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Ballando con le Stelle 2025, classifica ed eliminato di ieri sera
https://tg24.sky.it/spettacolo/2025/09/28/classifica-ballando-con-le-stelle-eliminato?utm_source=flipboard&utm_medium=activitypub

Pubblicato su Spettacolo @spettacolo-SkyTG24



Am 27.9.1840 wurde Thomas Nast in Landau geboren.

Er emigrierte als Kind in die USA, gilt als Vater des politischen amerikanischen Cartoons. Santa Claus & Uncle Sam verdanken ihm ihr Aussehen.

Nasts Zeichnungen trugen zum Sieg im Bürgerkrieg bei, übten Einfluss auf den Entscheid bei der Wahl von sechs amerikanischen Präsidenten aus.

Anhand der Karikatur unten wurde ein korrupter, flüchtiger Politiker erkannt & gefasst (William Tweed).

Wir brauchen unsere Karikaturisten - heute mehr, denn je!



Hier übrigens eine sehr gute Einordnung, was die "Antifa" ist - und was nicht Von @nhoraczek.bsky.social

Blauland: Die „Antifa" verbiet...



Tajani: tranquilli,Putin non ci attacca
11.10 "Putin ha un'aggressività inaccettabile però non credo assolutamente che voglia attaccare l'Italia. La nostra difesa aerea è vigile e attenta. L'efficienza dell'aeronautica militare è sempre alta sia a terra sia in cielo: gli italiani possono stare tranquilli". Così il vice premier e ministro Esteri Tajani a margine della festa di FI a Telese Terme. "Voglio rassicurare tutti. Ho parlato anche con Crosetto. Tranquilli" Sulla Flotilla pro Gaza: "Non abbiamo avuto altre richieste. Pronto ad ascoltare gli italiani a bordo,h24",ha detto #televideo #ultimaora



Ieri ho iniziato The Pitt e devo dire che mi è piaciuto, riportandomi a quelle atmosfere alla ER tutte realismo, emotività e pochi fronzoli. Quando i medical drama non cercavano di essere tutti Grey's Anatomy.

#SerieTV



Autogipfel am 9. Oktober soll Steuerbefreiung für E-Autos klären

Profitieren E-Autofahrer, die ihr Fahrzeug ab 2026 neu zulassen, auch von steuerlichen Entlastungen? Das ist unklar. Ein "Autodialog" soll das klären.

heise.de/news/Autogipfel-am-9-…

#Bundesregierung #Elektroauto #Elektromobilität #Wirtschaft #news



HSL on niin hurjan hyvä digissä, että lipun ostaminen appinsa kautta epäonnistuu minulta suurin piirtein joka toinen kerta. Oire on aina, että maksun hyväksyminen verkkopankissa onnistuu, mutta kun maksunvälittäjän sivulta painaa "takaisin myyjän sivulle" -nappia, joko selain tai HSL:n appi sanoo ettei maksu onnistunut.

Tätä on jatkunut viisi vuotta.

#rant #HSL

#rant #hsl
in reply to Lars Wirzenius

Yet I'm supposed to be grateful that I can't load my HSL card at a physical machine any more. hsl.fi/liput-ja-hinnat/lippu-u…
Questa voce è stata modificata (4 giorni fa)


When the music's over ...

... What have they done to the earth?
What have they done to our fair sister?
Ravaged and plundered and ripped her and bit her
Stuck her with knives in the side of the dawn
And tied her with fences and dragged her down ...

The Doors 1966
Ich war 15 und nachhaltig beeindruckt.

music.youtube.com/search?q=whe…

#music
#TheDoors





/bin/sh: history: not found

Why no history with the live system after using FreeBSD Installer?

Is this a bug, or to be expected within the constraints of a FreeBSD live system?

Edit: the footnote from <lists.freebsd.org/archives/fre…>,

"[1] I’ve noticed on fresh installs, the default shell no longer has working persistent history, which is a *big* POLA violation, if people want to complain about something."

@david_chisnall

#FreeBSD #sh #install #POLA #persistent #history

Questa voce è stata modificata (4 giorni fa)


funniezvideo.blogspot.com/2025…


Ubuntu 25.10 elimina lo strumento Startup Applications. Ecco come avviare automaticamente le tue applicazioni con le nuove opzioni in Impostazioni #Ubuntu #Linux

linuxeasy.org/ubuntu-25-10-rim…



Hope Tusky will add support for quote toots soon :drgn_verified:

It will be extremely useful to add alt-text to boosted images with no alt-text or to provide translation for Russian memes boosted by myself.

Currently adopted practice with "RE: link to original toot" doesn't allow to see both my text and quoted toot contents on one screen in both Web interface and Tusky :drgn_sigh:

#tusky #mastodon #quotetoots

in reply to Conny Duck

@ConnyDuck Oh, it's a very good news! Thank you for your work, the Tusky is an extremely good and feature-rich client! :drgn_aww:


Multiple Krisen, Kriege, Flucht, Umwelt, industrielle Transformation...

Dachte jemand, dass das 1% der Reichsten und deren Erben auch nur 1 Cent dafür zahlen?

Konservative und Neoliberale sind keine(!) Liberale sondern nur noch Synonym für A(nti)soziale!

Nächstes Beispiel:



Mastodon's profile must be rising, as I am increasingly getting angry replies from Far Right posters, with zero followers, in my timeline... if they Right think its worth getting in to the Fediverse to sling a little mud, we might conclude that the fediverse is becoming more visible....

#SeeingGoodNewsInTheBad #Mastodon #Fediverse

reshared this

in reply to Emeritus Prof Christopher May

@anarchic_teapot They’re bots, not people, and they are testing to see if Masto accounts are worth manipulating or not.


La truffa dei bambini miracolosi in Nigeria blog.uaar.it/2025/09/28/la-tru… #RivistaNessunDogma #Generale



Wereldwijd zien we de afgelopen decennia verschuivingen: populisten en extreemrechts winnen terrein, in de VS, Europa en ook in Nederland.

Het groeiende gevoel dat stemmen niets uitmaakt , is een gevaarlijke ontwikkeling

We hebben morele leiders nodig die emoties raken, inspireren en tegelijk democratie en rechtsstaat beschermen.

#democracy #politics
dekanttekening.nl/blendle/gezo…

archive.ph/tyOWm



New post! Le pattuglie tedesche ispezionavano ogni angolo della capitale Read more here collasgarba.wordpress.com/2025…
Le pattuglie tedesche ispezionavano ogni angolo della capitale “Attorno a questo lavorio c’era il consenso, anzi la complicità della popolazione: oneste famigliole borghesi, umili case operaie, ospitavano, sfamavano chi era costretto ogni notte a cambiar domicilio, tenevano in serbo carte pericolose;


