Investimenti online: il futuro del trading passa per le app?
Nel mondo dinamico di oggi, poter chiudere un investimento o controllare la propria posizione economica anche mentre ci si trova fuori casa è diventato ormai la norma per molti. Nonostante la maggior parte delle piattaforme di trading abbia un’interfaccia per PC desktop, il supporto su dispositivo mobile sta diventando sempre più una realtà e va […]
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IRAN. Mahsa Amini, 36 dimostranti uccisi dalla polizia ma la protesta non si placa
di Valeria Cagnazzo
Pagine Esteri, 24 settembre 2022 – Non si sono fermate le proteste in Iran dopo la morte di Mahsa Amini mentre era in stato di fermo, il 16 settembre scorso. Migliaia di iraniani da giorni sfilano per le strade contro il “dittatore”, l’ayatollah Khamenei, e il premier Ebrahim Raisi, considerati i veri responsabili del decesso della ventiduenne, che era stata arrestata dalla “polizia morale” del Paese. Sono state occupate le università di Tehran, Karaj, Yazd e Tabriz e le donne hanno continuato a tagliarsi i capelli e a bruciare i propri veli in pubblico.La repressione del governo iraniano prosegue intanto violenta. Secondo gli attivisti, sarebbero almeno 36 i civili uccisi dalla polizia durante le manifestazioni di questa settimana.
Mahsa Amini
Secondo Human Right Iran, oltre 60 iraniani sarebbero stati arrestati durante le proteste soltanto nella sera del 21 settembre. Molto peggio è andata per i manifestanti nelle regioni curde, dove, secondo quanto riferito dal Kurdistan Human Rights Network al Guardian si sarebbero superati i 530 arresti tra i manifestanti.
Nella notte tra il 22 e il 23 settembre, sarebbe stato prelevato dalla sua casa Majid Tavakoli, attivista per i diritti umani che aveva partecipato alle proteste per la morte di Amini. La stessa sorte sembra essere spettata a un altro attivista, Hossein Ronaghi, freelance per il Washington Post: dopo aver registrato un’intervista in cui appariva nervoso, sarebbe stato raggiunto dagli agenti iraniani. Anche Nilufar Hamedi, la giornalista iraniana che tra i primi aveva coperto il caso di Mahsa Amini e aveva attirato l’attenzione dei media mentre la ragazza era ancora in coma, è stata arrestata in queste ore: l’annuncio è stato dato dalla sua agenzia stampa, lo Slargh daily, sui social.
A sostegno del presidente Raisi, che a proposito delle notti di proteste che stanno infiammando l’Iran giovedì scorso aveva dichiarato che nessun “atto di caos” sarebbe stato “tollerato” nel Paese, nella serata di venerdì hanno sfilato sostenitori filo-governativi. Nei loro slogan, si chiede che i manifestanti scesi in strada per Mahsa Amini siano “giustiziati”: secondo i manifestanti pro-Raisi, nelle folle ci sarebbero sionisti e agenti segreti americani infiltrati nel Paese con l’obiettivo di destabilizzarlo.
L’Unione Europea, le Nazioni Unite e gli Stati Uniti hanno fermamente condannato la morte di Mahsa Amini, per la quale Raisi continua a promettere un’indagine interna. Intanto, nonostante le restrizioni che vengono applicate in queste ore alla navigazione su internet nel Paese, le immagini mostrano un Paese infiammato dalla rabbia delle donne, che malgrado gli arresti urlano da sette giorni “Morte al dittatore” e “Morte alla repubblica iraniana”.
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LIBANO/SIRIA. 77 i migranti morti nel naufragio davanti Tartous. Tra di essi anche palestinesi
della redazione con notizie di agenzie
(foto-fermo immagine da un video su Twitter)
Pagine Esteri, 23 settembre 2022 – Sale con il passare delle ore il bilancio di vittime della nave di migranti libanesi, siriani e palestinesi che si è capovolta vicino alla città costiera siriana di Tartous. Le ultime notizie riferiscono di almeno 77 morti e la Siria ha confermato che ci sono 20 sopravvissuti in cura all’ospedale di Tartous. Si tratta della più grave tragedia della migrazione libanese. Lo scorso aprile una trentina di migranti morirono in un naufragio causato dalla guardia costiera del paese dei cedri.
L’imbarcazione aveva lasciato la regione settentrionale libanese di Minyeh con a bordo tra 120 e 150 persone, tra i quali più di 40 bambini, nessuno dei quali è sopravvissuto ha comunicato il ministro dei trasporti libanese Ali Hamiye. Il direttore generale dei porti siriani, Samer Qubrusli, ha aggiunto che le operazioni di ricerca sono ancora in corso nonostante le cattive condizioni del mare a causa di forti venti. Da segnalare che Cipro aveva mobilitato squadre di ricerca lunedì e martedì scorsi quando nel giro di poche ore due navi che trasportavano migranti dal Libano avevano lanciato segnali di soccorso: 300 migranti erano in una imbarcazione, 177 nell’altra. In quei casi, tutti quelli a bordo sono stati salvati.
La giornalista di Al Jazeera, Zeina Khodr, ha fatto visita a una delle famiglie dei dispersi. Una donna le ha spiegato che suo padre intendeva andare in Europa a causa dell’attuale grave crisi economica che affligge il Libano e che ha impoverito gran parte della popolazione. Secondo un rapporto pubblicato dalle Nazioni Unite nel settembre 2021, tre quarti della popolazione libanese vive al di sotto della soglia di povertà.
Decine di persone sulla barca provenivano dal campo per rifugiati palestinesi di Nahr al-Bared vicino a Tripoli, ha detto all’agenzia Reuters Mahmoud Abu Heid, un residente del campo. Le condizioni di vita già difficili per i profughi palestinesi sono peggiorate a causa della crisi economica che ha devastato il Libano negli ultimi tre anni.
Negli ultimi mesi migliaia di persone – per lo più libanesi, siriani e palestinesi – hanno lasciato il paese dei cedri su zattere nel tentativo di trovare un lavoro e migliori opportunità nei paesi europei. Il numero di persone che hanno lasciato o tentato di lasciare il Libano via mare è quasi raddoppiato nel 2021 rispetto al 2020 ed è aumentato di oltre il 70% nel 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, riferisce l’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. Pagine Esteri
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Elezioni 2022. Finalmente un giorno di silenzio
Brevi chiose su una campagna elettorale di un Paese che è ubicato nella Patagonia dei partiti rispetto al ruolo di una grave guerra che è in atto invece in Europa. Lo scontro è stato non tanto sulle soluzioni quanto sugli anatemi
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Armenia: geopolitica ad un bivio
Dalla guerra del Nagorno-Karabakh del 2020, l’Armenia è stata bloccata in un angolo geopolitico. Il paese ha dovuto fare affidamento sulla protezione russa nel mezzo delle ostilità diplomatiche con Turchia e Azerbaigian, ma il suo “protettore” è stato notevolmente assente quando più necessario. Gli armeni hanno spesso subito il peso dell’aggressione, che si tratti del […]
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Il Kazakistan rischia di essere coinvolto nella guerra in Ucraina
Il Presidente russo Vladmir Putin ha appena ordinato una parziale mobilitazione militare delle forze di riserva. Quello che ci si aspettava da tempo è arrivato. In precedenza molti esperti russi hanno ripetutamente parlato dell’impossibilità di ottenere una svolta nella guerra ucraina, senza ricorrere a mobilitazioni di massa o, almeno, parziali. L’ex leader delle forze sostenute […]
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I problemi demografici della Russia rendono esplosivi i piani di mobilitazione di Putin
I problemi demografici della Russia, inclusa la mortalità maschile estremamente elevata tra i gruppi in età lavorativa e le dimensioni in declino della nazione russa, soprattutto nelle aree rurali da dove proviene la maggior parte dei soldati e cresce l’opposizione alla guerra, impongono seri vincoli alla capacità di Mosca di realizzare efficacemente la “mobilitazione parziale” […]
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LIBANO/SIRIA. 77 i migranti morti nel naufragio davanti Tartous. Tra di essi anche palestinesi
della redazione con notizie di agenzie
(foto-fermo immagine da un video su Twitter)
Pagine Esteri, 23 settembre 2022 – Sale con il passare delle ore il bilancio di vittime della nave di migranti libanesi, siriani e palestinesi che si è capovolta vicino alla città costiera siriana di Tartous. Le ultime notizie riferiscono di almeno 77 morti e la Siria ha confermato che ci sono 20 sopravvissuti in cura all’ospedale di Tartous. Si tratta della più grave tragedia della migrazione libanese. Lo scorso aprile una trentina di migranti morirono in un naufragio causato dalla guardia costiera del paese dei cedri.
