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Arrestato in Colombia il narcotrafficante Federico Starnone, anche grazie alla rete anti-'Ndrangheta I-CAN di Interpol


Si tratta di un latitante 44enne, ricercato dalle autorità italiane per i reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti con le aggravanti connesse a due distinti tentativi di importazione di ingenti quantitativi di cocaina dal Sudamerica.

E' ritenuto legato alla 'Ndrangheta. E' stato catturato in un appartamento nel quartiere residenziale di Cali.

A carico di Starnone è stata già emessa una sentenza di condanna a 5 anni e mezzo per reati di droga. L'uomo è stato catturato dalla polizia colombiana mentre si trovava in un appartamento nel quartiere residenziale nel capoluogo del dipartimento Valle del Cauca.

Essenziale l'apporto del progetto INTERPOL Cooperation Against ‘Ndrangheta (I-CAN).

Si tratta di un'iniziativa lanciata dall'Italia e dall'INTERPOL nel gennaio 2020 per contrastare la minaccia globale rappresentata dalla ‘Ndrangheta, come noto un'organizzazione criminale transnazionale altamente organizzata e potente.

Finanziato dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza italiano, il progetto mira a rafforzare la cooperazione internazionale tra forze di polizia sfruttando le capacità dell'INTERPOL di condividere intelligence, competenze e best practice, trasformando così le informazioni in arresti e smantellando le reti criminali.

Avviato a Reggio Calabria l'obiettivo principale del progetto è stato – da subito – quello di istituire un sistema globale di allerta precoce contro questo “nemico invisibile”. I-CAN opera attraverso una rete di paesi pilota, che inizialmente includevano Australia, Argentina, Brasile, Canada, Colombia, Francia, Germania, Italia, Svizzera, Stati Uniti e Uruguay, che si è espanso a 13, tra cui Austria, Belgio e Spagna.

Il progetto facilita operazioni coordinate transfrontaliere, come dimostrato dall'operazione globale del 2020 che ha portato all'arresto di sei latitanti legati alla 'Ndrangheta in Albania, Argentina e Costa Rica, con conseguente sequestro di 400 kg di cocaina e smantellamento del clan Bellocco. Le operazioni successive hanno continuato a dare risultati, tra cui l'arresto nel 2023 di un latitante di 16 anni, Edgardo Greco, in Francia, con il supporto di I-CAN.

Il progetto si è evoluto oltre la sua fase iniziale, con iniziative in corso tra cui la Conferenza I-CAN del 2022 a Roma, che ha riunito le forze dell'ordine di 14 paesi per definire una strategia unitaria contro la 'Ndrangheta, oggi considerata un'entità criminale “silenziosa e pervasiva” che si infiltra nelle economie legittime attraverso la corruzione e il riciclaggio di denaro.

Il successo del progetto si basa su una combinazione di condivisione di intelligence, coordinamento internazionale e utilizzo di strumenti analitici avanzati per esplorare dati provenienti da diverse fonti, consentendo indagini transnazionali. Il suo quadro continua a sostenere gli sforzi in corso, tra cui il progetto I-FORCE, incentrato sulla cooperazione regionale nell'Europa orientale e sudorientale.

#ndrangheta #ican #interpol #iforce


noblogo.org/cooperazione-inter…


Arrestato in Colombia il narcotrafficante Federico Starnone, anche grazie alla...


Arrestato in Colombia il narcotrafficante Federico Starnone, anche grazie alla rete anti-'Ndrangheta I-CAN di Interpol


Si tratta di un latitante 44enne, ricercato dalle autorità italiane per i reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti con le aggravanti connesse a due distinti tentativi di importazione di ingenti quantitativi di cocaina dal Sudamerica.

E' ritenuto legato alla 'Ndrangheta. E' stato catturato in un appartamento nel quartiere residenziale di Cali.

A carico di Starnone è stata già emessa una sentenza di condanna a 5 anni e mezzo per reati di droga. L'uomo è stato catturato dalla polizia colombiana mentre si trovava in un appartamento nel quartiere residenziale nel capoluogo del dipartimento Valle del Cauca.

Essenziale l'apporto del progetto INTERPOL Cooperation Against ‘Ndrangheta (I-CAN).

Si tratta di un'iniziativa lanciata dall'Italia e dall'INTERPOL nel gennaio 2020 per contrastare la minaccia globale rappresentata dalla ‘Ndrangheta, come noto un'organizzazione criminale transnazionale altamente organizzata e potente.

Finanziato dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza italiano, il progetto mira a rafforzare la cooperazione internazionale tra forze di polizia sfruttando le capacità dell'INTERPOL di condividere intelligence, competenze e best practice, trasformando così le informazioni in arresti e smantellando le reti criminali.

Avviato a Reggio Calabria l'obiettivo principale del progetto è stato – da subito – quello di istituire un sistema globale di allerta precoce contro questo “nemico invisibile”. I-CAN opera attraverso una rete di paesi pilota, che inizialmente includevano Australia, Argentina, Brasile, Canada, Colombia, Francia, Germania, Italia, Svizzera, Stati Uniti e Uruguay, che si è espanso a 13, tra cui Austria, Belgio e Spagna.

Il progetto facilita operazioni coordinate transfrontaliere, come dimostrato dall'operazione globale del 2020 che ha portato all'arresto di sei latitanti legati alla 'Ndrangheta in Albania, Argentina e Costa Rica, con conseguente sequestro di 400 kg di cocaina e smantellamento del clan Bellocco. Le operazioni successive hanno continuato a dare risultati, tra cui l'arresto nel 2023 di un latitante di 16 anni, Edgardo Greco, in Francia, con il supporto di I-CAN.

Il progetto si è evoluto oltre la sua fase iniziale, con iniziative in corso tra cui la Conferenza I-CAN del 2022 a Roma, che ha riunito le forze dell'ordine di 14 paesi per definire una strategia unitaria contro la 'Ndrangheta, oggi considerata un'entità criminale “silenziosa e pervasiva” che si infiltra nelle economie legittime attraverso la corruzione e il riciclaggio di denaro.

Il successo del progetto si basa su una combinazione di condivisione di intelligence, coordinamento internazionale e utilizzo di strumenti analitici avanzati per esplorare dati provenienti da diverse fonti, consentendo indagini transnazionali. Il suo quadro continua a sostenere gli sforzi in corso, tra cui il progetto I-FORCE, incentrato sulla cooperazione regionale nell'Europa orientale e sudorientale.

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Segui il blog e interagisci con i suoi post nel fediverso. Scopri dove trovarci:l.devol.it/@CoopIntdiPoliziaTutti i contenuti sono CC BY-NC-SA (creativecommons.org/licenses/b…)Le immagini se non diversamente indicato sono di pubblico dominio.



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Un Viaggio tra Sogni e Memorie: Visions of Mana


Se c’è una cosa che “Visions of Mana” riesce a fare con maestria, è farci sognare. Dopo quasi due decenni dall’uscita di “Dawn of Mana” su PlayStation 2, il quinto capitolo della serie principale ci riporta nel mondo incantato di Mana. Eppure, nonostante la lunga attesa, “Visions of Mana” non si limita a cavalcare l’onda della nostalgia; si reinventa, ci sorprende e, soprattutto, ci emoziona.

L’Albero e la Dea: un Eterno Ritorno


Nel cuore della storia, come da tradizione, troviamo l’Albero del Mana e la sua rappresentante divina, la Dea del Mana. Sono simboli immutabili di vita e speranza, minacciati da un male che si insinua come una crepa nella quiete di un quadro idilliaco. Ciò che rende speciale “Visions of Mana” è il modo in cui rielabora questa formula consolidata. Non è solo una lotta tra bene e male, ma un viaggio nei legami tra i personaggi, tra passato e presente, tra sogno e realtà.

Una foresta incantata illuminata da luci soffuse.

Mentre i protagonisti affrontano sfide titaniche, si percepisce un senso di vulnerabilità. Non sono eroi invincibili; sono esseri umani (o quasi), con dubbi e paure. Questo aggiunge una profondità emotiva che raramente si vede in giochi di ruolo tradizionali.

Arte e Atmosfera: Dipingere un Sogno


“Visions of Mana” è, senza mezzi termini, un capolavoro visivo. Ogni ambiente sembra uscito da un libro di fiabe dipinto a mano, con colori che esplodono in mille sfumature. Passeggiare nei boschi luminosi o tra le rovine immerse nella nebbia è un piacere per gli occhi, ma anche per l’anima. Ti senti davvero trasportato in un altro mondo, uno dove la bellezza non è solo estetica, ma parte integrante dell’esperienza narrativa.

Cammino lentamente tra gli alberi, avvolto in una luce dorata che sembra quasi magica. Le foglie danzano al vento, e ogni passo mi porta più vicino al cuore del Mana.

Il design dei personaggi è altrettanto ispirato. Ogni protagonista ha un’identità visiva che racconta una storia: dal giovane idealista con il mantello consunto, alla guerriera dagli occhi fieri e il passato tormentato. Si percepisce una cura quasi maniacale nei dettagli, dal ricamo sui vestiti alle espressioni facciali nei momenti più intensi.

E poi c’è la musica. Ah, la musica! Un misto di melodie orchestrali e brani più intimi che ti entrano dentro e non ti lasciano più. Ogni nota sembra progettata per amplificare l’emozione di una scena, sia essa una battaglia epica o un momento di riflessione silenziosa. Non posso fare a meno di ricordare un momento specifico: un tramonto infuocato, il protagonista che guarda l’orizzonte e un tema musicale che sembra quasi parlarti, ricordandoti la bellezza e la fragilità della vita.

Un Gameplay dal Cuore Nostalgico, ma con una Marcia in Più


Se c’è un elemento che mi ha sorpreso, è il gameplay. La serie Mana è sempre stata conosciuta per il suo sistema di combattimento action e la sua semplicità accattivante. “Visions of Mana” mantiene questa tradizione, ma con alcune aggiunte che lo rendono fresco e coinvolgente.

Un personaggio che osserva un tramonto mozzafiato.

Il sistema di crescita dei personaggi è una delle novità più interessanti. Invece di un semplice accumulo di punti esperienza, il gioco ti invita a prendere decisioni che influenzano lo sviluppo delle abilità. Vuoi che il tuo mago diventi un maestro degli incantesimi distruttivi o preferisci che si concentri su supporto e guarigione? Le scelte sono tue, e ogni decisione ha un peso.

Le battaglie sono fluide e dinamiche, con una sensazione di impatto che mancava nei capitoli precedenti. Eppure, non è tutto azione e adrenalina. Ci sono momenti di calma, enigmi da risolvere e segreti da scoprire che ti fanno rallentare e apprezzare il mondo che ti circonda. È un equilibrio perfetto tra ritmo e riflessione.

Momenti che Restano nel Cuore


Ci sono stati momenti in cui ho dovuto posare il controller e respirare profondamente, sopraffatto dalle emozioni. Ricordo un dialogo tra due personaggi che, senza spoilerare troppo, parlavano di perdita e redenzione. Non era solo una scena scritta bene; era umana, vera. Mi sono rivisto in quelle parole, in quelle emozioni. E credo che molti giocatori faranno lo stesso.

Davanti a me, il sole si tuffa all’orizzonte, tingendo il cielo di arancione e rosso. Il protagonista sembra perso nei suoi pensieri, e io con lui.

E che dire dei colpi di scena? Non è solo la trama principale a sorprendere, ma anche le storie secondarie, che spesso nascondono rivelazioni inattese. Una missione che iniziava come una semplice ricerca di un oggetto smarrito si è trasformata in una riflessione sulla memoria e sull’importanza di non dimenticare chi siamo.

Conclusione: Un Classico Moderno


“Visions of Mana” è più di un videogioco. È un’esperienza, un viaggio che ti porta a riflettere non solo sul mondo fantastico che esplori, ma anche su te stesso. Ha i suoi difetti, certo. Forse alcuni dialoghi avrebbero potuto essere più incisivi, o certe missioni meno ripetitive. Ma nel grande schema delle cose, queste sono piccolezze. Se hai apprezzato questa avventura e cerchi altre esperienze simili senza spendere una fortuna, potresti voler acquistare giochi PS4 economici. Se sei un amante dei JRPG o semplicemente un sognatore in cerca di un’avventura che ti tocchi nel profondo, non posso che consigliarti di immergerti in “Visions of Mana”. Non è solo un gioco; è un ricordo che porterai con te, come una melodia che non smetti mai di canticchiare.


noblogo.org/giochips5/un-viagg…


Jonathan Wilson - Fanfare (2013)


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L’intro di “Fanfare”, la title track che dà inizio al secondo album “ufficiale” di Jonathan Wilson, dura quasi tre minuti. Un'introduzione lunghissima, durante la quale, in un incredibile crescendo, alle note di un pianoforte si stratificano, man mano, innumerevoli altri strumenti: chitarre, archi, batteria, organi elettrici. Sembrano lontanissimi i tempi in cui, a uno scarno piano, si aggiungeva solo l’asciuttezza di una chitarra arpeggiata, nell’apertura di “Gentle Spirit”, il disco che nel 2011 ha fatto conoscere al mondo il musicista di base a Los Angeles... ondarock.it/recensioni/2013_jo…


Ascolta: album.link/i/689966729



noblogo.org/available/jonathan…


Jonathan Wilson - Fanfare (2013)


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L’intro di “Fanfare”, la title track che dà inizio al secondo album “ufficiale” di Jonathan Wilson, dura quasi tre minuti. Un'introduzione lunghissima, durante la quale, in un incredibile crescendo, alle note di un pianoforte si stratificano, man mano, innumerevoli altri strumenti: chitarre, archi, batteria, organi elettrici. Sembrano lontanissimi i tempi in cui, a uno scarno piano, si aggiungeva solo l’asciuttezza di una chitarra arpeggiata, nell’apertura di “Gentle Spirit”, il disco che nel 2011 ha fatto conoscere al mondo il musicista di base a Los Angeles... ondarock.it/recensioni/2013_jo…


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Arbouretum - Coming Out Of The Fog (2013)


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“Il classico non tramonta mai”, questo è il sottotito che più calza a questo “Coming Out Of The Fog”, quinto lavoro dei Arbouretum, band di quattro elementi provenienti da Baltimora. La struttura del disco infatti, è di un classico “suono” rock degli anni '70, nulla di avanguardistico, rivoluzionario quindi, ma solo blues, folk, rock e psichedelia, niente di più, semplicemente. Un “semplicemente” però di classe, suonato con stile e coraggio, con un occhio rivolto al passato e uno al futuro. Un perfetto equilibrio che genera un “gioco” sonoro particolarmente autentico. Gli otto brani che si succedono nel disco creano una atmosera intensa e, a parte qualche momento di noia, nel complesso l'album risulta piacevole. Se il suono delle ballate portano inevitabilmente a un “parallelo” con Neil Young e i suoi Crazy Horse, ascolto dopo ascolto gli Arbouretum riescono a convincere, ritagliandosi un angolo, una sfumatura originale nel panorama odierno della musica... artesuono.blogspot.com/2014/10…


Ascolta: album.link/i/591514356



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Arbouretum - Coming Out Of The Fog (2013)


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“Il classico non tramonta mai”, questo è il sottotito che più calza a questo “Coming Out Of The Fog”, quinto lavoro dei Arbouretum, band di quattro elementi provenienti da Baltimora. La struttura del disco infatti, è di un classico “suono” rock degli anni '70, nulla di avanguardistico, rivoluzionario quindi, ma solo blues, folk, rock e psichedelia, niente di più, semplicemente. Un “semplicemente” però di classe, suonato con stile e coraggio, con un occhio rivolto al passato e uno al futuro. Un perfetto equilibrio che genera un “gioco” sonoro particolarmente autentico. Gli otto brani che si succedono nel disco creano una atmosera intensa e, a parte qualche momento di noia, nel complesso l'album risulta piacevole. Se il suono delle ballate portano inevitabilmente a un “parallelo” con Neil Young e i suoi Crazy Horse, ascolto dopo ascolto gli Arbouretum riescono a convincere, ritagliandosi un angolo, una sfumatura originale nel panorama odierno della musica... artesuono.blogspot.com/2014/10…


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Mikal Cronin - Mcii (2013)


immagine

Un incerto ottimismo per il futuro aleggia su questo nuovo disco di Mikal Cronin, ormai iniziato a una vita da musicista di primo piano che non gli parrà vera, dopo la firma per la Merge. Vestito della fedelissima maglietta tye-dye, Mikal si è chiuso nello studio di registrazione e ha suonato da sé tutte le canzoni di questo nuovo “MCII”, suo secondo disco, se si escludono le ovvie ospitate dell’amico Ty. In questo lavoro il musicista americano ha dovuto evidentemente giungere a un compromesso con l’etichetta che ora lo sponsorizza, alzando il tiro a livello di produzione, pur mantenendo per il resto libertà d’azione... ondarock.it/recensioni/2013_mi…


Ascolta: album.link/i/601409150



noblogo.org/available/mikal-cr…


Mikal Cronin - Mcii (2013)


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Un incerto ottimismo per il futuro aleggia su questo nuovo disco di Mikal Cronin, ormai iniziato a una vita da musicista di primo piano che non gli parrà vera, dopo la firma per la Merge. Vestito della fedelissima maglietta tye-dye, Mikal si è chiuso nello studio di registrazione e ha suonato da sé tutte le canzoni di questo nuovo “MCII”, suo secondo disco, se si escludono le ovvie ospitate dell’amico Ty. In questo lavoro il musicista americano ha dovuto evidentemente giungere a un compromesso con l’etichetta che ora lo sponsorizza, alzando il tiro a livello di produzione, pur mantenendo per il resto libertà d’azione... ondarock.it/recensioni/2013_mi…


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EUBAM Rafah: rientra il primo contingente carabinieri impiegato al valico egiziano.

La missione prosegue con altri carabinieri e gendarmerie europee


Dal 29 gennaio di quest’anno, l’Italia partecipa alla European Union Border Assistance Mission (EUBAM) presso il Valico di Rafah, a sud della Striscia di Gaza (leggi qui, sul nostro account partner sul Fediverso poliversity.it/@Coop_internazi…)

I sette Carabinieri che hanno costituito il primo contingente italiano impiegato presso il valico egiziano sono rientrati in Italia dopo sei mesi di intensa attività.

La missione continua. I primi sono già stati sostituiti con altrettanti militari dell’Arma, che continueranno a operare insieme a personale della Guardia Civil spagnola e della Gendarmerie francese, in un contesto che vede coinvolta la Forza di Gendarmeria Europea (EUROGENDFOR).

L'obiettivo di EUBAM Rafah è quello di coordinare e facilitare il transito giornaliero di feriti e malati provenienti dai territori della Striscia di Gaza, garantendo assistenza e protezione alle persone vulnerabili, in un contesto di emergenza umanitaria.

L’Italia aderì prontamente all’iniziativa europea, confermando la vicinanza e la solidarietà nei confronti della popolazione in difficoltà, duramente provata dal conflitto in corso.

#EUBAMRafah #Armadeicarabinieri #GuardiaCivil #Gendarmerie


noblogo.org/cooperazione-inter…


EUBAM Rafah: rientra il primo contingente carabinieri impiegato al valico...


EUBAM Rafah: rientra il primo contingente carabinieri impiegato al valico egiziano.

La missione prosegue con altri carabinieri e gendarmerie europee


Dal 29 gennaio di quest’anno, l’Italia partecipa alla European Union Border Assistance Mission (EUBAM) presso il Valico di Rafah, a sud della Striscia di Gaza (leggi qui, sul nostro account partner sul Fediverso poliversity.it/@Coop_internazi…)

I sette Carabinieri che hanno costituito il primo contingente italiano impiegato presso il valico egiziano sono rientrati in Italia dopo sei mesi di intensa attività.

La missione continua. I primi sono già stati sostituiti con altrettanti militari dell’Arma, che continueranno a operare insieme a personale della Guardia Civil spagnola e della Gendarmerie francese, in un contesto che vede coinvolta la Forza di Gendarmeria Europea (EUROGENDFOR).

L'obiettivo di EUBAM Rafah è quello di coordinare e facilitare il transito giornaliero di feriti e malati provenienti dai territori della Striscia di Gaza, garantendo assistenza e protezione alle persone vulnerabili, in un contesto di emergenza umanitaria.

L’Italia aderì prontamente all’iniziativa europea, confermando la vicinanza e la solidarietà nei confronti della popolazione in difficoltà, duramente provata dal conflitto in corso.

