Aumentano gli incendi domestici in Italia: abitudini virtuose e manutenzione degli impianti rappresentano la ricetta vincente per una casa sicura
La casa è considerata un porto sicuro dove rifugiarsi, eppure proprio tra le 4 mura domestiche si verificano incidenti che in alcuni casi risultano addirittura fatali. Tra gli incidenti rientrano anche gli incendi che, negli ultimi anni, stanno aumentando in maniera preoccupante. Ogni anno si contano migliaia di persone in Italia che perdono la vita a […]
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Congo: M23 pretesto per ripresa delle ostilità tra Congo e Rwanda
Nel Nord Kivu, attacchi dell'M23 e sfollati e le ostilità hanno innescato l'impennata delle tensioni tra Congo e Rwanda
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Arma a doppio taglio
Roma. Una volta c’era lo stato tuttofare, dalle automobili ai panettoni. Poi dal 1994 quando comincia l’epoca delle privatizzazioni, la mano pubblica passa a un tocco più leggero attraverso la goldenshare, cioè una quota azionaria anche piccola, ma tale da determinare le scelte dell’impresa. Così fan tutti, si diceva, basti pensare al colbertismo francese o all’impermeabile Modell Deutschland.
Nel 2012 lo stato indossa un guanto di velluto e viene introdotto il golden power: lo stato si riserva il potere di intervenire per proteggere aziende in settori strategici oggetto di interessi ostili o predatori. La norma si applica anche nei paesi della Ue e lascia un ruolo importante al potere giudiziario. In Francia e Germania il giudice può entrare persino nel merito industriale, in Italia no. Negli Stati Uniti la scelta è politica e insindacabile, il paradiso del capitalismo è disposto a non rispettare il mercato quando è in ballo la sicurezza nazionale.
L’onda sovranista e neo statalista, più le minacce agli equilibri internazionali da parte della Russia e della Cina, hanno spinto l’Italia ad avviarsi su una strada sdrucciolevole che può diventare pericolosa. Qualche cifra ci aiuta a capire. Le notifiche di operazioni soggette al golden power sono un crescendo rossiniano: si è passati da 8 nel 2014 a 18 nel 2015, 14 nel 2016, 30 nel 2017, 46 nel 2018, 83 nel2019, 342 nel 2020, 496 nel 2021, per un totale di 1.037 notifiche nell’arco di 8 anni. Quest’ anno, in dieci mesi le notifiche hanno già superato quota 450, per cui il saldo finale del 2022 potrebbe attestarsi a oltre 500. Dal 13 febbraio 2021 (data di insediamento del governo Draghi) al 19 ottobre2022, sono state effettuate 934 notifiche, quasi il 60 per cento del totale dal 2014 a oggi.
Ha fatto i conti Roberto Garofoli in un paper che rielabora la relazione presentata alla Luiss il 25 novembre scorso in occasione del progetto di ricerca Restore, ed è rimasto colpito egli stesso; eppure come sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha introdotto alcune innovazioni come il potere del cosiddetto “Gruppo di coordinamento” di definire il procedimento senza passaggio in Consiglio dei ministri per semplificare e razionalizzare gli interventi. Nel corso degli anni sono aumentati anche i settori nei quali si può esercitare il golden power, pochi ormai sono fuori da un catalogo destinato ad allungarsi.
Non che a ogni richiesta sia seguito un intervento, anzi nei provvedimenti avviati dalle 934 notifiche mentre Draghi era a Palazzo Chigi, i poteri speciali non sono stati esercitati in 228 casi (il 24 per cento), spiega Garofoli oggi presidente di sezione del Consiglio di stato. Il golden power è scattato 42 volte (poco più del 4 percento dei casi): 36 volte con prescrizioni, 6 con il veto. Nel 2021 si sono registrati 3 casi di veto sempre nei confronti di aziende cinesi che intendevano acquisire il controllo o rami aziendali di operatori italiani operanti nei settori alimentare, dei semiconduttori, dell’avionica con potenziali applicazioni militari. Altri quattro nel 2022 verso due aziende cinesi e un’azienda russa che intendevano acquisire imprese italiane operanti nei settori della salute, dell’energia e della robotica.
Se andiamo indietro nel tempo, dal 2014 al 2020 i poteri speciali sono stati esercitati 34volte, con un veto, mentre dal 2020 al 2022 sono stati esercitati 79 volte, con sei veti. Dunque, non si può dire che lo stato abbia agito con il pugno di ferro e non c’è dubbio che il quadro internazionale si sia deteriorato proprio negli ultimi anni. Tuttavia, il golden power mette nelle mani del governo uno strumento che apre la strada a un eccesso di potere con il rischio di veri e propri abusi fino a distorcere la governance e i meccanismi di mercato.
Che cosa accade quando viene bloccata la vendita di un’impresa che il proprietario non vuol tenere? La si nazionalizza per non chiuderla, anche se non fa parte di nessun piano industriale pubblico? Torna “lo stato barelliere” degli anni Settanta?, creiamo una nuova Efim? Garofoli mette in guardia da un uso improprio del golden power: “Non è e non deve essere uno strumento di politica industriale, deve conservare un connotato di eccezionalità. Ciò non toglie che l’oggettivo aumento delle vicende che si concludono con l’esercizio del più grave potere di veto ponga l’opportunità di valutare un coordinamento tra la concreta applicazione della disciplina del golden power e le politiche industriali del paese”.
La sorte della raffineria Isab di Priolo è un caso di scuola, ma possiamo evocare l’Ilva, mentre il potere speciale viene esercitato anche verso soggetti della Ue (si pensi alle polemiche sulle ambizioni delle banche francesi). Esistono controlli europei e giudiziari, eppure un’arma difensiva può diventare un boomerang che danneggia gli interessi di fondo dell’Italia.
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Borsa: canapa, chiusura positiva per USA e Canada
Entrambe le principali piazze borsistiche a livello mondiale nel settore della Canapa, cioè Canada e USA, chiudono in chiave positiva questa prima settimana di dicembre. Soprattutto nel caso della Borsa canadese. Si tratta di valori piccoli, magari anche effimeri, data la instabilità ormai cronica e la volatilità delle piazze internazionali per i noti motivi più […]
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Ritirandosi in Ucraina, Putin perde anche il Kazakistan
I talk show politici russi accuratamente coreografati sono noti per le loro invettive anti-ucraine, ma alla fine di novembre l’obiettivo era il Kazakistan. “Dobbiamo prestare attenzione al fatto che il Kazakistan è il prossimo problema, perché lì possono iniziare gli stessi processi nazisti come in Ucraina”, ha commentato un esperto durante lo spettacolo in prima […]
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Leggi Leggibili
“Una legge che non si capisce è già una legge ingiusta, è già una legge illegittima.”
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Macron – Biden: incontro più duro di quanto sembri
Mentre il leader francese è festeggiato e lusingato, le divergenze sull'Ucraina e sulla crisi economica europea peseranno sulla relazione tra i due alleati e tra UE e USA
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Questa mattina si è svolto l’incontro tra il Ministro Giuseppe Valditara e il Forum delle associazioni studentesche (FAST) per confrontarsi su diverse tematiche come la dispersione scolastica, il classismo e il bullismo.
