Ciao a tuttiз Amicony, oggi parliamo de Gli Incompiuti di Anna Kańtoch, edito Moscabianca edizioni
Una casa bianca travolta da una bufera di neve. Un corpo esangue, morto. Un corpo vivo, sconvolto. Un commissariato di provincia, un interrogatorio informale, l’inizio di un racconto. Ogni capitolo di questo romanzo dalla struttura a scatole cinesi è una storia che ne rivela un’altra diversa e a essa intrecciata, con protagonisti che si inseguono tra le pagine e alcuni elementi ricorrenti: l’odore di agrumi, un maglione rosa, una misteriosa casa bianca. Gli incompiuti è un libro di personaggi dalle identità sessuali ribaltate e ambigue: donne dalle qualità virili, uomini efebici, e in mezzo a loro un bambino dal sesso indefinibile costretto a compiere una scelta. All’interno della cornice pulsante di un thriller dove sparizioni e morti tengono sempre alta la tensione, si dipana una storia che scava nell’Io dei protagonisti: il mistero più grande non è l’omicidio (vero o presunto), ma la faticosa consapevolezza di essere incompleti.
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Gli incompiuti è un thriller psicologico che gioca con la struttura narrativa, le identità sessuali e il mistero.
La storia inizia con un interrogatorio in un commissariato di provincia, dove una donna racconta di aver trovato un corpo senza vita in una casa bianca isolata dalla neve.
Ogni capitolo del libro è una storia che ne rivela un’altra diversa e a essa intrecciata, con protagonisti che si inseguono tra le pagine e alcuni elementi ricorrenti: l’odore di agrumi, un cappotto rosa, una misteriosa casa bianca.
I personaggi sono caratterizzati da identità sessuali ribaltate e ambigue: donne dalle qualità virili, uomini efebici, e in mezzo a loro un bambino dal sesso indefinibile costretto a compiere una scelta. Il romanzo si dipana tra passato e presente, tra realtà e finzione, tra verità e menzogna, fino a un finale sorprendente e inquietante.
Si tratta di un libro avvincente e coinvolgente, che riesce a creare un’atmosfera di suspense e a mantenere il lettore incollato alle pagine.
La scrittura è fluida e ricca di dettagli, i personaggi sono ben caratterizzati e la struttura a scatole cinesi è ben riuscita, originale e appassionante.
Il tema delle identità sessuali è trattato con sensibilità e profondità, senza cadere in stereotipi o banalità.
Il finale è imprevedibile e sconvolgente, e lascia il lettore con molti interrogativi e riflessioni. Consiglio questo libro a chi ama i thriller psicologici, le storie intricate e i personaggi complessi.
Chi è l'autore? [autore]
Anna Kańtoch |
Anna Kańtoch è una scrittrice polacca nata a Katowice nel 1976. Autrice eclettica, si specializza nei generi del fantasy e del weird, con un occhio al mondo del giallo e del noir. La sua voce originale e la sua abilità narrativa le sono valse numerosi premi letterari e un apprezzamento nel panorama letterario polacco a tutti i livelli. Ha esordito nel 2002 con il romanzo fantasy Drach, vincitore del premio Janusz A. Zajdel. Da allora ha pubblicato numerosi romanzi e racconti, spaziando tra i generi della fantascienza, del fantasy, dell’horror e del thriller. Ha vinto altri due premi Zajdel, nel 2007 e nel 2015, e il premio Nautilus nel 2010. È considerata una delle voci più originali e innovative della letteratura fantastica polacca.
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Si ringrazia sentitamente la casa editrice per averci fornito la copia ARC per questa recensione.
John Cale - Shifty Adventures In The Nookie Wood (2012)
“Una volta avanguardista, per sempre avanguardista” è un detto che nell'arte si può applicare a pochi. Più spesso, ciò che era lampo e voglia di scommettere, diventa nel peggiore dei casi un comodo canovaccio da ripetere sempre peggio, nel migliore uno stile da variare in maniera più o meno ispirata. Cale bazzica l'avanguardia fin da giovanissimo e, se negli anni ha seguito e approfondito la sua poetica, lo ha fatto in modo dinamico e aperto, non mancando di gettare ogni tanto uno sguardo a ciò che gli accadeva intorno. Se non sempre avanguardia, il percorso del Nostro è stato almeno uno stare al passo coi tempi diverso dal prendere un produttore alla moda per farsi sporcare i dischi e invecchiare rapidamente: piuttosto un giocare con lo spirito vicino al ludico delle avanguardie di inizio '900... sentireascoltare.com/recension…
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Stamattina 2 luglio prima vera mattinata di mare. C'eravamo già venuti due altre volte ma senza fare il bagno, fine maggio e primissimi di giugno, sicché “non conta”. Oggi messo ombrellone alle 07:21 (è una fissa, pianto l'ombrellone e guardo l'orologio, così, tanto per stabilire le cose) ed alle 07:24 già primo bagno (qui non ho guardato l'orologio, andate a fiducia). Acqua tiepida e calma, si è poi adombrata verso le dieci ma nulla di che. Stati in pace, letto, preso appunti, fatti altre due nuotatine. Ce n'era di bisogno di una mattinata così venuti via alle 11:04 (ho guardato l'orologio, sì) In giungo ci sono state le piacevoli vacanze in Francia. Visitato Mulhouse (NON si pronuncia MUL_AUS), Rouffach (evitabilissima ma a mia moglie piacciono le cattedrali gotiche e quindi… Rouffach, te la vuoi mica perdere), Eguisheim (turistica ma piacevole), Colmar (bellina, turistica, trovato un appartamento in pieno centro a due bicci (tosc. per buon prezzo), di seguito Strasburgo (bellina) ed infine Belfort (bella, a detta solo dagli abitanti). Qui una piccola fregatura: il Museo d'Arte era chiuso per restauri fino a settembre (note to ourself: nella pianificazione di una gita controllare che musei ci sono nella città, se hanno giorni di chiusura (vedi Strasburgo dove di un Museo con 3 declinazioni ne abbiamo potuto visitarne solo una perché ci siamo arrivati nel pomeriggio ed il giorno dopo era chiuso (se n'è visti altri ma quegli altri due no), gli orari di apertura ed infine se sono aperti o chiusi per qualsiasi motivo). A Belfort quindi solo un Museo “provvisorio” con alcune opere del Museo chiuso ma senza possibilità di fare foto (oh quella!). Così siamo poi andati a visitare “O Lione” che sovrasta la città, opera di Auguste Bartholdi che ha tra le altre cose disegnato e realizzato la Statua della Libertà che svetta a Liberty Island (struttura portante progettata da Gustave Eiffel, quello dell'omonima Torre). Di lui avevamo già visitato la sua casa ora museo a Colmar. Per il ritorno abbiamo fatto una bella tirata di 600 km per passare un pomeriggio ed una bella cena a Barcelonette e pernottare lì. C'eravamo passati per caso 2 anni fa di ritorno dalla Bretagna rientrando poi in Italia dal passo della Maddalena. Al rientro a casa erano arrivati “I Sardi”, figlio, nuora e nipotino che dopodomani fa 16 mesi e a fine novembre avrà un fratellino. Ci sono stati fino al 28 per poter festeggiare i 40 anni di mia figlia, compiuti il 27. Ora si lascia passare i grandi caldi e poi a settembre un'altra settimanetta in una Spa vicino a Salisburgo
Chris Robinson Brotherhood - BIg Moon Ritual (2012)
Che Chris Robinson fosse un inguaribile 'fricchettone' è un dato di fatto che ormai dovrebbe essere risaputo. Che fosse però così fricchettone ed anacronistico forse non se lo aspettava nessuno. Così, chiusa (temporaneamente, speriamo tutti) l'avventura dei Black Crowes, il frontman della Georgia si lancia anima e cuore in questa nuova avventura solista, realizzando il terzo disco della carriera lontano dal fratello Rich. Forse, però, non dovremmo neppure definirlo come un disco solista. Già dai due album del 2003 e del 2004 (l'altalenante New Earth mud e l'esaltante This Magnificent Distance) Robinson si era circondato di una vera e propria band, ribattezzata New Earth Mud, e non solamente da un gruppo di turnisti scelti per l'evenienza... rootshighway.it/recensioni/crb…
Ascolta: album.link/i/523824703
Bruce Springsteen - Wrecking Ball (2012)
Quante volte ci si chiede se un musicista ormai datato della scena artistica mondiale, con decine e decine di album pubblicati, abbia ancora qualcosa di nuovo da farci sentire? E' molto probabile che, se il musicista non appartiene alla nostra sfera di preferenza, lo si liquidi subito, a volte ancor prima di ascoltarlo, con un bel “niente di nuovo”, “album inutile”, “ormai finito” ecc. ecc.; se invece è un nostro beniamino o ancor meglio apparteniamo alla sfera dei suoi fans incalliti, è molto probabile che il nostro giudizio sia “oscurato” dal classico velo affettivo che, per carità non è “pietoso”, ma senz'altro poco obbiettivo. Ecco, tutta questa premessa per arrivare a dire che, personalmente, pur appartenendo alla seconda sfera, quella dei fan incalliti e non da tempi recenti, serenamente affermo che Wrecking Ball è un buon album e il nostro sessantatreenne “The Boss” riesce a dirci ancora molto!... artesuono.blogspot.com/2014/07…
Ascolta: album.link/i/581786624
Neil Young & Crazy Horse - Americana (2012)
Il panorama musicale di questo duemiladodici non brilla certo di nuove stelle se, dopo Bruce Springsteen, Willie Nelson, Patti Smith ora è il turno di Neli Young... Nel bene o nel male comunque, se riescono a far parlare di sè, un motivo ci sarà, e, molto probabilmente, questo motivo è dato dalla non banalità dei loro dischi. Dopo il bel “Le Noise” del 2010 in collaborazione con Daniel Lanois e dopo “A Treasure” (un bootleg) del 2011, questa volta Neil Young si fa aiutare dai suoi Crazy Horse (Billy Talbot, Ralph Molina e Poncho Sampedro) amici che non si vedevano in studio dai tempi di Greendale del 2003... artesuono.blogspot.com/2014/10…
Ascolta: album.link/i/515557754
Calexico - Algiers (2012)
Ci siamo spostati decisamente a nord rispetto alla latitudine originaria della cittadina di confine tra Messico e California. Della Calexico polverosa e ranchera sublimemente trascritta in quel documento leggendario e indimenticabile che è “The Black Light” (1998, Quarterstick) rimane ben poco. Ed in questi casi è veramente difficile riuscire a capire e spiegare le motivazioni e la bontà di intenti di una svolta tanto radicale...distorsioni.net/canali/dischi/…
Ascolta: album.link/i/1721053604
Mattias
Questo testo è il risultato di una sfida che ho fatto con degli amici. L'obiettivo era di scrivere una storia lunga 3.600 caratteri partendo da un'immagine. Buona lettura!
Mattias fece schizzare la mano sopra la testa e volse lo sguardo dietro di sé. L'omone, che per poco non lo scaraventò per terra, proseguì indifferente la sua strada.
Perché ogni giorno doveva essere la solita storia? Digrignò i denti e strinse la mano libera alla bretella. Inveire contro di lui sarebbe stato inutile, controproducente.
Sulla spalla destra, Ossuto gli diede un calcetto sul collo e fece un cenno verso l'altra parte. Sì, i pacchi non si sarebbero consegnati da soli.
Le vie del mercato erano intasate dalla mandria di gente. La luce calda del sole faticava ad affacciarsi su di loro a causa dei grandi edifici scuri e opprimenti costruiti attorno alla piazza. Sembravano lucciole vagare nel buio.
Mattias dovette reprimere diverse volte l'impulsi di sbraitare contro quegli adulti maleducati e presuntuosi. Se fossero stati più bassi di lui…
Scattò in mezzo a due uomini alti e snelli, sfiorandoli come fosse il vento. Ossuto emise un grido terrorizzato, tenendo strette le sue piccole mani sul soprabito stropicciato.
Ripeté le movenze precise e snodate per evitare il contatto, sia visivo che tattile, con altre cinque persone. Ignorò le loro imprecazioni mentre scompariva nello spazio stretto tra due bancarelle. Brontoloni senza cervello. Ecco cosa siete.
«Ehilà!» annunciò tra un respiro e l’altro.
Mattias sbirciò lo spazio minuto dietro al tavolo di legno su cui giacevano gingilli e cianfrusaglie ammassati come cumuli di terra. Aguzzò per bene lo sguardo: gioielli di dubbia qualità, ingranaggi malandati e stoviglie arrugginita. Roba di poco valore, oggetti che solo gli sprovveduti e i creduloni comprerebbero.
«Arrivo!» disse una voce possente.
Un teschio con una corona di tasselli e dagli occhi color dell’alba sbucò da sotto il telo rosso porpora. Pareva infastidito, quasi stizzito.