Le pattuglie tedesche ispezionavano ogni angolo della capitale


“Attorno a questo lavorio c’era il consenso, anzi la complicità della popolazione: oneste famigliole borghesi, umili case operaie, ospitavano, sfamavano chi era costretto ogni notte a cambiar domicilio, tenevano in serbo carte pericolose; impiegati, funzionari fornivano informazioni, tessere, bolli, documenti falsi; fornai facevano il pane per gruppi di patrioti, trattorie sfamavano celatamente gente braccata, chirurghi aprivan la pancia a malati immaginari, monacelle di clausura accoglievano ebrei e renitenti alla leva, sacerdoti trasmettevano messaggi segreti in confessionale. […]. Ci accomunava l’attesa per tutti uguale, l’angoscia per tutti uguale di un male vicino, nostro o di persone care, la speranza ferma contro quel limite, il giorno della liberazione; al di là del quale non ci raffigurava nulla, solo una gran luce entro cui tutto sarebbe stato facile, il pensare, l’operare, il lasciare passare gli anni” <72.
Borghesi, studenti, donne cercarono in ogni modo di contribuire con gesti di ribellione verso gli invasori e di solidarietà verso gli oppressi, correndo enormi rischi per la propria incolumità e per quella dei propri familiari. Le pattuglie tedesche ispezionavano ogni angolo della capitale, si trovavano a pochi metri l’una dalle altre, con fucili spianati e camionette pronte a caricare gli oppositori, come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, e come ci è stato raccontato dai protagonisti di quegli anni drammatici. Il coprifuoco fu istituito alle ore 17, le retate divennero più frequenti, così come le ruberie: eppure, clandestinamente, la rete di aiuto divenne sempre più fitta. Si cercava di procurare una maggiore quantità di materie prime, come ad esempio ortaggi o animali, per sfamare i fuggitivi, i ripostigli delle case vennero dotati di nascondigli improvvisati. Frequente divenne l’uso della loro carta annonaria <73, di cui i clandestini erano ovviamente privi, per poter prendere razioni di cibo da condividere con loro: esibendo questo documento nominale era possibile rivolgersi a venditori autorizzati e acquistare prodotti alimentari. I fuggiaschi iniziarono ad affluire in numero sempre più considerevole anche dalle campagne, in primis da quelle abruzzesi e ciociare. La situazione divenne ancora più critica: non c’erano più ferrovie, ed erano saltate tutte le linee di comunicazione, gas e luce, le riserve di cibo erano sempre più scarse e i prezzi degli alimenti era salito in maniera esorbitante, soprattutto pane, pasta, farina e olio. Nessuno pensava di fare qualcosa di speciale, tutti si rimboccavano le mani per rendere meno arduo il sopravvivere quotidiano, come abbiamo visto. Portare medicine ai feriti, ospitare fuggiaschi, ricercati ed ebrei, condividere cibo: ciascuno nel proprio (grande) piccolo, trascorse i mesi dell’occupazione attuando una forma di resistenza, armata e non. La Roma di quei mesi è stata sempre più spesso descritta con tre parole: fame, freddo, paura.
Fame, problema quotidiano a cui cercavano di provvedere le donne, spesso iniziando una fila interminabile all’alba, per poter almeno comprare le razioni di cibo utili a sfamare la propria famiglia. e quante volte, all’arrivo del proprio turno, i forni si scoprivano vuoti: nacquero da questa situazione gli assalti, con immediate fucilazioni per le donne che se ne erano rese protagoniste. Il freddo accompagnò tutto il periodo dell’occupazione, senza contare che i continui furti dei tedeschi negavano alla popolazione non solo di poter sfruttare le proprie risorse alimentari, ma anche l’uso di stufette e beni di prima necessità, per sopravvivere alle intemperie. Paura. Ma su questo non credo sia necessario spendere parole per spiegarne il perché.
[…] Dopo 272 giorni di sofferenze, violenze e privazioni, il 4 giugno 1944 Roma venne liberata dagli Alleati. Ma, nel mese di maggio, visse forse la fase più drammatica della sua occupazione: i tedeschi intensificarono i controlli e i divieti divennero più stringenti, con l’obiettivo di intimorire le bande partigiane, mettendole nella condizione di rinunciare a qualsiasi rappresaglia, evitando così l’insurrezione. Così non fu, Roma continuò a essere divisa in zone controllate militarmente da gruppi del Cnl. Coordinati fino a quel momento da una giunta con a capo Giorgio Amendola, Sandro Pertini e Riccardo Bauer e organizzati con radio, staffette e pattuglie, i partigiani compirono vere e proprie azioni militari per reagire all’occupazione. In quei giorni di maggio tutti questi gruppi vennero posti sotto il comando del capitano Roberto Bencivenga, in contatto con i comandi alleati che fornivano armi e organizzavano azioni di disturbo alle colonne tedesche, sabotaggi ai mezzi e alle linee di trasporto e alle vie di comunicazione più usate: strade e telefoni in primis. Inoltre, divenne più attiva la partecipazione della popolazione, turbata dall’eccidio delle Fosse Ardeatine, dopo la deportazione degli ebrei nell’ottobre precedente.
Nel frattempo, gli eserciti alleati si avvicinarono a Roma, dopo aver rotto la linea Gustav, un sistema di fortificazioni eretto dai tedeschi verso il fronte abruzzese, e aver superato le montagne di Gaeta e Terracina. Anzio e la Casilina furono le prime zone in cui giunsero e immediatamente partì l’ordine del generale Albert Kesselring di battere in ritirata, per attirare gli Alleati lungo la linea gotica (il sistema di fortificazioni costruito nella parte settentrionale della penisola), e cercando nel frattempo di limitare le perdite tra i propri uomini. Il 27 maggio iniziò la ritirata, con i tedeschi che comunque difesero le vie di Roma, per consentire a tutti i militari di attraversare la città e dirigersi verso nord. Sulla Casilina si ebbe lo scontro più duro, con i tedeschi che resistettero per cinque giorni, salvo poi dover cedere agli attacchi degli angloamericani, che si aprirono così la strada per Roma il 1° giugno. Strada che, come abbiamo visto, era ormai priva delle principali linee di comunicazione: si chiese quindi ai romani di fare uno sforzo per cercare di rendere praticabili i pochi impianti non andati distrutti. Squadre armate di cittadini risposero all’appello mettendosi a lavoro: la collaborazione con gli Alleati divenne sempre più simbiotica.
Il 3 giugno i tedeschi abbandonarono definitivamente la capitale; il pomeriggio del 4, la Quinta divisione dell’esercito americano, guidata dal generale Mark Clarck entrò a Roma attraverso le strade provenienti da sud. Ma i tedeschi, prima di abbandonare definitivamente la città, compirono un’ultima strage, l’eccidio de la Storta, una località sulla via Cassia, in cui vennero trucidati gli ultimi prigionieri di via Tasso: 14 persone, 12 italiani, un inglese e un polacco, tra cui sindacalisti, partigiani ed ex ufficiali. Roma comunque era ufficialmente di nuovo libera: gli angloamericani furono accolti con giubilo, mentre Ivanoe Bonomi venne convocato in Campidoglio e nominato nuovo Presidente del Consiglio, a seguito di un incontro con i rappresentanti delle Nazioni Unite. Persone di ogni fede e partito si recarono sotto la finestra di papa Pio XII in piazza San Pietro, inneggiando al suo nome e ringraziandolo per quanto fatto nei lunghi mesi di occupazione. Il re Vittorio Emanuele III mantenne fede ai patti stipulati nei mesi precedenti con la corrente antifascista, ritirandosi a vita privata: la questione monarchica venne rimandata al dopoguerra, nel frattempo il figlio Umberto ottenne la luogotenenza.
Pochi mesi dopo i fatti raccontati, si procedette all’apertura delle cave sull’Ardeatina, e a una prima identificazione dei cadaveri sepolti nella fossa comune. Un’immagine che rimanda a ciò che era a quel punto Roma: libera dagli occupanti, ma non dai propri fantasmi. E con un futuro da (ri)costruire con una parola d’ordine: libertà.

[NOTE]72 Monelli, Roma 1943, cit., p. 339.
73 Ribattezzata dai romani come “tessera della fame”.
Cristiana Di Cocco, L’occupazione tedesca di Roma. Il diario di Giulio Di Legge, Roma TrePress, 2023

#1943 #1944 #alleati #aprile #clandestini #CristianaDiCocco #ebrei #fame #fascisti #freddo #fuggiaschi #giugo #Liberazione #maggio #marzo #novembre #partigiani #paura #rappresagle #Resistenza #roma #tedeschi





Harvard Countway Library: E.A. Codman’s 1896 Album of stereoscopic and plain X-rays digitized!. “The Center for the History of Medicine is pleased to announce the digitization of E. A. Codman’s Album of stereoscopic and plain X-rays : radiographs, 1896. This album represents some of the earliest X-rays taken at Harvard Medical School, only a year after the first Radiograph was taken by Wilhelm […]

rbfirehose.com/2025/09/28/harv…






Oggi inizio la preparazione della mia prima conserva. Ho aspettato 56 anni perché certe scelte non si possono fare con leggerezza.

E quindi cominciamo con la preparazione delle OLIVE IN SALAMOIA!

Ho trovato ricette molto diverse in rete ma fondamentalmente partono tutte dal tenere a mollo le olive per decine di giorni.

Purtroppo non tutte le ricette sono concordi sul DOVE metterle in ammollo: solo acqua o acqua e sale (la nazione è divisa su questo punto come ai tempi di Coppi e Bartali)? E, eventualmente, quanto sale?