Qui alcuni scatti! 📸
Qual è lo spazio di Macron negli Stati Uniti?
Non è in discussione un bilaterale tra Francia e Stati Uniti che Emmanuel Macron porterà a casa a fine della sua visita a Washington. Più di tutto sta andando inesorabilmente in crisi l’essenza stessa dell’unità di un continente che -avrebbe detto Oscar Wilde- è diviso dalla stessa moneta. È così che ci è apparso […]
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#laFLEalMassimo – Episodio 78 – Europa: Fragilità Economica e Debolezza Politica
Nuovo Episodio della FLE al Massimo, mentre continua l’odioso conflitto in Ucraina causato dall’Invasione della Russia diversi nodi della fragilità economia e debolezza politica dei paesi Europei vengono al pettine.
Molte imprese europee e in particolare tedesche hanno fatto affidamento sulle forniture di gas e prodotti energetici da parte della russia e sulla Cina come mercato di sbocco e partner commerciale. Un ribilanciamento degli equilibri geopolitici che comporta un distacco da queste due nazioni costituisce un problema rilevante per il tessuto industriale interessato.
A questo problema si aggiunge il rinnovato spirito nazionalistico e protezionistico con il quale gli Stati Uniti stanno sussidiando la produzione sul proprio territorio di fatto attirando anche potenziamente molte imprese europee
Da ultimo in sede Nato gli accordi internazionali sono messi alla prova dalla cronica incapacità delle nazioni europee di effettuare investimenti adeguati sul piano militare.
L’eruoap rischia di vedere ridimensionata la propria posizione a livello internazionale perché la strategia politica ed economica attuata fino ad oggi si rivela tragicamente inadeguata a fronteggiare le sfide correnti.
Possiamo solo adeguarci che così come l’impegno in Ucraina è riuscito a riunire il fronte dei paesi europei sul piano politico, le sfide derivante dal nuovo contesto avverso possano portare ad una reazione unitaria e coerente da parte dei paesi europei per difendere la propria posizione.
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Dalla Svezia un tema su cui riflettere: il rapporto tra media e cannabis
Attraverso gli esiti di uno studio del Karolinska Institutet si giunge ad un importante argomento di riflessione: lo stato delle cose relative alla applicazione della cannabis soprattutto nel contesto terapeutico e la rappresentazione di tutto questo fa l’apparato dei media. I ricercatori del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche del Karolinska Institutet hanno analizzato 20 studi clinici […]
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Terzo Polo: Renzi, ‘a prossime europee lista Renew sarà primo partito’ – lasicilia.it
Roma, 1 dic. “I socialisti europei e il Ppe sono in crisi perchè il loro pensiero è più legato al XX secolo che al XXI. Liberal democratici, liberali europei e Renew saranno la casa del futuro. Noi alle prossime europee avremo, non so se già un partito ma sicuramente una lista a ispirata ai concetti di Renew, che punta ad essere il primo partito perchè il sovranismo di governo fallirà e perchè la risposta della sinistra è bloccata tra M5s e un Pd che non ha capito che fare da grande”. Così Matteo Renzi all’iniziativa ’60 anni di diffusione del pensiero liberale’ organizzata dalla Fondazione Einaudi alla sala Zuccari di palazzo Giustiniani.
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Terzo Polo: Renzi, ‘a prossime europee lista Renew sarà primo partito’ – laragione.eu
“I socialisti europei e il Ppe sono in crisi perchè il loro pensiero è più legato al XX secolo che al XXI. Liberal democratici, liberali europei e Renew saranno la casa del futuro. Noi alle prossime europee avremo, non so se già un partito ma sicuramente una lista a ispirata ai concetti di Renew, che punta ad essere il primo partito perchè il sovranismo di governo fallirà e perchè la risposta della sinistra è bloccata tra M5s e un Pd che non ha capito che fare da grande”. Così Matteo Renzi all’iniziativa ’60 anni di diffusione del pensiero liberale’ organizzata dalla Fondazione Einaudi alla sala Zuccari di palazzo Giustiniani.
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Chi c’era alla presentazione del libro di Giuseppe Benedetto – formiche.net
Giuseppe Benedetto, presidente della Fondazione Einaudi, ha appena pubblicato per Rubbettino un volume, con la prefazione di Carlo Nordio, dal titolo “Non diamoci del tu. La separazione delle carriere”.
Il libro è stato presentato ieri sera al Vicus Caprarius, la Città dell’Acqua a Roma alla presenza dell’autore e con relatori i giuristi Sabino Cassese e Beniamino Migliucci, il ministro Carlo Nordio e Andrea Cangini, segretario generale della Fondazione Einaudi, coordinatore dell’evento.
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Carlo Nordio, il messaggio al governo: “Quello che non tradirò mai” – liberoquotidiano.it
Carlo Nordio lancia un messaggio al governo Meloni: “La complessità della politica richiede compromessi ma non al punto di tradire la mia idea liberale che sarà mantenuta fermissima”. Il ministro della Giustizia, a margine della presentazione del libro Non diamoci del tu. La separazione delle carriere di Giuseppe Benedetto, di cui ha firmato la prefazione, spiega: “Questo non significa che le mie idee liberali esposte nei miei scritti, siano annacquate o cambiate. Le idee di Carlo Nordio rimangono anche se il governo è un organismo collegiale”.
Dopodiché Nordio parla del sostegno all’Ucraina nella guerra contro la Russia. “Prima di tutto una forte solidarietà all’Ucraina e al suo popolo che sta resistendo valorosamente”. Il Guardasigilli sottolinea la posizione dell’Italia, in linea con l’Unione europea, per un “potenziamento della Corte penale internazionale penale” e la possibilità “di utilizzare tutte le nostre esperienze investigative, che nei temi di criminalità organizzata”, spiega a margine, rispondendo alle domande della stampa, “sono molto avanzate”. A chi gli chiedeva notizie sul Codice dei crimini di guerra, il ministro Nordio risponde: “Stiamo lavorando alacremente al ministero, siamo in dirittura d’arrivo”.
Infine, sul Pnrr, Nordio chiosa, “il governo è impegnato a dare piena attuazione al Pnrr, le riforme entreranno in vigore rispettando le scadenze”
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LibSpace con Giulio Terzi di Sant’Agata
Giustizia, Nordio: “Prima riforme economia e revisione abuso di ufficio” – l’occidentale.it
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, intervenendo alla presentazione del libro “Non diamoci del tu” di Giuseppe Benedetto, presidente della fondazione Einaudi, ha fatto il punto sull’agenda del governo Meloni in tema di riforme.
“Le prime – ha spiegato il Guardasigilli – saranno quelle che avranno un impatto sull’economia. In questo momento è l’emergenza principale. Questo riguarda sia la spending review sia la revisione di quei reati che hanno un impatto economico perché rallentano la pubblica amministrazione. Quelle di più ampio respiro verranno illustrati tra cinque giorni alle Camere nel mio discorso programmatico”.
