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Vittoria


C’è chi gode delle sconfitte. Nella mia famiglia storica e culturale, con le sue radici nel Risorgimento e i suoi rampicanti liberali, democratici e laici, ne abbiamo non pochi cui le vittorie destano un certo imbarazzo. Di voti se ne prese sempre pochini

C’è chi gode delle sconfitte. Nella mia famiglia storica e culturale, con le sue radici nel Risorgimento e i suoi rampicanti liberali, democratici e laici, ne abbiamo non pochi cui le vittorie destano un certo imbarazzo. Di voti se ne prese sempre pochini, talché taluno pensò di leggere in questa lesina dei consensi la prova dell’avere ragione. Perché a vincere sarebbero sempre i peggiori. Eppure, oh, a guardarsi attorno qualche bella vittoria la si piazzò.

Quando i diritti civili e il pregiudizio confessionale si sfidarono, si vinse. La destra era guidata da un capo, Giorgio Almirante, che conviveva con una donna sposata, ma si batté contro il divorzio. Il partito cristiano mise a tacere quelli che poi si sarebbero chiamati “cattolici adulti”, ovvero devoti non asserviti, e fece campagna per abrogare la legge. Si vinse noi. Ma è roba vecchia, non è questo il punto, è che da quel momento i contrari ci presero gusto e moltiplicarono le loro famiglie. La vittoria fu nelle urne, ma traslocò nelle teste e nei cuori.

Che poi ciascuno fa quello che gli pare, nella propria vita privata. Epperò è un bel segno del costume che cambia se a guidare la destra che reclama a sé la cristianità c’è chi vive la genitorialità senza avvertire il bisogno del vincolo matrimoniale. Affari suoi (loro, per la precisione), ma a vincere è la mia povera squadra di perdenti, non quella dei loro vincenti. Oggi si fa un gran baccano attorno alla legge che regola l’aborto, ma i presunti suoi avversari dicono: non la vogliamo modificare. E vai, segna un’altra tacca.

C’è stato un tempo in cui bastavano dei cetrioli (storia esilarante) per reclamare l’uscita dall’Unione europea. Il vittimismo gonfiato di prosopopea faceva dell’Italia la perdente di tutte le partite europee, cui sarebbe stato bene sottrarsi. Nella peggiore tempesta speculativa si voleva uscire dall’euro.

I più generosi, verso l’Ue e la Banca centrale europea, si esprimevano con un ipocrita: “si, ma…”. A noi, amanti della sconfitta, non parve vero poterci gettare nella lussuria degli insulti da prendere, che nel frattempo s’erano fatti digitali, sicché gridammo: siete matti, uscire è un suicidio, contestare i vincoli è come contestare la forza di gravità. Beccammo la nostra parte e, puntuale, la vittoria elettorale arrise al fronte opposto. Eppure oggi hanno cambiato idea. Non si esce più, si collabora. Siamo ancorati, dicono, in Occidente e in Europa. Ed ho come l’impressione si sia vinto noi.

Certo sono rimaste cose comiche, perché quel che s’incrosta non è che lo elimini con un lavaggio. Manca il gas: ci vuole l’Europa. C’è bisogno di soldi: serve l’Europa. Dobbiamo difenderci: difesa europea. Servono i vaccini: provveda l’Europa (operazione eccellentemente riuscita). Ci sarebbero quelli che devono controllare progetti e conti: l’Europa si faccia gli affari suoi. E vabbe’, so’ regazzi e se non studiano in fretta faranno solo la figura dei somari.

Tutto questo per dire che in una democrazia i voti contano, ma conta e pesa anche la cultura. Le maggioranze governano, ma le minoranze, se intelligenti, modificano le idee, anche delle maggioranze. E cambiano il costume. Per dire: Ugo La Malfa (che di voti ne prendeva pochini) spiegò l’economia e il mercato ai comunisti (che ne prendevano tanti), finché un giorno si alzò Luciano Lama e disse: il salario non è una variabile indipendente. Vale a dire: non si fissa a capocchia, ma dipende dal resto. Ed ecco un’altra vittoria.