Se qualcuno/a di voi le ha fatte (LE HA FATTE) e vuole chiarirmi questo dubbio, io sono qui.

in reply to Max - Poliverso 🇪🇺🇮🇹

Partito, con questa ricetta, la più complessa che ho trovato.

lacucinaitaliana.it/news/cucin…

Se è la più complessa un motivo ci sarà 😋

(Ammollo senza sale)


in reply to Zentrum für Politische Schönheit

Wie hat es Jens Spahn geschafft in diese Position zu kommen?
Nein, nicht in den Bundestag, das haben wir, die Wähler verbockt, aber zu dem Job als Fraktionsvorsitzender und Einflüsterer von Friedrich Merz.
Hat er vielleicht Nacktfotos vom CDU Vorstand?
(Frage für einen Freund)
in reply to Zentrum für Politische Schönheit

Faschismus erklärt von kommenden afd Chef-Diktator Spahni-Milliardengrab. Viel Meinung, wenig Ahnung, noch weniger Kompetenz, aber die extremen Positionen, die ihm von seinen Geldgebern eigetrichtert werden in die breite Gesellschaft schleudern.


wie ihr ja wisst, machen wir ja viel mehr als "nur" Computer herrichten und verschenken - am Freitag war Beate Loinger in Linz bei Erich Hofmarcher von den Kiwanis und hat rd. 30 Kinderwägen abgeholt. Ein Teil ist schon in Traiskirchen im Flüchtlingslager und der Rest wird morgen zu Train of Hope gebracht. Bei beiden Einrichtungen kommen immer wieder Leute mit Kleinkindern an, die die Kinderwägen auf der Flucht verloren haben oder nicht mitnehmen konnten.
in reply to PCs für alle

Am Bild Carsten Aulenbacher und Leo Brunner, die in Linz beim Einladen geholfen haben.
Die Tageszeitung "Die Presse" vergib den Award für die Österreicher:innen des Jahres und Peter Bernscherer, Gründer von PCs für alle, ist in der Kategorie "Humanitäres Engagement" nominiert! Wenn Ihnen unsere Arbeit gefällt, freuen wir uns über ihr Voting. diepresse.com/20065228/austria…



Apple trees as height chart. We’ve reached the point of the city’s harvesting campaign where only the tallest people can reach the remaining apples on public trees.
in reply to Ciara

"By the Law of Jutland of 1241, you may fill your hat with whatever you can harvest.”

"Everyone looks better with a pocket full of apples.”

“Pickle me.”

"Now's the time!"

A lovely annual tradition. The Smag På Aarhus ('Taste Aarhus') campaign that literally signposts wild edibles around the city and invites us to pluck away.

#Aarhus
#LiveableCities



If we don't solve the password problem for users in my lifetime I am gonna haunt you from beyond the grave as a ghost 👻 .. but we are making progress with passkeys! fidoalliance.org/passkeys/
in reply to Jeff Atwood

Someone should create a metadata / microtagging standard that can be used to communicate the specific password requirements. Then everyone would implement it and password generators could create working and secure passwords.

Yes, I’ll see myself out now.



Buddenbohm: Als hätte man sonst keine Probleme buddenbohm-und-soehne.de/2025/…

#Blog

#blog


In aeroporto hanno appena chiamato all'altoparlante alcuni passeggeri giapponesi fra cui un Kojima.
Mi guardo intorno per vedere se avvisto melma nera o impronte di mani strane comparire sulle pareti.



Bravo aux italiens, qui ont exclu l'équipe sioniste cycliste " pour raisons de sécurité " 😻😻😻😹😸

> 📰 Israel-Premier Tech have been excluded from the Giro dell’Emilia cycling race on 4 October in Italy for safety reasons, the organisers told the AFP news agency.

Adriano Amici, president of GS Emilia – which organises the one-day race, said the team “will unfortunately not be present at our race … We had to make this decision for reasons of public security”.

“There’s too much danger for both the Israel Tech riders and others. The race’s final circuit is run five times so the possibility of the race being disrupted is very high.

“It’s a decision I regret having to make from a sporting perspective, but I had no other choice for public safety.”

The Giro dell’Emilia, whose 2024 edition was won by cycling superstar Tadej Pogacar, will cover 199km (123.7 miles) from Mirandola to Bologna in northern Italy.

#noZionistsInCompetitions
#giro
#freepalestine
#gaza

@palestine@lemmygrad.ml
@palestine@fedibird.com



Ich weiß es ist alles sowieso so ein Wahnsinn, dass viele (zumindest ich) Inzwischen müde werden überhaupt darüber nachzudenken: Aber habt ihr euch mal gefragt, was es bedeuten soll, wenn Trump „die Antifa" als „terroristische Organisation“ bekämpfen will? Es bedeutet warscheinlich am Ende, dass es ein Label gibt, mit dem jeder politische Gegner potenziell für vogelfrei erklärt werden kann. Jeder Mensch mit dem Label „Antifa“ könnte irgendwann verhaftet, eingesperrt, überwacht, jeglicher Rechte entzogen und wenn es nach Trump geht wahrscheinlich sogar gefoltert werden. Denn „die Antifa“ ist keine Organisation, nicht abgrenzbar. Jede*r kann Antifa sein. Es ist der potenzielle ultimative autortäre Power-Move alles, was einem entgegensteht, zu Terrorismus zu erklären.
Questa voce è stata modificata (4 giorni fa)




De la crise politique au conflit social : l'instabilité du macronisme finissant


Depuis la dernière dissolution de l'Assemblée nationale, la vie des gouvernements est plus que jamais placée sous le signe de l’incertitude. Le macronisme finissant est désormais marqué par une instabilité gouvernementale inconnue dans l’histoire de la Ve République. Les mobilisations ne diminuent pas malgré les insuccès des Gilets jaunes ou encore des grèves en opposition à la réforme des retraites. Le 10 septembre dernier, un mouvement s'est engagé à bloquer l’activité productive du pays. Le 18, les syndicats sont parvenus à mobiliser plusieurs centaines de milliers de Françaises et de Français, et le 21, une nouvelle mobilisation populaire a fêté l'anniversaire de l'abolition de la royauté. Comment comprendre ces mobilisations et plus particulièrement celles qui s’émancipent du cadre syndical traditionnel ? L’étude des mouvements sociaux actuels est riche d’enseignements sur le moment que nous vivons et sur les évolutions qui minent la société française depuis le début de la décennie 1980.

En France, la crise politique et la crise sociale se tiennent la main et prennent des formes inattendues : instabilité ministérielle et mobilisations nouvelles. Notre pays vit une crise de l’avenir. L’horizon des attentes positives se dissipe. L’avenir est davantage pensé comme un ensemble de risques plutôt qu’en termes de projets rassembleurs. Depuis le milieu des années 1990, les thèmes de la fracture sociale, du creusement des inégalités ainsi que de la pauvreté laborieuse envahissent l’espace social. Et le corps social se mobilise de plus en plus souvent de manière inédite : coordinations, mouvement des Bonnets rouges, Gilets jaunes, Bloquons tout, etc.

Comment comprendre ces nouveaux modes d’action et mouvements sociaux qui prennent leurs distances par rapport aux partis et aux syndicats ? Que disent-ils de la société française et de ses évolutions récentes ? Une chose est sûre, les préoccupations économiques et sociales restent toujours largement dominantes.

La question de la survie politique de notre nouveau Premier ministre, Sébastien Lecornu, ainsi que les éventuelles suites du mouvement social « Bloquons tout ! » attirent l'attention du monde médiatique. L'instabilité gouvernementale ne représente pas une surprise en soi tant le président de la République s’obstine à ne pas reconnaître sa défaite aux dernières élections législatives. L’ampleur du vote de défiance à l'encontre de François Bayrou a révélé combien le socle d’adhésion du gouvernement était désormais faible. C’est pourtant sur cette base si friable que le gouvernement s’apprêtait (et s’apprête toujours) à imposer par son budget de nombreux sacrifices à des catégories de Français déjà exsangues financièrement. Une telle orientation ne pouvait qu’accentuer le sentiment d’éloignement, voire de rupture, des élites administratives, politiques et privées vis-à-vis des réalités de la population.

Des pratiques du pouvoir qui favorisent l’impasse politique

Les institutions françaises sont dans la tourmente et la Ve République se retrouve privée de la classique majorité présidentielle dans l’Assemblée pour mettre en œuvre une politique. De la majorité pléthorique du premier quinquennat à la débandade des troupes présidentielles, le second quinquennat d’Emmanuel Macron s’achève d’une bien étrange manière, sous la forme d’un traité de décomposition. Le président est à la fois le témoin d’un basculement politique, social et institutionnel, mais aussi largement l’acteur principal du délitement à l’œuvre.