Nordio ha inoltre ricordato ”gli interventi per la digitalizzazione e la semplificazione ma anche la profonda revisione di reati che paralizzano la pubblica amministrazione, per quella che viene definita ‘paura della firma’, ma che io chiamo ‘burocrazia difensiva”’. Il riferimento è alle modifiche al reato di abuso d”ufficio. Questo ”avrà un impatto economico eliminando criticità che ci costano fino al 2% del Pil”.
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Presentazione del libro di Giuseppe Benedetto “Non diamoci del tu. La separazione delle carriere” (Rubettino) – radioradicale.it
Registrazione video del dibattito dal titolo “Presentazione del libro di Giuseppe Benedetto “Non diamoci del tu. La separazione delle carriere” (Rubettino)”, registrato a Roma mercoledì 30 novembre 2022 alle 17:30.
Dibattito organizzato da Fondazione Luigi Einaudi Onlus per Studi di Politica Economia e Storia.
Sono intervenuti: Andrea Cangini (segretario generale della Fondazione Luigi Einaudi Onlus per Studi di Politica Economia e Storia), Sabino Cassese (giudice emerito della Corte Costituzionale della Repubblica Italiana), Giuseppe Benedetto (presidente della Fondazione Luigi Einaudi Onlus per Studi di Politica Economia e Storia), Carlo Nordio (ministro della Giustizia, Fratelli d’Italia), Beniamino Migliucci (avvocato).
Sono stati discussi i seguenti argomenti: Anm, Avvocatura, Azione Penale, Costituzione, Custodia Cautelare, Diritto, Giustizia, Legge, Libro, Magistratura, Ministeri, Penale, Politica, Procedura, Riforme, Rocco, Separazione Delle Carriere, Severino, Storia, Vassalli.
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Russia e Occidente possono e devono essere partner, non Russia e Cina
Xi Jinping può essere amico di Putin, ma non è amico della Russia. Piuttosto, Xi ha usato la Russia per fare gran parte del suo sporco lavoro anti-occidentale -a spese della Russia-, e l'Occidente ha inavvertitamente aiutato Xi indebolendo la Russia a vantaggio della Cina
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Separare le carriere? «Aspettate e vedrete», dice il Guardasigilli – ildubbio.news
Dibattito con Migliucci, che da presidente dei penalisti ha raccolto le firme per la legge sui magistrati e che ricorda: «È ora di attuare davvero il processo accusatorio»
Giudice terzo, giusto processo e nuove frontiere della giustizia sono stati i temi al centro del dibattito che si è tenuto ieri a Roma tra il ministro della Giustizia Carlo Nordio, Sabino Cassese e l’ex presidente delle Camere penali Beniamino Migliucci, in occasione della presentazione del libro “Non diamoci del tu. La separazione delle carriere”, di Giuseppe Benedetto, presidente della Fondazione Einaudi, ed edito da Rubbettino. Il dibattito è stato coordinato dal neosegretario della Fondazione Andrea Cangini. Sotto Beniamino Migliucci, l’Unione Camere penali ha raccolto le oltre 70mila firme per la proposta di legge di iniziativa popolare per la separazione delle carriere depositata poi in Parlamento.
«È una riforma ineludibile», ha detto il penalista, «la riforma di tutte le riforme soprattutto se si immagina di mantenere un codice a tendenza accusatoria, liberale, che pone al centro del processo il contraddittorio, la parità delle parti». Nordio ha firmato la prefazione del volume di Benedetto: «Tutto il libro dovrebbe essere attentamente studiato alla Scuola della magistratura, perché smentisce definitivamente le apocalittiche obiezioni che l’Anm ci propina in occasione anche delle più moderate proposte riformatrici, come l’ultima della ministra Cartabia». Adesso la pensa allo stesso modo? «Quando ho scritto la prefazione – ha detto esordendo – non avrei mai immaginato di diventare parlamentare né ministro della Giustizia. Far parte del governo può limitare le aspettative e le volontà di Nordio come scrittore e modesto giurista, ma ciò non vuol dire che le mie idee liberali siano cambiate o si siano annacquate».
Il guardasigilli sente quasi il bisogno di giustificarsi, dopo aver ricevuto nelle ultime settimane anche delle critiche da parte di chi lo accusa di aver invertito la rotta rispetto ai suoi principi. «Le decisioni vengono prese collegialmente all’interno del governo, la complessità della politica richiede compromessi ma non al punto da tradire l’idea liberale che sarà mantenuta fermissima». Lo ha ribadito più volte, questo concetto: «Senza voler anticipare l’illustrazione delle linee programmatiche alle Camere prevista per il prossimo 6 dicembre, posso dire che le mie idee verranno riaffermate. La fattibilità politica poi verrà scansionata in base alle modalità tecniche: per riformare l’abuso di ufficio può bastare un mese, per avere una norma che preveda un organo collegiale che decida sulla custodia cautelare ci possono volere tre mesi, per fare una riforma costituzionale occorre più tempo».
Non fa mai esplicito riferimento alla “separazione delle carriere”, ma il nesso è chiaro dato il tema del libro e le altre cose dette, tra cui: «A questo mondo nulla è eterno. Stamattina ( ieri, ndr) ho avuto modo di incontrare per molto tempo il cardinale Ravasi ed è emerso che soltanto la verità del Signore rimane in eterno, il resto si può cambiare. Quindi non c’è nessun reato di lesa maestà se si propone una riforma costituzionale».
Poi è entrato un po’ più nel dettaglio sulle ragioni: «Quando è avvenuto il miracolo politico e giuridico della Costituzione, l’unità delle carriere, l’obbligatorietà dell’azione penale, la figura del pubblico ministero modellata su quella del giudice erano perfettamente coerenti tra loro. Ma i padri costituenti non potevano immaginare che 40 anni dopo Vassalli avrebbe varato un codice ispirato al processo anglosassone». Quindi «occorre necessariamente superare il paradosso di un codice “fascista”, firmato da Benito Mussolini e dal re, che gode di ottima salute e di un codice di procedura penale saccheggiato e demolito perché ritenuto incompatibile con la Costituzione. O torniamo al codice Rocco, pienamente conforme alla Costituzione, oppure cambiamo la Costituzione. Attualmente abbiamo i tre pilastri: Costituzione, codice penale e codice procedura penale, incompatibili tra di loro».
Il guardasigilli si è poi riferito alla spending review della legge di Bilancio che ha toccato anche via Arenula e il Dap. «Ho letto molte critiche sui tagli anche al nostro ministero: il taglio lineare che è stato fatto non era trattabile, come è giusto che sia. L’emergenza economica impone di devolvere queste riforme a chi non riesce ad arrivare alla fine del mese».
Nordio ha spiegato di condividere le misure, ma ha aggiunto: «Spero di uscire presto dall’emergenza, e che ci siano altre risorse il prossimo anno. C’è il Pnrr, non ci si può muovere con grande elasticità ma proveremo a farlo, anche col bilancio interno del ministero. Cercheremo di rimodulare per evitare le criticità che derivano dai tagli lineari». Ha poi sottolineato nuovamente come «l’obiettivo delle riforme iniziali è avere un impatto positivo sull’economia del Paese. Anche per questo incontrerò i rappresentanti Anci per discutere di una profonda revisione dei reati che paralizzano l’amministrazione, della “paura della firma” o come preferisco dire io della “amministrazione difensiva”».