#EUBAMRafah #Armadeicarabinieri #GuardiaCivil #Gendarmerie


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Okkervil River - The Silver Gymnasium (2013)


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Notevole prova di maturità e sfoggio di evoluzione espressiva da parte degli Okkervil River, band statunitense formatasi nel 1998 è attiva discograficamente dal 2002. The Silver Gymnasium settimo album in studio, è un album intenso e gradevolissimo, che sicuramente farà aumentare il pubblico di ascoltatori. La facilità di scrittura che The Silver Gymnasium evidenzia non può che colpire favorevolmente, tutte le canzoni scorrono senza forzature o momenti di noia, dando l'impressione che il lavoro di selezione sia stato piuttosto rigoroso. E' indiscusso “il filo” marcatamente autobiografico del leader Will Sheff, i testi, dal canto loro, riflettono da varie argomentazioni tutte legate da un comune denominatore: l'adolescenza... artesuono.blogspot.com/2014/11…


Ascolta: album.link/i/692709480



noblogo.org/available/okkervil…


Okkervil River - The Silver Gymnasium (2013)


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Notevole prova di maturità e sfoggio di evoluzione espressiva da parte degli Okkervil River, band statunitense formatasi nel 1998 è attiva discograficamente dal 2002. The Silver Gymnasium settimo album in studio, è un album intenso e gradevolissimo, che sicuramente farà aumentare il pubblico di ascoltatori. La facilità di scrittura che The Silver Gymnasium evidenzia non può che colpire favorevolmente, tutte le canzoni scorrono senza forzature o momenti di noia, dando l'impressione che il lavoro di selezione sia stato piuttosto rigoroso. E' indiscusso “il filo” marcatamente autobiografico del leader Will Sheff, i testi, dal canto loro, riflettono da varie argomentazioni tutte legate da un comune denominatore: l'adolescenza... artesuono.blogspot.com/2014/11…


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Sidi Touré – Toubalbero (2018)


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La musica è una delle principali risorse culturali del Mali. Risalendo a imperi tanto antichi come quello Mandingo, esiste una tradizione ricchissima di canti di lode. Queste canzoni di lode malinké o mandinghe sono dominio esclusivo dei griot (chiamati djeliw), musicisti ereditari, che sono allo stesso tempo genealologi e storici. Questa musica dei griot è sempre viva e cantata. Ma la musica maliana è molto più variegata e nuovi stili sono apparsi. Per esempio, c’è la musica bambara che è più ritmica, il mali blues di Kar Kar, il blues songhai di Ali Farka Touré, Afel Bocoum e Sidi Touré, appunto... silvanobottaro.it/archives/236…


Ascolta: album.link/i/1322730583



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Sidi Touré – Toubalbero (2018)


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La musica è una delle principali risorse culturali del Mali. Risalendo a imperi tanto antichi come quello Mandingo, esiste una tradizione ricchissima di canti di lode. Queste canzoni di lode malinké o mandinghe sono dominio esclusivo dei griot (chiamati djeliw), musicisti ereditari, che sono allo stesso tempo genealologi e storici. Questa musica dei griot è sempre viva e cantata. Ma la musica maliana è molto più variegata e nuovi stili sono apparsi. Per esempio, c’è la musica bambara che è più ritmica, il mali blues di Kar Kar, il blues songhai di Ali Farka Touré, Afel Bocoum e Sidi Touré, appunto... silvanobottaro.it/archives/236…


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Sidi Touré – Toubalbero (2018)


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La musica è una delle principali risorse culturali del Mali. Risalendo a imperi tanto antichi come quello Mandingo, esiste una tradizione ricchissima di canti di lode. Queste canzoni di lode malinké o mandinghe sono dominio esclusivo dei griot (chiamati djeliw), musicisti ereditari, che sono allo stesso tempo genealologi e storici. Questa musica dei griot è sempre viva e cantata. Ma la musica maliana è molto più variegata e nuovi stili sono apparsi. Per esempio, c’è la musica bambara che è più ritmica, il mali blues di Kar Kar, il blues songhai di Ali Farka Touré, Afel Bocoum e Sidi Touré, appunto... silvanobottaro.it/archives/236…


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La chiamavamo Sprecavitelli



Non so, effetto Mandela o allucinazione collettiva in famiglia? Fatto sta che credevamo quella forra fosse in località Sprecavitelli. Non sapevamo neanche fosse una forra, per noi era un generico burrone. La vera Sprecavitelli è una località nei pressi del Lago Matese, mentre il ponte di Arcichiaro, questo il vero nome, svetta sul torrente Quirino, che siamo sicuri di non aver mai visto. Per gestire queste acque, successivamente, è stata costruita una diga, di cui non so granché, a parte il fatto che sembra i lavori siano iniziati a fine anni Novanta e completati all'italiana, solo parzialmente, almeno fino al 2023.

Allego un paio di foto d'epoca, della mia epoca, così ci togliamo il pensiero e potete smettere di leggere. Scattate con la mia solita reflex delle vacanze, classicamente 36 esposizioni da far durare dalle due alle quattro settimane.

Imbocco di una brevissima galleria, visibile a destra un tratto di strada e a sinistra l'esterno della stessa che si sporge sul vuoto ed è caratterizzata da alcune piante che crescono sulla nuda roccia.

Protagonista della foto, la brevissima galleria che introduce al ponte, sulla SP 331, Strada Provinciale del Matese, in territorio già molisano, nello specifico territorio di Guardiaregia. Proprio Guardiaregia era, probabilmente, la meta di queste nostre escursioni in Molise, una regione vicina ma che non ci siamo mai presi la briga di esplorare, se non per visita a Venafro, Isernia, Bojano e Castelpetroso.

Sporgendoci dal lato roccioso, l'impatto era impressionante, abituati come eravamo a panorami ben più cittadini: una profonda fenditura tra le rocce, un dislivello tale da dare le vertigini e esercitare quella morbosa attrazione per il vuoto, non penso sia solo una questione mia. Credo sia un panorama interessante e pericoloso anche per gente più avvezza a montagne più imponenti.

Profonda forra caratterizzata da una vegetazione alquanto scarsa, in una vecchia foto

Ebbene, per molto tempo ho cercato quella galleria su Maps, per ripercorrere almeno immaginariamente quella strada sospesa su un piccolo, relativo nulla, per rivivere quei momenti ancora una volta, perché non sarà giusto abbandonarsi ai ricordi, ma capita che i ricordi siano l'unico sprone a continuare. Non sono mai riuscito a risalire al punto, intenzionalmente: in molti casi, quando si cerca una cosa e non la si trova, si sta cercando nel posto sbagliato; era uno di quei casi, e da un caso è arrivata la soluzione.

Ho una bicicletta e sogno di usarla per viaggiare, al momento è assolutamente impossibile. Dovessi vivere abbastanza a lungo, perché non si sa mai, nella migliore delle ipotesi ne avrò la possibilità quando non avrò più forza per pedalare e permettermi certe distanze. Non che oggi percorra chissà quanti chilometri, ma ho diversi limiti a cui attenermi, la libertà può essere costretta da troppe pareti.

Stavo fantasticando sul percorso da fare per pedalare fino a San Gregorio Matese: tragitto fattibilissimo, in un giorno, da una persona allenata e io non sono quella persona, quindi dovrei spezzare in due. Il problema è la salita finale, circa 11 km con una pendenza media del 5,5% circa, potrei farcela ma c'è un “ma”.Più di uno, in realtà: la salita è alla fine del percorso, quindi ci arriverei già stanco, la soluzione potrebbe essere quella di sopra, ovvero fare due tappe. Il “ma” grosso, diciamo il MA, sta nell'irregolarità della pendenza e l'ostacolo insormontabile sarebbe uno strappo di circa 400 metri al 14% medio e punte del 18%, a cui seguirebbero altri strappetti analogamente ripidi ma brevi. Non avrei la condizione fisica per quello strappo, dovrei scendere e spingere su una strada stretta.

Come le so queste cose, dov'è che vado a fantasticare? Su Komoot, per esempio: è l'universo immaginario delle cose che mi piacerebbe fare e non farò mai. E sto fantasticando di tornare a Piedimonte, Castello, passare San Gregorio e raggiungere il lago, ormai ho perso la speranza di individuare la finta Sprecavitelli. Complice una zoomata non richiesta (ancora il caso), la mappa si rimpicciolisce e mi appaiono le altre icone dei punti di interesse, una delle quali con la dicitura “Ponte del Diavolo (Arcichiaro)”: di ponti del diavolo ne è pieno il mondo, ma fammici guardare... ed eccolo lì, il posto non può essere che questo. La vegetazione è più folta che nella mia testa e in quelle due foto, scopro che sotto c'è una diga, parte della montagna è stata grattata per ricavarne materiale da costruzione, i guardrail sono rinforzati nello scopo da griglie di contenimento. Cambiamenti estetici, l'essenza del ricordo è immutata.


log.livellosegreto.it/oreliete…


Sigur Rós - Kveikur (2013)


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Dopo il non troppo brillante Valtari, album in certi momenti soporifero, i Sigur Ròs ritornano con una veste rinnovata e questa volta convincono. Kveikur, il settimo album in studio della band islandese attiva dal 1994, si muove su strade più dinamiche ed effervescenti, evidenziando subito la diversità dai lavori precedenti, infatti, Kveikur è forse l'album più avventuroso dei Sigur Rósl e può davvero essere visto come un nuovo inizio per la band... artesuono.blogspot.com/2014/10…


Ascolta: album.link/i/1447442983



noblogo.org/available/sigur-ro…


Sigur Rós - Kveikur (2013)


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Dopo il non troppo brillante Valtari, album in certi momenti soporifero, i Sigur Ròs ritornano con una veste rinnovata e questa volta convincono. Kveikur, il settimo album in studio della band islandese attiva dal 1994, si muove su strade più dinamiche ed effervescenti, evidenziando subito la diversità dai lavori precedenti, infatti, Kveikur è forse l'album più avventuroso dei Sigur Rósl e può davvero essere visto come un nuovo inizio per la band... artesuono.blogspot.com/2014/10…


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Flusso di realtà


#economia #bioeconomia #società #decrescita #sostenibilità #mondonuovo

Ogni nostra azione è immersa in un flusso di connessioni. Se riciclo oppure getto la carta del gelato per terra o compro cibo biologico invece che al supermercato, tutto questo influisce su di me e sul pianeta intero.

Come?

Tutte queste scelte determinano il modo in cui io partecipo alla continua creazione del mondo in cui vivo, e in cui vivranno i miei figli. La carta seguirà un percorso diverso, la qualità dell’acqua che berremo e dell’aria che respiriamo sarà diversa.

Questo alcuni non l’hanno ancora compreso, molti altri si.

La domanda che potremmo ora porci è: quanto la mia scelta influisce sulla salute mia e dell’ambiente in cui vivo? Cosa, realisticamente, comporterà la mia scelta? A questo nessuno, o pochissimi, sa dare una risposta.

Come potremmo scoprirlo? E’ necessaria un’analisi sistemica dell’astronave Terra, una mappa dei percorsi naturali ed artificiali del flusso di connessioni al quale ognuno di noi partecipa. E’ importante perché il mondo possa finalmente agire con chiara consapevolezza*.


* [add 2025] Questi concetti sono approfonditi dalla “nuova” scienza della bioeconomia. Qui il lavoro seminale di N. Georgescu Roegen Bioeconomia Verso un'altra economia ecologicamente e socialmente sostenibile con introduzione di Mauro Bonaiuti, fondatore dell'Associazione Nicholas Georgescu-Roegen.


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Flusso di realtà


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Ogni nostra azione è immersa in un flusso di connessioni. Se riciclo oppure getto la carta del gelato per terra o compro cibo biologico invece che al supermercato, tutto questo influisce su di me e sul pianeta intero.

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* [add 2025] Questi concetti sono approfonditi dalla “nuova” scienza della bioeconomia. Qui il lavoro seminale di N. Georgescu Roegen Bioeconomia Verso un'altra economia ecologicamente e socialmente sostenibile con introduzione di Mauro Bonaiuti, fondatore dell'Associazione Nicholas Georgescu-Roegen.


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MÁS ALLÁ DE LA NACIÓN


DeoVanLongHouseLas ruinas de la casa del hijo del “saqueador” de Luang Prabang, provincia de Lau Chau, noroeste de Vietnam

Para los más empáticos, la ciudad de Luang Prabang podría resultar un descubrimiento placentero. Al sumergirse en su escucha, sus calles revelan campos magnéticos seductores, como si la comunidad que las habita estuviera atravesada por una fuerza femenina capaz de hechizar al viajero de paso. A primera vista, se nota inmediatamente que se trata de una ciudad “instagrameable”, llena de marcos perfectos para ser capturados en el “relato de Mí en el mundo” de las redes sociales. Al revisar YouTube, Instagram, WhatsApp, TikTok o Facebook, emerge un componente narcisista de los lugares que describe algunos aspectos de las fuerzas femeninas de las que quiero hablar.

De hecho, los habitantes de Luang Prabang pasan largos momentos de su jornada laboral manteniendo inalterado el paisaje, es decir, cuidando físicamente los espacios exteriores e interiores para limpiar continuamente los entornos donde se desarrolla y se teatraliza la experiencia “social” de los turistas en la ciudad. Las restauraciones vintage y las antiguas casas coloniales son imagen de una belleza que se auto-observa y se auto-relata en una narrativa social que posiciona la ciudad en un nicho del capitalismo postindustrial. El producto que se compra es un estar allí documentado digitalmente entre sus calles ordenadas y sobriamente coloridas. Esto ocurre en una región, el sudeste asiático, donde el turismo se está consolidando rápidamente como una de las principales industrias, tanto desde el punto de vista laboral como por sus sólidas conexiones con el sector de la construcción.

Existe además una estratificación adicional de las fuerzas femeninas que atraviesan los lugares. Este cuidado de los espacios es también cuidado del “sí mismo”, entendido aquí como cuerpo. En Luang Prabang, como ya sucede en muchas otras partes de la región, proliferan las llamadas economías de la intimidad o, en palabras de Foucault, del “cuidado de sí”. Entre estas, lo primero que salta a la vista para quienes observan con rapidez son los centros de masaje, que emplean principalmente a mujeres jóvenes. Pero una mirada más atenta no puede dejar de incluir en la categoría del “cuidado” también al “Templo Budista”. Aquí son acogidos jóvenes varones. Ambas instituciones están centradas en la hospitalidad y, aunque viven dentro de una clara división de género, parecen cumplir funcionalmente propósitos similares. Junto a miles de monjes, existen miles de masajistas. Así, aunque sigan trayectorias distintas, ambas instituciones se ocupan de la pacificación de los sentidos y de las fatigas existenciales.

Incluso históricamente, el templo budista y el centro de masajes estuvieron indisolublemente ligados. El masaje tailandés es hoy el más reconocido y recientemente ha sido incluido en el patrimonio cultural inmaterial de la humanidad. Se cuenta que nació precisamente en los templos budistas de Bangkok y Chiang Mai, donde se sistematizó un saber que provenía directamente del Buda, quien al parecer era masajeado por expertas masajistas durante sus peregrinaciones. Masajes “tradicionales” existen en toda la región, desde Birmania hasta Vietnam, desde el sur de China hasta Tailandia. Junto al templo budista, los centros de masajes forman una alianza de los sentidos en la que el cuidado de sí mismo se refiere a modos y formas de subjetivación.

Sucede entonces que, en el espacio público del encuentro entre visitantes, trabajadores y habitantes, además de la experiencia estética del paisaje para contemplar y dentro del cual “ser contemplado” o “instagrameado”, hay una dimensión igualmente importante, más íntima y subjetiva, en la que los empresarios locales están desarrollando servicios enfocados a la producción de bienestar. Existen, por ejemplo, hoteles “conscientes” y centros de masaje “energéticos” donde los trabajadores son formados para generar una profunda capacidad empática con el turista, hasta el punto, en algunos casos de excelencia local, de producir una experiencia de relajación total: desde el café de la mañana hasta la infusión antes de dormir. El desarrollo de este tipo de servicios se ha convertido en un auténtico factor competitivo, tanto a nivel regional como local, y abarca rutas de formación para la fuerza laboral que debe saber captar los matices más ocultos de los deseos del cliente. El objetivo del marketing es siempre vender una experiencia de acogida irrepetible y/o especial, y para sobresalir en esta tarea, algunos hoteles quieren que sus trabajadores vivan dentro de las mismas instalaciones en lugar de regresar a los barrios dormitorio donde normalmente se alojarían. Esta vida en común, obligatoria o altamente recomendada para quienes deseen trabajar en el sector de la hospitalidad, tendría como objetivo precisamente la incorporación del “servicio total”, es decir, una comprensión más completa de la experiencia de acogida que permita al trabajador responder a las necesidades de cuidado del turista casi con una mirada.

Sin embargo, para quienes, como yo, provienen de culturas marcadamente machistas además de patriarcales, en estos campos de fuerza también podría vislumbrarse algo más, como si esta magia de las calles fuera también el producto de organizaciones políticas y sociales peculiares cuyas raíces se hunden en épocas históricas muy anteriores al encuentro colonial. Intentaré en las próximas páginas aclarar mejor esta tercera estratificación de las fuerzas femeninas del lugar. Me parece importante describirlas antes de adentrarme en la “cuestión étnica laosiana”. Para ello, me moveré en un campo distinto de los que he recorrido hasta ahora. Me ocuparé del estudio de los mitos, tal como emergen tanto en el relato local como en la producción artística y literaria religiosa. El objetivo es mostrar la existencia en estas tierras de un matriarcado nunca completamente sometido a las estructuras políticas coloniales y neocoloniales. Mostraré entonces cómo el uso de las mujeres como “objeto diplomático” pero también como “objeto sacrificial” para establecer alianzas y fundar linajes y derechos de propiedad ha sostenido desde siempre sistemas políticos plásticos y altamente adaptables a las diversas condiciones del mundo. A partir de ahí, observaré el actual devenir-queer del liderazgo ciudadano como una continuidad histórica y como una modalidad política de la ciudad que responde, ayer como hoy, al miedo atávico de una enésima apocalipsis cultural, como quizá la definiría De Martino: el miedo a una invasión tanto ética como material que, según algunos, está amenazando la identidad de Luang Prabang y de Laos en general.

ImperturbabileBuda femenino en posición imperturbable de la escuela de Luang Prabang, Museo del Wat Ho Phra Keo, Vientián, Laos

Los Sistemas Galácticos


Cuando el primer explorador francés llegó al actual Laos, atravesó la meseta de Korat, en el norte de Tailandia, acompañado por dos elefantes y una pequeña caravana que le había sido proporcionada por el virrey de dicha región. Llevaba consigo una carta de salvoconducto que debía mostrar a los distintos jefes de clan laosianos. Además, se le habían entregado unos tambores con los que debía anunciar su llegada antes de ingresar a los poblados, a fin de asegurarse una acogida y hospitalidad apropiadas.

En 1846, Henri Mouhot, quien aún hoy es considerado por muchos europeos como el “descubridor” de los templos de Angkor, cruzó por primera vez el Mekong, probablemente sin saber que, veinte años antes de su llegada, la ciudad que se extendía por las tierras que ahora pisaba —más allá de la meseta de Korat y del Mekong—, Vientián, había sido completamente arrasada por el ejército de Siam, es decir, por el mismo virrey que le había entregado el salvoconducto. En sus diarios, Mouhot describe con asombro cómo los “primitivos” se alineaban dócilmente al oír los sonidos reales del Siam, y cómo los jefes de clan se prosternaban ante él tras recibir la misiva del virrey de Korat. En pocas semanas logró remontar el gran río hasta descubrir una ciudad, Luang Prabang, de la cual probablemente se enamoró, pero en la que poco después encontró la muerte a causa de la picadura de un mosquito.

Tras él, otros exploradores franceses llegaron a Luang Prabang y describieron su fascinante belleza. Entre todos ellos, el más destacado fue sin duda quien más tarde se convertiría en su vicecónsul: Auguste Pavie. En sus diarios, describió su ingreso a la ciudad como si se encontrara en algún lugar del lago de Como o del de Constanza, e incluso se imaginaba embellecer el paisaje con alguna que otra villa “francesa”. Pavie tardó diez días en reunirse oficialmente con el rey. Para la ocasión, se construyó una puerta de madera y bambú bajo la cual fue conducido, tras haber pasado los días anteriores “fuera” de la ciudad. Se alojó en una casa en la orilla derecha del Mekong, frente a la ciudad, en tierras que los reyes usaban para la caza y donde, desde la primera mitad del siglo XIX, también solían retirarse a meditar. Se le asignaron guías locales que se ocuparon de él mostrándole las aldeas de los alrededores, sin permitirle nunca acercarse al centro. También fue llevado a visitar la tumba de su predecesor, situada en una curva de un afluente del Mekong, accesible en aquella época únicamente por vía fluvial. En sus escritos, Pavie no parece consciente de todas las implicaciones rituales de su llegada a la ciudad. Sin embargo, la recepción que se le ofreció representaba, con toda probabilidad, un clásico rito de purificación o de paso, que culminó con una ceremonia pública frente a toda la población, en un espacio habilitado a lo largo de la calle principal de la ciudad, justo al lado de la residencia del rey.

En ese momento, ciertamente, ni el Rey Oun Kham ni Pavie sabían que, unas dos décadas después, ese tipo de encuentros “diplomáticos” se adecuarían a las normas “internacionales” y se realizarían en privado, en la sala del trono del Palacio Real, concebido por arquitectos franceses a principios del siglo XX. El edificio fue el primero de su tipo en la historia de la ciudad, pero también en toda la región del Mekong medio. Nunca antes una estructura arquitectónica de carácter civil había superado en imponencia y “eternidad” a los templos de la ciudad. El edificio se elevaba hacia el cielo como lo hacían las residencias imperiales de Huế en Vietnam, la Ciudad Prohibida de Pekín o los palacios reales del Siam. Sin embargo, en el Reino del Millón de Elefantes, el rey no cumplía esta función cosmológica. El rey de Luang Prabang, aunque procuraba representarse como Indra (divinidad) y como Bodhisattva (futuro Buda), coexistía con otros poderes locales y regionales que no permitieron que su institución se teocratizara ni que se indianizara de forma plena. La estupa que fue construida en el techo del palacio, justo sobre la posición del trono y que idealmente elevaba al rey de Luang Prabang hacia el cielo, era una decoración religiosa que jamás se había utilizado para la residencia de una persona, incluso una tan importante como el rey. Este y otros elementos arquitectónicos fueron introducidos por los franceses y marcaron una ruptura con el pasado de los sistemas políticos del Mekong central. Ciertamente, los reyes de Luang Prabang siempre estuvieron comprometidos con la creación de monasterios que pudieran elevar su estatus hacia la divinidad. Sin embargo, tal aspiración estaba dirigida principalmente hacia un reconocimiento local, donde los reyes competían con otros potentados y clanes. Otras familias influyentes del actual Laos, como por ejemplo el rey de Xieng Khouang (en la Llanura de las Jarras), que atravesaba procesos igualmente importantes de construcción de un “budismo estatal”, no reconocieron el nuevo “poder soberano” del rey de Luang Prabang. En sus diarios, Pavie no es consciente de estas implicaciones, y probablemente los administradores coloniales nunca se preocuparon por comprenderlas en profundidad. No menciona tampoco si, durante la fase de “purificación” en la que fue mantenido, se le permitió fumar opio o tener damas de compañía, como solía ofrecerse a los invitados más ilustres. Las mujeres de Luang Prabang cumplían, de hecho, múltiples funciones vitales para el reino y determinaban la propia capacidad de poder del rey.

El intercambio de “vírgenes” fue la base de alianzas entre pueblos prácticamente desde los tiempos más antiguos de la historia local. Los mitos fundacionales que he escuchado en torno a la ciudad coinciden casi todos en un detalle: para ocupar legítimamente tierras, los jefes debían ofrecer como prenda a una hija suya, o en otras versiones, a la mujer más hermosa del poblado, al rey de Luang Prabang. En la base de la alianza propuesta había, por tanto, un “derecho de propiedad” madurado mediante el sacrificio/donación de una mujer. La alianza también sancionaba la aceptación de una fuerza superior a la cual se solicitaba protección. Algunos textos redactados en los años setenta que investigan los cultos animistas de la región del Mekong central mencionan una tercera modalidad fundacional de un núcleo urbano: el sacrificio de una mujer embarazada, no al rey sino a los dioses (véase Condominas). Este tercer caso presenta varios elementos de interés, ya que podría evidenciar la existencia de centros urbanos organizados en torno a un matriarcado. El sacrificio/donación producía un espíritu imperecedero, llamado Phi, que permanecía para siempre ligado a los lugares donde ocurría el sacrificio. Aunque en formas distintas, tal culto subsiste aún hoy.