Face aux désordres politiques actuels se profile un mouvement social dont la nature et la portée restent à définir. Marquerait-il le retour des Gilets jaunes sous une forme plus radicalisée politiquement ? De fait, la pratique du pouvoir du macronisme a conduit inévitablement à une radicalisation des mouvements sociaux en France. La brutalité, l’ignorance et le mépris ont en effet été les moteurs du parti présidentiel lorsqu’il était triomphant.

Le mouvement social des Gilets jaunes a subi une terrible répression, comme rarement dans l’histoire de France d’après-guerre. Par ailleurs, l’usage répété du 49-3 à l’Assemblée a rendu impossibles de véritables débats sur des questions aussi essentielles que les orientations budgétaires et sociales du pays. Pour finir, la surdité et le mépris de l’appareil gouvernemental ont frappé les esprits. De nombreuses réformes ont réuni derrière elles un vaste refus. Pourtant, les gouvernements ont fait fi des revendications populaires qui réclamaient d'amender voire d'abroger ces projets de loi. Le macronisme et les élites qui le portent ont décidé de faire avancer le train fou du néolibéralisme en ignorant les citoyens et leurs aspirations.

Les corps intermédiaires comme les syndicats et les collectivités locales sont apparus délégitimés et le président de la République a fait du Premier ministre un simple VRP de la parole présidentielle. Il a donc installé une logique de confrontation entre lui et la société. Les différentes médiations ont cessé de fonctionner et tout est devenu mascarade, aussi bien la démocratie politique que sociale. Le macronisme a donc non seulement aggravé la crise de la démocratie, déjà largement à l’œuvre en France depuis les années 1980, mais il a également renforcé la tendance inquiétante du moment, celle de l’autoritarisme et de la brutalisation du pouvoir politique.

Une crise politique ancienne dont le macronisme est l’expression finale

Le macronisme arrive au terme d’un long parcours entamé au début des années 1980. Le retour des socialistes aux affaires en 1981, après 28 ans d’opposition, a ouvert – pour la refermer aussitôt – la dernière page d’une véritable alternative politique. Le pouvoir d’alors était ambitieux et se proposait aussi bien économiquement, socialement, que culturellement de donner un autre visage au pays. Mais à partir de 1983, l’ambition économique a nettement été revue à la baisse et le socialisme d’alors, dans un mélange d’affairisme et de cynisme, a accompagné le capitalisme dans ses dérives sans en modifier la trajectoire. Ainsi, les années 1980 ont reconstitué à bas bruit une logique de classes et ont redonné aux inégalités une dynamique nouvelle.

Les outils de la politique économique se sont vite grippés par l’invocation de la contrainte extérieure, qui a pris tour à tour le nom de l’Europe puis de la mondialisation. À partir des engagements de Maastricht, la politique économique a littéralement disparu de l’horizon collectif. Il n’était plus possible d’imaginer autre chose qu’une politique de l’offre à peine tempérée de quelques mesures sociales. Ces orientations ont ouvert le chemin à un long hiver salarial pour les classes populaires, mais aussi pour plusieurs franges des classes moyennes. Les revenus du capital ont à l’inverse pris une direction ascendante, et la financiarisation de l’économie s’est accompagnée d’une désindustrialisation préoccupante.

Plus de 40 ans après, c’est une économie largement tertiarisée qui a vu le jour et qui produit précarité, mal-être au travail et chômage accru pour une partie de la jeunesse et des seniors. La crise de l’avenir, c’est-à-dire le fait d’être privé d’un horizon d’attente qui laisse espérer un mieux-être pour soi et ses proches, se renforce jour après jour. Et comme le soulignait l’historien Jean-François Sirinelli dans son analyse du mouvement des Gilets jaunes (1) :

  • « Somme toute, ce qui a relié, au moins dans un premier temps, ces destins jusque-là désunis est bien le sentiment partagé que la sur-vie ou supposée telle des puissants ne doit pas se faire aux dépens de la survie de plus en plus aléatoire des plus faibles. Au temps des Trente Glorieuses, on l’a vu, le vivre-ensemble s’était notamment consolidé par le fait que le plus grand nombre avait eu le sentiment inverse, la simple survie, propre aux économies de subsistance, était désormais derrière eux. »

Le macronisme a été le parachèvement de ces choix, puisqu’il est la rencontre entre la frange la plus bourgeoise du Parti socialiste et de l’ancien Rassemblement pour la République (RPR), devenu Union pour un mouvement populaire (UMP). Ce bloc bourgeois, pour reprendre les travaux de l’économiste Stefano Palombarini, a conduit une politique de classe par une fiscalité avantageuse pour les plus aisés, et a offert mépris et appauvrissement pour « ceux qui ne sont rien ».

À partir de 2021, l’épisode inflationniste a achevé de mettre à terre des franges de la population pour qui la fin du mois arrive bien avant le 15, et qui affrontent un surendettement intenable. Sans compter les dépenses contraintes comme le logement ou l’énergie qui ne cessent de croître. La réduction artificielle du chômage, par le maintien d’entreprises zombies ou par une amplification de l’apprentissage, a laissé croire à un succès de la politique de l’offre. Face à un environnement économique européen et mondial déloyal, l’État s’est endetté pour assurer des subventions coûteuses et souvent mal ciblées, tandis que les choix de politiques économiques antérieurs ont largement handicapé la nation, affaibli les services publics et produit de la précarité.

Dans la continuité de François Bayrou, Sébastien Lecornu se propose ainsi d’infliger une austérité sans précédent au plus grand nombre sans le moindre souci de justice sociale. Et le président de la République, s’obstinant à préserver sa politique, ne pouvait que susciter des mécontentements nombreux. C’est dans ce contexte dégradé que surgissent des mouvements sociaux particuliers qui veulent désormais déborder les partis et les syndicats traditionnels.

Des mouvements sociaux d’un genre nouveau : des Gilets jaunes à « Bloquons tout ! »

La nature des mouvements sociaux est au cœur de la sociologie, d’abord parce que le conflit est une préoccupation première de cette discipline. Des débats souvent stimulants sur les répertoires de l’action collective ont donné naissance à des travaux importants, comme ceux de Charles Tilly, Alain Touraine, Erik Neveu ou Lilian Mathieu.

Les conflits sociaux naissent entre autres autour de l’accès à des ressources rares comme l’avoir, le savoir et le pouvoir. Ces dernières engendrent des inégalités nombreuses qui peuvent devenir conflictuelles. Mais le conflit peut avoir d’autres matrices, comme l’analysait le père de la sociologie française Émile Durkheim. Pour lui, le conflit social surgissait lorsqu'apparaissait une tension entre les nouvelles valeurs d’une société et des institutions comme l’École ou l’État, qui elles restaient marquées par un ancien système de valeurs. Mai 68 est une illustration probante de cette approche.

D’autre part, les mouvements sociaux au cours de l’Histoire ont porté sur des objets différents qui pouvaient aller de l’amélioration des conditions de travail à la reconnaissance de droits pour des minorités comme les femmes, les immigrés ou encore les homosexuels. Dès lors, pour reprendre la répartition célèbre du sociologue américain, Albert O. Hirschman, les individus peuvent choisir entre la loyauté, la prise de parole ou la défection.

La première exprime la confiance dans les institutions pour apporter une résolution aux conflits. Dans le cas qui nous intéresse, la crise des institutions est patente tant la défiance à l’égard du pouvoir est massive. Dans le cas des Gilets jaunes, le pouvoir a proposé de grands débats qui ont permis au président de la République de révéler des capacités oratoires et une maîtrise technique des dossiers, mais sans jamais répondre aux enjeux. Aujourd’hui, les ressorts de cette entreprise sont brisés.

La prise de parole représente la deuxième option, c’est-à-dire la mobilisation sous des formes variées allant de la grève à l’occupation de lieux stratégiques. Nous assistons à un retour de la conflictualité sociale sous des formes diverses. Il suffit de penser aux nombreux jours de grève qui ont accompagné les différentes réformes des dix ans du macronisme ou encore aux Gilets jaunes. Enfin, la défection peut se traduire par une abstention, un désintérêt pour la vie politique. Aujourd’hui, c’est un mélange de colère et de lassitude qui traverse une partie de plus en plus importante du corps social.

