ECOLOGIA. Taranto, la “CONVOCATORIA” per discutere di ambiente e giustizia sociale
della redazione
Pagine Esteri, 25 luglio 2022 – Si terrà dal 26 al 29 agosto a Taranto la CONVOCATORIA ECOLOGISTA, campeggio organizzato da una rete di realtà del Sud Italia (Raggia Tarantina, Cooperativa Sociale Robert Owen, Movimento No Muos, Laboratorio Politico Iskra, con la partecipazione di Ecologia Politica Network). Quest’anno alla sua prima edizione, l’iniziativa prende le mosse da una visione dell’ecologia improntata alle lotte per la giustizia sociale. A partire da una riflessione sulle cause storico-politiche della marginalizzazione del Sud come imprescindibili per guardare alla crisi ecologica, la CONVOCATORIA estenderà il dibattito al tema della solidarietà internazionale e della costruzione di strategie comuni, accogliendo attiviste e attivisti dal Mediterraneo.
Parteciperanno gruppi dalla Palestina, dal Kurdistan, dall’Egitto, al fine di aprire un fronte di progettualità condivisa. Questo percorso intende affrontare molti degli aspetti socio-politici che si interconnettono nella questione ecologica: la condizione del margine come territorio di resistenza, l’Occupazione [materiale e ontologica], l’appropriazione coloniale di pratiche e saperi, le lotte transfemministe, le autonomie. Uno dei punti di riferimento nella costruzione del campeggio è stata l’esperienza della COP26 di Glasgow, dove una mobilitazione dalla portata impressionante ha reso manifesta l’esistenza di un movimento ecologista mondiale guidato dal Sud Globale.
La CONVOCATORIA intende guardare a questo movimento promuovendone le premesse e le pratiche, condividendo tutte quelle forme di collettività basate sulla resistenza anti-coloniale e anti-capitalista. Le realtà coinvolte sono attive nelle lotte per la sovranità, come il Mesopotamian Ecology Movement, nella solidarietà internazionale, come la Boycott, Divestment and Sanctions, nella decolonizzazione dei sistemi architettonici, come DAAR – Decolonizing Architecture Art Research.
Taranto è uno dei contesti simbolo della violenza sociale ed ecologica che ha dominato il Sud Italia attraverso i processi di industrializzazione, militarizzazione, espropriazione delle comunità. In questo senso la CONVOCATORIA pone l’identità tarantina come anello di congiunzione tra territori in cui colonizzazione interna, ecocidio, disgregazione sociale appartengono a uno stesso spettro di oppressione in cui rivendicare forme di emancipazione attraverso un percorso collettivo.ù
Diversi eventi preparatori stanno accompagnando l’organizzazione del campeggio. Il 9 luglio scorso il Movimento No Muos ha presentato il dossier ‘”Università e Guerra”, esito di un’inchiesta sulle affiliazioni delle università italiane con l’industria bellica internazionale e con centri di ricerca a loro volta implicati – con un focus su Israele, Turchia e Stati Uniti. Il 30 luglio prossimo Federica De Rosa presenterà il volume “Laboratorio Favela” – testi e discorsi di Marielle Franco – che ripercorre il pensiero dell’attivista e politica brasiliana assassinata nel 2018 (presso il collettivo transfemminista Le Mele di Artemisia). Il 6 agosto si terrà un’assemblea pubblica di lancio che aprirà un dialogo tra le realtà promotrici e il territorio.
Le tre giornate dell’incontro alterneranno presentazioni, laboratori e momenti plenari presso la Cooperativa Sociale Robert Owen, sede della CONVOCATORIA, concludendosi con una marcia popolare il 28 agosto. Questo ritiro di dibattito e progettualità tra movimenti e soggetti territoriali avrà quindi come linea direttrice l’idea che il superamento del modello estrattivista non può essere immaginato se non a partire da un processo che unisca le diverse lotte sociali, e metta al centro l’interdipendenza di località e globalità. Un processo che si faccia portavoce dell’urgenza di “inventare, ri-articolare e contaminarci attraverso le plurime pratiche ed azioni dirette che ci permettono di resistere alla fine del mese e alla fine del mondo.”
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NUCLEARE. Sotto la sabbia: le scorie francesi che avvelenano l’Algeria
di Valeria Cagnazzo
Pagine Esteri, 25 luglio 2022 – Non è una storia di datteri – Era la fine di marzo, il mondo intero era concentrato sulla guerra russo-ucraina e nei Paesi arabi le famiglie si preparavano al mese sacro del Ramadan, che sarebbe iniziato il 2 aprile. In quel periodo dell’anno, la vendita dei datteri sale vertiginosamente: è con questo frutto che tradizione vuole si interrompa il digiuno al tramonto. Sui social marocchini, in quei giorni, diversi account lanciavano l’hashtag #BoycottAlgerianDates, “Boicotta i datteri algerini”. Un altro capitolo della “guerra dei datteri” tra i due Paesi, tra i quali i rapporti non sono certamente distesi. Un anno prima, con gli stessi hashtag, i marocchini erano stati invitati ad acquistare solo datteri nazionali e a evitare quelli algerini perché “infestati da insetti mortali”. Quest’anno, non erano gli insetti a rendere pericolosi i frutti importati dall’Algeria.
