Tutti i nodi da sciogliere sul pallone aerostatico cinese. Il punto di Alegi
Il Pentagono ha rivelato di aver individuato un pallone spia che dalle coste della Cina ha raggiunto i cieli del Montana dopo un viaggio attraverso il Pacifico e il Canada nordoccidentale. Pechino si è scusata dello sconfinamento di quello che ha definito un pallone-sonda meteorologico, ma l’effetto ha portato il segretario di Stato Antony Blinken a rimandare il proprio viaggio nella Repubblica Popolare. Una risposta forte a quello che è stato percepito da Washington come un grave sconfinamento da parte del Paese di Mezzo. Al di là degli effetti, rimangono alcuni interrogativi sulla questione. Airpress ne ha parlato con lo storico ed esperto aeronautico, Gregory Alegi.
La presenza del pallone aerostatico cinese sui cieli degli Stati Uniti che messaggio lancia?
L’arrivo di un pallone, che Pechino dichiara meteorologico, sul continente nord americano, passato prima dal Canada e arrivato poi sui cieli degli Stati Uniti, significa senz’altro una disponibilità da parte cinese a correre dei rischi politici. Quali siano, invece, le informazioni che la Cina si aspettava di raccogliere è più difficile da dire. Di certo, essendo i palloni di questo tipo grandi e molto visibili, il calcolo deve necessariamente tenere conto del fatto che si tratti di un mezzo assolutamente non stealth, e che una missione condotta con questo tipo di aerostato sarà invariabilmente identificata per quella che è.
E che missione potrebbe essere?
La Cina possiede un programma spaziale estremamente sviluppato, comprensivo di una stazione spaziale in orbita, e ha numerosi satelliti spia, presumibilmente di buon livello. È difficile, quindi, che cercasse di raccogliere immagini attraverso il pallone, perché in grado di ottenerle per via satellitare. Quindi bisogna immaginare che il pallone cercasse di ottenere informazioni non disponibili attraverso le infrastrutture orbitali, come per esempio emissioni elettromagnetiche e radio di particolari siti e sistemi all’interno del continente. Ma è soltanto una supposizione.
E dunque qual era l’obiettivo di Pechino?
Stati Uniti e Cina, come facevano una volta Stati Uniti e Unione Sovietica, fanno costantemente missioni per raccogliere informazioni di vario tipo sull’avversario. Gli Usa impiegano regolarmente anche gli aeroplani, che si spingono fino ai limiti dello spazio aereo cinese, dove vengono puntualmente intercettati dalle difese aeree di Pechino. La Cina, però, non può fare altrettanto, perché non dispone di basi vicine al territorio statunitense. Se questa lettura è corretta, allora il pallone potrebbe essere la certificazione che Pechino non possiede uno strumento migliore per spiare gli Usa al di sotto della linea di Kármán. Si possono invece escludere missioni di carattere operativo, come quelle che tentarono i giapponesi durante la seconda guerra mondiale, quando tentarono di incendiare le foreste della costa orientale Usa con palloni – più piccoli di quello cinese – che avrebbero dovuto sganciare bombe incendiarie. Ma per appiccare un incendio non c’è bisogno di puntare un obiettivo specifico. Per raccogliere informazioni, invece, bisogna essere un obiettivo specifico, cosa che per definizione un pallone non può fare.
Sicuramente i sistemi di identificazione, come il Norad, erano consapevoli della presenza del pallone cinese già da tempo. Come mai annunciarne la presenza solo con l’aerostato già sui cieli del Montana?
Gli Stati Uniti hanno dato pochissimi dettagli, ma tra questi c’è che il pallone era stato avvistato da diversi giorni. In effetti, le dimensioni dell’oggetto ne fanno un bersaglio radar molto facile. La lentezza di spostamento lo rende facile da seguire e probabilmente è stato avvistato molto prima che entrasse nello spazio aereo americano. Washington ha anche dichiarato di aver lanciato dei caccia F-22 per identificare il pallone. Tutto questo da un alto chiarisce che non è comparso improvvisamente nei cieli del Montana, e fa pensare che gli Usa abbiano rivelato solo ora questa presenza per un preciso calcolo politico.
Quale?
Il segretario di Stato Blinken avrebbe dovuto recarsi in Cina, la prima visita di Stato da sei anni. L’annuncio del pallone arriva dopo l’accordo con le Filippine per quattro nuove grandi basi americane e sembra suggerire che gli Stati Uniti volessero arrivare al tavolo da una posizione di vantaggio psicologico, con la certificazione dell’invadenza cinese e la consapevolezza pubblica delle mosse concrete messe in campo per contrastarla, schierando nuove forze nel Pacifico. Tutto questo per mettere i cinesi sulla difensiva diplomatica.
Tra le giustificazioni apportate da Washington sul mancato abbattimento del pallone c’è stata l’incolumità delle persone a terra. Perché allora non abbatterlo sul Pacifico?