Mattias fece scivolare Ossuto a terra e posò con cura la sacca, l’ultima cosa che voleva era danneggiare gli altri pacchi. Estrasse un oggetto coperto da un involucro di carta sottile e glielo porse. Le braccia gli tremavano dalla paura, non voleva incrociare quei puntini infuocati.
L'essere fece lievitare il pacco verso di sé. Lo fece girare su sé stesso in diverse direzioni: avanti, destra e sinistra. Lo guardò per un istante, poi annuì soddisfatto.
«È perfetto» sancì contento la testa. «Grazie, giovanotto. Anche a te, fratello d'ossa. In futuro saprò chi chiamare se avrò bisogno di fare una consegna.»
Mattias dilatò le labbra un sorriso tirato. Prese Ossuto, alzò i tacchi e corse dritto dove era spuntato qualche momento prima. Con sua sorpresa, la marea di persone era aumentata e camminare in mezzo alla strada pareva impossibile.
«Reggiti forte!»
Si buttò nella mischia e strinse i denti. Spintoni, gomitate e piedi molesti misero a dura prova il suo corpo. Il vociare confuso e assordante delle persone attorno martellarono i suoi timpani senza alcuna pietà. Orientarsi nella penombra e nel frastuono imperterrito pareva un'impresa.
Scorse uno spiraglio alla sua destra, un faro di speranza. Fece un respiro profondo e cominciò a sgomitare e spintonare tutti quanti, senza guardarsi indietro. Scrollava le arrabbiature e gli insulti dei presenti di dosso. Si sentiva un cavaliere privo di scudo sotto un cielo pieno di frecce. Il pacco doveva arrivare a destinazione.
Sgusciò via, stremato e vittorioso. Mattias si fermò per un momento, i polmoni stavano andando a fuoco e il cuore non la smetteva di galoppare. Inspirò ed espirò per tre volte, il battere ritmico e opprimente si acquietò man mano che lo faceva.
Un ultimo pacco. Sospirò. Ancora uno e per oggi abbiamo dato abbastanza.
Di miliardari, matrimoni e città in affitto
Ci sono svariati motivi per cui il matrimonio di Bezos a Venezia mi dà fastidio.
Il primo è questo continuo parlarne, come se fosse LA notizia veramente importante, come se le vite di tutti noi dipendessero direttamente da questo evento (indirettamente ne sono influenzate, ma lo vedremo poi). Non voglio cadere nel banale, ma se volete distogliere la nostra attenzione da Israele, Palestina, Iran, dalle porcate di Trump e da quelle più vicine del nostro governo, tornate al “bevete molto e non uscite nelle ore più calde,” per favore.
Il secondo motivo – e non è per invidia – è che ancora una volta, come se ce ne fosse bisogno, si è legittimato il concetto per cui se hai i soldi ti è concessa qualsiasi cosa. E no, non sono l'ingenuotto che scopre adesso come va il mondo, quello che mi infastidisce è proprio la legittimazione, la normalizzazione di questa pratica. Se hai abbastanza soldi da comprarti le nostre abitudini di spesa, i nostri gusti musicali e in fatto di film, da possedere i nostri dati, allora puoi fare quello che vuoi. Puoi comprarti una moglie come la vuoi tu e un bravo chirurgo che la modifichi come ti piace, e puoi affittare un'intera città per dieci giorni, impedendo il movimento delle (poche ormai) persone che ci vivono, ormeggiando il tuo barcone dove ti pare perché tanto galleggiando sui dollari il moto ondoso mica lo crei, tu, e invitando i tuoi amichetti alla tua privatissima festa. Però, siccome sei un riccone sì, ma anche tanto filantropo, scrivi sugli inviti che non vuoi regali (e poi che cazzo regali a uno che ha un patrimonio di 233 miliardi di dollari?) ma preferisci che i tuoi ospiti facciano qualcosa per Venezia.Massì, diamole quattro perline a sti selvaggi.
“Ah, ma vuoi mettere il ritorno d'immagine?”A Venezia? Perché Venezia ha bisogno di pubblicità? E poi, di cosa stiamo parlando, di una città o di una location per feste ultra esclusive?Guardate, potete celebrare il giorno più bello della vostra vita in un'autentica città italiana, con autentici abitanti che camminano per le calli, non comparse, ma gli ultimi veneziani veri! e, con un piccolo sovrapprezzo, potrete provare il brivido di autentici contestatori rimossi dalla vera polizia! (ATTENZIONE: i contestatori non sono figuranti ma autentici esemplari selvatici, l'organizzazione declina ogni responsabilità per evntuali incidenti a chi li avvicina troppo).
“Eh, ma sai quanti soldi porta?”E qui torniamo al discorso di prima per cui basta che ti porti schei e va ben tuto.Tra l'altro vorrei sapere dove è andato a finire il grosso dei soldi che Jeff e amichetti hanno speso, perché non ce li vedo ad andare a comprare un libro alla Tolette, o a prendere il pesce al mercato a Rialto e la verdura da un frutariol che vende dalla sua barca, né ce li vedo a prendere il sole agli Alberoni e bere qualcosa da Macondo. I soldi saranno finiti ai grandi alberghi di catena de agli organizzatori di eventi, mentre i padroni di case si rifaranno spennando con gli affitti brevi i lavoranti a chiamata per l'evento. Ammetto però di non avere dati a riguardo perciò sarei molto felice di venire smentito.
“Però nelle altre città gli eventi grandi li fanno, e chiudono le strade, mettono i blocchi...”Certo, ma stiamo parlando di eventi pubblici, fatti per la gente, che sicuramente creano disagio a qualcuno ma permettono a tanti altri di assistervi. Qui invece si tratta di un ricevimento privato, con invitati selezionati che sono arrivati come se andassero a casa di un amico. Peccato che invece si tratti di un posto dove la gente vive e lavora. Bezos non ha detto “Mi sposo a Venezia, siete tutti invitati a mangiare e bere, pago io!” che magari sarebbe stata anche una bella idea; è arrivato, ha aperto la sua valigia di soldi di fronte al sindaco e ha detto: “adesso tutti fuori dai coglioni che devio sposarmi.”
E poi c'è l'elefante nella stanza, anzi nel campiello.Sì, la cosa che mi dà più fastidio è che nel mondo esistano persone il cui patrimonio è superiore al PIL di uno stato. E non sto parlando delle Isole Comore, il Patrimonio di Bezos è maggiore del PIL della Grecia o di quello del Qatar, tanti per fare due esempi. Sto parlando di persone che per una festa di matrimonio possono spendere quanto 1000 famiglie italiane guadagnano in un anno e non sentire nemmeno prurito. Sto parlando di una distribuzione della ricchezza mondiale così sbilanciata e iniqua che non si riesce nemmeno a immaginarla chiaramente. Sto parlando di gente che può decidere per un capriccio il destino di intere economie, di Stati, della vita di migliaia di persone, di gente per cui affittare una città per una settimana ha lo stesso impatto che per uno normale ha una cena al ristorante. Però li accogliamo, e ci prostriamo al loro volere, perché il matrimonio porta soldi alla città.Perline, ci danno perline di vetro come ai selvaggi.
Il complotto del telefono intelligente
Siamo tutti consapevoli che, negli ultimi dieci anni, ha conquistato il mercato con una prepotenza senza precedenti il prodotto più venduto della storia contemporanea: lo smartphone. Il fenomeno è così eccezionale che tutti, o quasi, ne possiedono almeno uno.
Lo ripeto per sottolineare il concetto: oggi, al mondo, è quasi impossibile trovare qualcuno che non lo possegga. Avere uno Smartphone è divenuto usuale, tanto da contaminare ogni aspetto della nostra esistenza, è ormai socialmente accettato che sia parte integrante della nostra persona.La nostra esistenza è conservata e garantita da uno strumento che è più desiderato e sopravvalutato che realmente necessario.
L’effetto più insidioso del suo continuo utilizzo è la dipendenza che genera, espressa da una compulsione a consultarlo in continuazione, un bisogno costante di averlo accanto. Dal punto di vista psicologico, questo comportamento è paragonabile a quello di un tossicodipendente in crisi d’astinenza.
A livello sociale, molti ritengono che la tecnologia smart sia riuscita ad avvicinare le persone, permettendo loro di comunicare senza doversi vedere e stare davvero insieme. Possiamo non sentirci soli anche quando lo siamo. Questo strumento, paradossalmente, ha spesso allontanato proprio le persone che un tempo erano più vicine. E’ una tecnologia che ci ha resi soli tra altre persone sole. L’atto di chattare ha preso il posto del dialogo, la condivisione virtuale ha sostituito la bevuta in compagnia, l’immagine di un profilo social ha rimpiazzato il guardarsi negli occhi. Sono esempi estremi, che non sempre rappresentano la realtà di tutti, ma la logica del discorso è difficile da smentire.
Sul piano commerciale, le grandi multinazionali – Apple, Xiaomi, Samsung... – hanno puntato sul prodotto più facile da vendere per alimentare la loro brama di potere e denaro, aggiudicandosi il podio mondiale eterno fra i potenti. Chi conosce le dinamiche di una grande impresa, o aspirante tale, sa bene che non c’è spazio per filantropia o buon senso. Ogni impresa desidera possedere uno strumento che sia facilmente commerciabile e diffondibile, e le grandi aziende tecnologiche hanno trovato la loro gallina dalle uova d’oro. Lo smartphone è stato venduto a chiunque: ricchi, poveri, giovani, anziani, americani, asiatici, africani, europei... È indiscutibilmente uno dei prodotti più acquistati al mondo, eppure per le proprie potenzialità lo utilizziamo spesso in modo superficiale.
Tutto ciò che puoi fare con il tuo Telefono Intelligente, lo potevi fare anche prima in maniera meno immediata. Per scattare una foto si usava una macchina fotografica. Per inviare un messaggio, si ricorreva agli SMS. Per leggere le email, si apriva il computer. Per giocare, esistevano decine di piattaforme diverse. Per ascoltare musica, c’erano lo stereo, il giradischi, il mangiacassette, la radio, il lettore mp3. Il significato delle parole si cercava sul dizionario. Il giornale lo si comprava in edicola. Per trovare un numero di telefono, si sfogliavano le Pagine Bianche o le Pagine Gialle. La TV via cavo offriva programmi adatti a ogni età e gusto: cartoni, documentari, serie, film per tutti.
Ciò che ritengo sia il grande cambiamento è la nostra condizione: più la tecnologia diventa smart, più noi possiamo permetterci di essere superficiali. Abbiamo l’estremo bisogno di qualcosa che non dovrebbe essere indispensabile, ma che lo è già diventato. Se racchiudiamo in un solo accessorio tutto ciò che ci rappresenta, dagli interessi alle passioni e passatempi, allora sarà impossibile separarsene. Non sapremmo più vivere senza.
Lo smartphone è diventato indispensabile solo perché abbiamo delegato ad esso tutto ciò era già essenziale prima della sua esistenza. Ad esempio, si potrà accedere alla propria Tessera Sanitaria tramite app, così da non doverla più portare con sé. Ma mentre la tessera sanitaria è davvero indispensabile, lo smartphone non lo è. Ora sì: la tessera sparirà, lo smartphone diventerà irrinunciabile. È diventato un bene di prima necessità e questo lo rende esponenzialmente commerciabile: ogni individuo, di qualsiasi età, ceto, stato o cultura, potrà possederne uno. Potrebbe essere un complotto andato a buon termine, voluto dalle dalle multinazionali e dagli oligarchi per consolidare il loro dominio globale.
Per dimostrare la mia pesante ed accusatoria teoria del “complotto del telefono intelligente”, vi invito a ragionare sulle abitudini dell’ultimissima generazione. Da bambino, mi distraevo con la televisione, ma era una televisione molto diversa. Oggi, canali come Boing o Cartoon Network trasmettono pubblicità tempestate di riferimenti agli smartphone, creando un prematuro sentimento di necessità, per indottrinare fin da giovane età i consumatori del domani. Questo complotto, indiretto e puramente psicologico, garantisce alle multinazionali il podio economico e, per raggiungere i propri obiettivi egoistici, continueranno ad approfittare di ogni strumento disponibile. L'indipendenza dei bambini da accessori superflui è minacciata dalle logiche di mercato.
Non siamo sempre consapevoli di questi subdoli meccanismi economici e psicologici, né possiamo dimostrarli su larga scala, ma possiamo quanto meno renderci conto dei grandi cambiamenti e dei pericolosi risultati nella nostra quotidianità.
Anche chi ha grandi difficoltà economiche si sente in dovere di possedere uno smartphone. Siamo indotti psicologicamente a volerlo.