Protezionismo e rivalità politica, indubbiamente, ma la “guerra dei datteri” chiamava in causa anche un altro spettro del passato. Sui social media si leggeva: “Con l’avvicinarsi del Ramadan, dovremmo tutti stare attenti ai datteri algerini. Contengono resti di radiazioni nucleari e sono irrigati con acque reflue. Si tratta di una combinazione di ingredienti che possono minacciare la tua vita e quella della tua famiglia”.
Nonostante la reazione del governo di Algeri, pronto a dichiarare la sicurezza dei propri datteri esportati in tutto il mondo, l’accusa si fondava, di fatto, su un capitolo irrisolto della storia algerina. I detrattori del dattero di importazione accusavano gli agricoltori algerini di coltivare i propri prodotti in campi “troppo vicini” alle aree del deserto del Sahara contaminate da “scorie nucleari”. Una realtà con la quale Algeri da decenni in qualche modo deve fare i conti: quello che i colonizzatori francesi hanno lasciato sotto la sabbia quando sono andati via.
Un passato radioattivo – Il 18 marzo 1962, la Francia firmava gli accordi di Evian, con i quali riconosceva l’indipendenza dell’Algeria, dopo anni di scontri sanguinosi. Nella sua colonia nord-africana, la potenza francese aveva condotto test nucleari, sia atmosferici che sotterranei. I siti si trovavano nel Sahara algerino, vicino alle cittadine di Reggane e In Ekker. E’ lì che la Francia fece esplodere la sua prima bomba atomica, nel febbraio del 1960, con l’esperimento soprannominato “Jerboa Blu”: l’esplosione fu quattro volte più potente di quella della bomba di Hiroshima. Dopo gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica e la Gran Bretagna, il Paese di Le Gaulle diventava la quarta potenza nucleare del mondo grazie ai test che conduceva nel Sahara (e nella Polinesia francese). Le scorie nucleari venivano nascoste sotto la sabbia, nella massima segretezza.
Gli esperimenti nucleari francesi non si esaurirono nel 1962. Recitava, infatti, un articolo degli accordi di Evian: “La Francia utilizzerà per un periodo di cinque anni i siti che comprendono gli impianti di In Ekker, Reggane e tutta Colomb-Béchar-Hammaguir, il cui perimetro è segnato nella mappa allegata, oltre ai corrispondenti posti di tracciamento tecnico”. Nessun articolo né clausola alludeva, però, allo smaltimento delle scorie, alla bonifica del terreno alla fine dei cinque anni, né alla salute della popolazione locale. In tutto, la Francia eseguì così 17 test nucleari sul suolo algerino, ben 11 di questi dopo l’indipendenza dell’Algeria. Nel 1967, poi, abbandonò definitivamente i suoi siti nucleari del Sahara, senza occuparsi delle conseguenze dei suoi esperimenti sull’ambiente e sulla salute delle persone.
Sessant’anni dopo, le aree desertiche di Reggane e In Ekker non sono ancora visitabili se non indossando dispositivi di sicurezza individuali e per brevissimi intervalli di tempo, data la persistenza di un altissimo livello di radioattività atmosferica. Le vittime delle radiazioni e i loro eredi aspettano ancora un risarcimento.
Nelle aree limitrofe ai siti nucleari, i medici denunciano un’altissima incidenza di tumori del sangue, della pelle, della mammella, e un tasso molto più alto rispetto alla media nazionale anche di malformazioni congenite e anomalie ortopediche. Gli effetti degli esperimenti nucleari continuano a colpire la popolazione locale, e non solo.
Pagare le conseguenze – All’epoca dei test, il governo francese rassicurava i suoi connazionali e gli algerini della totale sicurezza dei test nucleari. Alcuni villaggi sorsero intorno ai siti solo per ospitare la manodopera locale coinvolta in quegli esperimenti e condotta sul posto con indicazioni semplici, quali “buttarsi a terra” e “tenere gli occhi chiusi” durante l’esplosione.
Gerard Dellac era un generale dell’esercito francese ai tempi dell’operazione “Jerboa blu”. Si trasferì in Algeria insieme alla moglie e ai due figli. Intervistato da France24 in un reportage del 2021, non è in grado di pronunciare molte parole a causa di un tumore maligno alla bocca per il quale ha subito molti interventi. Non ha dubbi sull’origine del cancro. Per lui parla la moglie: “All’epoca era orgoglioso, eravamo orgogliosi, lavoravamo per la grande potenza francese. Ma adesso abbiamo l’impressione di essere stati dimenticati”. Il veterano Dellac, però, è stato risarcito dal governo francese per la malattia riportata dopo gli esperimenti nucleari.
Diverse associazioni per le vittime dei test si sono costituite nel corso dei decenni. Nel 2010, anche grazie alle loro battaglie, in Francia è stata approvata una legge che riconosce il diritto al risarcimento “alle persone affette da patologie derivanti dall’esposizione alle radiazioni dai test nucleari condotti nel Sahara algerino e in Polinesia tra il 1960 e il 1998”. Nessun accenno, nella legge, alle conseguenze ecologiche degli esperimenti.
Decine di francesi, da allora, hanno ottenuto un risarcimento dal governo. Non è stato lo stesso per le vittime algerine: solo una di loro, su oltre 50 persone che hanno presentato un’istanza per i danni da radiazioni, è riuscita a essere risarcita dalla Francia.