Il fatto di non averlo abbattuto finora si collega con le caratteristiche dell’aerostato, che per la sua natura lenta e identificabile può essere abbattuto in qualunque momento. Tra l’altro, se dovesse cadere in territorio Usa, si potrebbero recuperare gli strumenti di bordo su cui poter fare tutte le analisi del caso. Tra l’altro, per sua natura, un pallone aerostatico è leggero, ed è improbabile che faccia grossi danni in superficie. Nel mancato abbattimento allora hanno forse giocato due fattori. Primo, la certezza di poter cogliere i cinesi in flagranza, e secondo la tranquillità di poterlo fare in qualunque momento. Probabilmente nella decisione del Pentagono ha anche giocato una conoscenza dei dettagli del pallone molto maggiore di quella rivelata.
Una Grand strategy italiana? Camporini legge il vertice Tajani-Crosetto
fUna visione univoca, sinergica e continuativa nel tempo per assicurare un’azione coerente del Paese nel lungo periodo per affrontare le tante sfide strategiche internazionali. È l’obiettivo prefissato al tavolo Esteri-Difesa, il primo dell’era Giorgia Meloni, che ha visto il confronto tra i ministri responsabili, Antonio Tajani e Guido Crosetto. Una iniziativa che si è posta lo scopo di approfondire insieme le tematiche di comune interesse per cui è necessaria un coordinamento tra Difesa e diplomazia. L’incontro nasce in parte sulla scia dei risultati positivi raccolti dai due ministri nel corso delle visite natalizie nei Balcani. Una dimostrazione dell’unità del governo sullo scenario internazionale. Nell’occasione si era consolidata la volontà di stringere i legami e il coordinamento tra dicasteri per favorire il raggiungimento di risultati positivi, assicurando una continuità d’azione nel tempo.
Le sfide
Tanti i temi sul tavolo, a partire dal prossimo vertice Nato di Vilnius e le problematiche legate al fianco est e sud dell’Alleanza. L’invasione russa dell’Ucraina ha infatti spostato, come necessario, l’attenzione a oriente, ma tra gli obiettivi che il governo si è posto c’è anche quello di non far dimenticare a Bruxelles le problematiche legate al meridione, strettamente legate anche alle instabilità causate dal conflitto. Per questo al tavolo si è parlato di Mediterraneo allargato e della strategia italiana per l’Africa, oltre che naturalmente l’impegno a sostegno di Kiev. Importante anche il confronto sulla prossima delibera missioni del 2023.
Una strategia per l’Italia
Per il ministro Tajani “nell’attuale contesto di crisi in Europa e alla luce dei riflessi in altre aree strategiche è essenziale uno stretto coordinamento e scambio d’informazioni tra Esteri e Difesa”. Parole a cui ha fatto eco Crosetto: “Difesa e Esteri devono muoversi all’estero insieme e nell’interesse dell’Italia”. Per il responsabile di Palazzo Baracchini “l’attuale situazione all’orizzonte è colma di sfide. Ciò impone scelte immediate, pragmatiche e, soprattutto, condivise”. Per il capo della diplomazia, dunque, il Paese deve “rafforzare la capacità di influenzare i processi decisionali politico-militari nei consessi internazionali”. “Una strada che il governo e il presidente Meloni stanno percorrendo in maniera corale”, ha aggiunto Crosetto, che ha registrato come per raggiungere l’obiettivo “occorra una visione strategica a venti trent’anni”.
La cooperazione è indispensabile
“Esteri e Difesa sono facce della stessa medaglia”, ha commentato ad Airpress il generale Vincenzo Camporini, già capo di Stato maggiore della Difesa e dell’Aeronautica. “o ha naturalmente il suo compito e la sua libertà d’azione, ma è inconcepibile che la Difesa prenda decisioni senza una visione condivisa con gli Esteri”. Per il generale, troppo spesso in passato ci sono stati “rapporti molto stretti e proficui tra Palazzo Baracchini e la Farnesina a livello tecnico ma mancava un rapporto diretto tra i due ministri”. Si concordavano cose a livello operativo, “ma mancava la benedizione finale del vertice, con momenti con ministri che non si parlavano proprio, creando diverse difficoltà”.
Una consuetudine necessaria
C’è invece bisogno di una collegialità del governo, registra ancora Camporini in modo che quando ci sono tematiche precise sono tutti coinvolti e tutti remano dalla stessa parte. “L’importante di questi incontri è farli” precisa il generale, perché “una volta che si stabilisce una consuetudine, che sia formalizzata o meno è secondario”. Una previsione che non dovrebbe nemmeno essere limitata a Esteri e Difesa, ma coinvolgere il Mimit “per le parti di propria competenza” e gli altri dicasteri per le aree di loro responsabilità. “L’incontro Esteri-Difesa deve essere una cosa assolutamente di routine – conclude Camporini – in modo che da questi incontri scaturiscano direttive precise per gli organismi tecnici in modo da permettere agli operatori di lavorare con serenità ed efficacia”.
