youtube.com/embed/O9_zDd78ow0?…
Intervento del Presidente Giuseppe Benedetto alla Costituente LDE – Milano,14 Gennaio 2023
L'articolo Intervento del Presidente Giuseppe Benedetto alla Costituente LDE – Milano, 14 Gennaio 2023 proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Campagna "Noi non paghiamo": al Centro Popolare Autogestito Firenze Sud cena e concerto
Il 14 gennaio 2023 il Centro Popolare Autogestito Firenze Sud ha ospitato una cena di sottoscrizione e un concerto dei cuneesi #LouTapage e dei #MalasuerteFiSud, band che attorno al CPAFiSud gravita da quasi venticinque anni. Entrambe le iniziative, gremite, sono servite a sostenere la campagna #Noinonpaghiamo.
La #Lega ha deplorato anche di recente l'esistenza del Centro Popolare Autogestito Firenze Sud -che da trentaquattro anni ospita iniziative in cui i "valori" occidentali sono volta per volta confutati, svalutati, disprezzati, disconfermati o semplicemente derisi- e ha deplorato anche l'iniziativa specifica.
Due ottimi motivi per dare a entrambe le cose rilievo in ogni sede. Si è quindi pensato di pubblicare qualche video su Youtube, di scriverne sul Cinguettatore, su Instagram e su Blogger.
Tra i brani suonati dai Lou Tapage una cover di Fabrizio de André esplicitamente dedicata a Alfredo #Cospito, al momento in cui scriviamo vicino ai novanta giorni di sciopero della fame in segno di protesta contro il duro regime carcerario cui è sottoposto al sostanziale fine di chiudergli la bocca.
Ripetiamo.
Cospito è nato a #Pescara e non a #Shiraz e non è nemmeno una bella ragazza.
Soprattutto, certe cose vanno benissimo se fatte a #Tehran, a l'#Avana, a #Minsk o a #Caracas: gli appassionati di #raveparty si mettano fiduciosi sulla strada per #Kiev, troveranno l'approvazione dell'intero gazzettificio peninsulare e delle madri non sposate che si atteggiano a difensori dei valori cattolici cui il gazzettame ha tirato la volata per anni. Attenzione a non sbagliare latitudini perché nell'"Occidente" della democrazia da esportazione l'esistenza delle pecore nere non è prevista e basta una scritta su un muro per vedersela con la gendarmeria politica nel tripudio delle tolleranze zero e dei giri di vite che sono la passione degli stessi gazzettieri di cui sopra.
Viagra senza ricetta: cosa c’è da sapere
Il Viagra, un farmaco popolare per l’impotenza, ha rivoluzionato il modo di concepire la disfunzione erettile e il suo trattamento. Ha cambiato in meglio la vita di milioni di uomini in tutto il mondo. Sebbene l’idea di acquistare il Viagra senza ricetta possa sorgere, è importante essere consapevoli dei rischi e dei benefici associati. Prima di […]
L'articolo Viagra senza ricetta: cosa c’è da sapere proviene da L'Indro.
Più austerità nel 2023 alimenterà le proteste
Questa settimana i leader mondiali si incontrano a Davos per discutere della cooperazione per affrontare molteplici crisi, dal COVID-19 e l’aumento dell’inflazione al rallentamento della crescita economica, l’afflizione del debito e gli shock climatici. Solo tre mesi fa, i ministri delle finanze si erano riuniti a Washington DC per lo stesso motivo. L’umore era cupo. La […]
L'articolo Più austerità nel 2023 alimenterà le proteste proviene da L'Indro.
Salvare i partiti per salvare la democrazia
È oramai uso comune lamentare la crisi che da tempo affligge i partiti. Ben pochi però analizzano le cause di un fenomeno che ha colpito, sia pur in diversa misura, quasi tutti i sistemi democratici. Vale dunque tentare di farlo.
Una prima causa del fenomeno risiede nel progressivo trasferimento di funzioni dallo Stato nazionale a istituzioni sovranazionali, processo che ha in parallelo provocato un rafforzamento dei governi nei confronti dei Parlamenti: la rappresentanza degli interessi nazionali nelle sedi internazionali è infatti affidata agli esecutivi e non alle assemblee, sede tradizionale dell’attività dei partiti. A ciò si aggiunga che i grandi gruppi economici dialogano sempre più con le istituzioni sovranazionali, o con i governi e le pubbliche amministrazioni, anziché con i partiti.
Una seconda causa dell’indebolito ruolo dei partiti discende dal radicale mutamento della comunicazione politica introdotto dapprima dalla tv e ora dai social channels. Alla comunicazione affidata ai media tradizionali e al rapporto face to face nei circoli dei partiti si è infatti sostituita una comunicazione impersonale affidata a slogan e influencer che ha contribuito non poco a trasformare i partiti dalle organizzazioni strutturate del Novecento agli attuali partiti leaderistici.
Un’ulteriore causa discende proprio dal maggiore successo delle nostre liberal-democrazie, e cioè dalla crescente integrazione che ha caratterizzato le nostre società con il venir meno della lotta di classe e di quei conflitti (etnici, religiosi, linguistici) che avevano dato ai partiti la loro diversa identità, aprendo così un ancor maggiore spazio per leadership personali fondate su carismi deboli e transitori. I fattori su ricordati rappresentano mutamenti strutturali delle liberal-democrazie, che le leadership dei partiti tradizionali non potevano modificare.
I nostri partiti di massa sono nati e si sono strutturati in parallelo con l’allargamento del suffragio, che ha portato nei Parlamenti a sostituire le instabili alleanze di singoli eletti, caratterizzate da un elevato tasso di trasformismo, con gruppi parlamentari rigidamente controllati dai rispettivi partiti e caratterizzati da una forte disciplina. Il recente riapparire nel Parlamento italiano di un elevato livello di trasformismo è una inevitabile conseguenza della crisi dei nostri partiti strutturati.
Il venir meno dei partiti tradizionali porta però una seria minaccia alla nostra democrazia rappresentativa. I partiti strutturati costituivano infatti un ideale strumento di intermediazione degli interessi, rappresentando spesso interessi particolari ma integrandoli con gli altri interessi presenti nel processo politico. Frammentata e affidata non alla dialettica di un forte sistema dei partiti, ma direttamente a un accesso alla pubblica amministrazione e ai singoli parlamentari, l’articolazione degli interessi trova oggi sempre più difficilmente un momento di aggregazione, con il risultato che gli interessi forti tendono a prevalere sugli interessi deboli molto più che in passato.
Questi fenomeni sono stati presenti in tutti i sistemi democratici. Perché allora in Italia la crisi dei partiti è apparsa più profonda? La risposta sta in una serie di improvvide decisioni istituzionali prese proprio dai leader dei nostri partiti. L’avere, ad esempio, resi stabili ed eletti direttamente i presidenti di Regione, trasformandoli in inamovibili «governatori» a termine, ha inevitabilmente indebolito il ruolo delle rispettive assemblee regionali, e l’influenza dei partiti nazionali. L’aver esteso ai presidenti di Regione quanto era stato positivamente deciso per i sindaci, senza tener conto della diversità di funzioni, si è rivelata una delle principali cause della crisi dei nostri partiti nazionali che sarà aggravata da un’eventuale attribuzione alle Regioni di un’ampia autonomia differenziata. Si aggiunga l’effetto perverso di leggi elettorali con liste bloccate: se si impedisce ai rappresentati di scegliere i propri rappresentanti il crollo della partecipazione è inevitabile e induce quella perdita di «senso di efficacia» che caratterizza buona parte dei nostri cittadini. In una democrazia, quando gli elettori ritengono di non «contare», le decisioni politiche vengono però viste come assunte non in loro nome ma anzi senza il loro consenso. È così che si erode la legittimità di un sistema democratico.
Infine, anziché varare una legge sui partiti, i nostri leader abolendo il finanziamento pubblico hanno indicato ai cittadini che i partiti non sono strumenti essenziali per una democrazia. Una concessione demagogica all’antipolitica, mentre si tollerano fenomeni lesivi della res publica come l’enorme evasione fiscale che si traduce in minori servizi essenziali. Abbiamo passato il limite del non ritorno? No. Purché si inizi a correggere gli errori e non si prosegua nello svilire il Parlamento, ricorrendo a governi a termine prendendo a prestito il modello presidenziale che nel nostro sistema indebolirebbe le istituzioni di garanzia. Ai fenomeni storici su ricordati non ci si può opporre; ma agli errori di politica istituzionale occorre rispondere con un deciso no. Almeno da parte di quanti ritengono i partiti ancora indispensabili alla nostra vita democratica.
