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77ª Assemblea Generale ONU: la grande sfida del funzionamento delle Nazioni Unite


L'opportunità per i leader di valutare l'impatto della guerra in Ucraina sulla diplomazia multilaterale e di considerare come le Nazioni Unite possono prepararsi ad affrontare le sfide del futuro

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Elisabetta II al centro dell’innovazione globale inglese


Ieri si concluse nel Regno Unito le cerimonie funebri per la regina Elisabetta II che non era solo una monarca, ma rappresentava un marchio globale. E negli ultimi sette decenni, questo marchio ha in una certa misura definito e promosso la Nazione britannica in tutto il mondo. La monarchia britannica è composta da vari filoni di […]

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Il dilemma cinese della Malesia


Si prevede che decenni di progressi produrranno il risultato desiderato nel tracciare l’orientamento autonomo e indipendente della sopravvivenza e degli interessi della Malesia, ma in quanto potenza di mezzo, ci sono limiti strutturali alla sua vera capacità. La sua posizione militare è di natura completamente difensiva, con manovre e orientamenti strategici basati su una forza […]

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Dopo due anni di pandemia, l’Assemblea Generale dell’Onu torna al Palazzo di vetro in presenza. Ma solo per constatare che il mondo è cambiato e le ‘Nazioni Unite’ sono in realtà sempre più divise.


Ritorno della morale e dell’etica alla definizione delle politiche interne ed estere


Il ritorno a un minimo di moralità inclusiva e politiche infuse di etica non è un processo che produrrà risultati dall'oggi al domani, ma l'inizio del percorso è l'unica opzione per invertire l'attuale debilitante e pericolosa spirale discendente

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Capitale italiana della Cultura 2025: l’elenco delle 15 candidate


È partita la corsa per la designazione della “Capitale italiana della Cultura” per l’anno 2025. Sono state 15 le città italiane che hanno risposto alla chiamata del Ministero della Cultura e hanno presentato la manifestazione d’interesse entro la scadenza

È partita la corsa per la designazione della “Capitale italiana della Cultura” per l’anno 2025. Sono state 15 le città italiane che hanno risposto alla chiamata del Ministero della Cultura e hanno presentato la manifestazione d’interesse entro la scadenza e ora vedranno il proprio dossier di candidatura sottoposto alla valutazione di una commissione di esperti di chiara fama nella gestione dei beni culturali.

Entro il 15 novembre la commissione definirà la short list delle 10 città finaliste ed entro il 17 gennaio 2023 si concluderà la procedura di valutazione.

Alla città vincitrice sarà assegnato un contributo statale di un milione di euro, con il quale far conoscere la propria realtà, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo culturale dell’intero territorio e della comunità. Ogni città candidata presenta un progetto che cerca di interpretare sia la realtà attuale, sia il futuro che è immaginato, spesso tramite una capillare azione di ascolto del mondo della cultura, del turismo e dell’economia.

Sono orgoglioso che quell’intuizione della Capitale della Cultura, in questi anni, sia cresciuta di edizione in edizione dimostrando quanto la progettazione, la programmazione, la condivisione con le realtà locali sia fondamentale per lo sviluppo dei territori. È significativo notare, nelle ultime edizioni, la partecipazione di città anche di piccole dimensioni, a dimostrazione che questo riconoscimento sia diventato una grande opportunità che, come dimostrano i dati, assicura ritorni in termini di visibilità, di pubblico e, quindi, anche di turismo e occasioni di sviluppo”, ha dichiarato il Ministro della Cultura, Dario Franceschini.

Il titolo di Capitale Italiana della Cultura è stato assegnato per la prima volta alle città di Cagliari, Lecce, Perugia, Ravenna e Siena (Capitali Italiane della Cultura 2015). Città concorrenti insieme a Matera, per la designazione della Capitale Europea della Cultura 2019, titolo assegnato al capoluogo della Basilicata.

L’alta qualità delle proposte convinse il Governo a conferire il titolo nazionale ed a lanciare una selezione annuale che, dal 2016, individua la città che può fregiarsi di questo prestigioso marchio.

Nel 2016 Mantova fu la prima vincitrice; nel 2017 Pistoia; Palermo nel 2018; Parma nel 2020. Quest’ultimo titolo fu prorogato per il 2021 a causa dello stato di emergenza determinato dalla pandemia da Covid19. L’anno in corso vede la piccola Procida come capitale. Per il 2023 il titolo sarà condiviso da Bergamo e Brescia. Sarà, infine, Pesaro a fregiarsene nel 2024.

Ecco l’elenco delle città che hanno presentato la domanda per il 2025, con il relativo titolo del dossier:

1) AgrigentoIl sé, l’altro e la natura. Relazioni e trasformazioni culturali

2) AostaAostæ Città Plurale

3) Assisi (Perugia) – Assisi. Creature e creatori

4) AstiDove si coltiva la cultura

5) Bagnoregio (Viterbo) – Essere Ponti

6) Città Metropolitana di Reggio CalabriaLocride 2025. Tutta un’altra storia

7) EnnaEnna 2025. Il mito nel cuore

8) Monte Sant’Angelo (Foggia) – Monte Sant’Angelo 2025: un Monte in cammino

9) Orvieto (Terni) – Meta meraviglia la cultura che sconfina

10) Otranto (Lecce) – Otranto 2025. Mosaico di Culture

11) Peccioli (Pisa) – ValdEra Ora. L’arte di vivere insieme

12) Pescina (Aquila) – La cultura non spopola

13) Roccasecca (Frosinone) – Vocazioni. La cultura e la ricerca della felicità

14) Spoleto (Perugia) – La cultura genera energia

15) Sulmona (L’Aquila) – Cultura è metamorfosi.

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Scuola, è ora di dare le pagelle agli insegnanti


L’anno scolastico è appena iniziato con 230.000 alunni in meno rispetto all’anno passato, ricordandoci che la questione demografica per il nostro paese è assai complicata. Nel contempo, se non affronteremo il prima possibile in modo adeguato il nodo della

L’anno scolastico è appena iniziato con 230.000 alunni in meno rispetto all’anno passato, ricordandoci che la questione demografica per il nostro paese è assai complicata. Nel contempo, se non affronteremo il prima possibile in modo adeguato il nodo della formazione dei giovani, il danno alla nostra economia e alla nostra società potrebbe essere imminente e molto serio.

Nella campagna elettorale in corso il tema scuola è sfiorato solo di sfuggita. Non che nei programmi dei partiti manchino spunti e riflessioni interessanti sul da farsi, ma le proposte che catturano più l’attenzione spesso sono purtroppo piuttosto sgangherate. L’esempio più eclatante è la promessa, trasversale ad un certo numero di partiti, di portare i salari degli insegnanti italiani al livello di quelli Europei.

Come ha notato l’Osservatorio dei conti pubblici Italiani, se il parametro è riferito alle nazioni dell’Eurozona, quelle che hanno adottato l’euro, portare il salario degli 890 mia insegnanti italiani da 30.800 euro al livello del Vecchio Continente di 44.400 euro costerebbe 11,7 miliardi! Ma l’aspetto più sconfortante è che in questa proposta non si prende minimamente in conto quella che dovrebbe essere la missione della scuola: educare e formare i cittadini di domani dotandoli delle capacità di discernimento e di principi di comportamento che aumentino le loro chances di vita e non distribuire stipendi sinecura a prescindere dai risultati.

Eppure, le cifre del declino del sistema dell’istruzione sono palpabili. Prendiamo i test Ocse Pisa che si svolgono in 93 paesi e coinvolgono studenti di 15 anni con uguali standard di valutazione. Nel 2018 il 33% di ragazze e ragazzi italiani non ha raggiunto il livello 2 (low performer) che denota difficoltà a maneggiare materiale un po’ complesso. Tale percentuale raggiunge il 50% negli istituti professionali ed è uno dei livelli più bassi tra i paesi sviluppati.

Le prove Invalsi del 2021 hanno certificato che alla fine della scuola superiore il 51% degli studenti non ha competenze adeguate in matematica e il 44% non le raggiunge in italiano con un enorme divario tra Nord e Sud. Un altro dato sconfortante riguarda l’abbandono scolastico (prima del conseguimento di un diploma) attualmente al 13,1%, il quarto peggior risultato nella Ue.

Peraltro, i diplomati rappresentano il 62,9% della popolazione contro il 79% europeo. Cosa manca all’Italia? In sintesi: soldi, merito, concorrenza. Nel bilancio dello Stato, le spese per l’istruzione rappresentano il 3,9% del Pil contro la media europea del 4,7%. Con il Pnrr qualche risorsa in più c’è, ma l’ammodernamento delle aule, la maggiore enfasi sull’orientamento e la formazione degli insegnanti benché utili non bastano ed è del tutto inutile aggiungere insegnanti.

Il problema è il merito, come su questo giornale ha ricordato Massimo Recalcati: non solo il 99% di promossi alla maturità è ridicolo ma è intollerabile l’appiattimento del corpo docente. Non si trovano professori di matematica soprattutto al Nord? Li si paghi di più, vista l’incapacità di far di conto degli allievi.