Via libera al sesto pacchetto di aiuti per Kyiv. Roma e Parigi pronte a inviare il Samp/T
“L’Italia ha fatto ogni sforzo per dare una mano a 360 gradi”, ha dichiarato Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, in visita a Berlino, in Germania. “Stiamo lavorando con la Francia sulla difesa missilistica, siamo arrivati al nostro sesto pacchetto di aiuti”, ha continuato. “Noi ci siamo e non faremo mancare il nostro sostegno per arrivare al dialogo. Aiutare l’Ucraina per portare gli attori al tavolo. Sarà a Kiev prima del 24 febbraio”, ha annunciato. Il sesto pacchetto è stato pubblicato oggi in Gazzetta Ufficiale: si tratta di un decreto del ministro della Difesa data 31 gennaio 2023. L’allegato con i dettagli delle forniture è secretato, come accaduto per i cinque decreti precedenti approvati dal governo Draghi.
Oggi pomeriggio Guido Crosetto, ministro della Difesa, ha avuto un colloquio telefonico con Sébastien Lecornu, ministro francese delle Forze armate. Oggetto della telefonata, sulla scia della visita a Roma del ministro francese, il sostegno militare fornito dai due Paesi all’Ucraina. I due ministri, si legge in una nota, hanno definito gli ultimi dettagli tecnici tra Italia e Francia per la consegna all’Ucraina, nella primavera 2023, del sistema di difesa antiaerea Samp/T, il primo sistema anti-missile europeo di fabbricazione italo-francese che consentirà all’Ucraina di difendersi dagli attacchi dei droni, missili e aerei russi, proteggendo una parte cospicua del territorio ucraino.
“La fornitura di tale sistema risponde all’emergenza espressa da Oleksii Reznikov, ministro ucraino della Difesa, ai suoi omologhi francese e italiano, di proteggere le popolazioni e le infrastrutture civili dagli attacchi aerei russi”, recita la nota. “L’Ucraina ha anche acquisito un sistema radar dalla Francia al fine di rafforzare l’efficacia del sistema antiaereo Samp/T che Roma e Parigi forniranno congiuntamente. La consegna di questo sistema integra il sostegno già fornito da Italia e Francia per quanto riguarda la difesa aerea e ambiti ad essa correlati. I ministri, italiano e francese, hanno inoltre ribadito la loro determinazione a proseguire il sostegno all’Ucraina a favore della difesa della sua sovranità e della sua integrità territoriale di fronte all’aggressione russa”, conclude la dichiarazione.
#laFLEalMassimo – Episodio 81 – Istruzione Merito e Pari Opportunità
Bentornati alla FLE al Massimo, si avvicina l’anniversario dell’invasione Russa ai danni del popolo Ucraino e questa rubrica continua ad manifestare in apertura sostegno al paese aggredito e condanna per l’aggressore.
Venendo al nostro paese ha fatto discutere l’ipotesi avanzata dal ministro per l’istruzione ed il merito di un trattamento differenziato dei docenti che lavorano nelle aree del paese dove il costo della vita è più elevato.
Premesso che in astratto non si tratta di un’idea peregrina e che là dove i mercati funzionano correttamente e non vi sono distorsioni le retribuzioni dovrebbero muoversi nella direzione indicata dal ministro in una rubrica che parla di libertà personale appare opportuno fare qualche passo indietro e porsi alcune domande in prospettiva.
Ma il merito che è stato introdotto nel nome del ministero ha qualche importanza oppure viene menzionato solo per strizzare l’occhio a una parte (peraltro minoritaria a mio avviso) dell’elettorato di riferimento per la maggioranza di governo?
Se mettiamo mano alla retribuzione di alcuni dipendenti pubblici non sarà il caso di prendere in considerazione anche l’ipotesi di premiare chi fa di più e meglio? Se invece ci vogliamo concentrare sulle pari opportunità e dunque offrire a chi lavora in aree diverse del paese le stesse condizioni di partenza, perché limitarsi ai professori? Cos’anno di speciale a parte essere un gruppo di elettori che si muove in modo coordinato?
La risposta soffia nel vento è la verità sconveniente è che in un paese culturalmente corporativo e al più socialista premiare il merito non interessa a nessuno perché in modo diretto o indiretto implica punire o evidenziare il demerito e la negligenza un prospettiva tabù che tutti i partiti politici rifuggono come la kriptonite per il Supereroe per antonomasia.
Non sia mai che si guardi alla scuola e all’insegnamento come un servizio da garantire agli studenti, anche per favorire il funzionamento di un ascensore sociale bloccato da tempo, il focus è sempre sugli interessi di chi nella scuola lavora e mai su quelli che da questa istituzione dovrebbero apprendere gli strumenti per orientarsi in un mondo sempre più complesso.
Discorso complicato che approfondiremo nelle prossime puntata dalla FLE al Massimo
Slava Ukraïni!