L’imbarcazione aveva lasciato la regione settentrionale libanese di Minyeh con a bordo tra 120 e 150 persone, tra i quali più di 40 bambini, nessuno dei quali è sopravvissuto ha comunicato il ministro dei trasporti libanese Ali Hamiye. Il direttore generale dei porti siriani, Samer Qubrusli, ha aggiunto che le operazioni di ricerca sono ancora in corso nonostante le cattive condizioni del mare a causa di forti venti. Da segnalare che Cipro aveva mobilitato squadre di ricerca lunedì e martedì scorsi quando nel giro di poche ore due navi che trasportavano migranti dal Libano avevano lanciato segnali di soccorso: 300 migranti erano in una imbarcazione, 177 nell’altra. In quei casi, tutti quelli a bordo sono stati salvati.
La giornalista di Al Jazeera, Zeina Khodr, ha fatto visita a una delle famiglie dei dispersi. Una donna le ha spiegato che suo padre intendeva andare in Europa a causa dell’attuale grave crisi economica che affligge il Libano e che ha impoverito gran parte della popolazione. Secondo un rapporto pubblicato dalle Nazioni Unite nel settembre 2021, tre quarti della popolazione libanese vive al di sotto della soglia di povertà.
Decine di persone sulla barca provenivano dal campo per rifugiati palestinesi di Nahr al-Bared vicino a Tripoli, ha detto all’agenzia Reuters Mahmoud Abu Heid, un residente del campo. Le condizioni di vita già difficili per i profughi palestinesi sono peggiorate a causa della crisi economica che ha devastato il Libano negli ultimi tre anni.
Negli ultimi mesi migliaia di persone – per lo più libanesi, siriani e palestinesi – hanno lasciato il paese dei cedri su zattere nel tentativo di trovare un lavoro e migliori opportunità nei paesi europei. Il numero di persone che hanno lasciato o tentato di lasciare il Libano via mare è quasi raddoppiato nel 2021 rispetto al 2020 ed è aumentato di oltre il 70% nel 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, riferisce l’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. Pagine Esteri
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LIBANO. Sali Hafiz, la Robin Hood dei risparmiatori traditi dallo Stato
della redazione
Pagine Esteri, 23 settembre 2022 – In fuga dalle autorità dopo aver costretto una banca a darle i risparmi di famiglia sotto la minaccia delle armi per curare la sorella malata di cancro, l’architetta libanese di 28 anni Sali Hafiz ripete che non è lei la criminale ma lo Stato. “Siamo nel paese delle mafie. Se non sei un lupo, i lupi ti mangeranno”, ha detto all’agenzia di stampa Reuters, parlando da una strada di campagna nella valle della Bekaa dove si nasconde da giorni.
La scorsa settimana Hafiz è entrata in una filiale di Beirut della Blom Bank e ha prelevato con la forza circa 13.000 dollari dal conto di sua sorella che erano stati congelati per decisione delle banche commerciali nel 2019, un provvedimento mai legalizzato dal Parlamento.
Il filmato dell’incidente, in cui Hafiz impugna quella che in seguito si è rivelata una pistola giocattolo, in piedi su una scrivania, che ordina ai dipendenti di consegnarle mazzette di dollari, l’ha trasformata in una eroina molto in un paese dove centinaia di migliaia di persone non hanno più accesso ai loro risparmi.
“Forse mi vedono così perché sono stata la prima donna a fare questo una cosa del genere in una società patriarcale in cui la voce di una donna non dovrebbe neanche essere ascoltata”, ha spiegato Hafiz, aggiungendo che non aveva intenzione di fare del male a nessuno ma era stanca dell’inazione del governo. “Sono tutti in combutta per rubarci e lasciarci morire lentamente”, ha commentato.
La giovane “rapinatrice” ha deciso di agire quando sua sorella ha iniziato a perdere la speranza di permettersi cure costose per ritrovare la mobilità e il linguaggio alterato dal tumore e la banca ha rifiutato di rendere disponibili i suoi risparmi.
La Blom Bank sostiene che la sua filiale avrebbe soddisfatto la richiesta di fondi presentata da Hafiz, ma ha chiesto, come fa con tutti i clienti, di presentare la documentazione necessaria per le eccezioni umanitarie. La giovane è tornata due giorni dopo con la pistola giocattolo dei suoi nipoti e una piccola quantità di carburante che ha mescolato con acqua e versato su un impiegato della banca. Prima della sua incursione, ha guardato la serie egiziana Irhab w Kabab (“Terrorista e Kabab”) in cui un uomo frustrato dalla corruzione del governo si impossessa di un edificio statale e chiede kebab per gli ostaggi a causa del prezzo elevato della carne.
Grazie alla sua rapina, Hafiz è riuscita a ottenere 13.000 dollari su un totale di 20.000 – sufficienti per coprire le spese di viaggio per sua sorella e circa un mese di cure – e si è premurata di firmare una ricevuta in modo da non essere accusata di furto. Per garantirsi una possibilità di fuga, ha scritto su Facebook di trovarsi in aeroporto sul punto di partire per Istanbul. Ha quindi indossato un velo e una vestaglia con sotto un fagotto di vestiti sulla pancia per sembrare incinta. “Sono scesa al piano di sotto davanti a tutti, tipo 60 o 70 persone…che mi auguravano buona fortuna per il parto. Sembrava un film”, ha riferito la donna.
Due degli amici di Hafiz con lei durante la rapina sono stati arrestati dopo l’incidente con l’accusa di aver minacciato i dipendenti della banca e averli trattenuti contro la loro volontà. Poi i giudici hanno disposto il loro rilascio su cauzione. Hafiz ha detto che si consegnerà all’autorità una volta che i giudici metteranno fine al loro sciopero che ha rallentato le procedure legali e lasciato i detenuti in attesa di giudizio a languire in prigione.
Tanti libanesi stanno prendendo in mano la situazione, esasperati da una crisi finanziaria che dura da tre anni e che le autorità hanno lasciato aggravare. La scorsa settimana il gesto di Hafiz e di altri sette rapinatori/risparmiatori, ha spinto le banche a chiudere a tempo indeterminato i battenti adducendo problemi di sicurezza e chiedendo protezione da parte del governo. Un passo duramente contestato dalla popolazione che ha manifestato in più occasioni, a Beirut e in altre città. George Haj del sindacato dei bancari afferma che la rabbia dei risparmiatori dovrebbe essere rivolta contro lo Stato libanese, il principale responsabile di una crisi che, peraltro, ha causato la perdita del posto di lavoro di circa 6.000 dipendenti delle banche. Da parte loro le autorità condannano le rapine e assicurano che presto presenteranno un piano di sicurezza per le banche.
Ben diversa è il quadro della situazione che fanno i risparmiatori. Affermano che banchieri e azionisti si sono arricchiti prestando al governo il denaro dei correntisti con interessi elevati. Inoltre, i governi che si sono succeduti dal 2019 ad oggi hanno dato la priorità alla salvezza delle banche e non alle riforme richieste dal Fondo monetario internazionale per garantire al Libano 3 miliardi di dollari nel 2022. Pagine Esteri
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CISGIORDANIA. Mesafer Yatta, Israele arresta Hafez Huraini
di Zenobia
Pagine Esteri, 20 settembre 2022 – #FreeHafezHuraini è l’hashtag lanciato da palestinesi ed attivisti internazionali per denunciare l’arresto di Hafez Huraini, un contadino e più di tutto uno dei leader della comunità di Tuwani, nella zona di Mesafer Yatta, l’area a sud di Hebron dichiarata “poligono di tiro” dall’esercito israeliano e da dove le comunità palestinesi rischiano l’espulsione.
La scorsa settimana, mentre coltivava la sua terra, un gruppo di coloni israeliani armati di spranghe ha aggredito Huraini, procurandogli la frattura di un braccio e di una mano. Non è la prima volta che avvengono aggressioni simili. I coloni, riferiscono testimoni palestinesi e internazionali, escono quotidianamente dai loro insediamenti per danneggiare le coltivazioni dei palestinesi. Altre volte gli attacchi sono fisici e colpiscono gli agricoltori o i pastori.
In questo caso i coloni hanno anche ritardato i soccorsi, impedendo inizialmente all’ambulanza di raggiungere l’uomo ferito. L’esercito israeliano, arrivato sul posto, ha disposto l’arresto di Hafez Huraini, accusandolo di aver aggredito uno dei coloni. In ospedale, l’esercito israeliano non ha permesso il contatto con i familiari. Quindi ha arrestato il palestinese. La detenzione è stata rinnovata fino a quando non si terrà il processo il processo in cui Huraini risponderà difronte a una corte militare. Al contrario i coloni, se chiamati in giudizio, lo faranno da cittadini israeliani, secondo giurisdizione civile.
Hafez Huraini
Hafez Huraini si trovava all’interno di un campo, intento a coltivare un terreno di proprietà privata palestinese, riconosciuta formalmente anche dallo Stato israeliano. L’intera aggressione è stata filmata e i video mostrano chiaramente quattro coloni armati – uno con in braccio un M-16 – ed il volto coperto. Nel campo, in cui i coloni si sono introdotti senza autorizzazione, nessun israeliano ha riportato ferite.