“Loro ce l’hanno e io no” “Senza di quello, sarò tagliato fuori” “Se non ce l’ho, non mi farò mai degli amici” “Senza, valgo meno di niente” ... “Ora che ce l’ho, posso mostrarlo agli altri” “Ora posso fare tutto quello che voglio” ...
senza sapere o considerare che potevo farlo anche prima, sebbene meno comodamente. L’invidia e l’insicurezza, nelle logiche di mercato, sono gli strumenti più efficaci verso di noi, l’ultimo gradino della società. Prima di essere persone, siamo consumatori, numeri in un database che non si ferma mai e che ci controlla, un insieme di algoritmi al servizio degli oligarchi. Hanno bisogno di influenzare le nostre scelte, decisioni, passioni e necessità, altrimenti smetteremmo di essere tali. E così ci sentiamo in dovere di avere un accessorio da centinaia, se non migliaia, di euro che, per le sue potenzialità e dato come lo usiamo, è spesso inutile o si avvicina ad esserlo... Perchè? Perché non sempre siamo padroni delle nostre scelte.
Eddie Vedder - Ukulele Songs (2011)
Vedder è un grande musicista, una grande voce, un grande leader (I Pearl Jam sono uno dei gruppi più importanti e più amati degli ultimi decenni), ci ha regalato la splendida colonna sonora del film “Into the wild” ma questo secondo album; ‘Ukulele Songs’, non convince del tutto. Nei trentacinque minuti del disco ci sono brani prevalentemente già pubblicati dai Pearl Jam e altri già sentiti perché sono cover o presentati in tournée con il gruppo, solo alcuni sono originali... silvanobottaro.blog/2024/01/02…
Ascolta: album.link/i/1440665545
Autoprodurre l'idromele con la wild fermentation – fase 3 (finale)
Trascorsi circa 60-65 giorni di fermentazione in damigiana è arrivato il momento della fase finale: l'invecchiamento in bottiglia. La sua durata può variare in base ai propri gusti. Più a lungo sta in bottiglia più il gusto diventa strutturato ma anche meno “beverino”.
In ogni caso, il mio consiglio è che l'invecchiamento in bottiglia duri non meno di 3 mesi. Prendete la vostra damigiana e togliete il tappo con il gorgogliatore. Prima di procedere all'imbottigliamento, ricordatevi di fare un bell'assaggio per rendervi conto della trasformazione avvenuta nell'idromele e annotate ancora una volta la gradazione misurandola con il densimetro.
Per fare il travaso nelle bottiglie procedete esattamente come avete fatto per il travaso dal barattolo alla damigiana: mettete la damigiana su un ripiano più in alto rispetto alle bottiglie e servendovi del travasatore a sifone collegato al tubo di gomma riempite le bottiglie.
Lasciate sul fondo della damigiana i resti dei lieviti esausti insieme al fondo del mosto. Perderete un po' di produzione, ma è normale con la fermentazione selvaggia. Alla fine del travaso, del mosto iniziale di 4,5 lt + 1,5 kg di miele, si potranno riempire tra 7 e 8 bottiglie da 0,5 lt.
Usate soltanto bottiglie da birra in vetro scuro con tappo meccanico. Quelle da 0,5 lt (500 ml) sono perfette. Se preferite usate quelle da 66 cl, sempre con il tappo meccanico o se preferite quello a corona. Il tappo meccanico lo trovo più comodo per una rapida prova olfattiva o un micro-assaggio durante il periodo di imbottigliamento per calibrare l'invecchiamento al mio gusto personale. Non usate i bottiglioni di vino verde da vino.
Se potete, procuratevi una bottiglia da birra della capacità di 2 lt (vedi figura). La apro sempre per ultima, minimo 2/3 mesi dopo la prima, per gustarmi un idromele molto secco, con note amare decise e ad alta gradazione: un idromele da meditazione.
Come ho già detto la durata dell'invecchiamento in bottiglia dipende dai vostri gusti personali. Le mie produzioni (ricordo sempre che sono produzioni casalinghe a lievitazione selvaggia) hanno una gradazione alcolica che può variare da da 11 a 14,5%.
Buone bevute.
—fine fase 3——torna alla fase 2—
Now playing:“Interstate Love Song”Purple – Stone Temple Pilots – 1994
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✍️Se potessi fermare il tempo, solo un attimo, portarmi via il rumore delle onde, la melodia che si genera quando l'acqua bacia la sabbia e soprattutto questo silenzio meraviglioso, che solo il mare sa regalare, una sensazione di pace, di appagamento e di amore! E allora mi siedo e osservo il mare, aspetto che questa meravigliosa tela che ho dinanzi a me prenda altri colori, profumi e rumori! E se non posso catturare questi lunghi attimi , se posso solamente conservare qualche immagine, e far si che nascano dei ricordi, allora ho ritrovato la mia cura, il vento, le onde hanno delicatamente sfiorato le mie cicatrici.. Ma hanno anche addolcito quelle del mio cuore e della mente! In un giorno come tanti, il mare può renderlo speciale, può infondere forza e poi coraggio, fare la spinta nell'affrontare questo nuovo cammino, verso un orizzonte, ancora lontano,
ma forse un po' più vicino... perché c'è di mezzo il mare!
Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant
Dell'assurdità dei 700 Miliardi da spendere in armi
Per giustificare il non giustificabile, la Meloni ricorre a una citazione storpiata in latino che nella sua forma non è mai esistita, ma serve oggi per giustificare l’ingiustificabile, cioè di spendere cifre astronomiche in armi e lasciare sul lastrico sempre più persone. Già oggi Italia è il paese con tantissimi poveri assoluti, con poveri alimentari, persone che non ce la fanno a mangiare tre pasti al giorno, e con poveri di salute, persone che non fanno le analisi perché non in grado di pagare il ticket. Non sono poche, parliamo di povertà di milioni di persone che vivono in Italia. Se proprio vogliamo una citazione in latino, ecco, io preferirei citare Tacito che, nella sua opera Agricola fa dire al capo caledone (scozzese): “Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant”, che vuol dire, “là dove fanno il deserto gli danno il nome di pace”.
E’ questa la pace di cui parla la Meloni, la pace che fa solo deserto, che distrugge, smonta, getta nella povertà milioni di cittadini e cittadine per riempire le tasche all’industria bellica dimenticando che ogni Euro speso in armi non ha ritorni positivi sull’economia, ma ogni Euro speso in welfare invece è un volano importante.
Alla Meloni e a tutti i politici, pochi esclusi come Sanchez e Conte, vorrei ricordare la parola pace nella tradizione ebraico-cristiana che è Shalom. Questa parola biblica nella lingua della Bibbia ebraica è un concetto ben diverso da quello di fare deserto. E’ un concetto di benessere globale, dove il povero (nella Bibbia la vedova, l’orfano e lo straniero) viene sostenuto, dove c’è prosperità e una giustizia, dove sono pochi poveri e ancora meno ricchi. Infatti, i profeti della Bibbia ebraica non si stancano di criticare la classe dirigente di allora quando manca proprio il welfare, il benessere. Dice infatti il profeta Isaia (Isaia 1, 23): I tuoi prìncipi sono ribelli e compagni di ladri; tutti amano i regali e corrono dietro alle ricompense; non fanno giustizia all'orfano, e la causa della vedova non giunge fino a loro.
La misura del ben governare e della pace è il welfare, il contrario di quello che vogliono gli amici e le amiche del deserto. Per questo concludo con le parole forti di un profeta recente, il teologo Juergen Moltmann che afferma, fedele al messaggio profetico di convertire le armi in strumenti di agricoltura, che “dobbiamo trasformare l'energia criminale in energia dell’amore, la guerra in pace, riscattare l’inimicizia in amicizia e le violenze mortali in forza di vita”.
Wilco - The Whole Love (2011)
Il coraggio è una virtù di pochi e i Wilco sono tra questi. I fan di vecchia data, dopo un primo ascolto rimarranno molto probabilmente spiazzati. The Whole Love abbandonando la strada di Sky Blue Sky (2007) e dell’ultimo Wilco (2011), dimenticando i suoni di Yankee Hotel Foxtrot (2002) e A Ghost Is Born (2004), si inerpica in nuovi territori e, questo, non può che far bene. Si perchè, al di la che il disco possa piacere o meno, quello che conta per un gruppo ormai sulla breccia dal 1995 (senza contare la parenesi “Uncle Tupelo” dei primi anni novanta) è il saper rinnovarsi, evitando così la noia del ripetersi. The Whole Love è un ponte, l’inizio probabilmente di un nuovo corso dei Wilco. Non che Jeff Tweedy non sia stato incline a sperimentazioni e a ricerche sonore, anzi, fatto sta che questo ultimo lavoro suona come un manifesto di cambiamento. Un cambiamento che sa di abbandono ai vecchi cliché e di abbraccio a nuove esperienze musicali senza preclusioni di ordine commerciale, non a caso l’album è prodotto proprio da Tweedy... artesuono.blogspot.com/2014/08…
Ascolta: album.link/i/1810628579
R.E.M. - Collapse Into Now (2011)
Dire che con questo quindicesimo lavoro i R.E.M. ritornano alle origini, è assai azzardato. Eguagliare ottimi dischi e capolavori come Document dell ’87, Green dell '88, Out of Time dell ’91 e Automatic for the People dell '92, non è cosa semplice. Personalmente, dopo il buon New Adventures in Hi-Fi dell '96, li avevo trascurati se non per qualche ascolto di Up dell '98 e Reveal del 2001. In realtà in questi “anni duemila” il loro suono è diventato “piatto” e privo di emozioni, un continuo girare e rigirare nella stessa pentola di note. D'altronde in trent’anni di carriera non è facile rimanere in auge e sfornare nuovi lavori originali. Proprio per questo qualche maligno aveva simpaticamente consigliato di sciogliersi [sic!] Per pura curiosità ho voluto mettere il naso, o meglio le orecchie, su queste dodici tracce e, ascolto dopo ascolto, con meraviglia il disco mi ha preso come mai avrei pensato... artesuono.blogspot.com/2014/07…
Ascolta: album.link/i/1440943959
Cowboy Junkies - Demon (2011)
Nella seconda metà degli anni ottanta i fratelli Timmins si fecero conoscere grazie ad una manciata di buoni dischi, tra cui gli ottimi The Caution Horses, Black Eyed Man e il superlativo The Trinity Session dell’88. Negli anni successivi, per una serie di coincidenze, non ultima la mancanza di “creatività” sonora, non li ho più seguiti se non “per sentito dire”. Ora, come è successo per i R.E.M., ho ascoltato questo loro ultimo lavoro e la sorpresa è stata più che buona. Il disco in origine doveva essere una collaborazione con l’amico Vic Chesnutt ma, la sua morte avvenuta prematuramente il giorno di Natale del 2009, ne ha cambiato le sorti, facendolo diventare un tributo allo stesso artista canadese... artesuono.blogspot.com/2014/07…
Ascolta: album.link/i/1688324744
Non-recensione libraria: “Il Super Senso”
Le recensioni sono una cosa seria, non come quelle che si trovano un tanto al chilo sui social brutti, del tipo “Mi dai gratis il tuo libro e io scrivo che è meraviglioso, così magari tu vendi qualche copia e qualche aspirante autore dà a me altri libri gratis”. No. Qualsiasi cosa siano quelle cose lì, non sono recensioni. Le recensioni sono una cosa seria, dicevo, dunque questa è una non-recensione. Non perché l’autore o la casa editrice mi abbiano dato gratis il libro – regolarmente pagato con denaro sonante dalla qui presente – ma perché quella che segue è solo la mia impressione a termine della lettura.
“Il Super Senso” è il secondo libro della trilogia, ideata da Paolo Borzacchiello, che ha per protagonista Leonard Want (cognome non casuale, come nessuna delle parole usate da lui o da Borzacchiello, che poi è lo stesso. O forse no), profiler linguistico comportamentale, che in questa nuova avventura si trova a fronteggiare il Presidente degli Stati Uniti e una giovane, timida donna incinta e con pensieri suicidi. Ritroviamo qui Lisa-Dio-Jessica Fletcher, Evelin, sempre bella come un angelo e letale come un demone, l’affascinante Lucifer e anche personaggi meno insoliti, come il pupillo e collaboratore e l’amata figlia ormai prossima alla maggior età. Lettura interessante, ricca di spunti condivisibili e degni di approfondimento personale, eppure non mi ha avvinta quanto il precedente. Sarà che sono refrattaria per indole ai sequel, sarà che ho trovato la storia più confusionaria, o magari sarà per quel paio di refusi – davvero, ne ho trovati due o tre al massimo – che mi hanno indispettita. In un altro libro sarebbero stati tollerati, ma qui, no. Da Want – e da Borzacchiello – mi aspetto l’eccellenza lessicale, stilistica e formale. Sicché, libro bello ma non eccelso nella sua trama. Discorso a parte gli insegnamenti disseminati con maestria tra le pagine, con l’ormai consueto sistema dei tre caratteri differenti (normale, corsivo e grassetto) per i tre diversi cervelli: questi sì sempre all’altezza. Ad ogni modo, la lettura mi ha lasciato il desiderio di tuffarmi nel terzo e ultimo capitolo della trilogia, quindi direi che lo scopo dell’autore può dirsi comunque raggiunto.