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A Napoli c’è una preside che non conosce Ungaretti
Tre giorni fa, liceo Archimede di Ponticelli, zona orientale di Napoli. Una quarta o una quinta. Tema in classe. La Shoah. Un ragazzo di quasi diciotto anni ci pensa su. Poi scrive: ’So tutt’ muort abbruciati’. Nient’altro. Ha preso una decisione coraggiosa, ha sfidato la convenzione e le attese del programma scolastico, dei suoi professori. […]
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Blinken in Medio Oriente: i timori USA restano
La visita del Segretario di Stato, Anthony Blinken, in Egitto, Israele e Palestina cade in un momento delicato per il Medio Oriente. L’insediamento, a Gerusalemme, del governo ‘di ultradestra’ guidato da Benjamin Netanyahu e la ripresa delle violenze dopo gli attentati della scorsa settimana e i pesanti interventi delle forze di sicurezza israeliane hanno riportato […]
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Ucraina: ben vengano i carri armati, ma devono essere molti
La decisione dei Paesi occidentali di inviare carri armati in Ucraina è ben accolta, ma i carri armati, almeno nel loro numero attuale, non cambieranno il corso della guerra. Tuttavia, la decisione rappresenta una crescente fiducia occidentale nell’Ucraina e una crescente tolleranza al rischio nel sostenere il suo sforzo per invertire l’aggressione della Russia. All’inizio […]
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Cosa significano i crescenti legami tra Iran e Russia per la guerra in Ucraina
L’Iran questa settimana ha convocato l’inviato dell’Ucraina a Teheran dopo che il consigliere del presidente Volodymyr Zelensky ha commentato l’attacco a una fabbrica militare a Isfahan. Secondo Nournews, che è associato al Consiglio di sicurezza nazionale iraniano, la mossa è avvenuta dopo che Mykhailo Podolyak ha twittato: “Notte esplosiva in Iran: produzione di droni e […]
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Gianni Agnelli: prima il ‘business’, poi il ‘social’
Il ricordo di Gianni Agnelli è stato giustamente celebrato con intensità mediatica e rilievo. Molti giornali hanno fatto articoli sull’Avvocato per il ventesimo anniversario della sua morte. E’ il ricordo di una persona abbastanza lineare nella sua vita seppur variegata: due momenti precisi cioè una giovinezza prolungata, ludica e da gossip esplicito fino al momento dell’imprenditorialità […]
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Borsa: canapa, una piccola ventata d’ottimismo
Nel bel mezzo di una apertura d’anno mostratasi particolarmente negativa e che è durata per tutto il corso del mese di gennaio 2023, giunge finalmente una settimana con una chiusura positiva sebbene si tratti di valori alquanto contenuti. Date le premesse, però, si tratta comunque di una buona notizia, a fronte del fatto che tutte […]
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Scuola di liberalismo 2023: “Liberi di scegliere”, intervista ad Andrea Cangini
Anche l’Argentina decide di puntare forte su Canapa e CBD ad uso medico
L’Argentina ha lanciato un’agenzia nazionale di regolamentazione per l’industria della canapa e della marijuana medica, con l’obiettivo di capitalizzare i mercati nazionali e internazionali. L’ente governativo – Agencia Regulatoria de la Industria del Cáñamo y del Cannabis Medicinal, o Agenzia Regolatoria per l’Industria della Canapa e della Cannabis Medicinale (ARICCAME) – cerca di regolamentare e […]
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Competenze tech per l’aeronavale. Il nuovo centro della GdF secondo Cioffi
In un periodo che vede nuovamente al centro il dominio marittimo e l’Aeronautica festeggiare il suo centesimo anniversario, arriva un nuovo alleato per gli equipaggi delle operazioni aeronavali della Guardia di Finanza (GdF): una piattaforma per l’addestramento che fa affidamento sull’impiego delle tecnologie disruptive e sulle collaborazioni con l’industria della Difesa, per integrare aeromobili e sistemi di missione virtuali, in modo da favorire l’interoperabilità sul campo di battaglia. Si tratta del primo Centro di simulazione di operazioni aeronavali della Guardia di Finanza, inaugurato alla base di Pratica di Mare, alle porte di Roma. Un progetto frutto delle sinergie tra le competenze operative del Corpo e i servizi ad alta tecnologia di Leonardo. La nuova struttura rappresenta un vero e proprio esempio di integrazione di tecnologie all’avanguardia in uno stesso ambiente virtuale, in modo da permettere di riprodurre accuratamente gli elicotteri e aerei della società di piazza Monte Grappa in dotazione alla Guardia di Finanza, impiegati per i più svariati compiti operativi. A questi, oltre al centro di comando a terra per il coordinamento delle operazioni, si aggiungono un simulatore di scenario, realizzato sempre da Leonardo, in grado di riprodurre l’ambiente in cui operano mezzi e personale in modo cooperativo; e un simulatore di plancia di una nave, sviluppato in sinergia con Cetena (Fincantieri), che permette di integrare anche la presenza di unità di superficie in ambiente marittimo. Della natura del nuovo centro e del valore aggiunto che potrà portare al sistema-Paese, ne abbiamo parlato con il direttore generale di Leonardo, Lucio Valerio Cioffi.
Di che cosa si occuperà il nuovo Centro di simulazione di operazioni aeronavali?
