato, regalatogli dal caso. Nessuno mi sta bombardando nel nome di certe pretese contenute in un libro “sacro” di decine di secoli fa, tutte parole scritte dai suoi stessi antenati. Non sto morendo letteralmente di fame e l'acqua la posso prendere da uno dei rubinetti che ho in casa, oppure alle fontanelle pubbliche. Premesso ciò, sono nato e ho vissuto troppo a lungo in un posto orrendo (secondo i canoni di chi è nato nella parte fortunata del mondo), senza aver avuto il coraggio e l'intelligenza di fuggire quando ne avrei avuto la possibilità e la forza. Una cittadina di medie dimensioni, brutta come la fame, la stessa bruttezza che ne impregna troppi abitanti. Una di quelle terre di mezzo, per popolazione e dimensioni, sospesa tra paese e città, con tutti i difetti di entrambi e nessuno dei pregi. Il caos, il traffico e il cemento abusivo della città e l'aridità culturale di un paesotto in disfacimento, animato a morte da mentalità da età del bronzo.

Un posto così brutto, una quella bruttura che viene anche dall'assoluta mancanza di personalità, di un qualsiasi tratto riconoscibile nell'ambiente antropizzato (perché di quello naturale non c'è granché da dire, si tratterebbe di fantasticare su cose che non esistono). Una sensazione di squallore diffuso, ecco; neanche a dirlo, tutte le cittadine confinanti, pur soffrendo in diversa misura degli stessi problemi, erano sicuramente più piacevoli alla vista. Tutti posti in cui era più sensato, umano, trovare un posto dove fare una passeggiata, fermarsi a un bar, mangiare un gelato.

Il caso sfavorevole ha voluto, quindi, che nascessi nell'epicentro della bruttura. E che ci vivessi, perché i miei in quella bruttura ci sono andati a vivere intenzionalmente, è stata una scelta. Nessuno dei miei antenati è nativo del posto, valli a capire.

A parte un paio di eccezioni, nella mia cerchia di amicizia eravamo tutti morti di fame, l'unico modo per evadere temporaneamente era saltare su un autobus o camminare fino alla stazione e andarcene in un paese confinante. A Napoli, quando avevamo voglia di qualcosa di livello superiore, quando volevamo vivere la metropoli. Il treno ce lo concedevamo quando avevamo i soldi per il biglietto, per l'autobus ci affidavamo alla bontà del conducente o al caso, sperando che non salissero i controllori e ci facessero scendere. Non era un gran danno, potevamo aspettare il prossimo mezzo o camminare, avevamo la vitalità strabordante dei ragazzi, i piedi buoni e nessuna paura di usarli. Così riuscivamo a sfuggire, per qualche ora, alla desertificazione esistenziale che ci assediva, prima di finire di nuovo risucchiati dalla sua devastante attrazione gravitazionale.

Il motorino, però, era tutt'altra cosa. Quanto era potente il concetto “ora prendo il motorino e me ne vado a Napoli”. Non è una domanda, non sto chiedendo di quantificare: era potentissimo. Non si doveva dar conto a nessuno, autisti e controllori compresi, non si doveva aspettare, c'era solo da sfrecciare e vincere sul traffico. L'unico ostacolo erano i temuti vigili, perché c'era sempre qualcosa che non era in regola. Anche se quella cosa non c'era, l'essere in difetto era uno stato dell'anima, anche in quei tempi abbastanza laschi da non imporre neanche il casco. La fobia, a prescindere, del posto di blocco.

Questa libertà l'ho vissuta solo da passeggero, cosa che mi pone in un sistema di caste mi porrebbe un gradino più in basso. O una persona di serie B, con una più modesta metafora calcistica. Sì, inconsciamente si fa questa distinzione tra guidatore e passeggero, specie negli anni delle scuole.

Sia quel che sia, ogni occasione di scappare da certe realtà è un'occasione perduta. A piedi, in Vespa, in bisarca, perchè no? Anche in Millennium Falcon, dalla metà del sellino destinata al passeggero.


log.livellosegreto.it/kipple/s…



Marianne Faithfull - Give My Love To London (2014)


immagine

Fumo di sigaretta e dietro uno sfondo rosso, luciferino: la nuvola nasce dalle labbra, le incornicia il viso. Lei è Marianne Faithfull, ritratta in copertina. È il suo nuovo album e non potrebbe essere altrimenti. Già, perché la cantautrice inglese dopo tutti questi anni di carriera (quasi cinquanta, anche se inframezzati da lunghi, turbolenti periodi di inattività) incarna ancora, e forse oggi più di allora, la figura dell’Araba Fenice, risorta dal ceneri, di ritorno dall’Inferno. Un nome, un destino il suo: conturbante poetessa decadente, cresciuta nei damascati agi di una famiglia aristocratica, precipitata bionda e giovanissima prima nel giro più rock e fashion della Swingin’ London (sponda Mick Jagger) poi nei vicoli bui e squallidi della tossicodipendenza, angoli remoti e arrugginiti della capitale britannica, case occupate, alberghi di quart’ordine... artesuono.blogspot.com/2014/10…


Ascolta: album.link/i/893215481



noblogo.org/available/marianne…


Marianne Faithfull - Give My Love To London (2014)


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Fumo di sigaretta e dietro uno sfondo rosso, luciferino: la nuvola nasce dalle labbra, le incornicia il viso. Lei è Marianne Faithfull, ritratta in copertina. È il suo nuovo album e non potrebbe essere altrimenti. Già, perché la cantautrice inglese dopo tutti questi anni di carriera (quasi cinquanta, anche se inframezzati da lunghi, turbolenti periodi di inattività) incarna ancora, e forse oggi più di allora, la figura dell’Araba Fenice, risorta dal ceneri, di ritorno dall’Inferno. Un nome, un destino il suo: conturbante poetessa decadente, cresciuta nei damascati agi di una famiglia aristocratica, precipitata bionda e giovanissima prima nel giro più rock e fashion della Swingin’ London (sponda Mick Jagger) poi nei vicoli bui e squallidi della tossicodipendenza, angoli remoti e arrugginiti della capitale britannica, case occupate, alberghi di quart’ordine... artesuono.blogspot.com/2014/10…


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SAPIENZA - Capitolo 6


LA RICERCA DELLA SAPIENZA (6,1-9,18)

Il giudizio del Signore su chi esercita il potere1Ascoltate dunque, o re, e cercate di comprendere; imparate, o governanti di tutta la terra.2Porgete l'orecchio, voi dominatori di popoli, che siete orgogliosi di comandare su molte nazioni.3Dal Signore vi fu dato il potere e l'autorità dall'Altissimo; egli esaminerà le vostre opere e scruterà i vostri propositi:4pur essendo ministri del suo regno, non avete governato rettamente né avete osservato la legge né vi siete comportati secondo il volere di Dio.5Terribile e veloce egli piomberà su di voi, poiché il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto.6Gli ultimi infatti meritano misericordia, ma i potenti saranno vagliati con rigore.7Il Signore dell'universo non guarderà in faccia a nessuno, non avrà riguardi per la grandezza, perché egli ha creato il piccolo e il grande e a tutti provvede in egual modo.8Ma sui dominatori incombe un'indagine inflessibile.9Pertanto a voi, o sovrani, sono dirette le mie parole, perché impariate la sapienza e non cadiate in errore.10Chi custodisce santamente le cose sante sarà riconosciuto santo, e quanti le avranno apprese vi troveranno una difesa.11Bramate, pertanto, le mie parole, desideratele e ne sarete istruiti.

La sapienza si lascia trovare12La sapienza è splendida e non sfiorisce, facilmente si lascia vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano.13Nel farsi conoscere previene coloro che la desiderano.14Chi si alza di buon mattino per cercarla non si affaticherà, la troverà seduta alla sua porta.15Riflettere su di lei, infatti, è intelligenza perfetta, chi veglia a causa sua sarà presto senza affanni;16poiché lei stessa va in cerca di quelli che sono degni di lei, appare loro benevola per le strade e in ogni progetto va loro incontro.17Suo principio più autentico è il desiderio di istruzione, l'anelito per l'istruzione è amore,18l'amore per lei è osservanza delle sue leggi, il rispetto delle leggi è garanzia di incorruttibilità19e l'incorruttibilità rende vicini a Dio.20Dunque il desiderio della sapienza innalza al regno.21Se dunque, dominatori di popoli, vi compiacete di troni e di scettri, onorate la sapienza, perché possiate regnare sempre.

Descrizione della sapienza22Annuncerò che cos'è la sapienza e com'è nata, non vi terrò nascosti i suoi segreti, ma fin dalle origini ne ricercherò le tracce, metterò in chiaro la conoscenza di lei, non mi allontanerò dalla verità.23Non mi farò compagno di chi si consuma d'invidia, perché costui non avrà nulla in comune con la sapienza.24Il gran numero di sapienti è salvezza per il mondo, un re prudente è la sicurezza del popolo.25Lasciatevi dunque ammaestrare dalle mie parole e ne trarrete profitto.

_________________Note

6,17-20 Nei vv. 17-20 si sviluppa una riflessione che imita, con una certa libertà, un’argomentazione della filosofia greca chiamata “sorite”. In questa, il predicato di una affermazione (ad es. v. 17a: desiderio di istruzione) diviene il soggetto di una seconda affermazione (v. 17b); il predicato della seconda affermazione diviene poi soggetto di una terza, e così via. Nella conclusione (v. 20: Dunque…) il predicato della prima affermazione viene collegato con l’ultimo. È questa una singolare testimonianza dell’influsso della cultura greca sul libro della Sapienza.