Titolo: Il Super SensoAutore: Paolo BorzacchielloEditore: Mondadori Anno di edizione: 2020 ISBN: 9788804730019
Tinariwen - Tassili (2011)
Dopo l’ennesimo ascolto di Emmaar, il parallelo con Tassili, ultimo lavoro uscito nel 2011, è inevitabile. Il gruppo maliano che ha fatto, e continua a far conoscere la cultura tuareg in giro per il mondo, con questo disco, non si discosta di molto dal suo predecessore. Due sono soprattutto gli elementi in comune: deserto e messaggio. Il primo è stato registrato nel deserto algerino, Emmar invece, in quello nord americano del Joshua tree. Il messaggio: la musica come strumento di ribellione... silvanobottaro.blog/2024/09/10…
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Il mondo è cambiato?
Il Mondo è cambiato o siamo solo noi ad essere cambiati? Siamo noi a tentare in ogni modo di essere diversi da ciò che eravamo una volta?
In questo capitolo affronterò l’argomento dell’Antropocene da un punto di vista diverso rispetto a quello scientifico trattato in precedenza, concentrandomi su un aspetto umano e intellettuale.Da un punto di vista teorico, il Mondo per noi è sempre rimasto uguale e continuerà a sembrarlo, con un limitato margine di cambiamento per la durata delle nostre vite, quelle dei nostri nipoti e dei nostri pronipoti. Avremo sempre lo stesso cielo, le stesse stelle stelle, la stessa Terra. Nonostante le vicende storiche, sociali e culturali degli ultimi secoli, secondo il concetto fenomenico, il Mondo dovrebbe essere rimasto identico. Siamo noi che abbiamo un bisogno tipicamente umano di voler percepire ogni epoca come diversa, a volerci sentire differenti, modificando il contesto naturale per adeguarlo a noi.
I genitori dei nostri genitori possono sostenere con forza e sicurezza di aver vissuto dei tempi realmente diversi sotto molti aspetti, come dimostra la difficoltà che spesso incontrano nell’approcciarsi a tecnologie recenti come smartphone e computer. E’ stata la rivoluzione comportamentale portata da queste tecnologie che ha contribuito a renderci molto diversi. Prima di questa rivoluzione, i tempi sembravano scorrere più lentamente e somigliarsi di più tra loro. La nostra contemporaneità, invece, è bizzarra, complessa, e a tratti alienante.
Per noi è facile e scontato convivere con queste grandi comodità, siamo genericamente più sedentari, ci dedichiamo quotidianamente ad attività tanto urgenti quanto superflue, che però sentiamo il bisogno di soddisfare. Chi dei lettori, me compreso, non ha delle missioni giornaliere da svolgere?
Investiamo una parte importante del nostro tempo ed energie su azioni di poco conto, sottraendone a ciò che meriterebbe davvero la nostra attenzione. In passato, chiunque si dedicasse ad una disciplina la viveva come una vocazione, non era distratto quotidianamente da attività dettate da un’applicazione. La nostra mente è stata condizionata per ritenere priorità cose che hanno davvero poco rilievo, ciò ci rende costantemente distraibili. Anche i nostri genitori, a differenza dei nonni, sono stati facilmente convertiti alla “fede delle tecnologie inutili”. Con amarezza, sostengo che spesso ne sono dipendenti quanto i giovani.
Tutto questo mi porta a una riflessione: Anche se dal punto di vista naturale e fenomenico il mondo non è cambiato, è bastato un accessorio, per quanto eccezionale, a stravolgere le nostre abitudini in pochissimo tempo. Viviamo in uno sputo di tempo, velocissimo e pericoloso, come il colpo di un proiettile. Tecnologia, scienza e progresso non hanno cambiato il mondo in sé, ma la nostra percezione del mondo. Abbiamo ancora bisogno delle stesse cose, ma oggi facciamo fatica a riconoscerle. Bisognerebbe rivedere il valore delle nostre azioni quotidiane, dei nostri pensieri.
Le strane priorità e abitudini che ora ci appartengono tendono ad allontanarci da un sentimento naturale e primordiale. La natura, oggi, è solo una risorsa da sfruttare, ci avviciniamo ad essa per deturparla, sfruttarla, e poi trasformarla in scarti e rifiuti. Ogni elemento naturale viene piegato alle nostre comodità per servirci a senso unico, per soddisfare i nostri vizi e desideri, colmare le nostre comodità, incrementando un sistema che ai tempi dei nostri nonni sarebbe stato inconcepibile. Cent’anni fa, l’essere umano era rispettoso della natura, la sua sopravvivenza dipendeva da essa. Oggi, con l’avanzata dell’industria globale, ci illudiamo di esserne padroni, ci consideriamo l’apice del sistema che abbiamo creato, la priorità assoluta, e pieghiamo al nostro volere tutto ciò che ci circonda. Abitudinariamente incrementiamo un’esistenza innaturale, disumana. E lo facciamo senza sacrificare nulla: né tempo, né risorse, né denaro. Siamo convinti di aver raggiunto la vetta, e che le conseguenze delle nostre egoistiche azioni non ci raggiungeranno mai. Ignoriamo che rappresentiamo un grave problema verso il Mondo e di conseguenza verso noi stessi.
Siamo diventati una specie egocentrica, abbiamo la presunzione che tutto ciò che può essere fatto debba essere fatto: ne abbiamo il diritto, anche se potrebbe essere dannosa e rischiosa. Così, involontariamente, distruggiamo ecosistemi e adattiamo la natura alle nostre esigenze, con effetti spesso irreversibili, Dall’alto della nostra intelligenza siamo diventati la specie animale più autodistruttiva, continuando imperterriti ed indifferenti a comportarci in modo deleterio, ignorando i segnali del disastro. Dall’alto della nostra intelligenza, dovremmo riconoscere le conseguenze delle nostre azioni.
Paul Simon – So Beautiful Or So What (2011)
E’ un buon ritorno questo di Paul Simon che, dopo diverse pubblicazioni di non grande valore, ritorna finalmente con un disco sopra la media, anche se lontano dall’ultimo suo capolavoro solista che è Graceland. So Beautiful Or So What è il dodicesimo lavoro in studio del settantenne cantautore americano famoso anche per il duo con Art Garfunkel. Nei testi è la spiritualità l’elemento predominante, ecco infatti cosa dice in una sua intervista: “Spiritualità sì, tanta, anche se in senso non religioso. Credo sia connessa con i tempi, con i problemi economici in America; c'è tanta gente che ha perso e perde il lavoro. Quel che capita nel mondo, e anche nella mia vita, finisce sempre nelle canzoni. Ma direi che sarebbe troppo appioppargli il titolo “Now i sing God”; il soggetto Dio appare in 4 o 5 canzoni, non l'ho fatto intenzionalmente”, un disco quindi, che approfondisce il significato della vita... artesuono.blogspot.com/2014/07…
Ascolta: album.link/i/1416977100
Benvenuti nell'Antropocene
Con questo capitolo la mia prima intenzione è esporre e divulgare teorie e concetti estrapolati da ricerche in internet, riferiti ad uno degli argomenti più importanti e più sottostimati della nostra contemporaneità. Mi riferisco a scienziati, geologi e ricercatori con i quali condivido visioni e teorie, che mi hanno portato a formulare un pensiero personale, cercando di non cadere nei semplicismi e nelle ovvietà. Promuovo l’idea che queste persone mettano il cuore e l’anima nei i propri studi, combattendo una battaglia che riguarda ognuno di noi, a prescindere dal nostro interesse personale verso gli argomenti trattati. Questi saggi studiosi e sapienti dottori, dovrebbero essere ascoltati di più dalle grandi masse, e le loro informazioni andrebbero diffuse nella maniera più efficiente possibile.Molte delle osservazioni che ho annotato fino ad ora avrebbero una soluzione pratica ed effettiva, capace di cambiare il mondo, o almeno di provarci. L'alternativa a “almeno ci provo” è “lasciarlo così com'è”, lasciarlo quindi alla deriva, consapevoli del probabile risultato finale. Sarebbe una scelta coerente per chi decide di disimpegnarsi sulla questione Natura, ignorando però quanto essa sia fondamentale per la preservazione della nostra esistenza. In queste pagine espongo il mio modo di agire, fino ad ora prevalentemente teorico. Esprimo un punto di vista nato dalla mia percezione delle cose e dal tentativo di cambiare ciò che mi circonda. Come ho scritto negli altri capitoli, sono fermamente convinto che chiunque voglia cambiare il mondo abbia il diritto di nascita di farlo. A volte, se si ha a cuore il nostro futuro e quello delle prossime generazioni, si ha il dovere di provarci.
Il termine “Antropocene” suscita in me un grande timore. Un timore che nasce dalla sua stessa definizione di catastrofe, possibilmente raggiungibile nel corso dei prossimi, e non molto numerosi, decenni. Questo è il risultato da cui dobbiamo sottrarci in ogni modo. Si tratta di un destino che si manifesta percettibilmente giorno dopo giorno: per ora è evitabile, ma presto potrebbe non esserlo più. Con Antropocene si intende l'epoca geologica contemporanea, caratterizzata dall'influenza negativa dell'essere umano sul pianeta. L'effetto della nostra esagerata presenza è la causa di un cambiamento strutturale del clima planetario, che incide sui processi sottili di equilibrio terrestri, condizionati da un'evoluzione durata milioni di anni. L’Antropocene è la prova inconfutabile che l’uomo è nocivo per se stesso e per il resto degli ecosistemi mondiali.
Il nostro pianeta ha raggiunto un equilibrio grazie a fattori ambientali come i ghiacciai, gli oceani e l'atmosfera. Quest'ultima, la più vulnerabile, è anche quella più danneggiata dalle nostre azioni. L’atmosfera è quel sistema che, se gravemente compromesso, compromette di conseguenza ogni altro tipo di sistema esistente. E’ il primo fattore ambientale che ha permesso alla Terra di ospitare la vita così come la conosciamo. Lo studio del clima ci ha rivelato che, da migliaia di anni, la Terra alterna periodi glaciali a periodi interglaciali. Noi siamo collocati verso la fine di un periodo interglaciale, un periodo caldo.
Cos’è che ha caratterizzato l’Antropocene? Gli ultimi 200 anni di Rivoluzione Industriale hanno permesso all’essere umano di evolversi tecnologicamente in una modalità senza precedenti. E’ stato l’inizio di una crescita e di un progresso scientifico senza eguali, migliorando da quasi ogni punto di vista la qualità e la facilità delle nostre vite, attribuendo all'essere umano un nuovo modo di vivere e definire la quotidianità. Allo stesso tempo, la Rivoluzione Industriale ha dato inizio a un'altra grande novità per il pianeta: la combustione di petrolio, carbone e gas, con il conseguente incremento dell'Effetto Serra, che ha progressivamente aumentato il riscaldamento globale fino ai nostri giorni. E’ stato anche l’esordio di uno smisurato prelevamento di risorse (legno, minerali, pesci, animali...) restituite al pianeta sotto forma di scarto, un prodotto di avanzo che non solo incrementa i rifiuti nell'ambiente, ma immette nell'atmosfera quantità spropositate di CO2.
Fino agli anni Settanta, si contavano nel mondo circa 3,5 miliardi di persone e, dal punto di vista di sprechi e rifiuti, si rispettava ancora un certo equilibrio naturale. Con la crescita indomabile della popolazione e la dipendenza vitale dal petrolio, ci avviciniamo sempre più al punto di non ritorno, al processo irreversibile che potrebbe caratterizzare il mondo di domani. Sappiamo che il clima mondiale è aumentato di circa un grado, soprattutto negli ultimi trent'anni. Si prevede che nei prossimi cento anni la temperatura possa salire di altri 5°C. Con un solo grado di differenza, il 50% dei ghiacciai delle Alpi è già scomparso, insieme alla sorgente del Po e a molti altri fiumi essenziali per il nostro sostentamento. In nessun altro periodo caldo interglaciale si è mai registrato un aumento di un grado. I 5°C che si raggiungerebbero rappresentano la peggiore prospettiva possibile e il più grande fallimento dell'umanità nei confronti di questo pianeta. Questi sono i sintomi di una malattia climatica di origine umana. Se nel 2100 si verificasse un aumento di 5°C, le conseguenze più catastrofiche sarebbero destinate soprattutto a noi esseri umani. La Natura, nonostante le estinzioni di massa, il disequilibrio ambientale e la distruzione di tantissimi ecosistemi unici, avrà sempre la forza di adattarsi. La Natura è resiliente.
Noi pensiamo di essere i padroni del mondo, ma non avendo la stessa forza di adattamento, saremo la specie a subire le ripercussioni più gravi,al limite dell'apocalisse. La CO2 di origine fossile immessa nell'atmosfera si è aggiunta a dismisura nell'equilibrio mondiale. In 800.000 anni, la percentuale di anidride carbonica nell'ambiente non aveva mai raggiunto livelli così alti come oggi. L'Effetto Serra è la causa principale dello scioglimento dei ghiacciai e, di conseguenza, dell'innalzamento dei mari. Questo processo sarà accompagnato da una desertificazione veloce e graduale. I numerosi test nucleari avvenuti tra gli anni Cinquanta e Sessanta hanno rappresentato un altro fattore disastroso che ha inciso profondamente sull’equilibrio climatico e ambientale, facendo da catalizzatore e accelerando ulteriormente il degrado del nostro pianeta. Ogni anno, muoiono genericamente 9 milioni di persone solo a causa dell’inquinamento.