Pourtant, de nouveaux types de mouvements émergent et obligent à des lectures plus complexes pour en percevoir le sens. Il ne faut cependant pas oublier que depuis la fin des années 1980, des colères et des revendications s’expriment en dehors des canaux syndicaux habituels. On peut notamment penser à la longue contestation des infirmières sous forme de coordinations à partir de 1988.

« Bloquons tout » : une France en colère plus qu’à l’arrêt

Le ministère de l’Intérieur a recensé pour la journée du 10 septembre dernier 175 000 participants et participantes ; la CGT parle quant à elle de 250 000 personnes. 812 actions ont été recensées dont 550 rassemblements et 262 blocages. Les villes qui ont concentré le plus de manifestants ont été Toulouse, Rennes, Montpellier, Strasbourg, Marseille, Lyon. La nomination le même jour de Sébastien Lecornu au poste de Premier ministre a été aussi perçue comme un affront par les manifestants, tant il exprime la volonté réitérée de poursuivre encore et toujours la même politique.

Face à cette mobilisation, 80 000 gendarmes et policiers ont été dépêchés. Les occupations de lieux stratégiques comme les gares ont été provisoires, car les consignes du ministère de l’Intérieur ont été celles de l'extrême fermeté. Désormais, les manifestants savent que le droit de manifester en France peut se faire à un coût élevé pour eux-mêmes.

Ce mouvement doit être observé sociologiquement. Tout d’abord, comme le révèle une étude de la fondation Jean Jaurès, les citoyennes et citoyens qui le composent sont davantage des cadres et des étudiants que des ouvriers. Le but de ces nouvelles formes de mobilisation s’éloigne des traditionnelles revendications ouvrières d’inspiration marxisante ; il ne s’agit pas de renverser le capitalisme, mais de le rendre moins violent et plus acceptable pour le plus grand nombre. L’enquête révèle également que nombre de partisans de « Bloquons tout ! » ignorent le contenu à donner à cette prise de parole. Nous sommes loin des anciens mots d’ordre syndicaux et des espoirs d’une grève générale, qui semble d'ailleurs remise à jamais plutôt qu’à plus tard. Il faut y voir là l’épuisement des anciens modes d’action collective.

En effet, les échecs récents du mouvement syndical (échecs à contrecarrer les réformes El Khomri, Penicaud, du lycée, des retraites, etc.) montrent clairement un épuisement de l’usage des grèves et des manifestations de masse. Même la rare union syndicale ne suffit plus pour faire plier le pouvoir. C’est en novembre de cette année que nous célébrerons l’anniversaire de la dernière victoire syndicale française, il y a déjà trente ans (2)…

Depuis, force est de constater que les syndicats n’ont connu que des défaites à répétition. Mais il ne faut pas négliger la capacité qui est la leur de mobiliser fortement. Le 18 septembre dernier, plus de 500 000 manifestants ont battu le pavé selon le ministère de l’Intérieur – plus d’un million selon la CGT. Les syndicats ont su mobiliser et faire entendre fort les revendications en termes de pouvoir d’achat et de justice fiscale. D’autres journées sont envisagées par la suite, d'abord le 2 octobre prochain, si le Premier ministre ne répond pas aux demandes. Ces rassemblements entrent aussi en congruence avec les débats sur la taxe proposée par l’économiste Gabriel Zucman.

Les citoyens veulent s’emparer de ces débats alors que la méfiance à l’égard des politiques grandit. Le rôle des partis politiques ne cesse de s’amenuiser dans une démocratie d’opinion et à l’heure des réseaux numériques : l’intermédiation partidaire s’amenuise. Des populations plus éduquées, plus diplômées, ont moins envie de reconnaître une compétence ou une légitimité particulière à des hommes de partis qui semblent à leurs yeux bien souvent usés par leurs pratiques du pouvoir.

Les moteurs de ce mouvement semblent être la lutte contre les inégalités et l’amélioration du pouvoir d’achat ; en cela, il s’éloigne de revendications plus orientées sur la thématique des droits ou de l’identité. De façon plus certaine, on peut affirmer que la matrice du mouvement du 10 septembre est plus d’ordre social et économique que sociétal. Nombre de Français retiennent – à raison – chez Emmanuel Macron l’image d’un président de la baisse du niveau de vie des citoyens, sans compter que la France est devenue un pays profondément inégalitaire, tant la concentration des richesses est toujours plus flagrante. Ce mouvement ne semble pas a priori s’inscrire dans le temps, mais le feu couve sous la cendre… Les prochaines semaines s'annoncent agités sur le plan politique ; pour le moment, le pouvoir ploie mais ne rompt pas.

Dans la dialectique complexe entre le « je » et le « nous » – pour reprendre la terminologie du sociologue Norbert Elias –, le « je » semble l’emporter. Nos sociétés connaissent depuis les années 1960 une véritable poussée de l'individualisme qui conduit à relativiser les mobilisations collectives. On pourrait parler d’une individualisation des colères. Mais la crise sociale est là, il est difficile de le nier ; elle cherche des moyens de s’exprimer, de nouvelles formes de mobilisation. Les arrangements institutionnels – pour ne pas dire les combines politiciennes – ne pourront pas la dissimuler. Du pouvoir en place, force est de constater qu’il y a bien peu à attendre.

En somme, si le navire prend l’eau de toutes parts, ce n’est pas la faute des boomers, des retraites généreuses de Français fainéants ou d’un État social désormais trop encombrant. Ce qui coule l’embarcation ne préoccupe pas réellement les médias dominants plutôt désireux d’adhérer au récit du moment, à savoir celui d'une France dépensière de « gaulois réfractaires » qui ne travaillent pas et qui refusent les réformes.

En réalité, par ses élites, la France a été conduite de gré ou de force sur le chemin de réformes d’inspiration néolibérale qui ont profondément défiguré le modèle social français pour faire du pays une France laborieuse, sans horizon bien souvent ou à l’épreuve d’un travail à faible reconnaissance. Les quarante années passées sont l’échec des élites qui font désormais bloc pour socialiser les pertes au détriment du plus grand nombre.

Notes

(1) Jean-François Sirinelli, Ce monde que nous avons perdu, une histoire du vivre-ensemble, Tallandier, Paris 2021, p.346

(2) À l’hiver 1995, en réaction au projet de réforme de la Sécurité sociale et des retraites initié par le gouvernement d’Alain Juppé, un vaste mouvement de grève de la part des cheminots se met en place. Il dure du 10 octobre au 15 décembre 1995. Le gouvernement d’alors est contraint de reculer.

elucid.media/democratie/de-la-…



#France #GJ #10Septembre #Macron 


De la crise politique au conflit social : l'instabilité du macronisme finissant


Depuis la dernière dissolution de l'Assemblée nationale, la vie des gouvernements est plus que jamais placée sous le signe de l’incertitude. Le macronisme finissant est désormais marqué par une instabilité gouvernementale inconnue dans l’histoire de la Ve République. Les mobilisations ne diminuent pas malgré les insuccès des Gilets jaunes ou encore des grèves en opposition à la réforme des retraites. Le 10 septembre dernier, un mouvement s'est engagé à bloquer l’activité productive du pays. Le 18, les syndicats sont parvenus à mobiliser plusieurs centaines de milliers de Françaises et de Français, et le 21, une nouvelle mobilisation populaire a fêté l'anniversaire de l'abolition de la royauté. Comment comprendre ces mobilisations et plus particulièrement celles qui s’émancipent du cadre syndical traditionnel ? L’étude des mouvements sociaux actuels est riche d’enseignements sur le moment que nous vivons et sur les évolutions qui minent la société française depuis le début de la décennie 1980.

En France, la crise politique et la crise sociale se tiennent la main et prennent des formes inattendues : instabilité ministérielle et mobilisations nouvelles. Notre pays vit une crise de l’avenir. L’horizon des attentes positives se dissipe. L’avenir est davantage pensé comme un ensemble de risques plutôt qu’en termes de projets rassembleurs. Depuis le milieu des années 1990, les thèmes de la fracture sociale, du creusement des inégalités ainsi que de la pauvreté laborieuse envahissent l’espace social. Et le corps social se mobilise de plus en plus souvent de manière inédite : coordinations, mouvement des Bonnets rouges, Gilets jaunes, Bloquons tout, etc.