C’è un punto, però, in cui mi pare si siano accumulate solo sconfitte. Che non fanno godere per niente. Non si è riusciti a far capire e interiorizzare che la ricchezza va prima prodotta e poi utilizzata per scopi sociali, che una buona intenzione non fa una buona azione, che i soldi dello Stato non esistono e sono dei cittadini contribuenti, che sprecarli per farsi votare significa fotterli tutti per ammaliarne una parte. Niente, quella droga lì, la spesa pubblica corrente, è più forte. Ma non disperiamo, siamo perdenti di successo.

La Ragione

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EuroVaghi


Da una parte, a sinistra, fanno la faccia terrorizzata per quel che la destra potrebbe ordire contro l’Europa (sempre senza chiamarla con il suo nome: Unione europea), dall’altra non perdono occasione per parlare di Europa a pezzi, che non è una bella pre

Da una parte, a sinistra, fanno la faccia terrorizzata per quel che la destra potrebbe ordire contro l’Europa (sempre senza chiamarla con il suo nome: Unione europea), dall’altra non perdono occasione per parlare di Europa a pezzi, che non è una bella premessa per gioirne.

Da una parte, a destra, invocano l’unità europea per far fronte a problemi che nessuno è minimamente in grado di affrontare da solo, dall’altra vorrebbero stabilire che la Nazione viene prima dell’Unione. Non si tratta solo di eurosvagati per diletto, ma proprio per difetto di analisi e comprensione di quel che succede. Compresa l’iniziativa tedesca.

La maggiore difficoltà che l’Italia trova, nel far valere le proprie proposte, la palpabile diffidenza che suscita fra i vertici europei, è dovuta alla vittoria della destra? No. Almeno non ancora. Chi ha cervello aspetta i fatti, che sono ancora di là da venire. Difficoltà e diffidenza ce li siamo conquistati facendo cadere il governo Draghi.

Il tandem franco-tedesco era diventato un triciclo, per giunta con noi al manubrio. E in Italia s’è fatto fuori Draghi. Anche quanti, e non sono pochi, fra i vertici europei sono grati per questa trovata, comunque considerano deficienti quelli che l’hanno prodotta.

Veniamo al gas: perché si fa fatica ad arrivare al tetto al prezzo e perché i tedeschi mettono 200 miliardi sul piatto? Al tetto spero e penso si arrivi, ma si fa fatica perché qui ciascuno fa il furbo: c’è chi ha contratti a lunga scadenza con prezzi inferiori a quelli oggi di mercato e chi (come noi) può trarre vantaggio strategico dalla crisi attuale, diventando hub mediterraneo, come la Germania è stato hub continentale.

I 200 miliardi tedeschi, che sono soldi loro, non come quelli del Pnrr, che non sono nostri, sono il più forte indizio su chi ha minato il gasdotto North Stream, perché i tedeschi si sono convinti che Putin è pronto non solo e non più a strangolare con il prezzo, ma ad asfissiare chiudendo. Ora, non fra due anni. E la Germania si trova in guai grossi, più dolorosi dei nostri.

Ora torniamo all’Ue e alle convenienze, collettive e nazionali. Il successo collettivo più importante, in questa faccenda, è avere mantenuto l’unità e la fermezza. Orban è un reietto che conta un accidente.

Se Putin non vuole crepare sotto le macerie da lui stesso provocate deve assolutamente e in fretta minare quell’unità. Questa è la principale ragione per cui la gestione del tema gas non può che essere europea, mica le bollette. Putin punta all’escalation delle minacce, noi rispondiamo con quella delle sanzioni. Il tubo del gas si strozza e lo bucano. E qui c’è il rischio tedesco.