Nello stesso reportage in cui compare monsieur Dellac, un anziano algerino, Abderrahmane Badidi Boualali, parla davanti a una recinzione e a un cartello giallo che avvisa di “Danger Nucleaire”: “Siamo stati dimenticati e abbandonati. Vogliamo che i nostri leader alzino la voce con la Francia e chiedano giustizia. La Francia ha compiuto un crimine terribile”.
Sotto la sabbia – La politica francese all’epoca dei test era semplice: tutto quello che poteva essere “contaminato”, doveva essere nascosto sotto terra. Le scorie delle esplosioni, invece, vale a dire lastre, rocce e sabbia vetrificata, venivano con incuria abbandonate all’aperto. Per decenni, il ministero degli Interni francese ha negato l’accesso alle mappe dei siti nel Sahara algerino nei quali negli anni ’60 le sostanze radioattive erano state sotterrate. Solo nel 2010, grazie a un’indagine indipendente, è stata rivelata la distribuzione di alcuni dei rifiuti tossici seppelliti sotto alla sabbia.
Fino al 2017, tuttavia, la possibilità che il governo francese potesse essere messo di fronte alle proprie responsabilità appariva fumosa. Parigi aveva sì accettato di accondiscendere alle richieste di risarcimento dei suoi veterani e delle loro famiglie, ma era remota l’ipotesi che un’inchiesta potesse effettivamente riportare sul tavolo l’annosa questione degli esperimenti nucleari ai danni dell’Algeria. In quell’anno, 122 Paesi membri delle Nazioni Unite hanno siglato il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari. Nessuna potenza nucleare lo ha sottoscritto, neanche la Francia, che lo ha definito “incompatibile con un realistico approccio” alla denuclearizzazione. La sua esistenza, però, e il fatto che ben 122 Paesi lo condividano, pone anche i Paesi produttori di armi nucleari di fronte all’obbligo di rispondere dei suoi principi – e di non poter rifiutare un dialogo con le altre nazioni sulla base di questi.
Due articoli del trattato, in particolare, introducono un nuovo approccio al problema del nucleare e delle conseguenze degli esperimenti radioattivi nel mondo: l’articolo 6 affronta ‘“Assistenza alle vittime e risanamento ambientale”, il 7 la “Cooperazione e assistenza internazionale”. Da una parte, dunque, si afferma l’obbligo “positivo” dei Paesi responsabili di occuparsi delle vittime delle radiazioni e anche delle conseguenze ambientali: nel caso francese, un obbligo non ancora assolto né in un senso né nell’altro. Dall’altra parte, con l’articolo 7, si sottolinea l’importanza della Cooperazione internazionale: ad esempio, la Francia, per quanto non aderente al trattato, sarebbe eticamente chiamata a discutere e a cooperare con l’Algeria, che, invece, l’ha sottoscritto, in merito alle conseguenze delle sue scorie sul territorio sahariano.
Il rapporto – Sulla scia di questo trattato, un rapporto, “Radioattività sotto la sabbia” pubblicato da Jean-Marie Collin e Patrice Bouveret nel 2020, compila un primo inventario di tutti i materiali di scarto, radioattivi e non, che la Francia si è lasciata dietro nelle aree di Reggane e In Ekker. Resti che, vi si legge, “rappresentano un pericolo tutt’altro che trascurabile sia per le persone che per la flora e la fauna”. In una sezione in particolare, “Recommendations”, si propongono delle soluzioni al danno arrecato dagli esperimenti francesi in Algeria: un’indagine approfondita, per esempio, per “recuperare i rifiuti non radioattivi o quelli dei test nucleari” ai fini di “garantire la sicurezza sanitaria per la popolazione locale e creare un ambiente più sano”.
Le raccomandazioni si rivolgono espressamente al governo francese, alludendo alla necessità di superare “oltre sessant’anni di segretezza e numerosi tabù”. Concretamente, tra le richieste degli autori c’è quella di “fornire alle autorità algerine un elenco completo dei siti in cui sono stati sepolti rifiuti contaminati, oltre all’ubicazione precisa di ciascuno di questi siti”. Alle autorità algerine, d’altro canto, è richiesto, ad esempio, un impegno nel condurre indagini sanitarie accurate sulla salute dei bambini all’epoca degli esperimenti e sui loro discendenti.
“Radioattività sotto la sabbia” è un rapporto senza ombra di dubbio caratterizzato da un ottimismo forse eccessivo verso la definitiva assunzione di responsabilità da parte della Francia nei confronti di un disastro sanitario e ambientale vecchio di oltre sessant’anni. L’inchiesta auspica “un nuovo capitolo delle relazioni” tra Francia e Algeria, nello spirito del Trattato per la Proibizione del Nucleare. Indubbiamente, il lavoro quantomeno ben si inserisce nella moderna lotta al nucleare, che non consta più soltanto del “no alle armi nucleari” tipico degli anni Novanta, ma che non può prescindere dal farsi anche carico delle gravose conseguenze che nei decenni passati il nucleare ha determinato sugli uomini e l’ambiente. Comprese quelle del nucleare francese in Algeria. Per questo, il suo monito rimane in qualche modo, malgrado il perdurante silenzio della Francia, realisticamente valido: “Il “passato nucleare” non deve più restare seppellito in fondo alla sabbia”.