Nonostante questo, la notte stessa e per le successive due notti, l’esercito israeliano ha fatto irruzione nel villaggio di Tuwani sparando granate stordenti e gas lacrimogeni contro le case. L’esercito ha arrestato venti uomini, mentre decine sono stati i civili, bambini compresi, costretti a cure mediche per intossicazione dovuta ai gas.
Le pagine social di gruppi di attivisti come Youth of Sumud, i profili personali di Sami Huraini, attivista e figlio di Hafez, o di Basel Adra, giornalista del villaggio, sono in aggiornamento ogni giorno.
Il villaggio di Tuwani è uno dei più attivi nel resistere all’avanzata delle colonie tra le colline di Masafer Yatta. La popolazione palestinese della zona lo fa attraverso mezzi pacifici e non violenti, ricorrendo perfino alle aule dei tribunali israeliani e provando a far valere in quelle sedi i propri diritti. Questo, nonostante la loro posizione sia quella di popolazione occupata che ricorre difronte alle corti di giustizia della potenza occupante.
È quanto, per esempio, hanno fatto avanzando un ricorso contro la decisione della Corte suprema israeliana di autorizzare la demolizione di alcuni villaggi della zona. Il motivo è la costituzione, nell’area, della Firing Zone 918, un’area di esercitazione militare per l’esercito israeliano. Per più di venti anni, dal 1999, i residenti palestinesi hanno combattuto nelle aule dei tribunali israeliani contro questo provvedimento, quindi è arrivata la decisione definitiva. La Corte suprema israeliana ha recentemente rigettato l’ultimo ricorso palestinese, autorizzando la demolizione di più del 50% degli edifici di 8 villaggi, tra questi sono incluse scuole e ambulatori, oltre che abitazioni civili.
L’istituzione del poligono di tiro è uno dei mezzi utilizzati dalle autorità militari per costringere i palestinesi ad abbandonare le terre su cui, in poco tempo, vengono costruiti nuovi insediamenti israeliani, dove vanno ad abitare coloni. In questo modo si assicurnoa il pieno controllo della zona e l’espansione dell’occupazione, interrompendo la continuità territoriale palestinese e tagliando le vie di comunicazione tra i villaggi, progressivamente sempre più isolati. Palestinesi e attivisti internazionali denunciano che i coloni, di Karmel, Ma’on e altri insediamenti coloniali nell’area di Masafer Yatta, non esitano a praticare aggressioni e violenze contro la popolazione palestinese autoctona, non mancando di intimidire anche i bambini diretti a scuola. Pagine Esteri
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L’Italia a destra? Effetto Meloni … e i suoi Fratelli
Da Washington a Bruxelles, dalla UE alla NATO ecco cosa c'è da attendersi da un governo a guida Giorgia Meloni
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Aerosolterapia: in cosa consiste e quando va fatta
L’arrivo dell’autunno coincide con quello dei malanni stagionali e il conseguente aumento di problemi legati al raffreddamento o all’infiammazione delle vie respiratorie. I trattamenti necessari per curare questo genere di condizioni prevedono spesso l’utilizzo di farmaci che possono essere somministrati anche per via inalatoria o, più semplicemente, tramite aerosol. In tal caso, si parla di […]
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Il ruolo del fusibile termico nella tecnologia moderna
Se non sei del settore, difficilmente avrai sentito parlare di un componente come un fusibile termico, sempre più importante nelle tecnologie moderne e richiesto da migliaia di aziende in tutto il mondo. Nelle prossime righe, abbiamo deciso di approfondire le sue caratteristiche e il suo ruolo nella nostra società. Vediamo come può essere utile un […]
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L’industria della difesa ucraina e le prospettive di una guerra lunga
Dopo oltre sei mesi di guerra, Russia e Ucraina si stanno preparando a un lungo periodo di ostilità, costringendo ciascuna parte a trovare soluzioni a lungo termine per le proprie forniture militari. Senza l’assistenza militare e finanziaria occidentale, l’Ucraina non sarebbe in grado di sostenere i suoi militari o continuare a combattere. Sebbene l’Occidente si […]
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I farmaci si possono davvero acquistare online?
I farmaci si possono acquistare online, oppure no? È sufficiente effettuare una ricerca in rete per scoprire che sono a disposizione molteplici farmacie telematiche che si presentano al navigatore in modo assolutamente regolare, al contempo però capita di imbattersi in notizie relative a reati di vendita illegale di farmaci online, con conseguente oscuramento di siti […]
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Elezioni politiche 2022 e volontariato/terzo settore: neanche promesse da marinaio
Sì è vero! Alcune persone di prestigio (ma forse di poco peso politico) spontaneamente hanno fatto riferimento al Terzo Settore ed al Volontariato come parte integrante dello Stato e del sistema reale dell’Italia. Ad esempio Giuliano Amato, Presidente della Corte Costituzionale, con l’invito al volontariato e al non profit di andare in soccorso alla politica, […]
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Sbancati
Vi ricordate della spending review? Nella collezione elettorale autunno inverno non si porta più. L’abito rimasto intonso nell’armadio, a suo tempo da tutti desiderato e proposto, in realtà mai indossato è ora trapassato nel dimenticatoio.
Invece vai con le richieste di maggiore spesa pubblica, che c’è sempre una buona ragione, un promettente investimento, un nobile sentimento e un elettorale rendimento al farsi alfieri di più soldi qua e più soldi là. E lascia fare che tanti soldi come adesso non ce ne sono mai stati da impiegare, al punto da dubitare che si sia capaci di farlo, perché quel che conta non è realizzare, ma far sognare facendo segnare i vantaggi che se ne possono trarre.
La cosa, però, non è liquidabile come mera perversione elettoralistica. Non basta osservare che, rivisto oggi, il Cetto di Albanese è un fantasioso moderato, largamente surclassato da emuli non cinematografici. Bisogna andare oltre la superficie dei superficiali e capire la sostanza della questione: aumentare la spesa è facile, salvo poi lasciare buchi, ma a riqualificarla ci vuole conoscenza, tempo e perseveranza.
C’è un nesso inscindibile fra lo spendere meglio e riformare quel che non funziona. Ma riformare, ovvero cambiare, significa sempre scontentare qualcuno, magari anche solo perché mentalmente spaventato dalle novità, mentre spendere di più per rabberciare quel che è disfunzionale si può farlo illudendo che nessuno ci rimetta. Mentre invece è il modo più efficace per danneggiare tutti.
a spesa pubblica che cresce senza migliorare è il marmoreo monumento al fallimento della politica, che prova a spacciarlo come equestre segno d’altruismo. Dimenticando di ricordare che il contribuente onesto sarebbe il cavallo, non il pavoneggiante cavaliere.
Ed eccone la dimostrazione. Anche in questa campagna elettorale, senza che si sia sentita un’idea una sui contenuti della scuola, si sono rincorsi a dire la stessa cosa: ci si devono mettere più soldi e gli insegnanti (gli studenti non votano) sono poco pagati.
Falsa impostazione, che porta a inesistente soluzione. i dati, meritoriamente raccolti dalla Fondazione Agnelli, dicono che:
- la spesa pubblica italiana è in linea con quella media europea (in realtà credo sia più alta, perché nel conto non si mette il salasso privato per gli inutili libri di testo, in tante parti del continente spariti da anni);
- la spesa per la formazione di uno studente, fra i 6 e i 15 anni, è da noi più alta della media europea: 75mila euro contro 72mila 500 (conta la denatalità);
- la retribuzione degli insegnanti, per ora lavorata, non è più bassa della media, perché lavorano meno ore (26 ore contro 33 di media e 40 in Germania), mentre progredisce meno nel tempo perché non c’è meritocrazia;
- è il comparto pubblico dove i “clienti” sono diminuiti di più e il personale è aumentato di più (+20% in 10 anni). Aggiungerei un dettaglio: abbiamo i peggiori risultati medi d’Europa, il che significa che spendiamo non male, ma malissimo.
Non serve più spesa. Anzi, nuocerebbe. Ci serve un capo del personale degno di questo nome, sicché le sperequazioni nelle ore lavorate non siano esagerate. Ci serve assumere per concorso e non pagare per rattoppo. Ci serve premiare gli insegnanti bravi, che sono tanti, che si misurano sui risultati degli studenti, e non continuare con la solfa che lavorano tutti la notte a casa, perché è falso. Ci serve didattica digitale seria, mandando a stendere la lobby degli stampatori. Ci serve diversificare l’offerta e la concorrenza fra istituti, con la cancellazione del buffonesco valore legale del titolo di studio, che è il pezzo di carta inutile senza formazione e selezione. Le rotelle si devono far girare in testa, non sotto i banchi.