El Phi, es decir, posee una característica fundamental: es inmanente a los lugares y, al no tener una naturaleza ética —ni buena ni mala—, los eventuales ritos de “purificación” realizados por chamanes, exorcistas o magos no logran eliminarlo ni transformarlo. “El olvido” de ese Phi no tiene efectos concretos. Sin embargo, su recuerdo ayuda a mantener la paz y el equilibrio en los lugares. En otras palabras, el Phi de un lugar se asemeja a una memoria compartida del pasado mítico de los territorios. Su interpretación, como su olvido, es sin duda un acto político. Un poco como me ocurre a mí, que escribo sobre ello: los habitantes, en algún momento de sus vidas, simplemente “saben que allí hay un Phi” y actúan en consecuencia, llevando ofrendas o evitando esos lugares. Según los creyentes budistas, los Phi forman parte de un mundo supersticioso en el que los eventos pueden verse influidos por poderes ocultos de todo tipo. No obstante, una de las peculiaridades más notables del budismo de Luang Prabang es precisamente su persistencia en las prácticas religiosas cotidianas de la población (véase Holt). Lo que resulta especialmente interesante para los fines de este escrito es que algunos mitos fundacionales de los principales centros urbanos de la región tenían espíritus tutelares femeninos, como si se tratara de reminiscencias ancestrales de un matriarcado originario sobre el cual se organizaba la vida entre los pueblos antes de ser sustituido por el patriarcado real.

WatSimuangChao Mae Simuang, culto del espíritu tutelar femenino en el Wat Simuang, Vientián, Laos.

En el Reino de Lan Xang, varios edictos prohibieron expresamente el culto a los Phi e iniciaron campañas para su erradicación y sustitución, que incluyeron la construcción de altares y templos budistas sobre los lugares donde se recordaban a los Phi. Es importante subrayar, sin embargo, que a menudo el culto a un Phi estaba asociado a líderes carismáticos de diverso tipo que, en distintas fases históricas, podían aspirar a sustituir o competir con la familia real. En torno a los Phi podían surgir grupos que compartían un conjunto de ritos y cultos que daban origen a mitos totémicos y clanes ancestrales, frecuentemente en conflicto o competencia con aquellos celebrados por la familia real. Se trataba de verdaderas batallas cosmológicas libradas mediante rituales y creencias que, cuando no eran absorbidas por el budismo, podían desembocar en rebeliones y sublevaciones.

En los estudios antropológicos regionales existe una categoría política específica, la del “Big Man”, que describe organizaciones jerarquizadas en torno a estas figuras de poder, a menudo paralelas o entrelazadas con las más formales del rey budista. En la cúspide de estas estructuras se encontraban hombres que, además de riquezas, se decía poseían capacidades curativas y por ello eran considerados “hombres de poder”. En la historia local, muchos de estos líderes carismáticos terminaron por apoyar y organizar rebeliones que, aunque esporádicas, constituyen hasta hoy los únicos momentos conocidos de oposición pública masiva al poder político de las comunidades lao.

Los procesos de indianización del rey estaban dirigidos principalmente a ordenar estos cultos menores y subordinarlos a una religión que debía ser considerada verdadera y justa, es decir, el budismo. Por ello, el rey debía encarnar todos sus preceptos éticos. Sin embargo, durante largos períodos históricos, el budismo fue la religión de la nobleza, que distinguía a la familia real del resto del pueblo, el cual mezclaba animismo y budismo.

En esta conflictividad cosmológica probablemente se oculta la sustitución del matriarcado originario, del cual aún hoy persisten huellas en los sistemas hereditarios de las comunidades lao. A un patriarcado carismático se añadió, para luego imponerse, un sistema de leyes kármicas budistas que encontraba su culminación en el rey indianizado. Pero como se ha señalado anteriormente, en Luang Prabang esta asimilación nunca fue completa; fue más bien la Colonia francesa la que intentó completar el proceso por evidentes razones de control territorial.

Lo que sí sucedió con certeza fue que, en el paso del matriarcado al patriarcado, la mujer, de centro focal de la estructura organizativa, asumió un valor tanto económico como de intercambio y simbólico. El rey de Luang Prabang, para ser considerado “rey”, debía poseer muchas mujeres, y estas debían provenir de todos los reinos y de las principales casas nobles de la región: las acumulaba y las intercambiaba. Cuando Pavie llegó a Luang Prabang, escribió que el rey Oun Kham tenía al menos 60 concubinas, con las cuales había tenido un número difícil de cuantificar de hijos e hijas, todos ellos residiendo en lo que hoy se conoce como la “Península UNESCO”. Sin embargo, poseer mujeres no era solo una medida del poder. El rey de Luang Prabang desempeñaba también una importante función reproductiva: debía garantizar la supervivencia eterna de su pueblo en una región que a menudo había conocido el aniquilamiento de aldeas y ciudades. Representaba así la continuación de una genealogía mítica que algunas leyendas totémicas remontaban a Khoun Boulom, el fundador de un reino legendario que abarcaba desde el río Rojo y el Dai Viet hasta el Irrawaddy y Pegu, pasando por el Mekong central. En los hechos, el rey era por tanto el padre fundador de una ciudad-aldea de poco más de 3000 habitantes, que entre ellos eran, ante todo, consanguíneos. Por esta razón, la ciudad UNESCO estaba poblada por una estirpe “real”, los lao, donde la palabra “lao” no definía una homogeneidad sanguínea o “étnica”, sino que establecía una relación dinástica y regia por la cual todos los habitantes de Luang Prabang estaban ligados al primer líder totémico, Khoun Boulom, cuyas gestas continuaba el rey.

Un aspecto significativo de estos relatos es que la primera “Reina” nunca era originaria de Luang Prabang. Se trataba, más bien, de la esposa que el rey recibía como obsequio por parte de la familia real más influyente en un determinado momento histórico. Así, por ejemplo, el primer rey del Lan Xang, Fa Ngum, tuvo como primera reina a una princesa Khmer nacida y criada en Angkor. Pero junto a ella, había mujeres provenientes de Chiang Mai, Chiang Rai, Sukhothai, del Dai Viet, de Pegu, etc., además de otras regiones y aldeas del actual Laos. El hecho de que las esposas del rey procedieran de todo “el mundo” constituye un elemento característico de las estructuras políticas de estos territorios, y se refleja en diversos mitos de carácter también religioso. La historia de la penúltima encarnación del Buda antes de alcanzar la iluminación, esculpida en la fachada de uno de los templos más importantes de Luang Prabang, el Wat Mai, narra un momento culminante en el que el príncipe Vissanthara se despoja definitivamente de todas sus posesiones y se convierte finalmente en “pueblo” sólo después de haber regalado a su esposa y a sus hijos a un comerciante. Nos encontramos en territorios donde el tráfico de personas ha constituido, desde hace siglos, una de las principales actividades económicas. El ejército del Siam fue uno de los mayores saqueadores de estas tierras, y en Phnom Penh se hallaba el principal mercado de esclavos de la región. Por ello, el acto de desposesión más alto posible para un rey era precisamente entregar su propia dinastía a un mercader. De manera especular, en las paredes del Wat Sisaket en Vientián, construido en la segunda década del siglo XIX, está pintada la historia del Buda Balasankaya, es decir, del mítico fundador de una ciudad cuyo ejército estaba compuesto por 30.000 monjes (exguerreros) y por 94.000 mujeres, todas ellas esposas del Buda.

El Balansakaya no es exactamente un Jataka, aunque afirma relatar una vida anterior del Buda. Podríamos decir que se trata de un “tipo de Jataka” que forma parte de tradiciones literarias budistas profundamente locales. Una copia del manuscrito fue hallada en la zona de Chiang Mai, en el norte de Tailandia, y su desciframiento se convirtió casi en una historia de espionaje en los círculos de la arqueología laosiana. De hecho, su contenido fue divulgado por una publicación de tirada muy limitada producida con ocasión de la última restauración del Wat Sisaket. El texto no se limita a describir cuestiones técnicas del trabajo de restauración, sino que publica por primera vez los resultados de una investigación llevada a cabo durante varios años por la EFEO de Vientián. Sin embargo, dicha divulgación se realizó sin su consentimiento y a partir de datos sustraídos. Lo cierto es que la historia del Buda Balansakaya no forma parte del currículum monástico. Por eso no se la considera un Jataka. No se encuentra en las bibliotecas de los templos y no es mencionada en ninguna de las ediciones en inglés o francés de los Jataka disponibles actualmente. Parece más bien pertenecer a una tradición budista muy localizada, emanación de alguna escuela de Chiang Mai. Para comprender las dimensiones a las que nos referimos, podríamos afirmar que el texto podría formar parte de una auténtica secta budista que, durante un determinado período, llegó a convertirse en el “Budismo del Reino de Lan Xang”. Esta afirmación se basa en el hecho de que la historia de este Buda fue representada en el sim del templo más importante construido por el rey de Vientián y de Luang Prabang, Chao Anouvong, cuando el Reino de Lan Xang era un protectorado del Imperio del Siam. Probablemente, su construcción tenía como objetivo afirmar una autonomía cósmica respecto al budismo siamés y, al mismo tiempo, reivindicar una forma local de budismo no subordinada a la de Bangkok. Lo que ahora resulta relevante destacar es que la pintura narra la historia de un reino mítico de más de dos mil años que vivió en una condición de paz mientras a su alrededor reinaban las guerras y las luchas por el poder. Esta paz fue posible gracias a la voluntad de los dioses, pero sobre todo mediante un arte diplomático sutil, fundamentado en el “budismo del Reino”, o mejor dicho, en la figura del Rey-Buda, en las relaciones de parentesco y en el intercambio de mujeres.

De hecho, estas zonas centrales del Mekong se caracterizaban por una debilidad estructural que durante mucho tiempo ha fascinado a los historiadores. El Mekong, si bien constituía una vía de comunicación esencial, nunca fue completamente navegable debido a las cataratas de Khone Phapheng, actualmente situadas entre el sur de Laos y Camboya. Por esta razón, la región del Mekong central permaneció, en cierto modo, aislada. Las tecnologías bélicas que hacían de las zonas costeras espacios más habituados a las guerras y a las conquistas llegaban a estas regiones con cierto retraso. La supervivencia de las formas locales de gobierno dependía, por tanto, no solo de aspectos económicos y comerciales —como el ciclo de las estaciones agrícolas o la capacidad de desarrollar productos manufacturados de cierto interés—, sino también del desarrollo de una forma sofisticada de soft power.

Para distinguir las categorías políticas de esta región de las europeas, suele utilizarse la expresión “sistemas galácticos” (para una discusión más detallada véase Tambiah). Así se designan aquellos reinos y estados que no ejercían un poder soberano sobre territorios delimitados, sino que operaban dentro de un sistema relacional en el cual, además del pago de tributos y de las alianzas militares, se mantenían vínculos religiosos y de parentesco. De este modo, cada centro urbano funcionaba como una fuerza gravitacional en torno a la cual se generaban fenómenos de urbanización y de homogeneización cultural. Más allá de un radio aproximado de 70 kilómetros, la influencia del centro cambiaba de forma y se inscribía en un mundo simbólico entre la mitología y la religión, cuya credibilidad dependía de los distintos momentos históricos. Por lo tanto, las alianzas y tratados requerían para su validación un intrincado intercambio diplomático basado en creencias, en reyes que se asemejaban a Budas, y en mujeres ofrecidas como dones.

Tomados en conjunto, los elementos organizativos delineados producían un sistema político plástico que, más que elaborar estructuras para garantizar su perpetuidad (más allá de la filiación), encontraba modos de adaptarse continuamente a los cambios. Esto ocurría a partir de una consciencia clara de la debilidad estructural que impedía a los habitantes del Lan Xang incluso imaginar grandes campañas militares de conquista y saqueo. Al menos hasta la llegada, primero, de la colonia francesa y, después, de las fuerzas paramilitares estadounidenses, las ciudades de Luang Prabang y Vientián fueron reiteradamente saqueadas y destruidas, y se sabe poco sobre expediciones militares exitosas que no se limitaran a territorios cercanos. Sin embargo, las dificultades logísticas derivadas de comunicaciones y transportes extremadamente lentos impedían que los ejércitos extranjeros se convirtieran en fuerzas de ocupación permanente.

El mito (o pesadilla) de la invasión extranjera —que desde siempre representa la experiencia traumática por excelencia de estas áreas geopolíticas— tomó históricamente en Luang Prabang la forma de saqueos, ocupaciones súbitas, generalmente resueltas mediante intercambios de dones, estatuas y mujeres ofrecidas como esclavas. Estos eventos reducían ciertamente el poder del rey, pero no lo anulaban. En parte, estas tierras parecen confirmar lo que Edmund Leach describía en los estados Kachin de Birmania, donde las organizaciones sociales locales oscilaban constantemente entre formas políticas autoritarias y modelos más abiertos e incluyentes. Esto podía suceder en periodos breves, como si las poblaciones hubiesen aprendido el arte de adaptarse a los encuentros, las cosechas y la buena fortuna.

No obstante, estos procesos de adaptación nunca hacían desaparecer los elementos profundamente localistas. Como en el caso del Jātaka “apócrifo”, tales localismos podían, en determinados momentos históricos, convertirse incluso en “religiones oficiales de los Lao”, o ser preservados bajo la forma de espíritus del lugar —los Phi—, custodiados por algunas casas nobiliarias que habrían mantenido soterradamente su propio poder carismático. Por tanto, reminiscencias y memorias sobrevivían tanto a los edictos reales que los prohibían como a saqueos repentinos, conquistas de pocos años, o al constante trabajo de borrado activado por la difusión del budismo Theravāda “oficial” y por la llegada de la modernidad.

El Encuentro Colonial


Laos e AnnamMapa político de Laos y del norte de Vietnam en la década de 1930

En resumen, Luang Prabang estaba gobernada por formas decididamente peculiares, y de algún modo estas rarezas le permitieron convertirse en un centro regional de importancia media, reconocido en todas partes. Sin embargo, la historiografía colonial centró sus investigaciones no en la plasticidad de los sistemas políticos locales, sino en la debilidad inherente, tanto militar como burocrática, de los reinos del Mekong central. Las estructuras político-administrativas encontradas eran en su mayoría descritas como el resultado de procesos de imitación y asimilación (para más detalles, véase Lieberman). Todo impulso innovador —tanto económico-cultural como político u organizativo— se consideraba marginal y en cualquier caso inestable. La sustancial oralidad de las poblaciones y su escaso uso de sistemas sofisticados de recolección de información que protegieran los archivos estatales tanto de desastres naturales como de saqueos, contribuyó ciertamente a reforzar esta atmósfera intelectual general. Y, como en muchas otras partes del mundo, la ausencia de una historia escrita autóctona pareció confirmar la existencia de sistemas políticos fragmentarios e incapaces de construir una imagen coherente y duradera de sí mismos (véase al respecto Lorillard). Indochina —nombre dado por el gobierno francés a los protectorados que había conquistado en los actuales Laos, Camboya y Vietnam a finales del siglo XIX— representa bien esta idea “colonialista” de lugar “débil”, definido por el encuentro de culturas milenarias —China e India— pero sin capacidad propia para influir en las trayectorias políticas y comerciales de la época.

La llegada de los franceses al Laos parece además paradigmática de una visión salvadora de la Colonia. En los textos de aquella época puede leerse, por ejemplo, que la “Colonia” había pacificado tierras marcadas por el caos y las disputas, que a menudo culminaban en el aniquilamiento total de los adversarios políticos; o que “el hombre blanco”, el falang, había devuelto la seguridad a ciudades que eran periódicamente saqueadas por bandas de asaltantes y bandidos; o incluso que había construido y perfeccionado las vías de comunicación, permitiendo un renovado crecimiento del comercio. La “Colonia”, en otras palabras, “trajo paz y bienestar”, pero al hacerlo redujo esencialmente la variedad de entidades políticas que existían a lo largo de los principales ríos de la región, sometiéndolas a un orden bien definido y jerarquizado, en cuya cúspide se encontraban las estructuras burocrático-militares y las empresas comerciales gestionadas generalmente por un pequeño grupo de falang. El relato del encuentro que vinculará de manera indisoluble a la familia real de Luang Prabang con el gobierno francés describe de forma casi paradigmática este ambiente intelectual.

El vicecónsul Auguste Pavie, en la historiografía colonial, desempeñó un papel esencial al salvar al rey Ounkam, en 1887, de una “banda de saqueadores chinos” conocida como el ejército de las “Banderas Negras”, comandada por un “señor de la guerra chino”, Deo Van Tri. Según relatos de este tiempo, la banda entró en Luang Prabang destruyendo gran parte de las estructuras arquitectónicas de la ciudad, pero el rey fue salvado por una embarcación que Pavie había preparado para trasladarlo a una ciudad más al sur, Paklay, también a orillas del Mekong, pero a más de 200 km de distancia. Como resultado de este acto heroico, a los franceses se les permitió reemplazar al reino de Siam como “protectores” del reino de Luang Prabang. Y aunque el nuevo protectorado no fue reconocido por otros reinos laosianos —especialmente por el Reino de Xiengkhouang— al menos hasta finales de los años 30, los franceses establecieron una nueva nación subordinada a la familia real de Luang Prabang, es decir, a sus aliados más fieles.

Estudios más recientes (véase aquí y aquí) han mostrado que podrían existir otras perspectivas sobre aquellos acontecimientos. En la historiografía laosiana, la época de anarquía y bandidaje que encontraron los franceses se denomina genéricamente como las “Guerras Ho” (Ho Wars), es decir, una serie de rebeliones, guerras civiles y saqueos que se originaron en el norte del país como consecuencia de amplios procesos migratorios en China durante la segunda mitad del siglo XIX. Por lo tanto, se refieren a un Otro general —los Ho— que eran poblaciones de origen chino, aunque con historias y procedencias muy diversas entre sí. Por esta razón, el término “Guerras Ho” tiende a representar, desde el punto de vista “laosiano”, una serie de trastornos económicos y demográficos profundos iniciados en China, resultado tanto del encuentro colonial (la difusión del cristianismo y el comercio con Inglaterra y Francia), como de las rebeliones locales contra las burocracias imperiales Qing. En los estados del sur y sureste de China, en un lapso de treinta años, de 1839 a 1873, murieron más de 30 millones de personas. Esta cifra —probablemente subestimada— se calcula sumando las víctimas de las dos Guerras del Opio contra Inglaterra (1839-42 y 1856-60), la Rebelión Taiping (1849-61), la guerra entre los clanes Punti y Hakka (1855-68) y la Rebelión Panthay (1856-1873). El impacto de estos eventos sobre las regiones del interior y las montañas de Vietnam y Laos ha sido escasamente estudiado. Por esta razón, el saqueo de Luang Prabang de 1887 ha sido considerado un producto periférico de transformaciones mucho más amplias. La narrativa colonial lo interpretó como una simple manifestación de bandidaje vinculada a la época de “anarquía”, es decir, a las Guerras Ho que precedieron la llegada de los franceses. En realidad, la historia era considerablemente más compleja.

Lo que hoy sabemos sobre el saqueo de Luang Prabang es que, en 1887, la Banda de las Banderas Negras ya no existía desde al menos cinco años atrás y, según algunos historiadores, era imposible considerarlos una banda: más bien se habían convertido en un cuerpo militar del ejército imperial vietnamita. La fusión definitiva con el ejército oficial se produjo durante la guerra de conquista de la Bahía de Tonkín por parte de los franceses (1884-85), pero ya desde antes habían estado al servicio de la administración imperial, gestionando diversos territorios alrededor del río Rojo, es decir, en la vía fluvial que conectaba China con Hanói. Tras la derrota vietnamita, su capitán, Liu Yungfu, junto con otros miembros de la Banda, se dispersaron. Algunos de ellos se refugiaron en las montañas del noroeste de Vietnam, lo cual podría haber confundido a Pavie y con él a toda una generación de historiadores franceses. Lo que probablemente confundió a Pavie fue la guardia personal de Deo Van Tri, compuesta efectivamente por soldados de la etnia Zhuang, algunos de los cuales procedían del cuerpo militar vietnamita y, en un pasado relativamente lejano, habían formado parte de las “Banderas Negras”.

Es interesante observar que, antes de enfrentarse a los franceses, la banda había formado parte del heterogéneo ejército de los Taiping, es decir, un ejército evangélico de carácter mesiánico que se rebeló contra la dinastía Qing y que, en poco tiempo, logró reunir un vasto conjunto de actores armados ajenos al ejército imperial chino. Su comandante supremo, Hong Xiuquan, tras haber estudiado con misioneros británicos, llegó a considerarse una especie de reencarnación china de Jesucristo. Los comandantes militares se reunían con él en asambleas de oración durante las cuales dialogaban con Dios y definían las estrategias militares a seguir. Su objetivo, más allá de la liberación respecto a la dinastía Qing, era la creación del “Reino Celestial” en China. La noción de “Reino Celestial” es de suma importancia para comprender los movimientos militares mesiánicos del sudeste asiático que acompañaron la construcción colonial en la región. No obstante, me detendré más en este punto en otra ocasión. Por ahora, baste decir que la derrota de la rebelión Taiping, junto con la muerte de millones de personas, generó movimientos migratorios a gran escala y presiones sin precedentes sobre la organización de la tierra. Todo esto ocurrió mientras la liberalización de la producción de opio, impuesta por los británicos, provocaba una igualmente inédita conversión productiva de los campos agrícolas hacia el cultivo de la adormidera. En pocos años, esta planta y su derivado, el opio, se convirtieron en la producción predominante en todo el sur de China. Evidentemente, los territorios fronterizos como Vietnam y Laos también se vieron profundamente afectados por esta rápida transformación. Por ende, resulta evidente que la categoría macrohistórica de las llamadas “Guerras Ho” aún está pendiente de una comprensión más profunda en la historiografía regional.

Deo Van Tri e Auguste PavieEn la foto se puede ver a Deo Van Tri junto a Auguste Pavie y la escolta Zhuang

Volviendo al saqueo de Luang Prabang, y una vez aclarada la naturaleza militar —y no meramente bandolera— de la expedición que atacó la ciudad, resulta pertinente redefinir también la narrativa en torno a la figura del “señor de la guerra chino”. Deo Van Tri, si bien descendía de chinos —su padre era un comerciante chino que se había casado con una princesa Tai Dam—, había nacido en Hanói y era considerado en aquella época como un rey Tai Dam. Por tanto, no puede ser clasificado estrictamente como un señor de la guerra chino. Además, su papel político fue, desde un inicio, de vital importancia para la colonia francesa. La amistad entre Deo Van Tri y Pavie, documentada, por ejemplo, en el reciente trabajo de Le Founnier, constituye probablemente uno de los vínculos más estrechos que desarrolló el vicecónsul de Luang Prabang durante la expedición colonial en la llamada “Indochina”. El clan Deo sería tan crucial para la administración colonial francesa precisamente por su capacidad para controlar el tráfico de opio en la región. Cuando, en 1954, los franceses fueron expulsados de Vietnam, el hijo de Deo Van Tri, Deo Van Long, fue trasladado con toda su familia a Francia, concretamente a Marsella, donde aún hoy residen sus descendientes.

