Le mani nel fango
Ben oltre il meteo
La meteorologia è una pratica che presenta non poche difficoltà. Una è la smentita. Può accadere che “le previsioni del tempo”, come diceva il mitico colonnello Bernacca, siano smentite dalla pioggia o dal sole o dal vento o dalla nebbia.
La ‘materia’ è per sua natura mutevole e tende – per dirlo ancora con la mitologia televisiva – al “Sereno variabile”. Insomma, le previsioni sono fatte anche per essere smentite. Non è un’ipotesi remota. È la normalità della stessa pratica meteorologica. Se questa particolarità delle “previsioni meteo” fosse tenuta in debito conto si farebbe un uso migliore della meteorologia.
Purtroppo, oggi, la previsione meteo è stata elevata a metodo di governo del territorio. Un grave errore. Infatti, conoscendo il dramma italiano del sistema idrogeologico della quasi totalità del territorio nazionale, si cerca di sopperire all’assenza di governo della terra e delle acque con il ricorso all’allerta meteo.
La toppa peggiore del buco. Perché arriverà sempre un momento in cui la Protezione civile dirà – come accaduto nell’ultimo dramma nazionale nelle Marche – che si è trattato di «un fenomeno meteo impossibile da prevedere nella sua intensità». Viviamo un tempo in cui si tende a credere con troppa facilità che la tecnologia possa sostituire il bisogno umano, terreno e terrestre, di governare.
Siamo sempre alla ricerca di un sistema di sicurezza assoluto per poi scoprire che viviamo per natura nell’incertezza. Lo scrittore Mark Twain – quello de “Le avventure di Tom Sawyer”– diceva: «Non è quello che non sai a metterti in pericolo. È quello che dai per certo e invece non lo è».
Credere o far credere che si abbia a disposizione un sistema infallibile mentre non solo l’uomo ma la stessa scienza è scientifica proprio perché fallibile, significa incamminarsi sulla via che conduce ai disastri. Non è la fatalità che condanna l’Italia ad avere sistematicamente in autunno le mani nel fango: è l’incoscienza di pensare di poter fare a meno del governo del territorio.
Le civiltà nascono e muoiono a ridosso dei fiumi. Anche i Comuni italiani – sono più di ottomila – nascono e muoiono a ridosso dei fiumi. Credere di abitare, costruire e lavorare in un paese attraversato da un fiume – in alcuni casi da due fiumi – e non curarsi quotidianamente delle acque vuol dire prepararsi a mettere le mani nel fango per liberare la strada, la casa, l’opificio e – il cielo mi perdoni – cercare i propri cari.
Le tragedie autunnali portano i nomi dei fiumi. Oggi il Misa, ieri il Calore, l’altro ieri il Sarno (e si può continuare per molto di alluvione in alluvione). Non solo se ci rivolgiamo a un ingegnere ma anche se parliamo con un contadino –sempre che si sia capaci di trovare un buon ingegnere e rintracciare un contadino – ci sentiremo dire che un fiume straripa se gli argini sono trascurati dall’uomo.
Ma non solo. Anche la nostra letteratura ce lo dice. Machiavelli, “Il Principe”, capitolo XXV: «…a uno di quei fiumi rovinosi che, quando si adirano, allagano e’ piani, ruinano li arbori e li edifizi, lievano da questa parte terreno, pongono da quella altra: ciascuno fugge loro dinanzi, ognuno cede all’impeto loro senza potervi in alcuna parte ostare».
E cosa si può fare dinanzi a questa furia della natura? Affidarsi al meteo? Prendersela poi con la sfortuna? Non resta altro da fare che gli uomini «quando sono tempi queti» costruiscano «ripari e argini»: in modo tale che quando arriverà la tempesta, che sempre arriva, il fiume o andrà «per un canale o l’impeto loro non sarebbe né sì dannoso né si licenzioso» (violento).
O impariamo o avremo sempre le mani nel fango.
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Musica: al Castello Ursino di Catania dal 30 settembre al 9 ottobre torna Classica & Dintorni
Ricerca e tradizione, musica per film e sonorità orientali.
Il M° Ketty Teriaca: “Prima esecuzione in Sicilia del Diario del tempo che verrà di Marco Betta, trascrizioni per quartetto Italianvibes delle colonne sonore di tre film di Roberto Andò”
CATANIA, 28 settembre 2022 – Dalle musiche per il cinema e il teatro – che con contributi di grandi compositori contemporanei hanno scritto un nuovo capitolo nella letteratura musicale del Novecento – alle geografie sonore di lontani paesi orientali; dai canti della tradizione lettone, alle partiture dei classici europei. Tra ricerca e tradizione, anche quest’anno, alle soglie dell’autunno e del ritrovato piacere dell’ascolto della musica negli spazi al chiuso, il Castello Ursino di Catania risuona della magica atmosfera di Classica & Dintorni [30 settembre – 9 ottobre 2022].
E per questa 19°edizione la direttrice artistica Ketty Teriaca – pianista e docente del Conservatorio Scarlatti di Palermo – confeziona una rassegna raffinata e nel segno della contaminazione fra i generi scandita in due weekend lunghi, dal venerdì alla domenica. Tutti i concerti saranno ospitati al Castello Ursino e inizieranno alle 21. Inserita nel cartellone del Catania Summer Fest, Classica & Dintorni 2022 sarà ad ingresso gratuito fino a esaurimento posti e sarà sufficiente prenotarsi via whatsapp al numero 331 4861931.
Si comincia venerdì 30 settembre con la grazia assoluta dei quartetti di Mozart e una formazione “indigena”, ovvero nata e cresciuta a Catania e già accreditata nei circuiti nazionali e internazionali. Si chiama Katanè e per il concerto inaugurale di Classica & Dintorni vedrà la presenza del flautista Domenico Testaì insieme con i giovani componenti Ricardo Urbina e Dario Militano al violino, Clelia Lavenia alla viola e Giulio Nicolosi al violoncello.