6,22-25 Questi versetti (le parole sono messe sulle labbra di Salomone) fanno da introduzione all’ampio discorso sulla sapienza, che abbraccia i cc. 7-9.

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Approfondimenti


vv. 1-21. L'unità è delimitata dall'inclusione «re-regnare» (v. 1a; v. 21b), che sottolinea non solo i destinatari dell'esortazione, ma anche lo scopo, cioè un regno eterno. Col v. 22 già si annunciano i temi della sezione seguente. I vv. 1-21 sono poi strutturati in due unità minori (vv. 1-11; 12-21), segnate dalla congiunzione «dunque» (vv. 1 e 21) e soprattutto dagli imperativi, che ricorrono in numero decrescente: quattro nei vv. 1-2, due al v. 1 e uno al v. 21. Questa decrescenza numerica evidenzia un crescendo nell'esortazione: mentre i primi quattro imperativi invitano semplicemente all'ascolto, i secondi due specificano l'oggetto, cioè le parole del saggio Salomone e soprattutto esprimono l'invito a un'adesione esistenziale («desiderate», «bramate»); infine l'ultimo imperativo esorta a una sottomissione di tutta la vita, perché si tratta non di semplici parole d'un saggio, ma della sapienza stessa. Questa sapienza, già menzionata verso il termine della prima unità (v. 9) e di nuovo all'inizio della seguente (v. 12), riappare ancora una volta al termine dell'intera esortazione, ponendosi così come il vero centro di convergenza. I destinatari di questo forte invito a cercare la sapienza sono variamente denominati: «re» (v. 1a), «governanti di tutta la terra» (v. 1b), «voi che dominate le moltitudini» (v. 2a), «voi che siete orgogliosi per il gran numero dei vostri popoli» (v. 2b), «i potenti» (v. 6b), «i forti» (BC = «dominatori») (v. 8), «sovrani» (v.9). Questi vari titoli sono caratterizzati da una forma generale e onnicomprensiva; il loro ambito geografico è la terra intera ed il loro ambito antropologico è costituito da tutti i popoli. L'autore dunque oltrepassa l'ambito palestinese per abbracciare il mondo intero: si tratta di tutti coloro che esercitano un potere nella comunità degli uomini. Un'ulteriore specificazione proviene dal termine «accesso al potere» (v. 3a), che in Egitto designa l'avvento al potere dei Romani a partire dall'anno 30 a.C. I destinatari dell'invito dello Pseudo-Salomone potrebbero essere dunque i Romani, a cui converrebbe bene il carattere universale dei sopracitati titoli.

vv. 1-3. Questi detentori del potere sono pressantemente invitati all'ascolto, anzi all'apprendimento (cfr. vv. 1-2). Oggetto di questo insegnamento è la dottrina sull'origine divina del potere; più che di una dottrina si tratta piuttosto di una fede: ogni potere è un dono proveniente da Dio, non un diritto! Questa affermazione del v. 3a viene ancora ripresa una volta all'emistichio seguente (v. 3b) per sottolinearne maggiormente la portata. Di conseguenza ogni detentore di potere è sempre un ministro del regno di Dio. Se Dio è la fonte del potere, ne è pure il giudice finale: non soltanto esaminerà le opere esterne, ma vaglierà le intenzionalità stesse dei sovrani. Una giustizia puramente esteriore e giuridica viene sorpassata a favore di un comportamento che rispecchia in modo cristallino il cuore stesso dell'uomo.

v. 4. Il v. 4 non vuole essere anzitutto un atto d'accusa rivolta al potere, quanto piuttosto intende richiamare le premesse che conducono alla condanna finale. Queste premesse, lette in senso positivo, specificano l'ideale di un giusto potere. Esso è esercizio retto della giustizia («avete giudicato»; BC = «avete governato»), osservanza della legge divina, quale si manifesta all'uomo nella sua esigenza di fondo, e infine un comportamento secondo il volere di Dio; quest'ultimo serve a fermarsi non all'aspetto esteriore della legge, bensì a quella che è davvero la volontà divina.

vv. 5-8. Il tema centrale di questi versetti è il giudizio di Dio, tema ripreso dal v. 3 e sviluppato ora da un ricco vocabolario (cfr. vv. 5.6b.8). L'attività giudiziale di Dio costituisce un aspetto della sua sovranità illimitata, di cui l'autore ha parlato prima, e ne vuol essere una specificazione. Si tratta del giudizio finale – non viene specificato se è il giudizio dopo la morte o quello finale – dove obbligatoriamente i sovrani dovranno incontrare il Signore. Oltre alla repentinità (v. 5a), tipica del giudizio divino, due sono le caratteristiche di fondo: anzitutto la rigorosità estrema (cfr. vv. 5a.b.8), in contrasto con la clemenza verso i piccoli (v. 6a) e poi l'imparzialità verso tutti. Dietro l'apparente contraddizione di un comportamento diseguale, l'autore vuole sottolineare d a un lato la critica a una giustizia umana che troppo spesso serve i potenti e neglige i piccoli, dall'altro l'esigenza di una provvidenza divina, che non solo non conosce discriminazioni di comportamento verso le creature (v. 7d), ma che positivamente è vicina agli umili appunto a causa delle frequenti ingiustizie da loro subite (v. 6a).

vv. 9-11. Lo Pseudo-Salomone riprende qui l'esortazione iniziale e la menzione della sapienza conferisce un carattere personale all'invito dell'autore, confermato dai due imperativi finali: «desiderate-bramate» (v. 11). Il v. 10 specifica una duplice motivazione: se i sovrani osserveranno con sentita e religiosa partecipazione «le cose sante», cioè i precetti divini, saranno riconosciuti come santi, naturalmente al giudizio finale; bisogna dunque ora lasciarsi istruire a questa scuola dei precetti divini, per poter poi avere una difesa al momento del giudizio. Apparirà chiaro nei versetti seguenti che dietro queste «cose sante» c'è anzitutto la sapienza, la quale non solo è uno «spirito santo» (7,22), ma è pure l'artefice della santità degli uomini (cfr. 7, 27).

vv. 12-16. L'autore presenta ora la sapienza, ponendo l'accento sul tema della ricerca: l'uomo cerca, la sapienza cerca. Rileviamo un triplice movimento: dapprima è l'uomo che si mette alla ricerca della sapienza (v. 12); egli è mosso anzitutto dall'amore, dalla propensione e dall'affinità che sente verso di essa (v. 12b); non si tratta solo di un movimento emozionale, perché l'uomo è mosso da un reale sforzo di ricerca (v. 12c). Questa ricerca è coronata da successo, perché la sapienza è come una luce folgorante d'oriente, che non può passare inosservata. Ma la ragione profonda di questo successo non è data dalla qualità dell'uomo, bensi dal fatto che la sapienza stessa previene questa ricerca; siamo così al secondo movimento (vv. 13-14). È la sapienza stessa che si offre anticipatamente alla conoscenza di coloro che la desiderano (v. 13). Benché il discepolo si sia alzato di buon mattino per andare da lei o abbia vegliato a lungo, forse una notte intera, la sapienza si fa trovare già presente, seduta davanti alla sua casa. Queste immagini tradizionali (cfr. Pr 8) rinviano all'ambiente scolastico sapienziale, in particolare al discepolo che con assiduità e prontezza brama l'insegnamento del maestro. Una parentesi fra le due immagini sottolinea come questa ricerca del discepolo non sia solo emozionale, ma frutto di una attenta riflessione, la quale diventa così l'espressione perfetta della prudenza (BC = «saggezza»: v. 15a). Un'ultima riflessione dell'autore precisa infine il senso ultimo di questo movimento: non solo la sapienza previene la ricerca dell'uomo facendosi trovare, ma essa stessa si mette alla ricerca dell'uomo lungo le strade del mondo e con sentimenti di benevolenza (v. 16). L'eco di Pr 8,1-3 è evidente, ma qui nel contesto di Sap 6,12-16 emerge più chiaramente che ogni ricerca della sapienza da parte dell'uomo è già in realtà la conseguenza e il dono di un movimento anteriore della sapienza stessa. È lei che prende l'iniziativa e che si mette alla ricerca degli uomini! Così l'invito dello Pseudo-Salomone ai responsabili del potere e agli uomini in generale è precisamente un momento dell'iniziativa gratuita e amorosa della sapienza.

vv. 17-21. Questi versetti formano un sorite, procedimento letterario greco costituito da una catena di frasi, dove il predicato di una proposizione diventa soggetto della proposizione seguente e dove l'ultima frase ha come soggetto quello della prima e come predicato quello della penultima. L'intenzione è di serrare in unità la sequenza delle proposizioni. Il nostro sorite non è perfetto, perché lo Pseudo-Salomone preferisce usare dei sinonimi, tuttavia assai significativi. L'autore, dopo aver precisato nei versetti precedenti il significato della ricerca della sapienza, tramite questo sorite illustra ora il cammino concreto che conduce l'uomo alla sapienza. «istruzione»: è un termine-chiave, perché è proprio il desiderio autentico dell'istruzione che costituisce l'inizio del cammino che porta alla sapienza. Come la Grecia, anche Israele conosce una istruzione, ma di tipo ben diverso! Infatti questa istruzione avviene attraverso lo spirito (cfr. 1,5) e la torah (cfr. 2,12), e chi la disprezza è infelice (cfr. 3,11). Questa istruzione di Dio la si coglie in modo particolare nella storia salvifica del popolo d'Israele (11,9; 12,22), come apparirà nella rievocazione della storia dell'esodo (cc. 11-19) e anche nell'esistenza travagliata e problematica del giusto (3,5). Si tratta anzitutto di saper cogliere la presenza di Dio nella storia e di lasciarsi docilmente guidare, anche attraverso le prove. È quest'attitudine l'inizio della sapienza. Le tappe successive del cammino che porta alla sapienza sono: l'amore, l'osservanza delle leggi, l'immortalità, la vicinanza a Dio. Infatti la forte tensione e applicazione verso l'istruzione produce amore; quest'amore si concretizza nell'osservanza delle leggi, dalle quali scaturisce l'incorruttibilità (BC = «immortalità»), premessa indispensabile per poter stare vicini a Dio. La proposizione finale puntualizza le conclusioni di questo itinerario ascensionale (cfr. «condurre» del v. 20, che letteralmente corrisponde a «elevare»). Il desiderio d'istruzione (v. 17) è in realtà il desiderio della sapienza e questa consiste fondamentalmente nell'appartenenza al regno di Dio, o, per usare l'espressione equivalente del versetto precedente, nell'esperienza della presenza di Dio. Di qui l'invito finale ai re perché, tramite l'accoglienzadella sapienza, mirino all'unico, autentico ed imperituro regno di Dio.