L'articolo Salvare i partiti per salvare la democrazia proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Haftar sta perdendo il controllo della Libia?
L’inviato del Segretario generale delle Nazioni Unite e capo della sua missione di supporto in Libia, Abdullah Batili, ha partecipato a un incontro con i membri del Comitato militare congiunto libico (5+5) nella città di Sirte per completare il loro percorso di consenso verso un’istituzione militare unificata all’interno del percorso militare per risolvere la crisi […]
L'articolo Haftar sta perdendo il controllo della Libia? proviene da L'Indro.
Resistere alla Russia un’opera d’arte alla volta
Ci risiamo. Un furto d’arte che rivaleggia con il saccheggio dei nazisti durante la seconda guerra mondiale è in corso proprio ora in Europa. Da quando è iniziata la sua invasione su vasta scala dell’Ucraina nel febbraio 2022, la Russia ha saccheggiato oltre 30 musei, rubando migliaia di oggetti preziosi, dai dipinti ad olio ai […]
L'articolo Resistere alla Russia un’opera d’arte alla volta proviene da L'Indro.
VIDEOLETTURA. “Diario della Rivoluzione”: la Tunisia e la poetica di Mohammed Sgaier Awlad Ahmad
di Patrizia Zanelli
(la foto di Mohammed Sgaier Awlad Ahmad è dal Festival della Letteratura del Mediterraneo)
Pagine Esteri, 18 gennaio 2022 – Se un giorno il popolo vorrà vivere / il destino lo dovrà assecondare
La notte dovrà dissiparsi / e le catene si dovranno spezzare
Il mausoleo di Abu al-Qāsim al-Shabbi
Questi versi iniziali del poema “La volontà di vivere”, composto nel 1933 dal giovane poeta romantico tunisino Abu al-Qāsim al-Shabbi (1909-1934), ispirarono lo slogan più famoso della primavera araba del 2011: “Il popolo vuole la caduta del regime”. La scintilla delle rivolte esplose in più paesi dell’area era partita proprio dalla Tunisia, il 17 gennaio 2010, quando il ventiseienne venditore ambulante Mohamed Bouazìz si era dato fuoco in segno di protesta contro la disoccupazione e le vessazioni di uno Stato poliziesco. Ciò avveniva precisamente a Sidi Bouziz, capoluogo della regione in cui era nato Mohammed Sgaier Awlad Ahmad (1955-2016), considerato il poeta della stessa rivoluzione della dignità, sfociata nella caduta del regime di Zine El Abidine Ben ʿAli (1936-2019), il 14 gennaio 2011. Da lì a poco l’autore finì di comporre “La poesia della farfalla”, in cui propone un monologo immaginario di Mohamed Bouazìz, per commemorare l’auto-immIn “La poesia della farfalla”, Awlad Ahmad propone un monologo immaginario di Mohamed Bouazìz, per commemorare l’auto-immolazione del giovane ambulante che nel 2011 accese le proteste popolari in Tunisia che portarono alla caduta del dittatore Zine El Abidine Ben ʿAlilazione del giovane ambulante, morto dopo 18 giorni di ricovero in un ospedale di Ben Arous per le gravi ustioni riportate su oltre il 90% del corpo a seguito di quel gesto disperato, che aveva subito acceso le proteste popolari pacifiche in Tunisia. Il poeta incluse questa elegia e altri cinque componimenti nella raccolta “Diario della Rivoluzione”[1], pubblicata per la prima volta a livello internazionale in traduzione italiana da Lushir, nel settembre 2011.
Il piccolo volume in effetti contiene opere rappresentative di varie fasi della produzione poetica di Awlad Ahmad, che era originario di un villaggio situato in una regione semidesertica, povera e marginalizzata da ogni regime tunisino. L’infanzia vissuta in condizioni sociali difficili si rispecchia in molti testi dell’autore che era anche un giornalista e prosatore, voce del dissenso laico libertario sin dall’epoca dell’involuzione anti-democratica di Habib Bourghiba (1903-2000), padre socialista della Tunisia indipendente.
Awlad Ahmad si era politicizzato, mentre compiva gli studi secondari a Tunisi, partecipando al vibrante movimento studentesco degli anni ’70 e inserendosi nella sinistra tunisina. In quel periodo aveva anche iniziato a frequentare gli ambienti letterari della capitale. Dopo il diploma, andò in Francia per studiare psicologia all’Università di Reims. Tornato in Tunisia, iniziò la carriera giornalistica, scrivendo editoriali per quotidiani e periodici. Fu così che scoprì il proprio talento poetico e all’età di venticinque anni cominciò a scrivere poesie. Il suo primo componimento famoso è “L’inno dei sei giorni”, del 1984, dedicato alla “rivolta del pane” del gennaio di quell’anno, esplosa in risposta alle politiche neoliberiste adottate dal governo bourghibista. Il poema divenuto subito popolare fu bandito dal regime, e il poeta stesso fu incarcerato per poco tempo per avere partecipato a un sit-in a sostegno dell’Unione Generale Tunisina del Lavoro.
Nel 1987, invece, fu arrestato a Tunisi, mentre usciva da un bar, e poi condannato a un mese di carcere per stato di manifesta ubriachezza in luogo pubblico; a seguito della detenzione fu inoltre licenziato. Nel novembre di quell’anno salì al potere Ben Ali, destituendo l’anziano Boughiba con un colpo di Stato militare definito “medico”. Nel 1988, Awlad Ahmad poté finalmente pubblicare “Inno dei sei giorni” in un’omonima raccolta, la prima della sua carriera letteraria, seguita da “Ma io sono Ahmad” e da “Non ho problemi”, entrambe del 1989, e da “Il Sud dell’acqua”, del 1991. D’altra parte, tuttavia, l’autore era già entrato nel mirino non solo del regime di Ben Ali, ma anche dei seguaci dell’oscurantismo religioso cresciuto in Tunisia e altrove nel mondo arabo insieme al neoliberismo. Fu addirittura condannato a morte per apostasia dallo Sheikh Yusuf Qaradawi (1926-2022); e lui rispose a questa fatwa, una vera istigazione a ucciderlo, sporgendo querela contro lo stesso islamista qatariota di origine egiziana legato ai Fratelli Musulmani, che l’aveva emessa. Sentendosi perseguitato da tutti coloro che non sopportavano la sua penna graffiante, e osteggiato perfino da alcuni progressisti e capo redattori tunisini, nel 1992, Awlad Ahmad cominciò a comporre a Casablanca il poema “Il testamento”, che completò in Tunisia e pubblicò su più giornali arabi divenendo celebre nell’intera regione. Fu elogiato dal grande poeta palestinese Mahmud Darwish (1941-2008), che lo aveva ispirato più d’ogni altro e con cui condivideva la propensione a raccontare come un cronista attento l’evoluzione storico-culturale della propria società.
Nel 1993, Awlad Ahmad riuscì a realizzare un vecchio sogno nel cassetto, diventando il fondatore e direttore della Maison de la Poésie (Bayt al-Shi‘r), istituita dal ministero della Cultura tunisino. Ben Ali cercava di presentarsi come un grande ammiratore e patrocinatore del poeta della “rivolta del pane”, che aveva preannunciato la fine del regime di Bourghiba, soltanto per promuovere la sua stessa immagine in Tunisia e soprattutto in Occidente. Il dispotico Presidente tunisino introduceva infatti riforme costituzionali puramente cosmetiche per darsi un minimo di parvenza democratica, falsità che diffondeva tramite la propaganda mediatica di Stato, ottenendo così il benestare degli Stati Uniti e dei paesi europei con cui era alleato. Awlad Ahmad era consapevole di questi giochi politici, che denunciava nei suoi testi; quindi, nel 1997, lasciò l’incarico alla Maison de la Poésie. Ripubblicò “Il testamento” in un’omonima raccolta del 2002 e poi lo incluse anche in “Diario della Rivoluzione”, volume che si apre con la poesia “Tunisia: qui e ora”, composta durante la fase iniziale della rivolta nata dalle “ceneri creative” del giovane ambulante Mohamed Bouazizi.