Comment comprendre ces nouveaux modes d’action et mouvements sociaux qui prennent leurs distances par rapport aux partis et aux syndicats ? Que disent-ils de la société française et de ses évolutions récentes ? Une chose est sûre, les préoccupations économiques et sociales restent toujours largement dominantes.

La question de la survie politique de notre nouveau Premier ministre, Sébastien Lecornu, ainsi que les éventuelles suites du mouvement social « Bloquons tout ! » attirent l'attention du monde médiatique. L'instabilité gouvernementale ne représente pas une surprise en soi tant le président de la République s’obstine à ne pas reconnaître sa défaite aux dernières élections législatives. L’ampleur du vote de défiance à l'encontre de François Bayrou a révélé combien le socle d’adhésion du gouvernement était désormais faible. C’est pourtant sur cette base si friable que le gouvernement s’apprêtait (et s’apprête toujours) à imposer par son budget de nombreux sacrifices à des catégories de Français déjà exsangues financièrement. Une telle orientation ne pouvait qu’accentuer le sentiment d’éloignement, voire de rupture, des élites administratives, politiques et privées vis-à-vis des réalités de la population.

Des pratiques du pouvoir qui favorisent l’impasse politique

Les institutions françaises sont dans la tourmente et la Ve République se retrouve privée de la classique majorité présidentielle dans l’Assemblée pour mettre en œuvre une politique. De la majorité pléthorique du premier quinquennat à la débandade des troupes présidentielles, le second quinquennat d’Emmanuel Macron s’achève d’une bien étrange manière, sous la forme d’un traité de décomposition. Le président est à la fois le témoin d’un basculement politique, social et institutionnel, mais aussi largement l’acteur principal du délitement à l’œuvre.

Face aux désordres politiques actuels se profile un mouvement social dont la nature et la portée restent à définir. Marquerait-il le retour des Gilets jaunes sous une forme plus radicalisée politiquement ? De fait, la pratique du pouvoir du macronisme a conduit inévitablement à une radicalisation des mouvements sociaux en France. La brutalité, l’ignorance et le mépris ont en effet été les moteurs du parti présidentiel lorsqu’il était triomphant.

Le mouvement social des Gilets jaunes a subi une terrible répression, comme rarement dans l’histoire de France d’après-guerre. Par ailleurs, l’usage répété du 49-3 à l’Assemblée a rendu impossibles de véritables débats sur des questions aussi essentielles que les orientations budgétaires et sociales du pays. Pour finir, la surdité et le mépris de l’appareil gouvernemental ont frappé les esprits. De nombreuses réformes ont réuni derrière elles un vaste refus. Pourtant, les gouvernements ont fait fi des revendications populaires qui réclamaient d'amender voire d'abroger ces projets de loi. Le macronisme et les élites qui le portent ont décidé de faire avancer le train fou du néolibéralisme en ignorant les citoyens et leurs aspirations.

Les corps intermédiaires comme les syndicats et les collectivités locales sont apparus délégitimés et le président de la République a fait du Premier ministre un simple VRP de la parole présidentielle. Il a donc installé une logique de confrontation entre lui et la société. Les différentes médiations ont cessé de fonctionner et tout est devenu mascarade, aussi bien la démocratie politique que sociale. Le macronisme a donc non seulement aggravé la crise de la démocratie, déjà largement à l’œuvre en France depuis les années 1980, mais il a également renforcé la tendance inquiétante du moment, celle de l’autoritarisme et de la brutalisation du pouvoir politique.

Une crise politique ancienne dont le macronisme est l’expression finale

Le macronisme arrive au terme d’un long parcours entamé au début des années 1980. Le retour des socialistes aux affaires en 1981, après 28 ans d’opposition, a ouvert – pour la refermer aussitôt – la dernière page d’une véritable alternative politique. Le pouvoir d’alors était ambitieux et se proposait aussi bien économiquement, socialement, que culturellement de donner un autre visage au pays. Mais à partir de 1983, l’ambition économique a nettement été revue à la baisse et le socialisme d’alors, dans un mélange d’affairisme et de cynisme, a accompagné le capitalisme dans ses dérives sans en modifier la trajectoire. Ainsi, les années 1980 ont reconstitué à bas bruit une logique de classes et ont redonné aux inégalités une dynamique nouvelle.

Les outils de la politique économique se sont vite grippés par l’invocation de la contrainte extérieure, qui a pris tour à tour le nom de l’Europe puis de la mondialisation. À partir des engagements de Maastricht, la politique économique a littéralement disparu de l’horizon collectif. Il n’était plus possible d’imaginer autre chose qu’une politique de l’offre à peine tempérée de quelques mesures sociales. Ces orientations ont ouvert le chemin à un long hiver salarial pour les classes populaires, mais aussi pour plusieurs franges des classes moyennes. Les revenus du capital ont à l’inverse pris une direction ascendante, et la financiarisation de l’économie s’est accompagnée d’une désindustrialisation préoccupante.

Plus de 40 ans après, c’est une économie largement tertiarisée qui a vu le jour et qui produit précarité, mal-être au travail et chômage accru pour une partie de la jeunesse et des seniors. La crise de l’avenir, c’est-à-dire le fait d’être privé d’un horizon d’attente qui laisse espérer un mieux-être pour soi et ses proches, se renforce jour après jour. Et comme le soulignait l’historien Jean-François Sirinelli dans son analyse du mouvement des Gilets jaunes (1) :

  • « Somme toute, ce qui a relié, au moins dans un premier temps, ces destins jusque-là désunis est bien le sentiment partagé que la sur-vie ou supposée telle des puissants ne doit pas se faire aux dépens de la survie de plus en plus aléatoire des plus faibles. Au temps des Trente Glorieuses, on l’a vu, le vivre-ensemble s’était notamment consolidé par le fait que le plus grand nombre avait eu le sentiment inverse, la simple survie, propre aux économies de subsistance, était désormais derrière eux. »

Le macronisme a été le parachèvement de ces choix, puisqu’il est la rencontre entre la frange la plus bourgeoise du Parti socialiste et de l’ancien Rassemblement pour la République (RPR), devenu Union pour un mouvement populaire (UMP). Ce bloc bourgeois, pour reprendre les travaux de l’économiste Stefano Palombarini, a conduit une politique de classe par une fiscalité avantageuse pour les plus aisés, et a offert mépris et appauvrissement pour « ceux qui ne sont rien ».

À partir de 2021, l’épisode inflationniste a achevé de mettre à terre des franges de la population pour qui la fin du mois arrive bien avant le 15, et qui affrontent un surendettement intenable. Sans compter les dépenses contraintes comme le logement ou l’énergie qui ne cessent de croître. La réduction artificielle du chômage, par le maintien d’entreprises zombies ou par une amplification de l’apprentissage, a laissé croire à un succès de la politique de l’offre. Face à un environnement économique européen et mondial déloyal, l’État s’est endetté pour assurer des subventions coûteuses et souvent mal ciblées, tandis que les choix de politiques économiques antérieurs ont largement handicapé la nation, affaibli les services publics et produit de la précarité.

Dans la continuité de François Bayrou, Sébastien Lecornu se propose ainsi d’infliger une austérité sans précédent au plus grand nombre sans le moindre souci de justice sociale. Et le président de la République, s’obstinant à préserver sa politique, ne pouvait que susciter des mécontentements nombreux. C’est dans ce contexte dégradé que surgissent des mouvements sociaux particuliers qui veulent désormais déborder les partis et les syndicats traditionnels.

Des mouvements sociaux d’un genre nouveau : des Gilets jaunes à « Bloquons tout ! »

La nature des mouvements sociaux est au cœur de la sociologie, d’abord parce que le conflit est une préoccupation première de cette discipline. Des débats souvent stimulants sur les répertoires de l’action collective ont donné naissance à des travaux importants, comme ceux de Charles Tilly, Alain Touraine, Erik Neveu ou Lilian Mathieu.