6,22-9,18. È la parte centrale del libro, l'elogio della sapienza. L'autore sa che la ricerca e la realizzazione della giustizia non sono un compito umano, bensì un dono dall'alto, della sapienza divina; di essa perciò tesserà l'elogio e inviterà a perseguirla con la preghiera. Con una finzione letteraria l'autore diventa Salomone stesso; le sue parole acquistano così maggiore autorità ed egli può proporsi come il modello di colui che cerca, invoca e sposa la sapienza. La parte è articolata in due sezioni: il discorso di Salomone sulla sapienza (6, 22 – 8, 21) e la preghiera di Salomone per ottenere la sapienza (c. 9).

6,22-8,21. In connessione con la finale della prima parte (cfr. 6,1-21), segue il discorso diretto del grande Salomone concernente la sapienza; la prima persona e l'introduzione del famoso re israelita conferiscono a questi versetti una voluta importanza e solennità. Precede un introduzione, dove si preannuncia il tema (6,22-25); esso poi è articolato in sette brevi unità costruite secondo un piano concentrico: A) 7,1-6 B) 7,7-12 C) 7,13-21 D) 7,22-8,1 C') 8,2-9 B') 8,10-16 A') 8,17-21

Al centro emerge la pericope, 7,22-8,1, dove infatti viene descritta e magnificata la sapienza stessa e che costituisce il centro del discorso di Salomone e della seconda parte del libro, ma anche il centro dell'intero libro; si comprende perché l'autore abbia collocato qui l'elogio della sapienza! 6,22-25. Lo Pseudo-Salomone intende rispondere alle due domande che sorgono spontanee dall'esortazione precedente e cioè: che cos'è la sapienza? e qual è la sua origine? Sono domande che rimandano all'ambiente delle scuole sapienziali e filosofiche. L'autore insiste ripetutamente nel v. 22 sulla sua intenzione di rivelare tutto quanto è possibile circa la sapienza. C'è, in tali affermazioni, da un lato l'entusiasmo di un uomo profondamente innamorato della sapienza e desideroso di comunicarne l'esperienza, dall'altro la polemica contro determinate correnti misteriche greco-ellenistiche, che riservano gelosamente l'apprendimento delle dottrine sacre agli iniziati.

vv. 23-24. Infatti c'è incompatibilità assoluta fra la sapienza e l'invidia; Dio non ha riservato gelosamente per sé o per qualche eletto la sapienza, bensì la offre in dono a tutti.

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Sapienza – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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✍️ L'arte di Cominciare ..ancora ..

Ricominciare fa paura, ogni volta, sempre, nonostante sia capitato diverse volte! Ricominciare dopo un fallimento difficile da lasciarsi alle spalle, dopo aver sprecato tempo e fatica dietro situazioni, persone, idee, illusioni. A volte ci aggrappiamo a ciò che conosciamo solo perché è familiare, sicuro, anche quando ci rende infelici. Eppure ogni giorno ci capita di dover ricominciare, senza che ciò significhi cancellare ciò che eravamo, anzi ci porta ad essere diversi e più ricchi! Anche l'esperienza più dolorosa, triste, diventa il punto di partenza per una nuova storia o un nuovo inizio! Non dobbiamo avere paura, soprattutto se siamo consapevoli che l'amore ci dà coraggio, forza, di affrontare l'ignoto, il nuovo, il diverso, il più lontano, non dobbiamo pensare di fare un passo indietro, anzi significa andare avanti con occhi e una predisposizione nuova, è la possibilità di scegliere con più consapevolezza, di disegnare la propria vita con colori che forse prima non avevamo il coraggio di usare, di sfumare e di cancellare..

Ricominciare non è deporre le armi, sventolare un fazzoletto bianco ma è permettere a se stessi di continuare la propria storia con nuovi capitoli, nuovi personaggi, paesaggi ed emozioni! Così forse la nuova pagina che andremo a scrivere, sarà quella che ci condurrà verso l'amore, la pace, la conquista della serenità e di sé stessi ...


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Temples - Sun Structures (2014)


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Punto primo: la dissonante sensazione di ammettere che la musica, per essere apprezzata e apprezzabile, possa anche essere scorrevole, piacevole, semplice, orecchiabile, radiofonicamente azzeccata è presente. Punto secondo: lo scetticismo del pre-ascolto, vuoi per la montatura creatasi attorno a una band che crea circuito comunicativo da inizio 2013 oppure per una sorta di continuo piacere al riciclo psichedelico di inizio anni Dieci è svanito. Punto terzo: i Temples sono una band valida. Lo sono perché nell'ascoltare il loro esordio “Sun Structures” su Heavenly Recordings emerge quel valore discografico da collettivo pronto ad affollare stadi e arene, per i giri armonici che s'incollano con estrema facilità alle pareti otorine, per le capacità melodiche del frontman James Edward Bagshaw: indubbiamente debitore delle composizioni indiane degli “scarafaggi”, il giovane non pecca di presunzione, infilando uno dopo l'altro ritornelli che restano e resteranno... artesuono.blogspot.com/2014/07…


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SAPIENZA - Capitolo 5


I giusti e gli empi di fronte al giudizio finale1Allora il giusto starà con grande fiducia di fronte a coloro che lo hanno perseguitato e a quelli che hanno disprezzato le sue sofferenze.2Alla sua vista saranno presi da terribile spavento, stupiti per la sua sorprendente salvezza.3Pentiti, diranno tra loro, gemendo con animo angosciato:4“Questi è colui che noi una volta abbiamo deriso e, stolti, abbiamo preso a bersaglio del nostro scherno; abbiamo considerato una pazzia la sua vita e la sua morte disonorevole.5Come mai è stato annoverato tra i figli di Dio e la sua eredità è ora tra i santi?6Abbiamo dunque abbandonato la via della verità, la luce della giustizia non ci ha illuminati e il sole non è sorto per noi.7Ci siamo inoltrati per sentieri iniqui e rovinosi, abbiamo percorso deserti senza strade, ma non abbiamo conosciuto la via del Signore.8Quale profitto ci ha dato la superbia? Quale vantaggio ci ha portato la ricchezza con la spavalderia?9Tutto questo è passato come ombra e come notizia fugace,10come una nave che solca un mare agitato, e, una volta passata, di essa non si trova più traccia né scia della sua carena sulle onde;11oppure come quando un uccello attraversa l'aria e non si trova alcun segno del suo volo: l'aria leggera, percossa dal battito delle ali e divisa dalla forza dello slancio, è attraversata dalle ali in movimento, ma dopo non si trova segno del suo passaggio;12o come quando, scoccata una freccia verso il bersaglio, l'aria si divide e ritorna subito su se stessa e della freccia non si riconosce tragitto.13Così anche noi, appena nati, siamo già come scomparsi, non avendo da mostrare alcun segno di virtù; ci siamo consumati nella nostra malvagità”.14La speranza dell'empio è come pula portata dal vento, come schiuma leggera sospinta dalla tempesta; come fumo dal vento è dispersa, si dilegua come il ricordo dell'ospite di un solo giorno.

Felicità e ricompensa dei giusti15I giusti al contrario vivono per sempre, la loro ricompensa è presso il Signore e di essi ha cura l'Altissimo.16Per questo riceveranno una magnifica corona regale, un bel diadema dalle mani del Signore, perché li proteggerà con la destra, con il braccio farà loro da scudo.17Egli prenderà per armatura il suo zelo e userà come arma il creato per punire i nemici,18indosserà la giustizia come corazza e si metterà come elmo un giudizio imparziale,19prenderà come scudo la santità invincibile,20affilerà la sua collera inesorabile come spada e l'universo combatterà con lui contro gli insensati.21Partiranno ben dirette le saette dei lampi e dalle nubi, come da un arco ben teso, balzeranno al bersaglio;22dalla sua fionda saranno scagliati chicchi di grandine pieni di furore. Si metterà in fermento contro di loro l'acqua del mare e i fiumi li travolgeranno senza pietà.23Si scatenerà contro di loro un vento impetuoso e come un uragano li travolgerà. L'iniquità renderà deserta tutta la terra e la malvagità rovescerà i troni dei potenti.

_________________Note

5,15-23 Le immagini racchiuse nei vv. 17-23 si ispirano, da una parte, agli eventi descritti nel libro dell’ Esodo, quando Dio offrì la liberazione al suo popolo, collocandosi al suo fianco; dall’altra si ispirano al linguaggio dell’apocalittica, un genere letterario assai diffuso allora per descrivere la fine del tempo e del mondo e, in definitiva, il trionfo di Dio.

5,17-20 arma, corazza, elmo, scudo, spada: nelle lettere di Paolo, questa diverrà l’armatura del cristiano, equipaggiato nella lotta contro il peccato (vedi, ad es., Ef 6,11-17).

