Ucraina – USA: uniti sulla guerra, ma divisi sulla pace?
Negli scorsi giorni, dopo essere apparso in visita alle truppe sul fronte di Bakhmut, nel Donbass, il Presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, si è recato in visita a Washington, dove, fra l’altro, ha avuto un incontro con il Presidente Biden e ha tenuto un discorso di fronte al Congresso. Come è stato ampiamento sottolineato, è stato […]
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I rischi di una risoluzione prematura della guerra in Ucraina
Mentre il 2022 volge al termine e la guerra in Ucraina supera i 10 mesi, alcuni leader e pronostici in Occidente sono determinati affinché l’Ucraina raggiunga un accordo con la Russia al fine di garantire una pace duratura. L’ex segretario di Stato Henry Kissinger in un pezzo per The Spectator ha esortato l’Ucraina a raggiungere […]
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Manovra antisociale: la dignità del rifiuto - Infoaut
«Il lento e sistematico lavorio che si manifesta in maniera plastica nella visione della “sinistra benpensante” incarnata dal PD volto alla denigrazione dei cosiddetti “poveri” (categoria da estendere ben oltre i confini della marginalità sociale più manifesta) ha preparato il terreno per questa fase. Con una breve interruzione data dal governo giallo-verde in cui si è verificata la prima e l’ultima esperienza di pallida redistribuzione (consci che il reddito di cittadinanza fosse di per sé limitato e insufficiente sin dalla sua ideazione), l’apparato PD ha sporto su un vassoio d’argento una narrazione che non sta soltanto nelle sfere del discorso, ma che si incarna nel peggioramento delle condizioni di vita materiali della maggior parte delle persone, in particolare quelle giovani.»
Turchia: 2023, 100 anni di Repubblica ed elezioni anticipate?
I funzionari turchi, guidati dal Presidente Recep Tayyip Erdoğan, assicurano al pubblico che non ci saranno elezioni anticipate e che le elezioni saranno organizzate come previsto nel giugno 2023. Inoltre, il 19 agosto 2022 il Ministro della Giustizia turco Bekir Bozdağ ha dichiarato che il presidente e le elezioni parlamentari si terranno come previsto dalla […]
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La leva della Russia nei Balcani
Da settembre , la fragile stabilità del Kosovo che dura dal 1999, a seguito dell’intervento dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), è diventata progressivamente precaria. Gli scontri tra l’etnia serba e le forze di sicurezza del Kosovo hanno visto le forze armate serbe poste in massima allerta a novembre. Diversi funzionari serbi di alto […]
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Santo Natale e ‘Santo Consumo’
Potrebbe sembrare un accostamento ardito, fra ‘sacro&profano’. Ma se il consumismo di Natale è solidale: evviva! Il Natale è una magia che riesce sempre a far sognare: desideri, propositi, cibo speciale, pensamenti e ripensamenti, natività. Il Natale ha una funzione ‘catartica’ e pacificante perché ci fa vivere le esperienze (belle e brutte) nell’oblio costruttivo della festa. La crisi energetica ha spento […]
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Putin costringerà la Bielorussia a unirsi all’invasione russa dell’Ucraina?
Vladimir Putin ha visitato Minsk per la prima volta in tre anni e mezzo il 19 dicembre. Questo raro viaggio internazionale ha acceso la speculazione che il dittatore russo potrebbe cercare di fare pressione personalmente sulla sua controparte bielorussa affinché si unisca alla vacillante invasione dell’Ucraina da parte di Mosca. L’incontro di lunedì tra Lukashenka […]
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Ministero dell'Istruzione
Il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha firmato il decreto che approva le Linee guida per l’orientamento, riforma prevista dal #PNRR.Telegram
Borsa: canapa, Canada e USA ancora in rosso
Entrambe le principali piazze borsistiche a livello mondiale nel settore della Canapa, cioè Canada e USA, chiudono entrambe con valori chiaramente negativi. Il clima depressivo che ancora regna nelle piazze borsistiche internazionali, per differenti variabili intervenienti già note, si manifesta anche nella chiusura delle principali Borse Canapa a livello mondiale. Per avere dei raffronti nel […]
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Cinghiali a Natale
No, non ci saranno le squadre di cacciatori di condominio che si lanceranno per le strade alla ricerca del cinghiale, oppure avendo letto magari la legge di bilancio e l’emendamento che è stato approvato, gli “animali selvatici”. Non ci saranno perché oso essere certo che ci vorrà la squadra della Forestale o comunque una forma di autorizzazione. Al cinghiale non si va mai a cacciare da soli e men che meno in città.
