LIBRI – Arundhati Roy, “In marcia con i ribelli”. Viaggio con i protagonisti della storia
di Valeria Cagnazzo
Pagine Esteri, 16 giugno 2022 – Quando è legittima la violenza? Quando un popolo è giustificato a imbracciare le armi per difendere i propri diritti? All’indomani dello scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, il dibattito intorno alla legittimità della violenza e intorno al concetto di “resistenza” si è infiammato. Lo spettacolo dell’opinionismo televisivo emblematicamente rappresenta da mesi, quotidianamente, la contrapposizione tra le fazioni favorevoli e non alla resistenza armata del popolo ucraino. La prima ha raccolto sin dal principio più consensi. Nelle strade, persino i graffiti adesso gridano “L’Ucraina ha diritto alla resistenza armata”. Non hanno raccolto un simile consenso le cronache delle resistenze armate o non violente in altre parti del pianeta, già sedate o ancora oggi drammaticamente attive contro operazioni “belliche”, interne o esterne, altrettanto feroci. Un libro di Arundhati Roy, “In marcia con i ribelli”, percorre un viaggio accanto ai protagonisti della resistenza nelle foreste dell’India centrale.
“La gente che ha imbracciato le armi non passa il suo tempo a guardare (o a esibirsi per) la tivù, a leggere i giornali, o a seguire i sondaggi via sms per il quesito di Filosofia Morale del giorno: “la violenza è buona o cattiva? Inviate un sms con la risposta a…”. Va in giro. Combatte. Crede di avere il diritto di difendere la propria casa e la propria terra. Crede di meritare giustizia”.
Scrive così Roy, sempre con un tono minatorio che non lascia scampo. “Nelle mani di Arundhati le parole diventano armi”, dice Naomi Klein in copertina (ed. 2017) nell’edizione italiana del libro, a metà tra saggio e reportage narrativo, pubblicato in Italia da Guanda per la prima volta nel 2012. Vincitrice del Booker Prize nel 1997 con il romanzo “Il dio delle piccole cose” che l’ha resa celebre in tutto il mondo, in “In marcia con i ribelli” Roy racconta le tre settimane trascorse nel 2009 con i ribelli della guerriglia maoista naxalita nelle foreste del Chhattisggarh rurale, nel cuore dell’India.
Gli stati indiani del Chhattisgarh e Jharkhand sono abitati da milioni di abitanti appartenenti a gruppi tribali indigeni. Per decenni, il governo indiano si è disinteressato di queste aree estremamente povere, inaccessibili a causa della loro natura montuosa e delle loro fitte foreste. Sono diventate, per questo, una sorta di quartier generale per i gruppi maoisti dichiarati illegali dal governo: l’antico partito comunista indiano che nel ’69 guidò l’insurrezione dei naxaliti, infatti, fu sciolto dal governo centrale, e l’attuale partito comunista indiano (CPI), al quale i maoisti appartengono, è considerato fuorilegge. La presenza dei maoisti nella zona ha avviato pratiche di collaborazione tra il movimento e le comunità di indigeni qui residenti e forme di autonomia politica nelle foreste, delle quali Delhi non si è curata fino alla scoperta dei ricchissimi giacimenti minerari del territorio.
Quando il cuore dell’India ha rivelato di nascondere nel suo sottosuolo materiali preziosi quali bauxite, uranio, carbone, stagno, rame, diamanti, oro, quarzite, silicio e molto altro, il governo indiano, infatti, si è concentrato su come sfruttare nel modo più redditizio possibile un territorio impervio, abitato da milioni di indigeni e costellato da piccoli gruppi di guerriglieri. Da una parte, spiega Roy nella premessa, ha siglato accordi con multinazionali e grandi industrie del settore estrattivo; dall’altra, si è resa necessaria un’operazione di “pulizia” della zona. L’allora ministro degli interni, P. Chidambaram, è diventato il principale promotore della campagna di estrazione, una corsa ai minerali che, ha dichiarato, doveva essere quanto più “rapida ed efficiente”. Le foreste dovevano essere disboscate e, soprattutto, i loro abitanti dovevano essere sfollati e trasferiti a vivere nelle città.