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Approfondimenti


Il c. 5 costituisce un'unità ben delimitata dall'inclusione «starà» – «starà contro» (BC = «si scatenerà contro») (vv. 1.23). Il dramma escatologico degli empi si sviluppa infatti tra questi due verbi: all'inizio c'è lo stare del giusto di fronte ai suoi vecchi oppressori; questo stare provoca in essi il riconoscimento dei propri peccati, a cui segue la condanna di Dio espressa appunto dal suo «stare contro» (v. 23). L'articolazione del capitolo comprende un'introduzione (vv. 1-3), la confessione degli empi (vv. 4-14) e infine la contrapposizione tra il destino glorioso dei giusti e la battaglia divina contro gli empi (vv. 15-23). Il discorso-confessione degli empi (vv. 4-13) contiene notevoli richiami al precedente discorso degli empi di 2,1b-20. Una corrispondenza teologicamente importante è costituita dal termine «giustizia»: gli empi avevano proclamato con tracotanza che la regola della loro giustizia era la loro forza (2,11); al giudizio finale di fronte al giusto sono costretti ad ammettere che invero la luce della giustizia non è brillata su di loro (v. 6); la conseguenza sarà che la stessa giustizia divina diventerà punitrice nei loro confronti (5,18).

vv. 1-3. «Allora»: si riferisce al momento del rendiconto (4,20). Non sembra che si possa parlare qui di giudizio universale, perché mancano degli indizi di un coinvolgimento di tutti gli uomini e del cosmo, e perché il combattimento escatologico di JHWH dei vv. 16c-23 pare ancora orientato al futuro, più che al presente. Emerge invece l'idea di definitività, per cui la sorte degli uni e degli altri non muta più. Dunque si tratta piuttosto di una drammatizzazione letteraria, tramite la quale l'autore vuole presentare da un lato la nuova condizione del giusto e degli empi dopo la morte in radicale antitesi rispetto alle concezioni e alle attese di quest'ultimi, dall'altro la ragione profonda del trionfo del giusto e cioè il totale coinvolgimento di Dio nel combattimento contro gli empi; ma quest'ultima prospettiva rimane collocata in un futuro non meglio specificato. «grande fiducia»: il termine esprime non solo una sicurezza psicologica, che potrebbe però essere ingannata, ma soprattutto la sicurezza oggettiva che deriva dalla comunione con Dio (vv. 5.15). In stridente contrasto con essa si pone l'insicurezza degli empi, sottolineata da un vocabolario assai ricco: «tremanti» (4, 20), «terribile spavento» (5, 2a), «stupore» (5, 2b), «gemendo» (5,3), «spirito tormentato» (5,3); anche qui la paura non è solo un dato psicologico, bensì la conseguenza della presenza accusatrice di Dio, dapprima nella persona del giusto e poi nel suo giudizio stesso; «Pentiti»: non esprime la conversione, ma semplicemente il cambiamento di opinione.

vv. 4-14. In questo processo finale contro gli empi non c'è un accusatore ufficiale; infatti né il giusto né Dio prendono la parola; si tratta piuttosto di un'autoaccusa degli empi stessi posti di fronte alla vera identità del giusto. E un primo esempio, sebbene ancora implicito, della legge del contrappasso: essi che con dure parole avevano posto sotto accusa e condannato il giusto (2, 10-20), diventano ora con le loro stesse parole accusatori di se stessi.

v. 4. «stolti»: pesa su questa confessione degli empi il titolo iniziale di stolti (in greco è posto enfaticamente al termine della frase di 4ab), che, dopo essere risuonato già due volte come giudizio dell'autore (3, 2.12), emerge ora dalla loro stessa autocritica.

v. 5. Più che un'interrogazione, è un'esclamazione piena di stupore. Con particolare accanimento e anche cinismo avevano gli empi evocato la pretesa affermazione della figliolanza divina del giusto (2,13.16.18); ora la verità di questa affermazione si impone ai loro occhi increduli. «figli di Dio», «santi»: le due espressioni designano verosimilmente gli angeli, assieme ai quali il giusto partecipa ormai alla comunione con Dio. E una concezione presente in Daniele e soprattutto a Qumran.

vv. 6-7. «Cammino della verità»: la metafora della via applicata alla vita morale dell'uomo è classica nell'AT (cfr. ad es. Sal 1,1.6); così la vocazione di Abramo e specialmente la chiamata di Israele vengono presentate come un cammino e un esodo. E questa l'immagine dominante dei vv. 6-7, introdotti e conclusi dal medesimo termine: «via» (BC = «cammino») della verità – via del Signore. Tra i due c'è un crescendo significativo: dapprima l'errore degli empi è visto come una deviazione dottrinale (v. 6a); poi la loro vita appare come un antiesodo, dove, a differenza dell'epopea d'Israele (cfr. 18,3), manca una luce e un sole che illuminino il cammino, cioè la giustizia come opzione fondamentale; le vie che essi percorrono portano fatalmente alla perdizione, termine forte di chiaro significato escatologico (v. 7a); infatti la conclusione del v. 7c ridefinisce il significato della via del bene come un'esperienza profonda e intima (cfr. «conoscere») di Dio: una volta rifiutata questa comunione esistenziale con lui, non rimane come prospettiva che la perdizione.

v. 8. Due domande retoriche, tramite il richiamo al passato atteggiamento di superbia e di spavalderia, sottolineano ancora il contrasto radicale con il presente stato di insicurezza e di spavento (cfr. vv. 2-3).

vv. 9-13. Alle due domande retoriche segue una serie di cinque paragoni (vv. 9-12), che sfociano in una terribile conclusione-confessione sul fallimento della vita degli empi (v. 13). Mentre le prime due comparazioni sono molto brevi (v. 9a.b), le ultime tre sono assai più consistenti, in particolare la quarta che occupa ben sei emistichi (v. 11). Si sente il gusto ellenistico dell'autore, che tuttavia quando vuole strafare, come nel quarto paragone, diventa pesante ed affettato. Queste comparazioni ripropongono in immagini il precedente tema del cammino, ma da un'angolatura ben precisa: si tratta di percorsi veloci e senza traccia! Sta qui il senso di effimero che percorre questi versetti e che denuncia la coscienza di un profondo vuoto esistenziale. Questo avviene soprattutto nel momento del passaggio dalle immagini ala realtà della vita (v. 13); se durante la lunga sequenza dei paragoni ci si poteva illudere che questo senso d'effimero appartenesse solo al mondo della natura circostante, benché l'introduzione del v. 9 avesse già messo in guardia, il «cosi» iniziale del v. 13 toglie ogni illusione e pone gli empi di fronte al loro fallimento: l'unica realtà che nella vita dell'uomo lascia una traccia imperitura è la virtù!

v. 14. A conferma di quanto detto dagli empi lo Pseudo-Salomone aggiunge ancora a mo' di conclusione una riflessione personale sulla vanità del loro progetto esistenziale; si tratta di un versetto pieno di poesia, dove specialmente l'ultima immagine lascia un senso profondo di tristezza e di nostalgia.

v. 15. Una nuova riflessione personale dell'autore, parallela alla precedente ma avente come oggetto il giusto, segna l'inizio della terza parte del capitolo. È una chiara affermazione sulla vita eterna dei giusti, vista soprattutto come presenza personale di un Dio che ha cura dell'uomo; qui si misura la differenza con gli enunciati teorici della filosofia greca. È partendo da questa presenza personale di Dio che lo Pseudo-Salomone configurerà nei versetti seguenti la vita eterna dei giusti e il combattimento divino contro gli empi.

v. 16. L'autore non specifica quando avverrà l'incoronamento del giusto, se subito dopo la morte o dopo il giudizio finale; quest'ultima interpretazione pare tuttavia la più probabile, perché il futuro «riceveranno» è parallelo ai futuri seguenti che descrivono la battaglia finale di Dio contro gli empi. Più importante è notare la concezione del giusto come re; questa regalità, pur apparendo qui come un bene escatologico, affonda già le sue radici nella vita terrena del giusto ed è probabilmente una risposta polemica all'ideologia regale ellenistica. Gli ultimi due emistichi del versetto introducono già il tema del combattimento.

vv. 17-20. Il “combattimento di Dio” contro gli empi è un tema classico dell'AT (cfr. Es 15,3). Per l'immagine dell'armatura composta dai vari attributi divini l'autore si ispira a Is 59,16-19, collocandola però nel contesto escatologico del combattimento finale. Emerge in primo piano l'imponente presenza di Dio, che con i suoi attributi è totalmente coinvolto in questa lotta contro il male; la descrizione dettagliata dell'armatura divina vuole sottolineare appunto tale presenta e offrire così la garanzia della vittoria. Una novità di questo combattimento finale è la partecipazione del creato a fianco di Dio (vv. 17b.20b); infatti nello schema apocalittico tradizionale si parla più di sconvolgimento del creato che di una sua partecipazione attiva alla lotta. Per l'autore il cosmo non costituisce un elemento neutrale o semplicemente il palcoscenico sul quale si svolge il dramma della storia, ma ne è un elemento essenziale. Questa tematica verrà ripresa e ampiamente sviluppata nella terza parte del libro.

vv. 21-23ab. Fulmini, nubi, grandine, acqua del mare e dei fiumi costituiscono gli elementi tradizionali delle teofanie bibliche (cfr. ad es. Es 19,16-19; Sal 18,12-16); qui testimoniano la presenza punitrice divina e un giudizio inappellabile di condanna.

v. 23cd. Alla radice del fallimento escatologico degli empi c'è dunque il «rifiuto della torah» (BC = «iniquità») che rende deserta la terra e rovescia i troni; l'autore si riallaccia così alla pressante esortazione iniziale della giustizia (v. 1,1) ed introduce già l'argomento del capitolo successivo.