La vera questione non è tanto la sorte dei cinghiali, ma piuttosto cosa ci facciano i cinghiali nella legge di bilancio. Quest’anno noi dobbiamo essere grati ai cinghiali perché ci chiariscono il modo in cui viene costruita la legge di bilancio, cioè diventa una specie di carro merci nel quale chiunque può provare a buttare qualche cosa, e questo non va bene, perché la legge di bilancio dovrebbe riguardare pressoché esclusivamente i saldi, l’equilibrio di bilancio. Non è che nel corso dell’anno il Parlamento non fa più leggi di spesa, ne fa centinaia, tanto più che se noi guardiamo a questa legge di bilancio e alla sua natura reale, cioè quella di assicurare l’equilibrio finanziario di un paese come l’Italia, che ogni anno vende quantità enormi di debito pubblico, è chiaro che l’equilibrio è una cosa importante che, se fatta bene, ci fa risparmiare soldi. Se uno guarda questi aspetti della legge di bilancio, quella di adesso per l’anno 2023 è assolutamente condivisibile ed è in totale continuità con quella dell’anno scorso, quindi con quella fatta dal governo Draghi.
Bene! Perché è bene che un paese abbia governi che lavorano in continuità, ma se invece di guardare a questa che è la sostanza profonda della legge di bilancio guardiamo a tutte le cose che per un mese sono state oggetto di animato dibattito (il POS, il bonus e lo scudo penale per gli evasori) di tutta questa fantasmagorica categoria di trovate c’è quasi niente nella legge, abbiamo parlato a vuoto: il POS non c’è, il tetto al contante è inutile, sono tutte cose che hanno animato il dibattito senza cambiare la realtà.
Ora noi dobbiamo veramente cambiare sistema di far la legge di bilancio, deve essere solo sul bilancio, non può che essere una legge chiusa, cioè il Parlamento non può emendarla e poi cambiarla, può mandare a casa il Governo, ma non esiste questo assalto continuo con quantità di emendamenti.
Infine, la fiducia che viene messa ogni anno (è come il panettone, arriva ogni anno a Natale) non serve a superare la resistenza dell’opposizione ma a superare le difficoltà, le differenze, le contrapposizioni all’interno della maggioranza. È stato così quest’anno ed era così l’anno scorso, due anni fa e fa 3 anni fa, quando a protestare contro questo era Fratelli d’Italia e a farlo erano gli altri. Quest’anno a farlo è Fratelli d’Italia e a protestare gli altri, ma non cambia granché.
In ogni caso, siccome siamo in piena celebrazione delle tradizioni, è buona l’occasione anche per augurare a voi e ai vostri cari il migliore Natale possibile.
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Ucraina: la sconfitta della Russia deve essere la massima priorità globale per il 2023
In un saggio per il Consiglio Atlantico pubblicato nel dicembre 2021, ho affermato che il futuro dell’Europa si deciderà in Ucraina. Un anno dopo, quella che prima poteva sembrare un’affermazione audace è ora un fatto riconoscibile. L’Ucraina è diventata lo scudo dell’Europa, difendendo il continente lungo una linea del fronte di 2.500 chilometri. Con ogni […]
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Come Twitter ha nascosto al pubblico le informazioni sulle forze armate USA
Le e-mail dai cosiddetti ‘Twitter Files’ – comunicazioni interne condivise con Lee Fang a The Intercept e altri giornalisti in seguito all’acquisto della piattaforma di social media da parte di Elon Musk – rivelano che la società era a conoscenza di un’operazione di informazione collegata all’esercito statunitense e non ha riconosciuto pubblicamente l’operazione né ha […]
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Anche il Canada ora frena sui prodotti a base di delta-8 THC
Dopo gli USA, ora anche il Canada frena sui prodotti a base di delta-8 THC. I grossisti di cannabis dell’Ontario e della Columbia Britannica – due dei principali mercati canadesi di marijuana per uso adulto – stanno sospendendo gli ordini di prodotti contenenti delta-8 THC. Il grossista Ontario Cannabis Store (OCS) cita «l’abbondanza di cautela» […]
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L’Ucraina deve avere tutti gli strumenti per fermare Vladimir Putin nel 2023
La grande lezione del 2022 è che il fallimento nel contrastare l’aggressione internazionale porta inevitabilmente a ulteriori aggressioni. L’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia è ampiamente riconosciuta come il più grande conflitto armato in Europa dalla seconda guerra mondiale, ma non è apparsa dal nulla. Al contrario, l’incapacità della comunità internazionale di […]
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Il Natale della libertà
Questa battaglia non è solo per il territorio, per questa o un’altra parte d’Europa. La battaglia non è solo per la vita, la libertà e la sicurezza degli ucraini o di qualsiasi altra nazione che la Russia tenta di conquistare. Questa battaglia definirà in quale mondo vivranno i nostri figli e nipoti, e poi i loro figli e nipoti. Se i vostri patrioti fermeranno il terrore russo contro le nostre città, i patrioti ucraini potranno lavorare fino in fondo per difendere la nostra libertà.