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Pompa di calore: trend di vendite positivo per i modelli a marchio Daikin
Le pompe di calore sono sempre più richieste sul mercato, con un vero e proprio boom di vendite per quello che riguarda i miglior brand del settore. In particolare, tra le soluzioni più apprezzate del momento è possibile annoverare quelle a marchio Daikin, uno dei leader assoluti nell’ambito della climatizzazione degli ambienti, grazie ai dispositivi [...]
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Elezioni 2022: campagna elettorale di gente che non ci merita
Le idee perverse dei partiti, ma specialmente dei loro veri o presunti capi. Dai deliri berlusconiani alla «lista aperta ed espansiva» dei migliori incubi di Letta
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Elezioni 2022: Per un pugno di voti (sulla pelle del Paese)
I partiti alla sagra di chi la spara più grossa. E' una crisi di sistema, ma loro fanno finta di niente
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HAZEL SCOTT
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HAZEL SCOTT
HAZEL SCOTT: Groovie Records etichetta discografica, distributore e produttore musicale con sede a Lisbona dal 2005.In Your Eyes ezine
Sono disponibili i dati sugli esiti degli Esami di Stato del primo e del secondo ciclo di istruzione.
Li trovate qui ▶️ miur.gov.
L'Associazione magistrati tributari promuove il progetto "Fisco e Legalità - per la promozione della cultura della legalità fiscale e la conoscenza dei principi fondamentali della convivenza civile".
Non è successo niente: Draghi lascia il posto al suo pilota automatico
"Così, proprio mentre Draghi abbandona Palazzo Chigi sbattendo la porta, la sua spregiudicata agenda politica neoliberista rientra dalla finestra attraverso il nuovo strumento di politica monetaria della BCE. Davanti al fallimento politico dell’ennesimo governo tecnico imposto al Paese, la classe dirigente europea rispolvera l’arma del ricatto del debito che tanto efficace si è dimostrata, in passato, come strumento di disciplina delle economie europee a suon di spread.
Gli eventi di questi ultimi giorni ci ricordano anche che, quale che sarà l’esito delle elezioni del prossimo 25 settembre, il programma di governo è già pronto ed è scritto nero su bianco nel PNRR, messo a punto dall’esecutivo Draghi e vincolante per chiunque uscirà vittorioso dalle urne per tutta la durata della legislatura, pena l’esplosione dell’instabilità finanziaria sotto la spinta della BCE."
La divinità chiamata Welfare
Oggi vi parlo di welfare, cioè quell’ideologia malsana che da più di 200 anni ormai ci perseguita.
Encyclopaedia Britannica descrive lo stato di welfare come “un concetto di governo in cui lo Stato gioca un ruolo centrale nella protezione e promozione del benessere economico e sociale dei suoi cittadini. Lo stato di welfare di solito include anche servizi come la scuola pubblica, la sanità pubblica e case popolari.”
Penso che la diffusione dell’ideologia del welfare sia stata l’inizio del tracollo della civiltà umana, e credo che oggi rappresenti il pericolo più grande per la nostra libertà, privacy e autodeterminazione. Prima di spiegarvi il perché vorrei però ripercorrere la nascita dello stato di welfare negli Stati Uniti, attraverso l’incredibile lavoro di Murray Rothbard, che ne scrisse sapientemente nel suo libro “The Progressive Era”.
Ideologia e potere economico
Il seme del welfare venne piantato in America all’inizio del 19° secolo. Secondo Rothbard il welfare fu il prodotto dell’unione d’intenti di una particolare ideologia e del potere economico di alcune grandi corporazioni.
L’ideologia di cui parla Rothbard è quella protestante del “Postmillennial Pietism”, che durante i primi anni dell’800 si diffuse, soprattutto in nord America a macchia d’olio. Come vedremo, questa dottrina religiosa fu il carburante ideologico per la nascita e proliferazione del movimento Progressista, che attraverso un’azione statale sempre più paternalistica arrivò a creare nelle prime decadi del 1900 ciò che oggi conosciamo come stato di welfare.
Da una parte avevamo quindi una legione di intellettuali protestanti alla ricerca di potere e prestigio, dall’altra grandi corporazioni che cercavano di ottenere il monopolio di mercato attraverso l’intervento di Stato. Queste due forze, insieme, avevano tutto ciò che serviva per sfruttare il potere statale a proprio piacere.
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Centaurus: cosa sappiamo della nuova variante COVID-19 e perché non c’è motivo di allarmarsi
Una nuova variante COVID è stata recentemente rilevata in diversi paesi tra cui Regno Unito, Stati Uniti, India, Australia e Germania. Chiamata BA.2.75, è una sottovariante di omicron. Potresti anche averla sentita chiamare ‘Centaurus’, il nome di una costellazione e dato a BA.2.75 da un utente di Twitter. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato BA.2.75 [...]