Il nuovo centro rappresenta un ambiente virtuale unico che garantisce l’addestramento efficace e sicuro degli equipaggi nell’impiego di aeromobili e sistemi di missione nell’ambito di scenari complessi. Grazie all’impiego di avanzate capacità di simulazione, il personale verrà addestrato in un ambiente in grado di replicare, con elevato realismo, il livello di interoperabilità rappresentato dagli scenari multidominio, attuali e futuri, nei quali il dispositivo aeronavale della Guardia di Finanza è chiamato a svolgere i propri compiti istituzionali di sicurezza, sorveglianza, pattugliamento e salvataggio.
Quali sono le principali tecnologie innovative che caratterizzano il nuovo Centro?
Nello specifico, i sistemi di simulazione di tipo “mini motion”, introdotti per la prima volta in assoluto, comprendono Enhanced training device (Etd e-Motion) degli elicotteri AW169 e AW139 e dei velivoli P-72B di Leonardo, pienamente rappresentativi delle prestazioni, dell’avionica e dei cockpit degli aeromobili. Non solo, sono in grado di fornire agli equipaggi anche un’adeguata e realistica risposta “fisica”, grazie agli efficaci attuatori integrati sulle piattaforme. Alla formazione dei piloti si aggiunge poi quella degli specialisti, addetti alla gestione dei sistemi di missione Airborne tactical observation and surveillance (Atos) di Leonardo per le piattaforme AW139 e P-72B, e degli operatori al verricello di recupero in cabina, con un ambiente di realtà virtuale altamente immersivo, dedicato alle missioni di ricerca e soccorso. Stiamo inoltre mettendo a fattor comune, nell’ottica One company, le tecnologie distintive nel campo della simulazione e training inizialmente disseminate nelle Divisioni.
A livello europeo il nuovo centro rappresenta un unicum. Che impatti avrà questa nuova realtà sulla proiezione internazionale del Paese?
La Guardia di Finanza è pronta a diventare con questo centro un modello di riferimento con una soluzione di addestramento tecnologicamente all’avanguardia, cui potranno guardare con estremo interesse le forze di sicurezza di tutto il mondo.
Naturalmente, il contributo del comparto industriale è stato indispensabile. Qual è stato, nel dettaglio, il ruolo di Leonardo nella realizzazione del Centro?
Lo sviluppo è stato avviato alla fine del 2020, sulla base delle specifiche della Guardia di Finanza e abbiamo messo in campo in poco tempo le più avanzate e innovative tecnologie di Leonardo in ambito training and simulation, un settore su cui negli ultimi anni abbiamo puntato molto. Come anticipato, abbiamo contribuito con i sistemi di simulazioni delle nostre piattaforme e sistemi di missione di cui si è dotata negli ultimi anni la Guardia di Finanza. Non solo, abbiamo contribuito anche all’adeguamento dell’hangar ‘L’ della base di Pratica di Mare e oggi il centro di addestramento della Guardia di Finanza è pienamente inserito nel network delle nostre training academy, con standard addestrativi di livello internazionale.
Leonardo ha ormai un consolidato expertise nel campo dell’addestramento delle forze aeree. Oltre al nuovo Centro c’è, per esempio, la Ifts di Decimomannu dell’Aeronautica. Come crede possa evolvere questa competenza specifica del Gruppo?
L’International flight training school (Ifts) è il frutto della collaborazione strategica tra l’Aeronautica militare e Leonardo per la realizzazione di un centro avanzato di addestramento al volo per i piloti militari delle aeronautiche di tutto il mondo. Grazie al nuovo campus di Decimomannu, l’Italia potrà essere il riferimento internazionale per il training dei piloti militari destinati a volare sui caccia di prima linea. Si tratta di un nuovo modello di formazione e addestramento, già scelto da altri Paesi quali Qatar, Giappone, Germania e Singapore. Un progetto che fa leva sull’expertise e le più che consolidate tradizioni dell’Arma Azzurra nel settore dell’addestramento al volo militare, e sull’eccellenza tecnologica di Leonardo rappresentata dal sistema integrato di addestramento basato sull’M-346. Un ruolo-chiave lo gioca anche l’innovativa tecnologia Lvc (Live, virtual and constructive), che consente agli allievi di interagire, attraverso il simulatore, con i piloti in volo nell’ambito della stessa missione addestrativa. Un ambiente di simulazione integrato quindi dove reale e virtuale si fondono in un unico scenario operativo. I piloti sugli aerei vedono sulle loro visiere ciò che i piloti sui simulatori vedono sui propri monitor a terra. Con la riproduzione di scenari complessi è possibile simulare operazioni che coinvolgano fino a dieci aerei tra forze amiche e nemiche che interagiscono come se stessero tutti volando nello stesso cielo. Definirla realtà aumentata è, pertanto, quasi riduttivo.
In che modo il nuovo centro si inquadra nella politica industriale della società?
Il miglioramento costante nell’approccio al cliente, attraverso una forte spinta allo sviluppo commerciale, un consolidamento delle attività di customer support e un ampliamento dell’offerta di servizi di addestramento, rappresenta uno dei punti-chiave della nostra politica industriale. Al cui interno si inquadra la crescente importanza delle attività di training portate avanti dall’azienda, che fanno di Leonardo un player mondiale nei servizi professionali di addestramento civile e militare per piloti, operatori di bordo e manutentori, di aeromobili ad ala fissa ed ala rotante.