Dopo il successo delle proteste risultate nella fuga di Ben Ali in Arabia Saudita, Awlad Ahmad continuò a partecipare attivamente al processo di democratizzazione della Tunisia. Aveva paragonato la rivoluzione stessa, nata senza un progetto o inquadramento ideologico preciso, a un’opera poetica moderna che, a differenza di una poesia classica, nasce quasi spontaneamente, a partire da un’immagine o una parola viene costruita di giorno in giorno. Awlad Ahmad scriveva nutrendosi dei nuovi stimoli che riceveva man mano dalla realtà che lo circondava e con cui interagiva, usando un linguaggio puntualmente attuale, semplice, incisivo, vicino al colloquiale e spesso provocatorio. Adottò un metodo compositivo legato all’oralità e un lessico richiamante la quotidianità. Si serviva di assonanze e ripetizioni per conferire un ritmo particolare ai suoi componimenti, rendendoli facili da leggere, memorizzare, recitare e cantare. Durante le serate poetiche, con acompagnamento musicale, infatti, il pubblico li cantava insieme al poeta stesso. Awlad Ahmad creò esclusivamente poesie in prosa, ricche di metafore e perlopiù segnate dall’ironia, occupandosi di svariati temi, come l’amore, l’amicizia e la musica, mentre tendeva a improntare all’umorismo nero i testi di denuncia politica e sociale, usando talvolta il gergo giornalistico. Per ragioni che non riguardano lo stile poetico, si sentiva – ed è considerato – erede del già citato Abu al-Qāsim al-Shabbi, giovane poeta romantico, nella vita anticonformista, personaggio scomodo per le autorità governative e religiose tunisine degli anni ’20, e tuttora amato in quanto simbolo di libertà nel mondo arabo in genere.
La vittoria del partito islamista conservatore Ennahdha alle prime elezioni democratiche della Tunisia post-Ben Ali fu una battuta d’arresto del processo rivoluzionario a cui Awlad Ahmad rispose, come sempre, con la scrittura. Nel 2012, espresse le sue idee laiche, criticando apertamente il nuovo governo, durante un programma televisivo, e da lì a poco fu aggredito da alcuni cosiddetti “salafiti”, rappresentanti dell’islamismo più oscurantista. L’autore non smise mai di opporsi al totalitarismo di qualsiasi matrice fosse e alla relativa cultura del terrore; per farlo, usava “le bombe della poesia e i fulmini della prosa”, come lui medesimo definì i suoi strumenti culturali in un post pubblicato su Facebook. Lottò con altrettanta determinazione contro il cancro scoperto troppo tardi e di cui morì il 5 aprile del 2016, proprio il giorno prima del suo sessantunesimo compleanno. Nella prefazione a “Diario della Rivoluzione”, Mohammed-Salah Omri afferma che, dopo Abu al-Qāsim al-Shabbi, con cui condivideva la libertà di spirito, Awlad Ahmad è senz’altro il poeta tunisino più riconosciuto come tale. “Celebrato dalle voci della protesta, bandito dalle autorità politiche e religiose, ribelle nel vero senso del termine, bohèmien ma sempre prolifico”, era stato dagli anni ‘80 in poi l’intellettuale più rappresentativo della cultura della contestazione nella storia della Tunisia indipendente. Pagine Esteri
Per PAGINE ESTERI, Annalisa Comes legge tre componimenti della raccolta “Diario della Rivoluzione” di Mohammed Sgaier Awlad Ahmad: “Tunisia: ora e qui”, “La poesia della farfalla” e “Il testamento”.
Patrizia Zanelli insegna Lingua e Letteratura Araba all’Università Ca’ Foscari di Venezia. È socia dell’EURAMAL (European Association for Modern Arabic Literature). Ha scritto L’arabo colloquiale egiziano (Cafoscarina, 2016); ed è coautrice con Paolo Branca e Barbara De Poli di Il sorriso della mezzaluna: satira, ironia e umorismo nella cultura araba (Carocci, 2011). Oltre a Diario della Rivoluzione, ha tradotto diverse altre opere letterarie, tra cui il romanzo Memorie di una gallina (Istituto per l’Oriente “C.A. Nallino”, 2021) dello scrittore palestinese Isḥāq Mūsà al-Ḥusaynī e la raccolta poetica L’autunno, qui, è magico e immenso (Il Sirente, 2013) del poeta curdo-siriano Golan Haji. Ha curato con Sobhi Boustani, Rasheed El-Enany e Monica Ruocco il volume: Fiction and History: the Rebirth of the Historical Novel in Arabic. Proceedings of the 13th EURAMAL Conference, 28 May-1 June 2018, Naples/Italy (Istituto per l’Oriente “C.A. Nallino”, 2022).
Costanza Ferrini è una comparatista di formazione filosofica, ricercatrice indipendente, saggista e artista. Si occupa di letteratura e cultura contemporanea del Mediterraneo. È stata corrispondente per l’Italia della rivista culturale La pensée de midi. Tra il 1997 e il 2002 ha progettato e curato la sezione letteraria della casa editrice Mesogea. Ha fatto parte per dieci anni del Comitato Scientifico del Festival di Letteratura Mediterranea di Lucera, di cui è stata anche direttrice artistica. Dal 2013, si dedica alla creazione di opere che coniugano scrittura e disegno, sia su argilla che su carta. I suoi lavori sono stati esposti in mostre collettive e personali organizzate in diverse città italiane ed europee. Ha pubblicato la monografia Venature mediterranee. Dialogo con scrittori di oggi (Mesogea, 1999). Oltre a Diario della Rivoluzione di Awlad Ahmad, ha curato molti altri volumi, fra cui la raccolta di poesie e opere d’arte di autrici di vari paesi, Di acqua e di tempo/Of Water and Time (Aiep, 2022), e l’antologia in due volumi Lingue di mare, lingue di terra (Mesogea,1999-2000).
Mohammed-Salah Omri è professore associato di Letteratura Araba e Comparata presso l’Università di Oxford. Si occupa specialmente di narrativa, di studi mediterranei, della percezione moderna dell’Islam in Occidente e di rivoluzioni arabe. Ha pubblicato le monografie: Confluency (Tarafud) Between Trade Unionism, Culture and Revolution in Tunisia (UGTT information and documentation unit, 2016) e Nationalism, Islam and World Literature: Sites of Confluence in the Writings of Mahmud al-Mas’adi (Routledge, 2006). Ha curato: con Mohsen El Khouni e Mouldi Guessoumi, University and society in the context of Arab revolutions and new humanism, (Rosa Luxembourg Foundation, 2016); con Maria Fusaro e Colin Heywood, Trade and cultural exchange in the early Modern Mediterranean: Braudel’s maritime legacy (Tauris, 2010); e The Novelization of Islamic Literatures: the intersections of Western, Arabic, Persian, Urdu and Turkish Traditions in Comparative Critical Studies, 2007.
NOTE
[1] Mohammed Sgaier Awlad Ahmad, Tūnis al-ān wa hunā. Diario della Rivoluzione, a cura di Costanza Ferrini, Prefazione di Mohammed-Salah Omri, tr. Patrizia Zanelli, Lushir, 2011.
L'articolo VIDEOLETTURA. “Diario della Rivoluzione”: la Tunisia e la poetica di Mohammed Sgaier Awlad Ahmad proviene da Pagine Esteri.
Guerra in Ucraina: gli afroamericani dicono no
Poiché i sondaggi dell’opinione pubblica americana mostrano un forte sostegno per il popolo ucraino e taiwanese in generale, vale la pena notare che in questi sondaggi, gli afroamericani riflettono una resistenza molto maggiore al potenziale impegno militare rispetto ad altri gruppi razziali. Un sondaggio di dicembre condotto dal Consiglio di Chicago ha rivelato che circa […]
L'articolo Guerra in Ucraina: gli afroamericani dicono no proviene da L'Indro.
Fitness normativa: TLC vs OTT. Ora che la multa del #GarantePrivacy irlandese a #Meta ha cambiato lo scenario della pubblicità online, 4 Tlc europee ambiscono a rivoluzionare il settore
FITNESS NORMATIVA: TLC VS OTT. ORA CHE LA MULTA DEL #GARANTEPRIVACY IRLANDESE A #META HA CAMBIATO LO SCENARIO DELLA PUBBLICITÀ ONLINE, 4 TLC EUROPEE AMBISCONO A RIVOLUZIONARE IL SETTORE!