Sabato 1 ottobre è in programma una autentica chicca: “Quaderni. Diario del tempo che verrà”, un regalo del M° Marco Betta – compositore, sovrintendente e direttore artistico del Teatro Massimo di Palermo – per l’Italianvibes Ensemble. Si tratta delle trascrizioni per quartetto – vere e proprie miniature sonore – di brani composti per il cinema e il teatro che Betta ha voluto rielaborare per la formazione dell’Italianvibes composto da Giovanni Mareggini (flauto), Luca Ranieri (viola), Maria Cecilia Berioli (violoncello) e dalla stessa Ketty Teriaca al pianoforte. “Siamo lusingati – spiega Teriaca – di questo regalo pensato per la nostra formazione, brani che eseguiamo in Sicilia per la prima volta dopo una parziale anteprima in Umbria e in Friuli l’estate scorsa. Si tratta di musiche composte da Betta per tre film diretti dal regista Roberto Andò: “Viaggio segreto”, “Viva la libertà” e “Il Manoscritto del Principe”. Mentre la seconda parte del concerto è dedicata alla figura dell’imprenditore palermitano Ferruccio Barbera con brani che scandiscono la sua vita, interrotta prematuramente a 53 anni. E poi due pezzi da pièces teatrali, una di Andrea Camilleri e l’altra di Ruggero Cappuccio nel solco della ricerca e della divulgazione di autori del passato meno conosciuti e di compositori contemporanei di grande valore”.
Domenica 2 ottobre viaggio sonoro verso le rotte dell’Afganistan e dell’India con il duo di Davide Livornese al rabab e Riccardo Gerbino al tabla, strumenti tradizionali dei due paesi ai quali i due musicisti hanno dedicato studi in campo internazionale componendo musiche inedite ispirate alle tradizioni locali. Le composizioni sono immaginari sonori che rievocano antiche danze e andature ipnotiche lungo paesaggi melodici armoniosi e improvvisati.
Nel secondo weekend, al Castello Ursino venerdì 7 ottobre si esibirà il Trio Quiròs con Francesca Adamo Sollima (soprano), Mauro Schembri (mandolinio) e Fernando Mangifesta (fisarmonica). In programma musiche di Hahn, Weill, Piazzolla, Ramirez, Angulo, Gershwin e Bernstein.
Sabato 8 sono attese le Saucejas, formazione di origine lettone tutta al femminile che proporrà canti e arrangiamenti della tradizione.
Infine, domenica 9 ottobre, chiusura con musiche di Vivaldi, Bach, Rameau e Telemann con Ensemble Harmonia Urbis: Giusi Ledda (traversiere), Iben Bagvad Kejser (violino), Andrea Fossà (violoncello), Ugo Di Giovanni (liuto), Marco Silvi (clavicembalo e direzione).
L’edizione 2022 è organizzata dall’associazione culturale Darshan e dall’associazione di promozione sociale AreaSud con il contributo di Ministero della Cultura, Regione Siciliana – Assessorato Turismo, Sport e Spettacolo, Città di Catania – Assessorato alla Cultura, Catania Summer Fest. Info Associazione Darshan
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Orizzonte 2030: cittadini o codici a barre?
Lunedì 26 settembre 2022 ho fatto un intervento durante l’apertura della Privacy Week, dal titolo “Orizzonte 2030: cittadini o codici a barre”.
Lo speech, di circa 20 minuti, è già disponibile on-demand sul sito della Privacy Week, per chi volesse riguardare il video. Vorrei però riportare qui ciò di cui ho parlato, anche per estendere alcuni concetti.
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Perché cittadini codici a barre? Il codice a barre è un elemento grafico costruito per essere scansionato da un sensore, che poi restituisce una serie di informazioni. Con i codici a barre possiamo conoscere in tempo reale cosa sono i prodotti che troviamo nei negozi e nei magazzini, da dove vengono, chi li produce, quanto costano e tanto altro. Da qualche anno abbiamo anche imparato a usare codici a barre per identificare e ottenere informazioni non solo sulla merce, ma anche sulle persone. Ad esempio col green pass, che è stato usato per capire chi aveva diritto di lavorare, viaggiare, visitare i parenti in ospedale, o anche partecipare a eventi come questo.
Quindi, il codice a barre per me è un simbolo che racchiude l’ideologia di chi vorrebbe trasformare lo stato in un sensore capace di scansionare in tempo reale i cittadini, attraverso la diffusione sempre più capillare di pratiche di sorveglianza e di controllo di massa.
La sorveglianza fisica
La sorveglianza fisica è la più facile ed evidente, ormai siamo tutti abituati. Le nostre strade sono piene di telecamere, in una quantità che aumenta esponenzialmente ogni anno che passa.
Alcune città ora si stanno riempiendo anche di sensori e vere e proprie stanze di controllo, come la Smart Control Room di Venezia, per monitorare in tempo reale le persone presenti sul territorio, i loro spostamenti e - se serve - anche identificarle in tempi brevissimi.
Alcuni comuni italiani, come Como, hanno anche già sperimentato con la videosorveglianza biometrica (riconoscimento facciale). La particolarità di questi sistemi è che possono “riconoscere” il nostro viso e identificare le persone in tempo reale confrontando le immagini acquisite con dati presenti in database a disposizione dei comuni e delle forze dell’ordine. I sistemi di riconoscimento facciale sono naturalmente soggetti a errori, anche dovuti a variabili ambientali. Ad esempio, una delibera del comune di Udine (altra città che vorrebbe installare riconoscimento facciale) afferma chiaramente che i cittadini dovrebbero essere collaborativi e non nascondere il loro viso con cappelli, occhiali da sole o sciarpe.
Ma la sorveglianza fisica è quella delle stazioni, degli aeroporti e delle frontiere, che ormai si sono trasformati in hub per la raccolta di dati e sorveglianza di massa di qualsiasi passeggero e immigrato. Basta pensare che attraverso il codice PNR le autorità aeroportuali conoscono in tempo reale chi siamo, dove andiamo e - con algoritmi creati appositamente - quale possa essere il nostro rischio terrorismo.