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Ucraina: la guerra informatica che non c’è mai stata
L’azione e la retorica che hanno portato all’invasione dell’Ucraina all’inizio di quest’anno hanno portato a speculazioni sull’uso efficace delle capacità informatiche russe per integrare o sostituire i mezzi convenzionali allo scoppio del conflitto. Notando l’abilità osservata e dichiarata della Russia nel cyberspazio, alcuni osservatori hanno ritenuto che il deterioramento della situazione fornisse l’opportunità di dimostrare [...]
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Invotabili
Un gruppo di irresponsabili ha messo in moto un meccanismo micidiale. Adesso, ormai, i cocci sono lì, il vaso è rotto e bisogna prenderne atto e capire perché è successo.
Intanto è la prima crisi di governo della storia della Repubblica Italiana innescata da una faccenda di politica estera, perché quello è il discrimine e, attenzione, sarà anche il tema che peserà di più nell’immediato futuro.
Il governo Draghi non è che fosse il solo governo possibile o il governo migliore che si potesse immaginare, anzi se ne possono immaginare di assolutamente migliori. Il punto è che il governo Draghi era lo strumento più adatto a tenere l’Italia in coerenza con gli obiettivi che avrebbero portato, che hanno già portato e porteranno – o dovrebbero portare nell’immediato futuro – all’afflusso di fondi europei che fanno la differenza tra la crescita del prodotto interno lordo e la recessione; fra un costo del debito pubblico che assorbe per intero la nostra capacità di spesa oppure la capacità di avere anche disponibilità per altri impieghi.
Draghi ha ricordato che 33 miliardi sono stati spesi dall’inizio dell’anno per aiutare le fasce deboli in un momento di difficoltà e questo ce lo siamo potuti permettere, perché la ritrovata credibilità non ha reso proibitivo il prezzo del debito. Questo è il governo Draghi.
Dopodiché hanno cominciato a fare i propagandisti da quattro soldi: bisognava discutere sempre il catasto, fino al compromesso indecente del “lo facciamo nuovo subito, però lo usiamo fra qualche tempo”; sulla questione dei balneari; sui tassisti.
E guardate che non è solamente il centro-destra, perché anche il Partito Democratico sul catasto, sui balneari, sul Consiglio Superiore della Magistratura è così via aveva le sue resistenze.
Draghi ha chiesto: “Rimettiamo a punto questa alleanza e proviamo ad andare avanti?” e la risposta è stata “No, non siamo pronti. Preferiamo le elezioni.”
Benissimo. Le elezioni in democrazia non sono mica la fine del mondo, anzi teoricamente dovrebbe essere l’inizio di una legislatura.
Fatemi capire come inizia la prossima legislatura: io sono un elettore di sinistra, ero soddisfatto del governo Draghi e dovrei andare a votare per una roba che è alleata con il Movimento 5 Stelle, che ha fatto cadere il governo Draghi? Per me è invotabile.
Oppure sono un elettore di destra e sono un elettore di destra atlantista e mi riconosco molto bene nelle posizioni, per esempio, di Fratelli d’Italia, che, tra l’altro, sulla questione Ucraina era molto più filo-governativa di quanto non lo fossero diverse forze di governo. Quindi, io che credo in queste cose, vado a votare tranquillo.
Solo che per votare quello, dovrei votare un pacchetto nel quale è compresa l’alleanza con altri: per esempio, Salvini che diceva che Putin è meglio di qualsiasi nostro leader democratico, che bisogna stare attenti agli interessi del Cremlino, che non bisogna esagerare nel provocare il Cremlino, che sta ammazzando donne e bambini in Ucraina. Io dovrei votare quella roba? Per me è invotabile.
E allora? Si può sempre mandare tutti a quel Paese e votare Movimento 5 Stelle. Quale? Il Movimento 5 stelle che ha fatto nascere il governo Conte 1? Anti-europeista e anti-atlantista? Quello che ha fatto nascere il governo Conte 2? Europeista e atlantista? Quello che ha fatto nascere il governo Draghi? Europeista, atlantista e rigorista?
Questa è la scena. Il tema non è che è caduto un governo. Il tema è che è finito questo mondo. Non hanno più assolutamente nulla di coerente da dire. Rimangono solo degli apparati propagandistici, senza lo straccio di un’idea e senza alcun curriculum di serietà e coerenza.
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Taiwan può sfuggire agli artigli di Pechino?
I legami attraverso lo Stretto sono pronti a determinare l’esito della futura parità di potere nella regione e le prospettive di un conflitto più ampio a tutto campo. Le crescenti incursioni hanno nuovamente messo in luce l’enorme posta in gioco, nel cementare l’importanza di entrambi i giocatori l’uno per l’altro per ragioni sia geopolitiche che [...]
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Attacco russo al gas: l’Europa non deve cedere al ricatto energetico di Putin
L’amministratore delegato del colosso energetico ucraino Naftogaz ha criticato la recente decisione del Canada di indebolire le sanzioni accettando di restituire una turbina a gas alla Russia. Parlando all’Atlantic Council, Yuriy Vitrenko ha condannato la mossa come un esempio “inquietante” di leader occidentali che hanno ceduto al ricatto del Cremlino e ha avvertito che servirebbe [...]
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Borsa: canapa, USA bene, Canada in ribasso
Le due principali piazze borsistiche mondiali nel settore della produzione, trattamento e commercializzazione della canapa, ovvero Canada e USA, questa settimana chiudono con valori discordanti, bene gli USA, con una performance settimanale tutt’altro che trascurabile, visto l’andamento delle settimane precedenti. Desta qualche sorpresa la chiusura negativa della borsa canadese che evidentemente risente in modo maggiore [...]