Quando la Russia non riesce a raggiungere le nostre città con l’artiglieria, cerca di distruggerle con attacchi missilistici. Inoltre, la Russia ha trovato un alleato in questa politica genocida: l’Iran. I droni letali iraniani inviati in Russia a centinaia sono diventati una minaccia per le nostre infrastrutture. E’ così che un terrorista ha trovato l’altro. Anche l’assistenza finanziaria è di fondamentale importanza e vorrei ringraziarvi, ringraziarvi molto, ringraziarvi sia per i pacchetti finanziari che ci avete già fornito sia per quelli che sarete disposti a decidere. Il vostro denaro non è beneficenza. E’ un investimento nella sicurezza globale e nella democrazia che gestiamo nel modo più responsabile.
Tra due giorni festeggeremo il Natale. Forse a lume di candela. Non perché sia più romantico, no, ma perché non ci sarà elettricità. Milioni di persone non avranno né riscaldamento né acqua corrente. Tutto questo è il risultato degli attacchi russi con missili e droni alle nostre infrastrutture energetiche. Ma noi non ci lamentiamo. Non giudichiamo e non ci paragoniamo a chi ha una vita più facile. Il vostro benessere è il prodotto della vostra sicurezza nazionale, il risultato della vostra lotta per l’indipendenza e delle vostre numerose vittorie.
Anche noi ucraini affronteremo la nostra guerra per l’indipendenza e la libertà con dignità e successo. Festeggeremo il Natale. Festeggeremo il Natale e, anche se non ci sarà elettricità, la luce della fiducia in noi stessi non si spegnerà. Se i missili russi ci attaccheranno, faremo del nostro meglio per proteggerci. Se ci attaccheranno con i droni iraniani e la nostra gente dovrà andare nei rifugi antiatomici la vigilia di Natale, gli ucraini si siederanno comunque a tavola per le feste e si rallegreranno a vicenda. E non dobbiamo conoscere i desideri di tutti, perché sappiamo che tutti noi, milioni di ucraini, desideriamo la stessa cosa: la vittoria. Solo la vittoria.
Insieme a voi abbiamo già costruito un’Ucraina forte, con un popolo forte, un esercito forte, istituzioni forti. Abbiamo sviluppato insieme a voi forti garanzie di sicurezza per il nostro paese e per l’intera Europa e il mondo. E sempre insieme a voi, metteremo al riparo chiunque voglia sfidare la libertà. Questa sarà la base per proteggere la democrazia in Europa e nel mondo.
Volodymyr Zelensky, Washington, 21 dicembre 2022
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Valdo Spini – Sul Colle più alto
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Il monito di Mattarella: “Hanno superato ogni limite”
Il Presidente condanna la repressione: “Basta calpestare la dignità umana”
«Quanto sta avvenendo in queste settimane in Iran supera ogni limite», denuncia con forza Sergio Mattarella. La repressione scatenata contro i giovani che protestano contro le chiusure del regime teocratico «non può essere in alcun modo accantonata», insiste il capo dello Stato. Già la scorsa settimana, rivolgendosi al corpo diplomatico accreditato in Italia, il presidente aveva segnalato la gravità delle violenze poliziesche a Teheran e nelle altre città teatro della rivolta pacifica contro l’oscurantismo degli ayatollah. Stavolta ha rafforzato la sua condanna proprio mentre in Iran si moltiplicano le minacce contro i manifestanti.