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Mano visibile
Per Ita Airwais è stato interrotto il negoziato a due, finalizzato all’ingresso di un socio. Si riparte dalla caselle precedente, trattando con le due cordate iniziali. Intanto il solo socio imprenditoriale italiano si è dileguato. Il disegno iniziale era far ripartire la compagnia aerea con capitale pubblico e poi metterla sul mercato, adesso andrà già bene se lo Stato non resterà il solo azionista. Per Tim si sa solo che si vuole una “rete unica” (che già definirla non è facile: si nazionalizzano gli impianti degli altri?) e che sarà a capitale pubblico. Non si sa come e in che tempi, posto che lo Stato è già azionista di due reti diverse. Di sicuro si dovrà pagare o la rete che si trova in Tim, o gli azionisti che detengono Tim, in entrambi i casi ricomprando quel che i soldi pubblici costruirono, malamente vendettero e ora riprendono quando necessita di investimenti. Per Ilva, che fu la pubblica Italsider e ora ribattezzata Acciaierie d’Italia, il clamore fa credere che il processo si sia concluso, mentre invece siamo al primo grado: inchiesta cominciata nel 2012 e dieci anni dopo siamo tenuti a considerare gli imputati presunti innocenti. Nel frattempo l’acciaieria è stata scassata, il capitale privato entrato non è stato costretto a mantenere fede ai patti e nel 2024 tornerà tutto pubblico. Ma c’è una forte pressione a rinazionalizzare immediatamente. Così, giusto per citare tre casi.
Lo Stato fa male il proprio dovere, ovvero regolare, controllare ed eventualmente giudicare, ma è sempre pronto a fare il mestiere degli altri, dell’impresa. Non c’è economia di mercato di questo mondo in cui non ci sia la presenza di capitali pubblici, sicché i puristi del privato hanno sbagliato mondo. Ma fare investimenti pubblici per far marciare settori in cui il ritorno economico è a lunga scadenza (si pensi alla ricerca scientifica o all’esplorazione spaziale) e usare i capitali pubblici per prendere quel che è fallito, sono cose diverse. E, quando si usano capitali pubblici, una cosa è gestirli in una logica privatistica, puntando al profitto e alla separazione con gli obiettivi politici, come fu nell’impostazione di Beneduce e Mattioli, nel secolo scorso, altra l’impiegarli in nome di una “socialità” che genera asociale accumulazione di debiti.
Adam Smith riteneva che l’egoistico desiderio di ricchezza conducesse con sé, guidato da una <<mano invisibile>>, un bene pubblico. La carne che mangi non la devi alla generosità, ma all’egoismo del macellaio. È passato del tempo, ma la logica è quella. Se lo Stato mobilita soldi pubblici, ovvero dei contribuenti, lo fa agendo da mano visibile, non può che dichiarare le proprie intenzioni. Quale è l’intenzione? Salvare l’impresa, salvare i posti di lavoro? Se l’egoismo porta con sé benefici, un tale (peloso) altruismo porta con sé malefici. Se quei soldi vanno persi, se la produzione, il volo, il servizio telefonico non sono competitivi, il risultato sarà la dilapidazione, l’indebitamento, comunque un maggiore prelievo fiscale. E non c’è nulla di più asociale che prendere i miei soldi per indurmi a consumare prodotti e servizi che non vorrei consumare, che non consumo, sicché li pago altrove e in più pago anche il conto dei fallimenti.
Eppure, se si parla di soldi privati viene in mente l’egoismo, mentre se si parla dei pubblici ricorrono i concetti di socialità e salvataggio. Trovare, in ciò, le differenze fra Meloni e Landini è da rubrica di enigmistica: ci sono, ma ci vuole occhio per vederle. Lo statalismo è ambidestro, non di destra o di sinistra.
La mano visibile fa la mano morta nella mia tasca. E non è piacevole. Quindi: il capitale pubblico può ben essere usato nel mercato, ma si dica prima con che strumento, finalità e in quali tempi, controllando poi che le cose non vadano diversamente e chiudendo per tempo quel che è fallimentare. Un po’ come capita con i fondi europei, che il cielo salvi i controllori e i vincoli. Si sarà più ricchi e più occupati a far quel che serve e/o piace.
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Colombia: un mostro energetico minaccia comunità e ambiente
di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 2 dicembre 2022 – Recentemente i media colombiani si sono concentrati sull’enorme serpente – un boa constrictor di oltre due metri – ritrovato nella sala turbine della centrale idroelettrica di Hidroituango. Ma è per altri motivi che centinaia di migliaia di persone tengono gli occhi puntati sull’enorme installazione, pronti a cogliere i segnali di una possibile catastrofe per mettersi in salvo.
Nelle ultime settimane, infatti, i lavori di completamento della diga e della centrale hanno subito una netta accelerazione per tentare di rispettare l’obiettivo di far entrare in funzione entro la fine di novembre almeno due delle otto turbineche, ad opera completata, dovranno trasformare la forza dell’acqua in elettricità. Nel caso in cui l’obiettivo non fosse stato raggiunto, l’impresa avrebbe dovuto pagare ingenti multe.
Un mostro idroelettrico
In costruzione ormai da molti anni tra ritardi, incidenti e promesse di sviluppo, la grande opera ha già provocato inondazioni, inquinamento e la distruzione dell’ecosistema dell’area della Colombia dove sorge, rappresentando una tetra minaccia per un vasto territorio.
Imbrigliare in un enorme bacino il Cauca – il secondo fiume più importante della Colombia dopo il Magdalena – ha condotto alla sparizione dei modi di vita tradizionali delle comunità che vivevano sulle sue sponde, e che si dedicavano alla pesca, all’agricoltura e all’estrazione artigianale dell’oro dalla sabbia. Neanche la valutazione di impatto ambientale, che ha messo in evidenza gli alti rischi connessi con le caratteristiche idrogeologiche di una zona altamente sismica e soggetta a smottamenti, ha impedito che l’EPM (la società pubblica Empresas Públicas de Medellín) continuasse la costruzione del gigante idroelettrico nel dipartimento di Antioquia, a circa 135 km da Medellín, nel nordest della Colombia.
Quando verrà ultimata, quella di Ituango sarà la diga più grande di tutto il paese e la quarta per importanza di tutta l’America Latina. Un progetto faraonico che ha bloccato il Cauca con un muro alto 225 metri – come un grattacielo di 80 piani – e lungo 560 in grado di contenere 20 milioni di metri cubi di acqua per produrre 14 mila gigawattora di energia all’anno. A regime – da previsioni, nel 2026 – la centrale dovrebbe produrre il 17% dell’energia totale del paese, permettendo di ridurre in modo consistente l’utilizzo di combustibili fossili e di abbassare il prezzo dell’elettricità.
