Salta al contenuto principale



Fare voto


Turarsi il naso e votare per la centralità democristiana, fu l’invito di Indro Montanelli, nel 1976. Il Partito comunista, strettamente legato alla Mosca sovietica, puntava al “sorpasso”. Che non ci fu, né ci sarebbe poi stato. Oggi il problema non è tura

Turarsi il naso e votare per la centralità democristiana, fu l’invito di Indro Montanelli, nel 1976. Il Partito comunista, strettamente legato alla Mosca sovietica, puntava al “sorpasso”. Che non ci fu, né ci sarebbe poi stato.

Oggi il problema non è turarsi il naso, tanto più che i seguaci della Mosca imperialista si trovano sia a destra che a sinistra. Oggi si devono aprire gli occhi.

Quel che si vede non è bello. Ma si vive e si sceglie nel presente e nel reale. Non trovare l’ottimo non è un buon motivo per agguantare il pessimo. Una bussola elettorale si può usare, per scegliere la direzione a ragion veduta.

Primo punto cardinale: votare contro gli “altri” è da sciocchi. Intanto perché gli uni e gli altri sono ancora nel medesimo governo. C’è di più, perché il Pd pensa sé stesso come unico difensore dell’“agenda Draghi”, i fuoriusciti pentastellati sono ancora lì che piangono perché Draghi era il difensore degli interessi italiani (avendo fatto l’opposto di quel che loro stessi avevano cominciato a fare nel 2018), mentre FI e Lega giurano che avrebbero tanto voluto un Draghi bis, uguale al primo, ma senza lo stellario, che da cinque che erano divennero milioni di milioni, come i salami.

Votare gli uni per fermare gli altri è privo di razionalità. Piuttosto, vista tanta concordia sul Draghi che non c’è più, si facciano dare una copia del programma di governo, che peraltro sostennero, e la firmino come impegno per il futuro. Altrimenti sono, come s’è dimostrato sui tassisti, dei bugiardi.

Secondo punto cardinale: gli elettori valutino quanto i loro preferiti intendano veramente, come dicono, proseguire sul cammino tracciato. Non si tratta di giudicare la coerenza, che saremmo ridicoli anche solo a porci il problema, dopo le orge trasformiste. È questione più immediata e materiale: la Banca centrale europea ha varato un meccanismo di contenimento degli spread, che è illimitato nella portata, ma condizionato nelle premesse.

Si devono avere i conti in ordine, quindi non avere colpe rispetto alla speculazione che agisce. Si deve avere un programma di contenimento della spesa pubblica, ovvero l’opposto dello scostamento di bilancio che chiedevano a gran voce e Draghi negava (c’è pure quello, nell’agenda).

E si deve essere in regola con gli adempimenti del Pnrr. Ovvero continuare le riforme. Il che si lega al primo punto: sono pronti, tutti i partecipanti alla maggioranza Draghi, a sostenere quel che proposero anche se le elezioni fossero vinte dagli altri? Nel caso (probabile) di risposta evasiva, vuol dire che si sta puntando allo sfascio per impedire al vincitore di governare. Non proprio una condotta patriottica.

Terzo punto cardinale: atlantismo ed europeismo non sono due voci del menù, ma ingredienti del solo piatto che ci ha messi sulla strada della prosperità economica, della libertà e della sicurezza. Ovvio che dentro la Nato e dentro l’Ue ci stai sostenendo i tuoi interessi e le tue idee, ma altrettanto ovvio che chi anche solo immagina di poterne essere fuori è un nemico degli interessi indisponibili dell’Italia.

A sinistra c’è chi se la prese con i “vincoli” e se la prende con la Nato. A destra c’è chi ama la Nato e detesta l’Ue. Vale per tutti: le scelte fatte da uomini come De Gasperi e Parri (si veda l’ottava pagina) furono sagge, inscindibili e non revocabili. Aggiungere un “ma” significa già imbrogliare.

Quarto punto cardinale: tutti hanno fallito nel mettere in coerenza sistemi istituzionale ed elettorale. Ciascuno non sarà capace di governare seguendo le bubbole che s’appresta a raccontare.

Tutti hanno avuto e hanno alleati incoerenti con quel che dicono. Da questo punto di vista più li osservi e meno li voti. Il fetore si sente anche a naso turato. Ma ciò deriva anche da noi, da elettori che chiedono le riforme riguardino sempre gli altri. Quel che si vede e quel si fiuta è frutto dei nostri voti. Da qui a settembre cercheremo di capire se cambiare possa non essere il disertare.

La Ragione

L'articolo Fare voto proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Chi sono le élite russe e perché sono a fianco di Putin


4 gruppi principali, che non sono un'entità coesa, ma appaiono come un fronte unito, nonostante le crescenti tensioni e il malcontento

L'articolo Chi sono le élite russe e perché sono a fianco di Putin proviene da L'Indro.




Giorgia Meloni, è lei il prossimo primo ministro italiano?


Dopo 17 mesi di relativa stabilità, la politica italiana è tornata ad essere una corsa sulle montagne russe e un Paese che ha avuto 18 governi in 34 anni ne avrà presto un altro. Con il crollo della coalizione di Mario Draghi, si terranno nuove elezioni a settembre. Chi guiderà quel governo? È troppo presto [...]

L'articolo Giorgia Meloni, è lei il prossimo primo ministro italiano? proviene da L'Indro.



L’economia della Russia ai tempi della guerra in Ucraina


Guardando al futuro, non c'è via d'uscita dall'oblio economico per la Russia finché i Paesi occidentali rimarranno uniti sulle sanzioni, secondo la Yale University

L'articolo L’economia della Russia ai tempi della guerra in Ucraina proviene da L'Indro.



ANALISI. Russia-Ucraina. La guerra potrebbe durare anni tra obiettivi russi, muro ucraino e interessi Usa mi


Compromesso lontano. Arduo stabilire se l’obiettivo strategico di Putin sia solo il Donbass o il ricongiungimento verso la Transnistria con la nascita della “Novorussia”. Dell’Ucraina occorre capire cosa sia disposta a cedere qualcosa. Mentre Biden lavora

di Danilo Della Valle

Pagine Esteri, 18 luglio 2022 – Sono ormai trascorsi più di 4 mesi dal 24 Febbraio 2022, data di inizio della guerra “russo-ucraina” e, di pari passo, del confronto sul campo tra Mosca e l’Occidente. Dopo un primo periodo di smarrimento delle opinioni pubbliche mondiali e degli analisti sulle mire della Russia, pian piano il quadro si fa più chiaro. Nel frattempo a Mosca e Kiev le rispettive propagande fanno il proprio lavoro, “egregiamente”, da un lato raccontando l’imminente avanzata russa, senza alcun tipo di difficoltà, per difendere il “russkii mir” (il mondo russo), dalla parte di Kiev si racconta di un quasi collasso russo, a corto di provviste e armi, di una quasi pronta controffensiva ucraina per riprendersi tutti i territori conquistati dalla Russia, Crimea compresa, e varie altre storie più o meno “fantasiose”, riprese anche dalla stampa occidentale.

A proposito della stampa occidentale, dall’inizio del conflitto gran parte dei media hanno scelto più che di raccontare la guerra di propagandare le veline di Kiev, di fatto comportandosi come informazione di Paese in guerra. Eppure se nelle prime fasi della guerra, a prescindere dalle posizioni politiche, la narrazione era tutta concentrata su assunti di dubbia provenienza, tipo quelli secondo cui la Russia avesse scorte per soli tre giorni o che l’Ucraina sarebbe potuta arrivare fino in Russia infliggendo sconfitte su sconfitte a Mosca, oggi, pian piano, si sta scoprendo che al contrario la guerra di logoramento russa, fatta per lo più di artiglieria, una delle più potenti al mondo, rosicchia giornalmente pezzetti di territorio ucraino, soprattutto nella parte del sud est e nel Donbass, obiettivo minimo, secondo molti, dichiarato da Putin.

Per capire meglio il conflitto in atto sono almeno due gli scenari da analizzare: Il primo è sicuramente quello geopolitico.