La sorveglianza digitale
La sorveglianza digitale è quella cosa che ci ha fatto scoprire Edward Snowden nel 2013. Grazie alla divulgazione di migliaia di documenti top secret della NSA abbiamo conosciuto i programmi PRISM e TEMPORA, con i quali l’alleanza di intelligence 5 Eyes fu in grado di spiare a livello globale centinaia di milioni di persone, compresi cittadini europei (con l’aiuto del GCHQ, agenzia di intelligence inglese).
Dal 2013 a oggi le cose non sono migliorate, anzi! È notizia di questi giorni che una piattaforma chiamata Augury sia stata acquistata dall’apparato militare statunitense. Secondo alcuni articoli, la piattaforma sarebbe in grado di monitorare fino al 93% di tutti i dati e metadati che transitano su internet a livello globale, anche dietro protocollo https. Un esperto di cybersecurity ha commentato la notizia così: «è tutto, non c’è altro da catturare se non l’odore dell’elettricità».
Ma la sorveglianza digitale non è solo cosa di militari e intelligence. Come sapete bene, voi che mi leggete da quasi due anni ormai, Da tempo i nostri governi cercano di promuovere strumenti legali per la sorveglianza di massa delle comunicazioni.
Uno di questi è il regolamento Chatcontrol in UE, che con la scusa della lotta alla pedofilia promette di instaurare un regime di sorveglianza capillare e sistematica di ogni comunicazione, chat, email e social. Nessuno sarà escluso e tutti i contenuti delle nostre comunicazioni (testo e immagini) saranno monitorati e valutati dai fornitori di servizi. In pratica, l’UE ha deciso che siamo 450 milioni di potenziali pedofili. Bambini compresi, ovviamente - mica sono esclusi da questa sorveglianza.
Oggi dobbiamo partire dal presupposto che ogni cosa che diciamo e facciamo online viene monitorata e valutata da migliaia di persone e algoritmi di vario tipo e potrebbe essere usata contro di noi.
Sorveglianza finanziaria
La sorveglianza finanziaria è un tipo particolare di sorveglianza digitale. Esistono diversi tipi di sorveglianza: antiriciclaggio, antiterrorismo, contro l’evasione fiscale. Cambia la forma, ma non la sostenza.
Dietro lo schermo della criminalità e del terrorismo gli stati possono giustificare qualsiasi tipo di ingerenza nei nostri comportamenti economici. Non c’è alcun limite. Ogni volta che paghiamo qualcosa con carta o bonifico le nostre transazioni sono esaminate e valutate da migliaia di algoritmi e persone che hanno un unico scopo: decidere in modo più o meno automatizzato se siamo potenziali criminali oppure no.
La questione è particolarmente preoccupante se pensiamo che alcune nuove normative antiriciclaggio per il settore “crypto” prevedono espressamente di valutare come fattori di rischio le transazioni che arrivano da strumenti per la protezione della privacy, come sistemi di coinjoin o wallet privati (e quindi non-KYC).
Sia nella sorveglianza fisica che quella digitale e finanziaria, la privacy viene sempre più vista come un elemento di fastidio e un fattore di rischio, a vario titolo.
La sorveglianza finanziaria però è particolarmente insidiosa perché ha una stretta correlazione con la censura politica. Pensate che proprio lunedì, dopo il mio intervento, una ragazza mi ha fermato per parlarmi della sua organizzazione noprofit, a cui Stripe ha bloccato i conti per motivi ignoti (probabilmente perché per motivi umanitari hanno a che fare con la Siria). Migliaia di associazioni e persone ogni anno vengono censurate senza alcuna motivazione esplicita. Bloccare un conto corrente significa mettere a rischio la loro sopravvivenza.
Le cose si fanno ancora più cupe se guardiamo al futuro della moneta, cioè alle CBDC. Ne ho parlato molto qui su Privacy Chronicles1, quindi mi limiterò a dire che con l’euro digitale non solo ogni transazione sarà monitorata e analizzata più di adesso, ma sarà anche possibile programmare il modo in cui possiamo usare e spendere i nostri soldi.
La censura non sarà quindi un elemento esterno, un’ingerenza politica come ora, ma una vera e propria funzionalità della nuova moneta digitale di stato.
Sorveglianza ambientale
La sorveglianza ambientale è l’ultima frontiera della sorveglianza e dell’ideologia del sacrificio per il bene comune. Ci sono diversi spazi di sorveglianza, da quella sugli spostamenti (come proposto da Fridays for Future e comune di Milano) fino alla sorveglianza pervasiva sulle nostre azioni e transazioni per valutare il nostro impatto ambientale, come se fossimo merce.
Ne ho parlato recentemente, quindi vi rimando all’ultimo articolo sul tema per saperne di più:
Cittadini codici a barre
Il paradigma che caratterizza il rapporto tra stato e cittadini si è completamente ribaltato.
Una democrazia in salute dovrebbe prevedere la totale trasparenza dello stato e dei suoi processi interni, così da essere controllabile dai cittadini. Invece, oggi si chiede trasparenza ai cittadini come condizione di cittadinanza: siamo chiamati a trasformarci in codici a barre con le gambe; essere immediatamente e sistematicamente scansionabili e controllabili da uno stato sempre più lontano e sempre più zeppo di processi decisionali automatizzati oscuri (anche attraverso i suoi organi esterni, come il sistema bancario).
Ayn Rand diceva che ci sono due idee alla base di ogni totalitarismo: la rinnegazione della ragione a favore della fede e la rinnegazione dell’interesse personale a favore del sacrificio personale.
Lo statalismo e la sorveglianza di massa per me sono una forma di fede verso uno stato tecnocratico e totalitario, che con sorveglianza, identità digitale e social scoring è pronto a rivendicare i nostri dati e le nostre esperienze, per controllare e manipolare i nostri comportamenti.
Questo Dio-stato tecnocratico ci chiede, con ogni pretesto possibile, di sacrificare volontariamente i nostri valori più importanti, vita, proprietà, libertà, privacy… per ottenere in cambio una parvenza di sicurezza e una catena al collo sempre più stretta e corta.