Sin embargo, esta particular intimidad entre el clan Deo y ciertos emisarios coloniales no fue bien vista por todos en Luang Prabang. En particular, despertó sospechas en el virrey Phetsharat, quien, en diversos memoriales redactados por él mismo en la década de 1940 y basados en testimonios directos de personas que presenciaron los acontecimientos de 1887, cuestionó el papel desempeñado por Pavie en el saqueo de Luang Prabang. Según su interpretación, Pavie salvó al rey no porque estuviera previamente informado de los hechos, sino porque, de alguna manera, él mismo había contribuido a crear las condiciones que los hicieron posibles. Para no complicar aún más la narraciòn, bastará decir aquí que, antes del saqueo de Luang Prabang, el ejército de Siam había iniciado una operación militar a gran escala, apoyada por los británicos. Su objetivo era consolidar el control sobre el Mekong central y algunos de sus principales afluentes, como el Nam Ou, con el fin de gestionar más eficazmente la distribución del opio y, al mismo tiempo, establecer una zona de amortiguamiento que limitara el avance de las migraciones que caracterizaron aquella época. Luang Prabang fue utilizada como base de apoyo para la expedición militar que ascendió el río Ou hasta llegar a las regiones de Lao Cai, de las cuales Deo Van Tri, junto con su padre, era señor por derecho dinástico, tras los matrimonios con las mencionadas princesas. Allí, tras varios meses de guerra y la captura de al menos cinco miembros de la familia de Deo Van Tri, el ejército siamés se replegó y regresó a Bangkok. Según el testimonio del virrey Phetsharat, Pavie habría sugerido a Deo Van Tri que sus familiares capturados se encontraban precisamente en Luang Prabang, ciudad que Deo Van Tri conocía muy bien, ya que su padre lo había enviado a estudiar allí cuando era adolescente, en uno de sus templos principales. No por casualidad, los asesinados por Deo Van Tri no fueron los civiles que transitaban por las calles, sino precisamente aquellas personas que lo habían traicionado, es decir, aquellos más cercanos a él en la ciudad, como el entonces virrey Souvhanna Poumma, acusado de no haberle advertido a tiempo del peligro inminente.

La reconstrucción de otras perspectivas historiográficas sobre este episodio nos permite proponer algunas conclusiones lo suficientemente generales como para no forzar las evidencias históricas disponibles. En primer lugar, más que tratarse de un grupo de bandidos, el saqueo de Luang Prabang fue una expedición militar en toda regla, cuyo objetivo consistía en castigar a las altas autoridades políticas de la ciudad por su traición y por el apoyo brindado al ejército siamés. En segundo lugar, el asesinato de los aliados de Lao Cai provocó una fractura irreparable que impidió restablecer el statu quo mediante el cual Luang Prabang solía mantener relaciones tanto con Bangkok como con Lao Cai. Sin embargo, en lugar de acercarla más al Siam, esta fractura facilitó la instalación del poder colonial francés. Es decir, la división produjo el más clásico de los “divide et impera”. Al desconectar entre sí las zonas montañosas del norte y los vínculos históricos entre el río Ou y el río Negro, los franceses lograron gestionar con mayor facilidad los ingresos procedentes del tráfico de opio en esa región, sin necesidad de compartirlos con intermediarios demasiado poderosos, salvo el clan Deo en el río Negro y la familia real de Luang Prabang en el Nam Ou.

Los más perjudicados fueron sobre todo los pueblos dedicados al cultivo de adormidera, en particular los Hmong. A pesar de haber intentado en repetidas ocasiones rebelarse contra los nuevos acuerdos comerciales y contra los precios de venta más bajos, los Hmong quedaron divididos entre las dos zonas de influencia creadas por los franceses (véase Mai Na Lee). En efecto, esta fragmentación impidió que los líderes Hmong se consolidaran como intermediarios de referencia en la distribución del “petróleo de la época”, es decir, el opio, al menos hasta la llegada de la CIA. En tercer lugar, la necesidad estratégica de “cortar” las relaciones comerciales y políticas entre estas dos regiones geográficas constituyó una constante tanto en la época colonial como durante las dos guerras de Indochina. Los acontecimientos de Dien Bien Phu en 1954 podrían demostrarlo con bastante claridad, aunque este no es el objetivo del presente texto. Baste señalar, por ahora, que las fronteras impuestas entre ambas regiones impactaron directamente en el control del Mekong central, ya que impidieron la formación de poderes locales suficientemente ambiciosos y autónomos con respecto a los aliados del poder colonial. En otras palabras, los flujos de los sistemas galácticos fueron interrumpidos en beneficio de los intereses franceses.

En cuarto lugar, la “pequeña” mentira de Pavie tuvo un impacto considerable en la historiografía oficial de la Colonia. Sobre este punto conviene detenerse un poco más. A raíz de los acontecimientos de 1887, todos los textos franceses de la época colonial sustentan una idea fundamental para la legitimidad de la administración de París: la supuesta aceptación generalizada por parte de la población local. Podría entonces afirmarse que nos encontramos ante una situación antropológica comparable a la del Capitán Cook, tal como fue formulada por uno de los referentes de la antropología poscolonial, Marshall Sahlins. Sin embargo, de esta presunta benevolencia derivó una larga serie de hipótesis historiográficas que no solo sirvieron como justificación ideológica del proyecto colonial, sino que también establecieron las bases jurídicas y políticas para las posteriores intervenciones militares francesas en la región. Por esta razón, resulta necesario dar un pequeño salto temporal hasta la Segunda Guerra Mundial con el fin de retomar algunas cuestiones aún no resueltas del encuentro colonial.

LaLiberazionePortada de un texto (1985) de propaganda militar durante la Guerra Fría en Laos

En síntesis, si la población local era feliz con la presencia francesa y las crónicas de la época apenas lograban registrar episodios de revuelta o rebelión, incluso en las zonas más remotas del país, ¿por qué surgió entonces un movimiento antifrancés? El nacionalismo lao y los sentimientos antifranceses de los años treinta, organizados en torno al movimiento (también armado) del Lao Issara, fueron reducidos por la administración colonial a un proyecto político elitista con escasa difusión entre la población. En aquellos años, en la cúspide del movimiento se encontraba el virrey de Luang Prabang, Phetsarat. No por casualidad, su cargo fue suprimido por la administración colonial. Su figura conservaba un valor simbólico dentro de la ciudad, pero ya no poseía ningún valor “nacional”. En efecto, el virrey habría sucedido al rey en caso de fallecimiento, pues existía un sistema de transmisión del poder que seguía líneas de consanguinidad también horizontales y no exclusivamente por filiación directa.

Entre los miembros del Lao Issara se encontraba también el llamado “Príncipe Rojo”, Souphanouvong, nacido de la relación furtiva entre el padre de Phetsarat y una empleada doméstica de su residencia, y gran amigo de Ho Chi Minh. El conflicto entre las dos facciones alcanzó su punto más dramático el 12 de octubre de 1945, fecha simbólica para el indigenismo mundial, cuando Phetsarat, en calidad de Primer Ministro, declaró la independencia de Laos con respecto a Francia. El rey Sisavang Vong no ratificó la declaración y, por el contrario, emitió una orden de arresto contra Phetsarat y Souphanouvong, acusándolos de traición a la monarquía. Ambos permanecerían en prisión por muy poco tiempo, ya que las mismas guardias les permitieron escapar hacia Tailandia. Allí, junto a otros miembros del Lao Issara, comenzaron a organizar la resistencia armada contra los franceses y contra la familia real de Luang Prabang.

En pocas semanas, lograron reconquistar dos ciudades clave del centro-sur del país, Thakhek y Savannakhet. En estas localidades, junto a restos del ejército ocupante japonés y voluntarios vietnamitas, construyeron barricadas para defenderse de las represalias del ejército francés, que para entonces había salido de la esfera de influencia alemana y recibido armamento y suministros de los británicos.

Según diversos textos de historia militar francesa —citados en la ya mencionada obra de Mai Na Lee— las alianzas en clave antifrancesa y “anti-hombre blanco” que el Lao Issara forjó, especialmente con los remanentes de las fuerzas japonesas y con el grupo armado Viet Minh de Ho Chi Minh, proporcionaron a los franceses y a mercenarios hmong el mandato “histórico” de llevar la guerra contra el nazi-fascismo también en Laos. En otras palabras, las campañas militares de 1945-46 —durante las cuales se cometieron un número aún impreciso de masacres— fueron inscritas en la historiografía oficial como parte de la cruzada global contra el nacionalsocialismo y como operaciones para la “liberación de Laos”.

Entre dichas acciones, la más significativa fue la masacre de Thakhek (vease el reciente trabajo del historiador Vattana Polsena, donde, en pocas horas, la aviación franco-británica exterminó a varios miles de personas que, sin haber visto nunca antes un avión, intentaron refugiarse en el Mekong, convirtiéndose en blanco fácil. El general francés Jean Boucher de Crèvecœur —quien ocuparía importantes cargos militares en Europa hasta la década de 1980 y que comandaba aquella expedición— calificó la masacre como una victoria fundamental contra el nazi-fascismo. La matanza de Thakhek, ocurrida el 21 de marzo de 1946, es considerada hoy por los historiadores del Partido Comunista Laosiano como el acontecimiento que dio inicio a la Primera Guerra de Indochina en Laos, y que marcó de forma decisiva el apoyo popular a las guerrillas.

Lo que, sin embargo, debe subrayarse a modo de conclusión para los fines de este escrito, es que en el relato colonial, la gendarmería francesa llegó a estas tierras primero como salvadora y luego como liberadora, al menos hasta 1954, cuando fue finalmente expulsada.

Asimismo, es necesario aclarar que en Laos tuvo lugar, ante todo, una larga guerra civil que comenzó el 12 de octubre de 1945 y concluyó el 3 de diciembre de 1975 con la proclamación de la República Democrática Popular Lao. Inmediatamente después, se inició una fase de “limpieza social” que, si bien no desembocó en un genocidio como en la Camboya de Pol Pot, sí provocó un vasto flujo de expulsiones y exilios de todas aquellas personas consideradas colaboradoras de la CIA o de la monarquía de Luang Prabang. La antigua capital del reino de Lan Xang se convirtió en pocos años en una “ciudad fantasma”, como la definió un urbanista francés de la UNESCO cuando pudo ingresar en ella a inicios de la década de 1990.

Junto con el abandono de algunas zonas del país, muchas otras habían sido completamente arrasadas. De ciudades y monumentos no quedaban más que ruinas en todo el antiguo Reino de Xiengkhuang. Lo mismo ocurrió en el centro-sur de Laos. No obstante, la reconstrucción no se benefició de ningún fondo ni capital extranjero. Sus aliados, China y Vietnam, atravesaban también graves dificultades, y la URSS ya había entrado en su fase de declive, presionada por el sostenimiento de un aparato militar sobredimensionado. A excepción del arroz y unos pocos recursos básicos, los aliados de la recién nacida República Popular no pudieron impedir una trágica hambruna debida quizás más a la presencia de minas y bombas sin detonar esparcidas por los arrozales de los valles fluviales que a la colectivización de las tierras, la cual, en todo caso, duró apenas un quinquenio.

La gestión de esta fase extremadamente compleja y dolorosa, marcada tanto por la expulsión de sectores sociales como por la reconstrucción nacional, recayó en el comandante del Ejército de Liberación de Laos, Kaysone Phomvihane, nacido en Savannakhet de padre traductor vietnamita y madre campesina laosiana. Kaysone había participado desde las primeras horas en las revueltas antifrancesas y en el movimiento Lao Issara, y su historya constituye hoy una de las leyendas fundacionales del país.

La excepción de Kaysone


KaysoneEstatua de Kaysone Phomvihane expuesta en el museo dedicado a las guerras de liberación de Laos, Vientián, Laos

Hoy en día, para quienes sostienen posturas marcadamente nacionalistas y nostálgicas del período monárquico, el comandante del Ejército de Liberación de Laos es considerado vietnamita y no laosiano. Esta afirmación posee una doble dimensión. Para algunos, los más radicalizados, Kaysone sería un usurpador del poder de los Lao, que no respetó los acuerdos de paz y accedió al poder mediante un golpe de Estado. Ello ocurrió como resultado de una voluntad política “externa”, atribuida a la Internacional Comunista, y no de una decisión colegiada tomada por la Asamblea Nacional. En efecto, estos sectores no consideran a Kaysone un héroe que, junto a unos pocos compañeros, luchó gran parte de su vida por la independencia política de Laos. Por el contrario, lo ven como el artífice de su sometimiento al comunismo. Esta postura me ha sido reiterada en múltiples ocasiones, de manera informal, por exponentes del movimiento democrático laosiano más radical, es decir, aquellos que aspiran a instaurar una monarquía constitucional en el país, al estilo tailandés.

Existe, sin embargo, una segunda interpretación, más sofisticada, sobre la “impureza” del antiguo comandante guerrillero. El padre de Kaysone era vietnamita y llegó a Savannakhet junto a los franceses, desempeñándose en la administración y la burocracia local en representación de éstos. Durante la época colonial, fueron varios miles los vietnamitas que migraron a Laos por decisión expresa de las autoridades francesas. No poseo elementos suficientes para calificarlas como deportaciones, pero algunos habitantes del centro-sur del país las recuerdan en esos términos. Su fuerza laboral contribuyó sustancialmente a la construcción de la mayoría de las vías de comunicación y residencias coloniales en esa región de Laos. El padre de Kaysone contrajo matrimonio con una mujer laosiana de origen humilde de un poblado cercano a Savannakhet. Además, era profundamente budista, y Kaysone fue educado desde pequeño en un monasterio, viviendo como novicio hasta los 16 años. Posteriormente, su padre decidió enviarlo a estudiar a Vietnam, donde residió varios años en Hanói. A diferencia de las historias anteriores y de las dinastías reales, la biografía de Kaysone se presenta desde el inicio como una excepción.

Se trata de la historia de un laosiano común cuya laocidad, su “sangre lao”, no le proviene del padre, sino de la madre. No estudia en las escuelas coloniales francesas, sino en un monasterio; es padre devoto y esposo enamorado de su única mujer, alejado de cualquier forma de concubinato. Incluso las fotografías que lo retratan ya como Primer Ministro de Laos lo muestran en una vivienda modesta, con una mesa de ping pong y vestido con ropas populares, sin ostentar jamás el poder que había alcanzado. Todo esto se distancia enormemente de la estética del poder real que caracterizó a la monarquía, especialmente tras la llegada de los franceses. Difícilmente una persona como él habría podido acceder a las altas esferas del poder nobiliario de Luang Prabang o Vientián. Y es precisamente este haber venido de “fuera del Reino” lo que lo convierte, a los ojos de los nacionalistas monárquicos, en un “vietnamita” y no en un “laosiano”, una condición de impureza compartida hoy por muchas personas nacidas de relaciones entre falang y mujeres laosianas.

Cabe señalar que no nos hallamos ante un culto al líder típico de los regímenes totalitarios, como suele afirmarse de forma apresurada respecto al Museo de la Resistencia que le fue dedicado. Nos encontramos más bien ante una ruptura con el pasado colonial, en la cual el país es narrado desde otras perspectivas, invirtiendo precisamente ese culto que históricamente había sido reservado a los Reyes-Buda. La historia de Kaysone propone una nueva laocidad: popular, ascética y carismática, dado que su amor patriótico no nace del deseo de poder dentro de un palacio real, sino entre las barricadas de Savannakhet y luego de Thakhek, en su haber vivido diez años en un monasterio y diez años de guerra en una caverna, junto a otras 30.000 personas, en la ciudad secreta de Viengxai. Su trayectoria es, en definitiva, una historia de rebelión que recorre un camino budista. Más que un culto personalista, el retrato que se presenta adquiere los rasgos de un ejemplo a seguir y recuerda a las nuevas generaciones del Partido Comunista —a menudo poco atentas a las lecciones de la historia— los elementos fundamentales del ser guerrillero encarnado por Kaysone.

Comitate Centrale ClandestinoComité Central Clandestino del Ejército de Liberación de Laos, Vienxay, distrito de Huaphan, Laos

Si se pretende ir aún más allá y profundizar la reflexión, es posible vincular este relato sobre Kaysone con una específica producción mítica y literaria laosiana, compuesta por héroes del pueblo que, gracias a la sabiduría adquirida durante sus viajes, logran cumplir hazañas extraordinarias. Estos mitos se distinguen de los budistas o regios por la ausencia de linaje en sus protagonistas. Algunos han sido incorporados a la cosmología budista, otros subsisten como relatos orales. Entre los primeros destaca el de Sieu Savath, representado en la “Capilla Roja”, junto al monasterio más importante de la ciudad, el Wat Xieng Thong. Narra la historia de un joven campesino que decide partir a conocer el mundo y, tras múltiples peripecias, logra convertirse en consejero del rey, a pesar de su ignorancia y de no pertenecer a ninguna casa noble. Lo consigue gracias a una inteligencia innata y una aguda comprensión de las situaciones que enfrenta.

En la segunda categoría de relatos, especialmente en el área de Luang Prabang, puede identificarse otro grupo mitológico, centrado en poblaciones originarias que habitan los bosques y no practican la agricultura. Estas poblaciones son a menudo denominadas “Kha”, término que históricamente designó a pueblos no lao, frecuentemente subordinados o esclavizados. En otros casos, las leyendas tratan sobre los Nyak, demonios del bosque, probablemente así llamados por lo cruento de sus rituales. Como ya se mencionó, con el paso del tiempo estos ritos fueron prohibidos, eliminados o absorbidos por la religión del Reino. En conjunto, estos relatos podrían representar reminiscencias del pasado premonárquico, o bien una pacificación cosmológica nunca culminada en el Mekong central. Desde esta perspectiva, la historia de Kaysone constituiría una auténtica inversión ontológica: marcaría el repliegue de la mitología fundacional de la ciudad sobre un héroe popular que finalmente supera las prácticas monárquicas.

Sin forzar en exceso las conclusiones, la leyenda de las doce hermanas —ya atribuible al período monárquico, aunque con reminiscencias de una época anterior— insinúa la posibilidad de que Luang Prabang posea también un espíritu tutelar femenino. Se trata de una “Reina Indígena”, Nang Kwang Hi, demonio del bosque e hija de la reina del reino de los Nyak, Nang Khong Bhali, cuyo nombre retoma el término “khong”, que en lao contemporáneo significa mono. El mono es un animal recurrente en la mitología local. En la versión laosiana del Ramayana —poema épico indio vinculado, no por casualidad, al rapto de una mujer— no es Hanuman, la deidad hinduista hombre-mono, quien asiste a los héroes, sino un ejército de monos. Además, en esta versión, los dos protagonistas, Phra Lak y Phra Lham, se transforman en monos tras ingerir una raíz venenosa, y durante su búsqueda del demonio y de su amada fundan numerosos poblados a lo largo del Mekong, reclutando así el ejército que derrotará al demonio. En la leyenda de las doce hermanas, en cambio, la princesa nyak se enamora del hijo de la menor de las doce hermanas, Buddhasen, héroe popular laosiano célebre por su éxito en el juego y las peleas de gallos. Ambos mueren de un amor irrealizable que no produce descendencia. En la muerte, son sepultados juntos. La tumba de Nang Kwang Hi sería la montaña situada en la margen derecha del Mekong, frente al centro urbano, conocida como Phu (montaña) Nang (mujer). La tumba de Buddhasen es la montaña adyacente, llamada Phu Thao (hombre). No obstante, la leyenda cuenta que Buddhasen murió a los pies de Nang Kwang Hi, pero que Indra (el dios), al ver en esta superioridad femenina un mal augurio para el futuro del reino —dado que ella era un demonio— decidió invertir sus posiciones, colocando a la mujer a los pies del hombre.

Este mito contiene varios elementos relevantes, sobre todo si se compara con los que conciernen a las familias nobiliarias de Luang Prabang. En primer lugar, a una dinastía de demonios/indígenas que se extingue corresponde la de Khoun Bhulom, el ancestro totémico de la familia real, cuyo hijo, Khoun Lo, conquistó Muang Swa (nombre original de Luang Prabang) en nombre de su padre. Probablemente, Khoun Lo arrebató la ciudad a los Kha o Nyak. En segundo lugar, la historia de Nang Kwang Hi describe claramente el final de un sistema matrilineal por voluntad divina. No sabemos si esto constituye una codificación mítica de la consanguineidad patrilineal como “regla del reino”. Asimismo, este mito no justifica necesariamente el intercambio de mujeres como práctica de gobierno. Tampoco conocemos con certeza si, y cómo, en el caso particular de Luang Prabang, los Kha se convirtieron en Lao. En este sentido, los archivos coloniales de las diversas expediciones posteriores a las de Pavie continuaron utilizando el término “Kha” para referirse a ciertas poblaciones no lao. A inicios del siglo XX, parece que la palabra tenía un valor peyorativo y se empleaba de manera racista para designar a personas que vivían en condiciones de esclavitud de facto (véase Schliesinger). En cualquier caso, en los relatos de la ciudad, ambos mundos permanecen separados cuando uno —el real y budista— no logra imponerse sobre el otro. El relato sobre Kaysone parece entonces reinscribirse en un mundo mítico históricamente sometido o suprimido. Sería interesante reinterpretar la compleja cuestión étnica laosiana partiendo de este campo “indígena” vencido pero redescubierto en el Laos moderno, más allá de la dialéctica entre rey indianizado y líder carismático. De este modo, podríamos volver a apreciar sistemas políticos que no necesariamente se ajustan a las categorías politológicas modernas, y reconsiderar vínculos y relaciones que la prolongada guerra civil del país ha desgarrado profundamente. Escribiré más al respecto en cuanto sea posible.


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Editors - Weight of your Love (2013)


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Ascolta: album.link/i/642890298



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A Roma il Corso CEPOL di formazione-per-formatori per lo scambio di informazioni dell'UE


Il Corso CEPOL Train-the-Trainer 54/2025/ONS sugli sstrumenti per lo scambio di informazioni dell'UE si è svolto recentemente a Roma; l'attività è stata ospitata dalla Scuola di Perfezionamento per le Forze di Polizia, che è l'Unità Nazionale Italiana CEPOL.