Per giustificare un’operazione così violenta nei confronti dell’ecologia e della popolazione residente in quelle foreste, è necessario, scrive Roy, un nemico, un bersaglio, un oggetto contro il quale scatenare una persecuzione che incidentalmente abbatterà alberi, brucerà villaggi, costringerà i civili alla fuga. Il nemico pubblico perfetto diventano i maoisti delle foreste. La guerra nei loro confronti, lanciata nella giungla, viene battezzata dai media con il nome di “Operazione Caccia Verde”, per quanto il ministro Chidambaram rifiuterà sempre questo appellativo e negherà persino l’esistenza di qualsivoglia operazione. Nelle foreste, però, arriva l’esercito, viene schierata la polizia armata, si costituiscono milizie di indigeni assoldati e armati dal governo centrale per dare la caccia a tutti i presunti ribelli.
“Il governo fornisce armi alla “Salwa Judum”, la milizia del popolo, che ha attraversato le foreste della provincia di Dantewada uccidendo, violentando e dando alle fiamme qualunque cosa trovasse, per poi lasciare 50.000 persone rinchiuse nei campi di polizia e le restanti 300.000 senza casa o costrette alla fuga”, si legge nel libro.
Rintracciare un nemico pubblico offre il pretesto al governo, anche quello che si considera una delle più grandi democrazie del mondo, per militarizzarsi. Prima il pericolo islamista, poi il pericolo maoista, Roy enuncia con allarme le strategie utilizzate dai paesi “democratici” per usare le armi e la violenza, spendendo puntualmente il lasciapassare della “sicurezza” dello Stato.
Nelle foreste dell’India centrale, la minaccia che il governo e le multinazionali possano impadronirsi del territorio distruggendo secoli di storia e insediamenti abitati da milioni di persone ha spinto gli indigeni, gli adivasi, un popolo con un passato di resistenza molto più antico del movimento maoista, e i contadini senza terra, a unire le proprie forze con la guerriglia naxalita contro il nemico: lo Stato.
“Se le popolazioni tribali hanno preso le armi, l’hanno fatto perché un governo che non ha offerto che violenza e abbandono ora vuole strappare loro l’ultima cosa che possiedono: la terra”, scrive Roy. E ancora: “La lotta armata non è la prima ma l’ultimissima scelta di una popolazione disperata”.
Arundhati Roy
Alla vigilia dell’Operazione Caccia Verde, Arundhati Roy entra in quelle foreste accompagnata da un ragazzino con uno zainetto di Charlie Brown sulle spalle. Cammina accanto ai maoisti, si arrampica per le strade tortuose e inospitali della foresta, mangia insieme a loro, dorme con loro nel suo sacco a pelo. Nel suo taccuino, raccoglie le testimonianze dei guerriglieri, descrive i loro modi di sorridere, ma racconta anche dell’organizzazione della loro società. Il 45% dei ribelli sono donne, sfuggite a violenze e stupri e testimoni di assassini e massacri nei loro villaggi. Si adegua alle loro regole, alle loro parole d’ordine, li chiama “compagno Venu”, “compagna Kamla”, consapevole del privilegio che le è stato concesso di seguirli nella loro attività clandestina e di raccontarli. Ascolta le loro canzoni, legge le loro poesie, parla di fiori lasciati a essiccare tra le pagine dei libri e dei mitra pesanti che portano sul collo.
E’ una scrittrice appassionata, Arundhati Roy, il cui tono entusiastico abbandona troppo spesso il rigore del reporter per abbracciare lo slancio dell’attivista. Non nasconde, tuttavia, le sue remore sulla resistenza maoista, sulla violenza, sull’organizzazione del movimento, malgrado tutto ancora patriarcale, non vuole santificarli. Ammette, però, ancora una volta come in tanti suoi saggi e interventi, il fallimento dei metodi gandhiani, che hanno “ingannato” gli indiani paralizzandoli. Quando il governo ti arresta, ti violenta, ti uccide, sradica la tua famiglia dal suo villaggio per trasferirla in una baraccopoli in città, e i media sono pilotati da quello stesso governo e finanziati dalle multinazionali che vogliono sfruttare la tua terra, la risposta, sottolinea Roy, non può essere l’immobilismo. Lo ribadisce con toni infiammati, con la consapevolezza che per evitare una corsa al massacro basterebbe giungere a una soluzione molto semplice: lasciare la bauxite dove si trova, nelle montagne.