Il mondo, l’Europa, l’Italia non possono voltare gli occhi dall’altra parte, fingendo che quel dramma non interpelli le nostre coscienze. Abbiamo dei valori da difendere, ricorda il presidente in un messaggio alla XV Conferenza delle ambasciatrici e degli ambasciatori d’Italia che si sta svolgendo alla Farnesina (il Covid gli ha impedito di partecipare personalmente). Al centro di questi valori, sottolinea Mattarella, «vi è la dignità umana e il rispetto della persona che oggi vediamo invece in tante parti del mondo calpestato».
Il pensiero immediatamente corre a quanto accade ai confini dell’Unione, in Ucraina. «L’aggressione brutale della Federazione Russa ha messo in discussione le regole sulle quali abbiamo fondato la nostra pacifica convivenza: un ordine basato sul rispetto del diritto internazionale. Alla diplomazia», è l’appello presidenziale, «spetta in questo momento storico il difficile compito di tutelare questo patrimonio faticosamente conquistato, che trova i suoi baluardi nel processo di integrazione europea e nel sistema multilaterale rappresentato dall’Onu».
Puntare sul dialogo è sempre stato il nostro punto di forza e dovrà esserlo anche in futuro, auspica Mattarella, specie in vista di appuntamenti come l’Expo2030 cui Roma ha avanzato la propria candidatura. I lavori della Conferenza saranno conclusi oggi da
Giorgia Meloni.
La Stampa
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Il Giappone raddoppia le spese militari
di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 22 dicembre 2022 – Non è la prima volta, negli ultimi anni, che il Giappone aumenta la spesa militare e decide di rafforzare il suo esercito, contravvenendo alle imposizioni “pacifiste” dettate dagli alleati – in particolare dagli Stati Uniti – dopo la sconfitta di Tokyo nella Seconda Guerra Mondiale.
Spese militari al 2% del Pil
Questa volta, però, il governo di Fumio Kishida ha deciso l’aumento più consistente dalla fine del secondo conflitto mondiale delle spese per la Difesa, che passano nel 2023 da 5200 miliardi a 6500 miliardi di yen, l’equivalente di 47 miliardi di dollari.
Come se non bastasse, il boom della spesa militare aprirà la strada ad un aumento fino al 2% del Prodotto interno lordo, portandola al livello dei paesi della Nato.
Il premier punta infatti ad aumentare il bilancio della Difesa per gli anni che vanno dal 2023 al 2027 fino a 318 miliardi di dollari, con un raddoppio di fatto rispetto al quinquennio che si sta chiudendo. Poco importa che l’articolo 9 della Costituzione giapponese, analogamente a quanto previsto dall’articolo 11 della Magna Carta italiana, reciti che «Il popolo rinuncia per sempre alla guerra come diritto sovrano della nazione e alla minaccia o all’uso della forza come mezzo per risolvere le controversie internazionali».
Le opposizioni denunciano il carattere militarista della decisione e il pericolo che questa scateni un’ulteriore escalation con Pechino e Pyongyang, e sottolineano che l’aumento delle spese militari sottrae importanti risorse ad un paese già sottoposto ad una forte crisi fiscale e ad un indebitamento pubblico da record. L’approvazione dell’aumento delle spese per la Difesa è stata preceduta da una polemica interna al Partito Liberal Democratico – principale forza del governo insieme al Komeito – tra coloro che proponevano di utilizzare i titoli di stato per coprire le nuove spese e il premier che invece ha optato per un aumento delle tasse. La Legge Finanziaria include un aumento graduale della tassazione sulle imprese a partire dal 2024 e altri provvedimenti volti a reperire le necessarie risorse addizionali.
Manifestazione pacifista a Tokyo
Colpire la Cina
Il boom delle spese militari servirà a rafforzare le forze armate e a finanziare un piano di massiccio riarmo per sostenere la competizione militare nella regione dell’Indo-Pacifico. L’obiettivo del Giappone, affermano fonti del governo Kishida, è dotarsi di una forza convenzionale di deterrenza in grado di tenere testa alle ambizioni militari della Repubblica Popolare Cinese e di difendersi dalle minacce della Corea del Nord.
Tokyo intende aumentare significativamente la proiezione a lungo raggio della propria capacità militare, e a questo scopo ha deciso l’acquisto dagli Stati Uniti di alcune centinaia di Tomahawk; i missili da crociera statunitensi hanno infatti una gittata massima di 1600 km, che permetterebbe al Giappone di colpire obiettivi in territorio cinese in caso di conflitto.