Il corso, dal portfolio del Centro di conoscenza CEPOL sulla cooperazione tra le forze dell'ordine (CEPOL CKC), sullo scambio di informazioni e sull'interoperabilità, è stato incentrato sul dotare i professionisti della formazione delle forze dell'ordine degli strumenti necessari per progettare e svolgere la formazione nazionale, trasmettere conoscenze e sviluppare competenze degli utenti finali confrontati con lo scambio di informazioni e l'uso dei rispettivi strumenti e strumenti dell'UE. In totale, 24 partecipanti provenienti da 15 Stati membri dell'UE e 1 paese associato sono stati formati da esperti della Commissione europea, Polonia, Europol, eu-LISA e CEPOL.

Il corso è iniziato con un'intera giornata di sessioni che hanno riguardato gli strumenti, gli strumenti e i meccanismi per lo scambio di informazioni tra le forze dell'ordine disponibili a livello europeo. Comprendeva inoltre un corso di aggiornamento sulla base giuridica per la cooperazione nell'ambito della componente di scambio di informazioni, compreso il ruolo delle agenzie GAI, la qualità e la protezione dei dati e la tutela dei diritti fondamentali. Nei giorni successivi, il programma di attività si è arricchito di conferenze e numerose esercitazioni pratiche relative alle metodologie di progettazione dei prodotti formativi in conformità con principi chiave, approcci e un processo che è alla base di un'efficace progettazione ed erogazione della formazione.

#CEPOL è l'Agenzia dell'Unione europea per la formazione delle autorità di contrasto, è un'agenzia dell'UE istituita nel 2005 1 per offrire corsi di formazione alle forze di polizia e altri funzionari delle autorità di contrasto. La sua missione è migliorare la sicurezza dell'UE attraverso attività di formazione e condivisione delle conoscenze. Il CEPOL CKC (Centro di conoscenza sulla cooperazione tra le forze dell'ordine, sullo scambio di informazioni e sull'interoperabilità) riunisce esperti degli Stati membri e degli organismi competenti dell'UE per progettare il portafoglio di formazione di CEPOL in questo settore specifico. Ciò include il curriculum per ciascuna attività di apprendimento, i risultati dell'apprendimento, una descrizione dei gruppi target nonché il profilo dei formatori che svolgono le attività. Il CEPOL Knowledge Center (CKC) fornisce inoltre consulenza sui risultati della ricerca scientifica e su particolari approcci metodologici per ciascuna attività di formazione. Il portafoglio di formazione è pluriennale e viene rivisto su base annuale per rispondere alle minacce emergenti e ai nuovi sviluppi a livello strategico e operativo e per soddisfare le esigenze di formazione in evoluzione.


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A Roma il Corso CEPOL di formazione-per-formatori per lo scambio di...


A Roma il Corso CEPOL di formazione-per-formatori per lo scambio di informazioni dell'UE


Il Corso CEPOL Train-the-Trainer 54/2025/ONS sugli sstrumenti per lo scambio di informazioni dell'UE si è svolto recentemente a Roma; l'attività è stata ospitata dalla Scuola di Perfezionamento per le Forze di Polizia, che è l'Unità Nazionale Italiana CEPOL.

Il corso, dal portfolio del Centro di conoscenza CEPOL sulla cooperazione tra le forze dell'ordine (CEPOL CKC), sullo scambio di informazioni e sull'interoperabilità, è stato incentrato sul dotare i professionisti della formazione delle forze dell'ordine degli strumenti necessari per progettare e svolgere la formazione nazionale, trasmettere conoscenze e sviluppare competenze degli utenti finali confrontati con lo scambio di informazioni e l'uso dei rispettivi strumenti e strumenti dell'UE. In totale, 24 partecipanti provenienti da 15 Stati membri dell'UE e 1 paese associato sono stati formati da esperti della Commissione europea, Polonia, Europol, eu-LISA e CEPOL.

Il corso è iniziato con un'intera giornata di sessioni che hanno riguardato gli strumenti, gli strumenti e i meccanismi per lo scambio di informazioni tra le forze dell'ordine disponibili a livello europeo. Comprendeva inoltre un corso di aggiornamento sulla base giuridica per la cooperazione nell'ambito della componente di scambio di informazioni, compreso il ruolo delle agenzie GAI, la qualità e la protezione dei dati e la tutela dei diritti fondamentali. Nei giorni successivi, il programma di attività si è arricchito di conferenze e numerose esercitazioni pratiche relative alle metodologie di progettazione dei prodotti formativi in conformità con principi chiave, approcci e un processo che è alla base di un'efficace progettazione ed erogazione della formazione.

#CEPOL è l'Agenzia dell'Unione europea per la formazione delle autorità di contrasto, è un'agenzia dell'UE istituita nel 2005 1 per offrire corsi di formazione alle forze di polizia e altri funzionari delle autorità di contrasto. La sua missione è migliorare la sicurezza dell'UE attraverso attività di formazione e condivisione delle conoscenze. Il CEPOL CKC (Centro di conoscenza sulla cooperazione tra le forze dell'ordine, sullo scambio di informazioni e sull'interoperabilità) riunisce esperti degli Stati membri e degli organismi competenti dell'UE per progettare il portafoglio di formazione di CEPOL in questo settore specifico. Ciò include il curriculum per ciascuna attività di apprendimento, i risultati dell'apprendimento, una descrizione dei gruppi target nonché il profilo dei formatori che svolgono le attività. Il CEPOL Knowledge Center (CKC) fornisce inoltre consulenza sui risultati della ricerca scientifica e su particolari approcci metodologici per ciascuna attività di formazione. Il portafoglio di formazione è pluriennale e viene rivisto su base annuale per rispondere alle minacce emergenti e ai nuovi sviluppi a livello strategico e operativo e per soddisfare le esigenze di formazione in evoluzione.


Segui il blog e interagisci con i suoi post nel fediverso. Scopri dove trovarci:l.devol.it/@CoopIntdiPoliziaTutti i contenuti sono CC BY-NC-SA (creativecommons.org/licenses/b…)Le immagini se non diversamente indicato sono di pubblico dominio.



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✍️I miei Numeri... Anche oggi il numero 4 accompagna ricordi, attese, speranze, sogni e non sono numeri da giocare, sono da ricordare, forse dimenticare! Ma io non dimentico, anche quando vorrei, ogni numero porta con sé un' immagine, un pensiero, un ricordo, una persona, un gesto.... consapevolezza... Poi..niente un numero come tanti, un giorno come altri, però vissuto, atteso, affrontato e poi lasciato, come se stessi sfogliando un libro, ogni giorno una pagina nuova, diversa da vivere, da colorare, da riempire con emozioni, immagini, amici, piccoli attimi vissuti, che rendono ogni pagina speciale, unica e diversa da quella di ieri e probabilmente anche da quella che leggeremo o scriveremo domani! Così anche oggi aspetto, non sono in ansia, sono ferma, è come se avessi rallentato anche me stessa, i miei pensieri, timori e paure, di ritornare in quel luogo dove ho affrontato con coraggio e forza, una fase di questo mio percorso! La più difficile, pesante, ma che ho affrontato meglio, il dopo non è stato facile, anzi, è il dopo che bisogna imparare ad accettare, affrontare, è quel dopo che spesso fa paura, isola, allontana, si cambia inevitabilmente, ci si adatta ad essere diversi, a volte fragili e indifesi, a volte spenti e stanchi.... Poi basta semplicemente guardare a quello che ho già affrontato, ed è li che nasce e si moltiplica il coraggio, guardo mio figlio e mi impongo di lottare , di sperare, di amare, perché la mia missione serve non solo a me, ma anche e soprattutto a lui,! E allora aspetto e so che ci vorrà tempo, per sentire quelle parole, che la mia mente vuol fare allontanare... così aspetto di voltare anche questa pagina...IMG-20250804-080008.jpg


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Counting Crows — Underwater Sunshine (2012)


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A quattro anni dal loro ultimo disco “Saturday Nights and Sunday Mornings”, i Counting Crows ritornano con un nuovo lavoro e questa volta è un disco di cover, spiazzando ancora una volta i loro fan. Ad Adam Duritz & co. infatti, una cosa su cui non si discute è la libertà di “scelta”, in poche parole fanno quello che gli pare senza filtri e costrizioni di sorta. Questa loro “scelta” gli permette di spaziare non solo con dischi variegati; dal vivo, in studio, di cover ma soprattutto con i tempi da loro scelti in base alle loro esigenze e non quelli dettati dalle Majors di turno. Dimostrazione è la scelta dei quindici brani che non appartengono ad un repertorio di canzoni famose o di facile ascolto ma scelte tra quelle che più piacevano a loro. Come risponde Duritz in una intervista: “Io sono un grande credente di una semplice regola, che qui non ci sono regole”. Insomma un gruppo “indipendente” nelle scelte e nelle esecuzioni della serie “prendere o lasciare”... silvanobottaro.it/archives/430…


Ascolta: album.link/i/1169968863



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Counting Crows — Underwater Sunshine (2012)


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A quattro anni dal loro ultimo disco “Saturday Nights and Sunday Mornings”, i Counting Crows ritornano con un nuovo lavoro e questa volta è un disco di cover, spiazzando ancora una volta i loro fan. Ad Adam Duritz & co. infatti, una cosa su cui non si discute è la libertà di “scelta”, in poche parole fanno quello che gli pare senza filtri e costrizioni di sorta. Questa loro “scelta” gli permette di spaziare non solo con dischi variegati; dal vivo, in studio, di cover ma soprattutto con i tempi da loro scelti in base alle loro esigenze e non quelli dettati dalle Majors di turno. Dimostrazione è la scelta dei quindici brani che non appartengono ad un repertorio di canzoni famose o di facile ascolto ma scelte tra quelle che più piacevano a loro. Come risponde Duritz in una intervista: “Io sono un grande credente di una semplice regola, che qui non ci sono regole”. Insomma un gruppo “indipendente” nelle scelte e nelle esecuzioni della serie “prendere o lasciare”... silvanobottaro.it/archives/430…


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Super-Organismi Verso una Nuova Alleanza


Riporto l'#estratto di un libro che mi ha illuminato

formicaio

Nel corso della storia delle civiltà umane, i grandi S.O. sociali hanno utilizzato varie forme di condizionamento per costringere la vita psichica degli individui all’interno di particolari regioni del loro spazio mentale in modo da poterli meglio controllare (e ottenere quella che lo psicologo Charles Tart chiama ‘trance consensuale’ [34] e che F.Varela e H.Maturana – i già citati teorici dell’autopoiesi – chiamano ‘coordinazione comportamentale consensuale’ [35]). Il più semplice, ovvio e primitivo meccanismo di controllo sociale è certamente il metodo coercitivo basato sulla forza diretta, il quale fa leva sui bisogni di basso livello dell’essere umano, quali l’istinto di sopravvivenza e la tendenza ad evitare dolore e sofferenza (D.C. filogenetici), attaccando fisicamente quei membri che si comportano in modo deviante, ferendoli, torturandoli o uccidendoli. Questo tipo di controllo fondato su pene e punizioni, se pur probabilmente tra i più usati nel corso dell’intera storia umana (e in gran parte ancora oggi), è tuttavia molto costoso, in quanto richiede che alcuni membri del gruppo sociale dedichino il proprio tempo a vigilare sugli altri e devono essere mantenute a spese della comunità. Le culture più evolute hanno quindi sviluppato dei meccanismi di controllo e condizionamento più raffinati, basati essenzialmente sul naturale bisogno di accettazione degli individui (e quindi sull’attivazione di D.C. di tipo emozionale), riducendo così la richiesta di risorse umane e fisiche (polizie e penitenziari). Uno di questi meccanismi è utilizzato nelle cosiddette ‘culture della vergogna’, in cui i bambini vengono educati e condizionati a sentirsi davvero male quando l’armonia del gruppo sociale a cui appartengono viene infranta: se la gente sapesse che avete fatto una cosa proibita, provereste una grande vergogna, gettereste discredito su tutti gli altri (la vostra famiglia, la vostra ditta, etc.) oltre che su voi stessi e l’armonia della comunità ne sarebbe distrutta. Non solo una speciale classe di poliziotti, bensì chiunque vi vedesse compiere quell’azione proibita applicherebbe la propria censura: e voi, per paura di essere messi alla gogna evitereste di fare ciò che è proibito. Avendo la sicurezza che nessuno verrà a saperlo, tuttavia, la tentazione di fare qualcosa di proibito rimane grande. Quindi, facendo appello all’ulteriore bisogno di autostima dell’individuo, le cosiddette ‘culture della colpa’ sono andate oltre nello sviluppo dei meccanismi di controllo sociale: attraverso l’attivazione di opportuni domini cognitivi, soprattutto di tipo emozionale ma anche logico-simbolico (che giocano il ruolo del ‘Super-Ego’ freudiano), queste culture sono in grado di punirvi anche solo per il fatto che state semplicemente pensando di trasgredire una qualche norma, che state ‘peccando in cuor vostro’, e vi fanno sentire male per aver giusto contemplato l’idea di compiere l’atto in questione: se poi fate davvero qualcosa che è proibito, il super-ego continuerà a punirvi con i sensi di colpa anche se nessuno saprà mai che siete stati voi. In queste culture le Religioni e la Chiese, arruolate dal S.O. sociale, prendono spesso il posto del Legislatore e delle forze di polizia nell’operare il condizionamento e esercitare, attraverso il loro specifico patrimonio memetico, il controllo sulle menti, e quindi sulle azioni, degli individui coinvolti: a quale altro scopo servirebbero memi quali i ‘Comandamenti’ o il ‘Peccato originale’ e strumenti quali la confessione o la scomunica? Questi tre tipi di condizionamento si basano evidentemente sulla creazione di un ‘feedback negativo’, nel senso che mirano ad inibire negli individui eventuali tendenze comportamentali devianti o con l’uso della forza e della punizione, o anche seguendo la più ortodossa via dell’educazione (familiare, scolastica, religiosa). Altre forme di condizionamento – come vedremo meglio in seguito – mirano invece ad alimentare l’orgoglio e la sete di fama, ricchezza e potere individuali, realizzando dei ‘feed-back positivi’ mediante un ponderato sistema di premi e ricompense, vincite e lotterie, elogi e promozioni, medaglie e riconoscimenti. Insomma, attraverso – sostanzialmente – le due principali forme di condizionamento note agli psicologi, quello ‘operante’ (che induce l’obbedienza infliggendo o minacciando sanzioni, oppure offrendo incentivi e ricompense) e quello ‘classico’ di tipo pavloviano (che si serve dell’educazione e sfrutta i sensi di colpa e di vergogna), i grandi super-organismi sociali hanno progressivamente perfezionato la loro abilità nel tenere gli individui mentalmente confinati all’interno della regione mentale circoscritta dalla loro cultura di appartenenza (i cui limiti sono stabiliti dalla condivisione di un vasto patrimonio memetico), mantenendoli quindi in quello stato collettivo di ‘trance consensuale’ necessario per controllarne il comportamento. Nel corso del ventesimo secolo, peraltro, con la rapida evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa (i cosiddetti ‘media’: libri, riviste, telefoni, radio, televisione e oggi, soprattutto, computer collegati in reti informatiche globali su scala planetaria), un nuovo, sottile e potente meccanismo di condizionamento è entrato in possesso dei super-organismi: la persuasione occulta. Oggi infatti qualsiasi tipo di informazione, cioè qualsiasi meme o gruppo di memi, che sia prodotto dalla mente di un singolo individuo o da un qualsiasi super-organismo, può raggiungere e ‘contagiare’, praticamente in tempo reale, un enorme numero di individui: così, ad esempio, un’intera nazione può essere rapidamente ‘invasa’ dai memi di una nuova moda o di un nuovo spot pubblicitario di tendenza, dal meme rappresentato dal discorso di fine anno del presidente della repubblica, dalle parole del Papa all’Angelus, o dall’immagine di un goal decisivo segnato in una finale dei mondiali di calcio, trasmessa in diretta televisiva oppure ‘on line’ su Internet...

Da Super-Organismi – verso una nuova alleanza di A. Pluchino, pagg 43-44pluchino.it/blablabla.htm

#superorganismi #società #psicologia #memi #complessità #sistemica


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Kurt Vile - Wakin On A Pretty Daze (2013)


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Se “Smoke Ring For My Halo” era il tuffo dalla rupe (per vari motivi), “Wakin’ On A Pretty Daze” si svolge interamente, e per settanta minuti, nei pochi secondi che passano dall’entrata in acqua al riaffioramento. In questo breve e dilatatissimo lasso di tempo, i raggi di sole rifratti illuminano un universo subacqueo imperturbabile, una pletora di meduse e filamenti d’alghe ondeggianti con la corrente. Il nuovo disco di Kurt Vile non è certamente il disco prepotente che era il precedente, ma lo supera probabilmente in fascino col suo andamento rallentato, post-sbornia appunto, come sembra suggerire il titolo... ondarock.it/recensioni/2013_ku…


Ascolta: album.link/i/1589250882



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Kurt Vile - Wakin On A Pretty Daze (2013)


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Se “Smoke Ring For My Halo” era il tuffo dalla rupe (per vari motivi), “Wakin’ On A Pretty Daze” si svolge interamente, e per settanta minuti, nei pochi secondi che passano dall’entrata in acqua al riaffioramento. In questo breve e dilatatissimo lasso di tempo, i raggi di sole rifratti illuminano un universo subacqueo imperturbabile, una pletora di meduse e filamenti d’alghe ondeggianti con la corrente. Il nuovo disco di Kurt Vile non è certamente il disco prepotente che era il precedente, ma lo supera probabilmente in fascino col suo andamento rallentato, post-sbornia appunto, come sembra suggerire il titolo... ondarock.it/recensioni/2013_ku…


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Phosphorescent - Muchacho (2013)


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Devo sinceramente ammettere che i Phosphorescent sono stati la più bella scoperta di questo duemilatredici, anche se questa band statunitense originaria di Athens in Georgia è attiva da un decennio e questo Muchacho è il loro sesto album. Ascoltati per caso in una radio on-line, fin dalle prime note ho capito di aver trovato uno di quei gruppi che ti rimangono dentro, e così sono andato alla scoperta dell'intero album di questo ennesimo gruppo. Traccia dopo traccia erano sempre più soddisfacenti, non chiedetemi perché le ballate di Matthew Houck colpiscano la mia emotività in maniera così forte e lascino un segno che decine di altri musicisti non hanno capacità di incidere nel profondo neppure dopo decine d canzoni. Chiamatelo “colpo di fulmine” se volete... artesuono.blogspot.com/2014/09…


Ascolta: album.link/i/598968577



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Phosphorescent - Muchacho (2013)


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Devo sinceramente ammettere che i Phosphorescent sono stati la più bella scoperta di questo duemilatredici, anche se questa band statunitense originaria di Athens in Georgia è attiva da un decennio e questo Muchacho è il loro sesto album. Ascoltati per caso in una radio on-line, fin dalle prime note ho capito di aver trovato uno di quei gruppi che ti rimangono dentro, e così sono andato alla scoperta dell'intero album di questo ennesimo gruppo. Traccia dopo traccia erano sempre più soddisfacenti, non chiedetemi perché le ballate di Matthew Houck colpiscano la mia emotività in maniera così forte e lascino un segno che decine di altri musicisti non hanno capacità di incidere nel profondo neppure dopo decine d canzoni. Chiamatelo “colpo di fulmine” se volete... artesuono.blogspot.com/2014/09…


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Arcade Fire - Reflektor (2013)


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Doppio disco, gioco “meta” tra band reale e no (i The Reflektor), video interattivi con coinvolgimento diretto di chi lo guarda tramite mamma rete e cam, presenza al prossimo Primavera ampiamente anticipata e strombazzata, concettualità incentrata sull’apparire e l’essere, l’anima che lotta tra frequenze umane e sintetiche. Dalla title-track in poi sfilano un mescolare pulsante di funky, mutant disco, oscuri lampi dark, produzione e suono pompati e tirati a lucido e attitudine pop made in Arcade Fire, ormai rodata e dall’altissimo appeal su chi li ha sempre amati... thenewnoise.it/arcade-fire-ref…


Ascolta: album.link/i/1439818072



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Arcade Fire - Reflektor (2013)


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Doppio disco, gioco “meta” tra band reale e no (i The Reflektor), video interattivi con coinvolgimento diretto di chi lo guarda tramite mamma rete e cam, presenza al prossimo Primavera ampiamente anticipata e strombazzata, concettualità incentrata sull’apparire e l’essere, l’anima che lotta tra frequenze umane e sintetiche. Dalla title-track in poi sfilano un mescolare pulsante di funky, mutant disco, oscuri lampi dark, produzione e suono pompati e tirati a lucido e attitudine pop made in Arcade Fire, ormai rodata e dall’altissimo appeal su chi li ha sempre amati... thenewnoise.it/arcade-fire-ref…


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La monetizzazione dell'anima


Viviamo in una condizione in cui il valore e la rispettabilità di una persona sono valutati quasi esclusivamente in base al suo posto nella società. Lo stesso sistema ci corrompe, trasmettendoci sentimenti negativi come distacco, invidia ed egoismo, e promuovendo valori anti-umani. È difficile rendersi conto di quanto, con le nostre azioni quotidiane, siamo allo stesso tempo complici e vittime di un principio studiato per essere inarrestabile e inattaccabile.Siamo indotti a lavorare precariamente per il sistema, solitamente sfruttati e sottopagati, accontentandoci di quel briciolo di dignità che ci viene concesso, mentre ci neghiamo tempo ed energie preziose. La società può condizionarci fino al punto da spingerci alla disperazione, rendendoci disposti a svolgere qualsiasi mansione, pur di sopravvivere. Così una parte di noi potrà essere ulteriormente sfruttata.

Chi sarà abbastanza fortunato da ottenere una pensione, lo farà al prezzo di 30 o 40 anni della propria vita, passati a faticare quotidianamente in nome di un benessere futuro. Questo implica che la maggior parte di noi avrà agito nell’interesse di qualche oligarca, sempre pronto ad approfittarsi di un possibile sottoposto.

Secondo il sistema, quel sottoposto dovrebbe pure ringraziare per l’opportunità lavorativa, anche se insoddisfacente, alienante e priva di stimoli. L’essere umano vive per natura in equilibrio tra pregi e difetti, e può scegliere se orientarsi verso il bene o verso il male. Queste scelte sono di solito influenzate da un potente elemento esterno: i soldi. Come un catalizzatore, il denaro inquina rapidamente il nostro modo di essere, spingendoci verso il male per trarne profitto, è il principale motore dell’odio e dell’invidia, della competizione e del rancore. Ci si odia tra potenziali amici, tra parenti, tra colleghi.