Si dovrebbe lasciare in eredità alle generazioni future un pianeta ancora vivibile, che non sia ostile alla nostra presenza, cambiando radicalmente direzione. Come inizio, si potrebbe garantire la fine dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua. Dovremmo eliminare la nostra esigenza di deforestazione e promuovere invece la riforestazione. Sarebbe fondamentale limitare il più possibile la cementificazione, che rende la terra sotto i nostri piedi sterile e vulnerabile agli agenti atmosferici. Bisognerebbe ridurre tempestivamente la nostra dipendenza dal petrolio e dal carbone. Dovremmo riutilizzare e riciclare risorse e rifiuti di ogni tipo, eliminando quanto più possibile lo spreco. Si potrebbe adattare ogni nostro bisogno alle energie rinnovabili ovunque esse siano accessibili, convertendo più edifici possibili all’autonomia energetica. Tutto questo non sarebbe impossibile, se esistesse una volontà mondiale, animata dal desiderio di affrontare e superare ogni ostacolo, anche quelli apparentemente insormontabili, come le resistenze di politici e multinazionali ancora legati a profitti retrogradi e involutivi.
E’ necessario rendersi conto che questo è l‘unico pianeta che abbiamo, tutto ciò che riguarda la nostra sopravvivenza dipende esclusivamente da esso. Preservare la Natura equivale a preservare noi stessi. Come ho già sostenuto, tutto ciò che siamo è ciò che la Natura ci ha permesso di essere, dovremmo provare a saldare questo debito con l’ambiente che ci circonda. Sentiamoci partecipi ed attivi quando ci rivolgiamo alla Natura.
Non dimentichiamo che l’uomo e l’ambiente non sono due cose distinte e separate. L’essere umano deve essere al servizio della Natura tanto quanto la Natura è sempre stata al nostro.
Okkervil River - I Am Very Far (2011)
A parte la collaborazione con Roky Erickson nel suo bellissimo True Love Cast All, gli Okkervil River mancavano dalla scena musicale da tre anni e questo nuovo album si preannunciava come un album ‘difficile’. “Voglio fare un disco di suoni per me stesso e non per la massa” disse a suo tempo Will Sheff, compositore e cantante del gruppo, e così è stato. Il termine ‘difficile’ in questo caso non è da intendersi come poco accessibile, ma soprattutto come ‘spiazzante’... silvanobottaro.blog/2023/09/25…
Ascolta: album.link/i/433193695
Okkervil River - I Am Very Far (2011)
A parte la collaborazione con Roky Erickson nel suo bellissimo True Love Cast All, gli Okkervil River mancavano dalla scena musicale da tre anni e questo nuovo album si preannunciava come un album ‘difficile’. “Voglio fare un disco di suoni per me stesso e non per la massa” disse a suo tempo Will Sheff, compositore e cantante del gruppo, e così è stato. Il termine ‘difficile’ in questo caso non è da intendersi come poco accessibile, ma soprattutto come ‘spiazzante’... silvanobottaro.blog/2023/09/25…
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L' atomica del vicino è sempre più...
(170)
Intro.Più passano i giorni, più gli #USA e #Trump nicchiano, più le cose si ingarbugliano, più appare chiaro che l’attacco di Israele all’Iran ha solo nominalmente lo scopo di distruggere una ipotetica potenza nucleare. E’ tutt’altro. E, sicuramente, non sarà questa guerra a distruggere un regime teocratico sanguinario e opprimente. Anzi, forse riuscirà a renderlo più determinato nella sua opera di annichilimento dei diritti civili ed umani. Tutte cose che a #Netanyahu non interessano. A lui serve la poltrona e serve il sangue dei mussulmani, che si sa che a Occidente plaudono a chi si fa carico, finalmente, di queste cose (chissà le risate di Powell…).
Il recente attacco israeliano all’Iran – definito “Operation Rising Lion” – non può essere interpretato come un’operazione umanitaria finalizzata alla liberazione degli iraniani da un regime inumano, bensì come una mossa strategica di Benjamin Netanyahu per ampliare l’influenza e lo spazio geopolitico di Israele nella regione. Numerosi analisti evidenziano come l’obiettivo di Tel Aviv non sia la democratizzazione dell’Iran, ma piuttosto una forma di espansionismo politico-militare. Il “Financial Times” ha chiarito che, pur annichilendo elementi dell’apparato militare iraniano, l’azione di Israele non compromette il regime in sé, che acquisisce semmai una narrazione di resistenza e legittimità interna. In un articolo comparso su The Guardian, si sottolinea che l’offensiva “crudele ma strategica” può al contrario rafforzare l’unità nazionale iraniana e consolidare la leadership, invece di disgregarla.
Ma è l’analisi geopolitica a offrire chiavi interpretative più nette: secondo l’ISPI, l’operazione fornisce a Netanyahu strumenti politici interni ed esterni per consolidare il consenso e sfruttare la narrativa della sicurezza nazionale. In una analisi dell’Habtoor Research Centre, si legge che Tel Aviv ha orchestrato l’attenzione dei media e dei governi occidentali per ottenere sostegno diplomatico e militare, mentre la minaccia iraniana serve a distogliere l’attenzione dalle criticità domestiche.
“New Yorker” fa notare come l’attacco non sia frutto di un’escalation incontrollata: Netanyahu lo avrebbe voluto da tempo, per perseguire ambizioni ben precise, agendo appena Washington è apparsa debole o distratta. In realtà, mentre la narrazione ufficiale descrive queste operazioni come risposte a minacce imminenti – in particolare al rischio nucleare – molti commentatori ricordano come l’Iran non stesse effettivamente per ottenere la bomba, secondo agenzie internazionali quali AIEA e CIA, dando la misura del pretesto retorico usato da Tel Aviv.
Il rischio politico interno è lampante: fissando Netanyahu come “uomo della sicurezza”, le operazioni militari all’estero possono distogliere l’elettorato dai dossier interni e blindare la sua leadership qualora emergano scandali o critiche. Lo rivelano commentatori israeliani citati dal Guardian, che affermano come tali attacchi “frutto di un Netanyahu che capitalizza su un regime che sta perdendo legittimità e consenso”. Le prove emerse delineano un quadro nitido: l’operazione contro l’Iran non risponde all’urgente esigenza della popolazione iraniana, ma rappresenta per Netanyahu una straordinaria occasione politica di potenziamento internazionale e consolidamento interno. In gioco non vi è affatto un progetto di liberazione, bensì una manovra di influenza, territorio e consenso.
In conclusione.E se avesse delle fialette con del plutonio arricchito da scuotere, “Bibì” avrebbe finito il quadro.
#Blog #Israele #Iran #War #Medioriente #MiddleEast #Opinions #Geopolitica #Opinioni
Ry Cooder - Pull Up Some Dust and Sit Down (2011)
Il musicologo Ry Cooder ritorna con un nuovo lavoro a distanza di tre anni dalla trilogia formata dal bellissimo ‘progetto’ Chavez Ravine del 2005, dalla storia del gatto Buddy di My name is Buddy del 2007 e dal non tanto entusiasmante I, Flathead del 2008. Per metà dei suoi quarant’anni di attività musicale, Ry si è prodigato a riscoprire i suoni di diverse culture del mondo, famosissima è quella cubana dei Buena Vista Social Club, dell'Africa con Ali Farka Toure, del soul/gospel con Mavis Staples e l’ultima irlandese con i Chieftains... artesuono.blogspot.com/2019/01…
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Cosa funziona per evitare i furti in casa? I consigli della Rete Europea di Prevenzione
L'EUCPN è la Rete Europea per la Prevenzione della Criminalità. La Rete mira a collegare i livelli locale, nazionale ed europeo e a promuovere la conoscenza e le pratiche di prevenzione della criminalità tra gli Stati membri dell' #UE. Dal 2019, la Rete europea di prevenzione della criminalità (#EUCPN) e diversi paesi europei hanno organizzato il Focus Day dell’UE dedicato ai furti con scasso nelle abitazioni.
La sesta edizione dell'EU Focus Day sui furti in casa si è svolta il 18 giugno 2025. Con una campagna di prevenzione e iniziative locali, l'EUCPN, diversi paesi europei, Europol e la Commissione europea mirano a intensificare la lotta contro questo reato, informando i cittadini sulla possibilità di proteggere la propria abitazione dai furti.
I reati contro la proprietà, e più specificamente i furti con scasso, colpiscono molti cittadini europei. Fortunatamente, i furti con scasso sono prevenibili e non devono essere costosi! La ricerca dimostra chiaramente l'efficacia di serrature migliorate per porte e finestre o di luci esterne che si accendono quando i sensori rilevano movimento e fulmini interni con timer. Queste misure aumentano il rischio di essere scoperti e/o lo sforzo necessario per entrare in un'abitazione. Queste misure di sicurezza migliorate hanno prevenuto un gran numero di reati e hanno portato a un reale calo della criminalità. La morale per chi si occupa della prevenzione dei reati, tuttavia, non è quella di sedersi e rilassarsi. Al contrario! Molte persone sono ancora vittime di furti con scasso. Ecco perché 22 paesi europei, uniti nell'EUCPN (European Crime Prevention Network) e nell'EMPACT, hanno unito le forze per lanciare questa iniziativa.
La campagna di prevenzione #StopDomesticBurglaries si compone di un poster, un volantino, tre brevi post intranet, uno spot radiofonico e un filmato. Il filmato include iniziative degli Stati membri e ispira i partner nazionali a partecipare a questa iniziativa. L'EUCPN ha anche redatto il documento “Cosa funziona per prevenire i furti in casa?”, per supportare gli stakeholder europei, nazionali e locali offrendo una panoramica delle iniziative che potrebbero, o meno, essere efficaci per prevenire i furti in casa. Il documento in italiano è visionabile escaricabile qui eucpn.org/sites/default/files/…Quest'anno la campagna si è concentrata sull'informare i cittadini che possono proteggere la propria casa dai furti in casa e che non deve essere costoso. L'utilizzo di serrature robuste per porte, illuminazione esterna con sensore, serrature robuste per finestre e illuminazione interna con timer rappresenta la combinazione più efficace per prevenire i furti in casa. Stiamo anche organizzando alcuni webinar.
I 22 paesi europei partecipanti nel 2025 sono stati Albania, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Islanda, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna, Ucraina e Regno Unito
Una vita senza Amazon: perché è ora di dire basta
L’indifferenza è complicità.
Ho vissuto a Venezia, per studio e durante la leva. Per questo, oggi mi unisco con convinzione ai comitati e alle associazioni cittadine che stanno contestando la presenza di Jeff Bezos nella città lagunare. Non è solo una questione simbolica: è una presa di posizione civile contro ciò che rappresenta.
Jeff Bezos non è un semplice imprenditore. È uno dei volti più potenti dell’oligarchia economica che gravita attorno a Donald Trump. Ha sostenuto apertamente la sua campagna elettorale, ha messo a disposizione il Washington Post quando faceva comodo, e si è presentato sorridente e in prima fila al suo insediamento, accanto a Elon Musk e agli altri signori del tecno-capitalismo.
Dietro la facciata dei servizi comodi e delle spedizioni veloci, Amazon è un colosso costruito sullo sfruttamento, sull’elusione fiscale, sulla distruzione del commercio locale e su un modello economico che concentra potere e ricchezza in pochissime mani. A scapito di tutti gli altri.
Ogni acquisto è un voto
Ogni volta che acquistate su Amazon, ogni volta che guardate qualcosa su Prime Video, che fate una diretta su Twitch o dite “Alexa”, state finanziando Bezos. State dando forza a un sistema che calpesta diritti, silenzia giornalisti e artisti, sfrutta lavoratori e svuota interi quartieri di botteghe reali.
La lista delle accuse è lunga e documentata:
- Censura dell’endorsement del Washington Post a Kamala Harris (ilfattoquotidiano.it/2024/10/2…)
- Sostegno pubblico a Trump: “Se posso essere d’aiuto, lo farò volentieri” (corriere.it/esteri/24_dicembre…)
- Sfruttamento della passion economy su Twitch, raccontato in questo video su PeerTube
- Le condizioni di lavoro nei magazzini Amazon documentate in innumerevoli inchieste
George Takei l’ha detto chiaramente:
“Se Jeff Bezos si arrende di fronte al potere, noi consumatori dovremmo mostrargli il nostro. RIMANENDO FUORI DA AMAZON.”