Questo è un punto da cui si deve partire per capire bene quel che accade oggi. Alla caduta dell’Unione Sovietica e con la fine del bipolarismo si aprì inevitabilmente una nuova fase sia per la Federazione Russa che per il mondo intero. Dal punto di vista della politica interna la Russia, e tutti i Paesi dell’ex blocco sovietico, si trovarono a transitare verso una economia di mercato (con tutti i pro, per pochi, e contro, per tanti) e una transizione molto più veloce del solito al sistema “democratico”, senza alcun passaggio intermedio. Fu una fase difficilissima per la Russia anche dal punto di vista geopolitico che di fatto perse il suo ruolo storico di “potenza”. Mentre in un primo momento diversi analisti statunitensi si chiedevano se fosse necessario pensare a favorire uno sfaldamento della Federazione Russa in tante repubbliche, facendo leva sulle spinte separatiste di alcune regioni del Caucaso e di alcune minoranze etniche(tesi ripresa a Varsavia nel Maggio 2022 durante il forum delle libere nazioni di Russia), alla fine si optò per cercare di integrare la Russia nel mondo Occidentale con un ruolo molto più marginale. Tuttavia la Russia non fu mai integrata a pieno regime nell’Occidente liberale e fu relegata sempre ad un ruolo secondario, trattata con una visibile diffidenza. Eppure con la vicina Europa la Federazione russa ha cercato, tra alti e bassi, punti di incontro politico ed economico, con l’Accordo per la partnership e la cooperazione (PCA), entrato in vigore già nel 1997, che prevedeva due vertici all’anno e un Comitato per la cooperazione. Dal 2003 poi anche con un Consiglio permanente per la partnership, di carattere prevalentemente politico.

Con la Russia degli anni novanta e inizio duemila relegata senza troppe possibilità di reagire ad un ruolo secondario nello scacchiere internazionale, l’espansione della Nato è stato sicuramente un fattore importante, non l’unico, nel mantenere alta la tensione nella zona. Già nel 1993 l’allora Presidente russo Boris Eltsin, grande amico degli Stati Uniti, aveva ammonito il suo omologo statunitense, Bill Clinton, di come dalle parti del Cremlino si stessero preoccupando per le intenzioni di Polonia e Repubblica Ceca di aderire alla Nato. Proprio a proposito della Nato Il 20 Giugno 1997 l’attuale Presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden, all’epoca senatore, dichiarava

[1]“Se mai esistesse qualcosa in grado di stravolgere i rapporti fra NATO e Russia, provocando una reazione vigorosa e ostile, non intendo per forza militare, questo sarebbe l’ammissione dei Paesi Baltici nella NATO”. Dalla dichiarazione dell’attuale Presidente all’effettività della stessa passò poco tempo. Il 24 Febbraio 2022 il quotidiano tedesco Der Spiegel in un articolo “ha ragione Putin?” [2] poneva l’accento sul fatto che vi fossero accordi tra Usa e Urss affinché la Nato non avesse cercato l’espansione ad est. A tal proposito, come riporta Sergio Romano nel suo “atlante delle crisi mondiali”, è utile la testimonianza dell’ex ambasciatore Usa in Urss Jack Matloch, che in un’intervista rilasciata nel 2007 al Corriere della Sera si espresse così sulle famose “promesse” mai trascritte dell’Occidente all’allora Unione Sovietica: “Quando ebbe luogo la riunificazione tedesca, noi promettemmo al leader sovietico Gorbačëv – io ero presente – che se la nuova Germania fosse entrata nella Nato non avremmo allargato l’Alleanza agli ex Stati satelliti dell’Urss nell’Europa dell’Est. Non mantenemmo la parola. Peggio: promettemmo anche che la Nato sarebbe intervenuta solo in difesa di uno Stato membro, e invece bombardammo la Serbia per liberare il Kosovo che non faceva parte dell’Alleanza”.

[3]La situazione poi è pian piano cambiata negli anni 2000. Il primo Putin aveva sempre puntato ad una Russia “parte della famiglia europea”, ispirandosi pur tra tante difficoltà interne al tipo di sviluppo classico del capitalismo liberista, con tutti i pro, per pochi, e contro per tanti, e cercando di prendere un “posto al sole” per la Russia nello scacchiere internazionale occidentale. Significava quindi accettare il nuovo ordine venuto fuori dalla fine della Guerra Fredda. Tutto cambiò repentinamente nel 2008 dopo che per diverso tempo le richieste russe furono quasi del tutto ignorante.

L’avvertimento finale all’Occidente il presidente russo Putin lo lanciò nel febbraio 2008, alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza, ammonendo la visione del mondo “unipolare” e l’allargamento della Nato e criticando l’approccio “unilaterale” degli Usa sulle maggiori questioni dell’agenda mondiale. Putin di fatto avvertì che la Russia aveva delle linee rosse (Ucraina, Bielorussia e Georgia). Ecco, da Monaco in poi la Russia ha ripreso attivamente ad avere una politica estera volta a prendersi un posto da superpotenza nel mondo multipolare che si andava costituendo, di tanto in tanto intervenendo anche nei conflitti regionali come in Africa, Siria e/o nelle sue zone di influenza più vicine come Georgia e Donbass, probabilmente tornando a sognare “un ritorno al grande Impero o alla superpotenza di un tempo”. Inoltre dopo un certo periodo di avvicinamento della Russia all’Europa, con la guerra in atto, il Cremlino sta via via dirottando tutte le sue partnership a Oriente e verso i Brics, che nonostante non abbiano obiettivi politici e strategici totalmente comuni, se non quello della de-dollarizzazione dei mercati finanziari, continuano ad essere attrattivi per altri Paesi che chiedono di entrare a far parte del gruppo, come ultimamente hanno fatto Argentina e Iran.

1909043

Tuttavia la Russia oggi non può essere considerato il nemico principale della Nato dal punto di vista geopolitico, nonostante sia ancora dichiarata tale nell’ultimo Strategic Concept della Nato. La vera sfida della Nato è, come dichiarato nell’ultimo documento appunto, la Cina, con la quale probabilmente si aprirà una “partita” dopo aver risolto la questione Russia, che non vuol dire per forza aspettare la Pace o la fine della guerra, ma probabilmente andrebbe bene anche uno scenario di sirianizzazione del conflitto russo-ucraino con allontanamento, già avvenuto, della Federazione Russa dall’Europa.

Il secondo punto che va analizzato e confrontato con quello geopolitico è sicuramente quello della situazione interna Ucraina. Con l’entrata in scena della Russia la guerra è passata da una guerra civile ad un conflitto tra Paesi, con l’intervento almeno a livello di intelligence e di armi di diverse potenze occidentali. La guerra “strategica”, su larga scala quindi, vede l’Ucraina terreno di scontro tra Russia e Stati Uniti. La Russia vede il confronto come una possibilità di riconquistare l’influenza passata e rivitalizzare nell’opinione pubblica interna il patriottismo o nazionalismo imperiale (sentimenti entrambi esistenti in buon numero nella società russa), gli Stati Uniti invece pensano a due possibili opzioni; stancare la Russia e renderla più debole sul piano politico militare, rafforzando magari la presenza Nato nella zona, e allontanarla dall’Europa soprattutto in un’ottica futura di apertura del “fronte cinese” che toglierà diverse energie e risorse agli Usa. Che la guerra nella “terra di confine” possa essere una guerra tra Russia, sul campo da febbraio, e Usa, per procura, non significa che gli Ucraini siano semplici “oggetti” degli avvenimenti e non “soggetti”.

Dall’inizio del golpe di Maidan del 2014 la divisione della società ucraina tra est e ovest si è fatta via via più importante fino a sfociare nell’inizio della guerra civile che ha poi visto progressivamente la formazione delle forze separatiste da una parte, quella orientale, finanziate dai russi, ma non del tutto appiattite agli interessi russi e pronte a chiedere l’indipendenza del Donbass, e le forze lealiste dall’altra parte, quella occidentale, formate dall’esercito, che nel 2014 chiamò la guerra in Donbass “Operazione Speciale antiterrorismo”, e da una serie di milizie di ispirazione nazionaliste e/o naziste (Aidar, Azov, Donbass etc etcetera) molto spesso alle dipendenze di oligarchi locali. Tuttavia la situazione politica Ucraina, che fino al 2014 aveva affrontato diverse crisi, era stata sempre in grado di rientrare nei ranghi. Certo la divisione tra i due “mondi” è sempre stata abbastanz evidente, dal punto di vista elettorale: basti guardare il grafico delle ultime elezioni prima del Maidan, quindi 2010, e si può notare come il fiume Dnepr oltre a dividere in due il Paese geograficamente lo dividesse anche elettoralmente. Dopo il 2014 ovviamente la situazione di un Paese che stava affrontando, come tutti i Paesi del blocco post sovietico, il passaggio alla democrazia di stampo liberale, almeno sulla carta, è precipitata.