Avendo molte più disponibilità (bravi), potendo fare debiti a un prezzo inferiore a quello di altri e nostro in particolare (per merito loro e colpa nostra), usare quella potenza per rendere asimmetrico il dolore di questo scontro rischia di disarticolare l’unità. Che è preziosa.

Ma come noi facciamo bene a farlo osservare, loro fanno bene a dirci: i quattrini vostri ce li mettiamo noi, voi avete il Mediterraneo e noi no, per giunta ogni tre per due c’è qualcuno che se la prende con noi e invoca la vostra privata sovranità, sicché andate … ad arrangiarvi. Da qui la dichiarazione di Sholz: l’Italia non è una bomba. Tradotto: non sbombateci. L’asse con la Francia di Macron serve a riequilibrare, ma vi ricordo ancora un dettaglio: sanno tutti che fra qualche giorno noi non saremo più l’Italia di Draghi.

Benissimo tutelare i “nostri interessi”, ma devi sapere quali sono. E il principale, in questa partita, è conservare l’unità sul tema del gas, il che comporta negoziare senza piagnucolare o far tragedie se non passa tutto subito.

Aiuterebbe non poco, nel frattempo, dire in maniera chiara che metteremo i ragionieri a fare i conti del Pnrr, per sapere cosa aggiornare, ma gli impegni sulle riforme si confermano e mantengono tutti, come anche gli impegni presi circa gli strumenti di garanzia, Mes compreso. L’interesse dell’Italia è stare al sicuro in Ue, non mettere al sicuro le legioni elettorali, di ritorno dai trionfi.

La Ragione

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5 motivi per cui pochissime piattaforme di casinò online accettano le criptovalute


Nonostante il recente crollo dei prezzi delle criptovalute più popolari, sono ancora molti i giocatori che preferiscono utilizzarle come metodo di pagamento principale sui siti di gioco d’azzardo. Tuttavia, sta diventando piuttosto difficile trovare un casinò online che accetti Bitcoin, Ethereum, Litecoin e altre criptovalute. Nell’articolo esploreremo l’argomento e discuteremo i motivi principali per cui […]

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Semplicità e chiarezza


La semplificazione dell’intero sistema legislativo porterebbe all’Italia tutta vantaggi chiari e restituirebbe voglia di fare a molti talenti ed aziende italiane che oggi vedono la fuga all’estero come l’unica possibilità. L'articolo Semplicità e chiarez

La semplificazione dell’intero sistema legislativo porterebbe all’Italia tutta vantaggi chiari e restituirebbe voglia di fare a molti talenti ed aziende italiane che oggi vedono la fuga all’estero come l’unica possibilità.

Come molti, amo la trasparenza e la semplicità. Ho avuto la fortuna di vivere e lavorare, per circa dieci anni, in diversi paesi esteri, tra cui Regno Unito, Olanda, USA, Belgio, Germania e Lussemburgo, ed ho avuto modo di apprezzare come in altri sistemi economici, semplicemente tramite regole e norme più semplici e chiare, si riesca a garantire ai propri cittadini una vita serena e molte opportunità.

Non voglio parlare qui di economie più o meno liberiste. Parlo solo di “semplicità” e di “chiarezza”:

1. Quanto sono chiare le norme e le leggi italiane? Con quale facilità possono essere comprese dai cittadini?

2. Quale è il numero di adempimenti amministrativi, burocratici o fiscali che ogni anno cittadini ed imprese italiane sono obbligati a fare, pena sanzioni a volte ben oltre il tasso di usura?

Osservo come alcuni sistemi normativi abbiano l’obiettivo di semplificare la vita di cittadini ed imprese, dicendo loro chiaramente cosa sia possibile e non possibile fare, mentre in Italia sembra invece prevalere un altro approccio: complicare per complicare.