Come vivere senza Amazon e i suoi servizi
Vivere senza Amazon è non solo possibile, ma liberatorio. Dopo più di un anno di boicottaggio, posso confermare che si vive benissimo senza dare un euro a Bezos. Ecco una guida pratica per liberarsi, passo dopo passo:
📚 Libri (al posto di Amazon e Goodreads)
- Libraccio.it
- Bookdealer.it
- Librerie.coop
- Bookwyrm.it – social per lettori, decentralizzato e alternativo a Goodreads
🎥 Video e streaming (al posto di Prime Video e Twitch)
- Stremio – per guardare film e serie legalmente da più fonti
- Owncast – alternativa libera a Twitch
- PeerTube – piattaforma video federata, senza pubblicità e algoritmi tossici
🛍️ Acquisti (senza Amazon)
Elettronica:
Nuovo:
Usato:
🎂 25 anni con Amazon: tempo di cancellare
Quest’anno ho festeggiato i 25 anni da quando avevo aperto un account Amazon. Un pezzo d’archeologia digitale come l’email di Libero, ma era ora di dire basta. Non solo ho smesso di usarlo da tempo: ho deciso di chiuderlo definitivamente.
Se anche voi siete stanchi di finanziare un sistema che va contro i vostri valori, agite. Non limitatevi a lamentarvi. Disattivate. Cancellate. Scegliete.
🧠 Informati, condividi, agisci
📺 Video da vedere assolutamente:
Segui il canale: @unavitasenzabigtech
✊ Scegli da che parte stare
Venezia non ha bisogno di miliardari in yacht che la trattano come una passerella di lusso. Il web non ha bisogno di un monopolio che distrugge ogni forma di alternativa. Il mondo ha bisogno di cittadini consapevoli, non di consumatori passivi.
Bezos può comprare di tutto. Ma non deve comprare anche noi.
È tempo di scegliere. Scegliamo il Piccolo Web. Scegliamo il locale, l’etico, il federato. Scegliamo di dire NO ad Amazon.
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Povero futuro.
(169)
Nota: questo sarà un post noioso, ma, a volte, le aride cifre fotografano nitidamente le situazioni, anche quelle molto grandi, anche quelle che dentro hanno milioni di persone. D’altro canto sono certo che chiunque vorrà leggere queste righe sa comprendere benissimo numeri e percentuali. Altrimenti sarebbe un guaio.
Nel corso del 2024, l’Italia ha registrato un aggravamento significativo sia della #povertà assoluta sia di quella relativa, alla luce di dati ufficiali e referti della società civile. Secondo l’ultimo rapporto ISTAT e della “Caritas”, la quota di persone in condizione di povertà assoluta ha raggiunto il 9,7 %, pari a circa 5,6–5,7 milioni di individui, corrispondente a circa 2,2 milioni di famiglie. Lo stesso rapporto segnala come la povertà assoluta, benché stabile tra il 2022 e il 2023, risulti al livello più elevato dell’ultimo decennio, con una progressione costante dal 2014 (dal 6,9 % al 9,7 %) per quanto riguarda le persone.
Sul versante della povertà relativa, si evidenzia un ulteriore peggioramento: nel 2023 le famiglie colpite dal fenomeno superavano i 2,8 milioni (10,6 %) e le persone in difficoltà ammontavano a 8,4 milioni (14,5 %). Parallelamente, l’Eurostat stima che nel 2024 il 23,1 % degli italiani – circa 13,5 milioni – viva in condizioni di rischio di povertà o esclusione sociale, con aumenti particolarmente allarmanti per quanto riguarda i minori e le persone over 60.
A questi numeri drammatici si accompagna la crescita del fenomeno dei “Working poor”: in Italia il 21 % dei lavoratori percepisce un reddito insufficiente per condurre una vita dignitosa, con una situazione che colpisce in modo particolarmente intenso le classi operaie (tra le quali la povertà assoluta ha superato il 16,5 %) e i 35-54enni, oltre il 30 % dei quali non riesce a evitare uno stato di indigenza.
Tale contesto si dispiega in un quadro di politiche pubbliche inadeguate: le misure statali di contrasto alla povertà — dal “reddito di inclusione” alla spesa sociale — risultano insufficienti e, in molti casi, inefficaci. Nonostante il “Reddito di cittadinanza” abbia avuto un impatto importante, ben il 56 % delle persone povere non lo ha percepito, per cause che vanno dai problemi di residenza alla burocrazia. Le politiche di welfare restano lacunose e non affrontano adeguatamente la questione del “lavoro povero”, né investono in una rete di protezione robusta per le famiglie vulnerabili.
Questa fragilità sociale si inserisce in un contesto europeo che appare sempre più orientato verso la militarizzazione. Il “ReArm Europe – Readiness 2030”, lanciato a marzo 2025 dalla Commissione UE, punta a mobilitare fino a 800 miliardi di euro in spese per la difesa, tra aumenti delle spese nazionali, fondi comuni e prestiti SAFE da 150 miliardi, con la possibilità di dirottare risorse dai fondi di coesione e sostenibilità. Secondo le ultime stime, per colmare il gap militare si dovrebbe arrivare a investire fino al 5 % del PIL, una cifra che in Francia, Regno Unito e in molti altri Paesi corrisponde all’intero ammontare delle loro politiche di welfare e di protezione sociale. Analisti economici sottolineano che una simile quantità di risorse sarà sottratta a capitoli cruciali per combattere la povertà, rafforzare l’istruzione, la sanità e l’inclusione sociale, aumentando di conseguenza le disuguaglianze e l’emarginazione delle fasce più deboli.
La convergenza tra crisi del reddito, insufficienza delle politiche sociali e spinta europea verso spese militari aggressive aggrava la condizione dei più deboli. Se non si rivedono le priorità — affiancando politiche attive per il lavoro, la dignità universale del reddito e un welfare veramente inclusivo — il rischio è quello di lasciare milioni di cittadini italiani ed europei in una situazione di esclusione sempre più profonda.
Ma, forse, è proprio questo lo scopo ultimo di tutta questa sequela di mancanze, di tutti i soldi che non andranno ad aiutare le persone, soprattutto quelle povere, emarginate, fastidiose: la loro eliminazione. Se non fisica (almeno lo spero), almeno dalla vita pubblica, dalla società. Relegare coloro che non possono più permettersi la dignità sarebbe un ottimo viatico alla dittatura totale del liberismo, dell’effimero, del domani concesso solo a chi i soldi li ha e non viene disturbato da Governi sempre più distanti da una minima idea di democrazia.Se il futuro deve ancora essere scritto, non può diventare così. Non dovrebbe permetterlo nessuno, mai.
#Blog #Italia #ReArmEurope #UE #Società #Povertà #Society #Poverty #Opinioni #Opinions
Radiohead - The King of Limbs (2011)
Come si diceva, un nuovo disco va assaporato lentamente, se poi il disco in questione è dei Radiohead, allora la regola va moltiplicata. The King of Limbs non è un disco facile, chi conosce e ama i Radiohead è preparato a questo. Molte loro uscite hanno spiazzato e anche The King of Limbs, in parte, mantiene questa promessa. Chiamiamole ricerche, esperimenti, poco cambia, il loro percorso sonoro è sempre all'insegna dell'innovazione e dello stile progressivo... (Continua a leggere... artesuono.blogspot.com/2014/07…)
Ascolta: album.link/i/1109714965
William Fitzsimmons - Gold In The Shadow (2011)
Quello che traspare fin dalle prime note di Gold in the Shadow è una particolare e marcata intimità. Lo stile dato dalla voce e dalla sonorità raffinata, lieve e crepuscolare di William Fitzsimmons, suggeriscono un viaggio emotivo nei meandri del suo, del nostro ‘essere’... (Continua a leggere: artesuono.blogspot.com/2014/07…)
Ascolta: album.link/i/1476081042
La Relazione Europea sulla Droga
La Relazione Europea sulla Droga 2025: Tendenze e Sviluppi presenta l'ultima analisi dell'EUDA sulla situazione della droga in Europa. L’ #EUDA è l’Agenzia dell’Unione europea sulle droghe (European Union Drugs Agency). È un organismo dell’ #UE con sede a Lisbona, operativo dal 2 luglio 2024, che ha sostituito il precedente Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze.
Concentrandosi sul consumo di droghe illecite, sui danni correlati e sull'offerta di droga, la relazione fornisce una serie completa di dati nazionali su questi temi, nonché sui trattamenti specialistici per la tossicodipendenza e sui principali interventi di riduzione del danno.
Il report fornisce una panoramica aggiornata sulla situazione delle droghe in Europa fino alla fine del 2024, evidenziando tendenze e sviluppi rilevanti per le politiche e gli operatori del settore.
Offerta, produzione e precursori La disponibilità di droghe illecite rimane elevata per tutte le sostanze. I dati del 2023 mostrano tendenze stabili nei sequestri e nei reati legati alla droga, con una produzione significativa e sequestri di precursori chimici.
Cannabis È la droga illecita più consumata in Europa. I dati includono prevalenza d’uso, richieste di trattamento, sequestri, prezzo, purezza e danni associati.
Cocaina Seconda droga più usata dopo la cannabis, con variazioni significative tra i paesi. Il report analizza uso, trattamento, sequestri, prezzo, purezza e danni.
Stimolanti sintetici Comprendono amfetamina, metamfetamina e catinoni sintetici. L’analisi copre uso, trattamento, sequestri, prezzo, purezza e impatti sulla salute.
MDMA Associata principalmente al contesto ricreativo e notturno. Il report esamina uso, sequestri, prezzo e purezza.
Eroina e altri oppioidi L’eroina è l’oppioide illecito più usato e causa un notevole carico sanitario. La situazione evolve, influenzando le strategie di intervento.
Nuove sostanze psicoattive Il mercato è dinamico, con nuove sostanze rilevate ogni anno. Include cannabinoidi sintetici, catinoni, oppioidi sintetici e nitazeni.
Altre droghe LSD, funghi allucinogeni, ketamina, GHB e protossido di azoto sono usati in Europa. Il report analizza uso, sequestri, trattamento e danni.
Uso di droghe per via iniettiva In calo negli ultimi dieci anni, ma ancora associato a gravi danni sanitari. Include dati su prevalenza e analisi dei residui nelle siringhe.
Malattie infettive correlate Chi si inietta droghe è a rischio di infezioni come HIV ed epatiti B e C. Il report fornisce dati aggiornati su queste infezioni.
Morti indotte da droghe Fondamentale per valutare l’impatto sulla salute pubblica. Include dati su overdose e sostanze coinvolte.
Trattamento con agonisti degli oppioidi È il trattamento specialistico più comune per gli utenti di oppioidi. Il report analizza copertura, accesso e percorsi terapeutici.
Riduzione del danno Comprende interventi per ridurre i danni sanitari, sociali ed economici. Include programmi con naloxone, stanze del consumo e trattamenti sostitutivi.
La pubblicazione è scaricabile qui edr-2025-full-book-6.06.2025-en.pdf
Tom Waits - Bas As Me (2011)
Bad as Me è il diciassettesimo album in studio del cantautore statunitense Tom Waits, pubblicato il 21 ottobre 2011 dalla Anti-Records. L'album è noto per essere stato registrato già nel febbraio 2011 e la sua uscita è stata annunciata ufficialmente il 23 agosto 2011 sul sito web ufficiale di Waits e su vari social network. Lo stesso giorno, la traccia che dà il titolo all'album, “ Bad as Me “, è stata pubblicata come primo singolo dell'album su iTunes. L'album è il primo album di Waits composto interamente da materiale nuovo in sette anni da Real Gone (2004). L'etichetta di Waits, aveva recentemente concordato un accordo di distribuzione con la Warner Music Group che consentiva loro di pubblicare l'album a livello internazionale. Questa segna la prima pubblicazione di Waits tramite l'organizzazione Warner dai tempi di Heartattack and Vine (1980). Alla sua uscita, Bad as Me ha ricevuto ampi consensi dalla critica. L'album è stato nominato per un Grammy Award come miglior album di musica alternativa. Dopo l'uscita, Bad as Me divenne il primo album di Waits nella top 10 negli Stati Uniti, raggiungendo il numero 6.
Ascolta: youtube.com/watch?v=hegZcz7Q-b…
Bon Iver – Bon Iver (2011)
Bon Iver è il secondo album in studio della band indie folk americana Bon Iver, pubblicato il 17 giugno 2011. L'album è composto da 10 canzoni ed è stato visto come una nuova direzione musicale per la band. L'album ha avuto un successo commerciale, debuttando al primo posto nella classifica degli album norvegesi e nella classifica degli album danesi e al secondo posto nella classifica Billboard 200 degli Stati Uniti. Ha venduto 104.000 copie nella sua prima settimana negli Stati Uniti. A settembre 2016, l'album ha venduto un totale di 629.000 copie negli Stati Uniti. Ha ricevuto ampi consensi dalla critica, alcuni dei quali lo hanno nominato uno dei migliori album del 2011. L'album ha vinto il Grammy Award per il miglior album di musica alternativa alla cerimonia del 2012 , mentre la canzone “Holocene ” è stata nominata per canzone dell'anno e disco dell'anno.