Questo sarebbe riqualificare la spesa. Ma si deve saperlo fare. Mentre ad aumentarla accudendo l’ignoranza son tutti capaci. Ed è questa la ragione per cui l’abito della spending review non ha avuto successo: è un abito da lavoro. E il cielo non voglia.
L'articolo Sbancati proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Il risultato
Questa campagna elettorale è giunta a conclusione
Finalmente, questa campagna elettorale sta per concludersi. Non è stato possibile commentarla nel merito, nelle proposte, nelle idee e nelle diverse ricette per il futuro dell’Italia, perché non ci sono state. Si è andati per contrapposizione, per non far vincere gli altri e, alla fine, si è arrivati anche allo spettro del fascismo e al saluto romano.
Allora io vi dico quale sarà, secondo me, il risultato più rilevante che avremo tra domenica notte e lunedì mattina. Il risultato sarà di una larga prevalenza di voti per le forze a vario titolo populiste: ossia per le forze che chiamano il consenso perché sono contro, perché sono alternative, perché sono state all’opposizione o che, stando al governo, in realtà non condividevano, o che sono totalmente estranee alla tradizione risorgimentale delle forze politiche che hanno caratterizzato la prima, lunga e anche bella stagione della Repubblica Italiana.
Queste forze sommate tra loro hanno ben più del 50% dei voti. La cosa che le neutralizzerà, almeno in parte, è che sono molto divise. Sono accomunate da questo sentimento di contrarietà, però sono divise perché dicono che non andranno mai con gli altri.
Quello che li unisce è, per esempio, pensare che la spesa pubblica sia la soluzione a qualsiasi cosa, mentre qualche volta è il problema. Quello che li unisce è pensare che le entrate e le uscite di un bilancio pubblico possano essere separate e non è così.
La questione del saluto romano e dello spettro fascista è pretestuosa. Non c’è un regime in arrivo, almeno a mio avviso. Poi sapete, quelli che fanno il saluto romano non si sognano nemmeno lontanamente di pensare di mettere in discussione il fatto che il fascismo è stato il disonore dell’Italia, l’umiliazione della Patria, che non si può essere patriottici e fascisti al tempo stesso. Non si può, perché la considerazione dell’Italia non è mai stata così nel fango come all’esito del Ventennio.
E chi è stato comunista come fa a negare che è stato un Impero di morte, fame e repressione. Allora perché continuano a fare queste cose? Hanno studiato sul libro diversi? No, perché quella è la loro identità. Per fare i conti con le idee bisogna avere spessore. Ci vuole un Guido Piovene sulla destra e ci vuole un Ignazio Silone sulla sinistra. Ci vuole sofferenza. A questi qua non interessa: l’importante è dire che sono di quella o quell’altra scuola. E chi se ne frega se la storia è andata in direzione opposta. Non andranno da nessuna parte né gli uni, né gli altri.
Attenzione, però! Perché noi in Italia abbiamo sperimentato il fascismo, altrove, purtroppo per loro, stanno sperimentando il comunismo, ma il dato di partenza era esattamente quello che siamo oggi. Non torneranno gli stivaloni, l’olio di ricino, il manganello. Non tornerà niente di tutto questo.
C’è, però, l’Italia della furbizia ottusa, del credere di poter avere senza dare, del consumare senza produrre, dello Stato estraneo da cui si deve avere qualcosa, dal considerare la propria sorte scissa da quella dei propri simili, del non avere in niente in nessuno, salvo che nella propria capacità di prendere.
Il fascismo culturale è il “sono tutti uguali, sono tutti la stessa pasta” e così via. E quella roba lì, vedrete, lunedì avrà la maggioranza. Con questo bisogna fare i conti, non con qualche fesso che fa il saluto romano o si fa i tatuaggi runici.
L'articolo Il risultato proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Iran: l’allergia del regime alle riforme genera violenza per il cambiamento
I manifestanti che reagiscono alla morte di Mahsa Amini chiedono già il rovesciamento del governo. Il regime sta letteralmente spingendo le persone a scegliere la rivolta piuttosto che la riforma. I prossimi giorni potrebbero rivelarsi decisivi. La palla è nel campo della Guida Suprema
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Kadyrov accusa il Ministero della Difesa russo per i fallimenti in Ucraina
Kadyrov ha messo in discussione la competenza operativa della massima leadership militare del Paese. Se Kadyrov proverà a defenestrare Shoigu, dovrà affrontare una dura opposizione da più parti, anche se il Cremlino potrebbe non essere contrario
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Borsa: canapa, per Canada e USA continua il profondo rosso
Le due principali piazze borsistiche mondiali nel settore della produzione, trattamento e commercializzazione della canapa, ovvero Canada e USA, questa settimana chiudono entrambe in modo nettamente negativo. Regna ancora grande volatilità sulle piazze internazionali ma -soprattutto alla luce dell’andamento prolungato della guerra in Ucraina- il commercio mondiale ed i costi delle fonti di energia primaria […]
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Ucraina: l’escalation di Putin inizia il conto alla rovescia dell’orologio della diplomazia
La possibilità di una annessione dei territori chiamati a referendum e il conseguente potenziale utilizzo di armi nucleari, dovrebbe spingere Washington a impegnarsi direttamente -e a farlo pesantemente e subito- in colloqui di pace diretti con la Russia
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La Gran Bretagna può sfuggire al suo passato coloniale?
La morte della regina Elisabetta II ha generato una nuova apertura nella prospettiva globale e nel dibattito sul passato coloniale della Gran Bretagna, creando un pretesto per le Nazioni secondo le sue regole passate per abbandonare le loro affiliazioni e connotazioni ai lasciti britannici. Le ondate regionali e globali di risvegliare e cancellare la cultura, […]
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L’invasione dell’Ucraina condannerà Putin ad essere uno dei peggiori governanti della Russia?
Vladimir Putin rifiuta di ammettere la sconfitta in Ucraina. Il 21 settembre ha annunciato piani per una mobilitazione parziale, ma anche per annettere vaste aree dell’Ucraina e minacciando di difendere le sue conquiste con armi nucleari. Quest’ultima dimostrazione di forza non può nascondere la cupa realtà dell’invasione in rapido disfacimento di Putin. Sette mesi dopo […]
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La scuola in Italia: quali principi e quali ideali seguire
La Fondazione Luigi Einaudi è lieta di presentare un ciclo di incontri sul seguente tema “La scuola in Italia: quali principi e quali ideali da seguire” rivolto agli studenti dell’Istituto Luigi Einaudi di Siracusa, dove si terranno le prime tre iniziative.
Il seguente ciclo di incontri tratterà del tema dell’educazione in Italia, affrontandolo sotto diverse prospettive, da un punto di vista teleologico, da un punto di vista storico e, infine, da un punto di vista attuale. È essenziale riflettere sulle problematiche odierne e sulle possibili soluzioni da adottare per perfezionare il ruolo della scuola ma non solo, l’intero sistema educativo nel nostro Paese.
28 settembre 2022 – “La libertà della cultura”
Il primo incontro è dedicato al rapporto tra cultura e libertà. Nel corso dei secoli il progresso è stato il frutto del confronto tra liberi pensatori. La scuola dovrebbe rappresentare la casa per eccellenza di tale unione, favorendo piuttosto che limitando il genio dei giovani studenti. Tuttavia, la scuola italiana si è uniformizzata ed è vittima di una eccessiva burocrazia che le impone rigidità e le impedisce di perseguire il suo reale scopo. Si rifletterà sul vero significato di cultura e sul come rivalorizzarla.
29 settembre 2022 – “L’importanza del merito”
Il secondo incontro è dedicato al tema della meritocrazia e della sua importanza nella società. È fondamentale, in una società giusta, che ogni individuo segua le proprie inclinazioni, passioni, e che gli venga riconosciuto il merito quando è doveroso. Einaudi scriveva di uguaglianza dei punti di partenza per poi crescere liberamente e diseguali nei punti di arrivo. Le pari opportunità rappresentano un tema imprescindibile per ripensare il futuro.
30 settembre 2022 – “La scuola: ieri, oggi e domani”
Il terzo e ultimo incontro, in continuazione con i due precedenti, è dedicato ad indagare come i valori assoluti di libertà e meritocrazia siano declinati nell’attuale architettura scolastica. Attraverso una ricerca storica sui cambiamenti del sistema scolastico nel nostro paese, si giungerà ad analizzare la scuola di oggi e a pensare a quella di domani.
1° ottobre 2022 – Presentazione del libro “La scuola della libertà e del merito – L’abolizione del valore legale del titolo di studio”
A fine di questi tre incontri, sabato 1° Ottobre 2022, si terrà la presentazione del libro “La scuola della libertà e del merito – L’abolizione del valore legale del titolo di studio” di Ottavia Munari e Andrea Davola. Questo evento conclusivo si terrà presso il The Siracusa International Institute for Criminal Justice and Human Rights.