Finora, però, i costi di realizzazione sono lievitati a dismisura, passando da 2 a 3,7 miliardi di euro. I lavori, iniziati nel 2009 e che inizialmente dovevano concludersi nel 2018, sono andati più a rilento del previsto a causa di una lunga sequela di errori ed incidenti.
Un villaggio sommerso dalle acque del Cauca nel 2018
Nel 2018 si sfiorò la catastrofe
Nella primavera del 2018 si verificò l’incidente più grave e si sfiorò la tragedia: a causa dei detriti trasportati dal fiume dopo forti piogge e di alcune frane, i tunnel nei quali era convogliato il Cauca si ostruirono, e l’acqua cominciò a salire di livello nella diga e ad esercitare una forte pressione sul muro di contenimento non ancora ultimato. Per evitare il crollo della diga, la direzione dell’EPM decise di permettere lo sfogo dell’acqua attraverso la sala delle turbine, causandone la totale distruzione con un danno economico incalcolabile.
Pochi giorni dopo, però – era il 12 maggio – la pressione causò comunque la disostruzione di uno dei tunnel e l’acqua, irrompendo nel letto del fiume, inondò vasti territori a valle della diga spazzando via tutto ciò che incontrava. Numerosi comuni della zona dovettero essere evacuati; solo da tre municipi – Valdivia, Tarazá e Cáceres – furono sfollati circa 15 mila abitanti. Se la diga avesse ceduto circa 130 mila persone sarebbero state seriamente minacciate, ha ammesso recentemente Robinson Miranda, il direttore del settore sociale e ambientale delle Imprese Pubbliche di Medellín, durante una conversazione con alcuni giornalisti colombiani e stranieri. Una minaccia, ovviamente, che continua ad aleggiare sui territori a valle della centrale.
Delle famiglie evacuate nel 2018, circa 2500 ci hanno messo più di un anno a tornare alle proprie case, e comunque la forza dell’acqua ha distrutto decine di abitazioni, strade ed edifici pubblici soprattutto a Puerto Valdivia dove la scuola, l’ambulatorio e un ponte sono stati spazzati via e tuttora non sono ancora stati ricostruiti. A dar retta all’EPM tutti gli sfollati sono rientrati alle loro case, ma le testimonianze degli attivisti locali e dei giornalisti arrivati a Puerto Valdivia nelle ultime settimane raccontano di strade fantasma costellate di edifici in rovina che solo da qualche settimana hanno visto iniziare i lavori di ricostruzione.
Il rischio di una nuova catastrofe
Molte famiglie hanno abbandonato le loro case lungo il Cauca – dove tornano ogni tanto per controllare che i loro pochi averi non siano stati rubati – ed hanno dovuto prendere in affitto altre abitazioni sulle colline; troppa la paurache si ripeta ciò che è successo nel 2018 o che si verifichi un incidente ancora più devastante.
Una preoccupazione condivisa dal primo presidente di sinistra del paese; «Prima di accendere le turbine di Hidroituango si devono evacuare gli abitanti a rischio come misura di precauzione» ha scritto Gustavo Petro sulle reti sociali, raccogliendo gli appelli delle comunità e delle associazioni locali. Il pronunciamento della massima carica dello stato ha convinto le autorità locali a procedere all’evacuazione delle famiglie che vivono nella zona più vicina alla centrale nei giorni della messa in funzione delle prime due turbine. Nei giorni scorsi era stata la stessa la ministra delle Miniere e dell’Energia, Irene Velez, a citare il rischio di un cedimento della montagna al momento dell’entrata in funzione delle turbine, eventualità smentita dal governatore di Antioquia Anibal Gaviria.
Comunità sfollate ed ecosistemi danneggiati
“Incidenti” a parte, la realizzazione del colossale impianto ha provocato pesanti conseguenze ambientali sui territori circostanti e un irreversibile sconvolgimento degli ecosistemi.
Gli abitanti assicurano che dopo la realizzazione della diga il clima della regione è cambiato con un aumento dell’umidità che rende meno redditizia la coltivazione della yucca e del mais, le colture tradizionali della zona.
Inoltre negli ultimi anni la superficie del lago artificiale è stata ricoperta di giacinti d’acqua, una pianta galleggiante fortemente infestante che impedisce allo specchio d’acqua di ossigenarsi e fa da schermo alla luce del sole, danneggiando la flora e la fauna. La diffusione del giacinto d’acqua ha a sua volta provocato un ambiente adatto alla proliferazione delle zanzare che attraverso le loro punture trasmettono agli abitanti della zona il virus della leishmaniosi che causa ulcere, febbre, vomito e diarrea.
Negli ultimi anni, poi, la centrale ha più volte chiuso le paratie della diga prosciugando quasi completamente il fiume e provocando così la morte di decine di migliaia di pesci, con danni incalcolabili per l’intero ecosistema e per i pescatori che ancora riuscivano a sopravvivere sfruttando le acque del Cauca. L’opera artificiale, infine, ha distrutto i territori ancestrali degli indigeni Nutabe che, esclusi dai risarcimenti accordati alle comunità locali, si sono spesso ridotti a vivere ai margini dei centri abitati della zona, in una condizione di marginalità e sradicamento.
Pesci morti nel Cauca in secca
Gli oppositori perseguitati
Contro la diga, sin dall’inizio dei lavori, si è sviluppata nella regione una forte opposizione, coordinata dal movimento “Rio Vivos” – fiumi vivi – che ha tentato negli anni di sviluppare iniziative di denuncia e sensibilizzazione, scontrandosi però con minacce e persecuzioni (spesso da parte di bande paramilitari evidentemente al servizio degli interessi economici che sostengono Hidroituango) che hanno obbligato molti attivisti e attiviste a fuggire dal dipartimento di Antioquia per rifugiarsi in altre regioni della Colombia quando non all’estero. È il caso ad esempio di Milena Florez, che ha dovuto cercare scampo a Barcellona insieme alla sua famiglia.
In alcuni casi le intimidazioni si sono limitate a minacce di morte telefoniche, ma spesso hanno preso la forma di minacce fisiche dirette nei confronti degli attivisti e dei loro familiari. Numerosi sono i leader della protesta che sono stati assassinatio che sono semplicemente spariti, allungando la triste lista dei desaparecidos.
I grandi sponsor del gigante idroelettrico – in particolare l’ex presidente Alvaro Uribe e l’ex governatore di Antioquia Sergio Fajardo – hanno sempre presentato la realizzazione della diga come un qualcosa di inevitabile e prioritario.
Dopo anni di lavori, quando le prime due turbine sono state testate, appare chiaro che l’unico risultato visibile del mostro energetico per ora è la distruzione di migliaia di ettari di foresta tropicale, il trasferimento forzato delle comunità locali, l’assassinio dei suoi leader politici e sociali, la distruzione dell’economia dei territori interessati e lo sconvolgimento di interi ecosistemi. Ammesso che non si verifichino altri incidenti gravi, ne sarà valsa la pena? – Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora anche con il Manifesto, Catarsi e Berria.