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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23 della psicologia dellle forme apparenti (aforismi apocrifi di Leonardo da Vinci)

Caro istante

Per iniziare, darti la grazia per dedicare il tuo tempo, mio stimato e disinteressato lettore. Scrivere é una faccenda personale, si scrive per mettere ordine quando le idee sono confuse o per condividere convinzioni o proclamare certezze.
Nel mio caso non ho certezze da difendere perché la mia formazione di scienza mi induce a cercare le soluzioni migliore seguendo prove ed errori. Non difenderei fino alla morte le mie convinzioni perché potrei essere in errore, per questo apprezzo le differenti opinioni, perché possono arricchire le mie conoscenze, farmi cambiare la visione delle cose e raggiungere nuove conclusioni.
Fino a qui sono arrivato, solo con l'aiuto di altri potrei fare progressi, non ho una opinione in proposito, solo una avvertenza: non farti ingannare lettore da chi promette una unica e vera risposta.
La veritá é che le cose cambiano continuamente e le premesse errate ingannano i sensi.
Non c'é una unica risposta perché nessuno si pone le stesse domande, siamo figli del caso, non scegliamo i nostri genitori anche se abbiamo la opzione di scegliere con chi condividere parte del nostro cammino in questa esistenza, rimaniamo mammiferi limitati dal nostro ciclo di obsolescenza programmata.
Siamo animali sociali, nemmeno abbiamo un nome, questo ci viene imposto dai nostri ancestri biologici alla nascita, abbiamo un cognome perché ci viene imposto come atto normativo dai tempi della societá borghese, per arruolarci nel libro paga salariale e poter contrarre prestiti e legami sociali di altra forma. Ci insegnano dalla nascita il nostro ruolo, diritti e doveri, socializzamo con il gioco prima di terminare intrappolati in relazioni sociali protocollari e formali.
Ti fanno credere che esiste un progresso solo perché abbiamo piú conoscenze ed innovazioni tecnologiche, ma le barbarie continuano ad esistere anche in questo secolo di civiltá occidentale. Ti fanno credere che esiste un progresso, una crescita continua, in realtá ogni sistema si crea, si trasforma e si distrugge per trasformarsi in qualcosa di differente fondato sunnuove premesse ed acquisizioni, a questo servono le guerre, a mantenere in moto la economia di chi é incapace di soluzionare i conflitti con la diplomazia. Non ti stupisca la ingiustizia, se é vero che la legge é da rispettare, non tutte le leggi sono giuste.
Solo da vecchio avrai la saggezza di cui avresti avuto bisogno per fare le scelte giuste quando eri giovane. Ci sono cose alla base di cui dimentichiamo la esistenza, come respirere, camminare, osservare ed ascoltare.
Ci perdiamo nei pensieri del dopo, ricordando quello che era prima, per questo non abbiamo percezione di adesso, distratti dai troppi pensieri.


log.livellosegreto.it/note-a-m…



[escursioni]fra il mignolo e il pollice per -non macchiarlo non troppo non trovano non] necessita è fresco] di parassiti frequente come agg. insetti p. piante p. gli assolati mandano a piedi] non arriva la mezza misura il recupero anni anniversari a scuola una palazzina del settanta l'aerografo1551057 spioventi [escono dalle guide invade un cratere] alla volta le] palazzine inail non solo vedono] leoni


noblogo.org/lucazanini/escursi…



Thom Yorke - Tomorrow’s Modern Boxes (2014)


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La seconda cosa che mi ha colpito del nuovo disco di Thom Yorke sono i primi trenta secondi, quella specie di loop monocorde pseudo-industrial: cosa mi ricordava? Ci ho pensato un bel po’ prima di rendermi conto che sembrava il riflesso lacero e consunto di un’altra intro, quella di Discotheque, canzone di apertura di Pop, album che ha segnato un turning point per gli U2 e – a detta di molti, tra cui il sottoscritto – l’ultimo nel quale abbiano dimostrato un po’ di vena creativa. Tutto lascia pensare che si tratti di un link attivato solo dalla complicata rete di connessioni mnemoniche del sottoscritto, o al massimo una coincidenza, però dal momento che viviamo in un’epoca in cui tutto è collegato, stratificato, connesso appunto, credo sia inevitabile lasciare accesa una fiammella di sospetto... artesuono.blogspot.com/2014/10…


Ascolta: album.link/i/1262568019



noblogo.org/available/thom-yor…


Thom Yorke - Tomorrow’s Modern Boxes (2014)


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La seconda cosa che mi ha colpito del nuovo disco di Thom Yorke sono i primi trenta secondi, quella specie di loop monocorde pseudo-industrial: cosa mi ricordava? Ci ho pensato un bel po’ prima di rendermi conto che sembrava il riflesso lacero e consunto di un’altra intro, quella di Discotheque, canzone di apertura di Pop, album che ha segnato un turning point per gli U2 e – a detta di molti, tra cui il sottoscritto – l’ultimo nel quale abbiano dimostrato un po’ di vena creativa. Tutto lascia pensare che si tratti di un link attivato solo dalla complicata rete di connessioni mnemoniche del sottoscritto, o al massimo una coincidenza, però dal momento che viviamo in un’epoca in cui tutto è collegato, stratificato, connesso appunto, credo sia inevitabile lasciare accesa una fiammella di sospetto... artesuono.blogspot.com/2014/10…


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RIGUARDO BITCOIN ED ETHEREUM


Scrivo questo articolo (Agosto 2025) rivolto agli utenti del fediverso, e in particolare dell'istanza @mastodon.uno.

Presumo che l'età media e mediana degli utenti che la frequentano sia alta; e onestamente l'ecosistema Criptovalute è più comprensibile alle nuove generazioni che a chi ha raggiunto un'età matura, per svariati motivi, ed uno dei motivi è il fatto che siano una tecnologia talmente dirompente da potenzialmente poter cambiare un'assetto socio-economico e un sistema finanziario di riferimento; e generalmente chi ha un'età matura non vuole!

Cercherò per quanto riesca ad usare un linguaggio comprensibile alla vecchia generazione. Quelli che vengono definiti boomer!

Le Criptovalute sono una grande innovazione nell'informatica e nell'economia (e finanza) grazie alla “proprietà digitale”.

Uno dei comandi più comuni nell'informatica è il copia e incolla. Utilissimo nella diffusione dei files, ma problematico per chi produce contenuti digitali come Libri, Musica, Films ecc.

Ora c'è un modo per rendere “ scarsi” prodotti digitali.

BITCOIN:


Il fine ultimo è quello di essere moneta, o riserva di valore. Il fatto che non sia il miglior strumento per questo scopo oggi, non significa che non possa diventarlo.

Qual'è il valore sottostante a Bitcoin?

Darò una risposta più breve e coincisa possibile, perché si potrebbe scrivere un libro per rispondere:

Quando è nato Bitcoin non aveva valore perché nessuno lo conosceva. Nel tempo il suo valore è salito principalmente dal mercato, pura domanda e offerta. Oggi il suo valore sottostante è dato da vari elementi tra cui: valore dell'Energia, Potenza Computazionale, Domanda/Offerta, Geopolitica.

ETHEREUM:


É molto più complesso spiegare cosa sia e a cosa serva in modo coinciso. Ci provo:

É un'infrastruttura dove poter far sviluppare cose! Ad oggi è la blockchain destinata allo sviluppo di una finanza digitale.

Vi si possono creare monete, “partecipazioni azionarie”, contratti vincolati, “ oggetti digitali unici o limitati”

É veramente difficile descrivere il potenziale di Ethereum in modo elementare!

Ethereum è un protocollo, e ETH è “la moneta” del protocollo; che ha un valore di mercato. In questo caso non centra l'energia, ma il suo valore è fortemente influenzato dal mercato. Chiunque può ottenere una rendita passiva possedendo ETH. Un po come una partecipazione azionaria che paga dividendi, tu quando vuoi incassi i dividenti, puoi convertirli in moneta spendibile o lasciarli in azioni aspettando una rivalutazione...

Non aggiungo altro per il momento. Non voglio scrivere un lungo articolo noioso che nessuno leggerebbe, ma lasciare un tocco di curiosità a chi non sapeva niente di questi ecosistemi, e se ne vale la pena approfondire in autonomia!


noblogo.org/cybershiva/riguard…



Perché darmi pena per Napoli?



Da tempo avevo deciso di scrivere, in maniera diffusa, del mio rapporto, una volta conflittuale, con Napoli e provincia, posti dove sono nato, vissuto per troppo tempo e dove ho iniziato a morire.

Avevo anche cominciato in una bozza, qui, ma ho capito presto che ne sarebbe scaturito un flusso di coscienza lunghissimo e sconclusionato, difficile da scrivere per me e difficile da leggere per chiunque. A che pro? Ho risolto quel rapporto conflittuale: Napoli, con relativa provincia, non meriterebbe più neanche un secondo della mia vita o un neurone del mio cervello, tuttavia le ferite aperte sono troppe e non è possibile cancellare a comando settori della memoria. Da quella bozza ricaverò qualche articoletto da pubblicare di tanto in tanto, immaginando eventuali lettori immedesimarsi o meno in quelle situazioni, ravvisarne o meno problemi analoghi in altre aree geografiche; riassumo, intanto: ci sono modi molto più produttivi per sprecare tempo.