Quattro delle più grandi società di telecomunicazioni europee hanno formalmente informato la Commissione europea di una joint venture per costruire una piattaforma tecnologica per la pubblicità digitale, secondo una comunicazione depositata, pubblicata lunedì (9 gennaio).
Secondo il documento pubblicato un gruppo di pesi massimi delle telecomunicazioni, tra cui Deutsche Telecom, Orange, Telefonica e Vodafone, vuole "offrire una soluzione di identificazione digitale a norma privacy per supportare le attività di marketing e pubblicità digitale di marchi ed editori".
L'articolo di Luca Bertuzzi continua su Euractiv
Big European telecom operators seek EU antitrust clearance for online advertising bid
Four of Europe’s largest telecom companies formally informed the European Commission of a joint venture to bLuca Bertuzzi (EURACTIV)
like this
reshared this
Presentazione del libro “Non diamoci del Tu – La separazione delle carriere” – 23 gennaio 2023, Prato
23 gennaio 2023, ore 19:00 – Ex Chiesa di San Giovanni, Via San Giovanni, 9 – Prato
intervengono
ANDREA CANGINI
BENEDETTA FRUCCI
MARCO MARIANI
moderano
PASQUALE PETRELLA, IL Tirreno
NADIA TARANTINO, Notizie di Prato
L'articolo Presentazione del libro “Non diamoci del Tu – La separazione delle carriere” – 23 gennaio 2023, Prato proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Ucraina e all-domain. Il primo Consiglio supremo di Difesa dell’era Meloni
Dalla situazione sul campo in Ucraina, agli equilibri geopolitici del Mediterraneo, passando per l’esame sull’efficienza dello strumento militare nazionale fino alle indicazioni sul rapporto con le alleanze di riferimento, Nato e Ue. Sono alcuni dei temi trattati dal Consiglio supremo di Difesa, presieduto dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il primo del nuovo governo guidato da Giorgia Meloni. La riunione, inizialmente prevista per dicembre dell’anno scorso, era stata rimandata a causa della positività al Covid di Mattarella. Oltre al Capo dello Stato e al presidente del Consiglio, al vertice hanno partecipato i ministri della Difesa, Guido Crosetto; dell’Interno, Matteo Piantedosi; degli Esteri, Antonio Tajani; dell’Economia, Giancarlo Giorgetti; delle Imprese, Adolfo Urso; il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano; il capo di stato maggiore della Difesa Giuseppe Cavo Dragone; il segretario del Consiglio supremo di Difesa, Francesco Garofani; e il segretario generale della presidenza della Repubblica, Ugo Zampetti. L’occasione ha anche permesso al presidente Mattarella di rinnovare la soddisfazione per l’arresto di Matteo Messina Denaro, esprimendo le sue congratulazioni al ministro dell’Interno, all’Arma dei Carabinieri, a tutte le Forze dell’ordine e alla magistratura
Guerra in Ucraina
Il vertice si svolge a quasi un anno di distanza dall’inizio dell’invasione russa, e anticipa il prossimo vertice del Gruppo di contatto per l’Ucraina previsto presso la base aerea statunitense di Ramstein, in Germania, il 20 gennaio, a cui parteciperà il ministro Crosetto, e che dovrà decidere degli ulteriori aiuti da inviare a sostegno delle forze armate ucraine. Tra i differenti temi in agenda, oltre alla questione degli armamenti pesanti più volte richiesti da Kiev, ci sarà la questione delle batterie anti-missile Samp/T, un argomento che riguarda da vicino il nostro Paese. Nel corso del Consiglio di Difesa, che ha ribadito la condanna all’aggressione russa, rinnovando la volontà del Paese a continuare il sostegno al popolo ucraino per la difesa del proprio territorio.
Attenzione al Mediterraneo
Particolare attenzione è stata data allo scenario del Mediterraneo allargato, la principale area di interesse strategico italiano, e a quelle aree di crisi dove sono coinvolte le Forze armate italiane. In particolare è stato sottolineato come la presenza russa in diverse regioni già fragili, dalla Libia al Sahel, dal Medio oriente ai Balcani, stia causando l’aggravarsi dell’instabilità, con potenziali ripercussioni sugli scenari di sicurezza dell’intero bacino. Di fronte a queste crisi, il Consiglio ha rinnovato il suo appello alla Nato affinché “riservi adeguata attenzione anche al Fronte Sud dell’Alleanza”
La Difesa europea
Oltre all’architettura atlantica, il Consiglio è intervenuto anche sul tema della costruzione di una dimensione europea della Difesa comune. In quest’ottica, il Consiglio ha sottolineato la necessità di procedere alla promozione dello sviluppo di capacità militari in “modo cooperativo, anche nell’ottica di una razionalizzazione della spesa degli Stati membri per la difesa”.
Ammodernamento dello Strumento militare
Il Consiglio è stato anche l’occasione per fare un punto sullo stato di efficienza dello strumento militare nazionale, durante il quale sono state presentante le esigenze che si intende garantire dalle Forze armate, anche alla luce delle necessità di interazione con gli alleati europei e, soprattutto, della Nato. In questo senso, il Consiglio ha fatto emergere l’esigenza che la strategia d’impiego delle Forze armate italiani “coniughi sempre due linee d’azione parallele: quella operativa e quella cooperativa”. Un’integrazione interforze che faccia della interoperabilità delle Forze armate un punto centrale dell’azione della Difesa italiana. Un importante riconoscimento dell’importanza rivestita dall’azione multi-dominio da tempo intrapresa dalle Forze armate, che dovrà essere sostenuta anche dall’avanzamento tecnologico garantito dalla base industriale del Paese.
Irish Data Protection Authority gives € 3.97 billion present to Meta. Authority allegedly unable to assess financial benefit from Meta's GDPR violations.
L'Autorità irlandese per la protezione dei dati personali consegna a Meta 3,97 miliardi di euro. L'Autorità non sarebbe in grado di valutare i benefici finanziari derivanti dalle violazioni del GDPR da parte di Meta. Il DPC ha chiuso un occhio sui ricavi generati da Meta dalla violazione del GDPR dal 2018. Ignorando la richiesta dell'EDPB di includere le entrate illecite di Meta, ha ridotto la multa di 3,97 milioni di euro.
Prova di invio con menzione @ alla comunità feddit test e successiva menzione con @ al forum libri di poliverso
@Test: palestra e allenamenti :-)
Testo testo
skariko likes this.
reshared this
#uncaffèconLuigiEinaudi ☕ – Quando al figlio del povero
Quando al figlio del povero saranno offerte le medesime opportunità di studio e di educazione che sono possedute dal figlio del ricco; quando i figli del ricco saranno dall’imposta costretti a lavorare, se vorranno conservare la fortuna ereditata; quando siano soppressi i guadagni privilegiati derivanti da monopolio e siano serbati ed onorati i redditi ottenuti in libera concorrenza con la gente nuova e la gente nuova sia tratta anche dalle file degli operai e dei contadini, oltre che dal medio-ceto
da Il nuovo liberalismo, “La città libera”, 15 febbraio 1945
L'articolo #uncaffèconLuigiEinaudi ☕ – Quando al figlio del povero proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
L’’interesse nazionale’ non vale una modifica della Costituzione
Confesso che non ricordo come e quando, ma è solo colpa mia, confesso, dico, che devo essermi iscritto ad una associazione ‘culturale’ dal nome molto interessante e, per me, intrigante: «Coordinamento per la democrazia costituzionale», ma non ricordo quando. Non mi ero posto il problema del nome un po’ curioso perché la democrazia è democrazia […]
L'articolo L’’interesse nazionale’ non vale una modifica della Costituzione proviene da L'Indro.
Perché la Russia sta reclutando ex soldati afghani per la sua guerra contro l’Ucraina?
Secondo diversi rapporti, la Russia sta reclutando personale di sicurezza afghano, precedentemente addestrato dagli Stati Uniti, per il suo sforzo bellico contro l’Ucraina. Secondo quanto riferito, gli ex commando e soldati d’élite afgani si uniranno alla compagnia militare privata russa nota come Wagner Group, una forza mercenaria privata che svolge un ruolo di primo piano […]
L'articolo Perché la Russia sta reclutando ex soldati afghani per la sua guerra contro l’Ucraina? proviene da L'Indro.