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Gli USA investono sull’edilizia con le fibre di canapa
L’edilizia a prezzi accessibili ottenuta con l’apporto delle fibre di canapa ed il cosiddetto “cemento canapa” sono nella progettualità federale degli Stati Uniti, tanto che il Governo Federale decide di investire in questo settore, anche in questo caso, in modo pioneristico, a livello mondiale. Gli esperti del settore edilizio, però, frenano: l’apporto della canapa nell’edilizia [...]
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Dopo l’Ucraina, ‘geografia diversa’: cambia la geografia e cambia la geopolitica
In qualunque modo finisca la guerra ucraina, in qualsiasi momento finisca, quello dopo sarà un mondo 'diverso', sia geograficamente che geopoliticamente
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La crisi di governo e lo ‘stellone’ della sussidiarietà
La crisi di di Governo pone alla ribalta il ruolo della sussidiarietà (Costituzione art 118 ove ‘la Repubblica favorisce la libera iniziativa di cittadini singoli o associati per lo svolgimento di attività di interesse generale’); (come vocabolo latino si può intendere come sostantivo “concreto” “subsidium”che significa “linea di riserva-nell’ordine di battaglia-, rinforzo, soccorso, aiuto, sostegno, [...]
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(S)vincolati
Il lascito politico del governo Draghi consiste nella decomposizione non solo delle false coalizioni, ma direttamente dei partiti che pretendono d’essere coalizzati avendo programmi e interessi non diversi, ma opposti. La contabilità dei consensi per la vittoria senza programma s’è trasformata nella partita doppia della sconfitta.
L’alternativa c’è, ci torneremo. Però, attenzione: di puro politicantismo si può anche morire, ma non si riesce a campare. Quel che ci può arrivare addosso non si sposterà o devierà a chiacchiere.
Il primo sintomo della follia politicante consiste nel credere che non esistano vincoli dati dalla realtà, ma solo dalle scelte politiche. Sono convinti che due chili di pere possano divenire dieci per decisione politica.
Molti di quelli che s’esercitano nel tifo, ammesso siano persone reali e non prodotti di macchinari, non solo confidano nel verbo che modifica il reale, ma accusano chi non ci crede di vivere fuori dalla realtà. Quindi cominciamo da una cosa reale, che secondo i mistici del politicantismo non lo sarebbe: lo spread. L’indice del complottismo, come pensano quelli dei dici chili di pere.
Scusate l’ovvietà: non si prestano soldi a tutti, per qualsiasi cosa e alle stesse condizioni. Lo sanno benissimo la Sora Cesira e il Sor Augusto, che pagano un mutuo e la macchina a rate. Chi comporta un maggiore pericolo deve pagare di più. Chi non ha garanzie da offrire, paga di più.
I Paesi più indebitati pagano di più. Possono dimostrare che hanno politiche stabilmente virtuose e deficit decrescenti, così ottenendo condizioni migliori. Ma se dicono, poste le mani sui fianchi e alzata la pappagogia: me ne frego delle adunche mani capitaliste, prendo soldi a prestito per favorire consumi senza produzione, la conseguenza è una sola: sale il tasso d’interesse. Veniamo a noi: lo spread era salito anche con Draghi. Certamente.
Non guarda in faccia nessuno. Il governo dice che il bonus 110% è una boiata inflattiva e un modo per dare soldi ai ricchi e la maggioranza gli impone di tenerlo? Sale. Non è un lassativo, non basta la parola. Non si riesce a mettere a gara manco uno stabilimento balneare e rilasciare una licenza taxi? Sale, perché si dimostra che i più capaci non lo sono abbastanza. Il punto è un altro: sale, ma sta nei binari e poi scende. Se prende a salire e basta c’è dell’altro. E non buono.
Il nostro era considerevolmente sceso grazie alla Banca centrale europea (c’era un tal Draghi). Vuol dire che la Banca centrale lo controlla? Manco per niente. Però può convincere i mercati che speculare sarebbe inutile, perché userà la credibilità dei meno indebitati e più produttivi per compensare la non credibilità dei più indebitati e meno produttivi. Capire perché la cosa non è simpaticissima per i garanti non dovrebbe essere difficile, specie se lo si sostiene relativamente al Veneto nei confronti della Calabria.
La Bce fa salire i tassi d’interesse di 0.50 punti, assai meno che negli Stati Uniti. In una frase sensata, pronunciata da persone ragionanti, non ci può stare il lamento per l’inflazione e, contemporaneamente, per il rialzo. Si capisce subito che sei deficiente o stai recitando una parte demagogica.
Ma, cribbio, scudateci, difendeteci. Certamente, è nell’interesse europeo che gli spread non si divarichino. Giusto. Ma comporta l’accettazione dei vincoli, ad esempio il rispetto degli impegni che tu stesso hai preso, che il tuo governo ha negoziato e che il tuo Parlamento ha approvato. Nooo! Questo minaccia la mia sovranità! E allora, caro mio, sii libero di vedertela con gli strozzini. Saluti e baci.