Solo un paio di esempi:

  • Anni fa (2013), durante una discussione su una legge in votazione, Pietro Ichino si levò in Senato tuonando: «Questo è un testo letteralmente illeggibile. Non è solo incomprensibile per i milioni e milioni di cittadini chiamati ad applicarlo, ma illeggibile anche per gli addetti ai lavori, per gli esperti di diritto del lavoro e di diritto amministrativo. È illeggibile per noi stessi legislatori che lo stiamo discutendo (…) Credo che in Aula, in questo momento, non ci sia una sola persona in grado di dirci cosa voglia dire!» (qui tutti i dettagli al riguardo).
  • Qualche mese fa anche Sabino Cassese, in un suo articolo sul Corriere della Sera titolato “Lo Stato, l’incuria e l’italiano oscuro delle leggi”, ha delicatamente deriso un decreto legge pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 4 febbraio 2022, che aveva la peculiarità di condensare nei soli sette articoli del decreto ben dieci rinvii ad altri articoli di ben sette altri decreti o leggi e contenere frasi estremamente verbose.


Per quale ragione in Lussemburgo un commercialista ha bisogno in media di 18 ore l’anno per redigere il bilancio annuale di una società, mentre in Italia di ore ce ne vogliono 168? Come può un imprenditore italiano focalizzarsi sulle opportunità di business se passa buona parte del proprio tempo a controllare le innumerevoli scadenze fiscali? A parità di aliquota media e di gettito, chi trae vantaggio da tutti questi lacci e lacciuoli?

È davvero una utopia sperare in un’Italia liberata da tutte le complicate regole, la burocrazia inutile ed i costi che troppo la penalizzano, rendendo il facile difficile ed il semplice complicato attraverso l’inutile, ed impediscono così al nostro Paese, ed agli italiani, di valorizzare le proprie enormi potenzialità inespresse, senza la necessità di fuggire all’estero?

Provo solo a fornire qualche dato:

  • In Italia è estremamente difficile far partire e gestire una attività economica. La Banca Mondiale ogni anno, nella sua pubblicazione “Doing Business”, misura la facilità di far partire e gestire una attività imprenditoriale in tutti i paesi del mondo. Se prendiamo l’ultima edizione (2020) ed analizziamo i principali paesi europei, più simili a noi per cultura e tradizione, troviamo tutti i paesi scandinavi tra il 4° posto (Danimarca) ed il 20° posto (Finlandia), il Regno Unito all’8° posto, la Germania al 22° posto, la Spagna al 30° e la Francia al 32° posto. E L’Italia? Al 58° posto!
  • L’Italia ha il sistema fiscale più complicato e meno competitivo al mondo. Secondo l’International Tax Competitiveness Index 2021, pubblicato pochi mesi fa, il sistema fiscale italiano si pone al 37° posto per competitività su 37 paesi analizzati nel mondo. Che cosa vi può essere di peggio? La complessità del sistema stesso, dove l’Italia è ancora una volta il fanalino assoluto di coda, 37 su 37 paesi.
  • In Italia un processo civile dura oltre 8 anni, in tutti i paesi del Consiglio d’Europa dura in media meno di due anni. La European Commission for the Efficiency of Justice pubblica annualmente un rapporto sull’efficienza e la qualità dei sistemi giudiziari europei. Per darvi un solo dato (2018), la durata media di un processo civile considerando tutti i Paesi membri del Consiglio d’Europa a poco meno di due anni (715 giorni). In Italia? 2.949 giorni, poco più di 8 anni, praticamente il quadruplo.
  • L’Italia ha un cuneo fiscale tra i più alti al mondo. Il cuneo fiscale è la differenza tra il costo complessivo di un lavoratore per le aziende e l’importo netto percepito dal lavoratore in busta paga. Secondo l’OCSE, che nella sua pubblicazione annuale Taxing Wages misura il cuneo fiscale nei 34 paesi OCSE, l’Italia è sempre tra i paesi con il cuneo fiscale più alto, di solito il quart’ultimo nella graduatoria. Circa il 50% del costo del lavoro finisce tra tasse e contributi previdenziali.