Nessun vaccino per le sfide della Cina
Il 2022 è stato dominato da tre questioni per la Cina. La prima è stata la lotta in corso contro la pandemia di COVID-19. La seconda è stata la preparazione e l’esito del 20° Congresso del Partito Comunista Cinese tenutosi in ottobre. Il terzo è stato l’impatto dell’invasione russa dell’Ucraina alla fine di febbraio. Tutti […]
L'articolo Nessun vaccino per le sfide della Cina proviene da L'Indro.
Davos, affrontare la frammentazione dove conta di più: commercio, debito e azione per il clima
Mentre i responsabili politici e gli imprenditori si riuniscono al World Economic Forum di Davos, si trovano ad affrontare un nodo gordiano di sfide. Dal rallentamento dell’economia globale e dai cambiamenti climatici alla crisi del costo della vita e agli alti livelli di indebitamento: non c’è un modo semplice per superarli. A ciò si aggiungono […]
L'articolo Davos, affrontare la frammentazione dove conta di più: commercio, debito e azione per il clima proviene da L'Indro.
Intercettazioni, le falsità dei giustizialisti sulla Cartabia
La manina nascosta, la velina velenosa, la gran cassa che amplifica senza discernimento, l’agente incursore nei talk, i mazzieri della menzogna negli editoriali dei quotidiani più faziosi, e la riforma della giustizia diventa una vergogna nazionale, di cui indignarsi. Missione compiuta. Il giustizialismo di lotta e di governo ha colpito all’unisono, dimostrando quanto fragile e incerta sia, nella politica e nel giornalismo allo stesso modo, la cultura delle garanzie e l’accertamento della veridicità dei fatti. La prima mossa è un notizia confezionata chiavi in mano: riferisce che la mancanza della querela fa impuniti ladri, sequestratori e picchiatori. Chi, e come, la faccia giungere alle redazioni dei giornali è un mistero. Però dai giudiziaristi viene rilanciata, com’è costume dei tempi, senza alcun fact cecking.
In realtà la riforma Cartabia ha esteso la procedibilità a querela per le ipotesi meno gravi di alcuni reati, tra cui violenza privata, furto non in casa, sequestro di persona semplice e lesioni personali, puniti dal legislatore con sei mesi o poche settimane nel minimo. Negli ultimi quarant’anni è accaduto quattro volte, nel 1981, nel 1999, nel 2018 e adesso, sempre con lo stesso obiettivo: consentire alla macchina della giustizia di concentrare le proprie risorse sui delitti più pericolosi. Tra il 2015 e il 2021 trentunomila furti sono andati impuniti per «particolare tenuità del fatto», riconosciuta in primo o in secondo grado dopo anni e anni di udienze. La riforma si propone di evitare il processo tutte le volte in cui l’interesse della vittima viene meno, o perché risarcita o perché disinteressata. La querela rimette l’azione penale in connessione con l’offensività del reato, cioè con la concreta lesione di un bene giuridico. La quale, nel caso del furto, è il danno subito per la sottrazione della cosa. La misura di questo non può prescindere dalla rappresentazione che la vittima esprime del fatto con una manifestazione di volontà. Non si può qualificare il furto senza una percezione soggettiva della sottrazione della cosa, o il sequestro di persona senza una percezione soggettiva della compressione della propria libertà, fuori dai casi in cui possa ravvisarvi una violenza che coarta all’inerzia la volontà della vittima. In questo senso la querela riporta la fattispecie in asse con i principi di un diritto penale liberale.
Senonché a Jesolo due ladri, pizzicati a rubare in un hotel, vengono scarcerati perché il titolare è un oligarca russo, che non è nella condizione di presentare querela. A Vicenza la storia si ripete con una società di noleggio, il cui rappresentante legale è assente. Ciò che viene meno è l’arresto in flagranza, non certo l’azione penale nei confronti degli autori, la quale si ferma per improcedibilità solo se entro tre mesi la querela non giunge. Eppure gli allarmi che connotano queste notizie parlano d’impunità. Sarà per il malinteso senso della sanzione penale, che ormai nella percezione collettiva coincide con la custodia cautelare. «Se proprio la si volesse disporre – spiega ai giornali il giurista Gian Luigi Gatta, già consigliere di Marta Cartabia – basterebbe prevedere che la querela giungesse nelle 48 ore che passano tra il fermo del pm e la convalida del gip». Ma è più utile gridare all’impunità e dire, come fa il prefetto di Venezia, Vittorio Zappalorto, che «la riforma Cartabia fa solo gli interessi dei delinquenti. Mi auguro che finisca in soffitta».
Può un rappresentante del governo attaccare una legge del Parlamento senza subire alcuna conseguenza disciplinare? La risposta è sì. Può farlo perché la nostra ha smesso di essere una democrazia parlamentare per somigliare a uno Stato di polizia. Dove i poliziotti sono irresponsabili non solo per quello che fanno, ma anche per quello che dicono. Prendete il super poliziotto Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro e oracolo di molti talk televisivi, dove sdottoreggia senza contraddittorio sullo scibile umano, sollecitato da giornalisti compiacenti. Dopo aver detto che il governo Draghi ha fatto disastri nella lotta alla mafia, adesso fa l’agente incursore contro la riforma Cartabia: «È un disastro – ripete -, non degno di un Paese civile». E rilancia la confusione tra mancati arresti e impunità, arrivando a sostenere che da oggi in poi i ladri aggrediranno i beni degli stranieri, lontani dall’Italia, essendo certi di farla franca. L’artificio dialettico del magistrato è una sineddoche: si racconta una parte, del tutto residuale ed eccezionale, per il tutto, allo scopo di demolire il tutto.
Ma al peggio non c’è fine. «Riforma Cartabia, il caso scarcerazioni: a Palermo salvi tre boss, nessuno denuncia», recita il titolo di un grande quotidiano. In realtà è accaduto che, sollecitati da un imprenditore che subiva di continuo assalti nei suoi negozi, i tre mafiosi abbiamo individuato, sequestrato e picchiato gli autori delle rapine, ottenendo da questi anche la promessa di restituire quanto portato via dalla cassa. Per questo sono stati condannati rispettivamente a sedici, tredici e cinque anni di carcere. La mancata querela delle vittime, indotta dalla paura, fa cadere la meno grave accusa di sequestro. Ma nessuna scarcerazione è mai avvenuta, né mai avverrà. Perché gli imputati rispondono, come normalmente accade in contesti mafiosi, anche dei reati tipici della criminalità organizzata, che erano e restano – anche dopo la riforma – procedibili d’ufficio: associazione mafiosa ed estorsione. È del tutto improbabile che un mafioso a cui è contestato un reato comune e non grave (sequestro di persona semplice, lesioni personali lievi) non abbia a suo carico anche i classici e più gravi reati di criminalità organizzata, come l’associazione per delinquere semplice e di tipo mafioso, l’estorsione, l’usura, il sequestro di persona a scopo di estorsione, l’omicidio, le lesioni personali, anche lievi, commesse da più persone (anche solo due), oppure con armi. Tutti reati che erano e restano procedibili d’ufficio. In ogni caso il governo ha rinviato la riforma di due mesi per correggere eventuali criticità. Sé queste c’erano, sia pure nell’ipotesi di casi eccezionali, c’è da chiedersi perché non abbia adempiuto prima al suo impegno. Avrebbe evitato di dare ai mazzieri della menzogna l’occasione di gridare all’impunità e di lanciare l’allarme inesistente di un’ondata di scarcerazioni, chiedendo, come fa Marco Travaglio sul «Fatto Quotidiano», un esame psichiatrico per quei magistrati che, come Carlo Nordio, «vanno in pensione e poi diventano ministri della giustizia». Gli fa eco Maurizio Belpietro su «La Verità»: «Con la riforma Cartabia – scrive – delinquenti subito liberi».
Il disegno occulto non si vede ma c’è. Marta Cartabia ha tolto il microfono dalle mani dei procuratori showman, riaffermando la presunzione di innocenza per gli indagati, ha staccato la spina della prescrizione «sine die», ha chiamato i pm alla responsabilità con un primo abbozzo di valutazione e imponendo loro un giudizio di probabilità di condanna su chi portano a processo, ha cercato di svuotare il buco nero delle carceri, simboli del totalitarismo giudiziario. Nordio ha detto di voler rendere tassativo il codice penale, compiuti il rito accusatorio e la separazione della carriere, inappellabili le sentenze di assoluzione di primo grado, inservibili le intercettazioni come mezzo di gogna giudiziaria. Ce n’è quanto basta per metterli entrambi alla gogna, da destra e da sinistra, dai giornali e dai talk, dai giudici e dai prefetti. Il partito dello sfascio non ha colore né ideologia, ma una concrezione di poteri, pregiudizi e interessi diversi che si tengono insieme. I suoi protagonisti, palesi e nascosti, non hanno bisogno di consultarsi, perché difendono tutti la stessa ditta, a danno del Paese e della sua necessità di cambiare. C’è un solo filtro che potrebbe fermare il loro assalto alla democrazia liberale: un giornalismo non supino, ma indipendente, capace di sottrarsi al fascino dell’emergenza. È merce rara.