Per chi ne ha in abbondanza, il denaro diventa un’egocentrica valvola di sfogo, uno strumento per dimostrare agli altri ciò che non possono permettersi. Questi facoltosi signori possono credersi superiori nel più facile dei modi. Gli ultra-ricchi hanno bisogno di sentirsi in un perenne stato di privilegio, elevati sopra il resto del mondo, gioendo del male comune che garantisce la loro posizione di vantaggio.

Se le persone appartenenti alla classe medio-bassa avessero l’occasione, potrebbero diventare i peggiori tra i ricchi, rivendicando con arroganza le fatiche e le sofferenze vissute. È sbagliato, ma umano. Guadagnare diventa una dipendenza psicologica: gratifica, fa sentire bene, e più soldi si hanno, più se ne desiderano. Macchine costose e vestiti di marca diventano maschere che nascondono ciò che realmente siamo: esseri umani con pregi, difetti, debolezze e difficoltà.

Per vivere nel lusso e nella bambagia, non serve un conto da sei o sette zeri: se le ricchezze fossero distribuite equamente, anche gli ultra-ricchi continuerebbero a vivere nel comfort, seppur rinunciando a una parte dei loro crediti. La presunzione di superiorità di un ultra-ricco non si compra: si ottiene solo con il potere.

Il denaro monetizza le nostre ambizioni, i nostri desideri, determina il valore e quanto siano realizzabili le nostre vite. Ogni aspetto della nostra quotidianità, materiale o intellettuale, è ormai legato al denaro. Questo ha un effetto devastante sulla nostra psiche, fragile e facilmente corruttibile. La forza del denaro riesce ad invertire i nostri criteri su ciò che è giusto o sbagliato, sia nel micro che nel macrocosmo. È il pretesto giusto per commettere azioni sbagliate.

Tutto ha un prezzo, anche le persone, e se ritieni di non essere mai stato comprabile, forse è solo perché non sei ancora stato valutato abbastanza. Le azioni più terribili della storia sono state commesse per denaro e potere. I soldi fanno girare il mondo e, di conseguenza, anche il nostro modo di spenderli determina l’andamento delle cose.

Il bisogno eccessivo di acquistare oggetti costosi e attraenti favorisce un mercato in cui solo gli oligarchi traggono un vero beneficio, mentre noi diventiamo sempre più dipendenti da ciò di cui ci circondiamo. L’aumento del potere d’acquisto può trasformare profondamente l’anima, convertendo i nostri valori e la nostra moralità, monetizzandoli. Per dimostrare queste tesi, faccio affidamento a comportamenti comuni, dove risiedono degli evidenti sentimenti di incoerenza, ingiustizia e aggressività. I supermercati sono un travolgente emblema di cattiveria, ignoranza e opportunismo.

Quando si acquista carne, si tende a spendere il meno possibile, anche tra i benestanti, ignorando il terribile processo industriale che comporta la schiavitù e la tortura di animali, pur di mantenere bassi i prezzi. La cattiveria appartiene al sistema orripilante, l‘ignoranza appartiene al consumatore consapevole ma disinteressato. L’opportunismo appartiene a entrambi, avidi e ingordi. Il denaro ci ha anche insegnato che “l’amore non ha età”. Succede spesso che anziani facoltosi, nel tramonto della loro vita, riescano a far “innamorare” ragazze più giovani di 30 o 40 anni, ricambiando il sentimento con una cospicua presenza nel testamento.

La priorità rimane il denaro, anche in un argomento così delicato come l’amore. Ciò che dovrebbe essere illecito diventa all’occasione accettabile, ciò che era sbagliato diventa giusto e giustificato. Le più terribili cose fatte per potere e denaro, traffico di droga, armi o esseri umani, sono gestite da persone nate potenzialmente buone che hanno venduto la propria anima, corrotte da guadagni seducenti e irrinunciabili. Le guerre stesse sono spesso promosse da fornitori d’armi, che per interessi economici nell’industria bellica, causano indirettamente la morte di migliaia di soldati e civili.

Quando si dispone di un grande potere d’acquisto, si innesca un lavaggio del cervello che orienta la propria vita esclusivamente verso l’accumulo di ricchezza. Anche la spiacevole morte di un parente può essere motivo di gioia, se accompagnata da un’importante eredità. Avidità e competizione possono intaccare anche i legami familiari più stretti. I soldi possono vincere anche i più forti sentimenti familiari. I soldi possono essere la priorità anche a discapito dei legami più stretti. Gli anziani, tra le categorie più vulnerabili della società, sono spesso vittime ambite di truffe e furti. Derubare un anziano o un disabile è una delle più gravi conseguenze generate dal baratto della propria anima per il vile denaro. Per questa gente esiste unicamente l‘opportunità per ottenerlo, anche se nelle maniere più subdole. Questa è una realtà piuttosto frequente, eppure nessuno nasce truffatore, ma molti lo diventano col tempo.

Un esempio meno gravoso sull’aspetto umano, ma comunque significativo, riguarda i veterinari. Molti giovani ambiscono a questa professione mossi dal desiderio di fare del bene incondizionatamente. Alcuni di loro studiano e lo diventano. Una volta adulti, scoprono che il mestiere è altamente remunerativo, e che curare un animale domestico è tutt’altro che economico, potremmo dire che può diventare un lusso. Alcuni finiscono per approfittarsi dei sentimenti dei padroni, chiedendo somme elevate, sapendo che l’alternativa è lasciarli morire. Loro stessi da giovani avrebbero agito seguendo un ideale di giustizia; poi, scoprendo il profitto, crescono e diventano parte del sistema.


noblogo.org/disattualizzando/m…


Caveman - Caveman (2013)


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Là, da qualche parte nella sconfinata metropoli chiamata New York City, incontriamo la musica di “Caveman”, secondo disco del quintetto omonimo, bellissimo intreccio fra voce di intensità emozionale e un tappeto sonoro le cui trame sono tese dagli efficaci e raffinati interventi delle chitarre e dal resto degli strumenti. A differenza del loro primo sottovalutato album “Coco Beware” del 2011, disco con sfumature... artesuono.blogspot.com/2014/11…


Ascolta: album.link/i/672750246



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Caveman - Caveman (2013)


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Là, da qualche parte nella sconfinata metropoli chiamata New York City, incontriamo la musica di “Caveman”, secondo disco del quintetto omonimo, bellissimo intreccio fra voce di intensità emozionale e un tappeto sonoro le cui trame sono tese dagli efficaci e raffinati interventi delle chitarre e dal resto degli strumenti. A differenza del loro primo sottovalutato album “Coco Beware” del 2011, disco con sfumature... artesuono.blogspot.com/2014/11…


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La banda rumena che rubava dai bancomat in tutta Europa smantellata anche grazie alla rete antimafia @ON (guidata dalla DIA italiana)


*Una indagine e la finale “giornata d’azione” sono state supportate dalla rete @ON Network finanziata dall’Unione Europea (Progetto ISF4@ON), guidata dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) italiana.*

I Partner coinvolti nelle indagini sono stati: Romania (Polizia Nazionale (Poliția Română)) e Procura; Regno Unito: Crown Prosecution Service, Eastern Region Special Operations Unit; nonché Eurojust ed Europol.

La banda si spostava dalla Romania verso diversi paesi dell’Europa occidentale, principalmente nel Regno Unito, dove prelevava ingenti somme di denaro da sportelli bancomat (ATM). Successivamente riciclava i proventi investendo in immobili, aziende, vacanze e prodotti di lusso, tra cui auto e gioielli.


Truffatori di bancomat fermati in un’operazione supportata da Europol e guidata dalle autorità rumene e britanniche


I membri del gruppo usavano ostentatamente un soprannome dispregiativo nei confronti della polizia, che veniva mostrato sulle targhe delle auto in loro possesso, sulle magliette o altri capi d’abbigliamento, in post sui social network, o persino inciso sul cancello in metallo all’ingresso della casa di uno dei membri.

Nel dicembre 2024, le forze dell’ordine hanno condotto un’operazione contro il gruppo nel Regno Unito. Il 23 luglio 2025, è seguita una seconda azione contro la banda a Bacău, in Romania, che ha portato a:

  • 2 arresti
  • 18 perquisizioni domiciliari
  • Sequestro di immobili, auto di lusso, dispositivi elettronici e contanti.

Guarda il video qui youtu.be/uFotVzHx9D8


Il ruolo di Europol


Europol ha fornito un’analisi dati approfondita basata sulle informazioni raccolte dagli investigatori rumeni e britannici, risultata fondamentale per il successo dell’operazione. Durante le indagini, Europol ha inoltre ospitato diverse riunioni operative e ha inviato un analista in Romania per assistere le autorità nazionali nelle attività esecutive.

Europol ha supportato anche la squadra investigativa congiunta (JIT) firmata presso Eurojust da Romania e Regno Unito.

Il ruolo di Eurojust


Eurojust ha contribuito alla creazione della squadra investigativa congiunta, ha fornito assistenza giudiziaria transfrontaliera e ha collaborato alla preparazione della giornata d’azione in Romania.


Il metodo “TRF”


La banda commetteva le frodi con il metodo denominato Transaction Reversal Fraud (TRF). I sospettati rimuovevano lo schermo di un bancomat, inserivano una carta e richiedevano un prelievo. Prima che il denaro venisse erogato, annullavano l’operazione (o la invertivano), riuscendo così a infilare la mano nel dispositivo e sottrarre il denaro prima che venisse ritirato dalla macchina.

Gli investigatori ritengono che, con questo metodo, la banda abbia sottratto una cifra stimata in 580.000 euro.


La Rete @ON


La Rete @ON consente ai Paesi partner di ottenere informazioni mirate e svolgere in tempi brevi servizi di cooperazione di polizia sul campo, al fine di poter smantellare le Organizzazioni Criminali (OC) di alto livello delle reti della criminalità organizzata, comprese quelle mafiose italiane, russe, di etnia albanese, nonché le bande dei motociclisti e le attività di riciclaggio connesse.

Grazie ad @ON, è stato possibile accrescere la cooperazione tra le autorità di polizia dei Paesi membri e scambiarsi le prassi migliori, potenziando lo scambio informativo, definire un miglior quadro di intelligence e dispiegare investigatori @ON, specializzati nel fenomeno criminale oggetto d’indagine.


noblogo.org/cooperazione-inter…


La banda rumena che rubava dai bancomat in tutta Europa smantellata anche...


La banda rumena che rubava dai bancomat in tutta Europa smantellata anche grazie alla rete antimafia @[url=https://rollenspiel.social/users/On]Keep It[/url] (guidata dalla DIA italiana)


*Una indagine e la finale “giornata d’azione” sono state supportate dalla rete @[url=https://rollenspiel.social/users/On]Keep It[/url] Network finanziata dall’Unione Europea (Progetto ISF4@[url=https://rollenspiel.social/users/On]Keep It[/url]), guidata dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) italiana.*

I Partner coinvolti nelle indagini sono stati: Romania (Polizia Nazionale (Poliția Română)) e Procura; Regno Unito: Crown Prosecution Service, Eastern Region Special Operations Unit; nonché Eurojust ed Europol.

La banda si spostava dalla Romania verso diversi paesi dell’Europa occidentale, principalmente nel Regno Unito, dove prelevava ingenti somme di denaro da sportelli bancomat (ATM). Successivamente riciclava i proventi investendo in immobili, aziende, vacanze e prodotti di lusso, tra cui auto e gioielli.


Truffatori di bancomat fermati in un’operazione supportata da Europol e guidata dalle autorità rumene e britanniche


I membri del gruppo usavano ostentatamente un soprannome dispregiativo nei confronti della polizia, che veniva mostrato sulle targhe delle auto in loro possesso, sulle magliette o altri capi d’abbigliamento, in post sui social network, o persino inciso sul cancello in metallo all’ingresso della casa di uno dei membri.

Nel dicembre 2024, le forze dell’ordine hanno condotto un’operazione contro il gruppo nel Regno Unito. Il 23 luglio 2025, è seguita una seconda azione contro la banda a Bacău, in Romania, che ha portato a:

  • 2 arresti
  • 18 perquisizioni domiciliari
  • Sequestro di immobili, auto di lusso, dispositivi elettronici e contanti.

Guarda il video qui youtu.be/uFotVzHx9D8


Il ruolo di Europol


Europol ha fornito un’analisi dati approfondita basata sulle informazioni raccolte dagli investigatori rumeni e britannici, risultata fondamentale per il successo dell’operazione. Durante le indagini, Europol ha inoltre ospitato diverse riunioni operative e ha inviato un analista in Romania per assistere le autorità nazionali nelle attività esecutive.

Europol ha supportato anche la squadra investigativa congiunta (JIT) firmata presso Eurojust da Romania e Regno Unito.

Il ruolo di Eurojust


Eurojust ha contribuito alla creazione della squadra investigativa congiunta, ha fornito assistenza giudiziaria transfrontaliera e ha collaborato alla preparazione della giornata d’azione in Romania.


Il metodo “TRF”


La banda commetteva le frodi con il metodo denominato Transaction Reversal Fraud (TRF). I sospettati rimuovevano lo schermo di un bancomat, inserivano una carta e richiedevano un prelievo. Prima che il denaro venisse erogato, annullavano l’operazione (o la invertivano), riuscendo così a infilare la mano nel dispositivo e sottrarre il denaro prima che venisse ritirato dalla macchina.

Gli investigatori ritengono che, con questo metodo, la banda abbia sottratto una cifra stimata in 580.000 euro.


La Rete @[url=https://rollenspiel.social/users/On]Keep It[/url]


La Rete @[url=https://rollenspiel.social/users/On]Keep It[/url] consente ai Paesi partner di ottenere informazioni mirate e svolgere in tempi brevi servizi di cooperazione di polizia sul campo, al fine di poter smantellare le Organizzazioni Criminali (OC) di alto livello delle reti della criminalità organizzata, comprese quelle mafiose italiane, russe, di etnia albanese, nonché le bande dei motociclisti e le attività di riciclaggio connesse.

Grazie ad @[url=https://rollenspiel.social/users/On]Keep It[/url], è stato possibile accrescere la cooperazione tra le autorità di polizia dei Paesi membri e scambiarsi le prassi migliori, potenziando lo scambio informativo, definire un miglior quadro di intelligence e dispiegare investigatori @[url=https://rollenspiel.social/users/On]Keep It[/url], specializzati nel fenomeno criminale oggetto d’indagine.


Segui il blog e interagisci con i suoi post nel fediverso. Scopri dove trovarci:l.devol.it/@CoopIntdiPoliziaTutti i contenuti sono CC BY-NC-SA (creativecommons.org/licenses/b…)Le immagini se non diversamente indicato sono di pubblico dominio.



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Mavis Staples - One True Vine (2013)


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A sei anni dall'ottimo Well never turn back e a tre dal buon You are not alone, ritorna Mavis Staples con “One True Vine”, quattordicesima incisione della sua ultra quarantennale carriera. Da cantante gospel qual'è, è ancora la fede il comune denominatore dei suoi testi, ma è sempre la sua meravigliosa voce a renderli superlativi. A fronte dei suoi settantaquattro anni, la Mavis non mostra segni di decadimento... artesuono.blogspot.com/2014/11…


Ascolta: album.link/i/1485057846



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Mavis Staples - One True Vine (2013)


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A sei anni dall'ottimo Well never turn back e a tre dal buon You are not alone, ritorna Mavis Staples con “One True Vine”, quattordicesima incisione della sua ultra quarantennale carriera. Da cantante gospel qual'è, è ancora la fede il comune denominatore dei suoi testi, ma è sempre la sua meravigliosa voce a renderli superlativi. A fronte dei suoi settantaquattro anni, la Mavis non mostra segni di decadimento... artesuono.blogspot.com/2014/11…


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Oggi 29 luglio è la giornata mondiale della tigre. La caccia illegale e il commercio di parti (pelle, ossa e organi) rappresentano la minaccia più grave per la sua sopravvivenza. Come può intervenire la cooperazione internazionale di polizia


Lo sviluppo umano, come l'espansione dell'agricoltura, l'urbanizzazione e le infrastrutture, sta riducendo e frammentando gli habitat naturali delle tigri, limitando il loro spazio vitale. Quando le tigri entrano in contatto con le comunità umane, possono verificarsi attacchi a persone e bestiame, portando a ritorsioni e uccisioni da parte degli esseri umani.

Le tigri possono essere vulnerabili a malattie trasmesse dagli animali domestici, come cani e bestiame, presenti nelle aree circostanti i loro habitat. Alcune popolazioni di tigri hanno una bassa diversità genetica a causa di piccole dimensioni e isolamento, il che le rende più vulnerabili a malattie e cambiamenti ambientali.

I cambiamenti climatici, come l'aumento delle temperature e la modifica dei regimi di pioggia, possono influenzare negativamente gli habitat e le prede delle tigri.

La conservazione delle tigri richiede sforzi coordinati a livello internazionale per affrontare queste minacce e proteggere i loro habitat naturali.

Le tigri, insieme ad altri grandi felini, siano oggetto di una pressione crescente per il commercio delle loro parti, in particolare le ossa, principalmente destinate all'uso medicinale in Asia. Sebbene le ossa di tigre siano la materia prima più ricercata, vi è una crescente preoccupazione per la sostituzione con ossa di altri grandi felini, come leoni e giaguari, sia per aumentare l'offerta, sia per aggirare le normative.

Un aspetto cruciale per la tutela delle tigri riguarda lo sviluppo di operazioni di allevamento in cattività. Dal 1990, si è assistito a un aumento di queste strutture, create in parte per rispondere alla diminuzione delle tigri selvatiche e all'inasprimento delle restrizioni sul commercio internazionale di specie provenienti da fonti selvatiche. Sebbene il commercio internazionale di parti provenienti da allevamenti in cattività sia generalmente permesso dalla CITES (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione), con requisiti regolatori diversi rispetto al commercio da fonti selvatiche, le parti contraenti CITES hanno mantenuto una posizione precauzionale e restrittiva riguardo al commercio di tigri provenienti da allevamenti in cattività per scopi commerciali. Le preoccupazioni principali riguardano i rischi per le popolazioni selvatiche che potrebbero derivare dalla legalizzazione dei mercati di destinazione.

È stata osservata una fuoriuscita di ossa da allevamenti di tigri per alimentare il mercato medicinale, spesso in violazione delle leggi nazionali. Per quanto riguarda i leoni, il Sudafrica ha permesso l'esportazione legale di scheletri di leone verso il Sud-Est asiatico, derivanti da popolazioni in cattività legate all'industria della caccia sportiva. Tuttavia, questo mercato è ora sospeso e il governo sudafricano ha manifestato l'intenzione di porre fine all'industria di allevamento di leoni in cattività. La sospensione di queste esportazioni legali solleva il rischio di un aumento del traffico di ossa provenienti da fonti captive.

I documenti sottolineano la persistenza dei mercati di destinazione per le parti di grandi felini e indicano che, anche se la produzione di prodotti medicinali avviene prevalentemente nei paesi consumatori, c'è un potenziale aumento della lavorazione delle ossa più vicino alla fonte, creando paste o colle. Questa innovazione nel traffico rappresenta un rischio da monitorare attentamente per le tigri e altre specie.

Pertanto, gli aspetti chiave sono:

  • Controllo rigoroso degli allevamenti in cattività: Limitare la proliferazione non regolamentata e prevenire la fuoriuscita di parti di tigri dal mercato legale.
  • Contrastare la domanda di prodotti derivati da tigri: Attraverso campagne di sensibilizzazione e politiche che riducano l'uso di queste parti nella medicina tradizionale.
  • Monitorare e reprimere il traffico illegale: Sia dalle popolazioni selvatiche che dagli allevamenti in cattività.
  • Evitare la sostituzione con altre specie: Assicurarsi che le restrizioni sul commercio di parti di tigre non portino a un aumento del traffico di altre specie di grandi felini.

In definitiva, la necessità di preservare le tigri selvatiche richiede un approccio integrato che affronti sia la domanda di mercato che la gestione delle fonti di approvvigionamento, inclusa la rigorosa supervisione degli allevamenti in cattività.

Con riguardo alla cooperazione internazionale (inspecie di polizia) gli aspetti salienti riguardano:

  1. Contrasto al bracconaggio e al commercio illegale:
    • Scambio di informazioni e intelligence tra le forze di polizia di diversi paesi per identificare e smantellare le reti di bracconaggio e traffico.
    • Operazioni congiunte di contrasto al bracconaggio e sequestro di prodotti illegali a base di tigre.
    • Rafforzamento della cooperazione doganale per impedire il contrabbando transfrontaliero.


  2. Applicazione della legge e perseguimento dei criminali:
    • Armonizzazione e applicazione di leggi severe contro il bracconaggio e il commercio illegale di specie protette.
    • Condivisione di prove e prove forensi per perseguire i trafficanti a livello internazionale.
    • Formazione congiunta delle forze dell'ordine sulle tecniche di indagine e applicazione della legge.


  3. Protezione degli habitat delle tigri:
    • Coordinamento transfrontaliero per la gestione e la protezione di aree protette condivise.
    • Scambio di conoscenze e migliori pratiche sulla conservazione degli habitat delle tigri.
    • Monitoraggio e sorveglianza congiunti delle aree di confine per prevenire l'intrusione e il bracconaggio.


  4. Sensibilizzazione e coinvolgimento delle comunità locali:
    • Campagne di sensibilizzazione internazionali per ridurre la domanda di prodotti a base di tigre.
    • Programmi di sviluppo sostenibile per le comunità che vivono vicino agli habitat delle tigri.
    • Coinvolgimento delle comunità locali nella protezione e nella sorveglianza delle tigri.


Una cooperazione internazionale efficace, in particolare tra le forze di polizia, è essenziale per affrontare le minacce multidimensionali alla sopravvivenza delle tigri a livello globale.


noblogo.org/cooperazione-inter…


Oggi 29 luglio è la giornata mondiale della tigre.


Oggi 29 luglio è la giornata mondiale della tigre. La caccia illegale e il commercio di parti (pelle, ossa e organi) rappresentano la minaccia più grave per la sua sopravvivenza. Come può intervenire la cooperazione internazionale di polizia


Lo sviluppo umano, come l'espansione dell'agricoltura, l'urbanizzazione e le infrastrutture, sta riducendo e frammentando gli habitat naturali delle tigri, limitando il loro spazio vitale. Quando le tigri entrano in contatto con le comunità umane, possono verificarsi attacchi a persone e bestiame, portando a ritorsioni e uccisioni da parte degli esseri umani.