Per chi sia convinto che l’ingarbugliata situazione italiana attuale sia soltanto una casualità, magari dovuta ai troppi governi di colore diverso che si sono susseguiti negli anni, trascrivo qui di seguito qualche riga dal libro “Democrazia in America”, scritto da Alexis de Tocqueville nel lontano 1835 (Volume II, sezione 4, capitolo 6):

“Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo […] vedo al di sopra dei cittadini un potere immenso e tutelare, che ha l’obiettivo di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte. […] Lavora volentieri al benessere dei cittadini, ma vuole esserne l’unico agente e regolatore; provvede alla loro sicurezza e ad assicurare i loro bisogni, facilita i loro piaceri, tratta i loro principali affari, dirige le loro industrie, regola le loro successioni, divide le loro eredità. […]

Così ogni giorno tale potere rende meno necessario e più raro l’uso del libero arbitrio, e restringe l’azione della volontà […]

L’eguaglianza ha preparato gli uomini a tutte queste cose, li ha disposti a sopportarle e spesso anche a considerarle come un beneficio.

Cosi, dopo avere preso nelle sue mani potenti ogni individuo ed averlo plasmato a suo modo, il potere supremo estende il suo braccio sull’intera società. Ne copre la superficie con una rete di piccole complicate regole, minuziose ed uniformi, attraverso le quali anche gli spiriti più originali e vigorosi non riescono a penetrare, per sollevarsi sopra la massa.

La volontà dell’uomo non è spezzata, ma infiacchita, piegata ed indirizzata. L’uomo è raramente costretto ad agire, ma è continuamente scoraggiato dall’azione. Questo potere non distrugge, ma impedisce di creare; non tiranneggia direttamente, ma ostacola, comprime, snerva, estingue, riducendo infine la nazione a non essere altro che una mandria di animali timidi ed industriosi, della quale il governo è il pastore. […]

Vi suona familiare? Non fa impressione pensare che queste parole siano state scritte quasi 200 anni fa?

Quando ascoltiamo o leggiamo notizie di brillanti manager ed imprenditori italiani che hanno avuto successo all’estero, oltre all’orgoglio di essere italiani non ci viene anche il dubbio: “Ma in Italia ce l’avrebbero mai fatta?”

Davvero siamo onesti quando ci domandiamo il perché della fuga dei cervelli? Non è che forse fuggono proprio perché hanno un cervello?

Ed attenzione che anche le aziende fuggono all’estero, e quando non possono, fanno fuggire i profitti! Secondo un articolo di Milano Finanza oltre 23 miliardi di profitti di società italiane sono fuggiti all’estero in un solo anno.

Una proposta concreta per cambiare le cose? Cominciamo dalla semplificazione delle nuove leggi.

Per ogni nuova proposta di legge, sia resa necessaria la predisposizione di un piccolo test da somministrare a deputati e senatori per verificare che tutte le norme contenute nella proposta siano chiare e comprensibili almeno a questa élite culturale. Se il test non sarà superato con successo da almeno il 90% dei parlamentari, il testo dovrà essere re-inviato a chi ha redatto la proposta affinché si sforzi per una maggior chiarezza.

Sono certo che in questo modo avremo forse meno leggi nuove, ma probabilmente un po’ più chiare delle attuali.

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Un paranoico alla guida di un paese dall’incerto futuro e di fronte a un’umiliante sconfitta militare siede sul più grande arsenale nucleare del mondo.


Al Terzo Polo serve un progetto politico


Renzi e Calenda hanno ottenuto quanto prevedibile. Ora il congresso. Ma per crescere servono idee chiare e coerenti. Caro direttore, la lista formata da Italia Viva e Azione ha ottenuto un risultato lusinghiero. Era il risultato largamente atteso. Per la

Renzi e Calenda hanno ottenuto quanto prevedibile. Ora il congresso. Ma per crescere servono idee chiare e coerenti.