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Canapa sempre più ottima soluzione per il futuro delle bioplastiche
La maggior parte delle materie plastiche deriva da combustibili fossili, ma ne esiste un tipo ricavato da materiale vegetale: le bioplastiche. La National Hemp Growers Cooperativestatunitense e il Centro per le Scienze dei Materiali e della Produzione dell’Università di Troy, in Alabama, hanno avviato una collaborazione per la ricerca sul potenziale della bioplastica della canapa. […]
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🔍 #PNRRIstruzione, quanto ne sai?
Come ogni martedì e venerdì, torna la nostra rubrica per conoscere meglio le misure per la scuola previste dal #PNRR.
Oggi parliamo di Scuola 4.
Fascisti immaginari e fascismi reali
Non si tema il fascio mascelluto ma lo sfascio ripetuto
Non vedo sopraggiungere regimi, semmai un riconvertirsi a nuovi mangimi. Comprensibilmente, il vantaggio elettorale della destra che fu fascista pone il tema del passato che torna. Tanto più che, fra i ruderi del secolo scorso, fra i rifiuti della storia, sia chi fu fascista che chi fu comunista ha serie difficoltà a riconoscere l’empietà dell’errore, perché dovrebbe riconoscere come sbagliata la propria identità.
Mai sottoposta a seria revisione. Solo taluni grandi ci riuscirono, senza attendere il crollo nell’infamia dei rispettivi (e non diversi) incubi. Comprensibile, ma non giustificabile. Perché porre in questi termini la questione significa ignorare cosa fu il fascismo.
Lo vide benissimo un giovane, che pagò con la vita il saper guardare l’Italia, Piero Gobetti: il fascismo è l’autobiografia della nazione. Era il prevalere della “Italia che non ci piace”, per dirla con Giovanni Amendola, anche lui ucciso dalle squadracce. Ma se era autobiografia, come s’è potuto credere che si cancellasse? Si è potuto coltivare l’illusione, o piuttosto l’inganno, perché si è voluto ignorare il lavoro di Renzo De Felice, non a caso isolato dalla storiografia di stampo marxista. Quelli determinanti furono gli anni del consenso, non quelli degli stivaloni e dei manganelli. A segnare la storia fu l’entusiasmo delle masse, non le costrizioni censorie. Nessuno sensato crede che tornino le seconde, ma neanche crede che sia sparita l’Italia delle prime.
Dove la si vede, oggi? I quattro cretini che vanno a Predappio sono ridicoli nel loro orrore zotico. La si trova nel piagnucoloso vittimismo della nazione trascurata, frammisto al delirio della sovrana illimitata. Nell’accattonaggio che reclama fondi e nella prosopopea che rifiuta controlli. Nella svendita della sovranità mediante debito e nell’indebitarsi per avere sovranità. Nel volere chi “sbatte i pugni” e finire con lo sbattere la testa. Nell’avversione alle multinazionali sopruso dei popoli, che toglie all’Italia le multinazionali autoctone.
Nell’inseguire gli umori più bassi, pretendendo d’elevarsi. Nella furbizia untuosa di chi deride il vincitore nel mentre sbava per riceverne una prebenda. Nella condanna dei compromessi e delle mediazioni, per ritrovarsi con compromettenti azzardi. È l’Italia meschina, dei simboli senza sostanza. Ma è anche l’Italia che per giustificare sé stessa deve mistificare la storia, come il pretendersi patrioti ed avere nel simbolo il ricordo di chi la Patria la svergognò, come il confondere il mazzinianesimo con il bigottismo papalino.
Magari questa paccottiglia stesse solo da una parte, che, invece, si ritrova nelle anticamere del clientelismo e nei moti plebei del reddito senza lavoro, nell’autarchia d’importazione e nell’antistatalismo con quattrini statali. Il ceto presunto culturale che fu fascista e si riscoprì comunista era così ignorante da non riuscire a riconoscersi coerente: la stessa infatuazione per un mito e lo stesso disprezzo per la vile realtà. Che non sia quella della propria convenienza.
Non torna il maschio fascismo mascelluto. Ma è ancora da cacciare il fascino scellerato che ha il mascherare da superiorità la propria incapacità, da spocchia millenaria il servilismo permanente, da lamentazione vittimista l’essere vittima della propria incapacità. Non torna il fascio, ma non ci si è liberati da questo sfascio.
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Agenda climatica? Sorveglianza e controllo, una distopia eco(in)sostenibile
Tratto dalla newsletter di Matteo Navacci: Prima di cominciare con l’articolo di oggi vi ricordo che il 26 settembre inizia la Privacy Week 2022. Io avrò un intervento proprio il 26 alle ore 14:30. Se volete assistere dal vivo (a Milano) o da remoto in streaming, registratevi sul sito! Consiglio anche tutti gli altri giorni, ci sono centinaia di speaker per oltre 70 eventi, c’è qualcosa per tutti davvero!
Vi ricordo anche che ora Privacy Chronicles ha un suo 🎙️ canale Telegram: t.me/privacychronicles, vi aspetto!
L’agenda comun…ehm - climatica - è ormai a pieno regime, e purtroppo si porta dietro un tale carico di sorveglianza di massa e controllo sociale che anche i meno sensibili tra voi dovrebbero, forse, iniziare a preoccuparsi. I segnali, convergenti tra loro, sono ovunque - anche se sparpagliati e apparentemente separati l’uno dall’altro.
Come abbiamo imparato in questo tempo insieme, tutti i tasselli del puzzle però si incastrano perfettamente, anche se ora sembrano distanti tra loro. Eppure sarà solo questione di tempo prima che la figura sarà completa.
Oggi vorrei parlarvi di alcuni di questi tasselli di questo nuovo puzzle. Alcuni ci riguardano molto da vicino, altri invece arrivano da più lontano, ma con implicazioni dirette per tutti noi.
Mi riferisco a:
- Move-In, la nuova sorveglianza di massa made in Milano, pensata appositamente per i poveri
- La distopia finanziaria e totalitaria delle idee nell’agenda climatica di Fridays for Future Italia
- L’agenda climatica del World Economic Forum, tra sorveglianza di massa e social scoring
Move-In, la sorveglianza di massa made in Milano
Cominciamo col primo. Dal 1° ottobre a Milano sarà vietato l’accesso in Area B ad autovetture a benzina Euro 1 e gasolio da Euro 0 a Euro 4 dalle ore 7:30 alle ore 19:30, ad eccezione di sabato, domenica e festivi.
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LIBANO. Sali Hafiz, la Robin Hood dei risparmiatori traditi dallo Stato
della redazione
Pagine Esteri, 23 settembre 2022 – In fuga dalle autorità dopo aver costretto una banca a darle i risparmi di famiglia sotto la minaccia delle armi per curare la sorella malata di cancro, l’architetta libanese di 28 anni Sali Hafiz ripete che non è lei la criminale ma lo Stato. “Siamo nel paese delle mafie. Se non sei un lupo, i lupi ti mangeranno”, ha detto all’agenzia di stampa Reuters, parlando da una strada di campagna nella valle della Bekaa dove si nasconde da giorni.
La scorsa settimana Hafiz è entrata in una filiale di Beirut della Blom Bank e ha prelevato con la forza circa 13.000 dollari dal conto di sua sorella che erano stati congelati per decisione delle banche commerciali nel 2019, un provvedimento mai legalizzato dal Parlamento.
Il filmato dell’incidente, in cui Hafiz impugna quella che in seguito si è rivelata una pistola giocattolo, in piedi su una scrivania, che ordina ai dipendenti di consegnarle mazzette di dollari, l’ha trasformata in una eroina molto in un paese dove centinaia di migliaia di persone non hanno più accesso ai loro risparmi.
“Forse mi vedono così perché sono stata la prima donna a fare questo una cosa del genere in una società patriarcale in cui la voce di una donna non dovrebbe neanche essere ascoltata”, ha spiegato Hafiz, aggiungendo che non aveva intenzione di fare del male a nessuno ma era stanca dell’inazione del governo. “Sono tutti in combutta per rubarci e lasciarci morire lentamente”, ha commentato.
La giovane “rapinatrice” ha deciso di agire quando sua sorella ha iniziato a perdere la speranza di permettersi cure costose per ritrovare la mobilità e il linguaggio alterato dal tumore e la banca ha rifiutato di rendere disponibili i suoi risparmi.
La Blom Bank sostiene che la sua filiale avrebbe soddisfatto la richiesta di fondi presentata da Hafiz, ma ha chiesto, come fa con tutti i clienti, di presentare la documentazione necessaria per le eccezioni umanitarie. La giovane è tornata due giorni dopo con la pistola giocattolo dei suoi nipoti e una piccola quantità di carburante che ha mescolato con acqua e versato su un impiegato della banca. Prima della sua incursione, ha guardato la serie egiziana Irhab w Kabab (“Terrorista e Kabab”) in cui un uomo frustrato dalla corruzione del governo si impossessa di un edificio statale e chiede kebab per gli ostaggi a causa del prezzo elevato della carne.