L’esecutivo Kishida si è inoltre impegnato ad aumentare la gittata dei propri missili anti-nave, a sviluppare armi ipersoniche e a creare una forza speciale di auto-difesa contro i cyber-attacchi. Tokyo si è detta anche interessata a partecipare alla realizzazione dei caccia di sesta generazione Tempest, alla quale partecipano già la britannica BAE Systems e l’italiana Leonardo.
A spingere Tokyo ad adottare una politica di difesa più aggressiva, afferma il Washington Post, sarebbe stata anche l’invasione russa dell’Ucraina. «Il Giappone voleva limitare la sua spesa in materia di difesa ed evitare l’acquisto di sistemi d’arma d’attacco. Tuttavia, la situazione internazionale non ci consente di farlo» ha spiegato al quotidiano l’ex ambasciatore giapponese a Washington Ichiro Fujisaki.
Nella scia di Shinzo Abe
La realtà è che già durante il lungo governo del nazionalista Shinzo Abe, esponente della corrente più conservatrice del Partito Liberal Democratico (al governo quasi ininterrottamente dal 1955), Tokyo ha intrapreso il cammino verso una politica estera più aggressiva e militarista.
Prima del suo assassinio nel luglio scorso, Abe ha operato per centralizzare le politiche di sicurezza; ha riformato la Costituzione per affermare il cosiddetto “diritto all’autodifesa collettiva” del paese consentendo alle forze armate di intervenire in un conflitto non solo per difendere il Giappone ma anche un alleato contro un attacco esterno; infine, ha più volte aumentato gli stanziamenti per la Difesa fino a portare Tokyo al nono posto della classifica mondiale della spesa militare.
È anche vero, però, che l’invasione russa dell’Ucraina e i timori di un imminente attacco cinese a Taiwan hanno fatto aumentare il sostegno dell’opinione pubblica giapponese – tradizionalmente pacifista – al riarmo e alla creazione di un esercito forte e moderno.
All’inizio di dicembre una fonte del governo giapponese aveva già rivelato che l’esecutivo intende aumentare la presenza del proprio esercito nell’isola sudoccidentale di Okinawa “in previsione di un possibile scontro con la Cina su Taiwan». Il Ministro della Difesa Yasukazu Hamada prevede di portare a due il numero di reggimenti di fanteria di stanza sull’isola. Inoltre Tokyo prevede di triplicare le unità di difesa contro i missili balistici nelle Nansei, un arcipelago in parte contiguo a Taiwan, mentre le Forze di autodifesa aerea giapponesi sono state inviate per la prima volta nelle Filippine per partecipare a esercitazioni congiunte.
Il premier giapponese Fumio Kishida
Gli Usa plaudonoLa nuova versione della Strategia di sicurezza nazionale varata dal governo di Fumio Kishida – a lungo ministro degli Esteri nei governi di Shinzo Abe – definisce la Cina «una sfida strategica senza precedenti», allineandosi così alla visione di Washington.
Non stupisce quindi l’entusiasmo manifestato nei confronti della storica decisione da parte degli Stati Uniti, che nel paese del Sol Levante mantengono da sempre un sostanzioso contingente militare dislocato in diverse basi. Da tempo la Casa Bianca chiede a Tokyo un maggiore protagonismo militare nel Pacifico in funzione anti-cinese. L’ambasciatore di Washington a Tokyo, Rahm Emanuel, ha definito la misura «una pietra miliare epocale» nelle relazioni tra i due paesi, indispensabile per fare dell’Indo-Pacifico un «territorio libero e aperto». Per il Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Joe Biden, Jake Sullivan, «L’obiettivo del Giappone di aumentare significativamente gli investimenti nella difesa rafforzerà e modernizzerà anche l’alleanza Usa-Giappone».
Pechino: “non siamo una minaccia”Di segno opposto, ovviamente, la reazione di Pechino. Il governo cinese ha infatti denunciato che Tokyo «accusa falsamente la Repubblica Popolare Cinese di ricattare il Giappone attraverso misure economiche coercitive e di intraprendere attività militari minacciose che destano grande preoccupazione nella comunità internazionale».