Le PMI sono la chiave per la ripresa economica dell’Ucraina
L’invasione russa su vasta scala dell’Ucraina si è evoluta nell’ultimo anno nel più grande conflitto europeo dalla seconda guerra mondiale. Mentre attualmente non si intravede la fine dei combattimenti, anche la futura ricostruzione e riqualificazione dell’Ucraina è ora sempre più in discussione. Alla vigilia dell’invasione, l’economia ucraina era in condizioni relativamente buone. Mentre l’Ucraina ha […]
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PODCAST. Al Burhan accoglie Eli Cohen. Il Sudan firmerà gli Accordi di Abramo
della redazione
Pagine Esteri, 3 febbraio 2023 – Il ministro degli esteri israeliano Eli Cohen è giunto ieri a Khartoum per stringere i rapporti con i militari golpisti sudanesi e formalizzare la normalizzazione con il Paese africano cominciata nel 2020. Il governo Netanyahu in questo modo legittima la giunta sudanese responsabile di crimini contro i civili e di aver bloccato la transizione democratica cominciata nel 2019. Su questi ultimi sviluppi abbiamo intervistato Lorenzo Scategni, volontario a Khartoum e osservatore della realtà politica e sociale sudanese.
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Repubblica Democratica del Congo: oltre 100mila civili in fuga in un solo giorno nel Nord Kivu
(foto di Frederic Bonamy EU/ECHO)
Pagine Esteri, 2 febbraio 2023 – Più di 122 mila persone sarebbero fuggite dalle loro case nell’arco di un giorno dopo l’ennesima escalation del conflitto nella provincia del Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), lasciando migliaia di bambine e bambini vulnerabili agli abusi. Questo l’allarme lanciato dall’organizzazione internazionale Save the Children.
Gli scontri armati tra il gruppo armato M23 e le FARDC (Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo) nelle aree intorno a Kitshanga, a circa 60 km a ovest di Goma, tra il 24 e il 25 febbraio hanno portato a sfollamenti di massa, il cui numero è destinato ad aumentare con il protrarsi del conflitto. Si stima che oltre la metà degli sfollati in fuga da Kitshanga siano bambini.
L’ultima escalation di violenza si è verificata mentre Papa Francesco è nella Repubblica Democratica del Congo.
Mentre l’intensificarsi del conflitto sta causando sfollamenti di massa, in altre aree della Repubblica Democratica del Congo orientale le persone vengono uccise e sradicate dalle loro case in un’allarmante ondata di attacchi contro i civili. Secondo le Nazioni Unite, più di 200 civili sono stati uccisi dai gruppi armati nell’Ituri nelle ultime 6 settimane, 2 mila case sono state distrutte e 80 scuole sono state chiuse o abbattute. Le strutture sanitarie sono state saccheggiate, rendendo sempre più difficile l’accesso all’assistenza sanitaria.
I violenti attacchi contro i civili spesso coinvolgono anche i bambini. La sera del 18 gennaio e la mattina seguente, gruppi armati hanno attaccato un insediamento di sfollati in un villaggio dell’Ituri, uccidendo 5 bambini e 2 adulti. L’8 gennaio un gruppo armato ha attaccato quattro villaggi dell’Ituri uccidendo 25 persone, tra cui 5 bambini. Il gruppo ha anche saccheggiato un centro sanitario locale. Nella sola provincia di Ituri, questi attacchi hanno costretto circa 52 mila persone a fuggire dalle loro case.
“I violenti scontri e gli attacchi ai civili, compresi i bambini, devono cessare”, ha dichiarato Amavi Akpamagbo, Direttore nazionale di Save the Children nella Repubblica Democratica del Congo. “Stiamo assistendo a una notevole escalation del conflitto tra il gruppo armato M23 e le FARDC, che continua a causare massicci spostamenti di popolazione. Assistiamo anche ad attacchi feroci da parte di altri gruppi armati, che uccidono e mutilano i civili, compresi i bambini, in modo estremamente violento. Questi attacchi contro i civili devono essere indagati e i responsabili devono essere chiamati a rispondere delle violenze e delle uccisioni di bambini e altri civili”, ha aggiunto Akpamagbo.
Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, nella Repubblica Democratica del Congo vivono circa 5,5 milioni di sfollati, in un Paese che conta circa 95 milioni di abitanti. Alcuni dormono all’aperto mentre altri si trovano in campi e insediamenti, spesso in condizioni di sovraffollamento e senza servizi igienici di base, il che porta a epidemie di malattie trasmesse dall’acqua come il colera.
Il mese scorso Save the Children ha riferito che i casi di colera sono in rapido aumento a Nyirangongo, la regione che ospita il maggior numero di sfollati a causa della recente escalation del conflitto, con i bambini che rappresentano quasi quattro casi su cinque.