Napoli è una città bellissima, paralizzata dalla vitalità straordinaria e incanalata male di parte della popolazione. Napoli non ha speranza e sopravvive senza spiegazione.


log.livellosegreto.it/kipple/p…



SAPIENZA - Capitolo 4


La virtù e il vizio1Meglio essere senza figli e possedere la virtù, perché nel ricordo di questa c'è immortalità: essa è riconosciuta da Dio e dagli uomini.2Presente, è imitata, assente, viene rimpianta; incoronata, trionfa in eterno, avendo vinto, in gara, premi incontaminati.3La numerosa discendenza degli empi non servirà a nulla e dai suoi polloni spuri non metterà profonde radici né si consoliderà su una base sicura;4anche se, a suo tempo, essa ramifica, non essendo ben piantata, sarà scossa dal vento e sradicata dalla violenza delle bufere.5Saranno spezzati i ramoscelli ancora deboli; il loro frutto sarà inutile, acerbo da mangiare, e non servirà a nulla.6Infatti i figli nati da sonni illegittimi saranno testimoni della malvagità dei genitori, quando su di essi si aprirà l'inchiesta.

La morte prematura del giusto7Il giusto, anche se muore prematuramente, si troverà in un luogo di riposo.8Vecchiaia veneranda non è quella longeva, né si misura con il numero degli anni;9ma canizie per gli uomini è la saggezza, età senile è una vita senza macchia.10Divenuto caro a Dio, fu amato da lui e, poiché viveva fra peccatori, fu portato altrove.11Fu rapito, perché la malvagità non alterasse la sua intelligenza o l'inganno non seducesse la sua anima,12poiché il fascino delle cose frivole oscura tutto ciò che è bello e il turbine della passione perverte un animo senza malizia.13Giunto in breve alla perfezione, ha conseguito la pienezza di tutta una vita.14La sua anima era gradita al Signore, perciò si affrettò a uscire dalla malvagità. La gente vide ma non capì, non ha riflettuto su un fatto così importante:15grazia e misericordia sono per i suoi eletti e protezione per i suoi santi.16Il giusto, da morto, condannerà gli empi ancora in vita; una giovinezza, giunta in breve alla conclusione, condannerà gli empi, pur carichi di anni.17Infatti vedranno la fine del saggio, ma non capiranno ciò che Dio aveva deciso a suo riguardo né per quale scopo il Signore l'aveva posto al sicuro.18Vedranno e disprezzeranno, ma il Signore li deriderà.19Infine diventeranno come un cadavere disonorato, oggetto di scherno fra i morti, per sempre. Dio infatti li precipiterà muti, a capofitto, e li scuoterà dalle fondamenta; saranno del tutto rovinati, si troveranno tra dolori e il loro ricordo perirà.20Si presenteranno tremanti al rendiconto dei loro peccati; le loro iniquità si ergeranno contro di loro per accusarli.

_________________Note

4,7-20 Non raggiungere la vecchiaia era considerato, nell’insegnamento tradizionale, una punizione di Dio; qui viene ribaltata questa concezione. La pienezza di vita e la realizzazione di se stessi sono radicate non in realtà esterne, ma nella ricchezza interiore, nell’adesione a Dio e alla sua volontà.

4,11 Fu rapito: l’immagine del “rapimento” evoca l’assunzione di Enoc (Gen 5,24) e di Elia (2Re 2,11) e indica l’azione di Dio che chiama a sé qualcuno che gli è caro.

4,19 Il cadavere disonorato allude alla morte senza sepoltura, considerata grave offesa e punizione.

=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti


4,1-6. Terzo dittico.vv. 1-2. Viene ripreso il tema della sterilità, ma in forma astratta tramite il termine «virtù»; essa, infatti, al pari della donna sterile del v. 13, conduce combattimenti senza macchia. L'immortalità conseguita dalla virtù è data dal suo ricordo, che non è effimero come quello degli empi (cfr. 2, 4), perché al riconoscimento umano si accompagna soprattutto il riconoscimento divino (cfr. v. 1c, dove Dio compare in prima posizione). Se l'empio coinvolge negativamente la sua famiglia, una vita virtuosa induce gli uomini all'imitazione e al suo desiderio (v. 2a); nasce così una fecondità spirituale che supera l'handicap della sterilità fisica e che troverà il suo coronamento nel trionfo finale (v. 2bc). La corona della virtù si contrappone radicalmente all'effimera corona degli empi (cfr. 2,8).

vv. 3-6. La contrapposizione al membro precedente avviene qui tramite un lungo paragone, che si trasforma in allegoria; ma lo stile è ridondante e ricercato e quindi poco incisivo. Due termini appartenenti in greco alla medesima radice aprono e chiudono la comparazione: «non servirà a nulla» (v. 3a) e «inutile» (v. 5b); il versetto 5 riprende inoltre il termine «frutto» dal dittico precedente (vv. 13.15), ma con una triplice sottolineatura negativa, per affermare l'assoluto fallimento degli empi e della loro prole. Il paragone degli empi con un albero infruttifero è noto alla tradizione anticotestamentaria (cfr. ad es. Gb 18,16; Sir 23,25; 40,15). L'ultimo versetto, senza immagine questa volta, aggiunge ancora una nota negativa alle precedenti: non solo la numerosa discendenza degli empi sarà buona a nulla, ma si trasformerà in teste e in accusatrice contro la perversità dei genitori.

4,7-20. Quarto dittico.vv. 4,7-16. Questi versetti costituiscono la prima parte del dittico, nel quale l'autore riprende la contrapposizione giusti-empi, ma nell'ambito del problema particolare della morte prematura del giusto; questa infatti pare contraddire la teologia classica anticotestamentaria, che considera la longevità come la ricompensa divina per una vita virtuosa (Es 20,12; Dt 30,20; Sal 21,5; Pr 3,1-2, ecc.). Lo Pseudo-Salomone risponde dapprima con alcune massime dicfilosofia popolare (vv. 7-9) e poi con la rievocazione della figura di Enoch (vv. 10-11); seguono ancora varie considerazioni di carattere più generale (vv. 12-16).

v. 7. «riposo»: in Esodo e in Levitico è un termine che definisce il riposo liturgico, in particolare il riposo sabbatico (Es 16,23; 23,12, ecc.; Lv 16,31; 23,3.24.39; 25,4); l'autore potrebbe aver concepito la condizione ultraterrena del giusto come il sabato eterno che corona la sua vita di quaggiù. Questa sfumatura liturgica avrebbe il vantaggio di esprimere meglio il carattere religioso di questo riposo del giusto.

vv. 8-9. La vecchiaia come maturazione sapienziale è un tema molto noto nell'ambiente ellenistico, sia pagano che giudaico (per quest'ultimo cfr. soprattutto Filone, Quaest. Gen. IV,14; Abr. 271; Fug. 146, ecc.).

vv. 10-11. Lo Pseudo-Salomone si rifà alla tradizione su Enoch (Gn 5,22.24; Sir 44,16) vedendo in lui il modello del giusto. Come questi, anche Enoch morì giovane, prima degli altri patriarchi prediluviani (Gn 5), ma la sua morte non fu un castigo, bensì un «trasferimento» a Dio, essendo divenuto caro a lui (cfr. Gn 5,22.24 LXX); il verbo «trasferire» sottolinea precisamente il carattere non punitivo di questa morte. Circa il motivo della morte, l'autore di Sapienza segue una tradizione diversa da quella di Sir 44,16, che cioè Dio volle sottrarre il patriarca alle seduzioni del male; questa tradizione è conosciuta pure dalla letteratura rabbinica (cfr. ad es. Beresh. Rabba 25, 1). Qui, come in tutto il libro, lo Pseudo-Salomone evita di menzionare per nome i personaggi biblici che egli richiama. Tale caratteristica è motivata sia dal pubblico giudaico, che sa cogliere immediatamente i riferimenti e le allusioni, sia soprattutto dall'intento catechetico ed esistenziale della lettura che l'autore fa della storia, per cui i personaggi di essa diventano tipo e modello per il presente.

v. 12. Questa mirabile sentenza sul fascino del vizio nelle anime semplici riflette forse la situazione della comunità giudaica di Alessandria, esposta alla seduzione del paganesimo.

v. 16. Il progetto di condanna del giusto da parte degli empi (2,20) può anche attuarsi materialmente; in realtà egli lascia una presenza insopprimibile, che costituisce una continua condanna contro gli empi ancora in vita. Da no- tare che anche qui, come già al v. 10, l'autore evita l'uso del verbo «morire» per designare la scomparsa del giusto; il termine greco corrispondente a «defunto» suona letteralmente: «che ha sopportato le fatiche della vita».

vv. 17-20. Alla sorte del giusto l'autore oppone quella degli empi con un crescendo implacabile: un vedere miope, perché soltanto materialistico (vv. 17-18), una sorte ignominiosa dopo la morte (v. 19), il giudizio finale (v. 20).

v. 17. «vedranno»: il verbo, di cui s'è rilevata sopra l'importanza, racchiude con la sua duplice menzione (vv. 17a.18a) l'espressione di 17bc, cioè una totale incomprensione della sorte del giusto. Segue poi drammaticamente l'espressione lapidaria di 18b, dove la derisione di Dio (cfr. Sal 2,4; 37,13; 59,9) suona gia come una sentenza di condanna.

v. 19. Il versetto descrive la condizione ignominiosa degli empi dopo la morte; il senso è chiaro, però abbastanza Alla derisione di Dio fa eco lo scherno subito a causa della mancata sepoltura, fatto questo gravissimo per una mentalità anticotestamentaria (cfr. 2Re 9,10; 2Mac 5,10). Seguono tre immagini (19c.d.e), ispirate verosimilmente alla satira di Isaia contro il re di Babilonia (14,4-20), dove l'autore evidenzia la vittoria totale di Dio. La conseguenza per gli empi sarà una situazione diametralmente opposta a quella dei giusti: costoro sono nella pace (3,3) e nel riposo (4,7), quelli invece nel dolore; costoro vengono ricordati (4,1), quelli no.

v. 20. Questo versetto conclude il dittico e nel medesimo tempo preannuncia la scena del capitolo seguente, dove davanti al tribunale di Dio gli empi vengono accusati dalle loro stesse iniquità.