L’ambasciata cinese in Giappone ha affermato che la nuova Strategia di sicurezza di Tokyo viola numerose intese raggiunte negli ultimi anni tra i due governi e alimenta le tensioni regionali invece di promuovere la stabilizzazione e la pace. «La Cina ha sempre aderito alla strada dello sviluppo pacifico, ha perseguito una politica nazionale di natura difensiva e non ha mai istigato né partecipato a una corsa agli armamenti», ha affermato la sede diplomatica di Pechino, difendendo la posizione del proprio governo su Taiwan e sulle isole Senkaku, che la Cina considera parte del proprio territorio nazionale. L’ambasciata ha infine invitato il Giappone a non giustificare il proprio riarmo con la «teoria della minaccia cinese» e a scegliere la strada del consenso politico considerando i due Paesi come «partner e non come reciproche minacce».
Ma proprio nei giorni scorso le unità navali del Giappone sono entrate in stato di allerta dopo l’individuazione di alcune unità militari cinesi, tra le quali la portaerei Liaoning, nelle acque territoriali rivendicate sia da Tokyo sia da Pechino. Secondo il Ministero della Difesa giapponese si tratterebbe della nona “incursione” cinese da novembre.
Nel tentativo di frenare le rivendicazioni di Pechino nel Mar cinese meridionale, Tokyo ha negli ultimi anni rafforzato la cooperazione diplomatica e militare con le Filippine e il Vietnam, paesi coinvolti in altrettanti contenziosi con Pechino per il controllo di alcune aree. Nei mesi scorsi, inoltre, Tokyo ha tentato di stringere i rapporti con l’Indonesia che finora ha sempre cercato di porsi come mediatrice nei conflitti regionali.
Anche la Repubblica Popolare di Corea ha reagito negativamente all’aumento record delle spese militari da parte del Giappone, definendolo un «pericoloso errore che muterà in maniera netta il contesto di sicurezza regionale». «Il Giappone sta causando una grave crisi di sicurezza nella Penisola coreana e nell’Asia orientale, adottando una nuova strategia di sicurezza che ammette a tutti gli effetti l’attacco preventivo contro Paesi terzi» afferma una nota del Ministero degli Esteri di Pyongyang. – Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.
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SONDAGGIO. Senza negoziati né diritti, i palestinesi «votano» per la lotta armata
di Michele Giorgio –
Pagine Esteri, 17 dicembre 2022 – Scorrendo i risultati del sondaggio appena pubblicato dal Palestinian Center for Policy and Survey Research (Pcpsr), il sociologo Khalil Shikaki non esita a parlare di un «cambiamento radicale avvenuto in pochi mesi» nell’opinione pubblica palestinese, in particolare in Cisgiordania. Il dato che più di altri balza all’occhio è quello dell’aumento netto, rispetto al sondaggio precedente, del sostegno alla lotta armata contro l’occupazione israeliana. «Il 72% dei 1.200 intervistati si è detto favorevole alla nascita di gruppi armati simili alla Fossa dei Leoni», dice Shikaki riferendosi all’organizzazione che ha la sua roccaforte nella casbah di Nablus e che riunisce militanti di diversi orientamenti politici.
Una crescita che Shikaki vede come conseguenza anche dell’escalation in Cisgiordania dove si ripetono, quasi con frequenza quotidiana, i raid dell’esercito israeliano. Il bilancio provvisorio di palestinesi uccisi nel 2022 è di 166, tra i quali donne e minori. Di pari passo, sottolinea il sociologo, «Stiamo assistendo a un calo evidente nella percentuale di coloro che appoggiano la soluzione a due Stati (Israele e Palestina), data l’assenza di negoziati diplomatici». Il sostegno a una risoluzione negoziata del conflitto è ora al 32%. Un decennio fa il supporto si attestava al 55%.
Il sondaggio ha solo rivelato in cifre ciò che è palpabile nelle strade della Cisgiordania. L’assenza di qualsiasi prospettiva di una soluzione politica all’occupazione cominciata nel 1967 e l’intensificarsi della campagna militare israeliana, sembrano aver convinto un numero crescente di palestinesi, soprattutto quelli più giovani, che l’unica opzione sia quella armata.
Nel frattempo, gran parte della popolazione perde fiducia nell’Autorità nazionale palestinese (Anp) del presidente Abu Mazen. L’87% degli intervistati ha detto ai ricercatori del Pcpsr che l’Anp non ha il diritto di arrestare i membri dei gruppi armati per impedire gli attacchi all’esercito israeliano. Il 79% si è anche detto contrario alla resa dei combattenti e alla consegna delle loro armi all’Anp.