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Morti di lavoro, superate le mille vittime nel 2022. Va introdotto il reato di omicidio sul lavoro - Contropiano
"Dopo undici mesi i morti di lavoro in Italia hanno superato quota mille: al 30 novembre 2022 sono 1003, di cui 709 sul luogo di lavoro, 289 in itinere e 5 per Covid. La strage di lavoratrici e lavoratori va avanti così nel silenzio, rotto da qualche sussulto retorico della politica e del sindacalismo di maniera in occasione dei fatti più clamorosi."
La Siria accusa: gli Usa ci rubano il petrolio
di Michele Giorgio
Pagine Esteri, 2 dicembre 2022 – Sarebbe avvenuta a metà ottobre l’uccisione del leader dello Stato islamico, Abu al Hasan al Quraishi, durante un raid nella provincia siriana meridionale di Daraa compiuto dal cosiddetto Esercito siriano libero (Esl), la milizia anti Bashar Assad sostenuta da Turchia e Stati uniti. Ad affermarlo è il colonello Joe Buccino, portavoce del Centcom, il comando centrale Usa in Medio oriente, che ha descritto la morte di Abu al Hasan al Quraishi come «un altro colpo» allo Stato islamico. La versione di Buccino non convince. Da tempo l’Esl è quasi scomparso dalla provincia di Daraa tornata in buona parte sotto il controllo di Damasco. Pertanto, un suo raid in quella parte del paese all’unico scopo di eliminare il capo dell’Isis è quanto meno improbabile. Così come appare strana la presenza di Al Quraishi nel sud della Siria, lontano dal territorio desertico dell’est del paese dove l’Isis continua i suoi attacchi mordi e fuggi contro soldati siriani e combattenti curdi. Da parte sua lo Stato islamico conferma la morte del suo leader avvenuta, ha comunicato, durante non meglio precisati «combattimenti», senza indicare né il luogo né l’ora della sua morte. E ha già annunciato il nome del suo nuovo capo: Abu al Hussein al Husseini al Quraishi. Il leader ucciso aveva assunto la guida dell’organizzazione jihadista dopo che l’ex numero uno dell’Isis, Abu Ibrahim al Qurashi, era stato colpito a morte da un commando statunitense in Siria, lo scorso 3 febbraio.
La notizia della morte di Al Quraishi ha avuto un impatto ridotto rispetto a quello delle uccisioni dei suoi predecessori, in particolare l’emiro Abu Bakr al Baghdadi nel 2019, a conferma che per i media locali e internazionali l’Isis ha perduto gran parte della sua rilevanza. Ma lo Stato islamico non è scomparso. Non controlla più territori ma l’ampia zona desertica della Siria orientale è teatro quasi quotidiano dei suoi sanguinosi raid contro le forze governative. Quest’area è importante anche per i suoi contesi giacimenti di petrolio. Dopo il 2014 lo Stato islamico li sfruttò vendendo un po’ a tutti e basso costo il greggio siriano. Oggi Damasco, alle prese con la carenza di carburante – nonostante le assicurazioni di Teheran, l’ultima petroliera iraniana è giunta ai porti siriani un mese fa e mezza economia siriana è in ginocchio -, punta il dito contro gli Stati uniti. Una compagnia petrolifera statunitense, affermano le autorità siriane, ha firmato un accordo con l’autoproclamata autonomia curda che controlla i giacimenti petroliferi del nord-est della Siria, allo scopo di «rubare» il greggio. «Questo accordo è nullo e privo di fondamento legale» protesta Damasco che denuncia «la violazione della sovranità siriana».
La Siria produceva 380.000 barili di petrolio prima che scoppiasse la guerra interna nel 2011. Damasco da anni non controlla più la maggior parte dei giacimenti petroliferi in un’area da est del fiume Eufrate fino a Deir al-Zor. Inoltre, le sanzioni occidentali hanno colpito anche l’industria energetica. Washington mantiene circa 900 soldati in territorio siriano, divisi tra la base di Al Tanf e le zone con i pozzi di petrolio. Il Pentagono alla fine dell’anno scorso ha precisato che i proventi dell’estrazione del greggio vanno alle unità di combattimento (Sdf) curdo-arabe, alleate degli Stati uniti.
Secondo l’agenzia ufficiale siriana Sana, il 25 settembre le forze americane hanno contrabbandato 79 autocisterne cariche di petrolio dalla regione di Jazira all’Iraq attraverso il valico di frontiera non ufficiale di Al-Mahmoudiya nel Kurdistan iracheno dove sono presenti anche forze statunitensi. In precedenza, altre 60 autocisterne avevano raggiunto il nord dell’Iraq. Il ministero siriano del petrolio e delle risorse minerarie riferisce che gli Stati uniti hanno trasferito fuori dalla Siria una media di 66.000 barili di petrolio ogni giorno nella prima metà del 2022, ovvero oltre l’83% della produzione giornaliera del paese. Nello stesso periodo le raffinerie di petrolio nazionali hanno ricevuto solo 14.200 barili al giorno. Tra perdite dirette e indirette, Damasco calcola in 107 miliardi di dollari le risorse sottratte alla Siria dall’Isis e da Washington e i suoi alleati dal 2011. Pagine Esteri
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#uncaffèconluigieinaudi – Il ritmo del progresso può temporaneamente rallentarsi…
Il ritmo del progresso può temporaneamente rallentarsi, per una fatalità di eventi; ma […] non può interrompersi
da Corriere della Sera, 27 giugno 1911
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È stata inviata oggi a tutti gli istituti scolastici la nota con le indicazioni per le iscrizioni all’anno scolastico 2023/2024.
Anche quest’anno le procedure si svolgeranno online.
Biden – Macron: amicizia franco-americana con distinguo
Visita di Stato del Presidente francese Emmanuel Macron a Washington. Ottimo rapporto tra i due presidenti. Macron partner di riferimento dell'America in Europa. Punti di disaccordo costruttivi su guerra e pace in Ucraina, Russia post-guerra, energia, mantenendo l'unità transatlantica
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La Russia è davvero il motivo per cui il Mali continua a respingere la Francia?
Una nuova esplosione di sentimenti anticoloniali sta attraversando da tempo le ex colonie francesi. Parigi accusa il governo del Mali di essere “alleato dei mercenari russi di Wagner”, ma è una scusa. Quello degli africani è un sentimento di sconfessione della politica francese, ma Parigi non capisce
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L’India può aprire un nuovo capitolo nei rapporti con l’Italia
Roma conosce le reali intenzioni della Cina e sta lavorando per costruire un rapporto pragmatico su interessi condivisi con Delhi
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Etiopia, Raxio diventa il primo data center certificato Tier III dopo aver ricevuto la certificazione dall’Uptime Institute
Raxio Data Center in Etiopia (“ET1”) è diventato ufficialmente il primo data center indipendente certificato Tier III in Etiopia dopo aver ricevuto la certificazione Uptime Institute Tier III il 21 ottobre 2022. “Questa certificazione è stata ottenuta dopo un attento esame e valutazione da parte di i team internazionali di esperti dell’Uptime Institute per garantire che Raxio ET1 soddisfi i severi requisiti della certificazione Tier III di Uptime”, ha affermato il data center.