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Negozionisti 3 - Il mai scritto: passeggiata a Smallville


E così, proprio quando avevo scoperto un nome per la mia vocazione a camminare piano per le vie cittadine, registrando i piccoli cambi di destinazione urbanistica, i negozi aperti e chiusi nel giro di pochi mesi, le vetrine vuote riallestite per il pubblico decoro (ero, come suol dirsi, un flaneur), proprio quando avevo trovato una mia identità, avevo perso il tempo.

Già. Il tempo di passeggiare, il tempo di bighellonare pigramente, osservando e notando, notando e riflettendo, riflettendo e ricordando. Ci avevo provato con l'auto, specie ai semafori, durante il tragitto casa-lavoro. Ma era tutto diverso. Una volta avevo scoperto quel negozio dove un tizio diceva che organizzava eventi e corsi di cucina. Mi sarebbe piaciuto fermarmi, scendere dall'auto ed irrompere dentro. Gli avrei detto: “Io ti ho capito a te! Tu ti vuoi farti un mezzo stipendio, così senza impegno, senza coinvolgimento. Ma non pensare di essere fuori dagli ingranaggi! Facciamo tutti parte di un grosso macchinario, un motore colossale che macina energia, la trasforma in merce, la trasmuta in denaro e potere e crea una grossa piramide opprimente che tutti odiano, come direbbe Ismail Kadare, ma a cui tutti debbono obbedienza incluso il faraone. E tu, stolto, vuoi essere più potente di un faraone? Tu pensi di essere libero? Tu pensi di non essere la versione ridotta in scala di Metamiao? Stolto!” Sfortunatamente non ho mai potuto fare questa irruzione perché non ci ho mai individuato nessuno all'interno. E poi forse in quel periodo mi sentivo davvero un po' oppresso e poco lucido. Non che oggi non lo sia, non riesco più a trovare del tempo come una volta per camminare da solo, ma sapete com'é, ad un certo punto per le cose, tutte le cose, interviene la catabasi cioè la capacità di toccare il fondo e risalire, di immergersi nel dolore e rigenerarsi, di trovare la speranza quando si è disperati.

Quanto alla ragazza mora degli episodi precedenti, quella coi capelli lisci che diventano ricci, è venuta a lavorare da me, come stagista o qualcosa del genere. All'inizio non ci parlavo perché conservavo ancora un po' l'illusione che venisse dal futuro o dal passato e che fosse una creatura paranormale. Ma poi purtroppo ci ho dovuto parlare e ho scoperto che è una ragazza normale e, per giunta, anche se ha una bella voce e bei modi, non ha abbastanza elementi esoterici per essere considerata un animale fantastico o una proiezione astrale o un ologramma di Matrix.

Io e la mia passione adolescenziale per le morette! Ma con la maturità (tardiva) qualcosa sta cambiando. Per esempio l'altro giorno ho rivisto una puntata di Smallville, il teen-drama di Superman degli inizi anni Zero, e ho pensato: ma come mai mi piaceva così tanto quella moretta noiosetta di Kristin Kreuk? La biondina tutto pepe che sta al giornale scolastico, quella sì che era meritevole! Così ho cercato Allison Mack nuda su DuckDuckGo e ho scoperto che agli inizi degli anni 20 è stata riconosciuta penalmente come responsabile in una sorta di setta sessuale segreta che praticava estorsione e lavoro forzato. Per questo è stata condannata a 3 anni di reclusione, oggi già scontati.

Allison Mack

Glielo volevo dire a quello che pensa, coi corsi di cucina, di essere impermeabile a questo mondo, di arrabattarsi con le sue passioni senza affannarsi a girare la ruota del criceto, senza reputarsi, pur a malincuore, un collega minimal di Metamiao in questo turbinio di energia, transazioni, media, chat e trasporti su gommarotaia che chiamiamo struttura capitalista. Ma in fondo è andata bene che non gliel'ho detto: forse i corsi di cucina sono solo una facciata e forse anche lui è coinvolto nell'organizzazione di una setta sessuale segreta che pratica estorsione e lavoro forzato. E magari dietro a lui, che è solo un prestanome, c'è la biondina di Smallville, vero capo e deux ex-machina del Male, che finge soltanto di rigare dritto e invece le tocca ancora adattarsi al ruolo di villain. Come tutti noi, in diversa misura.

Ma forse, nelle prossime puntate di Negozionisti, qualcosa cambierà e un nuovo sole sorgerà all'orizzonte. Ma non Negozionisti 4, perché è gia stato pubblicato e non c'era questa svolta epocale e speranzosa.


noblogo.org/gippo/negozionisti…



Se il cybercrime arriva dall'Africa: Interpol e Operazione Serengeti.

Smantellata rete composta da 1.000 persone


Un'operazione su larga scala delle forze dell'ordine coordinata dall?interpol, nome in codice Operazione Serengeti 2.0, ha smantellato con successo una rete di criminali informatici composta da 1.000 persone e recuperato 97,4 milioni di dollari di fondi rubati da oltre 88.000 vittime.

L'operazione, svoltasi da giugno ad agosto 2025, ha coinvolto le forze dell'ordine del Regno Unito e di 18 paesi africani, oltre ad aziende private e organizzazioni no-profit.

I principali risultati dell'operazione includono:

  • L'arresto di 1.209 criminali informatici
  • Lo smantellamento di 11.432 risorse infrastrutturali dannose
  • Il recupero di 97.418.228 dollari
  • L'identificazione di 87.858 vittime e una perdita monetaria stimata di 484.965.199 dollari

L'operazione ha preso di mira vari tipi di reati informatici, tra cui ransomware, truffe online e compromissione della posta elettronica aziendale (BEC). Gli sforzi dei partner privati e delle organizzazioni no-profit che hanno collaborato hanno fornito informazioni essenziali alle forze dell'ordine, consentendo loro di identificare e arrestare i criminali.

Il successo dell'Operazione #Serengeti 2.0 evidenzia la crescente portata e l'impatto delle operazioni guidate dall' #Interpol. La rete globale di contrasto al crimine continua a rafforzarsi, producendo risultati concreti e tutelando le vittime. L'operazione sottolinea inoltre l'importanza della cooperazione internazionale e della condivisione delle informazioni nella lotta alla criminalità informatica.

Oltre agli arresti e ai recuperi, l'operazione ha dato priorità alla prevenzione attraverso una partnership con l'International Cyber Offender Prevention Network (#InterCOP), un'alleanza di 36 nazioni guidata dai Paesi Bassi. InterCOP mira a spostare la lotta alla criminalità digitale dalla reazione all'interruzione proattiva, identificando e neutralizzando le minacce informatiche prima che colpiscano.

L'Operazione Serengeti 2.0 si è svolta nell'ambito dell'Operazione Congiunta Africana contro la Criminalità Informatica, finanziata dal Ministero degli Esteri, del Commonwealth e dello Sviluppo (FCDO) del Regno Unito. Tra i paesi africani partecipanti figurano Angola, Benin, Camerun, Ciad, Costa d'Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Gabon, Ghana, Kenya, Mauritius, Nigeria, Ruanda, Senegal, Sudafrica, Seychelles, Tanzania, Zambia e Zimbabwe.

Il successo dell'operazione dimostra l'efficacia degli sforzi collaborativi nella lotta alla criminalità informatica e sottolinea l'importanza di una continua cooperazione internazionale e della condivisione delle informazioni nella lotta alle minacce digitali.

#cybercrime


noblogo.org/cooperazione-inter…


Se il cybercrime arriva dall'Africa: Interpol e Operazione Serengeti.


Se il cybercrime arriva dall'Africa: Interpol e Operazione Serengeti.

Smantellata rete composta da 1.000 persone


Un'operazione su larga scala delle forze dell'ordine coordinata dall?interpol, nome in codice Operazione Serengeti 2.0, ha smantellato con successo una rete di criminali informatici composta da 1.000 persone e recuperato 97,4 milioni di dollari di fondi rubati da oltre 88.000 vittime.

L'operazione, svoltasi da giugno ad agosto 2025, ha coinvolto le forze dell'ordine del Regno Unito e di 18 paesi africani, oltre ad aziende private e organizzazioni no-profit.

I principali risultati dell'operazione includono:

  • L'arresto di 1.209 criminali informatici
  • Lo smantellamento di 11.432 risorse infrastrutturali dannose
  • Il recupero di 97.418.228 dollari
  • L'identificazione di 87.858 vittime e una perdita monetaria stimata di 484.965.199 dollari

L'operazione ha preso di mira vari tipi di reati informatici, tra cui ransomware, truffe online e compromissione della posta elettronica aziendale (BEC). Gli sforzi dei partner privati e delle organizzazioni no-profit che hanno collaborato hanno fornito informazioni essenziali alle forze dell'ordine, consentendo loro di identificare e arrestare i criminali.

Il successo dell'Operazione #Serengeti 2.0 evidenzia la crescente portata e l'impatto delle operazioni guidate dall' #Interpol. La rete globale di contrasto al crimine continua a rafforzarsi, producendo risultati concreti e tutelando le vittime. L'operazione sottolinea inoltre l'importanza della cooperazione internazionale e della condivisione delle informazioni nella lotta alla criminalità informatica.