I pochi, fuori da questo perverso sistema sacrificale, che pretendono il rispetto della loro libertà e privacy sono mal visti dai concittadini virtuosi senza nulla da nascondere - pronti a condannarli ed escluderli dalla società a fronte del peccato più grande di tutti: rifiutarsi di sacrificare la propria vita per servire la “collettività”.
Ecco, io credo che sia arrivato il momento di valutare una nuova visione di esistenza umana, fondata su una moralità individualista che abbia al centro libertà e ricerca della felicità, al riparo da ingerenze arbitrarie.
Una moralità fondata sull’interesse personale e sulla ragione, non sul sacrificio personale. Dobbiamo riconoscere e affermare che nulla giustifica il sacrificio di privacy e libertà; neanche il terrorismo, la guerra o i crimini più efferati. Dobbiamo contestare l’idea della sorveglianza di massa come strumento per ottenere sicurezza. La sorveglianza indiscriminata non risolve alcun problema e non è uno strumento di prevenzione del crimine. E anche se lo fosse, non sarebbe comunque giustificabile.
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La Privacy Week è un evento ambizioso che ho voluto anche per portare questi temi al grande pubblico. Siamo solo alla seconda edizione ma anche grazie a tutti voi posso dire che è la strada giusta.
La settimana continua fino a venerdì sera, da Milano per chi vorrà passare a seguire gli eventi dal vivo e fare due chiacchiere; altrimenti in streaming su www.privacyweek.it.
Grazie Panetta, non compro niente, CBDC, Bitcoin, privacy e libertà (intervista con Gianluca Grossi), Moneta digitale di Stato, poteri illimitati e sorveglianza finanziaria
Mercati finanziari: su quali azioni investire nei prossimi mesi
Investire in azioni significa acquistare azioni di società quotate in una o più borse valori mondiali; è possibile acquistare azioni creando un portafoglio di investimento utilizzando un broker online autorizzato. L’inizio del 2022 è stato molto difficile per i mercati finanziari, e quindi anche per il settore azionario: una pandemia ancora in corso, l’inizio di […]
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Meloni attenta: il potere logora chi ce lo ha
Gia logorati (dal potere, appunto) tutti gli altri, da Salvini a Letta a Conte (solo momentaneamente vincente). Meloni che ha vinto perchè non logorata dal potere, potrebbe scoprire che bastano pochi anni per logorarsi. Il colpo di Stato potrebbe essere la sola speranza che ha per non finire nei rotocalchi, anziché nella storia, come si sta illudendo
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Sinistrati
Batosta meritata
La vittoria della destra non è solo la sconfitta della sinistra, ma il suo vuoto, il suo avere perso tempo a indicare i guasti, passati e presenti, degli avversari, senza buttare sulla bilancia il peso di proposte e idee per il presente ed il futuro. Si sono votati alla sconfitta con tale voluttà da avere cominciato a regolare i conti prima ancora del voto.
Tutto, pur di non farli con la propria identità. Talché oggi la sinistra è percorsa da istinti sinistri ed è popolata da sinistrati. Siccome la democrazia funziona se sono spendibili e vive sia la maggioranza che l’opposizione, e siccome è nella sconfitta che ci si rimodella, quello di sinistra è un fronte che deve interessare tutti.
I due sconfitti sono Letta e Salvini. Il primo perché isolato, il secondo perché ridimensionato. I due, però, hanno in comune un dato politico rilevante e trascurato, che metto all’origine della rovina: sono stati decisivi per l’approvazione della riforma costituzionale che ha tagliato il numero dei parlamentari. Salvini perché era al governo con i 5 Stelle e consentì la maggioranza.
Letta perché fece la stessa cosa, dopo che il Pd aveva votato contro, una volta trovatosi al governo con Conte. Andavano a rimorchio del populismo. Se a sinistra avessero avuto memoria di Pietro Nenni si sarebbero ricordati che <<c’è sempre uno più puro che ti epura>>. In questo caso: c’è sempre uno più demagogo che ti frega. Difatti.
Il Pd provò a coprirsi, ponendo come condizione la riforma del sistema elettorale. Ma, a parte che quel sistema lo ha voluto il Pd, era una condizione posta al vento e nessuno se ne è curato.
Se si guardano i risultati del proporzionale ci si accorge che la destra non ha la maggioranza, anche perché non ha aumentato i voti. Stravince, invece, grazie a quella legge elettorale e a quella riforma costituzionale. Il Pd s’è confezionato la sconfitta con le proprie mani.
Ora sembra rintronato. Non si può dire, come pare sia riuscito a fare Letta: il prossimo segretario sia una donna. Credono sul serio sia quello il problema? È la linea politica. Dopo la sconfitta la sinistra può fare all’inglese: si radicalizza, così garantendosi l’entusiasmo degli adepti è la sicurezza di non vincere mai più.
Oppure riconosce che non esiste più il mondo in cui si tenevano assieme Giorgio Amendola e Pietro Ingrao (come non esiste più quello che teneva assieme Amintore Fanfani e Giulio Andreotti) e si decide a non avere paura dell’avversario a sinistra, ma dell’inesistenza al centro. Perché anche domenica scorsa ha vinto lo schieramento che aveva un puntello al centro, senza il quale non avrebbe vinto.
Se la sinistra è considerata la casa dei ricchi e dei centri cittadini lussuosi, a parte che la destra ha vinto anche in quelli, non è perché s’è dimostrata riformista e non rivoluzionaria, ma perché appare conservatrice e rispettosa dei privilegi. L’ideologia vuole l’assalto al ricco, il pragmatismo vuole quello all’evasore fiscale. Ricchi immobili accatastati a cavolo compresi.
Ma su quello sbracarono, non hanno saputo inchiodare la destra, non sono stati capaci di raccontare quanto nuoce ai meno protetti. Lasciare alla destra il tema delle separazione delle carriere, fra procuratori e giudici, è il segno di una frana culturale. E morale.
Non serve inseguire i voti persi nel mondo del lavoro, serve affermare che i salari devono crescere al crescere della produttività, sgravandoli di privilegi regalati ad altri. La difesa corporativa degli insegnanti che non insegnano è conservazione della scuola che non funziona, mentre la meritocrazia è promessa di riscatto per chi parte in svantaggio.