Grazie alla sua rapina, Hafiz è riuscita a ottenere 13.000 dollari su un totale di 20.000 – sufficienti per coprire le spese di viaggio per sua sorella e circa un mese di cure – e si è premurata di firmare una ricevuta in modo da non essere accusata di furto. Per garantirsi una possibilità di fuga, ha scritto su Facebook di trovarsi in aeroporto sul punto di partire per Istanbul. Ha quindi indossato un velo e una vestaglia con sotto un fagotto di vestiti sulla pancia per sembrare incinta. “Sono scesa al piano di sotto davanti a tutti, tipo 60 o 70 persone…che mi auguravano buona fortuna per il parto. Sembrava un film”, ha riferito la donna.
Due degli amici di Hafiz con lei durante la rapina sono stati arrestati dopo l’incidente con l’accusa di aver minacciato i dipendenti della banca e averli trattenuti contro la loro volontà. Poi i giudici hanno disposto il loro rilascio su cauzione. Hafiz ha detto che si consegnerà all’autorità una volta che i giudici metteranno fine al loro sciopero che ha rallentato le procedure legali e lasciato i detenuti in attesa di giudizio a languire in prigione.
Tanti libanesi stanno prendendo in mano la situazione, esasperati da una crisi finanziaria che dura da tre anni e che le autorità hanno lasciato aggravare. La scorsa settimana il gesto di Hafiz e di altri sette rapinatori/risparmiatori, ha spinto le banche a chiudere a tempo indeterminato i battenti adducendo problemi di sicurezza e chiedendo protezione da parte del governo. Un passo duramente contestato dalla popolazione che ha manifestato in più occasioni, a Beirut e in altre città. George Haj del sindacato dei bancari afferma che la rabbia dei risparmiatori dovrebbe essere rivolta contro lo Stato libanese, il principale responsabile di una crisi che, peraltro, ha causato la perdita del posto di lavoro di circa 6.000 dipendenti delle banche. Da parte loro le autorità condannano le rapine e assicurano che presto presenteranno un piano di sicurezza per le banche.
Ben diversa è il quadro della situazione che fanno i risparmiatori. Affermano che banchieri e azionisti si sono arricchiti prestando al governo il denaro dei correntisti con interessi elevati. Inoltre, i governi che si sono succeduti dal 2019 ad oggi hanno dato la priorità alla salvezza delle banche e non alle riforme richieste dal Fondo monetario internazionale per garantire al Libano 3 miliardi di dollari nel 2022. Pagine Esteri
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Ponte sullo Stretto: il mostro è riemerso in campagna elettorale
di Antonio Mazzeo –
(l’immagine è di Oskarpress/Ipa)
Pagine Esteri, 19 settembre 2022 – Dividendo la Sicilia dalla terraferma d’Italia, lo splendido Stretto di Messina è un luogo di leggenda – Omero vi ha ambientato una parte dell’Odissea. All’estremità nord-orientale della Sicilia, Capo Peloro sorge dove il mar Ionio e il Tirreno turbinano l’uno nell’altro. Estendendosi di fronte al villaggio, la spiaggia – una riserva naturale – è una larga, piatta distesa di sabbia, che si dispiega sotto un gigantesco traliccio elettrico che era un tempo il più alto del mondo (ce n’è un altro che si rispecchia nell’acqua in Calabria). I delfini scorazzano nelle acque cristalline e i pescispada attraversano lo Stretto in estate, mentre la costa calabrese si profila all’orizzonte. Con questa descrizione la prestigiosa rivista National Geographic ha motivato nell’agosto 2022 la scelta di assegnare a Capo Peloro, Messina, il primo posto tra le 12 spiagge più belle d’Italia. (1)
Un riconoscimento di portata internazionale che dovrebbe inorgoglire i politici, gli intellettuali, i professionisti e le classi dirigenti delle due regioni che si affacciano sullo Stretto, imponendo scelte socio-economiche e ambientali meramente finalizzate alla difesa di un bene comune patrimonio dell’umanità e alla messa in sicurezza di un territorio ad altissimo rischio sismico e idro-geologico. Nell’incantevole scenario di Scilla e Cariddi, i mitologici mostri decantati da Omero, riemerge invece il fascino per l’ottava meraviglia del mondo sospirata da oltre un secolo dalle sirene del Mito del Progresso e dello Sviluppo ad ogni costo. Il Ponte sullo Stretto di Messina, una campata di 3.300 metri, due torri di cemento e acciaio alte 382,60 metri – formata ognuna da due piloni del diametro di oltre 50 metri – rette da quattro tiranti di acciaio per un peso totale di 166.600 tonnellate. Una megainfrastruttura che fagociterà materie prime per volumi superiori ai 3.540.000 metri cubi, generando con gli scavi inerti e rifiuti da smaltire per 6.800.000 mc. Un terzo mostro che terrorizzerebbe Scilla e Cariddi anche per il volume delle sue fondazioni in Sicilia di 86.000 metri cubi e per quelle nel versante calabro di 72.000 mc. E come se non bastassero Ponte, piloni e maxi-tiranti, il territorio circostante verrebbe stuprato da oltre 40 chilometri di raccordi stradali e ferroviari (2 km su viadotto e 20,6 km in galleria), mega-discariche, cave e strutture di connessione. Un’opera che devasterebbe vastissime superfici territoriali nelle province di Messina e Reggio Calabria: la somma delle aree destinante ai cantieri ammonta a 514.000 metri quadri, a cui si aggiungono quelle sacrificate a discariche finali di inerti e scarti di produzione, distanti anche più di 50 km dall’infrastruttura, per oltre 764.500 mq. (2)
Le false narrazioni dei vecchi e nuovi Padrini del Ponte
Una premessa è d’obbligo. Per chi scrive, il Ponte sullo Stretto non c’è mai stato, non c’è, né ci sarà. Non abbiamo creduto cioè, mai, che il Ponte siarealizzabile (per ovvi motivi di ordine strutturale-ingegneristico, economico, ecc.), ma abbiamo temuto e temiamo la ferrea volontà dei Padrini e dei Signori del Ponte di perseguire nello spazio e nel tempo i loro disegni e progetti meramente speculativi e fortemente impattanti dal punto di vista sociale e ambientale. (3) Preoccupa in particolare la “narrazione” del Ponte, strumentalmente riesumata una volta dalle grandi imprese General Contractor (contraenti), un’altra da qualche soggetto politico interessato a capitalizzare voti e clientele in vista di un appuntamento elettorale.
Il fine comune della narrazione pro-Ponte è quello di imporre nella società il modello “culturale”dominante delle Grandi Opere: la depauperazione delle sempre più ridotte risorse pubbliche a favore degli interessi delle holding economiche e finanziarie private, l’esautoramento delle volontà popolari locali e dei soggetti amministrativi che dovrebbero governare i territori, il saccheggio urbanistico e la devastazione ambientale. Per rilanciare la narrazione del Ponte si sfrutta ovviamente la crisi socio-economica (quella generata dal modello neoliberista imperante), gli alti tassi di disoccupazione generale, la precarietà delle vite di milioni di persone. Si tace, invece, sul fatto che la politica delle Grandi Opere è stata ed è caratterizzata in larga misura da progetti senza opera, senza cantieri, senza lavoratori. Pur consapevoli loro stessi che il Ponte è e sarà un Mito per i secoli venturi, i Padrini e i Signori del Ponte promuovono e finanziano campagne per dare il via al Ponte senza Ponte, magari dirottando una parte delle risorse finanziarie per perpetuare la progettazione per la progettazione o verso la realizzazione della sterminata lista di opere pseudo-compensative che amministratori, studi di progettazione e potentati economici locali strappano in cambio del loro sì o dei loro “nì” alla costruzione del manufatto fantasma.
Dicevamo che la “narrazione” alterna periodi di frenetica attività generale a fasi di torpore e silenzi. Così il Terzo mostro dello Stretto va in letargo per periodi più o meno lunghi per riemergere aggressivo soprattutto alla vigilia di una campagnaelettorale, sia essa di rilevanza nazionale, che regionale o locale. E’ quanto accade in queste settimane in vista dell’election day del 25 settembre, quando in particolare gli elettori siciliani sceglieranno i loro rappresentanti alla Camera e al Senato ma soprattutto chi guiderà per i prossimi cinque anni la Regione Siciliana a statuto speciale.Non c’è tribuna o comizio in cui il Ponte non faccia da protagonista e miracoloso talismano per un futuro di pace, progresso e prosperità. E mai come stavolta lo vogliono tutti o quasi: dalla Lega di Salvini ai postfascisti di Meloni & C., dagli immancabili forzisti che hanno già dato il nome di Berlusconi al collegamento stabile dello Stretto, ai centristi di ogni sorta e origine e, tirati per la giacchetta, anche tanti Pd che si dicono “non contrari ma attendisti”. Divisioni in casa Cinquestelle, organizzazione che aveva fatto il pieno nell’Isola sia alle regionali 2017 che alle politiche 2018: ai sempre meno NoPonte si contrappongono i primi convinti SìPonte di qualche parlamentare e i sempre più numerosi NìPonte di candidati, simpatizzanti ed elettori.