Ascolta: album.link/i/438685974
LA NOTTE DEI LUNGHI ARTIGLI
Francis e Gustav vivono insieme. A volte si amano, a volte si tollerano a fatica, ma convivono ormai da anni e non saprebbero stare lontani l'uno dall'altro. Questo fino a quando compare Francesca... Donna, quindi biologicamente affine a Gustav che è un uomo (ah, dimenticavo di dire che Francis è un gatto!), arriva a sconvolgere il tranquillo ménage à deux. Così Francis decide che qull'appartamento non è abbastanza grande per tutti e tre e scompare. Inizia così la sua seconda vita, una vita fatta di mistero, intrighi felini e delitti.
Gran bel libro, sia per chi ama gli intrighi sia per chi ama i gatti. Se li amate entrambi, non potete proprio perdervelo!
Titolo: La notte dei lunghi artigliAutore: Pirinçci AkifTraduttore: Boschetti S. Editore: TEA Data di Pubblicazione: 1996 ISBN: 8830412147
(Nonsolobotte – 4 gennaio 2008)
Come i criminali informatici commerciano e sfruttano i nostri dati nel Rapporto IOCTA di Europol
La “Valutazione delle minacce legate alla criminalità organizzata su Internet” (#IOCTA) è l'analisi di #Europol sulle minacce e le tendenze in evoluzione nel panorama della criminalità informatica, con particolare attenzione a come è cambiato negli ultimi 12 mesi.
Nell'ultimo anno, la criminalità organizzata ha continuato a evolversi a un ritmo senza precedenti. La rapida adozione di nuove tecnologie e la continua espansione della nostra infrastruttura digitale hanno ulteriormente spostato le attività criminali verso il dominio online. Questo cambiamento ha fatto sì che l'infrastruttura digitale e i dati in essa contenuti siano diventati obiettivi primari, trasformando i dati in una risorsa chiave, fungendo sia da bersaglio che da facilitatore nel panorama delle minacce informatiche.
Il rapporto IOCTA del 2025 “Steal, deal and repeat: How cybercriminals trade and exploit your data” (Nota a piè di pagina, scaricabile [en] qui europol.europa.eu/cms/sites/de…) analizza in dettaglio come i criminali informatici commerciano e sfruttano l'accesso illegale ai dati e come mercificano questi beni e servizi.
I dati personali sono una risorsa centrale per il crimine informatico: vengono rubati, venduti e sfruttati per frodi, estorsioni, attacchi informatici e sfruttamento sessuale. I criminali usano vulnerabilità dei sistemi e tecniche di ingegneria sociale, potenziate da Intelligenza Artificiale generativa (GenAI) e modelli linguistici (LLM). Broker di accesso e dati vendono credenziali e accessi compromessi su piattaforme criminali, spesso tramite app di messaggistica cifrata (E2EE). I dati rubati sono venduti su forum del dark web, marketplace automatizzati (AVC), e canali E2EE. Le minacce emergenti consistono nell'uso di deepfake vocali, attacchi supply-chain tramite AI, e tecniche come il “slopsquatting” per sfruttare errori degli assistenti AI.
In particolare i criminali ricercano: Credenziali di accesso (RDP, VPN, cloud) Informazioni personali (PII), dati finanziari, social media Dati aziendali e governativi per spionaggio o estorsione Come vengono sfruttati i dati: – Come obiettivo: ransomware, furto di identità, frodi – Come mezzo: per profilare vittime, estorcere denaro o informazioni – Come merce: venduti su forum, marketplace, canali E2EE Come vengono acquisiti dati e accessi – Ingegneria sociale: phishing, vishing, deepfake vocali, ClickFix – Malware: infostealer, RAT, exploit kit – Vulnerabilità di sistema: attacchi brute force, skimming, MitM Chi sono gli attori criminali – Initial Access Brokers (IABs): vendono accessi iniziali – Data Brokers: vendono dati rubati – Gruppi APT e minacce ibride: spesso sponsorizzati da stati – Criminali specializzati in frodi e CSE: usano i dati direttamente Dove avviene la compravendita – Dark web: forum, marketplace, canali E2EE – Servizi offerti: phishing-kit, infostealer, spoofing, proxy residenziali Cultura criminale: reputazione, badge, ruoli da moderatore
Raccomandazioni del Rapporto La condivisione eccessiva di dati online aumenta la vulnerabilità, soprattutto per i minori. L’uso di E2EE ostacola le indagini; servono regole armonizzate per la conservazione dei metadati. Abuso dell’AI: deepfake, fingerprint digitali falsi, attacchi supply-chain tramite suggerimenti errati degli assistenti AI. Disgregazione dell’intelligence: doxxing e hacktivismo complicano le indagini e la validazione delle prove.
Conclusioni Il rapporto sottolinea la necessità di:
- Accesso legale ai canali E2EE ((End-to-End Encrypted)
- Standard UE armonizzati per la conservazione dei metadati
- Educazione digitale e consapevolezza dei rischi online
- Collaborazione tra forze dell’ordine, aziende e cittadini
Nota: Europol, Steal, deal and repeat – How cybercriminals trade and exploit your data – Internet Organised Crime Threat Assessment, Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione Europea, Lussemburgo, 2025.
Beirut – The Rip Tide (2011)
The Rip Tide è il terzo album in studio delgruppo indie folk statunitense Beirut, pubblicato il 30 agosto 2011. L'album ha debuttato al numero 88 della Billboard 200, e ha raggiunto il picco al numero 80 un mese dopo. L'album ha venduto 93.000 copie negli Stati Uniti ad agosto 2015. L'album ha ricevuto per lo più recensioni positive. Zach Condon dei Beirut decise di scrivere l'album dopo un tour difficile in Brasile, dove subì una perforazione al timpano e fu coinvolto in un'invasione di palco. A differenza dei precedenti album dei Beirut, The Rip Tide rifletteva maggiormente su luoghi più vicini a casa; ad esempio, la canzone “Santa Fe” era un omaggio alla città natale di Condon. Condon rifletté su questo, dicendo: “La cosa del vagabondo – quella era una fantasia adolescenziale che ho vissuto in grande stile. La musica, per me, era evasione. E ora sto facendo tutto l'opposto [di ciò] nella mia vita. Sono sposato. Ho una casa. Ho un cane. Quindi sembrava ridicolo, la narrazione di ciò che avrebbe dovuto essere la mia carriera, rispetto a ciò che stavo effettivamente cercando di realizzare nella mia vita.” Influenzato dalla registrazione di For Emma, Forever Ago, Condon scrisse The Rip Tide mentre trascorreva sei mesi in isolamento in una baita invernale a Bethel, New York. A differenza dei precedenti album dei Beirut, la musica fu registrata da una band che suonava insieme invece di registrare singole tracce una alla volta. Tuttavia, i testi furono aggiunti da Condon solo dopo che tutta la musica era stata registrata.
Ascolta: album.link/i/1166641216
Perché la musicaLa musica fra tutte le arti, è quella per natura più distinguibile come concetto e come esistenza. La sua forma è quasi completamente intelligibile, e proprio per questo, si presta con facilità a un’interpretazione personale, diversa per ogni ascoltatore. Originariamente, la musica viveva di dinamiche e regole nate solo ed unicamente per creare emozioni sempre nuove. La sua unica forma era quella dei sentimenti che riusciva a raccontare.I numerosi capolavori della musica classica, ad esempio, riescono ad esaltare, con la propria radicata ed antica struttura, concetti e sensazioni universali, immagini senza tempo, che spesso rimandano a ciò che è ovvio in un’opera visiva. Si vanta di poter raccontare situazioni con una potenza espressiva unica, e lo fa senza forma né colore.
“Le Quattro Stagioni” di Vivaldi ne sono l’esempio perfetto. L’orecchio, come gli occhi di un pittore, va educato a ciò che non comprende ancora, a ciò che si vuole imparare ad apprezzare.. Il gusto musicale, per evolversi senza pregiudizi, deve essere allenato, e questo vale per qualunque genere. L’allenamento all’ascolto è l’unico modo per comprendere a pieno la potenza comunicativa di un’opera sinfonica.
Tutte le sfumature impercettibili ma indispensabili, che i maestri di ogni epoca hanno saputo comporre, possono rivelare nuove sensazioni anche dopo una miriade di ascolti. È con questi dettagli che la complessità della musica classica riesce ad arricchire il nostro stato d’animo e a regalare all’ascoltatore un'ampia gamma di interpretazioni uniche. Oggi, però, tutto è facile, veloce, semplificato.
La bella musica viene spesso scartata a priori, percepita come vecchia o noiosa, mentre il nostro disabituato orecchio si limita ad ascoltare la ripetitività e la più totale convenzionalità della canzone commerciale. Questo impoverisce il nostro spettro emotivo, le emozioni ricercate da un ascoltatore. Solo chi è davvero aperto mentalmente può apprezzare ciò che è bello, anche quando è fuori moda.
La musica classica odierna è troppo spesso sottovalutata. Chi non si ritiene amante del genere, non si rende conto di quanto i propri gusti sono stati inevitabilmente influenzati da essa. Compositori contemporanei come Ennio Morricone, John Williams o Nino Rota, con la loro potenza espressiva, hanno riscritto le pagine della nostra storia e del nostro immaginario. Il loro immenso talento ed il loro indispensabile contributo artistico, sono paragonabili per complessità alla regia dei più grandi capolavori del cinema, cooperando pari passo con la produzione ed il successo di grandi classici intramontabili come quelli di Sergio Leone, Francis Ford Coppola e George Lucas. Gli Spaghetti Western, Il Padrino, Guerre Stellari, Indiana Jones, Harry Potter... sono degli esempi di capolavori impensabili senza le loro geniali e meticolose colonne sonore. Eppure, la colonna sonora è spesso data per scontata da molti che si professano amanti della musica contemporanea.
La musica è per lo più arte fine a se stessa, si deve apprezzare ciò che merita di essere apprezzato, non per quanto è popolare o commerciabile. Il processo inverso, che invece apprezzo poco, riguarda chi la musica la conosce a pieno, chi detiene una conoscenza profonda di essa e dei suoi vertici espressivi, che spesso coincidono con il jazz, la musica classica o le musiche etniche non convenzionali, generi di solito più gettonati dalle istituzioni musicali come il conservatorio.
Questo avviene quando l’intenditore, per snobismo o ricerca del complesso, tende a svalutare il rock e il blues, considerandoli generi poveri di contenuti, dalla composizione semplicistica o banale. È vero, il rock si fonda spesso su tre o quattro accordi, sugli stessi intervalli, le stesse frasi, gli stessi cliché musicali... usati e riusati per più di 40 o 50 anni. Queste caratteristiche lo rendono di sicuro un genere ripetitivo per una svariata parte di repertorio, ma non tutto il rock è banale. Ci sono artisti geniali, che hanno dedicato impegno sia al pathos musicale che al messaggio. Veri poeti e cantastorie come Bob Dylan, John Lennon, Neil Young, Bruce Springsteen, e tra gli italiani, De Andrè, Guccini, De Gregori.
Tuttavia, molte band, anche di alto livello tecnico, cadono nella banalità dei testi, privando la musica di una parte fondamentale del suo messaggio. Questo può allontanare l’interesse di chi invece vive la Musica nella sua massima esaltazione, gli intenditori dotati degli strumenti necessari per comprendere ogni tipo di genere. Immagino che ci sia un motivo preciso per il quale molti mostri sacri del rock, tralascino il messaggio e lo compensino con una espressività del tutto inedita caratterizzata da una energica allegria musicale. La musica rock ha avuto il suo esordio descrivendo l’energia, la festa, l’eccesso, il lato dionisiaco dell’essere umano. Il debutto di Elvis, ad esempio, ha avuto un obiettivo chiaro: riportare la gioia nel mondo, dopo gli orrori della Seconda Guerra Mondiale. Il genere è nato per far ballare, divertire, unire il mondo, senza doversi giustificare con messaggi aulici e particolarmente impegnativi. La stessa tv a colori, nata un paio di decenni dopo, ha saputo colorare la vita delle persone, rinforzando questo senso di pace e divertimento, e ha permesso di vivere insieme ai propri giovani idoli dell’epoca, dimostrando che tutto poteva essere possibile.
La prima Woodstock è diventata un gigantesco movimento di persone contrarie alla guerra in Vietnam, alla violenza ed alle armi che hanno da sempre caratterizzato gli Stati Uniti, contrarie all’abuso di potere da parte delle autorità. Predicavano una vita colma di valori ed ideali di fratellanza e armonia, più di quanto sia mai capitato nella storia. Il rock, nella sua apparenza disimpegnata, in realtà ha sempre voluto portare rivoluzione, rottura, cambiamento. La musica dev’essere quindi considerata un’arte a tutto tondo, perché racchiude in se stessa ciò che ogni altra arte può esprimere al proprio meglio.