Oggi con la guerra in corso le divisioni della guerra civili, nonostante ufficialmente le si nasconda, sono più frequenti di quel che si pensa. L’8 giugno un servizio sul campo di Sky tg24 poneva l’accento sulla questione dei collaborazionisti filorussi presenti in tutta l’Ucraina (nel servizio in particolare si parlava anche di Bucha), in cui si diceva come fosse molto frequente il fenomeno, di ucraini che segnalavano ai russi gli obiettivi militari da colpire. Nelle interviste fatte a diversi militari ucraini si segnalava anche la durezza con la quale i militari intervenissero per punire i collaborazionisti (che comunque ci sono anche sul versante opposto) [4].

Quando il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio parla di guerra tra una democrazia, quella ucraina, e una dittatura sbaglia di grosso, basterebbe leggere un report Ocse, HRW o di Amnesty International[5][6][7] [8]. Non si può parlare di Ucraina come una democrazia compiuta, tuttalpiù si può dire, come per gli altri Paesi della zona, di una democrazia giovane con sfumature più o meno autoritaria, per molti di essi pericolosamente autoritarie. Basti pensare che nell’Ucraina post Maidan diverse sono le denunce di organismi internazionali riguardo le torture verso le migliaia prigionieri politici[9], decine sono state le uccisioni di giornalisti e politici[10]non in linea con il pensiero del governo[11]. E lo stesso per quanto riguarda la libertà di espressione e l’agire politico nel Paese. Se subito dopo il Maidan fu messo fuori legge il Partito Comunista Ucraino e smantellato il Partito delle Regioni (partito dell’ex Presidente Yanukovich che alle elezioni parlamentari raggiungeva la soglia del 30%), con lo scoppio della guerra sono stati messi al bando altri 11 partiti di opposizione.[12] Lo stesso discorso vale per i media, gli assalti ai media definiti “pro russi” dal 2014 sono stati centinaia e il governo ha chiuso diversi canali televisivi regionali e nazionali, accusati di essere filorussi, tra cui i 3 tra i maggiori canali televisivi nel febbraio 2021.[13] Questo significa che in un Paese così polarizzato è difficile parlare di democrazia. Ciò non vuole negare il diritto degli Ucraini a difendersi dall’invasione russa, ma è a volte utile non usare doppi standard di valutazione, soprattutto se non si è, almeno sulla carta, cobelligeranti.

1909045

Intanto la catastrofe umanitaria giornalmente diventa sempre più imponente. Oltre alle migliaia di morti militari sono migliaia i morti civili sotto i bombardamenti: Negli ultimi giorni i bombardamenti russi hanno raggiunto Vynnitsia, nell’ucraina centrale, e Nikolaev, causando la morte di più di 30 civili, mentre bombardamenti ucraini hanno raggiunto nelle ultime settimane edifici civili e la stazione degli autobus a Donetsk, Stakhanov e Izum causando diversi morti. Al di là degli obiettivi tattici, che possono cambiare a seconda delle battaglie sul campo, e che per ora vedono un’avanzata russa nella parte sud est del Paese, con gran parte del Donbass preso, e una ripresa di altri territori sia nelle vicinanze di Kherson che nel centro nord del Paese da parte ucraina, prevedere come e quando finirà questa guerra è difficile perché gli scenari cambiano costantemente e non è facile stabilire se l’obiettivo strategico di Putin sia solo il Donbass, il ricongiungimento verso la Transinistria con la nascita della “Novorussia” o addirittura tutta l’Ucraina. Secondo il bollettino dell’intelligence britannica del 15 luglio, le forze russe continuano attacchi di artiglieria e, in qualche caso, assalti di piccole compagnie (delle forse speciali cecene soprattutto) senza però avanzare significativamente su obiettivi importanti e che dopo la conquista da parte russa di Lysychansk l’offensiva si sia ridotta. Sempre secondo bollettini britannici però la prospettiva per più ampi colloqui finalizzati alla conclusione delle ostilità rimane bassa. Questa possibilità è difficile da stabilire soprattutto perché si deve capire quali sono gli obiettivi russi, cosa è disposto a cedere l’Ucraina e cosa hanno intenzione di fare Usa e Ue. Qualche settimana fa il capo dell’intelligence Usa, Avril Haynes ha affermato che Putin “abbia gli stessi obiettivi politici che avevamo noi, ossia la conquista della maggior parte dell’Ucraina”[14]. Ecco, se così fosse la guerra potrebbe durare anni e/o allargarsi ulteriormente. Potrebbe durare anni perché innanzitutto l’esercito ucraino è molto numeroso, se consideriamo i riservisti e la legge marziale che vige ora, ben armato e ben addestrato visto che negli ultimi otto anni hanno avuto addestratori occidentali e hanno combattuto sul campo in Donbass. Inoltre se questo dovesse essere l’obiettivo finale, anche se ufficialmente la Russia ha sempre negato di voler occupare e restare in Ucraina, ciò significherebbe un dispendio di energie, risorse e vite umane non indifferenti da ambo le parti.

Per quanto riguarda invece l’Ucraina, bisogna capire cosa sia disposta a cedere e se lo è. Ad oggi il presidente ucraino dice di preparare una controffensiva che permetterà a Kiev di riprendersi il Donbass e anche la Crimea. È chiaro che tornare indietro alla condizione pre 24 febbraio risulta quasi impossibile. L’Ucraina ha “perso” l’ultima possibilità di avere la sovranità su tutto il territorio quando il 19 Febbraio il Presidente Zelensky rifiutò la proposta del cancelliere Scholz di rinunciare alla Nato, dichiarare la neutralità e lavorare per il rispetto degli accordi di Minsk II che prevedevano tra l’altro l’autonomia del Donbass all’interno dello Stato ucraino. Anche in questo caso ci sarebbe poi da mettere in conto la situazione interna. Se Zelensky avesse accettato le condizioni pre 24 febbraio probabilmente avrebbe avuto comunque grossi problemi interni con i battaglioni ultranazionalisti e nello stesso Donbass non si può sapere quanto sarebbero stati disposti ad accontentarsi di un’autonomia e non di una indipendenza. Inoltre poi c’è la Russia che difficilmente sarebbe disposta a tornare al punto di partenza dopo la perdita di decine di migliaia di uomini, mezzi e risorse. Anzi probabilmente più si va avanti e più cambieranno le pretese in fase di trattativa, se mai vi dovesse essere.

In ultimo bisogna capire le mosse degli Usa e dell’Ue. Se gli Usa alternano dichiarazioni di grande sostegno all’Ucraina, fino alla vittoria, a rassicurazioni alla Russia sul non volere un regime change ma di volere una tregua, l’Europa sembra esser uscita fuori dalle trattative. Intanto il vecchio Continente paga, paradossalmente, le sanzioni che ha fatto alla Russia (la quale per il momento le soffre relativamente poco ma che potrebbero avere un impatto molto più forte sulla vita quotidiana delle persone tra qualche mese). L’Europa è intrappolata praticamente in un circolo vizioso. L’aumento dei prezzi dell’energia danneggia l’economia interna, spingendo l’euro al ribasso ai minimi storici. A sua volta, l’euro più debole rende le importazioni di energia più costose. Proprio per le conseguenze dello shock energetico , secondo gli analisti di Bloomberg[15], i Paesi europei hanno rallentato l’assistenza economica all’Ucraina corrispondendo solo 1 miliardo di euro a fronte dei 9 promessi. Inoltre per un’Europa in questo momento politicamente debole con diverse crisi governative interne (Germania, Italia, Estonia, Francia e, fuori dalla Ue, la UK), con un autunno caldo dal punto di vista delle proteste e una situazione economica non certo rosea, c’è da capire quanta sia la voglia continuare sulla strada dello scontro diretto, molto pericoloso, con Mosca rischiando anche un allargamento del conflitto, pericolosamente verso Paesi Nato. E intanto Usa e Mosca si accusano, a giorni alterni, di quanto si stia oltrepassando il limite e si possa arrivare ad una escalation nucleare… Pagine Esteri

[1]Il discorso di Biden al Consiglio atlantico del 1997: “L’espansione Nato agli Stati Baltici provocherebbe una risposta ostile di Mosca” – Il Fatto Quotidiano