E proprio dall’Assemblea regionale siciliana il 22 gennaio 2020 è ripartita la controffensiva pro-Ponteche con il pieno sostegno delle grandi società di costruzioni ha (ri)conquistato i riflettori nel palcoscenico politico-mediatico nazionale. Con voto unanime l’Ars ha approvato infatti un ordine del giorno di Fratelli d’Italia che impegnava il governatore di centro-destra Nello Musumeci a chiedere al governo Draghi di inserire il Ponte tra le priorità nazionali, destinando una parte dei 20 miliardi di euro di fondi Ue previsti per il Mezzogiorno. (4) Musumuci, pontista convinto, non si è lasciato certo sfuggire la ghiotta occasione e ha avviato il pressing a tutto campo a Roma e nell’Isola, coalizzando un composito arco di forze sociali ed economiche, Confindustria e organizzazioni sindacali storiche in primis.
Il Gioco dell’Oca del Ponte: mezzo miliardo per tonnellate di inutili carte
Il 13 marzo 2021 sono stati i manager di WebuildSpA (la società leader del settore costruzioni nata nel 2014 dalla fusione delle imprese Salini ed Impregilo), a riprendere dopo lungo silenzio la campagna promozionale per (ri)ottenere la progettazione e realizzazione del Ponte di Messina. Nell’ottobre 205, l’associazione temporanea d’imprese Eurolink con capofila Impregilo SpA si era aggiudicata la gara d’appalto del valore di 4,4 miliardi di euro per il General Contractor della grande opera tra Scilla e Cariddi insieme ad altre società italiane e straniere, alcune oggi liquidate oin via di liquidazione. (5) Webuild ha pubblicato un video musicale della durata di un paio di minuti che si concludeva con lo slogan Ponte sullo stretto di Messina, un’infrastruttura essenziale per il futuro del Paese. “L’opera potrà rilanciare lo sviluppo nel Sud Italia”, enfatizzava l’holding. “Il Ponte darà occupazione a 118.000 persone e attirerà verso il nostro Paese il commercio mondiale che gravita nel Mediterraneo”. (6)
Nulla di nuovo sotto il sole in quanto a propaganda, tranne il non certo lieve aggiornamento dei costi (e relativi incassi) per i lavori. Pur riproponendo lo stesso modellino di Ponte di quindici anni prima, Webuild ricalcolava le spese progettuali e di realizzazione in 8,56 miliardi di euro più altri 1.344 milioni di opere accessorie, escluse le linee Tav. “La leva finanziaria sarebbe al 90% debito e al 10% con mezzi propri, con risorse in arrivo da settori privato/pubblico, oppure soggetti a controllo pubblico non consolidati nel bilancio dello Stato come Rfi, Cassa depositi e prestiti e Anas”, spiegava ancora Webuild. (7) Una vera moltiplicazione dei pesci in faccia agli italiani e a danno dell’erario. Quando nell’agosto del 2003 il Cipe aveva approvato il progetto preliminare del Ponte e dei suoi collegamenti, era stata stimata una spesa di 4,6 miliardi; nel 2009 la Corte dei Conti aveva lamentato che il Piano economico-finanziario approvato dalla Stretto di Messina SpA aveva aggiornato i corrispettivi previsti nei precedenti contratti di affidamento dei lavori a 6,3 miliardi; due anni più tardi l’effimera approvazione del Progetto definitivo di Eurolink elevava l’importo contrattuale a 6,7 miliardi. (8) Attenzione però: la previsione di 10 miliardi di Webuild di un anno mezzo fa non tiene conto ovviamente del terremoto dei prezzi generato dal conflitto Russia-Ucraina e dalle conseguenti speculazioni sui mercati finanziari, specie relativamente alle due componenti chiave del Ponte-Mostro sullo Stretto, cemento e acciaio.
Webuild si è detta disponibile a ritirare i contenziosi giudiziari con il governo e la concessionaria statale purché si riapra l’iter realizzativo del Ponte. In verità la richiesta di oltre 800 milioni di risarcimento per la revoca della gara d’appalto ad Eurolink era stata rigettata in primo grado il 12 novembre 2018 dai giudici della XVI Sezione Civile del Tribunale di Roma. “Il committente – soprattutto se è pubblico – ha tutto il diritto di recedere in qualunque momento da un contratto, senza obbligo di motivazione (…) e l’appaltatore non può vantare alcun diritto al risarcimento per non aver potuto realizzare l’opera pubblica, perché l’interesse alla sua realizzazione fa capo solo al committente”, sentenziavano i giudici. (9) Fondamentale nel respingere l’esosa richiesta delle società contraenti anche la constatazione che il progetto consegnato alla Stretto di Messina SpA il 13 aprile 2011 fossetutt’altro che definitivo e che – come denunciato dai NoPonte – permanevano “rilevanti criticità non risolte” dal punto di vista tecnico-ingegneristico e “riscontrate carenze documentali relative ai profili ambientali”. (10)
A raffreddare il rianimato ardore dei pontisti di prima e ultima ora ci ha pensato nel maggio 2021 il Gruppo di lavoro costituito ad hoc dall’alloraministra dei Trasporti Paola De Micheli per valutare la sostenibilità di differenti ipotesi di collegamento stabile nello Stretto. Nella relazione trasmessa al successore Enrico Giovannini, i tecnici ministeriali hanno espresso innumerevoli critiche alla soluzione del Ponte a campata unica (modello Società Stretto di Messina ed Eurolink) ritenendo invece “la soluzione aerea a più campate potenzialmente più conveniente”. (11) Coincidenza vuole che nell’ottobre 2020 è stata resa pubblica l’intenzione di Italferr, la società di ingegneria del Gruppo Ferrovie dello Stato, di predisporre il progetto di “un ponte a tre archi e non più a luce unica, con un’arcata centrale di 2.000 metri”. Il Gruppo di lavoro ha stigmatizzato anche le altre due vecchie proposte di tunnel (subalveo e in alveo) per “l’elevato rischio sismico ad esse collegato e per la mole di indagini geologiche, geotecniche e fluidodinamiche necessarie per verificarne la fattibilità tecnica, ma anche per l’eccessiva lunghezza necessaria”. (12)
Le conclusioni del Gruppo di lavoro hanno riportato tutti alla casella di partenza del Gioco dell’Oca del Ponte, facendo infuriare Padrini e Signori del Mostro sullo Stretto e le stesse associazioni ambientaliste che lamentano come sia rimasta fuori dalla valutazione quella che è considerata l’unica opzione credibile e sostenibile al collegamento stabile dello Stretto, cioè il miglioramento e potenziamento del traghettamento. “La relazione del Gruppo di lavoro è irricevibile perché viziata dalla esclusione pregiudiziale del traghettamento”, scrivono Kyoto club, Legambiente e Wwf. “Si tratta dell’alternativa migliore dal punto di vista economico-finanziario, sociale e ambientale che assicura già oggi, senza ulteriori impatti, tempi di attraversamento di 20-35 minuti con corse per le persone con le auto al seguito che avvengono con una frequenza di 40 minuti o 1 ora, a seconda delle compagnie di navigazione, e con tempi per il traghettamento dei treni che, con migliorie relative all’imbarco di convogli interi, possono essere portati da 1 ora e 10 a 40 minuti. Ma su cui occorre investire anche per la ricerca di soluzioni innovative, con nuove tecnologie che riducano ulteriormente i tempi di percorrenza e migliorino i servizi nell’area dello Stretto”. (13)
Pur di non scontentare alla fine i pontisti mono e tris campata, l’esecutivo Draghi-Giovannini ha preferito glissare le critiche degli ambientalisti e degli studiosi di economia e del debito pubblico. Così a inizio 2022 ha affidato a RFI (Rete Ferroviaria Italiana), partecipata al 100% da Ferrovie dello Stato Italiane, lo studio per valutare la “fattibilità” delle due ipotesi rimaste in gara: ilponte a campata unica di Webuild o quello “a tre archi” di Italferr (FS). “Il progetto esistente per la campata unica va in ogni caso aggiornato, sia per le nuove normative tecniche sia perché l’ipotesi di project financing non regge in relazione alle previsioni di traffico”, ha comunque allertato il ministro Giovannini intervenendo in Parlamento. “I tecnici incaricati dal Gruppo Fs hanno predisposto un cronoprogramma, con le varie tappe, ed entro la fine del 2022 dovrebbe chiudersi l’iter procedurale.(14)