L’emblema del gruppo armato di Nablus “Fossa dei Leoni”
Questi numeri assumono una rilevanza maggiore se si tiene conto che la classe media palestinese – formata in prevalenza da impiegati dell’Anp, da imprenditori e professionisti – è stata negli ultimi venti anni in buona parte contraria non solo alla lotta armata ma anche riluttante ad appoggiare una nuova Intifada popolare contro l’occupazione poiché avrebbe messo in discussione il suo status. Una posizione che, spiegano gli analisti palestinesi, è mutata di fronte alla insostenibilità dell’occupazione che dura da 55 anni.
Gli imprenditori, piccoli e grandi, solo per fare un esempio, incontrano difficoltà crescenti a operare negli stretti margini consentiti da regole e procedure imposte dall’Amministrazione Civile (Ac) israeliana, che per conto delle forze armate è responsabile della gestione della vita quotidiana di milioni di palestinesi, a eccezione delle competenze specifiche dell’Anp di Abu Mazen. L’Ac, attraverso la concessione di permessi di lavoro in Israele a 140mila manovali palestinesi, ha reso dipendente dallo Stato ebraico una quota significativa di famiglie cisgiordane, pur migliorando le loro condizioni di vita. Allo stesso tempo, non ha fatto nulla per tutte le altre.
I palestinesi, dall’operaio all’imprenditore, sono soggetti ogni giorno all’ottenimento di permessi, autorizzazioni e altro ancora dagli occupanti mentre, talvolta a poche centinaia di metri dalle loro abitazioni, i coloni israeliani godono di libertà di movimento e pieni diritti. Anche questi aspetti si riflettono nei risultati del sondaggio del Pcpsr.
E i palestinesi si attendono un peggioramento del quadro generale quando entreranno in carica i ministri, nonché leader della destra ultranazionalista, del nuovo governo israeliano. Il 61% degli intervistati pensa che l’esecutivo guidato da Benyamin Netanyahu sarà più estremista, il 64% si aspetta che il prossimo governo espellerà le famiglie palestinesi dal quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme est, il 68% che evacuerà con la forza i beduini palestinesi di Khan al-Ahmar e il 58% che cambierà lo status quo alla moschea Al-Aqsa. Previsioni certo non infondate. Pagine Esteri
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PODCAST. Netanyahu ha il suo governo. Domina la destra estrema, pugno di ferro con i palestinesi
di Eliana Riva
(Benyamin Netanyahu in una foto di Hudson Institute)
Pagine Esteri, 23 dicembre 2022 – Benyamin Netanyahu sebbene sia alla testa di un’alleanza che ha conquistato 64 dei 120 seggi della Knesset è stato in grado di sciogliere la riserva solo pochi minuti prima della scadenza dell’incarico ricevuto dal capo dello stato Herzog. Peraltro non ha ancora comunicato la lista dei ministri. Un segno della debolezza politica. Il premier infatti è sotto processo per corruzione e dipende dall’appoggio dei leader di Otzmah Yehudit e Sionismo religioso, Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, che al voto del primo novembre hanno ottenuto un successo senza precedenti e per questo hanno preteso e ottenuto ministeri importanti e poteri straordinari. La nuova maggioranza sarà composta dal Likud di Netanyahu, il partito Sionismo religioso (destra estrema), la formazione Otzmah Yehudit (erede del movimento razzista Kach), i due partiti ultraortodossi Shas e Ebraismo unito nella Torah e il piccolo ma agguerrito partito omofobo Noam. Gli analisti prevedono che farà uso del pugno di ferro con i palestinesi. Abbiamo intervistato a Gerusalemme Michele Giorgio, corrispondente del quotidiano Il Manifesto e direttore di Pagine Esteri.
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Di salari e pensioni non si campa più. Un programma di lotta - Contropiano
«La demolizione dei contratti nazionali e della scala mobile sono i perni su cui ha agito la compressione dei salari pretesa dalle imprese per “rilanciare la competitività”.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la guerra al lavoro salariato ha impoverito la classe lavoratrice e insieme a lei l’intero Paese.
Gli industriali hanno invece ricevuto e continuano a ricevere una valanga di euro, in sconti fiscali e contributivi, riduzione delle bollette, fondi e superammortamenti per investimenti industriali. Senza contare le ristrutturazioni finanziate con l’uso disinvolto degli ammortizzatori sociali.»