Caro direttore,

la lista formata da Italia Viva e Azione ha ottenuto un risultato lusinghiero. Era il risultato largamente atteso. Per la prima volta mettere assieme due forze politiche in un simbolo “bicicletta” non hanno portato ad una sottrazione di voti. Né ad un aumento per la verità, ma anche questo era scontato. Cercherò di motivare il perché.

C’era finalmente il campo di gioco, è mancato il gioco di squadra. E’ mancato il messaggio chiaro e forte di un progetto politico innovativo.
La confusione della forza politica, “liberale, popolare e riformista”, ripetuta come un mantra dai rappresentanti del Terzo Polo (che brutto nome!) è stata una delle cause certe dell’allontanamento di una parte dell’elettorato.

Se devo essere definito “popolare” voto direttamente Forza Italia, il partito che da trent’anni si definisce “popolare” e sta con i Popolari Europei. È stato questo il ragionamento di molti elettori. E così è stato. La lista del Terzo Polo ha gentilmente lasciato 4 punti ad un partito che era valutato a non più del 5%.

Invece di un messaggio chiaro, autenticamente liberale, si è cercato di accontentare tutti. Finendo per scontentare proprio coloro che bisognava raggiungere e che avrebbero rappresentato il vero valore aggiunto.

Insomma la doppia cifra era a portata di mano, ma l’elettore che aveva digerito un ex segretario e un ex parlamentare europeo del PD, non ha trovato una proposta autenticamente e visivamente liberale. Oggi si parla di avviare un congresso per dar vita a un nuovo soggetto politico unitario.

È un percorso indispensabile, da iniziare al più presto, senza l’ansia della scadenza elettorale, ma con solide radici culturali. Anche ideologiche (consentitemi il termine caduto in disuso). L’adesione alla famiglia liberale europea di ALDE e di Renew deve essere fuori discussione.

Possono e devono esserci sensibilità diverse in un partito democratico e scalabile, con una vivace dialettica interna. Insomma, il contrario del “partito del leader”. Ma occorre un equilibrio che, per la verità Calenda in una prima fase aveva declamato in pubblico e in privato, ma più non ha perseguito.

Può ben esserci l’ordoliberismo calendiano, il riformismo renziano, anche la corrente cattolico-liberale sturziana, tutte nobili tradizioni integrabili con il mondo liberal-democratico. Ma non può non essere rappresentato il liberalismo classico. Almeno così è apparso all’esterno. Altrimenti il mix, auspicabile e opportuno, si trasforma nel vino senza uva.

Di libertà economiche fondamentali in una società sempre più stato-centrica, di una giustizia europea e non sudamericana, di diritti di cittadinanza veri, si è discusso poco nel Terzo Polo.

Tra gli astenuti dal voto ci sono molti rappresentanti del mondo liberale classico, con le sensibilità spiccate verso le tematiche sopra indicate. Tocca a noi riportarli a casa, in una casa comune, che ognuno deve sentire come propria. È questa la vera sfida di Renew Italia.

Il Tempo

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Meloni e moderazione; PD e dilaniamento


Giorgia Meloni gioca la carta della moderazione, consapevole che Washington, Bruxelles, Quirinale e mercati sono in cauta attesa, consapevole che l'economia nel 2023 la metterà alla prova. Il PD alla prova del rinnovamento tra false 'giustificazioni' per i fallimenti tattici e strategici del gruppo dirigente e rievocazione del Partito Radicale di Massa

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Alle elezioni presidenziali di domenica nessuno dei due candidati è riuscito a ottenere il 50% dei voti necessari a vincere al primo turno.


Domenica poco più di 150 milioni di brasiliani saranno chiamati alle urne per eleggere i nuovi presidente e vicepresidente, e per rinnovare il parlamento.



Condizione delle donne e femminismo borghese


«Il “femminismo del potere” si traduce insomma nella richiesta di “parità di genere” nei ruoli apicali del potere stesso, non nel cambiamento della condizione sociale della stragrande maggioranza delle donne. E di certo, dunque, non si pone il problema dell’emancipazione concreta di tutte le donne, ma solo della “rappresentazione spettacolarizzata” di alcune di loro che ottengono il “pass” per entrare nelle stanze dei bottoni.»






