Tagliare la spesa corrente improduttiva è promessa di sicurezza per i risparmi, alimentarla con nuove tasse (come follemente proposto) è taglieggiamento. La sinistra ha perso perché s’è persa, come l’Asino di Buridano, e meritava di perdere.
Che non significa la destra meritasse di vincere, ma se si vuole uscire dalla morta gora occorre meritarsi qualche cosa di meglio. A dritta e a manca.
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Brasile: elezioni ad alta polarizzazione e pari rischio
Alle elezioni presidenziali di domenica, Lula favorito contro un Bolsonaro avverso oramai alla gran parte dei brasiliani. In queste elezioni, è in gioco più del solo futuro del Brasile. Di mezzo c'è il ritorno della sinistra in tutta l'America Latina
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La guerra russo-ucraina innesca una rivoluzione energetica
Quando i primi suoni dei missili russi hanno svegliato le persone in varie città e paesi ucraini la mattina presto del 24 febbraio 2022, hanno anche segnato un significativo spartiacque nella storia dell’energia. Il fatto che la Russia abbia iniziato una guerra di aggressione ingiusta e ingiustificata nel mezzo dell’Europa è diventata la conclusione perfetta […]
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Regno Unito: l’ascesa della Trussonomics
È impossibile sapere se il nuovo Primo Ministro britannico sia veramente serio o no riguardo alla politica economica. È certamente interessata a sollevare la situazione e calmare le tempeste, se non altro per ritardare l’inevitabile. Dopo essersi dimostrata la candidata più superficiale per succedere al suo predecessore caduto in disgrazia, Liz Truss è balzata nella […]
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Esami di Stato, indicazioni per gli Istituti professionali sulla redazione e lo svolgimento delle seconde prove del secondo ciclo delle scuole di nuovo ordinamento.
I dettagli ▶️ miur.gov.
Cina in corsa per la risurrezione del soft power
L’influenza dei media cinesi e la spinta alla ricerca di influenza in tutto il mondo stanno acquistando intensità e portata, come sottolineato dal recente rapporto di Freedom House. La percezione e l’opinione globale riguardo alla Cina sono in picchiata dall’inizio della pandemia e ora hanno raggiunto il livello più basso, il che ha spinto a […]
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Iran: i diritti delle donne in primo piano mentre le proteste dilagano
I diritti delle donne ma non solo al centro delle proteste in Iran. Se un successo improbabile è nelle carte, potrebbe essere perché queste proteste stanno riuscendo a riunire una coalizione diversificata di gruppi etnici che lottano per una causa comune
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La diplomazia USA fallisce nel momento critico della guerra in Etiopia
Washington sembra accettare il dominio militare del governo sul Tigray in collaborazione con l'Eritrea, nel mezzo del conflitto più sanguinoso al mondo. I tigrini dovrebbero negoziare la loro sottomissione alle condizioni di Addis Abeba, secondo la politica USA. Il fallimento della diplomazia statunitense e multilaterale sta nel rifiuto di prendere sul serio i tigrini
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L’Occidente non dovrebbe temere la prospettiva di una Russia post-Putin
Mentre l’esercito ucraino continua a liberare la terra dall’occupazione russa, una nuova narrativa sta cominciando a prendere piede. Sostiene che una vittoria ucraina potrebbe cacciare Vladimir Putin dal potere e che una Russia post-Putin sarà anche peggio. Le proiezioni per questa Russia futura vanno da un successore più stalinista alla guerra civile e al crollo […]
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Giustizia, è sempre una Cenerentola dimenticata
Il tema e’ stato abbondantemente ignorato un po’ da tutte le forze politiche che si sono presentatealle elezioni che ci si e’ lasciati alle spalle. La Giustizia, lo stato semi-comatoso in cui versa da decenni, le riforme possibili, la situazione delle carceri, continuano a essere una sorta di Cenerentola. Quando poi se ne parla e discute, […]
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Meloni al comando: tanto rumore per nulla
Prima delle elezioni venivano anticipati tempeste monetarie e drammi finanziari, il richiamo al prossimo danno era la rimembranza dei dissesti finanziari che del 2011. Quadro oggi non oggi ripetibile
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Sostanza
Fine della propaganda, si passa alla sostanza. La vittoria va a Fratelli d’Italia, ma veniamo da vittorie anche più marcate (Pd renziano nel 2014, 5 Stelle nel 2018 e Lega nel 2019) dissoltesi nel nulla. Prima delle prossime scadenze elettorali, fossero anche municipali, si gioca la partita del passare dal prendere i voti al saper governare.
Siccome il governo sarà guidato da Giorgia Meloni, è lì che si deve concentrare l’attenzione. Ma la sostanza vale anche per l’opposizione. Le democrazie non corrono rischi se vince la destra o la sinistra, ma se perde la politica.
Prima sostanza, l’Unione europea. Qui l’effetto è paradossale, perché inseguendo un maggiore peso nazionale si realizza un perdita di peso politico. Dalle questioni economiche alla revisione dei trattati, dalla reazione all’invasione dell’Ucraina al mercato del gas, l’azione di Draghi, forte dell’esperienza in Bce, ha insidiato il ruolo del tandem franco-tedesco. Complice la debolezza tedesca. Se non si abbandona subito la prosopopea propagandistica e ci si marginalizza il problema non è cosa diranno di noi, ma che smetteremo di dire ad altri come indirizzare l’Ue.
Seconda sostanza, la politica estera. Meloni ha una marcata (e benemerita) posizione atlantista, ma talora pare volere fare il verso a quella del Regno Unito, nel rapporto diretto con gli Usa. Ma l’Italia non ha quella storia e il nostro peso è mediato dal rapporto Ue-Usa. O non c’è. Senza questa nettezza si torna alle derive mediterranee e si resta sguarniti nel caos ad Est e a Sud.
Da questo punto di vista Meloni è indebolita dagli alleati, perché uno è filorusso e anti europeo, mentre l’altro si dipinge come garante d’europeismo, ma sull’Ucraina è riuscito a dire delle oscenità. Molto dipenderà dal terreno economico.