“In marcia con i ribelli” è un libro fondamentale non solo per comprendere l’Operazione Caccia Verde e la resistenza che anima il cuore verde dell’India, ma anche per indagare le strategie usate dalle democrazie per sopprimere il dissenso e per affermare la propria forza – e i propri interessi economici – con la violenza. Nelle foreste come nel resto dell’India, chiunque si opponga all’Operazione Caccia Verde o ad altre operazioni del governo può essere tacciato di simpatie maoiste e arrestato. Bollare i dissidenti con l’etichetta del “terrorismo”, di qualsiasi matrice, è per le democrazie una soluzione efficace per eliminare l’opposizione. Quanto più il nemico è pericoloso, tanto più lo Stato sarà legittimato a militarizzarsi.
Tutto, in questo viaggio, è sempre descritto con quello stile unico che qualcuno ha definito “il realismo poetico di Arundhati Roy”. “Sento campanacci, qualcuno che tira su con il naso, qualcuno che si rigira, i peti del bestiame. Va tutto bene al mondo. Mi si chiudono gli occhi”. Nel bel mezzo della guerriglia, di fronte a un governo che scava nelle montagne e ne sradica villaggi, famiglie, esseri umani, di fronte alla violenza delle multinazionali e all’ingiustizia della narrazione mediatica, la delicatezza di quel suo “Va tutto bene al mondo”. Quello che contraddistingue la scrittura di Arundhati Roy da quella di tanti altri suoi colleghi attivisti, giornalisti, scrittori: un amore indistruttibile per l’uomo che si insinua dappertutto, con la tenerezza dell’edera, e che rende ogni suo libro, come “In marcia con i ribelli”, un capolavoro. Pagine Esteri
*Valeria Cagnazzo (Galatina, 1993) è medico in formazione specialistica in Pediatria a Bologna. Come medico volontario è stata in Grecia, Libano ed Etiopia. Ha scritto di Palestina su agenzie online, tra cui Nena News Agency, anche sotto pseudonimo. Sue poesie sono comparse nella plaquette “Quando un letto si svuota in questa stanza” per il progetto “Le parole necessarie”, nella rivista “Poesia” (Crocetti editore) e su alcune riviste online. Ha collaborato con il Centro di Poesia Contemporanea di Bologna. Per la sezione inediti, nel 2018 ha vinto il premio di poesia “Elena Violani Landi” dell’Università di Bologna e il premio “Le stanze del Tempo” della Fondazione Claudi, mediante il quale nel 2019 ha pubblicato la sua prima silloge poetica, “Inondazioni” (Capire Editore). Nel 2020, il libro è stato selezionato nella triade finalista del premio “Pordenone legge – I poeti di vent’anni”.
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«Prima i soldi, poi la merce». Mai arrivata Così la Regione ha perso 400mila euro
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VIDEO. Gerusalemme. Dichiarata “assente” la famiglia palestinese Sumarin rischia l’espulsione da Silwan
di Michele Giorgio –
Pagine Esteri, 29 giugno 2022 – La famiglia palestinese Sumarin di Silwan, un quartiere ai piedi delle mura della città vecchia di Gerusalemme, attende la sentenza, definitiva, della Corte Suprema israeliana sull’appello che ha presentato contro l’ordine di sfratto dalla sua abitazione a favore del Fondo nazionale ebraico. Stamattina decine di attivisti israeliani contro l’occupazione hanno tenuto una manifestazione di protesta davanti alla sede della Corte suprema di Gerusalemme.
La vicenda si trascina da molti anni. Dietro la richiesta di sfratto c’è l’“immobiliare” Elad, braccio esecutivo del movimento dei coloni israeliani a Gerusalemme nonché organizzazione alla quale il Fondo nazionale ebraico permette di usare il suo nome e il suo status per nascondere i veri querelanti di fronte ai giudici.
La famiglia Sumarin – a rischio concreto di espulsione se il suo appello non sarà accolto – è vittima di un sistema insidioso sviluppato in particolare dai governi israeliani di destra negli anni ’80, insieme alle organizzazioni dei coloni e al Fondo nazionale ebraico, che permette alle associazioni ed organizzazioni nazionaliste impegnate a “riconquistare” la zona palestinese di Gerusalemme (sotto occupazione dal 1967), di reclamare abitazioni e terre palestinesi a Silwan sulla base della legge sulla “proprietà degli assenti”. Proprietà che vengono passate al Fondo nazionale ebraico e poi ai coloni. Il metodo fu svelato in passato dalla commissione d’inchiesta Klugman ma i beni sottratti non sono mai stati restituiti ai palestinesi.