Alcuni docenti sono inadatti o poco solerti e formati, mentre altri sono coscienziosi, aggiornati e coinvolgenti? Premiamo i secondi e stimoliamo i primi, nel frattempo rallentandone il percorso di carriera. Ed è vero che la valutazione della performance non è facile, ma si fa in tutta Europa e dal 2005 la valutazione individuale prevale su quella collettiva ed è sia esterna (ispettori) che interna (presidi, consigli scolastici, eccetera).

Infine, la concorrenza: il problema italiano è di offerta, rigida, determinata ministerialmente, con scarsa flessibilità all’autonomia dei provveditorati o degli istituti e con l’handicap delle rette per le scuole paritarie.

Se lo Stato finanziasse le famiglie e non gli istituti, quindi in linea con il dettato costituzionale, con una quota da spendere nella scuola di preferenza e ci fosse un’offerta diversificata che tiene conto delle esigenze del mercato del lavoro, ne trarrebbero giovamento l’economia e soprattutto le giovani generazioni. Leggendo i programmi possiamo valutare chi dà l’impressione di meglio capire queste priorità: a promettere più denaro son buoni tutti.

La Stampa

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L’Ucraina e la mutevole geopolitica dell’Heartland


È ora possibile immaginare una vittoria ucraina con immense conseguenze geopolitiche per l'Europa e il resto del mondo. E' tempo che l'Occidente consideri ciò in relazione alla sicurezza dell'Europa

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La Francia dovrebbe abbracciare la relazione transatlantica e guidarla


Perchè, nell'ottica degli Stati Uniti, l'autonomia strategica europea promossa dalla Francia, e obiettivo ufficiale dell'UE dal 2016, è un errore, e la Francia dovrebbe invece abbracciare convintamente l'atlantismo e guidarlo

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Mettere i successi della battaglia ucraina in una prospettiva più razionale


L’offensiva della scorsa settimana per liberare la campagna a est di Kharkiv è stata una vittoria impressionante per l’esercito e il governo ucraini, così come per i suoi sponsor e dirigenti del Pentagono, del Dipartimento di Stato, della CIA e di altre agenzie di intelligence statunitensi. Il sequestro della stazione ferroviaria di Izium da parte […]

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🔍 #PNRRIstruzione, quanto ne sai?
Inizia oggi la rubrica per conoscerlo meglio: guarda il video con tutto quello che c’è da sapere sulle misure previste per la scuola ▶️ https://youtu.


Conservation des données : Pour une Europe où les gens sont « innocents jusqu’à preuve du contraire » 


Dans un arrêt rendu aujourd’hui, la Cour de justice de l’UE a rejeté la législation allemande sur la conservation généralisée et indifférenciée des données relatives au trafic … https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=265881&a

Dans un arrêt rendu aujourd’hui, la Cour de justice de l’UE a rejeté la législation allemande sur la conservation généralisée et indifférenciée des données relatives au trafic et des données de localisation de l’ensemble de la population. Elle avertit que la conservation en masse peut révéler “les habitudes de la vie quotidienne, les lieux de résidence permanents ou temporaires de résidence, les déplacements quotidiens ou autres, les activités exercées, les relations sociales de ces personnes et les environnements sociaux qu’elles fréquentent”. Toutefois, la Cour ne s’est pas opposée à la conservation en masse rétention massive de données relatives au trafic Internet (adresses IP), qui peuvent être utilisées pour retracer l’activité en ligne. La procédure dite de gel rapide a également été a également été autorisée pour la poursuite de crimes graves.

Patrick Breyer, membre du Parlement européen (Parti pirate), appelle à ce que la Commission européenne fasse appliquer ce jugement dans toute l’Europe :

« Le jugement d’aujourd’hui confirme que la législation nationale sur la conservation des données en masse dans la plupart des États membres de l’UE est illégale , y compris les tentatives de la justifier par un “état d’urgence permanent” en France et au Danemark, ou par des taux de criminalité régionaux en Belgique. La collecte en masse d’informations sur les communications et les mouvements quotidiens de millions de personnes insoupçonnées constitue une attaque sans précédent contre notre droit à la vie privée et représente la méthode la plus invasive de surveillance de masse dirigée par l’État envers ses propres citoyens. La surveillance de masse est à l’opposé de ce que les valeurs européennes incarnent. La Commission doit maintenant enfin mettre fin à l’impunité et commencer à faire respecter notre droit à la vie privée dans toute l’Europe ! »

Les résultats anecdotiques des politiques de conservation des données sont loin d’être à la hauteur des dommages que l’effet paralysant de cette arme de surveillance inflige à nos sociétés, comme l’a révélé une étude récente. Les lois sur la conservation des données n’ont aucun effet mesurable sur le taux de criminalité ou le taux d’élucidation des crimes dans aucun pays de l’UE. Le taux d’élucidation des affaires de cybercriminalité en Allemagne, par exemple, est de 58,6 % et se situe au-dessus de la moyenne même sans conservation des données IP. Il a même chuté lorsque la législation sur la conservation des données a été adoptée en 2009.

« Je remarque en Europe un phénomène dangereux consistant à ce que les gouvernements nationaux utilisent toutes sortes d’astuces pour maintenir une surveillance de masse illégale, » ajoute Breyer. « Ce faisant, ils ne respectent pas les décisions des plus hautes juridictions. L’État de droit dans l’UE et les droits fondamentaux des citoyens souffrent de l’avidité de surveillance des gouvernements et des services répressifs. La Commission européenne reste les bras croisés. La violation persistante des droits fondamentaux, le contournement de la jurisprudence, les pressions exercées sur les juges et l’ignorance des faits constituent une attaque contre l’État de droit à laquelle nous devons mettre fin. La Commission européenne doit maintenant assumer son rôle et commencer à appliquer les décisions historiques, au lieu de comploter pour rétablir la rétention des données. »

Selon des documents fuités, la Commission européenne propose pourtant à huis clos aux gouvernements de l’UE plusieurs méthodes qui, sur le papier, semblent respecter les exigences des tribunaux mais en fait rétablissent de facto la conservation généralisée. La Commission propose également d’étendre les obligations d’identification et de conservation généralisée aux services de messagerie, de conférence et de courrier électronique sur Internet. Breyer avertit :

« L’arrêt d’aujourd’hui ne décrit que les limites les plus extrêmes de ce qui est légalement possible, et ne doit pas être considéré comme un guide d’instruction. Je mets en garde la Commission européenne, qu’elle n’ignore pas le manque d’efficacité et les effets néfastes sur la société des mesures de conservation généralisée des données, en faisant une nouvelle proposition visant à placer 450 millions de citoyens européens sous une suspicion générale ! Nous devons plutôt nous focaliser sur la conservation rapide et transfrontalière des preuves numériques des suspects (quick freeze). »

Malheureusement, il semble exister actuellement un consensus entre les gouvernements sur la conservation systématique des données IP dans toute l’Europe, ce que les juges de Luxembourg ont cautionné sous une pression considérable. Il ne faut cependant en aucun cas que les internautes fassent l’objet d’une suspicion générale et que l’anonymat en ligne soit aboli ! Les adresses IP sont nos empreintes digitales sur l’internet. Leur collecte en masse compromettrait la prévention de la criminalité à d’autres niveaux (telle que sous la forme de consultations anonymes et de soins psychologiques), l’aide aux victimes par le biais de forums d’entraide anonymes, ainsi que la presse libre, qui dépend d’informateurs anonymes. Par ailleurs, rien ne prouve que la conservation des données IP augmente de manière significative le taux d’élucidation des crimes. En l’absence de conservation des données, l’Allemagne affiche aujourd’hui ici aussi un taux d’élucidation de la cybercriminalité plus élevé que dans les pays où la conservation des données IP est en place.

De plus, la conservation généralisée des données est parfois présentée comme un outil indispensable pour la lutte contre les abus sexuels sur les enfants, alors que si tel est le but, il existe des mesures bien plus efficientes, et des mesures visant à prévenir plutôt que guérir. Au lieu de la conservation des données, il faudrait renforcer les mesures et les projets de prévention, tels que les mesures de protection de l’enfance et les services de conseil et de thérapie anonymes, qui sont aujourd’hui sous-financés. Quant aux images et vidéos accessibles en ligne, la police – elle-aussi sous-financée – doit faire son travail correctement, et donc signaler ces contenus ‘connus’ afin qu’ils soient retirés.”

Auparavant, le groupe de travail allemand sur la conservation des données avait souligné que la conservation des adresses IP était “totalement inadaptée à la protection des enfants”. Mais non seulement ce n’est pas adapté, c’est aussi superflu; une question parlementaire a récemment fait émerger les données du gouvernement allemand indiquant que, sans conservation des données IP, l’Allemagne parvient déjà à retracer 97% des signalements de pornographie enfantine présumée émis par le NCMEC. En 2020, l’Allemagne était en mesure de poursuivre 91,3 % de tous les cas de pornographie infantile sans que cette conservation obligatoire des données IP soit en vigueur.