Per questo sostenevamo: gli impegni che sono stati presi assieme siano considerati immodificabili per il futuro, se al governo si troveranno gli stessi che li hanno presi o parte di essi.
E per oggi, da agente prezzolato dei poteri occulti e del mercato rapace, da servo dei poteri forti, è tutto. Inquietante è che un Paese ricco e capace possa veramente mettersi nelle mani di poveracci incapaci, per il gusto di mostrarsi sovranamente infantile (o stolidamente senile).
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#laFLEalMassimo – Episodio 73: Grazie Draghi e grazie euro
Bentornati alla FLE al Massimo.
La caduta del governo Draghi ha colpito in modo abbastanza comprensibile i tanti che si stavano abituando all’idea di un paese normale, di un esecutivo credibile, guidato da uno statista capace di guardare al futuro e realizzare in modo pragmatico provvedimenti mirati a rompere il circolo vizioso di politiche miopi e clientelari che nel tempo ha gradualmente compromesso la capacità del tessuto produttivo italiano di creare valore e generare crescita economica.
Preso atto del versante emotivo è abbastanza evidente a tutti che la parentesi dell’ex banchiere centrale era un passaggio necessariamente temporaneo, volto a gestire alcuni profili di emergenza, come in effetti è stato fatto in modo inappuntabile, mentre il nodo dell’assenza di una classe politica degna di questo nome che potesse efficacemente raccogliere il testimone del governo Draghi rimane aperto.
Senza commentare le vicissitudini che hanno portato alle prossime elezioni anticipate e in attesa di vedere quali saranno le alternative disponibili per gli elettori, posto che i partiti attualmente in parlamento hanno dato ampia prova della propria inadeguatezza, questa rubrica vuole proporre una riflessione su una rete di protezione istituzionale che ci protegge da noi stessi.
Negli stessi giorni in cui la politica italiana dava il peggio di sé boicottando il lavoro portato avanti da uno dei pochissimi statisti che questo paese ha visto negli ultimi decenni, la banca centrale europea ha reso nota l’introduzione di uno meccanismo (il TPI trasmission protection Instrument) volto a proteggere i paesi ad alto debito come il nostro da possibili attacchi speculativi ed assicurare che la trasmissione della politica monetaria avvenga in modo corretto.
La nostra adesione alla moneta unica ha limitato fortemente le conseguenze negative della politica miope portata avanti da una classe politica mediocre, e ci ha consentito di avere più tempo per completare le riforme necessarie, ma non può (e non deve) sostituirsi alla sovranità di governi e parlamenti.
Non ci rimane molto tempo, se nei prossimi mesi non riusciremo ad esprimere un parlamento e un governo “normali” difficilmente potremo contare su aiuti straordinari che ci proteggano da noi stessi. Per la Fondazione Einaudi.
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Il cauto ritorno dell’India in Afghanistan
L'Afghanistan è importante per le aspirazioni economiche continentali dell'India, compresi legami più stretti con l'Asia centrale e l'Iran
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Il PD non è alternativo alla destra - Contropiano
«Su ogni tema di fondo del governo da trent’anni il PD fa scelte di destra liberista, tali che a volte permettono persino alla destra ufficiale di scavalcarlo “a sinistra”.
[...]
Da trent’anni i dirigenti del partito democratico fanno capire che in fondo votare non conti nulla. Perché le scelte di politica internazionale, economica, sociale sarebbero tutte sostanzialmente obbligate. Lo vuole l’Europa, lo vuole la NATO, lo vogliono i mercati, lo vuole la fedeltà euroatlantica.
[...]
Il Partito Democratico è uno dei primi responsabili dello smottamento a destra della politica italiana e non ha alcuna vera credibilità nell’essere un ostacolo ad essa. A parte la propaganda che gli forniscono i mass media confindustriali.
Il PD non è alternativo alla destra perché è anch’esso un partito di destra, che da trent’anni occupa il campo della sinistra.
La vera crisi democratica del paese è l’assenza di una vera alternativa alla destra. Quella che bisogna provare a costruire, alle elezioni e dopo di esse.»
Volete aiutare i riformisti in Iran? Rilanciate l’accordo sul nucleare
Da quando è entrato in carica, ciò che ha fatto il Presidente Joe Biden ha solo aiutato gli estremisti iraniani
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Dragati
Un manipolo di irresponsabili ha messo in moto una cosa impressionante. Si è prodotto il primo collasso di governo della storia repubblicana, basato sulla politica estera e sull’influenza in Italia di forze straniere. Nelle parole di Mario Draghi, ieri, al Senato, abbiamo trovato, concetto dopo concetto, quel che da mesi scriviamo, pagina dopo pagina.
E mentre forze e schieramenti politici, accecati dal propagandismo e animati da una furberia ottusa, provavano a scegliere le ciliegie nel cesto, intestandosene alcune e schifandone altre, noi provavamo a sostenere quel che ieri si è materializzato: il prodotto è uno solo, ha un unico senso e una sola consistenza. Si può non condividerlo, ci mancherebbe, ma non si può scomporlo.
Rimettiamo in fila i titoli di quel che conta, ieri riproposti dal presidente del Consiglio. Per lo svolgimento di ciascuno i nostri lettori non hanno che da entrare nel sito laragione.eu e leggerne i dettagli, anticipati nel tempo.