“La situazione umanitaria nella Repubblica Democratica del Congo è terribile”, ha aggiunto Akpamagbo. “La maggior parte degli sfollati si trova in condizioni precarie. Vivono in scuole e stadi e altri sono ospitati da famiglie dove non hanno né acqua potabile né cibo. I bambini sfollati sono vulnerabili. I minori non accompagnati o abbandonati, senza familiari, corrono un rischio maggiore di abusi”.
Save the Children lavora nella Repubblica Democratica del Congo dal 1994 per rispondere ai bisogni umanitari legati al massiccio sfollamento delle popolazioni a causa del conflitto armato nelle province orientali, in particolare nel Nord Kivu, nel Sud Kivu e nell’Ituri e nel Kasai-Orientale e Lomami nel centro del Paese. Save the Children sta sviluppando attività nei settori della salute e della nutrizione, dell’istruzione e della protezione, in modo da non lasciare indietro nessuna comunità, compresi i bambini più vulnerabili. Pagine Esteri
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Non ci sono alternative all’influenza della Russia nel Caucaso
Molti commenti occidentali stanno ora celebrando il declino del potere russo nel Caucaso a seguito della guerra in Ucraina, denunciando la Russia come una forza totalmente negativa nella regione e suggerendo che gli Stati Uniti, la NATO o l’Unione Europea potrebbero sostituirla. Questa analisi è in gran parte sbagliata su tutti i fronti. L’influenza russa […]
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Il 7 febbraio è il Safer Internet Day! La giornata mondiale per la sicurezza in Rete compie 20 anni.
L’iniziativa, promossa dalla Commissione Europea, verrà celebrata in contemporanea in oltre 100 nazioni di tutto il mondo.
Autonomismo senza testa
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La presenza russa alle Olimpiadi di Parigi rischia di normalizzare l’invasione ucraina
Il 25 gennaio è arrivata la notizia che il Comitato olimpico internazionale avrebbe consentito agli atleti russi di competere ai Giochi olimpici estivi del 2024 a Parigi sotto una bandiera neutrale. La decisione ha suscitato polemiche e ravvivato un dibattito di lunga data sulla separazione dello sport dalla politica. Molti critici hanno criticato la decisione […]
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Luca Ottonelli
E’ nato a Genova nel 1969 e ho completato i primi studi artistici avendo come maestro di Figura G. Fasce.
Tra il 1995 e il 1996 ha soggiornato in Inghilterra, a seguito di una borsa di studi del CNR, come ‘visiting scholar’ presso la Faculty of Classics dell’Università di Cambridge. Dal 1998 si dedica alle arti visive, con una produzione variegata che spazia dalle tecniche pittoriche seicentesche all’uso del digitale.
Da Enzo Tortora a Enzo Carra, l’esibizione dell’imputato in ceppi
La morte di Enzo Carra mi ha imposto di andare a rivedere le immagini in cui, portavoce dell’ex segretario democristiano Arnaldo Forlani, nel marzo del ’93 fu condotto in schiavettoni nell’aula del tribunale di Milano. Rivista trent’anni dopo, è una foto spaventosa. Non fosse per i carabinieri, sembra un sequestrato sull’Aspromonte. A me la raccontò così: gli infilarono gli schiavettoni prima di accompagnarlo alla sfilata fra giornalisti, fotografi, cameraman in attesa lungo un corridoio. Ero l’immagine della Dc trascinata in catene e processata, mi disse. C’entra un po’ con un altro Enzo, Enzo Tortora, che dieci anni prima era stato ammanettato e offerto alle telecamere convocate per la grande occasione. Ma mentre Carra è un uomo umiliato e sgomento, Tortora stende le braccia perché le manette si vedano bene, perché si veda bene l’enormità, perché quelle manette non siano l’atto d’accusa contro di lui ma contro il potere che porta l’innocente in ceppi.
Mercoledì, l’amministrazione guidata da Giorgio Gori ha deciso di intitolare a Tortora i giardini davanti al tribunale di Bergamo, dove appena più che ventenne esordì da cronista giudiziario, ragazzetto sventato convinto che, per farne un posto migliore, il mondo andasse sgominato. La notizia mi ha un po’ commosso. Magari la targa – giardini Enzo Tortora – aiuterà qualche mio giovane erede della stampa bergamasca a
comprendere presto, prima di quanto ci sia voluto a me, che la sacralità della giustizia risiede nel dovere di impedire che si faccia ingiusta. E forse alla memoria di Carra basterebbe gli fosse intitolato anche solo un alberello.
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Presentazione del libro “La torre di Ermengarda” di Maria Teresa Guerra
Mercoledì 8 febbraio, alle ore 18.00, presso l’Aula Malagodi della Fondazione Luigi Einaudi, in via della Conciliazione 10, si terrà la presentazione del libro “La torre di Ermengarda” di Maria Teresa Guerra.
Sarà presente l’autrice.