Les commentaires de Breyer sur les solutions envisagées par la Commission pour faire renaître la conservation des données : patrick-breyer.de/en/breyer-st…

Un ancien juge de la CJUE estime que plusieurs des propositions de la Commission sont en violation de la jurisprudence : patrick-breyer.de/en/comeback-…

L’accord de coalition allemand prévoit que les données de communication ne peuvent être conservées que sur une base ad hoc et sur décision judiciaire. Le projet de loi en Allemagne visant à réformer la législation sur la conservation des données est attendu prochainement.

Un sondage publié en 2022 a révélé que seulement 39 % des personnes interrogées dans l’UE sont favorables à ce que la conservation des données soit appliquée aux personnes non suspectes, tandis que 42 % y sont opposées. Plus d’un tiers des personnes interrogées (34 %) s’abstiendraient de consulter un conseiller conjugal, un psychothérapeute ou une clinique de désintoxication par téléphone, téléphone portable ou courrier électronique si elles savaient que leur contact était enregistré. (Allemagne : 45%, Autriche : 42%, France : 38%, Belgique : 35%, Pays-Bas : 34%, Suède : 33%, République tchèque : 26% et Espagne : 13%)


patrick-breyer.de/en/conservat…

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La maggior parte delle multinazionali rimane in Russia e finanzia l’invasione dell’Ucraina


Nel gennaio 1990, McDonald’s ha aperto il suo primo ristorante in piazza Pushkin a Mosca dopo aver passato anni a superare la burocrazia sovietica e le carenze economiche, agricole e di marketing del Paese. La presenza di McDonald’s in Russia alla fine è cresciuta fino a diventare una catena di 847 punti vendita e una […]

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Michelangelo Superstar: dalla luce del David alla Mostra sulla Pietà


Michelangelo è sempre il più attrattivo. O meglio i suoi capolavori sono i più esposti e ammirati, almeno in una città come Firenze, che vanta un notevole ventaglio delle sue opere, visibili all’interno di chiese, gallerie, musei, luoghi espositivi. Due, in particolare gli eventi che danno nuova luce ai più celebri capolavori del Genio forse […]

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Data retention ruling: Let’s free Europe from mass surveillance and general suspicion!


In a ruling delivered today, the EU Court of Justice dismissed German legislation on general and indiscriminate retention of call data records and mobile phone location data … https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=265881&amp

In a ruling delivered today, the EU Court of Justice dismissed German legislation on general and indiscriminate retention of call data records and mobile phone location data of the entire population. It warns that bulk retention may reveal “habits of everyday life, permanent or temporary places of residence, daily or other movements, the activities carried out, the social relationships of those persons and the social environments frequented by them”. However, the Court did not object to the bulk retention of Internet traffic data (IP addresses), which can be used to trace online activity. The so-called quick freeze procedure has also been permitted for the prosecution of serious crimes.

Member of the European Parliament Patrick Breyer (Pirate Party) calls on the EU Commission to enforce the ruling throughout Europe:

Today’s ruling confirms that national bulk data retention legislation in most EU Member States is illegal, including attempts to justify it with a ‘permanent state of emergency’ in France and Denmark, or with regional crime rates in Belgium. The bulk collection of information on the everyday communications and movements of millions of unsuspected people constitutes an unprecedented attack on our right to privacy and is the most invasive method of mass surveillance directed against the state’s own citizens. Mass surveillance is the opposite of what European values embody. The Commission now finally needs to end impunity and start enforcing our right to privacy throughout Europe!

The anecdotal results of data retention policies are nowhere close to the damage the chilling effect of this surveillance weapon inflicts on our societies, as a recent survey found. Data retention laws have no measurable effect on the crime rate or the crime clearance rate in any EU country. Requests for communications data are rarely unsuccessful even in the absence of indiscriminate data retention legislation. The clearance rate for cybercrime in Germany, for example, is at 58.6% and above average even without IP data retention. It fell when data retention legislation was enacted in 2009.

In the EU I observe a dangerous cycle in which national governments use all sorts of tricks to keep illegal mass surveillance going. In doing so, they disrespect rulings of the highest courts. The rule of law in the EU and the fundamental rights of citizens suffer from the surveillance greed of governments and law enforcement agencies. The EU Commission is standing idly by. The persistent violation of fundamental rights, circumvention of case-law, pressuring of judges and ignorance of facts is an attack on the rule of law we need to stop. The EU Commission now finally needs to do its job and start enforcing the landmark rulings, instead of plotting to bring back data retention.”

According to leaked documents[5] however the EU Commission behind closed doors is proposing to EU governments several ways of de facto re-establishing bulk retention in a way that, on paper, appears to respect the Courts’ requirements. The Commission also proposes to expand national identification and bulk retention requirements to Internet messaging, conferencing and e-mail services. Breyer warns:

“Today’s judgement describes only the outermost limits of what is legally possible and should not be taken as an instruction manual. I warn the EU Commission not to ignore the lack of effectiveness and the harmful effects of blanket data retention on society by making a new proposal to place 450 million EU citizens under general suspicion! Instead we need to focus on preserving digital traces of suspects quickly and across borders (quick freeze).

Unfortunately, the greatest consensus among governments currently seems to exist on mandating indiscriminate IP data retention throughout Europe, which the judges in Luxembourg green-lighted under massive pressure. Under no circumstances should all internet users be placed under general suspicion and online anonymity be abolished! IP addresses are our digital fingerprints on the internet. Bulk collection would endanger crime prevention in the form of anonymous counselling and pastoral care, victim support through anonymous self-help forums and also the free press, which depends on anonymous informants. Incidentally, there is no evidence that IP data retention significantly increases the crime clearance rate. In the absence of data retention Germany today has a higher cybercrime clearance rate than with IP data retention in place. In EU countries with indiscriminate IP retention policies in place, the crime clearance rate is no higher. The right and overdue way to effectively counter child sexual abuse is to strengthen prevention measures and projects, as well as anonymous counselling and therapy services. It is also completely unacceptable that the police refuses to report known abuse material for removal.“

A parliamentary question had recently revealed that Germany fails to trace only 3% of NCMEC reports of alleged child pornography without general IP data retention. Previously, the German Working Group on Data Retention had stressed that IP retention was “completely unsuitable for protecting children”. In 2020 Germany was able to prosecute 91.3% of all child pornography cases – without mandatory IP data retention being in force.

Breyer’s comments on the options considered by the Commission for resurrecting data retention: patrick-breyer.de/en/breyer-st…

Former ECJ judge finding several of the Commission’s proposals in violation of the case-law: patrick-breyer.de/en/comeback-…

The German coalition agreement provides for communications data to be retained only on an ad hoc basis and with a court order. Draft legislation in Germany to reform data retention legislation is expected soon.

An opinion poll published in 2022 found that only 39% of all respondents in the EU support applying data retention to non-suspects, while 42% oppose it. More than a third of the respondents (34%) would refrain from seeking counselling from a marriage counsellor, a psychotherapist or a rehab clinic by phone, mobile phone or email if they knew that their contact was being recorded. (Germany: 45% Austria: 42%, France: 38%, Belgium: 35%, The Netherlands: 34%, Sweden: 33%, Czech Republic: 26% and Spain: 13%)


patrick-breyer.de/en/data-rete…



Educazione finanziaria: aumentano le ricerche per i corsi sulle criptovalute


Le criptovalute costituiscono attualmente un prodotto finanziario molto diffuso, anche in merito al fatto che, grazie alle piattaforme di trading online, è possibile investire in questo settore in qualsiasi luogo e momento, senza ricorrere ad un intermediario, utilizzando un dispositivo digitale. Tuttavia, le tecniche di investimento con le valute virtuali non sono per niente facili: per operare correttamente occorrono esperienza, competenze […]

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State-centric approaches cannot adequately capture contemporary political dynamics — as beyond the state, a range of diverse non-state armed actors are active in different arenas.