Le tigri possono essere vulnerabili a malattie trasmesse dagli animali domestici, come cani e bestiame, presenti nelle aree circostanti i loro habitat. Alcune popolazioni di tigri hanno una bassa diversità genetica a causa di piccole dimensioni e isolamento, il che le rende più vulnerabili a malattie e cambiamenti ambientali.

I cambiamenti climatici, come l'aumento delle temperature e la modifica dei regimi di pioggia, possono influenzare negativamente gli habitat e le prede delle tigri.

La conservazione delle tigri richiede sforzi coordinati a livello internazionale per affrontare queste minacce e proteggere i loro habitat naturali.

Le tigri, insieme ad altri grandi felini, siano oggetto di una pressione crescente per il commercio delle loro parti, in particolare le ossa, principalmente destinate all'uso medicinale in Asia. Sebbene le ossa di tigre siano la materia prima più ricercata, vi è una crescente preoccupazione per la sostituzione con ossa di altri grandi felini, come leoni e giaguari, sia per aumentare l'offerta, sia per aggirare le normative.

Un aspetto cruciale per la tutela delle tigri riguarda lo sviluppo di operazioni di allevamento in cattività. Dal 1990, si è assistito a un aumento di queste strutture, create in parte per rispondere alla diminuzione delle tigri selvatiche e all'inasprimento delle restrizioni sul commercio internazionale di specie provenienti da fonti selvatiche. Sebbene il commercio internazionale di parti provenienti da allevamenti in cattività sia generalmente permesso dalla CITES (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione), con requisiti regolatori diversi rispetto al commercio da fonti selvatiche, le parti contraenti CITES hanno mantenuto una posizione precauzionale e restrittiva riguardo al commercio di tigri provenienti da allevamenti in cattività per scopi commerciali. Le preoccupazioni principali riguardano i rischi per le popolazioni selvatiche che potrebbero derivare dalla legalizzazione dei mercati di destinazione.

È stata osservata una fuoriuscita di ossa da allevamenti di tigri per alimentare il mercato medicinale, spesso in violazione delle leggi nazionali. Per quanto riguarda i leoni, il Sudafrica ha permesso l'esportazione legale di scheletri di leone verso il Sud-Est asiatico, derivanti da popolazioni in cattività legate all'industria della caccia sportiva. Tuttavia, questo mercato è ora sospeso e il governo sudafricano ha manifestato l'intenzione di porre fine all'industria di allevamento di leoni in cattività. La sospensione di queste esportazioni legali solleva il rischio di un aumento del traffico di ossa provenienti da fonti captive.

I documenti sottolineano la persistenza dei mercati di destinazione per le parti di grandi felini e indicano che, anche se la produzione di prodotti medicinali avviene prevalentemente nei paesi consumatori, c'è un potenziale aumento della lavorazione delle ossa più vicino alla fonte, creando paste o colle. Questa innovazione nel traffico rappresenta un rischio da monitorare attentamente per le tigri e altre specie.

Pertanto, gli aspetti chiave sono:

  • Controllo rigoroso degli allevamenti in cattività: Limitare la proliferazione non regolamentata e prevenire la fuoriuscita di parti di tigri dal mercato legale.
  • Contrastare la domanda di prodotti derivati da tigri: Attraverso campagne di sensibilizzazione e politiche che riducano l'uso di queste parti nella medicina tradizionale.
  • Monitorare e reprimere il traffico illegale: Sia dalle popolazioni selvatiche che dagli allevamenti in cattività.
  • Evitare la sostituzione con altre specie: Assicurarsi che le restrizioni sul commercio di parti di tigre non portino a un aumento del traffico di altre specie di grandi felini.

In definitiva, la necessità di preservare le tigri selvatiche richiede un approccio integrato che affronti sia la domanda di mercato che la gestione delle fonti di approvvigionamento, inclusa la rigorosa supervisione degli allevamenti in cattività.

Con riguardo alla cooperazione internazionale (inspecie di polizia) gli aspetti salienti riguardano:

  1. Contrasto al bracconaggio e al commercio illegale:
    • Scambio di informazioni e intelligence tra le forze di polizia di diversi paesi per identificare e smantellare le reti di bracconaggio e traffico.
    • Operazioni congiunte di contrasto al bracconaggio e sequestro di prodotti illegali a base di tigre.
    • Rafforzamento della cooperazione doganale per impedire il contrabbando transfrontaliero.


  2. Applicazione della legge e perseguimento dei criminali:
    • Armonizzazione e applicazione di leggi severe contro il bracconaggio e il commercio illegale di specie protette.
    • Condivisione di prove e prove forensi per perseguire i trafficanti a livello internazionale.
    • Formazione congiunta delle forze dell'ordine sulle tecniche di indagine e applicazione della legge.


  3. Protezione degli habitat delle tigri:
    • Coordinamento transfrontaliero per la gestione e la protezione di aree protette condivise.
    • Scambio di conoscenze e migliori pratiche sulla conservazione degli habitat delle tigri.
    • Monitoraggio e sorveglianza congiunti delle aree di confine per prevenire l'intrusione e il bracconaggio.


  4. Sensibilizzazione e coinvolgimento delle comunità locali:
    • Campagne di sensibilizzazione internazionali per ridurre la domanda di prodotti a base di tigre.
    • Programmi di sviluppo sostenibile per le comunità che vivono vicino agli habitat delle tigri.
    • Coinvolgimento delle comunità locali nella protezione e nella sorveglianza delle tigri.


Una cooperazione internazionale efficace, in particolare tra le forze di polizia, è essenziale per affrontare le minacce multidimensionali alla sopravvivenza delle tigri a livello globale.


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Elementi essenziali


La Dott.ssa Wales ripeteva più volte, ai suoi studenti: “Siamo un organismo vivente. Abbiamo bisogno di aria, acqua, cibo e riparo.” (…)

Abbiamo bisogno di aria, acqua, cibo e riparo. Si tratta di un principio essenziale, importante per ogni paziente.

Abbiamo bisogno di aria, acqua, cibo e riparo. Lasciate che le parole penetrino fino al fondo del pozzo del vostro cuore. Lasciate che le parole giungano alla loro origine.

riparo


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Nick Cave & The Bad Seeds - Push The Sky Away (2013)


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Nick cave è un Grande musicista, questo va detto subito, ad onor del vero. Va detto soprattutto come riparo da pareri contrastanti e come salvaguardia di un “patrimonio” musicale tra i più interessanti degli ultimi trent'anni. Bisogna ricordare infatti che il nostro Nick, tra “Boys Next Door”, “Bad Seeds”, “Grinderman”, “Warren Ellis” e alcune colonne sonore, ha inciso ventisei dischi, quasi uno all'anno, mica... artesuono.blogspot.com/2014/10…


Ascolta: album.link/i/577620744



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Nick Cave & The Bad Seeds - Push The Sky Away (2013)


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Nick cave è un Grande musicista, questo va detto subito, ad onor del vero. Va detto soprattutto come riparo da pareri contrastanti e come salvaguardia di un “patrimonio” musicale tra i più interessanti degli ultimi trent'anni. Bisogna ricordare infatti che il nostro Nick, tra “Boys Next Door”, “Bad Seeds”, “Grinderman”, “Warren Ellis” e alcune colonne sonore, ha inciso ventisei dischi, quasi uno all'anno, mica... artesuono.blogspot.com/2014/10…


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✍️ Attese .. Ho atteso la pioggia, ci spero ancora! È un po' una liberazione, una rinascita, un risveglio, di cui ho bisogno e che attendo , a breve a giorni! Ma poi mi lascio rattristare da un evento, dei silenzi , una parola detta male, un evento apparentemente insignificante! E allora torna l'ansia, la paura, pensieri confusi, sensazioni, emozioni che si susseguono, quasi impazzite ed io mi perdo, mi fermo e crollo e vorrei piangere, non riesco e mi sento come soffocare, come non riuscire a respirare, ho bisogno e devo liberare! Ma oggi qualcuno mi ha detto che l'ansia è paralizzante ed è così, vorrei aprirmi di più, vorrei essere più libera anche di dire che ci sto male e che ho paura..ma vedo porte chiuse, momenti inadatti e cuori e menti con cui non riesco a trovare empatia.. connessione! In questi giorni sto ricevendo comprensione, presenza, parole, esperienza, da parte di qualcuno che ci è passato e che nonostante sia difficile e doloroso, ne parla apertamente..Poi con naturalezza e tatto si è avvicinato e mi ha allungato la mano! Ma il mio timore è quello di affidarmi troppo, di legarmi a tal punto da avere timore di perdere questo appiglio, questo faro che sta illuminando il mio cammino, verso quel porto che mi darà risposte, conferme o chissà cosa ... così attendo che piova e che la pioggia allegerisca e porti via con sé questi miei attimi, queste fragilità, queste tristi sensazioni...

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Yo La Tengo - Fade (201


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Di tanto in tanto capita di ascoltare un album di cui non si ha voglia di parlare temendo un confronto tra di esso e le proprie parole. Questo succede quando un disco comunica qualcosa non appena comincia a suonare e subito uno si sente partecipe delle emozioni dell'artista e gli regala candidamente le proprie, e anche dopo aver ascoltato un solo brano hai la certezza che tutto il resto sarà buono. Questo è uno di questi... artesuono.blogspot.com/2014/10…


Ascolta: album.link/i/1589234541



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Yo La Tengo - Fade (201


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Di tanto in tanto capita di ascoltare un album di cui non si ha voglia di parlare temendo un confronto tra di esso e le proprie parole. Questo succede quando un disco comunica qualcosa non appena comincia a suonare e subito uno si sente partecipe delle emozioni dell'artista e gli regala candidamente le proprie, e anche dopo aver ascoltato un solo brano hai la certezza che tutto il resto sarà buono. Questo è uno di questi... artesuono.blogspot.com/2014/10…


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✍️ Pensieri e Ricordi..

Mi affido e confido nelle parole, cercando in qualche modo di alleggerire la mia mente! E il Cuore? Anche, cerco, combatto, vado e mi rialzo e adesso vivo alla giornata, aspetto giorni diversi e chissà migliori!? A breve la mia prima visita di controllo, esami ecc, ecc, ripercorrere forse in pochi attimi, un anno quasi vissuto nel dolore, nel terrore, nel pianto, nella solitudine! E già, poi arriverà quel numero 8 che è stato l'inizio di tutto, la scoperta, l'nizio di un viaggio nuovo, difficile a tratti doloroso, un viaggio della speranza, della conoscenza di una parte nuova, di sé, scoprire di essere parte , partecipe, responsabile e poi ospite di un male, che a me ha sempre fatto paura, e se ancora oggi ho difficoltà a pronunciarne il nome, non giudicatemi, non additate, non pensate che sia stato facile scoprire dall'oggi al domani di essere malata..mi sono isolata, ho pianto, ho pregato tanto, avevo bisogno di sperare, di credere che qualcosa o qualcuno, mi facesse risvegliare da un incubo! E invece dopo meno di un mese, finalmente la diagnosi precisa, di Carcinoma duttale infiltrante, ma mi è bastato guardare negli occhi il mio senologo e capire che non era nulla di buono e alla spiegazione non ho saputo fare altro che piangere, piangere fino a scivolare in un limbo buio, pericoloso dove mi sono persa..In quel momento mi è crollato il mondo addosso, la paura ha iniziato a divorarmi e c'è voluta tanta freddezza, delicatezza e lucidità per farmi comprendere, per fare sì che io ascoltassi l'inizio di una storia, che avrei dovuto raccontare io e soprattutto vivere io da protagonista! Ricordo tutto e a stento riesco a rimanere fredda, ma ho metabolizzato, accettato e superato la diagnosi, la corsa alle visite, esami nuovi da eseguire, decisioni importanti da prendere e poi l'intervento, il momento in cui mi è stato tolta una piccolissima parte di me, malata, pericolosa , aggressiva e l'attimo in cui sono entrata in sala operatoria, ho sentito il freddo, ho iniziato a tremare e poi più nulla mi sono addormentata, non so di preciso per quanto, per poi risvegliarmi un attimo, sentire il chirurgo dirmi che tutto era andato bene e che il mio linfonodo sentinella era sano, il suo sorriso, poi più nulla, ho chiuso gli occhi e mi sono abbandonata al sonno, a quelle parole che sapevano di magia, di speranza e di guarigione... Non riesco ad andare oltre, non voglio raccontare, cercare consensi, ho già scritto tante pagine, trovato conforto in chi credevo potesse darmelo e poi a volte mi sono persa , per poi ritrovarmi un po' più forte, diversa e combattiva! Mi sono isolata, ho allontanato, ho fatto mio un dolore, che era ed è solo mio! Quando mi sono confidata, quando ne ho parlato, a volte ho ricevuto freddezza, distacco e abbandono! In un rapporto di amicizia, a volte essere malati, è un difetto, è un venir meno alla normalità, e allora nel bene e nel male, l'abbraccio , il silenzio di qualcuno in cui crede? Diventano a volte essenziali, un faro in una notte buia e tempestosa! Ma col tempo e anche subito quei fari per me non ci sono stati, non mi hanno illuminato ed io mi sono lasciata trascinare dalle correnti, fino ad inabissarmi... Ma oggi lo posso scrivere e raccontare, da sola mi sono ritrovata e ad oggi a distanza di quasi un anno e del mio quasi mezzo secolo di vita, ne sto scrivendo passo dopo passo, la riconquista o rinascita di una nuova me...

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noblogo.org/magia/pensieri-e-r…


Grateful Dead — Live Dead (1969)


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Live Dead è il primo album dal vivo della band che più di ogni altra ha costruito la propria immagine sui “live”. Nella loro discografia i dischi dal vivo hanno raggiunto quelli in studio e senza dubbio sono destinati ancora a crescere. Live Dead è un live un po’ speciale non solo perché è stato registrato con una platea di amici e non con un pubblico pagante ma soprattutto perché è un disco di passaggio, “il” disco di passaggio dagli Acid Tests e dalla San Francisco “sixties” verso il mondo nuovo, verso i settanta, anni più complicati e grigi... silvanobottaro.it/archives/427…


Ascolta: album.link/i/20885553



noblogo.org/available/grateful…


Grateful Dead — Live Dead (1969)


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Live Dead è il primo album dal vivo della band che più di ogni altra ha costruito la propria immagine sui “live”. Nella loro discografia i dischi dal vivo hanno raggiunto quelli in studio e senza dubbio sono destinati ancora a crescere. Live Dead è un live un po’ speciale non solo perché è stato registrato con una platea di amici e non con un pubblico pagante ma soprattutto perché è un disco di passaggio, “il” disco di passaggio dagli Acid Tests e dalla San Francisco “sixties” verso il mondo nuovo, verso i settanta, anni più complicati e grigi... silvanobottaro.it/archives/427…


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The National - Trouble Will Find Me (2013)


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Se nel classico garage di turno di New York City, una qualsiasi band talentuosa si mettesse a suonare con l’intenzione di fare un disco alla National, con buona probabilità quel disco sarebbe “Trouble Will Find Me”. Sono duri gli inizi per un gruppo: il parto di un’idea originale, la continua ricerca di una personalità, la voglia di non sentirsi mai scontati. I National negli ultimi anni hanno attraversato tutti questi stati, trasformandosi in una band dal successo globale, senza intaccare la loro più grossa e indiscutibile qualità: la personalità. Se la sono giocata, in tutti i modi possibili, abbinando il gusto per la raffinatezza melodica con la voce cavernosa del leader Matt Berninger... lindiependente.it/the-national…


Ascolta: album.link/i/626872826



noblogo.org/available/the-nati…


The National - Trouble Will Find Me (2013)


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Se nel classico garage di turno di New York City, una qualsiasi band talentuosa si mettesse a suonare con l’intenzione di fare un disco alla National, con buona probabilità quel disco sarebbe “Trouble Will Find Me”. Sono duri gli inizi per un gruppo: il parto di un’idea originale, la continua ricerca di una personalità, la voglia di non sentirsi mai scontati. I National negli ultimi anni hanno attraversato tutti questi stati, trasformandosi in una band dal successo globale, senza intaccare la loro più grossa e indiscutibile qualità: la personalità. Se la sono giocata, in tutti i modi possibili, abbinando il gusto per la raffinatezza melodica con la voce cavernosa del leader Matt Berninger... lindiependente.it/the-national…


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..Pensieri .. ✍️ E poi il mare .. Ho atteso casualmente l'alba, l'ho assaporata in ogni attimo e colore, ho immaginato quali sfumature potessero formarsi ..l'attesa come sempre rimane il momento più bello, ma a volte no, può essere snervante, piena d'ansia, e carica di emozioni contrastanti e pensieri spesso molto diversi e confusionari! E già perché forse lo sono diventata, forse il cambiamento fisico e non solo, ha condizionato anche la mia visione delle cose, della gente, dei concetti, delle priorità..ecc.. E poi c'è il mare che inseguo sapendo che non mi deluderà, ma che al contrario saprà regalarmi silenzi, quando ho solo rumori, pace, quando sono tormentata e un abbraccio quando ne ho bisogno! Il mare c'è, ti coccola, ti aspetta..li, senza tempo..non ti giudica ma soprattutto ti ascolta e accorda magicamente come un musicista, cuore, mente, fisico e pensieri in un' unica melodia, dandole musica e poesia...

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noblogo.org/magia/pensieri-dzm…


Atoms For Peace - Amok (2013)


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È ormai un dato di fatto: Thom Yorke è un moderno re Mida della musica contemporanea, perchè tutto ciò su cui mette mano, anche se non è proprio barocco, sfarzoso e luccicante come l’oro, di sicuro è di grande valore musicale. E Amok ne è l’ennesima conferma. Tutto questo nonostante Thom in questa tornata abbia assunto un ruolo piuttosto defilato nel processo creativo, che stando ai racconti dei componenti del gruppo è stato di una sorta di collettiva, mistica session che si è protratta quasi ininterrottamente per pochi ma intensi giorni... rocklab.it/2013/04/03/atoms-fo…


Ascolta: album.link/i/1545337159



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Atoms For Peace - Amok (2013)


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È ormai un dato di fatto: Thom Yorke è un moderno re Mida della musica contemporanea, perchè tutto ciò su cui mette mano, anche se non è proprio barocco, sfarzoso e luccicante come l’oro, di sicuro è di grande valore musicale. E Amok ne è l’ennesima conferma. Tutto questo nonostante Thom in questa tornata abbia assunto un ruolo piuttosto defilato nel processo creativo, che stando ai racconti dei componenti del gruppo è stato di una sorta di collettiva, mistica session che si è protratta quasi ininterrottamente per pochi ma intensi giorni... rocklab.it/2013/04/03/atoms-fo…


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Femi Kuti - No Place For My Dream (2013)


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Figlio del famoso musicista nigeriano Fela Kuti, in venticinque anni di produzione discografica Femi non ha mai tradito la rivoluzione afrobeat, un'identità culturale che resta viva nonostante la realtà sottostante abbia perso quei connotati di urgenza e rabbia che infiammò la stagione d’oro della musica africana. Polistrumentista abile sia con i fiati che con le tastiere, Femi si è dimostrato acuto nel contaminare gli elementi base dell’orchestra Egypt 80 con tracce di Motown sound e elementi dance, mentre il fingerpicking ossessivo delle chitarre, i fiati in coppia e gli incessanti fluidi ritmici di basso e percussioni si sono incontrati con suoni latini e world che hanno ampliato la capacità comunicativa della sua proposta... ondarock.it/recensioni/2013_fe…


Ascolta: album.link/i/626875044



noblogo.org/available/femi-kut…


Femi Kuti - No Place For My Dream (2013)


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Figlio del famoso musicista nigeriano Fela Kuti, in venticinque anni di produzione discografica Femi non ha mai tradito la rivoluzione afrobeat, un'identità culturale che resta viva nonostante la realtà sottostante abbia perso quei connotati di urgenza e rabbia che infiammò la stagione d’oro della musica africana. Polistrumentista abile sia con i fiati che con le tastiere, Femi si è dimostrato acuto nel contaminare gli elementi base dell’orchestra Egypt 80 con tracce di Motown sound e elementi dance, mentre il fingerpicking ossessivo delle chitarre, i fiati in coppia e gli incessanti fluidi ritmici di basso e percussioni si sono incontrati con suoni latini e world che hanno ampliato la capacità comunicativa della sua proposta... ondarock.it/recensioni/2013_fe…


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La Relazione sulla situazione e le tendenze del terrorismo nell'Unione Europea (EU TE-SAT). Preoccupano le comunità di culto online


Nel 2024, 14 Stati membri dell'UE hanno segnalato un totale di 58 attacchi terroristici. Di questi, 34 sono stati completati, 5 sono falliti e 19 sono stati sventati. Complessivamente, 449 persone sono state arrestate per reati legati al terrorismo in 20 Stati membri.

Sono dati provenienti dalla Relazione sulla situazione e le tendenze del terrorismo nell'Unione Europea 2025 (TE-SAT) di Europol, pubblicata recentemente. La relazione di punta, unica nel suo genere in Europa, descrive i principali sviluppi e tendenze nel panorama del terrorismo nell'UE nel 2024, sulla base di informazioni qualitative e quantitative fornite dagli Stati membri dell'UE e da altri partner di #Europol, la cui Direttrice esecutiva, Catherine de Bolle, a proposito, ha dichiarato: “il terrorismo e l'estremismo violento sono priorità assolute per gli Stati membri dell'UE. Il teso contesto geopolitico ha continuato ad amplificare le narrazioni estremiste violente, alimentando la radicalizzazione all'interno dell'UE. Abbiamo anche assistito a un preoccupante aumento del numero di minori e giovani coinvolti in attività terroristiche ed estremiste violente in tutta l'UE. I gruppi terroristici prendono di mira individui vulnerabili, in particolare coloro che soffrono di problemi di salute mentale, isolamento sociale o dipendenza digitale. Queste minacce stanno diventando sempre più complesse, il che ci ricorda che la minaccia del terrorismo all'interno dell'UE non è né statica né lontana.

La minaccia delle comunità online che incitano alla violenza

Quasi 1 sospettato su 3 arrestato per reati legati al terrorismo nel 2024 era minorenne o giovane adulto. Il più giovane autore del reato aveva 12 anni ed è stato arrestato per aver pianificato un attacco.

Alcuni recenti casi di omicidio e attacchi sono stati collegati a comunità di culto online che sfruttano le piattaforme digitali per condividere e normalizzare atti di crudeltà estrema, estorcere denaro alle vittime e radicalizzare i giovani spingendoli a compiere atti di violenza. I membri di questi gruppi prendono di mira specificamente i minori vulnerabili, di età media compresa tra gli 8 e i 17 anni. Molti di questi gruppi violenti hanno legami ideologici con il terrorismo jihadista e l'estremismo di destra violento, l'occultismo e il satanismo.