[2]https://www.spiegel.de/international/world/nato-s-eastward-expansion-is-vladimir-putin-right-a-

bf318d2c-7aeb-4b59-8d5f-1d8c94e1964d

[3]Sergio Romano, Atlante delle crisi mondiali, pag.248, Rizzoli Editori

[4] tg24.sky.it/mondo/2022/06/06/g…

[5]https://www.ohchr.org/sites/default/files/Documents/Countries/UA/31stReportUkraine-en.pdf

[6]Ukraine_14th_HRMMU_Report.pdf

[7]https://www.amnesty.org/en/location/europe-and-central-asia/ukraine/report-ukraine/

[8]https://www.hrw.org/world-report/2015/country-chapters/ukraine

[9] peacelink.it/conflitti/a/49082…

[10] Kiev allows torture and runs secret jails, says UN | World | The Times

[11] Istantanee dalle prigioni dell’Ucraina “democratica” – Contropiano

[12]https://www.aljazeera.com/opinions/2022/3/21/why-did-ukraine-suspend-11-pro-russia-parties

[13] aljazeera.com/news/2021/2/5/uk…

support

[14]https://www.reuters.com/world/europe/putin-still-wants-most-ukraine-war-outlook-grim-us-

intelligence-chief-2022-06-29/

[15] bloomberg.com/news/newsletters…

economic-pain

L'articolo ANALISI. Russia-Ucraina. La guerra potrebbe durare anni tra obiettivi russi, muro ucraino e interessi Usa mi proviene da Pagine Esteri.




E’ in orbita GreenCube, il micro-orto per la coltivazione a bordo di piattaforme CubeSat


In una delle stive del volo inaugurale di Vega-C, è stata imbarcata la piattaforma GreenCube, la più piccola mai utilizzata per la coltivazione di una pianta; è un campicello che misura 30 x 10 x 10 cm su cui si stanno testando le risposte botaniche ad un ambiente sconosciuto del nostro pianeta, in quasi assenza [...]

L'articolo E’ in orbita GreenCube, il micro-orto per la coltivazione a bordo di piattaforme CubeSat proviene da L'Indro.



Giovanni Arpino – Il buio e il miele


L'articolo Giovanni Arpino – Il buio e il miele proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/giovanni-arpino-il-buio-e-il-miele/ https://www.fondazioneluigieinaudi.it/feed


THE QUEEN IS DEAD VOLUME 65 – SUPASONIC FUZZ / BLACK CAPRICORN


Per il primo disco non ci allontaniamo di molto dalla sede di In Your Eyes e siamo ad Imperia per il nuovo lavoro dei Supasonic Fuzz, uno dei migliori gruppi liguri e non solo per quanto riguarda hard rock stoner e fuzz. Per chiudere un grandissimo ritorno, quello dei sardi Black Capricorn con " Cult of blood " dove si vola altissimi.

iyezine.com/supasonic-fuzz-bla…




#NotiziePerLaScuola
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione.
🔸 Sul sito del Ministero pubblicati i dati sugli esiti degli Esami di Stato
🔸 Scuola, il Mef autorizza l'assunzione di 94.


ECOLOGIA. Taranto, la “CONVOCATORIA” per discutere di ambiente e giustizia sociale


Taranto è uno dei contesti simbolo della violenza sociale ed ecologica che domina il Sud Italia. La CONVOCATORIA pone l’identità tarantina come anello di congiunzione tra territori in cui dominano colonizzazione interna, ecocidio e disgregazione sociale.

della redazione

Pagine Esteri, 25 luglio 2022 – Si terrà dal 26 al 29 agosto a Taranto la CONVOCATORIA ECOLOGISTA, campeggio organizzato da una rete di realtà del Sud Italia (Raggia Tarantina, Cooperativa Sociale Robert Owen, Movimento No Muos, Laboratorio Politico Iskra, con la partecipazione di Ecologia Politica Network). Quest’anno alla sua prima edizione, l’iniziativa prende le mosse da una visione dell’ecologia improntata alle lotte per la giustizia sociale. A partire da una riflessione sulle cause storico-politiche della marginalizzazione del Sud come imprescindibili per guardare alla crisi ecologica, la CONVOCATORIA estenderà il dibattito al tema della solidarietà internazionale e della costruzione di strategie comuni, accogliendo attiviste e attivisti dal Mediterraneo.

Parteciperanno gruppi dalla Palestina, dal Kurdistan, dall’Egitto, al fine di aprire un fronte di progettualità condivisa. Questo percorso intende affrontare molti degli aspetti socio-politici che si interconnettono nella questione ecologica: la condizione del margine come territorio di resistenza, l’Occupazione [materiale e ontologica], l’appropriazione coloniale di pratiche e saperi, le lotte transfemministe, le autonomie. Uno dei punti di riferimento nella costruzione del campeggio è stata l’esperienza della COP26 di Glasgow, dove una mobilitazione dalla portata impressionante ha reso manifesta l’esistenza di un movimento ecologista mondiale guidato dal Sud Globale.

1904836

La CONVOCATORIA intende guardare a questo movimento promuovendone le premesse e le pratiche, condividendo tutte quelle forme di collettività basate sulla resistenza anti-coloniale e anti-capitalista. Le realtà coinvolte sono attive nelle lotte per la sovranità, come il Mesopotamian Ecology Movement, nella solidarietà internazionale, come la Boycott, Divestment and Sanctions, nella decolonizzazione dei sistemi architettonici, come DAAR – Decolonizing Architecture Art Research.

Taranto è uno dei contesti simbolo della violenza sociale ed ecologica che ha dominato il Sud Italia attraverso i processi di industrializzazione, militarizzazione, espropriazione delle comunità. In questo senso la CONVOCATORIA pone l’identità tarantina come anello di congiunzione tra territori in cui colonizzazione interna, ecocidio, disgregazione sociale appartengono a uno stesso spettro di oppressione in cui rivendicare forme di emancipazione attraverso un percorso collettivo.ù

1904838

Diversi eventi preparatori stanno accompagnando l’organizzazione del campeggio. Il 9 luglio scorso il Movimento No Muos ha presentato il dossier ‘”Università e Guerra”, esito di un’inchiesta sulle affiliazioni delle università italiane con l’industria bellica internazionale e con centri di ricerca a loro volta implicati – con un focus su Israele, Turchia e Stati Uniti. Il 30 luglio prossimo Federica De Rosa presenterà il volume “Laboratorio Favela” – testi e discorsi di Marielle Franco – che ripercorre il pensiero dell’attivista e politica brasiliana assassinata nel 2018 (presso il collettivo transfemminista Le Mele di Artemisia). Il 6 agosto si terrà un’assemblea pubblica di lancio che aprirà un dialogo tra le realtà promotrici e il territorio.

Le tre giornate dell’incontro alterneranno presentazioni, laboratori e momenti plenari presso la Cooperativa Sociale Robert Owen, sede della CONVOCATORIA, concludendosi con una marcia popolare il 28 agosto. Questo ritiro di dibattito e progettualità tra movimenti e soggetti territoriali avrà quindi come linea direttrice l’idea che il superamento del modello estrattivista non può essere immaginato se non a partire da un processo che unisca le diverse lotte sociali, e metta al centro l’interdipendenza di località e globalità. Un processo che si faccia portavoce dell’urgenza di “inventare, ri-articolare e contaminarci attraverso le plurime pratiche ed azioni dirette che ci permettono di resistere alla fine del mese e alla fine del mondo.”

convocatoria-ecologista-tarant…

facebook.com/events/s/convocat…

L'articolo ECOLOGIA. Taranto, la “CONVOCATORIA” per discutere di ambiente e giustizia sociale proviene da Pagine Esteri.



NUCLEARE. Sotto la sabbia: le scorie francesi che avvelenano l’Algeria


Sono ancora seppelliti nel deserto del Sahara i rifiuti radioattivi dei test condotti dalla Francia negli anni ’60 per fabbricare la bomba atomica: da allora, nessuno ancora ha pagato per le proprie responsabilità nei confronti della popolazione e dell’am

di Valeria Cagnazzo

Pagine Esteri, 25 luglio 2022 – Non è una storia di datteri – Era la fine di marzo, il mondo intero era concentrato sulla guerra russo-ucraina e nei Paesi arabi le famiglie si preparavano al mese sacro del Ramadan, che sarebbe iniziato il 2 aprile. In quel periodo dell’anno, la vendita dei datteri sale vertiginosamente: è con questo frutto che tradizione vuole si interrompa il digiuno al tramonto. Sui social marocchini, in quei giorni, diversi account lanciavano l’hashtag #BoycottAlgerianDates, “Boicotta i datteri algerini”. Un altro capitolo della “guerra dei datteri” tra i due Paesi, tra i quali i rapporti non sono certamente distesi. Un anno prima, con gli stessi hashtag, i marocchini erano stati invitati ad acquistare solo datteri nazionali e a evitare quelli algerini perché “infestati da insetti mortali”. Quest’anno, non erano gli insetti a rendere pericolosi i frutti importati dall’Algeria.