Raxio Data Center ha dato il via alla costruzione del primo data center di colocation carrier neutral privato di livello III dell’Etiopia presso l’ICT Park di Addis Abeba nel marzo 2021.
Con questa certificazione, Raxio ET1 diventa uno dei pochi data center Tier III, di proprietà privata e carrier-neutral in Africa a ricevere questa designazione, che include anche la struttura di Raxio in Uganda. Durante il processo di certificazione, i team dell’Uptime Institute hanno valutato tutti gli aspetti della progettazione e delle apparecchiature della struttura, come alimentazione, raffreddamento, soppressione e rilevamento degli incendi e altro.
Per passare come data center conforme a Tier III, l’infrastruttura meccanica ed elettrica deve essere manutenibile contemporaneamente, il che significa che il data center dispone di componenti di capacità ridondanti e percorsi multipli di alimentazione e raffreddamento verso le apparecchiature IT. I data center Tier III offrono una capacità ridondante che consente di arrestare e mantenere ogni singolo componente necessario per supportare l’ambiente di elaborazione IT senza influire sul funzionamento della struttura e sulla fornitura di servizi ai clienti.
Oltre alla capacità ridondante, ET1 offre anche manutenibilità simultanea su tutti i sistemi e sottosistemi critici, garantendo la ridondanza completa in caso di arresti o guasti imprevisti. La manutenibilità simultanea è una delle caratteristiche di progettazione più importanti che i clienti richiedono quando esternalizzano le loro esigenze di data center, consolidando la posizione di ET1 come struttura competitiva a livello globale.
Parlando dell’annuncio, Bewket Taffere, direttore generale di Raxio Ethiopia, afferma: “L’ottenimento della certificazione Tier III di Uptime per ET1 è una chiara testimonianza dell’attenzione e dell’enfasi di Raxio nel fornire la massima qualità dell’infrastruttura e dimostra la notevole attenzione prestata allo standard dei servizi stiamo fornendo al mercato etiope. In qualità di data center accreditato a livello internazionale, ET1 offrirà la qualità e il livello dei servizi richiesti dai clienti, migliorando la capacità dell’Etiopia di competere in un ambiente sempre più globale. Ci sono voluti molto duro lavoro e visione per trasformare questo risultato in realtà, e siamo entusiasti del ruolo che stiamo svolgendo a livello locale e regionale, mentre l’Etiopia continua a investire nell’economia delle TIC”.
Robert Saunders, CTO di Raxio Group ha aggiunto: “Questo è un chiaro impegno che Raxio sta sviluppando strutture di livello mondiale in termini di progettazione e costruzione per servire i nostri mercati. Grazie alla collaborazione con Uptime Institute, stiamo investendo nella due diligence tecnica delle nostre strutture che i nostri clienti locali e internazionali si aspettano. Ci siamo impegnati in una partnership a lungo termine; questo è il nostro secondo data center certificato con molti altri in arrivo.”
La certificazione Tier III è un impegno evidente che Raxio ET1 fornirà il più alto livello di disponibilità del servizio sul mercato per i suoi clienti, che includerà colocation per esigenze primarie e di ripristino di emergenza, connessione incrociata e servizi di assistenza remota. La struttura ospiterà clienti etiopi, regionali e internazionali nel settore ICT in rapida crescita nel paese. La certificazione Tier III è di fondamentale importanza per i clienti esigenti che utilizzano la struttura per ospitare le proprie apparecchiature business-critical, come quelli nei settori dei servizi finanziari e della sanità, nonché per le aziende emergenti e i clienti internazionali che desiderano offrire la prossima generazione di ICT servizi guidati in Etiopia.
La disponibilità di un data center Tier III in Etiopia è un enorme passo avanti nella fornitura di un’infrastruttura tecnologica che supporterà le imprese abilitate alla tecnologia in iper-crescita, nonché l’infrastruttura per il numero crescente di utenti Internet.
Raxio ET1 incorpora anche funzionalità ecosostenibili sviluppate con standard ingegneristici e operativi internazionali per mitigare i crescenti costi dell’energia, nel rispetto dell’ambiente. Con la combinazione di servizi Tier III e un design rispettoso dell’ambiente, Raxio ET1 sta definendo lo standard per i servizi di colocation premium.
FONTE: addisstandard.com/innovation-r…
Etiopia, costruzione istituto sicurezza ICT – Information and Communications Technology
L’Etiopia sta costruendo un forte istituto di gestione della sicurezza della rete informatica con manodopera, sistemi moderni e tecnologia locale.
Addis Abeba (ESA) 21 novembre 2015 (30 nov. 2022) L’Etiopia sta costruendo un forte istituto di gestione della sicurezza della rete informatica con manodopera, procedure moderne e tecnologia indigena, ha affermato Solomon Soka, direttore generale della gestione della sicurezza della rete informatica dell’Etiopia.
Il direttore generale ha annunciato che l’Etiopia ha condiviso la sua esperienza nella gestione della sicurezza delle reti informatiche all’International Internet Management Conference.
Alla conferenza, l’Etiopia ha condiviso il lavoro che sta svolgendo nella gestione della rete di informazioni e ha affermato che sta prendendo esperienza da altri.
Solomon Soka, direttore generale dell’Information Network Security Administration, ha dichiarato all’ESA; I paesi della conferenza internazionale si stanno scambiando esperienze.
Hanno affermato che i paesi lavoreranno insieme per rendere Internet, che è la piattaforma di comunicazione mondiale e una grande risorsa, sicura e protetta. Ha detto che anche l’Etiopia ha condiviso la sua esperienza alla conferenza.
Hanno anche discusso di sicurezza informatica, questioni politiche e problemi riscontrati nell’attuazione di linee guida e controlli.
In questo modo, ha condiviso l’esperienza di Ethiopian Information Network Security Management.
Ha inoltre sottolineato le questioni sollevate da altri paesi sulle linee guida e le politiche di gestione della sicurezza informatica.
Ha sottolineato che la strategia digitale del 2025 è fondamentale per consentire sia alle istituzioni governative che private in Etiopia di fornire servizi attraverso Internet.
Per questo, ha affermato che si stanno facendo molti lavori sulla proprietà della tecnologia e sulla sicurezza informatica, che sono fondamentali per la trasformazione digitale.
Ha confermato che l’Etiopia è pronta a condividere la sua esperienza passata poiché sta svolgendo un lavoro che può essere un esempio per altri paesi facendo della sicurezza informatica un’agenda.
Ha detto che l’Etiopia sta costruendo un forte istituto di gestione della sicurezza della rete informatica con manodopera, procedure moderne e tecnologia indigena.
Ha anche ricordato che l’Etiopia si sta promuovendo oltre a condividere la sua esperienza sul campo alla Conferenza internazionale sulla gestione di Internet che si terrà ad Addis Abeba.
La conferenza fornisce consulenza sulla governance di Internet, l’accessibilità a Internet, lo sviluppo delle infrastrutture, la sicurezza informatica e altre questioni correlate.