Ponte sullo Stretto: il mostro è riemerso in campagna elettorale


ll fine della narrazione pro-Ponte è quello di imporre nella società il modello “culturale” dominante delle Grandi Opere: la depauperazione delle sempre più ridotte risorse pubbliche a favore degli interessi delle holding economiche e finanziarie private

di Antonio Mazzeo –

(l’immagine è di Oskarpress/Ipa)

Pagine Esteri, 19 settembre 2022 – Dividendo la Sicilia dalla terraferma d’Italia, lo splendido Stretto di Messina è un luogo di leggenda – Omero vi ha ambientato una parte dell’Odissea. All’estremità nord-orientale della Sicilia, Capo Peloro sorge dove il mar Ionio e il Tirreno turbinano l’uno nell’altro. Estendendosi di fronte al villaggio, la spiaggia – una riserva naturale – è una larga, piatta distesa di sabbia, che si dispiega sotto un gigantesco traliccio elettrico che era un tempo il più alto del mondo (ce n’è un altro che si rispecchia nell’acqua in Calabria). I delfini scorazzano nelle acque cristalline e i pescispada attraversano lo Stretto in estate, mentre la costa calabrese si profila all’orizzonte. Con questa descrizione la prestigiosa rivista National Geographic ha motivato nell’agosto 2022 la scelta di assegnare a Capo Peloro, Messina, il primo posto tra le 12 spiagge più belle d’Italia. (1)

Un riconoscimento di portata internazionale che dovrebbe inorgoglire i politici, gli intellettuali, i professionisti e le classi dirigenti delle due regioni che si affacciano sullo Stretto, imponendo scelte socio-economiche e ambientali meramente finalizzate alla difesa di un bene comune patrimonio dell’umanità e alla messa in sicurezza di un territorio ad altissimo rischio sismico e idro-geologico. Nell’incantevole scenario di Scilla e Cariddi, i mitologici mostri decantati da Omero, riemerge invece il fascino per l’ottava meraviglia del mondo sospirata da oltre un secolo dalle sirene del Mito del Progresso e dello Sviluppo ad ogni costo. Il Ponte sullo Stretto di Messina, una campata di 3.300 metri, due torri di cemento e acciaio alte 382,60 metri – formata ognuna da due piloni del diametro di oltre 50 metri – rette da quattro tiranti di acciaio per un peso totale di 166.600 tonnellate. Una megainfrastruttura che fagociterà materie prime per volumi superiori ai 3.540.000 metri cubi, generando con gli scavi inerti e rifiuti da smaltire per 6.800.000 mc. Un terzo mostro che terrorizzerebbe Scilla e Cariddi anche per il volume delle sue fondazioni in Sicilia di 86.000 metri cubi e per quelle nel versante calabro di 72.000 mc. E come se non bastassero Ponte, piloni e maxi-tiranti, il territorio circostante verrebbe stuprato da oltre 40 chilometri di raccordi stradali e ferroviari (2 km su viadotto e 20,6 km in galleria), mega-discariche, cave e strutture di connessione. Un’opera che devasterebbe vastissime superfici territoriali nelle province di Messina e Reggio Calabria: la somma delle aree destinante ai cantieri ammonta a 514.000 metri quadri, a cui si aggiungono quelle sacrificate a discariche finali di inerti e scarti di produzione, distanti anche più di 50 km dall’infrastruttura, per oltre 764.500 mq. (2)

Le false narrazioni dei vecchi e nuovi Padrini del Ponte

Una premessa è d’obbligo. Per chi scrive, il Ponte sullo Stretto non c’è mai stato, non c’è, né ci sarà. Non abbiamo creduto cioè, mai, che il Ponte siarealizzabile (per ovvi motivi di ordine strutturale-ingegneristico, economico, ecc.), ma abbiamo temuto e temiamo la ferrea volontà dei Padrini e dei Signori del Ponte di perseguire nello spazio e nel tempo i loro disegni e progetti meramente speculativi e fortemente impattanti dal punto di vista sociale e ambientale. (3) Preoccupa in particolare la “narrazione” del Ponte, strumentalmente riesumata una volta dalle grandi imprese General Contractor (contraenti), un’altra da qualche soggetto politico interessato a capitalizzare voti e clientele in vista di un appuntamento elettorale.

Il fine comune della narrazione pro-Ponte è quello di imporre nella società il modello “culturale”dominante delle Grandi Opere: la depauperazione delle sempre più ridotte risorse pubbliche a favore degli interessi delle holding economiche e finanziarie private, l’esautoramento delle volontà popolari locali e dei soggetti amministrativi che dovrebbero governare i territori, il saccheggio urbanistico e la devastazione ambientale. Per rilanciare la narrazione del Ponte si sfrutta ovviamente la crisi socio-economica (quella generata dal modello neoliberista imperante), gli alti tassi di disoccupazione generale, la precarietà delle vite di milioni di persone. Si tace, invece, sul fatto che la politica delle Grandi Opere è stata ed è caratterizzata in larga misura da progetti senza opera, senza cantieri, senza lavoratori. Pur consapevoli loro stessi che il Ponte è e sarà un Mito per i secoli venturi, i Padrini e i Signori del Ponte promuovono e finanziano campagne per dare il via al Ponte senza Ponte, magari dirottando una parte delle risorse finanziarie per perpetuare la progettazione per la progettazione o verso la realizzazione della sterminata lista di opere pseudo-compensative che amministratori, studi di progettazione e potentati economici locali strappano in cambio del loro sì o dei loro “nì” alla costruzione del manufatto fantasma.

Dicevamo che la “narrazione” alterna periodi di frenetica attività generale a fasi di torpore e silenzi. Così il Terzo mostro dello Stretto va in letargo per periodi più o meno lunghi per riemergere aggressivo soprattutto alla vigilia di una campagnaelettorale, sia essa di rilevanza nazionale, che regionale o locale. E’ quanto accade in queste settimane in vista dell’election day del 25 settembre, quando in particolare gli elettori siciliani sceglieranno i loro rappresentanti alla Camera e al Senato ma soprattutto chi guiderà per i prossimi cinque anni la Regione Siciliana a statuto speciale.Non c’è tribuna o comizio in cui il Ponte non faccia da protagonista e miracoloso talismano per un futuro di pace, progresso e prosperità. E mai come stavolta lo vogliono tutti o quasi: dalla Lega di Salvini ai postfascisti di Meloni & C., dagli immancabili forzisti che hanno già dato il nome di Berlusconi al collegamento stabile dello Stretto, ai centristi di ogni sorta e origine e, tirati per la giacchetta, anche tanti Pd che si dicono “non contrari ma attendisti”. Divisioni in casa Cinquestelle, organizzazione che aveva fatto il pieno nell’Isola sia alle regionali 2017 che alle politiche 2018: ai sempre meno NoPonte si contrappongono i primi convinti SìPonte di qualche parlamentare e i sempre più numerosi NìPonte di candidati, simpatizzanti ed elettori.

E proprio dall’Assemblea regionale siciliana il 22 gennaio 2020 è ripartita la controffensiva pro-Ponteche con il pieno sostegno delle grandi società di costruzioni ha (ri)conquistato i riflettori nel palcoscenico politico-mediatico nazionale. Con voto unanime l’Ars ha approvato infatti un ordine del giorno di Fratelli d’Italia che impegnava il governatore di centro-destra Nello Musumeci a chiedere al governo Draghi di inserire il Ponte tra le priorità nazionali, destinando una parte dei 20 miliardi di euro di fondi Ue previsti per il Mezzogiorno. (4) Musumuci, pontista convinto, non si è lasciato certo sfuggire la ghiotta occasione e ha avviato il pressing a tutto campo a Roma e nell’Isola, coalizzando un composito arco di forze sociali ed economiche, Confindustria e organizzazioni sindacali storiche in primis.

Il Gioco dell’Oca del Ponte: mezzo miliardo per tonnellate di inutili carte

Il 13 marzo 2021 sono stati i manager di WebuildSpA (la società leader del settore costruzioni nata nel 2014 dalla fusione delle imprese Salini ed Impregilo), a riprendere dopo lungo silenzio la campagna promozionale per (ri)ottenere la progettazione e realizzazione del Ponte di Messina. Nell’ottobre 205, l’associazione temporanea d’imprese Eurolink con capofila Impregilo SpA si era aggiudicata la gara d’appalto del valore di 4,4 miliardi di euro per il General Contractor della grande opera tra Scilla e Cariddi insieme ad altre società italiane e straniere, alcune oggi liquidate oin via di liquidazione. (5) Webuild ha pubblicato un video musicale della durata di un paio di minuti che si concludeva con lo slogan Ponte sullo stretto di Messina, un’infrastruttura essenziale per il futuro del Paese. “L’opera potrà rilanciare lo sviluppo nel Sud Italia”, enfatizzava l’holding. “Il Ponte darà occupazione a 118.000 persone e attirerà verso il nostro Paese il commercio mondiale che gravita nel Mediterraneo”. (6)

Nulla di nuovo sotto il sole in quanto a propaganda, tranne il non certo lieve aggiornamento dei costi (e relativi incassi) per i lavori. Pur riproponendo lo stesso modellino di Ponte di quindici anni prima, Webuild ricalcolava le spese progettuali e di realizzazione in 8,56 miliardi di euro più altri 1.344 milioni di opere accessorie, escluse le linee Tav. “La leva finanziaria sarebbe al 90% debito e al 10% con mezzi propri, con risorse in arrivo da settori privato/pubblico, oppure soggetti a controllo pubblico non consolidati nel bilancio dello Stato come Rfi, Cassa depositi e prestiti e Anas”, spiegava ancora Webuild. (7) Una vera moltiplicazione dei pesci in faccia agli italiani e a danno dell’erario. Quando nell’agosto del 2003 il Cipe aveva approvato il progetto preliminare del Ponte e dei suoi collegamenti, era stata stimata una spesa di 4,6 miliardi; nel 2009 la Corte dei Conti aveva lamentato che il Piano economico-finanziario approvato dalla Stretto di Messina SpA aveva aggiornato i corrispettivi previsti nei precedenti contratti di affidamento dei lavori a 6,3 miliardi; due anni più tardi l’effimera approvazione del Progetto definitivo di Eurolink elevava l’importo contrattuale a 6,7 miliardi. (8) Attenzione però: la previsione di 10 miliardi di Webuild di un anno mezzo fa non tiene conto ovviamente del terremoto dei prezzi generato dal conflitto Russia-Ucraina e dalle conseguenti speculazioni sui mercati finanziari, specie relativamente alle due componenti chiave del Ponte-Mostro sullo Stretto, cemento e acciaio.