Piattaforme di social media federate: il TechDispatch 1/2022 del #GarantePrivacy europeo


Il 26 luglio 2022, l'Unità Tecnologia e Privacy dell'EDPS ha pubblicato la sua prima edizione TechDispatch dell'anno 2022 sul tema Fediverso e Piattaforme Social Media Federate. Dalla sua creazione nel 2019, ogni edizione di TechDispatch mira a fornire un

Il 26 luglio 2022, l’Unità Tecnologia e Privacy dell’EDPS ha pubblicato la sua prima edizione TechDispatch dell’anno 2022 sul tema Fediverso e Piattaforme Social Media Federate. Dalla sua fondazione nel 2019, ogni edizione di TechDispatch mira a fornire una descrizione fattuale di una tecnologia emergente, nonché un’analisi del suo impatto sulla protezione dei dati e sulla privacy delle persone.

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informapirata ⁂ reshared this.

in reply to Informa Pirata

"Tuttavia, per alcune piattaforme di social media federate più piccole, potrebbe essere difficile procurarsi le competenze, le conoscenze e il supporto tecnico necessari per essere conformi alla privacy."

Parole da meditare profondamente ...

Informa Pirata reshared this.

in reply to Piero Bosio

@Piero Bosio esatto, il @EDPS ha richiamato un punto importantissimo e aggiungerei un'altra cosa: gli utenti devono essere sempre più consapevoli che in tutto l'ecosistema del fediverso, coesistono istanze e soprattutto software che non garantiscono pienamente la tutela della riservatezza così come è pensata all'interno dello stesso software e della singola istanza. Puoi utilizzare software molto attenti al livello di privacy o istanze ben gestite, ma quando di relazioni con altre istanze o altri software, devi sapere che quelle tutele possono venire meno.
Naturalmente, Come in ogni caso, è la consapevolezza dell'utilizzatore a fare la differenza; Ma il problema resta: se alcuni software del fediverso sono privacy by default le relazioni tra utenti di diversi software e di diverse istanze non lo sono e non possono esserlo


Il Ministro Bianchi ha firmato il decreto sulla valorizzazione dei docenti. Qui i dettagli ▶️
miur.gov.


Ucraina: annessioni senza confini, governance e controllo


La Russia non controlla ancora completamente nessuna delle quattro regioni annesse, e Putin non ha definito chiaramente i confini dei territori annessi, né prese le decisioni amministrative di base sulla governance. Mosca si troverà a gestire una popolazione 'resistente'

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Cosa vuole veramente la Cina?


La 73a Giornata Nazionale della Cina il 1 ottobre porta una nuova riflessione sul suo scopo globale. I suoi orientamenti futuri rimangono impantanati sia nelle sfide inevitabili che nel potenziale più grande, dettato dal percorso e dallo spettro della sua intenzione. Il suo sogno del grande ringiovanimento cinese, che segnerà il suo ritorno al primato […]

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Con le annessioni di Putin i colloqui tra USA e Russia sono più critici e urgenti che mai


Le mosse di Mosca sono una seria escalation: Washington deve ora ascoltare le lezioni che vengono dalla Guerra Fredda, dal comportamento di Eisenhower, per evitare un confronto più ampio e soprattutto diretto USA-Russia che porterebbe alla guerra nucleare

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Guerra ucraina: annessioni fragili


Vladimir Putin ha annunciato l'annessione di quattro regioni, ma la sua presa su di esse potrebbe essere fragile, intanto perchè non tutto il territorio annesso è sotto controllo russo, gli scontri continuano, e poi perchè l'esercito russo si è dimostrato debole

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Non basta vincere


Avere la maggioranza assoluta degli eletti impone a Giorgia Meloni e al centrodestra il diritto di formare il governo. Ma anche il dovere di governare… Immagino che a questo punto, sebbene siano passati cinque giorni, si sia stufi delle analisi elettorali

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Avere la maggioranza assoluta degli eletti impone a Giorgia Meloni e al centrodestra il diritto di formare il governo. Ma anche il dovere di governare…


Immagino che a questo punto, sebbene siano passati cinque giorni, si sia stufi delle analisi elettorali e si ha voglia di passare, girare pagina e guardare insieme a quello alle prossime notizie che arriveranno.