L’uso della legge sulla “proprietà degli assenti” – con cui Israele dopo il 1948 ha confiscato gran parte delle case e delle terre di palestinesi profughi o semplicemente sfollati a causa della guerra – è un esempio di politica di lenta espulsione dei palestinesi nascosta con “mezzi legali”.
Negli anni ‘80 il Custode delle proprietà degli assenti dichiarò la casa dei Sumarin come “proprietà di assenti”, a insaputa della stessa famiglia palestinese, sulla base di una dichiarazione giurata dei coloni che attestava l’“assenza” del padrone di casa, Haj Musa Sumarin, e che invece viveva regolarmente nell’abitazione.
Silwan
Haj Musa Sumarin ha abitato a Silwan fino alla morte ma ciò non ha impedito al Custode di dichiarare ancora una volta la sua casa come “proprietà di un assente”. L’abitazione quindi fu trasferita dal Custode all’Autorità per lo Sviluppo al Fondo nazionale ebraici e infine alla Elad.
L’interesse per la casa dei Sumarin nasce dal fatto che è una proprietà strategica situata a poche decine di metri dalla Moschea di Al-Aqsa, e adiacente alla quale i coloni della Elad hanno costruito il centro, presunto archeologico, “Città di re David”. L’acquisizione della proprietà palestinese consentirebbe alla Elad di completare il controllo di un’ampia area all’ingresso di Silwan, di avviare ulteriori “scavi archeologici” e ridurre ulteriormente la presenza palestinese in questa zona sensibile.
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The Queen Is Dead Volume 59 - Sinner \ Primal Fear
In questo nuovo appuntamento con The Queen Is Dead vi portiamo del buon caro hard rock con punte di heavy metal dei leggendari Sinner, capitanati da Mat Sinner, qui al loro ritorno su disco dopo “ Santa muerte “ del 2019. Il gruppo di Stroccarda non ha bisogno di grandi presentazioni, avendo una lunghissima discografia alle spalle e moltissimi ascoltatori fedeli. Il primo disco per l’arrembante etichetta tedesca Atomic Fire Records è un prodotto che non lascerà delusi.
Il secondo disco di questa puntata è un lavoro entrato nel mito, si tratta della ristampa di “ Primal Fear “ dei tedeschi Primal Fear forse il gruppo migliore nell’ambito power heavy metal. L’Atomic Fire Records riporta in edizione deluxe sugli scaffali questo capolavoro del 1998, un disco che ha letteralmente cambiato le regole del gioco, e si può tranquillamente affermare che c’è un prima e un dopo “ Primal Fear “. I due lavori recensiti sono legati dalla figura di Mat Sinner, fondatore e nume tutelare dei Sinner e bassista dei Primal Fear da sempre.
iyezine.com/sinner-primal-fear
The Queen Is Dead Volume 59 - Sinner Primal Fear
Ristampa di “ Primal Fear “ dei tedeschi Primal Fear forse il gruppo migliore nell’ambito power heavy metal e buon caro hard rock con punte di heavy metal dei leggendari Sinner, capitanati da Mat Sinner, qui al loro ritorno su disco dopo “ Santa muer…In Your Eyes ezine
Metodologia CLIL: che cos’è? E cosa cambia da oggi?
Nelle card trovate una sintesi delle novità sull’estensione dell’offerta di formazione.
Per saperne di più ▶ miur.gov.it/web/guest/-/clil-l…
Presentazione del libro “Le Gattoparde” di Stefania Aphel Barzin
Il 30 giugno 2022, alle 16.00, presso Villa Piccolo a Capo D'Orlando, verrà presentato il libro "Le Gattoparde" di Stefania Aphel Barzin.
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Quindi se qualcuno ti regala un mucchio di beni per svilupparti, allora sei cattivo?
Il benessere diffuso deve essere un obiettivo di tutti, ma puoi chiedere ai politici italiani o US di investire quei soldi in Africa, ma penso che gli italiani o gli americani farebbero le barricate pur di tenersi quei soldi.
Infatti gli US preferiscono inviare armi, non benessere economico.
The Quiet China-Africa Revolution: Chinese Investment
While loans take the lion’s share of the focus, Chinese FDI in Africa has also been growing at a rapid clip.The Diplomat
La stanno rilanciando dopo le ultime decisioni del G7.