Webuild si è detta disponibile a ritirare i contenziosi giudiziari con il governo e la concessionaria statale purché si riapra l’iter realizzativo del Ponte. In verità la richiesta di oltre 800 milioni di risarcimento per la revoca della gara d’appalto ad Eurolink era stata rigettata in primo grado il 12 novembre 2018 dai giudici della XVI Sezione Civile del Tribunale di Roma. “Il committente – soprattutto se è pubblico – ha tutto il diritto di recedere in qualunque momento da un contratto, senza obbligo di motivazione (…) e l’appaltatore non può vantare alcun diritto al risarcimento per non aver potuto realizzare l’opera pubblica, perché l’interesse alla sua realizzazione fa capo solo al committente”, sentenziavano i giudici. (9) Fondamentale nel respingere l’esosa richiesta delle società contraenti anche la constatazione che il progetto consegnato alla Stretto di Messina SpA il 13 aprile 2011 fossetutt’altro che definitivo e che – come denunciato dai NoPonte – permanevano “rilevanti criticità non risolte” dal punto di vista tecnico-ingegneristico e “riscontrate carenze documentali relative ai profili ambientali”. (10)

A raffreddare il rianimato ardore dei pontisti di prima e ultima ora ci ha pensato nel maggio 2021 il Gruppo di lavoro costituito ad hoc dall’alloraministra dei Trasporti Paola De Micheli per valutare la sostenibilità di differenti ipotesi di collegamento stabile nello Stretto. Nella relazione trasmessa al successore Enrico Giovannini, i tecnici ministeriali hanno espresso innumerevoli critiche alla soluzione del Ponte a campata unica (modello Società Stretto di Messina ed Eurolink) ritenendo invece “la soluzione aerea a più campate potenzialmente più conveniente”. (11) Coincidenza vuole che nell’ottobre 2020 è stata resa pubblica l’intenzione di Italferr, la società di ingegneria del Gruppo Ferrovie dello Stato, di predisporre il progetto di “un ponte a tre archi e non più a luce unica, con un’arcata centrale di 2.000 metri”. Il Gruppo di lavoro ha stigmatizzato anche le altre due vecchie proposte di tunnel (subalveo e in alveo) per “l’elevato rischio sismico ad esse collegato e per la mole di indagini geologiche, geotecniche e fluidodinamiche necessarie per verificarne la fattibilità tecnica, ma anche per l’eccessiva lunghezza necessaria”. (12)

Le conclusioni del Gruppo di lavoro hanno riportato tutti alla casella di partenza del Gioco dell’Oca del Ponte, facendo infuriare Padrini e Signori del Mostro sullo Stretto e le stesse associazioni ambientaliste che lamentano come sia rimasta fuori dalla valutazione quella che è considerata l’unica opzione credibile e sostenibile al collegamento stabile dello Stretto, cioè il miglioramento e potenziamento del traghettamento. “La relazione del Gruppo di lavoro è irricevibile perché viziata dalla esclusione pregiudiziale del traghettamento”, scrivono Kyoto club, Legambiente e Wwf. “Si tratta dell’alternativa migliore dal punto di vista economico-finanziario, sociale e ambientale che assicura già oggi, senza ulteriori impatti, tempi di attraversamento di 20-35 minuti con corse per le persone con le auto al seguito che avvengono con una frequenza di 40 minuti o 1 ora, a seconda delle compagnie di navigazione, e con tempi per il traghettamento dei treni che, con migliorie relative all’imbarco di convogli interi, possono essere portati da 1 ora e 10 a 40 minuti. Ma su cui occorre investire anche per la ricerca di soluzioni innovative, con nuove tecnologie che riducano ulteriormente i tempi di percorrenza e migliorino i servizi nell’area dello Stretto”. (13)

Pur di non scontentare alla fine i pontisti mono e tris campata, l’esecutivo Draghi-Giovannini ha preferito glissare le critiche degli ambientalisti e degli studiosi di economia e del debito pubblico. Così a inizio 2022 ha affidato a RFI (Rete Ferroviaria Italiana), partecipata al 100% da Ferrovie dello Stato Italiane, lo studio per valutare la “fattibilità” delle due ipotesi rimaste in gara: ilponte a campata unica di Webuild o quello “a tre archi” di Italferr (FS). “Il progetto esistente per la campata unica va in ogni caso aggiornato, sia per le nuove normative tecniche sia perché l’ipotesi di project financing non regge in relazione alle previsioni di traffico”, ha comunque allertato il ministro Giovannini intervenendo in Parlamento. “I tecnici incaricati dal Gruppo Fs hanno predisposto un cronoprogramma, con le varie tappe, ed entro la fine del 2022 dovrebbe chiudersi l’iter procedurale.(14)

Aldilà della evidente inutilità dell’ennesimo studio di fattibilità – per giunta viziato dal palese conflitto d’interessi in casa Ferrovie dello Stato – va detto che esso comporterà un esborso di denaro pubblico pari a 50 milioni di euro, che si somma agli oltre 300 milioni che la Corte dei Conti calcola siano stati spesi in tutti questi anni per elaborati, studi, rilievi, progettazioni e convegni pro-Ponte(per alcuni studiosi si tratterebbe di almeno 350-400 milioni). Deus ex machina di questa inarrestabile emorragia di risorse pubbliche per fabbricare carte su carte la Stretto di Messina SpA, società istituita nel 1981 e controllata all’81,84% da ANAS (entrata a far parte del Gruppo FS) e partecipata da RFI (Rete ferroviaria italiana), Regione Calabria e Sicilia. Posta in liquidazione con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 aprile 2013, la Stretto SpA resta ancora in vita nonostante la liquidazione doveva essere completata entro un anno dalla nomina del commissario liquidatore. Quest’ultimo, nella persona di Vincenzo Fortunato, è stato nominato il 14 maggio 2013. Secondo l’ultimo bilancio annuale della Stretto SpA al commissario liquidatore sono stati versati emolumenti per 100.000 euro, a cui si aggiungono 20.000 euro di spese per il collegio sindacale, 13.000 per la società di revisione Ernst & Young, 50.000 per “altri costi e fatture di professionisti” e 55.000 per gli avvocati che rappresentano la società in alcuni contenziosi pendenti. (15) Dirigente del Poligrafico e Zecca dello Stato Italiano SpA, dal marzo al giugno 2021 Vincenzo Fortunato ha ricoperto il ruolo di Head ofTechnologies & Process dell’Inlighter Fund di Tel Aviv (Israele). (16)

L’ultimo scontro tra le città non luogo e i bei territori di anime e corpi

Così come per gli studi di fattibilità e le spese di sopravvivenza, si moltiplicano intanto pure i convegni per narrare il Ponte che non c’è. L’ultimo di interesse nazionale si è tenuto a Roma lo scorso 13 settembre presso la sede dell’Università telematica eCampus, promotrice dell’evento. Sotto i riflettori, ovviamente il Ponte a campata unica di Eurolink-Webuild. “Per fare chiarezza sull’intera questione, abbiamo invitato due soggetti fondamentali per la procedura approvativa: Cowi e Parsons”, spiegano gli organizzatori. “La società d’ingegneria danese Cowi (leader mondiale nella progettazione dei Ponti di grande luce) èrappresentata dall’allora Presidente Klaus Ostenfeld che ha assunto la responsabilità diretta del progetto (redatto per conto del Contraente Generale Eurolink) e che dichiara, come ovvio che sia, che non solo è fattibile, ma che si tratta di un’opera di assoluta eccellenza. L’altro soggetto che partecipa è la Società di Ingegneria americana Parsons incaricata dalla Società Stretto di Messina quale PMC – Project Management Consulting”. Al convegno-vetrina del Ponte “di assoluta avanguardia nel mondo”, anche tre accademici che hanno fatto parte del comitato scientifico della Società Stretto di Messina: Claudio Borri (Università di Firenze), Piero D’Asdia (Chieti Pescara) e Alberto Prestinizi (La Sapienza di Roma). (17)