Terza sostanza, i conti, appunto. Nel corso della campagna elettorale Meloni ha (meritoriamente) tenuto il punto sullo scostamento di bilancio, ovvero sul maggiore debito. Crosetto ha già chiesto a Draghi la collaborazione sulla legge di bilancio, cosa di ottima correttezza istituzionale, opposta alla volgarità dei vincitori che s’industriano a smontare quanto fatto dai predecessori.
Certo, a chiedere collaborazione sono gli oppositori di ieri, il che racconta molto di quel che è stato. Ma il tema non è solo la legge di bilancio, che deve essere pronta in un mese, bensì la condotta successiva. Qui si deve subito abbandonare la propaganda per gonzi, che finge il problema siano i “parametri” europei.
Quelli sono solo il riflesso della realtà, nonché la base su cui poggiano le difese di cui godiamo. Sarà sufficiente osservare quel che è capitato al Regno Unito, che ha un debito ben inferiore al nostro, dopo avere annunciato il taglio delle tasse a debito (si lasci stare Thatcher, che c’entra nulla): tassi in salita e sterlina che non hanno svalutato loro, ma direttamente il mercato. Svalutazione che li rende più poveri, non più esportatori. Nel 2023 i titoli del debito italiano da emettere o rinnovare si aggirano sui 200 miliardi di euro. C’è poco da fare gli spiritosi.
Nelle democrazie gli elettori sono sovrani. Nel decidere da chi essere rappresentati, ma non sono mica sovrani sul resto del mondo. Quello è un delirio. La realtà deve essere affrontata per quello che è, non per quel che si desidera. La qualità di una classe politica (anche d’opposizione) si misura dalla capacità di trasformare i consensi in forza realistica e operativa.
Se per raccoglierli si è detto qualche sproposito, perseverare non è coerenza, ma incoscienza. Se si usano i consensi per poterne avere altri, si perdono. Come è successo nei tre casi all’inizio ricordati. L’interesse comune di un Paese è che chi governa ci riesca, che sappia essere all’altezza. Supporre il contrario, sperare di rivincere per incapacità e fallimento altrui, è la morte della politica. Che nuoce gravemente alla salute delle democrazie. Illude che basti una mano di vernice, del proprio colore. Un’illusione che cade con l’intonaco.
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Mosca: sconcerto per la liberazione dei capi del Reggimento Azov
di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 27 settembre 2022 – Proprio mentre Vladimir Putin decretava la mobilitazione generale parziale nel tentativo di rafforzare il dispositivo bellico finora dispiegato in Ucraina, tra Mosca e Kiev andava in scena il più massiccio scambio di prigionieri finora realizzato.
Lo scambio ha colto di sorpresa tutti, a partire dalle opinioni pubbliche russa e ucraina, e ha provocato malumori e polemiche a Mosca e nelle repubbliche del Donbass.
215 contro 56
Il Cremlino è riuscito a irritare sia le correnti antifasciste e di sinistra, che evidentemente avevano creduto che il proposito di “denazificare” il paese invaso giustificasse la cosiddetta “operazione militare speciale”, sia quelle di destra e ultranazionaliste, per non parlare dei settori della società russa che tolleravano la guerra pensando però che sarebbero bastati i militari di professione a combatterla.
A provocare l’ira di molti russi è stata la decisione di liberare una gran quantità di combattenti del famigerato Reggimento Azov, la milizia di estrema destra che dal 2014 massacra la popolazione del Donbass in nome di un’Ucraina derussificata e ideologicamente omogenea.
In cambio della liberazione di 108 tra dirigenti e miliziani del Reggimento Azov, arresisi il 20 maggio al termine di un lunghissimo e sanguinoso assedio all’acciaieria Azovstal di Mariupol all’interno della quale si erano asserragliati, e di altri 107 tra soldati di altri reparti, guardie di frontiera, poliziotti, marinai, doganieri, medici e civili, il Cremlino ha ottenuto la “restituzione” del miliardario Viktor Medvedchuk e di 55 tra soldati e ufficiali.
Parata del Reggimento Azov
L’oligarca amico di Putin
L’evidente sproporzione nello scambio – 215 contro 56 – dà l’idea del peso che Putin attribuisce al miliardario ed ex leader del partito “Piattaforma di Opposizione – Per la vita”, la principale formazione di minoranza nel parlamento ucraino la cui attività è stata sospesa d’autorità dal governo di Kiev perché considerato la longa manus di Mosca. Messo agli arresti domiciliari nel 2021 per tradimento e poi accusato di aver pianificato un colpo di stato per instaurare un governo filorusso a Kiev, nell’aprile scorso l’oligarca aveva tentato di fuggire in Bulgaria travestito da soldato ma era stato nuovamente arrestato.
Medvedchuk è molto vicino a Vladimir Putin: Daryna, la figlia avuta con Oksana Marchenko – celebre conduttrice della tv ucraina sposata nel 2003 – è stata battezzata a San Pietroburgo potendo contare su due padrini del calibro del presidente russo e di Svetlana Medvedeva, moglie dell’attuale primo ministro russo Dmitrji Medvedev.
Possibile, ci si chiede, che la liberazione di Medvedchuk – che tra l’altro non è neanche cittadino russo – giustifichi un colpo così grave alla retorica della “denazificazione dell’Ucraina”, che almeno nei primi mesi del conflitto ha costituito il principale obiettivo dichiarato del Cremlino, insieme alla messa in sicurezza delle comunità russofone del Donbass martoriate da 8 anni di attacchi e bombardamenti da parte di Kiev e in particolare dei battaglioni punitivi – l’Azov, l’Ajdar, il Donbass – frutto della militarizzazione delle varie organizzazioni dell’estrema destra ucraina?
Durante tutti i conflitti avvengono degli scambi di prigionieri, e quello in corso in Ucraina non fa ovviamente eccezione.