Protezionismo e rivalità politica, indubbiamente, ma la “guerra dei datteri” chiamava in causa anche un altro spettro del passato. Sui social media si leggeva: “Con l’avvicinarsi del Ramadan, dovremmo tutti stare attenti ai datteri algerini. Contengono resti di radiazioni nucleari e sono irrigati con acque reflue. Si tratta di una combinazione di ingredienti che possono minacciare la tua vita e quella della tua famiglia”.

Nonostante la reazione del governo di Algeri, pronto a dichiarare la sicurezza dei propri datteri esportati in tutto il mondo, l’accusa si fondava, di fatto, su un capitolo irrisolto della storia algerina. I detrattori del dattero di importazione accusavano gli agricoltori algerini di coltivare i propri prodotti in campi “troppo vicini” alle aree del deserto del Sahara contaminate da “scorie nucleari”. Una realtà con la quale Algeri da decenni in qualche modo deve fare i conti: quello che i colonizzatori francesi hanno lasciato sotto la sabbia quando sono andati via.

1903553

Un passato radioattivo – Il 18 marzo 1962, la Francia firmava gli accordi di Evian, con i quali riconosceva l’indipendenza dell’Algeria, dopo anni di scontri sanguinosi. Nella sua colonia nord-africana, la potenza francese aveva condotto test nucleari, sia atmosferici che sotterranei. I siti si trovavano nel Sahara algerino, vicino alle cittadine di Reggane e In Ekker. E’ lì che la Francia fece esplodere la sua prima bomba atomica, nel febbraio del 1960, con l’esperimento soprannominato “Jerboa Blu”: l’esplosione fu quattro volte più potente di quella della bomba di Hiroshima. Dopo gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica e la Gran Bretagna, il Paese di Le Gaulle diventava la quarta potenza nucleare del mondo grazie ai test che conduceva nel Sahara (e nella Polinesia francese). Le scorie nucleari venivano nascoste sotto la sabbia, nella massima segretezza.

Gli esperimenti nucleari francesi non si esaurirono nel 1962. Recitava, infatti, un articolo degli accordi di Evian: “La Francia utilizzerà per un periodo di cinque anni i siti che comprendono gli impianti di In Ekker, Reggane e tutta Colomb-Béchar-Hammaguir, il cui perimetro è segnato nella mappa allegata, oltre ai corrispondenti posti di tracciamento tecnico”. Nessun articolo né clausola alludeva, però, allo smaltimento delle scorie, alla bonifica del terreno alla fine dei cinque anni, né alla salute della popolazione locale. In tutto, la Francia eseguì così 17 test nucleari sul suolo algerino, ben 11 di questi dopo l’indipendenza dell’Algeria. Nel 1967, poi, abbandonò definitivamente i suoi siti nucleari del Sahara, senza occuparsi delle conseguenze dei suoi esperimenti sull’ambiente e sulla salute delle persone.

Sessant’anni dopo, le aree desertiche di Reggane e In Ekker non sono ancora visitabili se non indossando dispositivi di sicurezza individuali e per brevissimi intervalli di tempo, data la persistenza di un altissimo livello di radioattività atmosferica. Le vittime delle radiazioni e i loro eredi aspettano ancora un risarcimento.

Nelle aree limitrofe ai siti nucleari, i medici denunciano un’altissima incidenza di tumori del sangue, della pelle, della mammella, e un tasso molto più alto rispetto alla media nazionale anche di malformazioni congenite e anomalie ortopediche. Gli effetti degli esperimenti nucleari continuano a colpire la popolazione locale, e non solo.

1903555

Pagare le conseguenze – All’epoca dei test, il governo francese rassicurava i suoi connazionali e gli algerini della totale sicurezza dei test nucleari. Alcuni villaggi sorsero intorno ai siti solo per ospitare la manodopera locale coinvolta in quegli esperimenti e condotta sul posto con indicazioni semplici, quali “buttarsi a terra” e “tenere gli occhi chiusi” durante l’esplosione.

Gerard Dellac era un generale dell’esercito francese ai tempi dell’operazione “Jerboa blu”. Si trasferì in Algeria insieme alla moglie e ai due figli. Intervistato da France24 in un reportage del 2021, non è in grado di pronunciare molte parole a causa di un tumore maligno alla bocca per il quale ha subito molti interventi. Non ha dubbi sull’origine del cancro. Per lui parla la moglie: “All’epoca era orgoglioso, eravamo orgogliosi, lavoravamo per la grande potenza francese. Ma adesso abbiamo l’impressione di essere stati dimenticati”. Il veterano Dellac, però, è stato risarcito dal governo francese per la malattia riportata dopo gli esperimenti nucleari.

Diverse associazioni per le vittime dei test si sono costituite nel corso dei decenni. Nel 2010, anche grazie alle loro battaglie, in Francia è stata approvata una legge che riconosce il diritto al risarcimento “alle persone affette da patologie derivanti dall’esposizione alle radiazioni dai test nucleari condotti nel Sahara algerino e in Polinesia tra il 1960 e il 1998”. Nessun accenno, nella legge, alle conseguenze ecologiche degli esperimenti.

Decine di francesi, da allora, hanno ottenuto un risarcimento dal governo. Non è stato lo stesso per le vittime algerine: solo una di loro, su oltre 50 persone che hanno presentato un’istanza per i danni da radiazioni, è riuscita a essere risarcita dalla Francia.

Nello stesso reportage in cui compare monsieur Dellac, un anziano algerino, Abderrahmane Badidi Boualali, parla davanti a una recinzione e a un cartello giallo che avvisa di “Danger Nucleaire”: “Siamo stati dimenticati e abbandonati. Vogliamo che i nostri leader alzino la voce con la Francia e chiedano giustizia. La Francia ha compiuto un crimine terribile”.

Sotto la sabbia – La politica francese all’epoca dei test era semplice: tutto quello che poteva essere “contaminato”, doveva essere nascosto sotto terra. Le scorie delle esplosioni, invece, vale a dire lastre, rocce e sabbia vetrificata, venivano con incuria abbandonate all’aperto. Per decenni, il ministero degli Interni francese ha negato l’accesso alle mappe dei siti nel Sahara algerino nei quali negli anni ’60 le sostanze radioattive erano state sotterrate. Solo nel 2010, grazie a un’indagine indipendente, è stata rivelata la distribuzione di alcuni dei rifiuti tossici seppelliti sotto alla sabbia.

Fino al 2017, tuttavia, la possibilità che il governo francese potesse essere messo di fronte alle proprie responsabilità appariva fumosa. Parigi aveva sì accettato di accondiscendere alle richieste di risarcimento dei suoi veterani e delle loro famiglie, ma era remota l’ipotesi che un’inchiesta potesse effettivamente riportare sul tavolo l’annosa questione degli esperimenti nucleari ai danni dell’Algeria. In quell’anno, 122 Paesi membri delle Nazioni Unite hanno siglato il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari. Nessuna potenza nucleare lo ha sottoscritto, neanche la Francia, che lo ha definito “incompatibile con un realistico approccio” alla denuclearizzazione. La sua esistenza, però, e il fatto che ben 122 Paesi lo condividano, pone anche i Paesi produttori di armi nucleari di fronte all’obbligo di rispondere dei suoi principi – e di non poter rifiutare un dialogo con le altre nazioni sulla base di questi.

Due articoli del trattato, in particolare, introducono un nuovo approccio al problema del nucleare e delle conseguenze degli esperimenti radioattivi nel mondo: l’articolo 6 affronta ‘“Assistenza alle vittime e risanamento ambientale”, il 7 la “Cooperazione e assistenza internazionale”. Da una parte, dunque, si afferma l’obbligo “positivo” dei Paesi responsabili di occuparsi delle vittime delle radiazioni e anche delle conseguenze ambientali: nel caso francese, un obbligo non ancora assolto né in un senso né nell’altro. Dall’altra parte, con l’articolo 7, si sottolinea l’importanza della Cooperazione internazionale: ad esempio, la Francia, per quanto non aderente al trattato, sarebbe eticamente chiamata a discutere e a cooperare con l’Algeria, che, invece, l’ha sottoscritto, in merito alle conseguenze delle sue scorie sul territorio sahariano.