L’interesse dell’Università eCampus a interpretare un ruolo chiave nella promozione scientifica del Ponte sullo Stretto è certamente frutto delle visioni strategiche del suo rettore, il professore Enzo Silverio, ingegnere-architetto e progettista di ponti e grandi infrastrutture. Il 4 giugno 2021 eCampus, insieme al Rotary Club Messina, al KiwanisDistretto Italia–San Marino e all’Associazione Centro Studi Diodoro ha promosso un convegno nella città capoluogo dello Stretto dal titolo Infrastrutture al Sud e Ponte: Quali e quanti benefici…?, ospite d’onore l’allora sindaco Catenode Luca, oggi candidato alla presidenza della Regione siciliana e sostenitore ultrà della mega opera tra Scilla e Cariddi. Il rettore Enzo Silviero è anche tra i fondatori di “Lettera 150”, thinkthank formatosi spontaneamente in Italia durante il lockdown da pandemia Covid19 “per suggerire un approccio razionale e strategico all’emergenza”, anch’esso promotore nei mesi scorsi di eventi pubblici pro-Ponte. Il documento fondativo di “Lettera 150” è stato firmato da 150 tra docenti universitari e magistrati, ma oggi i sostenitori sono più di 250. Coordinatore del think tank politico-economico-accademico il professore ed ex senatore Giuseppe Valditara, eletto con il Popolo delle Libertà e transitato poi con il Gruppo per il Terzo Polo. (18)

“Sembra di essere tornati agli anni ’90, quando tutte le più importanti forze politiche e le amministrazioni locali interessate erano schierate dalla parte del Ponte”, commenta Luigi GinoSturniolo, storico attivista NoPonte ed ex consigliere comunale di Messina, autore di alcuni saggi sull’insostenibilità socio-economica dell’infrastruttura. “Solo dopo anni di lavoro del movimento NoPonte, una parte del quadro politico e sindacale aveva cambiato posizione e sembrano oggi lontani i tempi in cui ai nostri cortei partecipavano, tra gli altri, sindaci e giunte delle città di Messina e Villa San Giovanni e spezzoni e singoli rappresentanti di partiti. Quel movimento, con le diverse sensibilità che conteneva, era stato capace di incidere sulle scelte politiche nazionali e, forse l’unico tra i movimenti che si battono contro le Grandi Opere in Italia, aveva vinto”.

“Il Ponte sullo Stretto – aggiunge Sturniolo – è contenuto dentro il paradigma di un mondo che muore, incapace di smaltire i propri scarti e accettare i propri limiti. Non è il salto nel futuro, è il tuffo nel baratro. Non è la soluzione al mancato sviluppo dei nostri territori, è la causa del loro destino di distruzione. Lo scontro tra favorevoli e contrari alla costruzione del Ponte sullo Stretto, non ha a che fare, semplicemente, con la realizzazione o meno di un manufatto, con la sua costruibilità, con l’impatto ambientale che determinerebbe. In ballo ci sono due idee di città, di territorio: da una parte la città di passaggio, la città-svincolo, luogo divenuto anonimo e assorbito dalle necessità logistiche, non-luogo che recide definitivamente la relazione con la sua storia. Dall’altro una città che si fonda (si ri-fonda) sulla bellezza del proprio territorio, che fa della sostenibilità la propria occasione per il futuro, che si ri-conosce dal suo rapporto con il mare, che ne fa fonte del suo rilancio, una città che si ricorda della propria storia rinvenendo nel porto il suo punto di forza”.

Per Sturniolo siamo di fronte ad uno scontro epocale: “Tra il passato recente, la fotografia giornalistica di un mondo andato in frantumi a causa del sovraccarico che esso stesso ha creato, e il futuro possibile di una umanità che sceglie di convivere con il pianeta che gli è capitato di abitare, che sceglie di rispettarne la fragilità poiché quella fragilità contiene l’unica promessa di felicità che abbiamo a disposizione”.

Una ragione in più per tornare a riprendersi strade e piazze, per continuare a vivere e assicurare la vita di tutte e tutti, dallo Stretto al pianeta intero. Pagine Esteri

Note:

(1) nationalgeographic.co.uk/trave…

(2) A. Mangano, A. Mazzeo, Il mostro sullo Stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il Ponte, Sicilia Punto L, Ragusa, 2006, pp. 33-34.

(3) Per comprendere l’identità e le finalità dei Padrini e Signori del Ponte di veda: A. Mazzeo, I padrini del Ponte. Affari di mafia sullo Stretto di Messina, Edizioni Alegre, Roma, 2011.

(4) messinatoday.it/politica/ponte…

(5) Di Eurolink, oltre ad Impregilo facevano parte la Sacyr Sa, Società Italiana per Condotte d’Acqua S.p.A., Cooperativa Muratori e Cementisti – Cmc di Ravenna, Ishikawajima – HarimaHeavy industries Co Ltd., Aci Scpa – Consorzio stabile.

(6) ilfattoquotidiano.it/2021/03/1…

(7) qds.it/ponte-118mila-occupati-…

(8) sciami.it/2019/06/24/gli-straf…

(9)gazzettaufficiale.it/atto/cort…

(10) it.businessinsider.com/ponte-s…

(11) mobilita.org/2020/10/12/arriva…

(12) messina.gazzettadelsud.it/arti…

(13)wwfit.awsassets.panda.org/down…

(14) https://www.messinatoday.it/attualita/ponte-sullo-stretto-annuncio-giovannini-incarico-studio-fattibilita.html?fbclid=IwAR3TYzja5OhqG6kzqSeXJLyn6ND1Icq25-_DWNl3ENG7C-09_UsGCT–8cw

(15) wired.it/article/ponte-sullo-s…

(16)presidenza.governo.it/Amminist…

(17) italpress.com/ponte-sullo-stre…

(18) lettera150.it/comitato-dei-sot…

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Gaza, un buon affare per l’Egitto


REPORTAGE. Con gli ingegneri e ruspe all'opera dopo le bombe israeliane e gli introiti del valico di Rafah, il Cairo trae il massimo profitto dal blocco della Striscia di cui è complice. L'articolo Gaza, un buon affare per l’Egitto proviene da Pagine Est

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 13 settembre 2022 – La ruspa fa avanti e indietro alla periferia meridionale di Gaza city. Il suo braccio afferra le macerie di un edificio colpito dall’aviazione israeliana nel 2021 e demolito solo di recente. E le scarica nel rimorchio di un autocarro alzando una nuvola di polvere. Ripete questi movimenti sotto lo sguardo di un ingegnere. Ci dicono che è un egiziano. «Salve, come va? Lei è del Cairo? Si trova bene a Gaza?». «No, sono del Delta. A Gaza sto bene, qui ci sono fratelli dell’Egitto». La conversazione va poco oltre. L’ingegnere non ha tempo e desiderio di conversare. Quella egiziana nella Striscia di Gaza è una presenza discreta ma significativa, soprattutto dallo scorso anno, quando il regime di Abdel Fattah el Sisi si è proposto di ricostruire quanto i bombardamenti israeliani avevano distrutto con 500 milioni di dollari. Fondi che, stando a quanto dicono da queste parti, passano per una porta girevole: escono (forse) dall’Egitto e rientrano in patria attraverso le imprese che eseguono i lavori.

Non è facile avere notizie certe. «Quello che è sicuro è che per le imprese egiziane lavorare qui è un buon affare. Gaza è povera e con tante necessità ma qui arrivano finanziamenti delle agenzie dell’Onu e di ong importanti», ci chiarisce Hassan, che, come ci hanno chiesto quasi tutte le persone con cui abbiamo parlato, preferisce non sia rivelato il suo cognome. Il tema «egiziano» è delicato. Le autorità di Hamas non vogliono noie di alcun tipo con il regime di El Sisi con il quale hanno instaurato, a partire dal 2018, buone relazioni dopo gli anni difficili seguiti allo scontro duro tra El Sisi e i Fratelli musulmani. «I leader di Hamas – spiega Hasan – hanno bisogno dell’Egitto, è un interlocutore fondamentale, è l’unica porta sul mondo che hanno a disposizione e devono mantenerla aperta. Per questo soddisfatti o scontenti che siano non sollevano obiezioni e si mostrano compiacenti nei confronti del Cairo». E preferiscono non ricordare che l’Egitto resta un partner di Israele nel mantenere il blocco di Gaza e che ha distrutto i tunnel sotterranei di contrabbando sul confine con il Sinai che (oltre alle armi) garantivano rifornimenti vitali. L’Egitto inoltre, da anni, è mediatore tra gli islamisti palestinesi e Israele e il mese scorso è stato decisivo, anche se i leader del movimento islamico non lo ammettono, per tenere Hamas fuori dallo scontro tra Israele e il Jihad islami.

Rispondendo nel suo ufficio a Gaza city alle nostre domande sul mancato intervento militare di Hamas a sostegno del Jihad, Basem Naim, che cura i rapporti del movimento islamico con la stampa estera, ci ha detto «non è vero che non abbiamo partecipato, abbiamo contribuito in altri modi a contrastare gli attacchi israeliani». A Gaza invece sostengono che è prevalsa «l’ala governista» di Hamas, favorevole ad ascoltare i «suggerimenti» dell’Egitto e interessata a consolidare il controllo di Gaza, alla luce anche dei bisogni crescenti di una popolazione in piena emergenza umanitaria a causa del blocco. L’ingresso in campo di Hamas avrebbe significato una nuova guerra totale con Israele e, tra le altre cose, la sospensione dei 20mila permessi di lavoro che Tel Aviv ha dato nei mesi scorsi ad altrettanti manovali di Gaza. Si tratta di una fonte di reddito importante per migliaia di famiglie palestinesi e un flusso di milioni di dollari che entra a Gaza. «Hamas – ci dice Ali, proprietario di un minimarket – sa che Israele e l’Egitto lo tengono in scacco ma non può permettersi di far chiudere il valico di Rafah (tra Gaza e l’Egitto) e di imporre a 20mila manovali di rinunciare al lavoro in Israele. I soldi che portano a casa fanno girare parecchie cose qui a Gaza, aiutano anche me, e (attraverso le tasse) finiscono in parte anche nelle casse del governo non ufficiale di Hamas».