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Parte la scuola di liberalismo, Chiude Cassese – quotidiano.net
Anche quest’anno, col titolo “Liberi di scegliere”, la Fondazione Luigi Einaudi darà vita alla Scuola di liberalismo. Una quindicina di lezioni, dal 16 febbraio al 25 maggio, cui sarà possibile assistere in presenza a Roma, o via zoom. Per informazioni o per iscriversi: www.fondazioneluigieinaudi.itscuola-di-liberalismo. Aprirà i lavori il professor Lorenzo Infantino con una lezione sui “Limiti della conoscenza e la libertà individuale di scelta”, li concluderà il professor Sabino Cassese (nella foto). “Mai come oggi – spiega Andrea Cangini, segretario generale della Fondazione Einaudi – si avverte il bisogno di rinsaldare quei principi liberali su cui si fonda lo Stato di diritto”.
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Giappone: maggiore budget della difesa per una deterrenza efficace
“Dobbiamo prepararci a possibilità realistiche per proteggere il nostro popolo”, ha consigliato il Primo Ministro giapponese Fumio Kishida durante un dibattito politico nell’ottobre 2021. Per fare ciò, ha sostenuto che il Giappone non deve solo rafforzare le sue forze di autodifesa (SDF), come vengono chiamate le sue forze armate, ma danno anche alle SDF la […]
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Differenziata
Inutile girarci attorno: il regionalismo differenziato è un pasticcio insensato che non potrà mai funzionare. In queste ore non prende forma, ma ulteriormente sforma la Costituzione che la sinistra scassò nel 2001. E non è una questione di parti politiche, tanto che la destra odierna reclama l’applicazione di una (pessima) riforma che fece la sinistra. Semmai si tratta di parti in commedia, di chi vuol recitare la parte dell’autonomista senza disporre di cultura dell’autonomia. Non stiamo parlando di centralismo e regionalismo, ma di propagandismo privo di realismo.
Tutto si muove nel vago e nell’approssimativo. L’autonomia differenziata può <<riguardare una o più materie, o più ambiti di materie>>. Come giocare a mosca cieca. L’ancoraggio di chi pensa di compensare e mitigare sarebbero i Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni da fornire ai cittadini, ma la loro fissazione è rimandata a un Decreto del presidente del Consiglio dei ministri e il loro finanziamento resta materia da seduta spiritica. Come se non si potesse partire dal disastro della regionalizzazione sanitaria, che ha distrutto il sistema sanitario nazionale, ha trasformato le regioni in enti sanitari che destinano a quello l’80% della spesa, generato debiti nascosti sotto i tappetini regionali (fin quando non si sarà costretti a contabilizzarli nel debito pubblico nazionale, e saranno dolori seri) e creato cittadini con sanità funzionante e cittadini senza. Una volta negoziata la differenziata regionale, diversa regione per regione, quell’assetto resta fermo per 10 anni, può essere disdetto un anno prima della scadenza, altrimenti resta tacitamente rinnovato. Come fosse un rapporto fra diverse statualità e non un’articolazione del medesimo Stato, nel qual caso non avrebbe senso questa bislacca regola. Il tutto finanziato con il trattenimento in sede regionale di quote crescenti della fiscalità generale. Ovvero il fallimento culturale dell’autonomia.
Ove fosse una cosa seria partirebbe capovolgendo proprio questo assunto: l’amministrazione centrale fa scendere le proprie pretese fiscali, tagliando la spesa e liberandosi di competenze, sicché toccherebbe alla mano che domani spenderà adoperarsi per incassare, imponendo tributi. Autonoma è solo la mano che spende i soldi che incassa dai cittadini, non quella che reclama parte dei soldi che ai cittadini sono tolti da altri. Altrimenti si crea un caos fiscale in cui io contribuente non so mai chi è che mi sta portando via soldi e perché. Ove la mano fosse la stessa potrei decidere, alle prossime elezioni, se stringerla o mozzarla. Invece me le trovo alleate nel prelevare, litigiose nello spartire e nascoste nel risponderne. Questo non è autonomismo, questa è una classe differenziale di partitanti parolai.
Questa minestra riscaldata senza mai essere stata cucinata e che non potrà mai essere digerita può consentire, come folkloristicamente già si vede, a una regione di stabilire che in quella non si può mettere meno di 4 a scuola, che, se non altro, rivela quale reale timore affligge gli astanti. Ed è facile prevedere, come per la spazzatura, che ci sarà qualche posto in cui la differenziata sarà presa seriamente, mentre in altri si butterà tutto nell’indifferenziata. Anche perché alla prima crisi, al primo problema per affrontare il quale mancano i soldi il presidente regionale della differenziata reclamerà l’intervento dello Stato, per metterci una toppa e sganciare altri quattrini. Un trionfo d’irresponsabilità fiscale e confusione istituzionale.
Ergo: possono fare quel che credono, mediare fra impostazioni e modelli opposti, portare a casa la bandiera già smandrappata e, come la sinistra del 2001, scassare senza pagare i danni, ma resta sicuro che questa roba non potrà mai funzionare. Sarà solo l’ennesimo capitolo del propagandismo senza cultura dell’autonomia, i cui scarti finiranno nel mucchio dell’indifferenziata raccolta d’orrori legislativi. O, meglio, non se ne farà nulla.
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