Sviluppi geopolitici che incidono sulla sicurezza dell'UE

Il conflitto a Gaza ha continuato ad avere un impatto significativo sulla minaccia terroristica nell'UE. Si sono verificati numerosi attacchi e inviti alla violenza in tutto lo spettro ideologico. La propaganda terroristica e estremista violenta online ha strumentalizzato il conflitto e fomentato l'odio, con l'antisemitismo come denominatore comune in entrambi i casi. La guerra di aggressione russa contro l'Ucraina è stata un altro fattore trainante per la diffusione di narrazioni estremiste violente, la radicalizzazione e la mobilitazione.

In Siria, il crollo del regime di Bashar al-Assad all'inizio di dicembre 2024 e la formazione di un governo guidato dal leader di Hay'at Tahrir al-Sham (HTS) hanno segnato un cambiamento significativo con potenziali maggiori implicazioni geopolitiche regionali a medio e lungo termine. Crescono le preoccupazioni circa la capacità della nuova leadership di combattere il terrorismo, le segnalazioni di estremisti violenti radicalizzati che esprimono la loro disponibilità a recarsi nella regione, nonché l'incerto futuro di migliaia di prigionieri detenuti nelle prigioni e nei campi ora controllati dalle Forze Democratiche Siriane (SDF). Questi fattori, nel loro insieme, costituiscono una crescente fonte di preoccupazione per le future minacce alla sicurezza dell'UE. Abuso di tecnologie emergenti

L'uso dell'IA generativa per creare e diffondere propaganda e incitamento all'odio ha raggiunto livelli senza precedenti, soprattutto nell'ambito della destra estremista.

Le piattaforme di comunicazione crittografate end-to-end hanno inoltre continuato a fornire canali sicuri per la comunicazione, il coordinamento, il reclutamento, la diffusione di propaganda e l'incitamento alla mobilitazione e alla violenza.

Il report [en] è scaricabile qui europol.europa.eu/publication-…

#EUTESAT #TESAT


noblogo.org/cooperazione-inter…


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La Relazione sulla situazione e le tendenze del terrorismo nell'Unione Europea (EU TE-SAT). Preoccupano le comunità di culto online


Nel 2024, 14 Stati membri dell'UE hanno segnalato un totale di 58 attacchi terroristici. Di questi, 34 sono stati completati, 5 sono falliti e 19 sono stati sventati. Complessivamente, 449 persone sono state arrestate per reati legati al terrorismo in 20 Stati membri.

Sono dati provenienti dalla Relazione sulla situazione e le tendenze del terrorismo nell'Unione Europea 2025 (TE-SAT) di Europol, pubblicata recentemente. La relazione di punta, unica nel suo genere in Europa, descrive i principali sviluppi e tendenze nel panorama del terrorismo nell'UE nel 2024, sulla base di informazioni qualitative e quantitative fornite dagli Stati membri dell'UE e da altri partner di #Europol, la cui Direttrice esecutiva, Catherine de Bolle, a proposito, ha dichiarato: “il terrorismo e l'estremismo violento sono priorità assolute per gli Stati membri dell'UE. Il teso contesto geopolitico ha continuato ad amplificare le narrazioni estremiste violente, alimentando la radicalizzazione all'interno dell'UE. Abbiamo anche assistito a un preoccupante aumento del numero di minori e giovani coinvolti in attività terroristiche ed estremiste violente in tutta l'UE. I gruppi terroristici prendono di mira individui vulnerabili, in particolare coloro che soffrono di problemi di salute mentale, isolamento sociale o dipendenza digitale. Queste minacce stanno diventando sempre più complesse, il che ci ricorda che la minaccia del terrorismo all'interno dell'UE non è né statica né lontana.

La minaccia delle comunità online che incitano alla violenza

Quasi 1 sospettato su 3 arrestato per reati legati al terrorismo nel 2024 era minorenne o giovane adulto. Il più giovane autore del reato aveva 12 anni ed è stato arrestato per aver pianificato un attacco.

Alcuni recenti casi di omicidio e attacchi sono stati collegati a comunità di culto online che sfruttano le piattaforme digitali per condividere e normalizzare atti di crudeltà estrema, estorcere denaro alle vittime e radicalizzare i giovani spingendoli a compiere atti di violenza. I membri di questi gruppi prendono di mira specificamente i minori vulnerabili, di età media compresa tra gli 8 e i 17 anni. Molti di questi gruppi violenti hanno legami ideologici con il terrorismo jihadista e l'estremismo di destra violento, l'occultismo e il satanismo.

Sviluppi geopolitici che incidono sulla sicurezza dell'UE

Il conflitto a Gaza ha continuato ad avere un impatto significativo sulla minaccia terroristica nell'UE. Si sono verificati numerosi attacchi e inviti alla violenza in tutto lo spettro ideologico. La propaganda terroristica e estremista violenta online ha strumentalizzato il conflitto e fomentato l'odio, con l'antisemitismo come denominatore comune in entrambi i casi. La guerra di aggressione russa contro l'Ucraina è stata un altro fattore trainante per la diffusione di narrazioni estremiste violente, la radicalizzazione e la mobilitazione.

In Siria, il crollo del regime di Bashar al-Assad all'inizio di dicembre 2024 e la formazione di un governo guidato dal leader di Hay'at Tahrir al-Sham (HTS) hanno segnato un cambiamento significativo con potenziali maggiori implicazioni geopolitiche regionali a medio e lungo termine. Crescono le preoccupazioni circa la capacità della nuova leadership di combattere il terrorismo, le segnalazioni di estremisti violenti radicalizzati che esprimono la loro disponibilità a recarsi nella regione, nonché l'incerto futuro di migliaia di prigionieri detenuti nelle prigioni e nei campi ora controllati dalle Forze Democratiche Siriane (SDF). Questi fattori, nel loro insieme, costituiscono una crescente fonte di preoccupazione per le future minacce alla sicurezza dell'UE. Abuso di tecnologie emergenti

L'uso dell'IA generativa per creare e diffondere propaganda e incitamento all'odio ha raggiunto livelli senza precedenti, soprattutto nell'ambito della destra estremista.

Le piattaforme di comunicazione crittografate end-to-end hanno inoltre continuato a fornire canali sicuri per la comunicazione, il coordinamento, il reclutamento, la diffusione di propaganda e l'incitamento alla mobilitazione e alla violenza.

Il report [en] è scaricabile qui europol.europa.eu/publication-…

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Segui il blog e interagisci con i suoi post nel fediverso. Scopri dove trovarci:l.devol.it/@CoopIntdiPoliziaTutti i contenuti sono CC BY-NC-SA (creativecommons.org/licenses/b…)Le immagini se non diversamente indicato sono di pubblico dominio.



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Leonard Cohen – Old Ideas (2012)


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Piove fuori. C’è un uomo solo a cui non importa, non se ne accorge neanche, cammina a passo lento… non ha più niente da perdere (Going Home). E’ fradicio, entra in un nightclub, ordina da bere. Muove una sedia nella direzione del palco, odore di vecchio, intorno nuvole di fumo. Una cantante gli passa accanto microfono in mano (Amen). Si mormora, riconosce i suoni ma è come assorto. Alza lo sguardo, è rimasto solo. Paga da bere, chiude la porta alle sue spalle. Piove ancora (Show Me the Place). Costeggia un lungomare infinito, sotto i portici un uomo suona uno strumento, si accorge di non esser solo in questa notte senza fine. Entra in una Chiesa, chiede perdono a Dio (Anyhow). Non è mai stato così solo... impattosonoro.it/2012/02/13/re…


Ascolta: album.link/i/485116856



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Leonard Cohen – Old Ideas (2012)


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Piove fuori. C’è un uomo solo a cui non importa, non se ne accorge neanche, cammina a passo lento… non ha più niente da perdere (Going Home). E’ fradicio, entra in un nightclub, ordina da bere. Muove una sedia nella direzione del palco, odore di vecchio, intorno nuvole di fumo. Una cantante gli passa accanto microfono in mano (Amen). Si mormora, riconosce i suoni ma è come assorto. Alza lo sguardo, è rimasto solo. Paga da bere, chiude la porta alle sue spalle. Piove ancora (Show Me the Place). Costeggia un lungomare infinito, sotto i portici un uomo suona uno strumento, si accorge di non esser solo in questa notte senza fine. Entra in una Chiesa, chiede perdono a Dio (Anyhow). Non è mai stato così solo... impattosonoro.it/2012/02/13/re…


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La Minaccia Silenziosa in Tavola: Contraffazione Alimentare, Pericoli e la Risposta cooperativa delle Forze di Polizia


La domanda “Cosa c’è in tavola?”, posta dall'Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale (#EUIPO) in occasione della Giornata mondiale contro la contraffazione nel giugno scorso, accende un faro su una delle emergenze più subdole e dannose del nostro tempo: la contraffazione alimentare.

Lungi dall'essere un problema marginale o confinato ai beni di lusso, il fenomeno colpisce quotidianamente le tavole dei consumatori, minando la salute pubblica, dilapidando le economie nazionali e internazionali e intaccando la reputazione delle eccellenze agroalimentari, in particolare quelle a Indicazione Geografica. L'allarme lanciato dall'EUIPO, supportato da dati concreti e dalle operazioni condotte dalle forze dell'ordine a livello internazionale, rivela la portata di una criminalità organizzata che richiede una risposta sistemica e coordinata.

L'Entità del Fenomeno e l'Impatto Economico

La contraffazione di alimenti e bevande si manifesta come un'emergenza silenziosa, ma dagli effetti devastanti. Solo in Italia, il comparto dei vini e degli alcolici ha registrato perdite per 302 milioni di euro a causa di questa piaga, secondo le stime dell'EUIPO.

A livello europeo, l'impatto economico è ancora più drammatico: tra il 2013 e il 2017, il settore europeo del vino e degli alcolici ha subito una perdita complessiva di 2,3 miliardi di euro all'anno, con quasi 5.700 posti di lavoro perduti. Le perdite fiscali per gli Stati membri superano i 2 miliardi di euro annuali. Il fenomeno non risparmia neppure prodotti quotidiani come biscotti, pasta e dolciumi, che, secondo la valutazione 2022 della minaccia dei reati contro la proprietà intellettuale, sono stati la seconda categoria più sequestrata alle frontiere esterne dell'UE nel 2020. La Cina e la Turchia emergono come i principali Paesi di origine di questi prodotti contraffatti.

I Pericoli per la Salute Pubblica

Ben oltre il danno economico, la contraffazione alimentare cela un rischio ben più grave: quello per la salute pubblica. Dalle indagini e dai sequestri, è emerso che alcuni prodotti fraudolenti contengono sostanze altamente pericolose. La relazione SOCTA 2021 di Europol ha evidenziato la presenza di metanolo, mercurio, fipronil e vari pesticidi in alimenti e bevande contraffatti. Questi contaminanti, spesso utilizzati per ridurre i costi di produzione o alterare le caratteristiche del prodotto, rappresentano una minaccia diretta e gravissima per i consumatori, che inconsapevolmente introducono nel proprio organismo elementi tossici e nocivi. La sofisticazione dei metodi criminali, che includono la manipolazione di etichette e imballaggi o il riutilizzo di bottiglie originali, rende ancora più difficile per il consumatore medio distinguere il prodotto autentico da quello fraudolento.

Le Indicazioni Geografiche e la Loro Vulnerabilità

Il sistema delle Indicazioni Geografiche (IG), che include DOP, IGP e STG, rappresenta un baluardo di qualità, autenticità e valore territoriale per l'Europa, con oltre 3.600 prodotti registrati. Paesi come Francia, Italia e Germania sono leader in questo settore. Tuttavia, proprio la loro reputazione e il loro successo li rendono bersagli privilegiati per la contraffazione. Il vino, che da solo costituisce oltre il 50% del consumo totale di prodotti IG nell'UE, è particolarmente esposto a frodi e imitazioni. La contraffazione delle IG non solo danneggia i produttori legittimi e l'economia locale, ma compromette anche la fiducia dei consumatori in un sistema nato per garantire eccellenza e tracciabilità.

La Risposta delle Forze dell'Ordine in ambito Internazionale

La crescente portata e sofisticazione del fenomeno impongono una risposta robusta e coordinata a livello internazionale. L'EUIPO collabora attivamente con le forze di polizia e le istituzioni europee per rafforzare i controlli e smantellare le reti criminali. L'evoluzione del commercio elettronico, che ha offerto ai contraffattori nuove vie di distribuzione, ha reso ancora più impellente la collaborazione trasnazionale. Un esempio lampante di questa sinergia è l'operazione congiunta Europol-Interpol #OPSON 2024.

Questa operazione, specificamente mirata alla contraffazione alimentare, ha portato a risultati impressionanti: il sequestro di 22.000 tonnellate di alimenti e 850.000 litri di bevande contraffatte, per un valore commerciale stimato in 91 milioni di euro. L'operazione ha inoltre permesso di smantellare undici reti criminali e di segnalare 278 persone all'autorità giudiziaria. Questi successi dimostrano che la lotta alla contraffazione alimentare è intrinsecamente legata alla lotta contro la criminalità organizzata, poiché i proventi di queste attività illecite spesso finanziano altri reati gravi come il traffico di droga, il riciclaggio e persino il terrorismo.

Il Ruolo del Consumatore e la Prevenzione

La campagna “Cosa c’è in tavola?” dell'EUIPO, oltre a sensibilizzare, offre consigli pratici ai consumatori per proteggersi:

  • È fondamentale acquistare prodotti solo da rivenditori e canali di distribuzione ufficiali, inclusi i siti web dei marchi.
  • I consumatori dovrebbero verificare attentamente l'etichettatura del prodotto, la sua origine e la presenza dei loghi di certificazione IG (DOP, IGP, STG). La presenza di errori di stampa, confezioni difettose o altri segni sospetti deve far scattare un campanello d'allarme.
  • L'utilizzo di strumenti di autenticazione, come QR code o ologrammi, può ulteriormente aiutare a garantire l'autenticità.

La contraffazione alimentare è una minaccia complessa e multifaccettata che incide profondamente sulla salute dei cittadini, sull'economia e sul patrimonio culturale e produttivo europeo. La sua natura criminale, spesso legata a reti organizzate transnazionali, richiede una risposta integrata che veda le autorità, le forze di polizia, i produttori e i consumatori agire in sinergia. Le operazioni di successo come OPSON 2024 e le campagne di sensibilizzazione come quella dell'EUIPO dimostrano che, pur essendo una “battaglia che dobbiamo combattere insieme”, la costante vigilanza e la cooperazione internazionale sono gli strumenti essenziali per proteggere la nostra tavola e garantire la sicurezza e l'autenticità dei prodotti alimentari che consumiamo.


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La Minaccia Silenziosa in Tavola: Contraffazione Alimentare, Pericoli e la...


La Minaccia Silenziosa in Tavola: Contraffazione Alimentare, Pericoli e la Risposta cooperativa delle Forze di Polizia


La domanda “Cosa c’è in tavola?”, posta dall'Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale (#EUIPO) in occasione della Giornata mondiale contro la contraffazione nel giugno scorso, accende un faro su una delle emergenze più subdole e dannose del nostro tempo: la contraffazione alimentare.

Lungi dall'essere un problema marginale o confinato ai beni di lusso, il fenomeno colpisce quotidianamente le tavole dei consumatori, minando la salute pubblica, dilapidando le economie nazionali e internazionali e intaccando la reputazione delle eccellenze agroalimentari, in particolare quelle a Indicazione Geografica. L'allarme lanciato dall'EUIPO, supportato da dati concreti e dalle operazioni condotte dalle forze dell'ordine a livello internazionale, rivela la portata di una criminalità organizzata che richiede una risposta sistemica e coordinata.

L'Entità del Fenomeno e l'Impatto Economico

La contraffazione di alimenti e bevande si manifesta come un'emergenza silenziosa, ma dagli effetti devastanti. Solo in Italia, il comparto dei vini e degli alcolici ha registrato perdite per 302 milioni di euro a causa di questa piaga, secondo le stime dell'EUIPO.

A livello europeo, l'impatto economico è ancora più drammatico: tra il 2013 e il 2017, il settore europeo del vino e degli alcolici ha subito una perdita complessiva di 2,3 miliardi di euro all'anno, con quasi 5.700 posti di lavoro perduti. Le perdite fiscali per gli Stati membri superano i 2 miliardi di euro annuali. Il fenomeno non risparmia neppure prodotti quotidiani come biscotti, pasta e dolciumi, che, secondo la valutazione 2022 della minaccia dei reati contro la proprietà intellettuale, sono stati la seconda categoria più sequestrata alle frontiere esterne dell'UE nel 2020. La Cina e la Turchia emergono come i principali Paesi di origine di questi prodotti contraffatti.

I Pericoli per la Salute Pubblica

Ben oltre il danno economico, la contraffazione alimentare cela un rischio ben più grave: quello per la salute pubblica. Dalle indagini e dai sequestri, è emerso che alcuni prodotti fraudolenti contengono sostanze altamente pericolose. La relazione SOCTA 2021 di Europol ha evidenziato la presenza di metanolo, mercurio, fipronil e vari pesticidi in alimenti e bevande contraffatti. Questi contaminanti, spesso utilizzati per ridurre i costi di produzione o alterare le caratteristiche del prodotto, rappresentano una minaccia diretta e gravissima per i consumatori, che inconsapevolmente introducono nel proprio organismo elementi tossici e nocivi. La sofisticazione dei metodi criminali, che includono la manipolazione di etichette e imballaggi o il riutilizzo di bottiglie originali, rende ancora più difficile per il consumatore medio distinguere il prodotto autentico da quello fraudolento.

Le Indicazioni Geografiche e la Loro Vulnerabilità

Il sistema delle Indicazioni Geografiche (IG), che include DOP, IGP e STG, rappresenta un baluardo di qualità, autenticità e valore territoriale per l'Europa, con oltre 3.600 prodotti registrati. Paesi come Francia, Italia e Germania sono leader in questo settore. Tuttavia, proprio la loro reputazione e il loro successo li rendono bersagli privilegiati per la contraffazione. Il vino, che da solo costituisce oltre il 50% del consumo totale di prodotti IG nell'UE, è particolarmente esposto a frodi e imitazioni. La contraffazione delle IG non solo danneggia i produttori legittimi e l'economia locale, ma compromette anche la fiducia dei consumatori in un sistema nato per garantire eccellenza e tracciabilità.

La Risposta delle Forze dell'Ordine in ambito Internazionale

La crescente portata e sofisticazione del fenomeno impongono una risposta robusta e coordinata a livello internazionale. L'EUIPO collabora attivamente con le forze di polizia e le istituzioni europee per rafforzare i controlli e smantellare le reti criminali. L'evoluzione del commercio elettronico, che ha offerto ai contraffattori nuove vie di distribuzione, ha reso ancora più impellente la collaborazione trasnazionale. Un esempio lampante di questa sinergia è l'operazione congiunta Europol-Interpol #OPSON 2024.

Questa operazione, specificamente mirata alla contraffazione alimentare, ha portato a risultati impressionanti: il sequestro di 22.000 tonnellate di alimenti e 850.000 litri di bevande contraffatte, per un valore commerciale stimato in 91 milioni di euro. L'operazione ha inoltre permesso di smantellare undici reti criminali e di segnalare 278 persone all'autorità giudiziaria. Questi successi dimostrano che la lotta alla contraffazione alimentare è intrinsecamente legata alla lotta contro la criminalità organizzata, poiché i proventi di queste attività illecite spesso finanziano altri reati gravi come il traffico di droga, il riciclaggio e persino il terrorismo.

Il Ruolo del Consumatore e la Prevenzione

La campagna “Cosa c’è in tavola?” dell'EUIPO, oltre a sensibilizzare, offre consigli pratici ai consumatori per proteggersi:

  • È fondamentale acquistare prodotti solo da rivenditori e canali di distribuzione ufficiali, inclusi i siti web dei marchi.
  • I consumatori dovrebbero verificare attentamente l'etichettatura del prodotto, la sua origine e la presenza dei loghi di certificazione IG (DOP, IGP, STG). La presenza di errori di stampa, confezioni difettose o altri segni sospetti deve far scattare un campanello d'allarme.
  • L'utilizzo di strumenti di autenticazione, come QR code o ologrammi, può ulteriormente aiutare a garantire l'autenticità.

La contraffazione alimentare è una minaccia complessa e multifaccettata che incide profondamente sulla salute dei cittadini, sull'economia e sul patrimonio culturale e produttivo europeo. La sua natura criminale, spesso legata a reti organizzate transnazionali, richiede una risposta integrata che veda le autorità, le forze di polizia, i produttori e i consumatori agire in sinergia. Le operazioni di successo come OPSON 2024 e le campagne di sensibilizzazione come quella dell'EUIPO dimostrano che, pur essendo una “battaglia che dobbiamo combattere insieme”, la costante vigilanza e la cooperazione internazionale sono gli strumenti essenziali per proteggere la nostra tavola e garantire la sicurezza e l'autenticità dei prodotti alimentari che consumiamo.


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Lyle Lovett - Release Me (2012)


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La sorte toccata da tempo ad altri colleghi è giunta anche per Lyle Lovett: il musicista texano scioglie il quasi trentennale rapporto con il colosso country della Curb records (seppure in anni recenti passato per le maglie della Lost Highway) per affrontare una inevitabile indipendenza. Questione già affrontata e d'altronde dirimente in quest'epoca: come John Hiatt, Steve Earle e altri campioni dell'Americana il ruolo di Lovett non è più quello di capofila, né evidentemente le vendite e l'appeal dell'artista possono convincere un baraccone discografico a mantenere in piedi contratti che nella loro logica non fruttano i risultati di un tempo... rootshighway.it/recensioni/lov…


Ascolta: album.link/i/507810558



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Lyle Lovett - Release Me (2012)


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La sorte toccata da tempo ad altri colleghi è giunta anche per Lyle Lovett: il musicista texano scioglie il quasi trentennale rapporto con il colosso country della Curb records (seppure in anni recenti passato per le maglie della Lost Highway) per affrontare una inevitabile indipendenza. Questione già affrontata e d'altronde dirimente in quest'epoca: come John Hiatt, Steve Earle e altri campioni dell'Americana il ruolo di Lovett non è più quello di capofila, né evidentemente le vendite e l'appeal dell'artista possono convincere un baraccone discografico a mantenere in piedi contratti che nella loro logica non fruttano i risultati di un tempo... rootshighway.it/recensioni/lov…


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