Les conflits sociaux naissent entre autres autour de l’accès à des ressources rares comme l’avoir, le savoir et le pouvoir. Ces dernières engendrent des inégalités nombreuses qui peuvent devenir conflictuelles. Mais le conflit peut avoir d’autres matrices, comme l’analysait le père de la sociologie française Émile Durkheim. Pour lui, le conflit social surgissait lorsqu'apparaissait une tension entre les nouvelles valeurs d’une société et des institutions comme l’École ou l’État, qui elles restaient marquées par un ancien système de valeurs. Mai 68 est une illustration probante de cette approche.

D’autre part, les mouvements sociaux au cours de l’Histoire ont porté sur des objets différents qui pouvaient aller de l’amélioration des conditions de travail à la reconnaissance de droits pour des minorités comme les femmes, les immigrés ou encore les homosexuels. Dès lors, pour reprendre la répartition célèbre du sociologue américain, Albert O. Hirschman, les individus peuvent choisir entre la loyauté, la prise de parole ou la défection.

La première exprime la confiance dans les institutions pour apporter une résolution aux conflits. Dans le cas qui nous intéresse, la crise des institutions est patente tant la défiance à l’égard du pouvoir est massive. Dans le cas des Gilets jaunes, le pouvoir a proposé de grands débats qui ont permis au président de la République de révéler des capacités oratoires et une maîtrise technique des dossiers, mais sans jamais répondre aux enjeux. Aujourd’hui, les ressorts de cette entreprise sont brisés.

La prise de parole représente la deuxième option, c’est-à-dire la mobilisation sous des formes variées allant de la grève à l’occupation de lieux stratégiques. Nous assistons à un retour de la conflictualité sociale sous des formes diverses. Il suffit de penser aux nombreux jours de grève qui ont accompagné les différentes réformes des dix ans du macronisme ou encore aux Gilets jaunes. Enfin, la défection peut se traduire par une abstention, un désintérêt pour la vie politique. Aujourd’hui, c’est un mélange de colère et de lassitude qui traverse une partie de plus en plus importante du corps social.

Pourtant, de nouveaux types de mouvements émergent et obligent à des lectures plus complexes pour en percevoir le sens. Il ne faut cependant pas oublier que depuis la fin des années 1980, des colères et des revendications s’expriment en dehors des canaux syndicaux habituels. On peut notamment penser à la longue contestation des infirmières sous forme de coordinations à partir de 1988.

« Bloquons tout » : une France en colère plus qu’à l’arrêt

Le ministère de l’Intérieur a recensé pour la journée du 10 septembre dernier 175 000 participants et participantes ; la CGT parle quant à elle de 250 000 personnes. 812 actions ont été recensées dont 550 rassemblements et 262 blocages. Les villes qui ont concentré le plus de manifestants ont été Toulouse, Rennes, Montpellier, Strasbourg, Marseille, Lyon. La nomination le même jour de Sébastien Lecornu au poste de Premier ministre a été aussi perçue comme un affront par les manifestants, tant il exprime la volonté réitérée de poursuivre encore et toujours la même politique.

Face à cette mobilisation, 80 000 gendarmes et policiers ont été dépêchés. Les occupations de lieux stratégiques comme les gares ont été provisoires, car les consignes du ministère de l’Intérieur ont été celles de l'extrême fermeté. Désormais, les manifestants savent que le droit de manifester en France peut se faire à un coût élevé pour eux-mêmes.

Ce mouvement doit être observé sociologiquement. Tout d’abord, comme le révèle une étude de la fondation Jean Jaurès, les citoyennes et citoyens qui le composent sont davantage des cadres et des étudiants que des ouvriers. Le but de ces nouvelles formes de mobilisation s’éloigne des traditionnelles revendications ouvrières d’inspiration marxisante ; il ne s’agit pas de renverser le capitalisme, mais de le rendre moins violent et plus acceptable pour le plus grand nombre. L’enquête révèle également que nombre de partisans de « Bloquons tout ! » ignorent le contenu à donner à cette prise de parole. Nous sommes loin des anciens mots d’ordre syndicaux et des espoirs d’une grève générale, qui semble d'ailleurs remise à jamais plutôt qu’à plus tard. Il faut y voir là l’épuisement des anciens modes d’action collective.

En effet, les échecs récents du mouvement syndical (échecs à contrecarrer les réformes El Khomri, Penicaud, du lycée, des retraites, etc.) montrent clairement un épuisement de l’usage des grèves et des manifestations de masse. Même la rare union syndicale ne suffit plus pour faire plier le pouvoir. C’est en novembre de cette année que nous célébrerons l’anniversaire de la dernière victoire syndicale française, il y a déjà trente ans (2)…

Depuis, force est de constater que les syndicats n’ont connu que des défaites à répétition. Mais il ne faut pas négliger la capacité qui est la leur de mobiliser fortement. Le 18 septembre dernier, plus de 500 000 manifestants ont battu le pavé selon le ministère de l’Intérieur – plus d’un million selon la CGT. Les syndicats ont su mobiliser et faire entendre fort les revendications en termes de pouvoir d’achat et de justice fiscale. D’autres journées sont envisagées par la suite, d'abord le 2 octobre prochain, si le Premier ministre ne répond pas aux demandes. Ces rassemblements entrent aussi en congruence avec les débats sur la taxe proposée par l’économiste Gabriel Zucman.

Les citoyens veulent s’emparer de ces débats alors que la méfiance à l’égard des politiques grandit. Le rôle des partis politiques ne cesse de s’amenuiser dans une démocratie d’opinion et à l’heure des réseaux numériques : l’intermédiation partidaire s’amenuise. Des populations plus éduquées, plus diplômées, ont moins envie de reconnaître une compétence ou une légitimité particulière à des hommes de partis qui semblent à leurs yeux bien souvent usés par leurs pratiques du pouvoir.

Les moteurs de ce mouvement semblent être la lutte contre les inégalités et l’amélioration du pouvoir d’achat ; en cela, il s’éloigne de revendications plus orientées sur la thématique des droits ou de l’identité. De façon plus certaine, on peut affirmer que la matrice du mouvement du 10 septembre est plus d’ordre social et économique que sociétal. Nombre de Français retiennent – à raison – chez Emmanuel Macron l’image d’un président de la baisse du niveau de vie des citoyens, sans compter que la France est devenue un pays profondément inégalitaire, tant la concentration des richesses est toujours plus flagrante. Ce mouvement ne semble pas a priori s’inscrire dans le temps, mais le feu couve sous la cendre… Les prochaines semaines s'annoncent agités sur le plan politique ; pour le moment, le pouvoir ploie mais ne rompt pas.

Dans la dialectique complexe entre le « je » et le « nous » – pour reprendre la terminologie du sociologue Norbert Elias –, le « je » semble l’emporter. Nos sociétés connaissent depuis les années 1960 une véritable poussée de l'individualisme qui conduit à relativiser les mobilisations collectives. On pourrait parler d’une individualisation des colères. Mais la crise sociale est là, il est difficile de le nier ; elle cherche des moyens de s’exprimer, de nouvelles formes de mobilisation. Les arrangements institutionnels – pour ne pas dire les combines politiciennes – ne pourront pas la dissimuler. Du pouvoir en place, force est de constater qu’il y a bien peu à attendre.

En somme, si le navire prend l’eau de toutes parts, ce n’est pas la faute des boomers, des retraites généreuses de Français fainéants ou d’un État social désormais trop encombrant. Ce qui coule l’embarcation ne préoccupe pas réellement les médias dominants plutôt désireux d’adhérer au récit du moment, à savoir celui d'une France dépensière de « gaulois réfractaires » qui ne travaillent pas et qui refusent les réformes.

En réalité, par ses élites, la France a été conduite de gré ou de force sur le chemin de réformes d’inspiration néolibérale qui ont profondément défiguré le modèle social français pour faire du pays une France laborieuse, sans horizon bien souvent ou à l’épreuve d’un travail à faible reconnaissance. Les quarante années passées sont l’échec des élites qui font désormais bloc pour socialiser les pertes au détriment du plus grand nombre.

Notes

(1) Jean-François Sirinelli, Ce monde que nous avons perdu, une histoire du vivre-ensemble, Tallandier, Paris 2021, p.346

(2) À l’hiver 1995, en réaction au projet de réforme de la Sécurité sociale et des retraites initié par le gouvernement d’Alain Juppé, un vaste mouvement de grève de la part des cheminots se met en place. Il dure du 10 octobre au 15 décembre 1995. Le gouvernement d’alors est contraint de reculer.

elucid.media/democratie/de-la-…





Hey @piecelet how can I contribute to localize your app? I can't find any link on your github. I already translated all NeoDB code on Weblate and the client Chihu in italian. Let me know if you need help!