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#uncaffèconluigieinaudi☕ – La grande maggioranza degli uomini non pensa colla propria testa
La grande maggioranza degli uomini non pensa colla propria testa. Aderisce al pensiero ed alla volontà altrui. Ma vuole essere persuasa
da Maior et sanior pars, in “Idea”, gennaio 1945
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Ucraina – Russia: Stati Uniti non più neutrali (se lo sono mai stati)
In un articolo di ieri, scritto peraltro prima dell’incontro tra Joe Biden e Volodimyr Zelensky, ho scritto che la situazione è al limite del massimo rischio, ma specialmente, una volta di più, facevo notare, e vorrei tornarci ora, quanto le cose siano meno chiare e meno nette di quanto non sembri, ma specialmente molto più pericolose. […]
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Sbilancio
Mi sbilancio: la legge di bilancio, come ha preso forma, è buona in tutto quello di cui nessuno parla, mentre tutti siamo stati trascinati a parlare di quel che non ha senso, o non c’è, o non c’è più.
Se quella legge, ogni anno, fosse discussa in modo ragionevole, con una procedura razionale, non solo sarebbero maggiormente emersi i suoi aspetti positivi, ma su quelli il consenso, in Parlamento, potrebbe essere più vasto. Come, del resto, Fratelli d’Italia, dall’opposizione, condivideva la linea del governo Draghi, contro imprudenti e controproducenti scostamenti di bilancio. Allora come oggi, però, il problema non era nel Parlamento tutto, ma nella maggioranza. Il voto di fiducia, che ora la destra impone e ieri detestava, che oggi la sinistra detesta e ieri imponeva, non avrebbe ragion d’essere se non servisse a fermare pezzi della maggioranza. Tanto la minoranza, ove il governo non ne condivida le proposte, è minoranza.
Sicché i dati politici sono tre. Il primo è relativo ai saldi di bilancio e al suo equilibrio complessivo, confermando la continuità con il governo precedente. Una continuità che consiste nel collaborare, non guerreggiare con le istituzioni europee e che si vedrà anche nel conseguimento degli obiettivi a scadenza ravvicinata, relativi al Pnrr. Il resto è caciara, guerra di pupazzi. Come lo era, del resto, contestare quegli equilibri quando si era all’opposizione.
Il secondo dato è relativo alle tante cose che sono entrate e uscite, o snaturate, di cui si è parlato: tutta roba propagandistica, in qualche caso masochista. La corsa a far vedere il rispetto delle “promesse” le ha in gran parte compromesse e contraddette. Per cambiare le cose occorre tempo e le persone serie non lavorano per il titolo del giorno appresso, ma per il risultato dell’anno successivo.
Il che porta al terzo dato, quello più preoccupante: le riforme sono annunciate, ma inesistenti. Ci sono casi, come la giustizia, in cui le intenzioni sono chiare, ma il tragitto no. Altri, come il fisco, in cui non è chiara né l’una né l’altra cosa, al punto che chi chiede la flat tax, quindi la fine della progressività, poi vuole correlare le multe al reddito. Altri ancora, come il reddito di cittadinanza, in cui si taglia la spesa in virtù di una riforma di cui non si vedono neanche i contorni. Intanto si promettono ancora “aiuti”, che di per loro sono solo l’incentivo a pensare la spesa pubblica come cassa cui attingere e non come strumento per riformare.
Il bilancio c’è, la politica è sbilanciata. L’opposizione è ancora traumatizzata e spaesata. I pentastellati si sono trasformati da partito governativo a oltranza in partito d’opposizione a prescindere. Di poltrona e di piazza, diciamo. Mentre il Partito democratico perde ulteriormente consensi non tanto per questo o quello “scandalo”, ma per la scandalosa assenza di iniziativa politica. Il che metterebbe la maggioranza al sicuro, se non fosse che cova problemi interni, con la Lega che prova a riprendere visibilità, spingendo l’esecutivo a commettere errori che poi comportano retromarce, mentre Forza Italia, senza più la forza elettorale per coalizzare forze minori e talora opposte, non trova il ritmo di una nuova missione. In questo modo gruppi e sottogruppi indeboliti diventano scialuppe per traghettare emendamenti che rispondono più a pressioni particolari che a interessi generali.
È così che la legge di bilancio sembra peggiore, non avendo il coraggio, la schiettezza politica e l’orgoglio di mettere in luce quel che ha di migliore.
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