1903557

Il rapportoSulla scia di questo trattato, un rapporto, “Radioattività sotto la sabbia” pubblicato da Jean-Marie Collin e Patrice Bouveret nel 2020, compila un primo inventario di tutti i materiali di scarto, radioattivi e non, che la Francia si è lasciata dietro nelle aree di Reggane e In Ekker. Resti che, vi si legge, “rappresentano un pericolo tutt’altro che trascurabile sia per le persone che per la flora e la fauna”. In una sezione in particolare, “Recommendations”, si propongono delle soluzioni al danno arrecato dagli esperimenti francesi in Algeria: un’indagine approfondita, per esempio, per “recuperare i rifiuti non radioattivi o quelli dei test nucleari” ai fini di “garantire la sicurezza sanitaria per la popolazione locale e creare un ambiente più sano”.

Le raccomandazioni si rivolgono espressamente al governo francese, alludendo alla necessità di superare “oltre sessant’anni di segretezza e numerosi tabù”. Concretamente, tra le richieste degli autori c’è quella di “fornire alle autorità algerine un elenco completo dei siti in cui sono stati sepolti rifiuti contaminati, oltre all’ubicazione precisa di ciascuno di questi siti”. Alle autorità algerine, d’altro canto, è richiesto, ad esempio, un impegno nel condurre indagini sanitarie accurate sulla salute dei bambini all’epoca degli esperimenti e sui loro discendenti.

“Radioattività sotto la sabbia” è un rapporto senza ombra di dubbio caratterizzato da un ottimismo forse eccessivo verso la definitiva assunzione di responsabilità da parte della Francia nei confronti di un disastro sanitario e ambientale vecchio di oltre sessant’anni. L’inchiesta auspica “un nuovo capitolo delle relazioni” tra Francia e Algeria, nello spirito del Trattato per la Proibizione del Nucleare. Indubbiamente, il lavoro quantomeno ben si inserisce nella moderna lotta al nucleare, che non consta più soltanto del “no alle armi nucleari” tipico degli anni Novanta, ma che non può prescindere dal farsi anche carico delle gravose conseguenze che nei decenni passati il nucleare ha determinato sugli uomini e l’ambiente. Comprese quelle del nucleare francese in Algeria. Per questo, il suo monito rimane in qualche modo, malgrado il perdurante silenzio della Francia, realisticamente valido: “Il “passato nucleare” non deve più restare seppellito in fondo alla sabbia”.

L'articolo NUCLEARE. Sotto la sabbia: le scorie francesi che avvelenano l’Algeria proviene da Pagine Esteri.

Pinocchio reshared this.



Pompa di calore: trend di vendite positivo per i modelli a marchio Daikin


Le pompe di calore sono sempre più richieste sul mercato, con un vero e proprio boom di vendite per quello che riguarda i miglior brand del settore. In particolare, tra le soluzioni più apprezzate del momento è possibile annoverare quelle a marchio Daikin, uno dei leader assoluti nell’ambito della climatizzazione degli ambienti, grazie ai dispositivi [...]

L'articolo Pompa di calore: trend di vendite positivo per i modelli a marchio Daikin proviene da L'Indro.



Elezioni 2022: campagna elettorale di gente che non ci merita


Le idee perverse dei partiti, ma specialmente dei loro veri o presunti capi. Dai deliri berlusconiani alla «lista aperta ed espansiva» dei migliori incubi di Letta

L'articolo Elezioni 2022: campagna elettorale di gente che non ci merita proviene da L'Indro.




HAZEL SCOTT


Il disco ha un groove spettacolare molto sixities e la sua voce cosi melodica rende questo settepollici bellissimo.
iyezine.com/hazel-scott


Sono disponibili i dati sugli esiti degli Esami di Stato del primo e del secondo ciclo di istruzione.

Li trovate qui ▶️ miur.gov.




#NotiziePerLaScuola

L'Associazione magistrati tributari promuove il progetto "Fisco e Legalità - per la promozione della cultura della legalità fiscale e la conoscenza dei principi fondamentali della convivenza civile".



Non è successo niente: Draghi lascia il posto al suo pilota automatico

"Così, proprio mentre Draghi abbandona Palazzo Chigi sbattendo la porta, la sua spregiudicata agenda politica neoliberista rientra dalla finestra attraverso il nuovo strumento di politica monetaria della BCE. Davanti al fallimento politico dell’ennesimo governo tecnico imposto al Paese, la classe dirigente europea rispolvera l’arma del ricatto del debito che tanto efficace si è dimostrata, in passato, come strumento di disciplina delle economie europee a suon di spread.

Gli eventi di questi ultimi giorni ci ricordano anche che, quale che sarà l’esito delle elezioni del prossimo 25 settembre, il programma di governo è già pronto ed è scritto nero su bianco nel PNRR, messo a punto dall’esecutivo Draghi e vincolante per chiunque uscirà vittorioso dalle urne per tutta la durata della legislatura, pena l’esplosione dell’instabilità finanziaria sotto la spinta della BCE."

coniarerivolta.org/2022/07/22/…



La divinità chiamata Welfare


Dall'ideologia Protestante del 1800 ai Progressisti del New Deal fino al Great Reset: il welfare come strumento di ingegneria sociale che trasforma lo Stato in Divinità.

Oggi vi parlo di welfare, cioè quell’ideologia malsana che da più di 200 anni ormai ci perseguita.

Encyclopaedia Britannica descrive lo stato di welfare come “un concetto di governo in cui lo Stato gioca un ruolo centrale nella protezione e promozione del benessere economico e sociale dei suoi cittadini. Lo stato di welfare di solito include anche servizi come la scuola pubblica, la sanità pubblica e case popolari.”

Penso che la diffusione dell’ideologia del welfare sia stata l’inizio del tracollo della civiltà umana, e credo che oggi rappresenti il pericolo più grande per la nostra libertà, privacy e autodeterminazione. Prima di spiegarvi il perché vorrei però ripercorrere la nascita dello stato di welfare negli Stati Uniti, attraverso l’incredibile lavoro di Murray Rothbard, che ne scrisse sapientemente nel suo libro “The Progressive Era”.

1884363

Ideologia e potere economico


Il seme del welfare venne piantato in America all’inizio del 19° secolo. Secondo Rothbard il welfare fu il prodotto dell’unione d’intenti di una particolare ideologia e del potere economico di alcune grandi corporazioni.

L’ideologia di cui parla Rothbard è quella protestante del “Postmillennial Pietism”, che durante i primi anni dell’800 si diffuse, soprattutto in nord America a macchia d’olio. Come vedremo, questa dottrina religiosa fu il carburante ideologico per la nascita e proliferazione del movimento Progressista, che attraverso un’azione statale sempre più paternalistica arrivò a creare nelle prime decadi del 1900 ciò che oggi conosciamo come stato di welfare.

Da una parte avevamo quindi una legione di intellettuali protestanti alla ricerca di potere e prestigio, dall’altra grandi corporazioni che cercavano di ottenere il monopolio di mercato attraverso l’intervento di Stato. Queste due forze, insieme, avevano tutto ciò che serviva per sfruttare il potere statale a proprio piacere.

Privacy Chronicles è una newsletter indipendente che esiste grazie alle decine di persone che hanno scelto di abbonarsi.
Se ti piace quello che scrivo, sostieni il mio lavoro!


Iscriviti adesso

Read more





Indian #politician drinks #water from polluted ‘holy’ river to impress supporters, gets hospitalised


source: independent.co.uk/asia/india/b…

The chief minister of a north Indian state was briefly hospitalised two days after a viral video showed he downed a glass of polluted water from a “holy river” on the heels of a #campaign to clean waterbodies.


#fail #news #india #pollution #environment #politics #health




Centaurus: cosa sappiamo della nuova variante COVID-19 e perché non c’è motivo di allarmarsi


Una nuova variante COVID è stata recentemente rilevata in diversi paesi tra cui Regno Unito, Stati Uniti, India, Australia e Germania. Chiamata BA.2.75, è una sottovariante di omicron. Potresti anche averla sentita chiamare ‘Centaurus’, il nome di una costellazione e dato a BA.2.75 da un utente di Twitter. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato BA.2.75 [...]