Denis Pushilin, il leader della Repubblica Popolare di Donetsk che presto verrà annessa alla Federazione Russa dopo un referendum quanto meno discutibile (in barba al diritto all’autodeterminazione dei popoli che le varie potenze, al di qua e al di là dell’ex cortina di ferro, continuano a strumentalizzare per sostenere i propri interessi) difende l’operato del Cremlino. «Con i miei occhi ho visto come durante il processo di Minsk più di 1.000 dei nostri ragazzi sono stati liberati con l’aiuto di Viktor Medvedchuk che non sarebbero sopravvissuti altrimenti» ha spiegato Pushilin, sottolineando il fecondo ruolo di negoziatore dell’oligarca, in un video pubblicato dall’agenzia di stampa RIA Novosti.
Ma quelli concessi – e in così gran numero – a Kiev non sono prigionieri qualsiasi, sono gli odiatissimi componenti del Reggimento Azov, per scovare i quali i soldati delle milizie del Donbass e dell’esercito russo facevano spogliare gli uomini in fuga da Mariupol alla ricerca di tatuaggi raffiguranti svastiche, rune e altri simboli neonazisti.
Già a fine giugno i russi avevano, in un precedente scambio di prigionieri, liberato 95 combattenti dell’Azovstal, compresi 43 membri dell’Azov.
Il magnate Viktor Mevdevchuk
Kiev canta vittoriaMa stavolta, tra quelli che hanno recuperato la libertà ci sono il capo del distaccamento della Azov a Mariupol, Denys Prokopenko, il suo vice Svyatoslav Palamar, il comandante ad interim della 36ima brigata dei Marines Serhiy Vlynskyi, il comandante della 12esima brigata della Guardia nazionale, Denys Shleha e infine il comandante della compagnia che dirigeva la difesa delle acciaierie, Oleh Khomenko.
I cinque dovranno astenersi dal partecipare al conflitto e saranno obbligati a risiedere in Turchia “fino alla fine della guerra”, recita l’accordo mediato da Recep Tayyip Erdogan, ma la vittoria simbolica ottenuta dal presidente ucraino Zelenskyi è consistente e si somma ai risultati della controffensiva di Kiev che ha strappato a Mosca migliaia di chilometri di territori occupati.
L’ex comandante del Reggimento Azov e leader del partito di estrema destra “Corpo Nazionale”, che di fatto è un’emanazione dell’unità militare, Andrey Biletsky, sui social ha rivendicato la vittoria: «Ho appena parlato al telefono con Radish, Kalina, tutti hanno uno spirito combattivo e sono persino desiderosi di combattere. Un’altra conferma che Azov è di acciaio. Adesso i ragazzi sono già liberi, ma in un Paese terzo. Rimarranno lì per un po’, ma la cosa principale è già accaduta: sono liberi e vivi».
In libertà anche dieci mercenari stranieri
Come se non bastasse, lo scambio ha portato anche alla liberazione di dieci combattenti stranieri inquadrati nelle forze ucraine: cinque britannici, due statunitensi, un marocchino, un croato e uno svedese. Grazie alla mediazione del principe saudita Mohammed bin Salman, i mercenari sono stati trasferiti a Riad e da qui rimpatriati nei paesi d’origine.
Fra i cinque britannici rilasciati anche Aiden Aslin, catturato a Mariupol ad aprile, e Shaun Pinner; entrambi, insieme al marocchino Brahim Saadoun, erano stati già condannati a morte a giugno da un tribunale della Repubblica Popolare di Donetsk. Ancora all’inizio della settimana scorsa Denis Pushilin aveva avvisato che la fucilazione dei condannati alla pena capitale, per l’applicazione della quale si era personalmente speso, sarebbe stata imminente ma segreta. Segno che Pushilin era probabilmente all’oscuro della trattativa e dell’imminente liberazione dei mercenari che pure erano sotto la sua custodia; le decisioni importanti, non è un mistero, si prendono a Mosca.
Le critiche al Cremlino
E così, mentre in Ucraina si festeggia, sui canali telegram russi e persino su alcuni media ufficiali le critiche e le accuse nei confronti del Cremlino emergono apertamente da parte di chi ha visto improvvisamente sfumare la Norimberga promessa da Putin a carico dell’estrema destra ucraina, che le autorità di Mosca hanno inserito nell’elenco delle organizzazioni terroristiche e che accusano di aver organizzato l’attentato costato la vita alla figlia di Alexander Dugin, ideologo dello sciovinismo grande-russo.
Tra i più duri il leader ceceno Ramzan Kadyrov – i suoi miliziani hanno dato un contributo fondamentale alla presa di Mariupol e all’assedio dell’Azovstal – secondo il quale «i criminali terroristi non dovrebbero essere scambiati con i soldati». D’ora in poi, ha avvisato Kadyrov dopo aver espresso il suo malumore per non essere stato consultato sullo scambio, le sue milizie «trarranno le proprio conclusioni e non faranno prigionieri i fascisti».
Igor Girkin “Strelkov”, una delle voci più influenti dell’ultranazionalismo russo e tra i primi leader delle repubbliche autoproclamate del Donbass (prima di essere messo da parte da Mosca) ha parlato di «fallimento totale», di una iniziativa «più grave di un crimine, peggiore di un errore, una grande stupidaggine».
Margarita Simonovna Simonyan, direttrice del canale russo d’informazione RT, si è lamentata della mancanza di cerimonie per il ritorno in patria dei prigionieri russi: «Perché i comandanti dell’Azov sono stati liberati? Spero che ne sia valsa la pena» ha scritto sul suo canale Telegram.
«Peggiore della liberazione di nazisti e mercenari può essere solo la nomina di Medvedchuk a qualche incarico nelle Repubbliche di Donetsk e Lugansk o nei territori liberati» ha invece commentato Alexander Diukov, storico e membro della Commissione Presidenziale russa sulle relazioni interetniche.
Il leader ceceno Kadyrov
Il ruolo di Abramovich, di Erdogan e di bin Salman
Ha generato inquietudine, in Russia, anche il ruolo di un altro oligarca, questa volta russo, Roman Abramovich, che si è personalmente speso per la liberazione dei dieci foreign fighters, e in particolare di quelli britannici. Secondo alcune indiscrezioni circolate nei giorni successivi allo scambio, Abramovich era addirittura sull’aereo che li ha trasportati in Arabia Saudita.