E poi c’è ancora da realizzare la ricostruzione dopo i tanti attacchi militari israeliani dal 2008 a oggi. Se i bombardamenti aerei di inizio agosto hanno provocato ben 49 vittime (inclusi 17 bambini) tra i palestinesi ma relativamente pochi danni materiali, invece l’offensiva israeliana del maggio 2021 è stata distruttiva: 1.500 case ridotte in macerie, più di 1.700 hanno subito danni irreparabili insieme ad altre 17.000 parzialmente danneggiate. Un anno fa, poco dopo l’annuncio del cessate il fuoco, l’Egitto inviò a Gaza cibo, vestiti e medicinali. Poi sono arrivati autocarri, gru, ruspe e squadre di ingegneri. Il capo dell’Unione dei costruttori palestinesi, Osama Kahil, spiegò che l’aiuto egiziano sarebbe servito a realizzare 100.000 case oltre a fabbriche e scuole. L’esecutivo di Hamas ringrazia i fratelli egiziani ma girando per Gaza non si vedono tanti cantieri aperti come vorrebbero questi numeri.

«Il vero affare per gli egiziani è il valico di Rafah e ad averne il vantaggio maggiore è la società Abna Sina (Figli del Sinai)» avverte Abed, un reporter, «tutti i movimenti dei palestinesi di Gaza nel Sinai e attraverso il terminal di Rafah sono gestiti da Abna Sina che è dell’Esercito egiziano e include anche un figlio di El Sisi». Ogni anno molte migliaia di palestinesi di Gaza, pagando ognuno di loro centinaia di dollari, passano per Rafah. Vanno al Cairo per motivi di lavoro, di affari, di studio o per curarsi. «Parliamo decine di milioni di dollari che ogni anno entrano nelle casse di Abna Sina – aggiunge il giornalista – e chi sceglie il passaggio Vip per evitarsi attese di giorni nel Sinai, disagi insopportabili e di essere maltrattato dai soldati egiziani, deve bonificare alla Abna Sina 1.250 dollari». Abed sorride e commenta con amarezza: «Gaza, sotto blocco e con tutti suoi problemi, fa gli interessi economici degli egiziani. Israele ci osserva, fa le sue manovre e quando vuole ci colpisce». Pagine Esteri

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CISGIORDANIA. Mesafer Yatta, Israele arresta Hafez Huraini


La scorsa settimana, mentre coltivava la sua terra, un gruppo di coloni israeliani armati di spranghe ha aggredito Huraini, procurandogli la frattura di un braccio e di una mano. Ma l'esercito ha arrestato lui. L'articolo CISGIORDANIA. Mesafer Yatta, Isr

di Zenobia

Pagine Esteri, 20 settembre 2022 – #FreeHafezHuraini è l’hashtag lanciato da palestinesi ed attivisti internazionali per denunciare l’arresto di Hafez Huraini, un contadino e più di tutto uno dei leader della comunità di Tuwani, nella zona di Mesafer Yatta, l’area a sud di Hebron dichiarata “poligono di tiro” dall’esercito israeliano e da dove le comunità palestinesi rischiano l’espulsione.

La scorsa settimana, mentre coltivava la sua terra, un gruppo di coloni israeliani armati di spranghe ha aggredito Huraini, procurandogli la frattura di un braccio e di una mano. Non è la prima volta che avvengono aggressioni simili. I coloni, riferiscono testimoni palestinesi e internazionali, escono quotidianamente dai loro insediamenti per danneggiare le coltivazioni dei palestinesi. Altre volte gli attacchi sono fisici e colpiscono gli agricoltori o i pastori.

In questo caso i coloni hanno anche ritardato i soccorsi, impedendo inizialmente all’ambulanza di raggiungere l’uomo ferito. L’esercito israeliano, arrivato sul posto, ha disposto l’arresto di Hafez Huraini, accusandolo di aver aggredito uno dei coloni. In ospedale, l’esercito israeliano non ha permesso il contatto con i familiari. Quindi ha arrestato il palestinese. La detenzione è stata rinnovata fino a quando non si terrà il processo il processo in cui Huraini risponderà difronte a una corte militare. Al contrario i coloni, se chiamati in giudizio, lo faranno da cittadini israeliani, secondo giurisdizione civile.

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Hafez Huraini

Hafez Huraini si trovava all’interno di un campo, intento a coltivare un terreno di proprietà privata palestinese, riconosciuta formalmente anche dallo Stato israeliano. L’intera aggressione è stata filmata e i video mostrano chiaramente quattro coloni armati – uno con in braccio un M-16 – ed il volto coperto. Nel campo, in cui i coloni si sono introdotti senza autorizzazione, nessun israeliano ha riportato ferite.

Nonostante questo, la notte stessa e per le successive due notti, l’esercito israeliano ha fatto irruzione nel villaggio di Tuwani sparando granate stordenti e gas lacrimogeni contro le case. L’esercito ha arrestato venti uomini, mentre decine sono stati i civili, bambini compresi, costretti a cure mediche per intossicazione dovuta ai gas.

Le pagine social di gruppi di attivisti come Youth of Sumud, i profili personali di Sami Huraini, attivista e figlio di Hafez, o di Basel Adra, giornalista del villaggio, sono in aggiornamento ogni giorno.

Il villaggio di Tuwani è uno dei più attivi nel resistere all’avanzata delle colonie tra le colline di Masafer Yatta. La popolazione palestinese della zona lo fa attraverso mezzi pacifici e non violenti, ricorrendo perfino alle aule dei tribunali israeliani e provando a far valere in quelle sedi i propri diritti. Questo, nonostante la loro posizione sia quella di popolazione occupata che ricorre difronte alle corti di giustizia della potenza occupante.

È quanto, per esempio, hanno fatto avanzando un ricorso contro la decisione della Corte suprema israeliana di autorizzare la demolizione di alcuni villaggi della zona. Il motivo è la costituzione, nell’area, della Firing Zone 918, un’area di esercitazione militare per l’esercito israeliano. Per più di venti anni, dal 1999, i residenti palestinesi hanno combattuto nelle aule dei tribunali israeliani contro questo provvedimento, quindi è arrivata la decisione definitiva. La Corte suprema israeliana ha recentemente rigettato l’ultimo ricorso palestinese, autorizzando la demolizione di più del 50% degli edifici di 8 villaggi, tra questi sono incluse scuole e ambulatori, oltre che abitazioni civili.

L’istituzione del poligono di tiro è uno dei mezzi utilizzati dalle autorità militari per costringere i palestinesi ad abbandonare le terre su cui, in poco tempo, vengono costruiti nuovi insediamenti israeliani, dove vanno ad abitare coloni. In questo modo si assicurnoa il pieno controllo della zona e l’espansione dell’occupazione, interrompendo la continuità territoriale palestinese e tagliando le vie di comunicazione tra i villaggi, progressivamente sempre più isolati. Palestinesi e attivisti internazionali denunciano che i coloni, di Karmel, Ma’on e altri insediamenti coloniali nell’area di Masafer Yatta, non esitano a praticare aggressioni e violenze contro la popolazione palestinese autoctona, non mancando di intimidire anche i bambini diretti a scuola. Pagine Esteri

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Elezioni 2022: Destra-centro vinceranno, come Pirro


Il risultato delle urne appare scontato: i sondaggisti sono unanimi. Il problema è come si arriva a questa vittoria

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Elezioni 2022: ricordando la lezione di Draghi


La conferenza stampa della scorsa settimana del Presidente Mario Draghi, ha mostrato cose ignorate dalla gran parte dei partecipanti alla propaganda elettorale

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Elisabetta II, una Regina al servizio del Regno Unito


Il Regno Unito si lascia alle spalle la ‘nuova età elisabettiana’: si è infatti concluso il lungo addio – alla presenza di Capi di Stato, teste coronate e dignitari da tutto il mondo (tranne pochi esclusi)- alla Regina Elisabetta II, a dieci giorni dalla sua scomparsa, annunciata dalla Famiglia reale, facendo scattare l’imponente piano per renderle […]

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Bilanciare geopolitica e sicurezza energetica con la decarbonizzazione


La guerra Russia-Ucraina ricorda l’importanza vitale di una fornitura di energia stabile e a basso costo e l’impatto della geopolitica sulla sua sicurezza. L’Europa, in particolare la Germania, lo sente intensamente. La Germania, che si è impegnata a eliminare gradualmente il nucleare e il carbone, aveva promosso l’introduzione di fonti di energia rinnovabile come l’energia […]

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Capi di stato e di governo e teste coronate da tutto il mondo per l’ultimo saluto alla Regina Elisabetta II. Un milione di persone in transito a Londra, oltre 2mila delle quali nell’abbazia di Westminster per dare l’ultimo saluto a Elisabetta II.