In realtà il prossimo governo, che, con ogni probabilità, sarà il governo Meloni non nascerà prima della terza settimana di ottobre. Deve ancora insediarsi il nuovo Parlamento, bisogna eleggere i Presidenti delle due Camere e delle commissioni parlamentari.

Ad ogni modo, è assolutamente evidente la vittoria del centrodestra che conquista la maggioranza assoluta sia alla Camera, sia al Senato. Ha, pertanto, l’indiscutibile diritto-dovere di dare vita al nuovo governo.

Attenzione, però! La partita non si esaurisce in questo modo: non finisce il giorno in cui qualcuno ha preso i voti per formare un governo che abbia la fiducia del Parlamento.

Quante volte abbiamo sentito dire nei mesi e negli anni passati che bisognava tornare al voto? Chi diceva queste cose – che io non ho mai condiviso – lo diceva perché riteneva fosse esaurito il ruolo e il peso di quella legislatura e che i governi non debbano cambiare nel corso della legislatura (cosa che è esclusa in qualsiasi sistema parlamentare). Eppure c’erano già stati un voto e il responso delle urne.

Quindi, come si vede, non è che il voto esaurisce il problema. Governare non è comandare. Governare significa compiere delle scelte, spesso delicate, costruendo poi quotidianamente il consenso attorno a quelle scelte. Non lo si fa una volta per tutte le altre.

Anche perché, se guardiamo con attenzione il voto, è indiscutibile la vittoria del centrodestra, ma non hanno preso molti voti in più rispetto alla volta scorsa. In realtà, c’è un enorme successo di Fratelli d’Italia che prende moltissimi voti: quei voti che prima prendevano i suoi alleati.

Il centrodestra ha preso meno della metà più uno dei voti espressi: questo significa che la maggioranza assoluta di quelli che sono andati a votare non hanno espresso una fiducia e un desiderio di essere governati dal centrodestra.

Quelli che hanno deciso e vogliono essere governati dal centrodestra sono la maggioranza relativa degli elettori e hanno dato luogo – grazie al sistema elettorale – alla maggioranza assoluta degli eletti.

Se, però, contiamo ancora gli italiani che sono andati a votare, cioè quelli che hanno espresso un desiderio positivo di voler essere governati dal centrodestra sono un terzo. In una democrazia non è che si governa a prescindere. Si devono comunque convincere le persone di quello che si sta facendo, quindi bisogna stare molto attenti a non cadere nella trappola del consenso, cioè a pensare che sia autosufficiente.

Tutte le questioni relative, per esempio, alle riforme costituzionali, che sono necessarie e non perché la Costituzione è vecchia. Ad esempio, la sinistra, nel 2001, fece una riforma costituzionale che la scassò. Si deve e si può porre rimedio in Parlamento, discutendo con tutti. Perché la Costituzione è materia di tutti.

Si deve, poi, governare l’economia: la questione dei beni e dei finanziamenti di cui l’Italia gode è una questione che coinvolge tutti.

Certo che il governo ha il diritto e la responsabilità di compiere delle scelte, ma questa saranno verificate giorno dopo giorno. Se il nuovo governo, che nascerà a fine di ottobre, non intenderà subire la sorte dei tanti che l’hanno preceduto, ossia quella di cadere in fretta e per mano dei suoi alleati dovrà nascere con l’idea di fare qualcosa che stia nella storia del Paese.

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