L'articolo Intercettazioni, le falsità dei giustizialisti sulla Cartabia proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Disonorato
Riceverà le cure di cui ha bisogno e morirà in carcere. Matteo Messina Denaro lo sa. Lo ha messo nel conto già molti anni fa. Averlo assicurato alla giustizia è un sicuro ed enorme successo, il cui merito va ai Carabinieri del Reparto operativo speciale e ai magistrati che hanno seguito le battute finali. L’esperienza ci ha insegnato a non trarre frettolosamente conclusioni definitive. Dopo l’arresto di Totò Riina c’è stata una catena di processi in cui la procura ha provato a sostenere la colpevolezza degli uomini che avevano servito lo Stato e la giustizia. Si spera che non ricapiti, ma i contorni di questa cattura non si racchiudono nella sola esultanza per il suo essere divenuta realtà.
Messina Denaro si trovava a Palermo. Era stato tracciato in altri Paesi e pare che in Spagna abbia subito un’operazione chirurgica. Sta di fatto che il posto dove si muoveva in maggiore sicurezza fosse Palermo. Qui viveva e operava il suo disonorato lavoro. Restare dove si opera e latitare per trenta anni non è possibile senza un’efficiente rete di copertura e protezione. Alle cure mediche accedeva con documenti falsi, ma quando si è un ricercato di quel calibro non bastano documenti falsi per non essere individuato.
In quella clinica era in cura da un anno. Ieri mattina si è recato da solo, accompagnato esclusivamente dall’autista. I Carabinieri, giustamente, per garantire la sicurezza dei pazienti e per assicurarsi la buona riuscita dell’operazione, avevano piazzato i loro uomini. La rete di sicurezza di Messina Denaro non si era accorta di nulla. Quando il criminale ha visto arrivare gli uomini ha provato ad allontanarsi, ma andare verso il cancello non è proprio un tentativo di fuga. Vecchio e malandato sarebbe anche rincretinito, se avesse pensato di potere allontanarsi alla chetichella. Tanto poco lo ha pensato che, pur essendo accreditato sotto falso nome, alla richiesta dei militari ha risposto dando le sue autentiche generalità. Somiglia molto ad una consegna, se rassegnata o negoziata lo sapremo, forse, con il tempo. Il tripudio loquace dei vertici della clinica risponde molto alle modalità comunicative della televisione, ma sarebbe ingenuità eccessiva supporre che il pericolo è passato perché il capo è stato arrestato. Per certi aspetti, anzi, il pericolo potrebbe essere più concreto, ove fra i disonorati complici si diffondesse la convinzione che vi sia stata consapevole collaborazione nel catturare il loro mandriano.
Oggi si festeggia. Poi si vedrà. Nel festeggiare ricordiamo tre cose. La prima è un insegnamento di Giovanni Falcone: inutile cercare il “terzo livello”, l’anello di congiunzione fra questi macellai ladri e la politica occulta del potere italiano, perché non c’è. Sarebbe già molto se ci fosse il potere italiano. La mafia è controllo del territorio, come anche la camorra ha radicamento sociale, quindi può muovere voti, ma stiamo parlando di mezze seghe al servizio di disonorati interi. Il che non significa non siano pericolosi, anzi, ma non è quello il livello di inesistenti “trattative”. La seconda è che la mafia di Messina Denaro non era meno disonorata di quella di Riina e dei suoi disonoratissimi predecessori, ma era meno potente. L’organizzazione cresciuta in potere economico ed espansione territoriale è la ‘ndrangheta. Ma si rigenera, la mafia. Morto una capo ne nasce un altro. Terza: la Sicilia, come l’intero Mezzogiorno, ha bisogno di più Stato. Non per l’assistenzialismo, che nuoce alla salute morale, ma per la sicurezza e la giustizia. E qui lo Stato, purtroppo, funziona meno che altrove.
È toccato ancora una volta ai Carabinieri portare a casa il successo. Lo si costruisce con le indagini, ma anche con la presenza. La mafia non riconosce lo Stato, perché non lo conosce, ma conosce e riconosce i Carabinieri. Che hanno pagato sangue e non solo sangue, per svolgere questo ruolo. Contiamo che lo Stato, questa volta, sappia di essere uno solo. Riconoscente verso i figli migliori.
L'articolo Disonorato proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Inizia la recessione demografica cinese
INIZIA LA RECESSIONE DEMOGRAFICA CINESE
@Notizie dall'Italia e dal mondo
La Cina ha ufficialmente registrato la prima recessione demografica degli ultimi sessant’anni. Lo confermano i dati del 2022, che segnalano un record: il tasso di natalità più basso di sempre, e il tasso di mortalità più alto dal 1975. Le stime del 2021 segnalavano già un trend negativo, che fissava così l’inizio dell’inverno demografico prima del 2025. L’agenzia stampa Reuters ha pubblicato un riassunto delle politiche e dei dati che riguardano la popolazione cinese, adducendo tra le cause principali della crisi la politica del figlio unico (400 mila nascite in meno) e l’attuale incertezza economica. A questi elementi si aggiungono le stime sulle morti della pandemia (correlate al virus o alla contrazione dei servizi sanitari) dichiarate negli ultimi giorni.
Contestualmente, sempre stamattina, sono stati rilasciati i dati sulla crescita dello scorso anno. Secondo le stime ufficiali il Pil cinese si è espanso di... CONTINUA
like this
reshared this
Ucraina: no ad una nuova ‘guerra per sempre’
Ogni volta che è stato chiesto se gli Stati Uniti cambieranno la loro politica riguardo al conflitto in Ucraina, per iniziare a spingere affinché Kyiv avvii i negoziati piuttosto che apparentemente fornire tutto il denaro e tutte le armi che chiedono, il ritornello dell’amministrazione Biden è stato una variazione coerente di “Continueremo a fare quello […]
L'articolo Ucraina: no ad una nuova ‘guerra per sempre’ proviene da L'Indro.
Perché Walter Lippmann voleva demolire le idee alla base della Guerra Fredda
Walter Lippmann (1889 -1974) è stato forse il giornalista americano più influente del XX secolo. Era anche tra i suoi più saggi strateghi. Tra le molte cose che la guerra in Ucraina ha messo in luce c’è la cospicua mancanza di voci mediatiche come quella di Lippmann, così come la scarsità di pensiero strategico ai […]
L'articolo Perché Walter Lippmann voleva demolire le idee alla base della Guerra Fredda proviene da L'Indro.
Equità per l’Ucraina
Equità è la parola d’ordine dichiarata dell’amministrazione Biden su questioni di giustizia sociale e parificazione dei risultati. Tuttavia, questo principio deve ancora essere pienamente applicato nel caso dell’Ucraina. L’equità fa parte delle leggi di guerra. Tutti i paesi hanno il diritto a ritorsioni proporzionate. Senza questo diritto, il diritto internazionale sarebbe impotente. È giunto il […]
L'articolo Equità per l’Ucraina proviene da L'Indro.