L’Ue ci dà un taglio 7,5 miliardi di euro. Questo l’ammontare dei fondi europei per l’Ungheria che ieri la Commissione Europea ha proposto al Consiglio di sospendere.


#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione.

🔸 #PNRR, via libera in cdm alla riforma degli Istituti tecnici e professionali

🔸 #TuttiAScuola, a Grugliasco l'inaugurazione del nuovo anno sc…



Nella “tempesta perfetta” che ha messo in ginocchio la provincia di Ancona, nelle Marche, causando undici vittime e due dispersi, anche il “malfunzionamento” di un algoritmo. Il violento nubifragio era sì previsto, ma sulla Toscana e in pieno giorno. È...

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in reply to Informa Pirata

È sempre così: chi prova a segnalare situazioni di pericolo è accusato di essere un menagramo che disturba l'allegro party.

Anche i cittadini fanno la loro parte, votando politici che non "sprecano" soldi per la prevenzione ma li destinano a scopi più nobili, tipo campi da calcio.

Informa Pirata reshared this.

in reply to rag. Gustavino Bevilacqua

@Bevilacqua Gustavino e aspetta che arrivi il prossimo terremoto: ti faccio notare che con la frequenza che abbiamo in Italia di terremoti sopra la magnitudo 5, il fatto che non abbiamo terremoti importanti da Amatrice 2016, significa che a breve ci sarà la solita grottesca indignazione per le vittime di uno di quei terremoti che in Giappone fanno morire la gente solo se a qualcuno gli casca il phon nella vasca mentre si fa il bagno

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Regina Elisabetta II: il punto di vista di uno storico


Elisabetta II è stata il capo di stato nel Regno Unito, e anche in Canada, Australia, Bahamas e Tuvalu, per tutto il tempo che tutti possono ricordare. Le opinioni variano sull’importanza o l’utilità della monarchia britannica nel mondo moderno, ma poche persone mancherebbero di rispettare una donna che ha trascorso quasi ogni momento degli ultimi […]

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Conoscete già il #PNRRIstruzione e le misure previste per la scuola? Da domani, attraverso video, quiz, grafiche e approfondimenti, vi aiuteremo a scoprire come sono utilizzati i 17,59 miliardi destinati al mondo dell'Istruzione e alla #scuola del fu…

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Jean-Luc Godard, fino all’ultimo respiro di vita


“Rimane il fatto che capire la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando” (P. Roth, Pastorale americana) Tutti, prima o poi, saremo esausti e non vivremo più. Ma ogni morte costituisce l’ultimo anelito di un […]

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Tutti potremmo imparare una o tre cose dalla vita della Regina Elisabetta II


Mia madre non ha mai parlato molto delle sue esperienze d’infanzia a Londra durante la seconda guerra mondiale. Ha menzionato solo una volta il momento in cui si è rifiutata di mettersi al riparo durante il Blitz, optando invece per correre a casa mentre le bombe piovevano intorno a lei. Aveva otto anni. Poi c’è […]

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La scomparsa della Regina Elisabetta dal punto di vista delle Monarchie asiatiche


La scomparsa della Regina Elisabetta II, data la rilevanza del personaggio e la sua età, rappresenta un punto di svolta storico, in quanto rappresenta un vero e proprio stargate temporale attraverso il quale rileggere una buona parte di quello che è stato definito il “Secolo breve” ed il passaggio al primo ventennio del Secolo corrente. […]

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Ucraina: l’impero russo di Putin sta crollando come il suo predecessore sovietico


Mentre la disastrosa invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin continua a disfarsi, un numero crescente di esperti occidentali prevede lo scioglimento della stessa Federazione Russa. Sebbene la Russia possa ancora sopravvivere alla debacle in Ucraina, è già evidente che il Cremlino ha subito una storica perdita di influenza nella più ampia regione post-sovietica. Come […]

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Per sopravvivere oggi, bisogna imparare dalla Regina Elisabetta II


Tra tutte le sciocchezze, l’agiografia e il persiflage che verrà scritto sulla defunta Elizabeth Mary Alexandra Saxe-Coburg-Gotha, alias la regina Elisabetta II, nei prossimi giorni e settimane, lasciami prendere il remo presto e individuarne uno abilità davvero notevole che aveva che non riceve mai abbastanza attenzione. Ancora più importante, è una delle poche abilità di […]

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UN Human Rights Commissioner warns against chat control


UN Human Rights Commissioner Türk advises against EU plans to search all private messages and photos without suspicion using error-prone algorithms (so-called “chat control” or “CSAM scanner” … https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/G22/442/29/pdf

UN Human Rights Commissioner Türk advises against EU plans to search all private messages and photos without suspicion using error-prone algorithms (so-called “chat control” or “CSAM scanner” proposal), questioning its compatibility with human rights.[1] In a newly released statement, the Office of the High Commissioner for Human Rights (OHCHR) warns:

“Moreover, in the general scanning of communications, frequent false positives cannot be avoided, even if accuracy rates are high, thereby implicating numerous innocent individuals. Given the possibility of such impacts, indiscriminate surveillance is likely to have a significant chilling effect on free expression and association, with people limiting the ways they communicate and interact with others and engaging in self-censorship.”

Specifically, the Human Rights Commissioner criticises the enisioned message screening on private smartphones (so-called “client-side scanning”) for undermining secure message encryption: “Client-side scanning also opens up new security challenges, making security breaches more likely. The screening process can also be manipulated, making it possible to artificially create false positive or false negative profiles. Even if, for current purposes, client-side screening is narrowly tailored, opening up devices for Government-mandated screening is likely to lead to future attempts to widen the scope of content that is the target of such measures. In particular, where the rule of law is weak and human rights are under threat, the impact of client-side screening could be much broader, for example it could be used to suppress political debate or to target opposition figures, journalists and human rights defenders. “

Overall, the human rights experts conclude, “Without in-depth investigation and analysis, it seems unlikely that such restrictions could be considered proportionate under international human rights law, even
when imposed in pursuit of legitimate aims, given the severity of their possible consequences.” The rulings of the European Court of Justice “support this conclusion”. According to them, automatic analysis is conceivable only in the event of a threat to national security. “The court rejects any other justification.” The case law reveals “an even stronger scepticism towards the screening of content data”. The human rights Commissioner recommends that message searches only be targeted at suspicious individuals.

Pirate Party Member of the European Parliament Patrick Breyer comments:

“The human rights experts speak out what is being hushed up in Brussels: Indiscriminate mass surveillance of our private communications is not only ineffective, but also clearly illegal. But the wolves in child protection fur in Brussels are in such a clear majority that it will take massive protests to save digital privacy of correspondence and digital security on the net. Everyone is needed now!”

The EU Parliament gave the green light for the negotiations to start last week. Rapporteur and chief negotiator will be conservative MEP Javier Zarzalejos, who had already negotiated the controversial Europol reform and is a strong supporter of the proposal. Hilde Vautmans, also a strong supporter, is negotiating for the liberal group, so that a centre-right majority in Parliament supports the plans. For the Greens/European Free Alliance group, Patrick Breyer (Pirate Party) is a clear opponent at the negotiating table.

In the meantime, the Czech Council Presidency has proposed to extend the regulation on chat control to include the removal of search engine search results.

Breyer’s information page on chat control: chatcontrol.eu


patrick-breyer.de/en/un-human-…



Samantha Cristoforetti ammiraglia della Stazione Spaziale Internazionale


Comandare è meglio di fottere. Deve essere stata questa l’espressione formulata quando si è saputo che Samantha Cristoforetti sarebbe diventata comandante della Stazione Spaziale Internazionale per una quindicina (scarsa) di giorni. Fottere è un termine volgare, anche se lo scrittore siciliano Paolo Fai sul CorSera di qualche anno fa spiegava che con questo verbo –oltre che […]

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Regina Elisabetta II: immortalare la donna più fotografata del mondo in vita e in morte


La defunta regina Elisabetta II è stata una delle figure più fotografate della storia. Durante un lungo periodo in cui la portata politica e militare britannica è diminuita, le immagini di Sua Maestà hanno sostenuto la proiezione del soft power e hanno svolto un ruolo chiave nel rafforzare il sostegno pubblico alla monarchia. I suoi […]

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Elisabetta II: la monarchia può resistere dopo la morte della regina


La mamma è morta. Era stata una presenza perenne e tuttavia in qualche modo sempre rimossa – in verità, più che materna. Il suo regno interminabile precedette la stragrande maggioranza dei suoi sudditi. La Britannia una volta governava le onde, ma ora si trova alla deriva su di esse, senza timone nella tempesta. Al timone, […]

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Antonia Fraser – Maria Antonietta – La solitudine di una regina


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