FONTE:
Cina: fermare la mano americana sull’industria dei semiconduttori
La tecnologia dei semiconduttori è considerata dagli Stati Uniti la chiave per frenare lo sviluppo high-tech della Cina. Puntano a mantenere il divario di generazione tecnologica dell'industria cinese dei semiconduttori a quattro o più generazioni. Ecco cosa può fare Pechino per fermare i danni causati alla sua industria di semiconduttori dagli USA
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La Russia ha espresso il desiderio di aumentare la cooperazione con l’Etiopia nel campo della ICT e sicurezza digitale
Addis Abeba (ESA) 22/11/2015 (1 dic. 2022) La Russia ha annunciato di voler intensificare la cooperazione con l’Etiopia nel campo della digitalizzazione, della sicurezza delle reti informatiche e delle competenze digitali
Il ministro dell’Innovazione e della tecnologia Bele Mola (PhD) ha discusso con il vice ministro russo per lo sviluppo digitale, le comunicazioni e i mass media Maxim Parshin e la sua delegazione.
Il ministro ha anche chiesto alla Russia di continuare a sostenere il percorso di trasformazione digitale dell’Etiopia.
Ha affermato che l’Etiopia vorrebbe condividere l’esperienza sviluppata dalla Russia nelle competenze digitali e nella sicurezza delle reti di informazioni.
Il vice ministro russo per lo sviluppo digitale, le comunicazioni e i mass media, Maxim Parshin, ha confermato che la Russia lavorerà per aumentare la sua cooperazione con l’Etiopia nel campo della tecnologia digitale.
Hanno annunciato che coopereranno nei servizi governativi elettronici, nelle competenze digitali, nella sicurezza delle reti informatiche e in altri settori.
Le informazioni ricevute dal ministero indicano che l’Etiopia e la Russia stanno lavorando insieme in vari campi di cooperazione, tra cui scienza, tecnologia e innovazione.
FONTE: ena.et/?p=195429
Quanto può durare la neutralità dell’Algeria nella guerra in Ucraina?
Radicata in un approccio degli anni ’70 agli affari globali basato sul non allineamento, la risposta dell’Algeria all’invasione russa dell’Ucraina non è stata sorprendente. Pur non volendo sconvolgere né il Cremlino né l’Occidente, l’Algeria è stata neutrale in questo conflitto. La situazione in Ucraina, che inasprisce pericolosamente le tensioni tra la Russia – partner strategico […]
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Una mostra dell’archivio custodito
Oggi la Fondazione Luigi Einaudi, (in via della Conciliazione 10, a Roma) apre i suoi archivi, inaugurando una mostra che sarà aperta al pubblico fino al 22 dicembre. Nelle teche allestite nel salone delle conferenze si potranno ammirare documenti autentici, pescati nella storia stessa della Fondazione e nei fondi che qui sono stati depositati, fra i quali quello di Giovanni Malagodi, Oronzo Reale, Gian Piero Orsello, Antonio Scialoja e Valerio Zanone.
A queste carte hanno lavorato (e continueranno a farlo) giovani ricercatori, coordinati da Leonardo Musci, responsabile dell’archivio storico. Dietro il vetro ci saranno non solo testimonianze di alto valore storico ma anche di umanità e di affetto, come quello che legava Emesto Rossi a Luigi Einaudi e a sua moglie. Messaggi personali che Rossi accompagnava con il disegno di un burattino “Esto”. Lo stesso che compariva sempre nelle lettere che dal carcere e dal confino inviò, per lunghi anni, alla compagna di tutta la sua vita. Lunghi anni di detenzione per la sola colpa d’essere un antifascista.
Il compito delle Fondazioni è proprio questo: non solo custodire gli archivi ma anche aprirli, renderli accessibili al pubblico, sollecitare con quelli la curiosità e l’impegno dei più giovani. Non è vero che i ragazzi non siano interessati al passato, semmai sono le generazioni dei loro genitori e nonni che hanno preferito, per convenienza, nasconderlo e modificarlo a piacimento.
In questa occasione la Fondazione Luigi Einaudi ricorda anche i 60 anni.
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Political advertising: EU lawmakers to reign in on surveillance-based targeting of political advertising
Today, the European Parliament’s LIBE committee voted to restrict the use of personal data to target online political advertisements to data explicitly provided for this purpose by citizens with their consent, excluding the use of behavioral and inferred intelligence on citizens. LIBE has the exclusive competence on the articles dealing with data protection (the targeting). However, the position will be subject to trilogue negotiations with EU governments.
Specifically, the Committee decided:
- The use of personal data to target online political advertisements would be limited to data explicitly provided for this purpose by citizens with their consent, excluding the use of behavioral and inferred intelligence on citizens (“surveillance advertising”). Refusing consent should be no more complicated than giving it. The “do not track” setting would need to be respected without bothersome prompts. Users who refuse to consent would still have access to online platforms.
- The platforms would be banned from running opaque ad delivery algorithms to determine who should see a political ad; they would only be able to select recipients randomly in the pool of people delineated by the targeting parameters chosen by the sponsor.
- In the 60 days prior to an election or referendum, different political messages may be spread only of the basis of a voter’s language and the constituency they live in, avoiding a fragmentation of the public debate and the sending of contradictory and dishonest messages.
- If a data protection authority such as the Irish DPA fails to enforce the rules against large online platforms, the European Data Protection Board would be able to take over. In cases of illegal political ads targeting it will not only be able to impose financial sanctions but can also temporarily suspend the targeting of ads by advertisers who seriously and systematically violated the rules. This ensures that more affluent sponsors are not able to factor-in the price of financial sanctions in their budget.
- The targeting of political ads on the basis of a person’s racial or ethnic origin, political opinions, religious beliefs, health conditions or sexual orientation is to be banned both offline and online.
- Depending on interpretation, no restrictions might apply to the use of personal data (including behavioural and inferred intelligence as well as sensitive data) by campaigns to target political messages via letter, e-mail, or text messaging at large scale. The targeting rules (Articles 12- and 12) would apply only where external “political advertising services” are used, thus excluding letters, e-mail and text messages sent directly by campaigns.
Pirate MEP Patrick Breyer comments:
“From the Donald Trump and Brexit campaigns we have learned that you can very effectively manipulate a voter if you know which message works on them. While many parties are using personalised targeting, it benefits mostly populist and anti-democratic forces.I regret that one major loophole remains, however. The loophole for direct messages is bound to be exploited by anti-democratic and anti-european movements to manipulate elections and referendums by spreading disinformation and hatred tailored to each voter’s personality and weaknesses. Their online behaviour and habits right down to sexual orientation or religious beliefs could be exploited to target manipulative and false political messages, as happened in the Trump and Brexit campaigns. We should not allow this Regulation to be circumvented by simply moving from manipulative Facebook Ads to direct messages. We urgently need to close this loophole thus in the upcoming process. For the time being we abstained on the position.”
Maronno Winchester reshared this.
Paolo Redaelli
in reply to Giuseppe Pecoraro • • •@Songase975