CONFESSIONI DI UNA MASCHERA GENNAIO MMXXIII
CONFESSIONI DI UNA MASCHERA GENNAIO MMXXIII
Si è chiuso un anno. Nel peggiore dei modi? Probabilmente, ma non per i motivi che si potrebbe essere portati a pensare. Non sono e non possono essere gli imbarazzanti elementi che rappresentano le tre forze di governo a condizionare il nostro umore. Ci sono cose ben più gravi a cui pensare, ad esempio, restando in tema, consideriamo molto peggio l’assenza di un’alternativa a trio di cui sopra. Che sono, è bene ricordarlo, non la causa del male ma i suoi sintomi, la manifestazione conseguente. Il nostro ragionamento deve quindi, per forza di cose, andare oltre, alzarsi da un punto di vista concettuale.
iyezine.com/confessioni-di-una…
CONFESSIONI DI UNA MASCHERA GENNAIO MMXXIII - 2023
È l'uomo, come sempre, la più grande delusione dell'anno. Lo diciamo da talmente tanto tempo che forse stiamo diventando stucchevoli nel nostro ripeterci.Marco Valenti (In Your Eyes ezine)
Angelo Panebianco e Massimo Teodori – La parabola della Repubblica
VIAGGI E STORIA. L’Europa che nasce da Sarajevo, l’Europa che a Sarajevo muore
di Paolo Pantaleoni* –
Pagine Esteri, 4 gennaio 2022 – (Seconda parte – leggi qui la prima parte) Seguendo il corso della Sava fino alla confluenza sua nel Danubio si arriva in una Belgrado più affascinante che bella, una città che prosegue la sua torsione da città cosmopolita e laica, capitale per oltre cinquant’anni di un paese multietnico, a capitale di un’anima conservatrice ed ortodossa emersa nell’ultimo ventennio anche per negazione altrui.
Pochissimi i turisti stranieri che si incontrano in città.
La Serbia vive in gran parte di turismo interno, di serbi e cittadini delle repubbliche ex jugoslave, e di turismo russo.
Le bandiere russe sono ovunque, in sostegno all’invasione dell’Ucraina in nome della comune appartenenza all’ortodossia cattolica slava, e mentre alla comunità LGBTQ viene impedito di sfilare al Gay Pride, con un provvedimento di urgenza del governo, con facilità si incontrano sui muri del centro scritte inneggianti a Ratko Mladic.
I servizi segreti di mezzo mondo sapevano dove fosse il criminale latitante teoricamente pluriricercato, lo avevano anche filmato mentre andava al mare in Montenegro con la famiglia, protetto dal governo serbo è stato consegnato dalle autorità quando la Serbia aveva necessità di normalizzare il proprio rapporto con l’Unione Europea.
Non è un caso che sia stato protetto da governo e servizi più di quanto non siano stati protetti Milosevic e Karadzic.
Il sogno autarchico di Izbegovic dopo 30 anni si è avverato.
Sarajevo è oggi una sorte di colonia turca dove si muore di fame con 450 euro mensili di stipendio medio, con cui non si arriva a fine mese.
Il paese ferito ha smarrito da tempo la sua anima gentile e si è, poco alla volta, svuotato delle giovani generazioni man mano che venivano portati a termine i percorsi di studio accademico.
La migliore gioventù bosniaca emigra da anni in cerca di futuro.
Memoriale di Srebrenica – © Foto di Paolo Pantaleoni
Gli accordi di Dayton hanno, in sintesi estrema, ratificato l’esistente, la separazione della società bosniaca su base etnica, dalla politica all’istruzione il settarianesimo istituzionalizzato è un pilastro della Bosnia di oggi.
Non stupisce la notizia secondo cui almeno 300 bosniaci sono andati a cercare fortuna gloria e danaro in Siria tra le file dell’Isis, ed almeno 70 sono morti.
La predicazione degli imam wahabiti arrivati dall’Arabia Saudita ha pescato con facilità nella povertà diffusa.
Per comprendere il neo ottomanesimo di Erdogan è stato utile recarmi a Sarajevo 3 volte nell’arco di un decennio.
I danni della ricostruzione sono prossimi a quelli della guerra.
In un paese in cui molti profughi non sono mai rientrati, dove i soldi degli aiuti internazionali vengono spartiti su base etnica, nella quotidianità bosniaca è assente la speranza.
Dopo Dayton in Bosnia si è privatizzato tutto il privatizzabile e sono arrivati i soldi delle petrolmonarchie del golfo, della Turchia e dell’Iran.
Una società laica da secoli si è lentamente islamizzata, le ragazze hanno ripreso ad indossare il velo, cosa estranea alla cultura bosniaca del secondo ‘900.
Il turismo di massa turco e saudita ha fatto il resto.
Mi tornano spesso in mente le parole di Ghassan Andoni, lucidissima mente libera Palestinese, quando rispetto ai fiumi di petroldollari sunniti che invadono la Palestina mi disse “sono Palestinese e voglio vivere in Palestina, non in un’area tribale dell’Afghanistan”.
Nel sonno della ragione il restauro della grande biblioteca di Sarajevo è stato completato, ora è un museo fatto sulle ceneri di 2milioni di libri perduti per sempre, mentre il centro storico di Sarajevo somiglia sempre più a quello di Istanbul.
Nel frattempo, eccezion fatta per la comunità dei serbi di Bosnia i consensi dei partiti nazionalisti sono in crisi.
Vent’anni di promesse disattese, di assenza di una ricostruzione capace di redistribuire ricchezza hanno portato nelle ultime elezioni ad un risultato sorprendente sia dentro la comunità croata che dentro quella bosniaca.
I partiti nazionalisti sono crollati nei consensi.
I nazionalisti mantengono una maggioranza ancora ampia solo nella comunità serba.
Per questo motivo, a intervalli regolari, il presidente della Repubblica Serba di Bosnia Milorad Dodik avvia la narrazione di un referendum sull’indipendenza della Repubblica Serba che, con ogni probabilità, non avverrà mai, accolto con freddezza anche dal governo serbo come si fa con un argomento inflazionato.
La fuga dalla Bosnia delle giovani generazioni scolarizzate ha impoverito enormemente il paese, sia sul piano culturale che sotto il profilo dello sviluppo economico.
A rendere ancor più grotteschi i panegirici nazionalisti di Dodik vi è la mancanza sul campo di persone con cui praticare una rottura non solo istituzionale.
Ricordo esattamente dov’ero e cosa stessi facendo l’11 Settembre del 2001 quando venni raggiunto dalla notizia degli attentati alle torri gemelle.
Ognuno di noi ricorda esattamente dove fosse e cosa stesse facendo quel giorno quando arrivarono le prima notizie dagli Stati Uniti seguite dalle immagini trasmesse in mondo visione.
Per quanto mi sforzi non riesco invece a ricordare dove fossi e cosa stessi facendo nelle giornate terribili tra il 9 ed il 25 Luglio 1995.
E pensare che in quei giorni, a poco più di un’ora di volo dall’Italia, morirono più del triplo delle vittime dell’11 Settembre 2001.
Oltre 8000 persone uccise nel cuore dell’Europa perché musulmane.
La più grande strage di civili del dopoguerra fu un genocidio di musulmani che si erano rifugiati nell’area protetta delle Nazioni Unite tra Tuzla e Srebrenica sotto la protezione dei caschi blu olandesi alloggiati presso l’ex fabbrica di trattori a Potocari.
Memoriale di Srebrenica – © Foto di Paolo Pantaleoni
Dopo lo sfondamento da parte serba delle difese dell’enclave di Srebrenica, la popolazione della zona cercò rifugio presso la base dei caschi blu immaginando che le Nazioni Unite avrebbero offerto protezione ai civili.
Per l’esercito Serbo Bosniaco, e per i paramilitari serbi, greci (su Srebrenica sventolò la bandiera greca issata dai volontari della Guardia di Volontariato Greco, oggi Alba Dorata) e russi, i Caschi Blu Olandesi del colonnello Kerremans furono complici e non un ostacolo.
Per la corte Suprema Olandese, il Governo Olandese fu responsabile del 10% delle vittime del massacro di Srebrenica perché furono circa 5000 i bosniaci entrati fisicamente nell’ex fabbrica di trattori di Potocari in cui alloggiavano i militari dei Paesi Bassi.
Quando i serbi terminarono di portare via le persone ammassate all’esterno, dividendo gli uomini dalle donne, le persone che pensavano di essere al sicuro dentro la base olandese vennero fatte uscire e subirono la stessa sorte tragica delle altre.
Al memoriale del genocidio, lungo la strada che da Bratunac porta a Srebrenica, ci si torce dal dolore nel leggere un elenco di nomi che sembra non finire mai.
Il processo di identificazione delle vittime e di ricerca delle fosse comuni non è ancora terminato.
La vittima più giovane fu una neonata di nome Fatima, la madre l’aveva partorita dentro la base, venne uccisa dai miliziani serbi perché piangeva.
Il tribunale dell’AIA, lo stesso che ha assolto il criminale croato Ante Gotovina (ex legionario ed ex intimidatore di sindacalisti in sciopero negli anni in cui viveva in Francia) non si è mai sognato di processare i militari olandesi corresponsabili di un genocidio.