Oltre agli arresti e ai recuperi, l'operazione ha dato priorità alla prevenzione attraverso una partnership con l'International Cyber Offender Prevention Network (#InterCOP), un'alleanza di 36 nazioni guidata dai Paesi Bassi. InterCOP mira a spostare la lotta alla criminalità digitale dalla reazione all'interruzione proattiva, identificando e neutralizzando le minacce informatiche prima che colpiscano.

L'Operazione Serengeti 2.0 si è svolta nell'ambito dell'Operazione Congiunta Africana contro la Criminalità Informatica, finanziata dal Ministero degli Esteri, del Commonwealth e dello Sviluppo (FCDO) del Regno Unito. Tra i paesi africani partecipanti figurano Angola, Benin, Camerun, Ciad, Costa d'Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Gabon, Ghana, Kenya, Mauritius, Nigeria, Ruanda, Senegal, Sudafrica, Seychelles, Tanzania, Zambia e Zimbabwe.

Il successo dell'operazione dimostra l'efficacia degli sforzi collaborativi nella lotta alla criminalità informatica e sottolinea l'importanza di una continua cooperazione internazionale e della condivisione delle informazioni nella lotta alle minacce digitali.

#cybercrime


Segui il blog e interagisci con i suoi post nel fediverso. Scopri dove trovarci:l.devol.it/@CoopIntdiPoliziaTutti i contenuti sono CC BY-NC-SA (creativecommons.org/licenses/b…)Le immagini se non diversamente indicato sono di pubblico dominio.



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in un nuovo "pod al popolo" (numero #077) mi sono appena interrogato sulla...


in un nuovo “pod al popolo” (numero #077) mi sono appena interrogato sulla “catena social” e il genocidio: slowforward.net/2025/08/27/pap…cercando (o almeno spero di aver almeno cercato) di non ridurre il discorso della rete a una banale “rete dei discorsi”, bidimensionale e strumentale.


noblogo.org/differx/in-un-nuov…


pap #077: la “catena social” e il genocidio


Dalla “social catena” di Leopardi alla “catena social” il passo non è né breve né per forza solo distruttivo. I sistemi e sismi generalisti – sì – rubano dati e vendono i nostri contenuti (lavorati e semilavorati, sempre gratuiti) da circa un ventennio: fb, ig, x, youtube eccetera. Grosso modo anche io ci sono dentro, con l’ossessione della disseminazione di materiali nell’orizzontalità dei (vari) loci, contro la verticalizzazione implicita nell’ideologia egocentrica ed economicista dello “youtuber” (o “influencer”, “podcaster” eccetera).
In mezzo, e insieme, e in legame, in questi ultimi venti e forse trent’anni: la demolizione dello stato sociale (sostituito, anche qui, dallo status sui social – let’s play), della sanità e della scuola pubbliche. E la parallela prassi di smantellamento dei centri sociali.
Bon (malissimo): la parola “sociale”, se cade la “e”, pare proprio vada perdendo più di qualcosa. Ma è completamente vero? Cosa sarebbe stato, dal punto di vista della comunicazione della realtà di morte, il genocidio, senza i social, e senza la rete? Come avrebbero potuto i palestinesi comunicare, registrare in diretta, testimoniare, nelle condizioni oggettive imposte dal colonialismo israeliano? Alcune pezzi di appunti sono qui di séguito, disordinati in Pod al popolo. Podcast irregolare ed ennesimo fail again fail better dell’occidente postremo. Buon ascolto. (A velocità 1.5, magari: per rendere meno intollerabili le mie micro e macropause).

Il link promesso nell’audio, anzi due:
slowforward.net/2025/01/13/usc…
e slowforward.net/2024/11/17/pod…

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Uno schema – dagli appunti:

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Alcuni link aggiunti:

separazione generalista vs coordinamento (nel) fediverso:
slowforward.net/2025/03/27/dip…

“questione palestinese”? la “questione” (o, meglio, “in questione”) è israele, non la Palestina:
slowforward.net/2024/12/26/dip…

durante/dopo:
slowforward.net/2024/06/09/dip…

censura:
slowforward.net/?s=censura

gli intellettuali italiani ancora al 27 maggio 2024:
slowforward.net/2024/05/27/dip…

costituire e ampliare reti sociali indipendenti:
slowforward.net/2024/05/27/cos…


#Gaza #genocidio #Palestina #sionismo #social #socialmedia #iof #idf #colonialism #sionisti #israelestatocriminale #bambini #massacri #deportazione #concentramento #famearmadiguerra #instagram #facebook #youtube #x #twitter #mediageneralisti #flusso

#audio #bambini #cantenaSocial #catenaSocial #centriSociali #children #Cisgiordania #colonialism #comunicazione #concentramento #deportazione #disseminazione #facebook #famearmadiguerra #FB #FEDIVERSO #flusso #Gaza #genocide #genocidio #giornalismo #giornalisti #ICC #icj #IDF #IG #influencer #informazione #Instagram #internet #invasion #IOF #israelcriminalstate #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #Leopardi #massacri #media #mediageneralisti #Palestina #Palestine #PAP #pap077 #pap077 #pod #podAlPopolo #podalpopolo #podcast #sanitàPubblica #scuolaPubblica #sionismo #sionisti #social #socialCatena #socialGeneralisti #socialMedia #socialmedia #starvingcivilians #starvingpeople #twitter #warcrimes #WestBank #X #youtube #yt #zionism


#077


Vieni, Santo Spirito


C'è bisogno di mettersi in ascolto, in un mondo che sa solo parlare.

Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce.

Vieni, padre dei poveri, vieni; datore dei doni, vieni, luce dei cuori.

Consolatore perfetto, ospite dolce dell'anima, dolcissimo sollievo.

Nella fatica, riposo, nella calura, riparo, nel pianto, conforto.

O luce beatissima, invadi nell'intimo il cuore dei tuoi fedeli.

Senza la tua forza, nulla è nell'uomo, nulla senza colpa.

Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina.

Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, raddrizza ciò ch'è sviato.

Dona ai tuoi fedeli che solo in te confidano i tuoi santi doni.

Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna.

Amen.


noblogo.org/parrocchie/vieni-s…



Banks - Goddess (2014)


immagine

Jillian Banks ha davvero bruciato le tappe nell’ultimo anno e mezzo: il primo brano è comparso in rete nel febbraio 2013, in modo piuttosto anonimo dal punto di vista delle informazioni personali. Il primo live di sempre è arrivato qualche mese dopo, a luglio, mentre a novembre era già in tour di spalla a quel The Weeknd al quale spesso è stata artisticamente accostata. Il resto è storia recente, con un consenso in crescita costante e l’esordio per la Harvest/Capitol... artesuono.blogspot.com/2014/09…


Ascolta: album.link/i/1440824622



noblogo.org/available/banks-go…


Banks - Goddess (2014)


immagine

Jillian Banks ha davvero bruciato le tappe nell’ultimo anno e mezzo: il primo brano è comparso in rete nel febbraio 2013, in modo piuttosto anonimo dal punto di vista delle informazioni personali. Il primo live di sempre è arrivato qualche mese dopo, a luglio, mentre a novembre era già in tour di spalla a quel The Weeknd al quale spesso è stata artisticamente accostata. Il resto è storia recente, con un consenso in crescita costante e l’esordio per la Harvest/Capitol... artesuono.blogspot.com/2014/09…


Ascolta: album.link/i/1440824622


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VENTO DI MEMORIE

è salamandra sorpresa immobile che finge la morte due braccia schiuse a croce vento di memorie la vita -ora sospesa carne e cielo .

Riflessioni sul testo


Il tuo testo presenta un’immagine delicata e insieme carica di tensione: la salamandra – creatura che evoca antichi miti e capacità di rinascita – è “sorpresa immobile” in un limbo fra vita e morte, sospesa come un ricordo che fluttua tra carne e cielo.

Temi e simboli


  • Salamandra
    Simbolo di trasformazione, sopravvivenza al fuoco, ma qui bloccata in una finzione di morte.
  • Croce aperta
    Le “due braccia schiuse a croce” rimandano a un gesto di supplica, sacrificio o rinuncia.
  • Vento di memorie
    Il vento come veicolo di ricordi: qualcosa che avvolge e sospinge, ma lascia tutto sospeso.
  • Carne e cielo
    L’opposizione tra dimensione corporea e trascendenza, tra materia e spirito, racchiude il senso di sospensione.

Struttura e ritmo


  • Versi brevi, quasi frammentari, che richiamano l’idea di attimi congelati.
  • Assenza di punteggiatura, tranne la cesura di “-ora sospesa”, accentua la fluidità del ricordo.
  • Ripetizione di “vento” e “vita” al centro crea un fulcro sul quale ruotano gli opposti.

noblogo.org/norise-3-letture-a…



Cogito ergo sum

faccio mio il cogito ergo sum penso e sono sogno e sono creo e sono

in questo ondivago esistere il creare è la bellezza che mi salva

26.6.25

. Da larecherche.it

Arcangelo Galante Un testo molto breve, nel quale l’autore rielabora in chiave personale la celebre formula cartesiana, ampliandola: non solo il pensiero, ma anche il sogno e la creazione diventano prova e sostanza dell’essere. Il verso finale concentra il senso dell’intera poesia: nell’incertezza dell’esistenza, è l’atto creativo a dare valore e salvezza, trasformando l’essere in bellezza. Infinite grazie per le condivisioni salienti, interessanti, didascaliche e perfino spiritualmente riflessive: un collage di emozioni e pensieri variopinti che aiutano il lettore a conoscere e approfondire maggiormente il pathos tuo. .

Angelo Naclerio Penso anch’io che la bellezza a proprio segreto modo salvi chi abbia capacità e coraggio di riconoscerla e di affidarsi a lei. Grazie buona domenica


noblogo.org/norise/cogito-ergo…