L'articolo Centaurus: cosa sappiamo della nuova variante COVID-19 e perché non c’è motivo di allarmarsi proviene da L'Indro.



Ucraina: la guerra informatica che non c’è mai stata


L’azione e la retorica che hanno portato all’invasione dell’Ucraina all’inizio di quest’anno hanno portato a speculazioni sull’uso efficace delle capacità informatiche russe per integrare o sostituire i mezzi convenzionali allo scoppio del conflitto. Notando l’abilità osservata e dichiarata della Russia nel cyberspazio, alcuni osservatori hanno ritenuto che il deterioramento della situazione fornisse l’opportunità di dimostrare [...]

L'articolo Ucraina: la guerra informatica che non c’è mai stata proviene da L'Indro.



Invotabili


Un gruppo di irresponsabili ha messo in moto un meccanismo micidiale. Adesso, ormai, i cocci sono lì, il vaso è rotto e bisogna prenderne atto e capire perché è successo. Intanto è la prima crisi di governo della storia della Repubblica Italiana innescata

Un gruppo di irresponsabili ha messo in moto un meccanismo micidiale. Adesso, ormai, i cocci sono lì, il vaso è rotto e bisogna prenderne atto e capire perché è successo.


Intanto è la prima crisi di governo della storia della Repubblica Italiana innescata da una faccenda di politica estera, perché quello è il discrimine e, attenzione, sarà anche il tema che peserà di più nell’immediato futuro.

Il governo Draghi non è che fosse il solo governo possibile o il governo migliore che si potesse immaginare, anzi se ne possono immaginare di assolutamente migliori. Il punto è che il governo Draghi era lo strumento più adatto a tenere l’Italia in coerenza con gli obiettivi che avrebbero portato, che hanno già portato e porteranno – o dovrebbero portare nell’immediato futuro – all’afflusso di fondi europei che fanno la differenza tra la crescita del prodotto interno lordo e la recessione; fra un costo del debito pubblico che assorbe per intero la nostra capacità di spesa oppure la capacità di avere anche disponibilità per altri impieghi.

Draghi ha ricordato che 33 miliardi sono stati spesi dall’inizio dell’anno per aiutare le fasce deboli in un momento di difficoltà e questo ce lo siamo potuti permettere, perché la ritrovata credibilità non ha reso proibitivo il prezzo del debito. Questo è il governo Draghi.

Dopodiché hanno cominciato a fare i propagandisti da quattro soldi: bisognava discutere sempre il catasto, fino al compromesso indecente del “lo facciamo nuovo subito, però lo usiamo fra qualche tempo”; sulla questione dei balneari; sui tassisti.

E guardate che non è solamente il centro-destra, perché anche il Partito Democratico sul catasto, sui balneari, sul Consiglio Superiore della Magistratura è così via aveva le sue resistenze.

Draghi ha chiesto: “Rimettiamo a punto questa alleanza e proviamo ad andare avanti?” e la risposta è stata “No, non siamo pronti. Preferiamo le elezioni.”

Benissimo. Le elezioni in democrazia non sono mica la fine del mondo, anzi teoricamente dovrebbe essere l’inizio di una legislatura.

Fatemi capire come inizia la prossima legislatura: io sono un elettore di sinistra, ero soddisfatto del governo Draghi e dovrei andare a votare per una roba che è alleata con il Movimento 5 Stelle, che ha fatto cadere il governo Draghi? Per me è invotabile.

Oppure sono un elettore di destra e sono un elettore di destra atlantista e mi riconosco molto bene nelle posizioni, per esempio, di Fratelli d’Italia, che, tra l’altro, sulla questione Ucraina era molto più filo-governativa di quanto non lo fossero diverse forze di governo. Quindi, io che credo in queste cose, vado a votare tranquillo.

Solo che per votare quello, dovrei votare un pacchetto nel quale è compresa l’alleanza con altri: per esempio, Salvini che diceva che Putin è meglio di qualsiasi nostro leader democratico, che bisogna stare attenti agli interessi del Cremlino, che non bisogna esagerare nel provocare il Cremlino, che sta ammazzando donne e bambini in Ucraina. Io dovrei votare quella roba? Per me è invotabile.

E allora? Si può sempre mandare tutti a quel Paese e votare Movimento 5 Stelle. Quale? Il Movimento 5 stelle che ha fatto nascere il governo Conte 1? Anti-europeista e anti-atlantista? Quello che ha fatto nascere il governo Conte 2? Europeista e atlantista? Quello che ha fatto nascere il governo Draghi? Europeista, atlantista e rigorista?

Questa è la scena. Il tema non è che è caduto un governo. Il tema è che è finito questo mondo. Non hanno più assolutamente nulla di coerente da dire. Rimangono solo degli apparati propagandistici, senza lo straccio di un’idea e senza alcun curriculum di serietà e coerenza.

L'articolo Invotabili proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Taiwan può sfuggire agli artigli di Pechino?


I legami attraverso lo Stretto sono pronti a determinare l’esito della futura parità di potere nella regione e le prospettive di un conflitto più ampio a tutto campo. Le crescenti incursioni hanno nuovamente messo in luce l’enorme posta in gioco, nel cementare l’importanza di entrambi i giocatori l’uno per l’altro per ragioni sia geopolitiche che [...]

L'articolo Taiwan può sfuggire agli artigli di Pechino? proviene da L'Indro.



Attacco russo al gas: l’Europa non deve cedere al ricatto energetico di Putin


L’amministratore delegato del colosso energetico ucraino Naftogaz ha criticato la recente decisione del Canada di indebolire le sanzioni accettando di restituire una turbina a gas alla Russia. Parlando all’Atlantic Council, Yuriy Vitrenko ha condannato la mossa come un esempio “inquietante” di leader occidentali che hanno ceduto al ricatto del Cremlino e ha avvertito che servirebbe [...]

L'articolo Attacco russo al gas: l’Europa non deve cedere al ricatto energetico di Putin proviene da L'Indro.



Borsa: canapa, USA bene, Canada in ribasso


Le due principali piazze borsistiche mondiali nel settore della produzione, trattamento e commercializzazione della canapa, ovvero Canada e USA, questa settimana chiudono con valori discordanti, bene gli USA, con una performance settimanale tutt’altro che trascurabile, visto l’andamento delle settimane precedenti. Desta qualche sorpresa la chiusura negativa della borsa canadese che evidentemente risente in modo maggiore [...]

L'articolo Borsa: canapa, USA bene, Canada in ribasso proviene da L'Indro.



Gli USA investono sull’edilizia con le fibre di canapa


L’edilizia a prezzi accessibili ottenuta con l’apporto delle fibre di canapa ed il cosiddetto “cemento canapa” sono nella progettualità federale degli Stati Uniti, tanto che il Governo Federale decide di investire in questo settore, anche in questo caso, in modo pioneristico, a livello mondiale. Gli esperti del settore edilizio, però, frenano: l’apporto della canapa nell’edilizia [...]

L'articolo Gli USA investono sull’edilizia con le fibre di canapa proviene da L'Indro.




La crisi di governo e lo ‘stellone’ della sussidiarietà


La crisi di di Governo pone alla ribalta il ruolo della sussidiarietà (Costituzione art 118 ove ‘la Repubblica favorisce la libera iniziativa di cittadini singoli o associati per lo svolgimento di attività di interesse generale’); (come vocabolo latino si può intendere come sostantivo “concreto” “subsidium”che significa “linea di riserva-nell’ordine di battaglia-, rinforzo, soccorso, aiuto, sostegno, [...]

L'articolo La crisi di governo e lo ‘stellone’ della sussidiarietà proviene da L'Indro.



On July 25th, exactly a year after President Kais Saïed’s power grab, Tunisians will take to the polls to vote in a referendum on a new constitution.


(S)vincolati


Il lascito politico del governo Draghi consiste nella decomposizione non solo delle false coalizioni, ma direttamente dei partiti che pretendono d’essere coalizzati avendo programmi e interessi non diversi, ma opposti. La contabilità dei consensi per la v

Il lascito politico del governo Draghi consiste nella decomposizione non solo delle false coalizioni, ma direttamente dei partiti che pretendono d’essere coalizzati avendo programmi e interessi non diversi, ma opposti. La contabilità dei consensi per la vittoria senza programma s’è trasformata nella partita doppia della sconfitta.