La comunità internazionale di sdegnò per la distruzione dello Stari Most di Mostar (come si sdegnò per la distruzione dei Buddha di Bamiyan in Afghanistan, o dell’area archeologica di Palmira in Siria) ma non per le responsabilità delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea che riconobbero come interlocutori istituzionali personaggi impresentabili come Karadzic e Izetbegovic, o che riconobbero l’indipendenza di Croazia e Slovenia senza interrogarsi sulle conseguenze di quel riconoscimento.
Alexander Langer scriveva che l’Europa nasceva o moriva a Sarajevo.
Basta andare a Sarajevo oggi per assistere alla seconda tragedia bosniaca fatta di precarietà, povertà, settarismo e corruzione, per guardare anche a noi stessi, alle nostre comunità e capire quale Europa sia nata da Sarajevo e quale sia morta assieme alle 10mila vittime dell’assedio.
A Srebrenica oggi un giovane di nome Irvin (che ha perso il padre ed uno zio nel genocidio), ex profugo che trovò rifugio in Italia, ha deciso di porre fine al suo esilio per fare rientro in patria e realizzare dal nulla, in un terreno poco fuori Srebrenica, un eco villaggio autocostruito, in bi- edilizia, utilizzando le tecniche di costruzione tradizionali, recuperando le tegole dei tetti in ardesia dai villaggi distrutti nei dintorni.
Ponte di Visegrad, sul fiume Drina – © Foto di Paolo Pantaleoni
Per qualche giorno quel villaggio è stato un luogo dell’anima nato per affrancare un’area meravigliosa, attraversata dalla maestosità della Drina e del suo canyon, dal ricordo tragico della guerra.
Irvin, grazie anche all’aiuto del Gruppo Italiano Amici della Natura, e col suo lavoro fatto in parti uguali di fatica ed umanità, organizza escursioni sostenibili, anche di più giorni, nelle foreste e nei monti al confine tra Serbia e Bosnia, ed ha coinvolto le persone dei villaggi attorno a Srebrenica, per promuovere il patrimonio culturale e le tradizioni della Bosnia rurale, contribuendo a tenere in vita quello che Salvatore Quasimodo chiamava il grande umanesimo contadino.
Come scriveva Winston Churchill, “i Balcani producono più storia di quella che possono digerire”.
________________
*Paolo Pantaleoni, nato e cresciuto a Rimini. Di formazione umanistica, ha studiato presso l’Università di Bologna, abbandonando con successo gli studi in Scienze Politiche a favore di quelli in Storia. Militante sociale, per un decennio si è occupato di cooperazione decentrata in Palestina. Appassionato di cucina, per lavoro si occupa di sicurezza nei luoghi di lavoro ed igiene degli alimenti in una società di ristorazione. Nel tempo libero si divide tra il guardare il mondo con curiosità e lentezza e praticare le proprie passioni. Viaggiatore, camminatore, escursionista ed apicoltore ha una venerazione per la pesca con la mosca artificiale.
L'articolo VIAGGI E STORIA. L’Europa che nasce da Sarajevo, l’Europa che a Sarajevo muore proviene da Pagine Esteri.
VIDEO. Raid esercito israeliano a Dheisheh. Ucciso un 14enne, arrestata ed espulsa una italiana
della redazione
Pagine Esteri, 16 gennaio 2023 – Un palestinese di 14 anni, Omar Al Khamour, è deceduto poco dopo essere stato ferito gravemente questa mattina da colpi sparati dell’esercito israeliano durante un raid nel campo profughi di Dheisheh (Betlemme). ll Ministero della Salute palestinese ha riferito che il ragazzo è stato colpito alla testa. I suoi funerali si sono già svolti. Al Khamour è stato avvolto oltre che nella bandiera bandiera anche in quella del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp, sinistra marxista). Il 3 gennaio, sempre a Dheisheh, era stato ucciso in un’altra incursione di soldati israeliani, un 15enne, Adam Ayyad.
Sabato scorso tre palestinesi erano stati uccisi in seguito a scontri con forze israeliane in Cisgiordania. Due, il 24enne Izz Eddin Basem Hamamreh e il 23enne Amjad Adnan Khalilieh erano membri del Jihad islamico. Il terzo, Yazan Al Jaabari, 20 anni, è morto per le ferite riportate il 2 gennaio quando fu colpito da fuoco israeliano. Ieri inoltre è stato ucciso un palestinese che, secondo la versione fornita dalle autorità israeliane, aveva tentato di accoltellare dei militari.
Nel raid di questa mattina a Dheisheh i soldati israeliani hanno anche arrestato una italiana, Stefania Costantini, che si trovava nel campo per attività di volontariato e solidarietà. La donna, 52 anni di Pisa, si trovava a casa di amici della famiglia Abu Aker e, come mostra un video, è stata portata via a spalla dai militari. Ha avuto il tempo solo di prendere il passaporto e il telefono. I soldati non le hanno permesso di prendere il bagaglio e gli occhiali, di cui ha bisogno per una forte miopia. Nel pomeriggio è stata espulsa dalle autorità israeliane ed imbarcata su di un volo ITA da Tel Aviv per Roma. Pagine Esteri
GUARDA IL VIDEO
youtube.com/embed/u-5_Z9N19bk?…
L'articolo VIDEO. Raid esercito israeliano a Dheisheh. Ucciso un 14enne, arrestata ed espulsa una italiana proviene da Pagine Esteri.
Scuola di Liberalismo 2023 – Messina: lezione di Giuseppe Buttà sul tema “La ribellione delle masse”
Settimo appuntamento della XII edizione della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e con la Fondazione Bonino-Pulejo. Il corso, che tratta principalmente delle opere degli autori più rappresentativi del pensiero liberale, si articola in 14 lezioni, di cui 3 in presenza e 11 erogate in modalità telematica.
La settima lezione si svolgerà lunedì 16 gennaio, dalle ore 17 alle ore 18.30, sulla piattaforma Zoom, e sarà tenuta dal prof. Giuseppe Buttà (già Ordinario di Storia delle Dottrine politiche, Direttore dell’Istituto di Storia e Preside della Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Messina), che relazionerà sull’opera “La ribellione delle masse” di José Ortega y Gasset, saggio che affronta il tema dell’avvento delle società di massa: una condizione storica, quest’ultima, in cui avviene una profonda rivoluzione e che vede la nascita dell’ “uomo massa”, categoria che prescinde e supera ogni distinzione sociale.
La partecipazione all’incontro è valida ai fini del riconoscimento di crediti formativi per gli avvocati iscritti all’Ordine degli Avvocati di Messina, nonché per gli studenti dell’Università di Messina.
Pippo Rao Direttore Generale Scuola di Liberalismo di Messina
Visita la pagina della Scuola di Liberalismo 2022 – Messina
L'articolo Scuola di Liberalismo 2023 – Messina: lezione di Giuseppe Buttà sul tema “La ribellione delle masse” proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Scuola di Liberalismo lezione del prof. Buttà – Gazzetta del Sud
L'articolo Scuola di Liberalismo lezione del prof. Buttà – Gazzetta del Sud proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Gina Lollobrigida, la ‘bersagliera’ esce di scena dopo una vita vissuta intensamente
Per tutti era detta confidenzialmente ‘La Lollo’. Per tanti è stata semplicemente ‘la bersagliera’ come apparve nei film più popolari divertenti e spensierati girati insieme a Vittorio De Sica, il maresciallo, ma da quell’immagine degli anni 50, Luigia Lollobrigida, chiamata Gina, si era distaccata da tempo, diventando una figura leggendaria, una delle più importanti attrici mondiali, il simbolo […]
L'articolo Gina Lollobrigida, la ‘bersagliera’ esce di scena dopo una vita vissuta intensamente proviene da L'Indro.
Scoprite tutti i passaggi con il video tutorial ▶️ youtube.com/watch?v=13XDnllsh8…
Ministero dell'Istruzione
Cosa succede dopo l’invio della domanda delle #IscrizioniOnline? Scoprite tutti i passaggi con il video tutorial ▶️ https://www.youtube.com/watch?v=13XDnllsh8wTelegram
iyezine_com
in reply to iyezine_com • •Poliverso & Poliversity
in reply to iyezine_com • • •ah, ok... 😁 😄 🤣
Per quanto mi riguarda, io l'avrei pubblicato comunque in "musica", ma capisco le tue perplessità, perché in effetti il pezzo ha un perimetro più ampio