- Il governo della Repubblica italiana è europeista ed atlantista, pro Ue e pro Nato, perché di quel mondo siamo parte e quelle sono le nostre case.
- L’Italia esprime la <<condanna per le atrocità russe e il pieno sostegno all’Ucraina>>, avvertendo che <<armare l’Ucraina è il solo modo per aiutarla a difendersi>>. Che non significa sia il solo modo di concludere la guerra che la Russia ha iniziato, ma la diplomazia avrà spazio maggiore quanto minori saranno i successi dell’aggressore sul terreno. Non c’è alcuno spazio per condanne retoriche, seguite dall’ipocrisia dei “ma”.
- È <<inaccettabile la dipendenza energetica dalla Russia, frutto di passate scelte miopi e pericolose>>, sarà bene non dimenticare la seconda parte di questa affermazione, che comporta un affrancamento il più veloce e definitivo.
- La nostra politica energetica, in questi mesi, la capacità di stipulare accordi che vanno nel senso dell’affrancamento dalla Russia, ha aumentato considerevolmente il nostro peso internazionale.
- Abbiamo potuto spendere 33 miliardi, in questi mesi, soccorrendo le fasce più deboli, e abbiamo potuto farlo senza pagare un prezzo eccessivo, grazie alla <<ritrovata credibilità collettiva>>. Se viene meno non aumenta la spesa sociale, ma quella per interessi da pagare.
- Si è ottenuto quel risultato <<senza scostamenti di bilancio>> e così si può procedere ancora. Quindi No a una richiesta che arriva da destra e sinistra, sopra e sotto, da ovunque c’è gente che parla senza sapere quel che dice.
- Abbiamo rispettato tutti gli impegni del Pnrr. Se non sapremo spendere bene e onestamente quei soldi è escluso che possano aversi nuovi strumenti di debito comune.
- Non si può far parte della maggioranza che ottiene questi risultati, e poi protestare accanto a tassisti, balneari o per la riforma del catasto.
- Non si può chiedere la sicurezza energetica e poi protestare per gli impianti che servono, rigasificatori compresi.
Ce n’era per tutti. Come è giusto che sia. Poi c’è la parte strettamente politica. 10. Un presidente del Consiglio che non si è mai presentato davanti agli elettori non può che avere una maggioranza parlamentare vasta (il predecessore la pensava diversamente) e non può far finta di non vedere che si andava sfilacciando. Le dimissioni erano <<sofferte e dovute>>. 11. Se siete pronti a ripartire bene, altrimenti: tanti saluti.
Tutto istituzionalmente corretto e condivisibile nel merito. Ma anche segno inequivocabile di disfacimento politico, di contrapposizione fra “italiani” e classe politica, nel segno di un’impronta consolare. E lo avevamo visto: un manipolo di irresponsabili ha messo in moto un processo impressionante, ponendo ora, per la prossima scadenza elettorale, un problema ineludibile: la rappresentanza elettorale di tutto ciò.
La risposta alla domanda di Draghi è stata: no, non siamo pronti per le responsabilità, lo siamo per le elezioni. Il che capita quando dei naufraghi incattiviti pensano che prendere il cappello di capitano serva a nascondere di non sapere nuotare.
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«Polo liberale senza alleanze forzate: così la doppia cifra è alla portata» intervista a Giuseppe Benedetto su Il Tempo
Benedetto, Presidente della Fondazione Einaudi, alla guida del progetto con Calenda e Più Europa
«Stiamo lavorando da mesi sul programma, in prima fila c’è Cottarelli che ha prodotto materiale molto corposo».
L’intervista di Pietro De Leo su Il Tempo
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Draghi a 14.000 anni luce
In meno di 24 ore, si è visto cosa sia l’onorabilità, la fermezza di idee e parole, il coraggio, e il profondo disprezzo per quella gentaglia che siede in Parlamento, espresso con poche terribili parole
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Cambogia: il figlio di Hun Sen pronto per il successo elettorale
Il Partito popolare cambogiano (CPP) ha ottenuto una vittoria schiacciante alle elezioni comunali nel giugno 2022, guadagnando l’80% delle 11.622 posizioni del consiglio comunale. Tuttavia, si ipotizza che sia improbabile che il premier cambogiano Hun Sen si candidi come primo ministro alle elezioni nazionali del 2028. Ciò è diventato chiaro il 2 dicembre 2021, quando [...]
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Israele: privatizzazione del porto di Haifa, India 1 – Cina 0
I2-U2, il quad indo-occidentale, può vantare il suo primo successo con l’acquisizione da parte del miliardario indiano Gautam Adani del Porto di Haifa. L’acquisizione è stata annunciata pochi giorni dopo un vertice virtuale I2-U2 durante la visita del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden la scorsa settimana in Medio Oriente. L’acquisizione da parte di uno [...]
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Ucraina: la Russia e le deportazioni di massa di ucraini
Dopo mesi di speculazioni, il 13 luglio 2022 il segretario di Stato americano Antony Blinken ha confermato che la Russia ha trasferito con la forza tra 900.000 e 1,6 milioni di ucraini in Russia. Blinken ha citato varie fonti, tra cui testimonianze oculari e il governo russo, per confermare che la Russia sta rimuovendo gli [...]
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