𝗟𝗮 𝗳𝗶𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹'𝗶𝗰𝗲𝗯𝗲𝗿𝗴 𝗽𝗶𝘂̀ 𝗴𝗿𝗮𝗻𝗱𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗼

Si chiamava A23a l’iceberg che nel 1986 si è staccato dal margine nord-ovest dell’Antartide. Per decenni è rimasto incagliato nel mare di Weddell, nel 2020 ha ripreso a muoversi seguendo le correnti oceaniche per arrivare, alla fine del 2024, nei pressi dell’isola della Georgia del Sud.

Il 14 settembre 2025, uno dei satelliti Copernicus Sentinel-3 ha acquisito questa immagine dell’iceberg, ormai in disgregazione.

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Salvini rilancia il “patentino” per le persone migranti, ma in Italia esiste già un sistema a crediti e le leggi vietano automatismi.

lanotiziagiornale.it/permesso-…

(il mio articolo per @lanotizia_giornale)




Ci raccontano che la Flotilla “ci porta in guerra”.
Ma la guerra c’è già, e non è nemmeno più una guerra: è un genocidio.
Non stiamo aprendo fronti, stiamo costringendo a guardare macerie, corpi, sangue.
Non è la Flotilla a portare in guerra l’Italia: è il genocidio a sporcare le nostre mani se facciamo finta di niente.
in reply to Giulio Cavalli

siamo palesemente di fronte a un tentativo ben fatto di manipolazione dell'opinione pubblica. Deve essere chiaro a tutti che definire ufficialmente "provocazione pericolosa e irresponsabile" quella che è una manifestazione pacifica di resistenza al genocidio non è solo un ribaltamento della realtà, ma è un bombardamento tattico per criminalizzare i manifestanti presso l'opinione pubblica e distogliere l'attenzione dallo sterminio dei palestinesi di Gaza da parte di Israele

Rudy reshared this.




Non c’è differenza

La sostanza del messaggio del "predicatore mussulmano moderato" e dello "sceicco estremista" è la stessa1, perché predicano la stessa ideologia maomettana: la morte per chi non si sottomette, l'annullamento delle donne, considerate dai maomettani alla stregua di animali, il divieto alla ragione ed altro.

buseca.wordpress.com/2025/09/2…



Happy 10th anniversary to Kekeflipnote’s Can Can animation!

#animation #humor #meme

youtube.com/watch?v=x0ZfwSQDLK…

(10th anniversary video below posted on Facebook)

Questa voce è stata modificata (4 giorni fa)


Linux Distribution "NixOS" drama: Moderation Team resigns in protest over Interference of Leadership; Elected Leader works for US Military Company, fearing alignment with US fascistic development


Short Summary of the Community Drama of the Linux Distribution "NixOS", so that you can get the big picture and form your own opinion with the provided sources.

Clarification of the "Steering Comittee" as Project Leadership



Moderation Team resigns in Protest


  • Resignation Post, with examples of interference: discourse.nixos.org/t/a-statem…
  • Conflict due different interests:
    • the Moderation Team desires being independent. otherwise, they can't moderate the behavior of people in positions of power.
    • the Moderation Team is currently accountable to the Steering Comittee: discourse.nixos.org/t/a-statem…



Technical Leadership works for Military Company, causing Fear of Alignment with Facism.


in reply to clumsy_cat

And now DHH is getting involved in this shitshow. For those not chronically online enough, DHH is one of the developers of Rails, has a rap sheet of drama, and has his own dirty laundry full of racism, transphobia, and has managed to drive his own company into the shitter.

So really a bunch of winners are coming out of the woodwork for this one.

As a happy Debian user i'm not hearing any of it.

Questa voce è stata modificata (2 giorni fa)
in reply to clumsy_cat

Sounds like interpersonal bullshit reframed as politics. Honestly impressed at the resignation letter being able to use so many words while avoiding actually directly explaining what they're upset about. Of course it would take something really egregious and extraordinary for me to give a shit, because..

The steering committee or board of trustees or whatever should be sitting the rules for the organization, up to an including adding or removing mods from a forum if they want. That's what they exist for. The idea that a mod team should be independent of the actual organizational structure of an institution is ridiculous.



Independent Distro KaOS Linux 2025.09 Arrives with #Linux 6.16, #KDE Gear 25.08, and More 9to5linux.com/independent-dist…

#OpenSource



For #Skunktember, I bring you Elijah (he/him)! Drawn over the course of five Twitch livestreams in glorious IBM EGA 640x350 and less than 16 colors, he stands loud and proud of who he is! [1/2]

#FurryArt #PixelArt #EGA #OC #Techwear #Art #MastoArt #FediArt #Furry

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Was'n los? Bis jetzt sind heute 12865 Spam-Kommentare eingegangen. Sonst sind es so 200-400 am Tag. Muss gestern Abend irgendwann losgegangen sein, da waren es am Ende des Tages auch schon über 6000.

#blog #blogger

in reply to Herr Tommi

Das Bild zeigt ein Diagramm mit dem Titel "Antispam Bee" in einem grauen Rahmen. Es handelt sich um ein Linien-Diagramm, das die Entwicklung einer bestimmten Metrik über Zeit darstellt. Die x-Achse ist nicht beschriftet, während die y-Achse mit dem Wert "12865" beschriftet ist. Die Linie des Diagramms ist fast horizontal, bis auf einen steilen Anstieg am Ende, der einen deutlichen Wertanstieg von etwa 12865 zeigt. Der Bereich des Anstiegs ist mit einem hellblauen Schatten hervorgehoben.

Bereitgestellt von @altbot, privat und lokal generiert mit Ovis2-8B

🌱 Energieverbrauch: 0.142 Wh



Lawyers defend Kenyan accused of trafficking recruits to #Russia, say over 1,000 #Kenyans already working

Okay poverty is the enemy, they say its better to die trying to feed yourself than die of starvation, now Russia is capitalising on that.

citizen.digital/news/lawyers-d…

in reply to Jonathan

According to a BBC article, the people were "deceived", they believed they would work in Moscow, just to be forced later to join the military:

mastodon.social/@KraftTea/1152…




"...Die Regierung muss Geld sparen – und hat laut einem Medienbericht eine konkrete Idee: Der Pflegegrad 1 könnte wegfallen, berichtet die »Bild«. Betroffen wären 860.000 Menschen. ..."

Das nennt man dann wohl Asoziale Politik!

spiegel.de/politik/deutschland…

#merz #cdu #csu #spd #deutschland #politik #schwarzrot #schwarzroteKoalition #eu #europa #fritzemerz



Estoy leyendo a mucha gente descontenta por la #SDCCMalaga pero yo tengo a una amiga que está allí desde el jueves y dice que está súper contenta.
Me comenta que el primer día la organización estaba un poco perdida, pero que día a día ha observado una clara mejora y que eso le hace desear repetir el año que viene porque cree que la mejora será notoria.
También dice que hay colas, pero que estas se mueven todo el rato y que no ha estado más de 20 minutos en ninguna.
Me ha dicho que no le gustó la presentación del evento el primer día. Estuvieron el presidente de la CCAA y los cuatro políticos de la zona a hacer publicidad institucional y ella esperaba bastante más de un evento con este nombre.
En general se lo está pasando bien y me dice que los toots que le estoy enviando no se corresponden con la realidad o por lo menos ella no lo ha vivido.
in reply to Lu

@ArthasSama pues malaría saber que opina @sark que ha dado seguimiento por el fediverso.
in reply to fanta 🐌

@fanta @ArthasSama Yo llevo desde el jueves recibiendo comentarios de gente que está ahí, algunos directamente han decidido que sábado y domingo ni se acercaban por la Feria. Y hay de todo, gente curtida en mil salones, gente que era su primerito y demás. Es cierto que soy la cara visible de mucho descontento y es normal que me escriban. Y también ha habido gente ha contado todos los espantos y luego 'pero me ha valido la pena porque he visto a X'. Pues bueno.

Distintas personas, distintas actitudes.

Una de las cosas que se ha repetido desde el viernes es gente diciendo "pensaba que eran exageraciones de haters, hasta que me ha tocado a mí".