L’alternativa c’è, ci torneremo. Però, attenzione: di puro politicantismo si può anche morire, ma non si riesce a campare. Quel che ci può arrivare addosso non si sposterà o devierà a chiacchiere.

Il primo sintomo della follia politicante consiste nel credere che non esistano vincoli dati dalla realtà, ma solo dalle scelte politiche. Sono convinti che due chili di pere possano divenire dieci per decisione politica.

Molti di quelli che s’esercitano nel tifo, ammesso siano persone reali e non prodotti di macchinari, non solo confidano nel verbo che modifica il reale, ma accusano chi non ci crede di vivere fuori dalla realtà. Quindi cominciamo da una cosa reale, che secondo i mistici del politicantismo non lo sarebbe: lo spread. L’indice del complottismo, come pensano quelli dei dici chili di pere.

Scusate l’ovvietà: non si prestano soldi a tutti, per qualsiasi cosa e alle stesse condizioni. Lo sanno benissimo la Sora Cesira e il Sor Augusto, che pagano un mutuo e la macchina a rate. Chi comporta un maggiore pericolo deve pagare di più. Chi non ha garanzie da offrire, paga di più.

I Paesi più indebitati pagano di più. Possono dimostrare che hanno politiche stabilmente virtuose e deficit decrescenti, così ottenendo condizioni migliori. Ma se dicono, poste le mani sui fianchi e alzata la pappagogia: me ne frego delle adunche mani capitaliste, prendo soldi a prestito per favorire consumi senza produzione, la conseguenza è una sola: sale il tasso d’interesse. Veniamo a noi: lo spread era salito anche con Draghi. Certamente.

Non guarda in faccia nessuno. Il governo dice che il bonus 110% è una boiata inflattiva e un modo per dare soldi ai ricchi e la maggioranza gli impone di tenerlo? Sale. Non è un lassativo, non basta la parola. Non si riesce a mettere a gara manco uno stabilimento balneare e rilasciare una licenza taxi? Sale, perché si dimostra che i più capaci non lo sono abbastanza. Il punto è un altro: sale, ma sta nei binari e poi scende. Se prende a salire e basta c’è dell’altro. E non buono.

Il nostro era considerevolmente sceso grazie alla Banca centrale europea (c’era un tal Draghi). Vuol dire che la Banca centrale lo controlla? Manco per niente. Però può convincere i mercati che speculare sarebbe inutile, perché userà la credibilità dei meno indebitati e più produttivi per compensare la non credibilità dei più indebitati e meno produttivi. Capire perché la cosa non è simpaticissima per i garanti non dovrebbe essere difficile, specie se lo si sostiene relativamente al Veneto nei confronti della Calabria.

La Bce fa salire i tassi d’interesse di 0.50 punti, assai meno che negli Stati Uniti. In una frase sensata, pronunciata da persone ragionanti, non ci può stare il lamento per l’inflazione e, contemporaneamente, per il rialzo. Si capisce subito che sei deficiente o stai recitando una parte demagogica.

Ma, cribbio, scudateci, difendeteci. Certamente, è nell’interesse europeo che gli spread non si divarichino. Giusto. Ma comporta l’accettazione dei vincoli, ad esempio il rispetto degli impegni che tu stesso hai preso, che il tuo governo ha negoziato e che il tuo Parlamento ha approvato. Nooo! Questo minaccia la mia sovranità! E allora, caro mio, sii libero di vedertela con gli strozzini. Saluti e baci.

Per questo sostenevamo: gli impegni che sono stati presi assieme siano considerati immodificabili per il futuro, se al governo si troveranno gli stessi che li hanno presi o parte di essi.

E per oggi, da agente prezzolato dei poteri occulti e del mercato rapace, da servo dei poteri forti, è tutto. Inquietante è che un Paese ricco e capace possa veramente mettersi nelle mani di poveracci incapaci, per il gusto di mostrarsi sovranamente infantile (o stolidamente senile).

La Ragione

L'articolo (S)vincolati proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



#laFLEalMassimo – Episodio 73: Grazie Draghi e grazie euro


Bentornati alla FLE al Massimo. La caduta del governo Draghi ha colpito in modo abbastanza comprensibile i tanti che si stavano abituando all’idea di un paese normale, di un esecutivo credibile, guidato da uno statista capace di guardare al futuro e reali

Bentornati alla FLE al Massimo.

La caduta del governo Draghi ha colpito in modo abbastanza comprensibile i tanti che si stavano abituando all’idea di un paese normale, di un esecutivo credibile, guidato da uno statista capace di guardare al futuro e realizzare in modo pragmatico provvedimenti mirati a rompere il circolo vizioso di politiche miopi e clientelari che nel tempo ha gradualmente compromesso la capacità del tessuto produttivo italiano di creare valore e generare crescita economica.

Preso atto del versante emotivo è abbastanza evidente a tutti che la parentesi dell’ex banchiere centrale era un passaggio necessariamente temporaneo, volto a gestire alcuni profili di emergenza, come in effetti è stato fatto in modo inappuntabile, mentre il nodo dell’assenza di una classe politica degna di questo nome che potesse efficacemente raccogliere il testimone del governo Draghi rimane aperto.

Senza commentare le vicissitudini che hanno portato alle prossime elezioni anticipate e in attesa di vedere quali saranno le alternative disponibili per gli elettori, posto che i partiti attualmente in parlamento hanno dato ampia prova della propria inadeguatezza, questa rubrica vuole proporre una riflessione su una rete di protezione istituzionale che ci protegge da noi stessi.

Negli stessi giorni in cui la politica italiana dava il peggio di sé boicottando il lavoro portato avanti da uno dei pochissimi statisti che questo paese ha visto negli ultimi decenni, la banca centrale europea ha reso nota l’introduzione di uno meccanismo (il TPI trasmission protection Instrument) volto a proteggere i paesi ad alto debito come il nostro da possibili attacchi speculativi ed assicurare che la trasmissione della politica monetaria avvenga in modo corretto.

La nostra adesione alla moneta unica ha limitato fortemente le conseguenze negative della politica miope portata avanti da una classe politica mediocre, e ci ha consentito di avere più tempo per completare le riforme necessarie, ma non può (e non deve) sostituirsi alla sovranità di governi e parlamenti.

Non ci rimane molto tempo, se nei prossimi mesi non riusciremo ad esprimere un parlamento e un governo “normali” difficilmente potremo contare su aiuti straordinari che ci proteggano da noi stessi. Per la Fondazione Einaudi.

youtube.com/embed/Q67X_KTyBVU

ISCRIVITI AL PODCAST

L'articolo #laFLEalMassimo – Episodio 73: Grazie Draghi e grazie euro proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Sui fatti di Capitol Hill, la commissione sostiene che l’ex presidente scelse di non chiamare le forze di sicurezza mentre i manifestanti irrompevano nel Campidoglio.“Scelse di non agire”.


Accordo strettoUcraina e Russia hanno firmato oggi a Istanbul un accordo per l’istituzione di un corridoio nel Mar Nero per l’esportazione di prodotti alimentari.


Il cauto ritorno dell’India in Afghanistan


L'Afghanistan è importante per le aspirazioni economiche continentali dell'India, compresi legami più stretti con l'Asia centrale e l'Iran

L'articolo Il cauto ritorno dell’India in Afghanistan proviene da L'Indro.



Il PD non è alternativo alla destra - Contropiano

«Su ogni tema di fondo del governo da trent’anni il PD fa scelte di destra liberista, tali che a volte permettono persino alla destra ufficiale di scavalcarlo “a sinistra”.

[...]

Da trent’anni i dirigenti del partito democratico fanno capire che in fondo votare non conti nulla. Perché le scelte di politica internazionale, economica, sociale sarebbero tutte sostanzialmente obbligate. Lo vuole l’Europa, lo vuole la NATO, lo vogliono i mercati, lo vuole la fedeltà euroatlantica.

[...]

Il Partito Democratico è uno dei primi responsabili dello smottamento a destra della politica italiana e non ha alcuna vera credibilità nell’essere un ostacolo ad essa. A parte la propaganda che gli forniscono i mass media confindustriali.

Il PD non è alternativo alla destra perché è anch’esso un partito di destra, che da trent’anni occupa il campo della sinistra.

La vera crisi democratica del paese è l’assenza di una vera alternativa alla destra. Quella che bisogna provare a costruire, alle elezioni e dopo di esse.»

contropiano.org/interventi/202…