Aldilà della evidente inutilità dell’ennesimo studio di fattibilità – per giunta viziato dal palese conflitto d’interessi in casa Ferrovie dello Stato – va detto che esso comporterà un esborso di denaro pubblico pari a 50 milioni di euro, che si somma agli oltre 300 milioni che la Corte dei Conti calcola siano stati spesi in tutti questi anni per elaborati, studi, rilievi, progettazioni e convegni pro-Ponte(per alcuni studiosi si tratterebbe di almeno 350-400 milioni). Deus ex machina di questa inarrestabile emorragia di risorse pubbliche per fabbricare carte su carte la Stretto di Messina SpA, società istituita nel 1981 e controllata all’81,84% da ANAS (entrata a far parte del Gruppo FS) e partecipata da RFI (Rete ferroviaria italiana), Regione Calabria e Sicilia. Posta in liquidazione con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 aprile 2013, la Stretto SpA resta ancora in vita nonostante la liquidazione doveva essere completata entro un anno dalla nomina del commissario liquidatore. Quest’ultimo, nella persona di Vincenzo Fortunato, è stato nominato il 14 maggio 2013. Secondo l’ultimo bilancio annuale della Stretto SpA al commissario liquidatore sono stati versati emolumenti per 100.000 euro, a cui si aggiungono 20.000 euro di spese per il collegio sindacale, 13.000 per la società di revisione Ernst & Young, 50.000 per “altri costi e fatture di professionisti” e 55.000 per gli avvocati che rappresentano la società in alcuni contenziosi pendenti. (15) Dirigente del Poligrafico e Zecca dello Stato Italiano SpA, dal marzo al giugno 2021 Vincenzo Fortunato ha ricoperto il ruolo di Head ofTechnologies & Process dell’Inlighter Fund di Tel Aviv (Israele). (16)
L’ultimo scontro tra le città non luogo e i bei territori di anime e corpi
Così come per gli studi di fattibilità e le spese di sopravvivenza, si moltiplicano intanto pure i convegni per narrare il Ponte che non c’è. L’ultimo di interesse nazionale si è tenuto a Roma lo scorso 13 settembre presso la sede dell’Università telematica eCampus, promotrice dell’evento. Sotto i riflettori, ovviamente il Ponte a campata unica di Eurolink-Webuild. “Per fare chiarezza sull’intera questione, abbiamo invitato due soggetti fondamentali per la procedura approvativa: Cowi e Parsons”, spiegano gli organizzatori. “La società d’ingegneria danese Cowi (leader mondiale nella progettazione dei Ponti di grande luce) èrappresentata dall’allora Presidente Klaus Ostenfeld che ha assunto la responsabilità diretta del progetto (redatto per conto del Contraente Generale Eurolink) e che dichiara, come ovvio che sia, che non solo è fattibile, ma che si tratta di un’opera di assoluta eccellenza. L’altro soggetto che partecipa è la Società di Ingegneria americana Parsons incaricata dalla Società Stretto di Messina quale PMC – Project Management Consulting”. Al convegno-vetrina del Ponte “di assoluta avanguardia nel mondo”, anche tre accademici che hanno fatto parte del comitato scientifico della Società Stretto di Messina: Claudio Borri (Università di Firenze), Piero D’Asdia (Chieti Pescara) e Alberto Prestinizi (La Sapienza di Roma). (17)
L’interesse dell’Università eCampus a interpretare un ruolo chiave nella promozione scientifica del Ponte sullo Stretto è certamente frutto delle visioni strategiche del suo rettore, il professore Enzo Silverio, ingegnere-architetto e progettista di ponti e grandi infrastrutture. Il 4 giugno 2021 eCampus, insieme al Rotary Club Messina, al KiwanisDistretto Italia–San Marino e all’Associazione Centro Studi Diodoro ha promosso un convegno nella città capoluogo dello Stretto dal titolo Infrastrutture al Sud e Ponte: Quali e quanti benefici…?, ospite d’onore l’allora sindaco Catenode Luca, oggi candidato alla presidenza della Regione siciliana e sostenitore ultrà della mega opera tra Scilla e Cariddi. Il rettore Enzo Silviero è anche tra i fondatori di “Lettera 150”, thinkthank formatosi spontaneamente in Italia durante il lockdown da pandemia Covid19 “per suggerire un approccio razionale e strategico all’emergenza”, anch’esso promotore nei mesi scorsi di eventi pubblici pro-Ponte. Il documento fondativo di “Lettera 150” è stato firmato da 150 tra docenti universitari e magistrati, ma oggi i sostenitori sono più di 250. Coordinatore del think tank politico-economico-accademico il professore ed ex senatore Giuseppe Valditara, eletto con il Popolo delle Libertà e transitato poi con il Gruppo per il Terzo Polo. (18)
“Sembra di essere tornati agli anni ’90, quando tutte le più importanti forze politiche e le amministrazioni locali interessate erano schierate dalla parte del Ponte”, commenta Luigi GinoSturniolo, storico attivista NoPonte ed ex consigliere comunale di Messina, autore di alcuni saggi sull’insostenibilità socio-economica dell’infrastruttura. “Solo dopo anni di lavoro del movimento NoPonte, una parte del quadro politico e sindacale aveva cambiato posizione e sembrano oggi lontani i tempi in cui ai nostri cortei partecipavano, tra gli altri, sindaci e giunte delle città di Messina e Villa San Giovanni e spezzoni e singoli rappresentanti di partiti. Quel movimento, con le diverse sensibilità che conteneva, era stato capace di incidere sulle scelte politiche nazionali e, forse l’unico tra i movimenti che si battono contro le Grandi Opere in Italia, aveva vinto”.
“Il Ponte sullo Stretto – aggiunge Sturniolo – è contenuto dentro il paradigma di un mondo che muore, incapace di smaltire i propri scarti e accettare i propri limiti. Non è il salto nel futuro, è il tuffo nel baratro. Non è la soluzione al mancato sviluppo dei nostri territori, è la causa del loro destino di distruzione. Lo scontro tra favorevoli e contrari alla costruzione del Ponte sullo Stretto, non ha a che fare, semplicemente, con la realizzazione o meno di un manufatto, con la sua costruibilità, con l’impatto ambientale che determinerebbe. In ballo ci sono due idee di città, di territorio: da una parte la città di passaggio, la città-svincolo, luogo divenuto anonimo e assorbito dalle necessità logistiche, non-luogo che recide definitivamente la relazione con la sua storia. Dall’altro una città che si fonda (si ri-fonda) sulla bellezza del proprio territorio, che fa della sostenibilità la propria occasione per il futuro, che si ri-conosce dal suo rapporto con il mare, che ne fa fonte del suo rilancio, una città che si ricorda della propria storia rinvenendo nel porto il suo punto di forza”.
Per Sturniolo siamo di fronte ad uno scontro epocale: “Tra il passato recente, la fotografia giornalistica di un mondo andato in frantumi a causa del sovraccarico che esso stesso ha creato, e il futuro possibile di una umanità che sceglie di convivere con il pianeta che gli è capitato di abitare, che sceglie di rispettarne la fragilità poiché quella fragilità contiene l’unica promessa di felicità che abbiamo a disposizione”.
Una ragione in più per tornare a riprendersi strade e piazze, per continuare a vivere e assicurare la vita di tutte e tutti, dallo Stretto al pianeta intero. Pagine Esteri
Note:
(1) nationalgeographic.co.uk/trave…
(2) A. Mangano, A. Mazzeo, Il mostro sullo Stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il Ponte, Sicilia Punto L, Ragusa, 2006, pp. 33-34.
(3) Per comprendere l’identità e le finalità dei Padrini e Signori del Ponte di veda: A. Mazzeo, I padrini del Ponte. Affari di mafia sullo Stretto di Messina, Edizioni Alegre, Roma, 2011.
(4) messinatoday.it/politica/ponte…
(5) Di Eurolink, oltre ad Impregilo facevano parte la Sacyr Sa, Società Italiana per Condotte d’Acqua S.p.A., Cooperativa Muratori e Cementisti – Cmc di Ravenna, Ishikawajima – HarimaHeavy industries Co Ltd., Aci Scpa – Consorzio stabile.
(6) ilfattoquotidiano.it/2021/03/1…
(7) qds.it/ponte-118mila-occupati-…
(8) sciami.it/2019/06/24/gli-straf…
(9)gazzettaufficiale.it/atto/cort…
(10) it.businessinsider.com/ponte-s…
(11) mobilita.org/2020/10/12/arriva…
(12) messina.gazzettadelsud.it/arti…
(13)wwfit.awsassets.panda.org/down…
(15) wired.it/article/ponte-sullo-s…
(16)presidenza.governo.it/Amminist…
(17) italpress.com/ponte-sullo-stre…
(18) lettera150.it/comitato-dei-sot…
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