Stando ai fatti non c'è senso logico che degli investimenti cinesi siano negativi, anzi tutta l'evidenza vuole l'opposto, se vuoi puoi studiare qualsiasi dato come ho già detto, ma è come dimostrare che il cielo sia verde. Però ora ti mostro share.america.gov/study-warns-…
Study warns of perilous 'debt-trap diplomacy' | ShareAmerica
According to a report from Harvard University scholars, more than a dozen countries in the Indo-Pacific region are vulnerable to "debt-trap diplomacy."Michael Buchanan (ShareAmerica)
Sono seccati, ma non possono farci niente
Il debito greco NON era in mani cinesi.
Usi impropriamente il termine strozzinaggio, ma puoi dimostrarlo?
Costruire scuole, ospedali, strade, porti, aereoporti in Africa non mi sembra una pratica da strozzini.
Ai Cinesi piace il detto: "Dai un pesce a un uomo e lo nutri per un giorno; insegnate a un uomo a pescare e lo nutrite per tutta la vita."
Questo è quello che fanno in Africa. ✌️
Tutti i dibattiti che faccio, si basano sempre sulla conoscenza della realtà tramite i fatti oggettivi.
Se sei interessato a vedere la verità ti ho lasciato tutti i documenti e fatti utili a farti una idea sulla questione, se hai qualche perplessità, resto comunque a disposizione✌️.
Se invece vorrai continuare a credere alla favola US che i cinesi sono strozzini, nessun dato di fatto può cambiare la fede di un uomo. ☺️
Però ti posso mandare tutta documentazione a riguardo gli investimenti Cinesi in Africa, se vuoi leggerti la realtà dei fatti:
bruegel.org/2019/07/chinas-inv…
"In other words, actual investment by China in Africa is much smaller than debt-generating flows and, in particular project finance."
Attaccare la Cina per le cose positive che fa, non mi sembra la strada sensata, anche perchè quello che contano sono i fatti.
China’s investment in Africa: What the data really says, and the implications for Europe | Bruegel
China has clearly signalled to Europe that it does not shy away from involvement in Africa, historically Europe’s area of influence.www.bruegel.org
In effetti, lo studio viene da Harvard:
belfercenter.org/publication/d…
Tuttavia vediamo gli autori dello studio:
belfercenter.org/person/sam-pa…
belfercenter.org/person/gabrie…
Tutti e due non solo NON sono economisti, ma lavorano proprio per il dipartimento di sicurezza US.
Quindi gli americani, come si suol dire, se la cantano e se la suonano, avvertono che Harvard ha fatto uno studio sulla pericolosità della Cina, che però è fatto da loro stessi del dipartimento americano. Qualcuno ci crede?
Debtbook Diplomacy
The goal of this report is to analyze the future of debtbook diplomacy: which countries are vulnerable to Chinese coercion; how U.S. strategic interests will be impacted; and how U.S. policymakers can mitigate the effects of this strategy.Belfer Center for Science and International Affairs
The Beatersband Un Tuffo nel Passato
I The Beatersband hanno realizzato in collaborazione con l’etichetta Americana (Arizona) “Smelly Rick Records” una raccolta di 15 dei loro brani migliori in formato Vinile,Cd,Cassetta in edizione limitata a 100 copie.
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Sadist Firescorched - Agonia Records - 2022
Dopo quattro anni un ritorno in grande stile per i Sadist, la storica band prog death metal ligure e che negli anni ha esplorato tanti universi musicali, con una miscela più estrema e veloce del loro suono, tanti cambiamenti per un nuovo inizio.
iyezine.com/sadist-firescorche…
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♻ È stata pubblicata la graduatoria del concorso Saper(e)Consumare, rivolto alle scuole secondarie di I grado e II grado, finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico e promosso in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione.
📲 Sono 150 i progetti di educazione al consumo digitale consapevole premiati: dai materiali di scarto per l’arredo degli ambienti scolastici a un’officina per il recupero e la riparazione di smartphone!
Qui tutti i dettagli ▶ miur.gov.it/web/guest/-/saper-…
Andrea Russo
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in reply to Andrea Russo • • •sì, ma il punto è che sbagli a guardare alla Francia o alla Germania di oggi come se fossero la Francia o l'impero britannico del 1939. Li devi guardare più come se fossero il Belgio o i Paesi Bassi dell'epoca
@margio
Andrea Russo
in reply to informapirata ⁂ • •@informapirata :privacypride: ah, non è del tutto sbagliato in effetti
@Andrea Margiovanni
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