Nella musica abbiamo il messaggio, il contesto, l’immagine mentale indotta, l’interpretazione personale, l’esaltazione delle emozioni e l’accrescimento spirituale nell’ascoltarla e soprattutto nel comprenderla. Kandinsky lo sapeva bene: proprio dalla musica nacque l’arte astratta. Voleva che la pittura potesse ispirare quanto un’orchestra sinfonica. Allo stesso modo Musorgskij, con “Quadri di un’esposizione”, trasformò dipinti in suoni.
Hanno saputo dimostrare come la musica e la pittura possono incontrarsi e collimare perfettamente nonostante le differenze. In ogni epoca la musica, come tutte le arti, si è evoluta insieme al pensiero umano, come fosse lo specchio dei nostri tempi. Negli ultimi decenni è cambiata ad una velocità innaturale, la canzone dell’anno prima è già superata, e le hit estive non durano più dell’estate stessa.
Ciò ha comportato tristemente ad una involuzione artistica e la musica ha cessato di avere la pretesa più importante e la sua più grande qualità: l’ eternità. Per chi la fa, la musica resta una disciplina libera e dinamica, che permette di esprimere al meglio il proprio stato d’animo, senza filtri. La magnifica contraddizione esiste al momento in cui si vuole essere davvero liberi: bisogna conoscere bene le regole che la governano. Come Harry Houdini che, per liberarsi, doveva conoscere il funzionamento di ogni serratura, ogni catena. Sono proprio le catene di Houdini ad averlo reso libero, è stata la conoscenza di ciò che lo blocca a fare di lui un maestro della fuga.
La musica ha una funzione anche terapeutica, permette di entrare in uno stato di vuoto mentale e concentrazione totale. E’ valvola di sfogo, introspezione e via di fuga. Permette di sognare e di proiettarsi in tempi lontani e futuri, tempi che magari esistono solo nella nostra testa.
Il mondo finisce ad Oriente.
(168)
Nota: Lo so, non è da me farla così lunga, ma in un mondo che impazzisce forse un pochino di squilibrio ce lo metto anche io. La verità è che la #Pace è davvero impossibile. Almeno così sembra. Il che rende, fondamentalmente, questo uno sfogo. Ci vuole pazienza.
La notte tra il 12 e il 13 giugno 2025 ha visto l'ennesima escalation del conflitto mediorientale, quando #Israele ha lanciato un massiccio attacco aereo contro l' #Iran, mirato principalmente alle strutture nucleari e militari di Teheran. Le forze israeliane hanno colpito siti sensibili, distruggendo laboratori e centri di ricerca, nonché eliminando alcuni tra i principali comandanti delle Guardie della Rivoluzione, l'élite militare iraniana. Un colpo che ha scatenato una serie di reazioni internazionali. L'Iran, come prevedibile, ha replicato con una serie di droni che hanno tentato di colpire obiettivi strategici in Israele, gettando il paese in una nuova spirale di violenza.
Le parole di #DonaldTrump, che ha immediatamente espresso un sostegno incondizionato all'azione israeliana, hanno ulteriormente polarizzato il dibattito internazionale. Trump ha minacciato l'Iran con nuove offensive se non avesse accettato un accordo sul nucleare, aggiungendo così un ulteriore strato di complessità alla già tesa situazione geopolitica. L’appoggio degli Stati Uniti alla politica aggressiva di Israele sembra segnare il punto di non ritorno di un conflitto che ha radici profonde, alimentato da ideologie contrapposte e da interessi strategici divergenti.
Politicamente, l'attacco israeliano ha reso evidente l'intensificarsi della guerra a bassa intensità tra le potenze regionali. Israele, con la sua operazione “Leone Ascendente”, ha voluto chiarire una volta per tutte che non tollererà il programma nucleare iraniano, ritenuto una minaccia per la propria sicurezza nazionale. Questo attacco ha avuto l'effetto di indebolire momentaneamente l'Iran, uccidendo alcuni dei suoi strateghi più esperti e decimando parte delle sue capacità operative. Tuttavia, la risposta dell'Iran non si è fatta attendere: il lancio di droni ha avuto il chiaro intento di far capire a Israele che ogni azione avrà una controparte, anche se le capacità belliche di Teheran, pur impressionanti, non possono in alcun modo paragonarsi alla potenza di fuoco israeliana.
Le implicazioni politiche per il Medio Oriente sono incalcolabili. L'Iran ha immediatamente mobilitato le sue milizie alleate in Siria, Libano e Iraq, preparando il terreno per una possibile guerra per procura che potrebbe estendersi ben oltre i confini dei due paesi coinvolti. In questo scenario, la comunità internazionale rischia di assistere a una polarizzazione crescente, con i paesi arabi che, pur condannando l’aggressione israeliana, non sembrano disposti a schierarsi apertamente a favore di Teheran, temendo le ripercussioni di un allineamento troppo esplicito.
Moralmente, invece, l'attacco israeliano solleva interrogativi inquietanti sulla legittimità di un'azione preventiva, soprattutto quando si considera che l'Iran ha sempre sostenuto di non avere intenzioni belliche dirette contro Israele. Sebbene Israele possa giustificare il suo intervento come una misura di difesa preventiva, non si può ignorare la violazione della sovranità iraniana e il fatto che l’attacco possa generare un'ulteriore spirale di violenza e vendetta. La morte di alti ufficiali iraniani e scienziati nucleari potrebbe, inoltre, rafforzare la narrativa del martirio e alimentare il risentimento tra la popolazione iraniana, creando un ulteriore fossato tra l'Iran e l'Occidente.
Da un punto di vista etico, sorge anche la questione dell’equilibrio delle forze: mentre gli Stati Uniti e Israele vedono la sicurezza come una priorità assoluta, l'Iran non può fare a meno di difendere ciò che considera un diritto sovrano, ossia la propria capacità di autodefinirsi come potenza regionale. La domanda che sorge spontanea è quindi se la logica della deterrenza, che ha caratterizzato la guerra fredda, possa essere applicata efficacemente in un contesto così volatile e intrinsecamente pericoloso.
L'operazione ha accentuato le divisioni interne in Iran, dove il regime potrebbe trovarsi a fronteggiare un'ondata di proteste interne. La crisi economica che affligge Teheran, le sanzioni internazionali e il crescente malcontento popolare potrebbero minare ulteriormente la stabilità del governo. Tuttavia, un sentimento di orgoglio nazionale potrebbe temporaneamente consolidare il consenso interno contro l'invasore straniero, come spesso accade in contesti bellici.
In Europa, la situazione appare delicata. L'Unione Europea, da sempre promotrice di un approccio diplomatico e pacifico, si trova ora a dover navigare tra due fuochi: la necessità di mantenere relazioni economiche con l'Iran, e l'alleanza con Israele, che rappresenta uno dei suoi principali partner strategici. La Francia e la Germania hanno condannato l'escalation, chiedendo una de-escalation immediata, ma non sono riuscite a offrire una soluzione concreta. L'Italia, pur allineata in linea di principio con le posizioni europee, ha adottato un tono più cauto, sottolineando la necessità di una mediazione internazionale urgente per evitare che il conflitto degeneri in una guerra totale.
Il nostro stato si è trovato a giocare un ruolo delicato nel bilanciare il proprio supporto a Israele con l’esigenza di non alienarsi la cooperazione iraniana. Sebbene il governo italiano abbia espresso una condanna per l'aggressione israeliana, si è anche preoccupato delle implicazioni a lungo termine di una rottura totale tra l'Iran e l'Occidente. L'Italia, infatti, è da sempre favorevole a un approccio diplomatico per risolvere la crisi nucleare iraniana, e un’escalation militare potrebbe compromettere gli sforzi compiuti negli anni passati per stabilire un dialogo.
L’Unione Europea, nel suo insieme, ha rilasciato dichiarazioni ufficiali invocando una “de-escalation immediata”, ma la divisione tra i membri più favorevoli a un duro confronto (come la Polonia) e quelli più favorevoli a un negoziato (come l’Italia e la Spagna) è ormai palese. Il rischio è che l'Europa, incapace di adottare una linea unitaria, finisca per essere marginalizzata in un conflitto che potrebbe ridisegnare gli equilibri di potere nell'intera regione mediorientale.
L'attacco israeliano all'Iran ha profondamente scosso gli assetti geopolitici internazionali, mettendo in luce non solo le fragilità politiche e sociali dei protagonisti del conflitto, ma anche la difficoltà di una comunità internazionale a trovare un punto di mediazione efficace. Le conseguenze politiche, morali e sociali di questa nuova escalation sono ancora in divenire, ma una cosa è certa: l'Europa e l'Italia dovranno affrontare con urgenza la necessità di rinnovare i propri approcci diplomatici, se vogliono evitare che il conflitto si trasformi in una guerra su scala globale. La strada verso una stabilizzazione del Medio Oriente sembra sempre più incerta e tortuosa, e l'unica speranza risiede nel ritorno al dialogo e alla cooperazione internazionale.
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Ricordando Max Gerlach
La storia di oggi parla di un uomo dimenticato, un uomo sconosciuto ai più, che non venne creduto in vita e il cui nome è stato seppellito dalla polvere degli anni.
Max Gerlach venne al mondo in Germania nel 1885 – sono dunque trascorsi 140 anni dalla sua nascita – ma si trasferì ancora bambino negli Stati Uniti d'America, dove studiò, lavorò come meccanico e si arruolò nell'esercito, nel 1918. Se la sua storia vi pare fin qui comune a quella di milioni di altri individui, non siete troppo lontani dalla verità, ma Max era deciso a incarnare quel sogno americano di cui traboccano racconti e film: lui non voleva una vita ordinaria, lui voleva splendere.
Il lavoro di meccanico lo portò a incontrare le più diverse persone, appartenenti ai più disparati ambiti sociali e professionali, ed è proprio lavorando nella sua officina, dando nuova vita ad automobili acciaccate, che probabilmente gli venne l'idea di dare nuova vita anche a se stesso: iniziò facendosi chiamare Max von Gerlach, ammantando il proprio nome con un velo di europea nobiltà, e prese a parlare in modo raffinato e snob, usando spesso l'intercalare “old sport”.
Se a questo punto un'eco lontana ha iniziato a sussurrarvi nella mente non dovete stupirvi troppo: Max Gerlach fu tutt'altro che una persona comune e la sua storia, o perlomeno quella che da essa trasse con ogni probabilità ispirazione, è stata diffusa in tutto il mondo, venendo trasposta anche in due film di successo con attori di fama planetaria.
Ma forse qualche altro indizio vi guiderà verso la soluzione del mistero. Come dicevo poc'anzi, il lavoro di Max lo portò a entrare in contatto con le persone più diverse; tra queste, il boss mafioso Arnold “The Brain” Rothstein (anch'egli di chiara ascendenza germanofona), passato alla storia per lo scandalo delle scommesse esploso in seguito alle finali truccate del campionato di baseball del 1919. Tra le variegate conoscenze maturate da Gerlach spicca il nome di un celebre autore statunitense: Francis Scott Fitzgerald.
Lo scrittore non fece mai mistero di trarre ispirazione dalla sua vita per scrivere poi i propri romanzi: chiaramente riferito ai suoi anni da studente a Princeton è ad esempio “Di qua dal Paradiso” e certo non mancano spunti autobiografici in “Belli e dannati”; ha dunque senso supporre che anche “Il grande Gatsby”, la sua opera più celebre e di cui quest'anno ricorre il centenario della prima pubblicazione, immergesse le proprie radici nel terreno della realtà quotidiana.
A supporto di questa teoria, che vedrebbe lo sconosciuto e dimenticato Max Gerlach come ispiratore del personaggio di Jay Gatsby non ci sarebbero soltanto i numerosi “old sport” usati come intercalare dai due (Gatsby pronuncia questo “vecchio mio” ben 42 volte all'interno del romanzo, e la frase è stata ripresa anche nei film che hanno visto protagonisti Robert Redford prima e Leonardo Di Caprio poi): la reale “collaborazione” di Gerlach col mafioso ebreo Rothstein richiama da vicino quella romanzesca di Gatsby con Meyer Wolfsheim, anch'egli votato al crimine e dotato di cognome tedesco, e c'è poi la telefonata che lo stesso Max Gerlach fece a una trasmissione radiofonica, nel 1951, nel corso della quale si stava presentando una biografia di Fitzgerald, asserendo di essere lui il vero Jay Gatsby. Ma non venne creduto. Da tempo si identificava “Il grande Gatsby” con Robert Kerr, molto amico dell'autore, uomo di umili origini e capace di dare la scalata al successo proprio come il protagonista del romanzo: la “sparata” radiofonica di un meccanico immigrato, ormai vecchio e malconcio, non venne minimamente presa in considerazione.
Questo fino a quando, parecchi anni dopo, un altro biografo di Fitzgerald, Matthew Bruccoli, non trovò tra alcuni appunti dell'autore una scritta di Max Gerlach che diceva “How are you and the family, old sport?” (“Come state tu e la famiglia, vecchio mio?”). Troppo tardi per dare all'anziano meccanico in pensione il giusto riconoscimento: era morto al Bellevue Hospital di New York nel 1958. Ma non troppo tardi per raccontare la sua storia.