Sul fronte internazionale, poi, emerge la competizione tra Erdogan e bin Salman nel ruolo di pontieri tra Russia e Ucraina. Il leader turco ha saputo, dopo mesi di stallo nelle trattative tra Kiev e Mosca, ottenere un nuovo successo personale dopo aver negoziato a luglio lo sblocco delle navi cariche di grano ancorate nei porti dell’Ucraina meridionale. La vicenda dello scambio ha però visto anche l’emergere dell’Arabia Saudita come mediatore credibile tra i due contendenti. – Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e del Nord Africa. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale.
La vittoria di Giorgia Meloni entusiasma l’intera destra neofascista europea
della redazione
Pagine Esteri, 26 settembre 2022 – Esulta la destra in Europa, non solo quella estrema, per la vittoria straripante di Giorgia Meloni e del suo partito alle legislative italiane. Solo Benito Mussolini e il partito fascista, al quale, senza poterlo affermare pubblicamente, si richiama Fratelli d’Italia, era riuscito cento anni fa ad infondere tanto entusiasmo nella destra del Vecchio Continente. Gli applausi più scroscianti arrivano dalla Francia. Secondo Jordan Bardella, tra i principali dirigenti del Ressemblement National, il partito di Marine Le Pen, “Gli italiani hanno dato una lezione di umiltà all’Ue” di fronte alle presunte minacce della Presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen. “Nessuna minaccia – scrive Bardella in un tweet – può fermare la democrazia: i popoli europei alzano la testa e stanno prendendo in mano il loro destino!”.
Felice anche Eric Zemmour, ex giornalista di Le Figaro e leader del partito nazionalista francese Reconquete: “Dalla Svezia all’Italia stiamo vivendo la seconda coalizione di destra vittoriosa in Europa il cui cemento è la questione di identità. Rivolgo tutte le mie congratulazioni alla signora Meloni ed esprimo la mia gioia per il popolo italiano. Un popolo orgoglioso e libero che si rifiuta di morire”. Secondo Zemmour la vittoria della Meloni sarà di buon auspicio per le ambizioni del suo partito e della destra estrema francese.
Sulla stessa linea Vox, il partito neofascista spagnolo al quale Giorgia Meloni ha fatto spesso gli auguri e i complimenti. “Milioni di europei ripongono le loro speranze sull’Italia. Giorgia Meloni ha indicato la strada per un’Europa orgogliosa, libera e di nazioni sovrane, capaci di cooperare per la sicurezza e la prosperità”, ha scritto su Twitter il leader di Vox, Santiago Abascal. Altrettanto entusiasta Afd, partito della destra estrema tedesca con simpatie per il passato nazista. “Congratulazioni all’intera alleanza di centrodestra – scrive sui social Beatrix von Storch, vice leader di Afd. “Insieme agli amici Matteo Salvini e Giorgia Meloni – aggiunge – si può costruire un forte governo di destra. Svezia al nord, Italia al sud: i governi di sinistra sono quelli di ieri”.
Da segnalare la felicità espressa del premier polacco, un ultraconservatore, Mateusz Morawiecki – “Congratulazioni Giorgia Meloni!” – e l’applauso dei neofascisti ungheresi alla leader di Fratelli d’Italia e ai suoi compagni di coalizione. “Complimenti Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Silvio Berlusconi. In questi tempi difficili, abbiamo bisogno più che mai di amici che condividano una visione e un approccio comune alle sfide dell’Europa”, esorta su Twitter Balazs Orban, consigliere del leader ungherese Viktor Orban, il riferimento più importante per l’attuazione di politiche neofasciste e razziste in Europa. Pagine Esteri
PODCAST. Russia-Ucraina, la guerra si allarga. Biden e la Nato danno altre armi a Zelensky, Putin richiama 300mila riservisti
di Michele Giorgio –
Pagine Esteri, 22 settembre 2022 – Con il suo ultimo discorso Vladimir Putin ha aperto una nuova fase della guerra cominciata a fine febbraio con l’attacco delle sue truppe all’Ucraina.
Non è passato inosservato il suo riferimento alle armi nucleari: “Per difenderci useremo tutti i mezzi a nostra disposizione”. Dall’altra parte il presidente Usa Biden continua a rifornire Kiev di armi nell’intento, evidente sin dall’inizio, di combattere una guerra americana alla Russia attraverso le truppe ucraine.
Nessuno spiraglio diplomatico in vista.
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ARCHEOLOGIA. Gerusalemme. Al Santo Sepolcro riemerge storia millenaria
di Nello del Gatto*
Pagine Esteri, 28 settembre, 2022 – Inaugurati lo scorso 14 marzo alla presenza delle comunità religiose cristiane, responsabili dello Status Quo del Santo Sepolcro, procedono i lavori di restauro del pavimento della Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Rappresentano la continuazione di quelli realizzati all’edicola della Tomba di Cristo circa sei anni fa a guida del Patriarcato Greco-Ortodosso in nome delle altre confessioni cristiane. Quegli attuali, sono gestiti dalla Custodia di Terra Santa, la speciale provincia francescana che rappresenta la chiesa latina, coordinata nel progetto dall’architetto palestinese Osama Hamdan e dall’archeologa dell’Associazione ProTerra Sancta Carla Benelli. La Custodia si sta avvalendo della cooperazione di un gruppo di esperti dell’Università La Sapienza di Roma. “Abbiamo iniziato dalla Rotonda – ha spiegato il direttore del Dipartimento di Scienze dell’Antichità, Giorgio Piras – la parte più importante della Basilica, dove si trova l’edicola che secondo la tradizione è costruita sul luogo esatto della sepoltura di Cristo. Sono già emerse tracce di fasi molto antiche: sono stati rinvenuti resti delle fondazioni e dei muri della Basilica costantiniana, e abbiamo scoperto che chi l’ha edificata nel IV secolo ha prima livellato il terreno con pietre di risulta. Sono emersi frammenti di ceramica e di decorazioni risalenti presumibilmente alla stessa epoca. In seguito, dateremo i reperti pezzo per pezzo, perché i romani utilizzavano spesso materiale di risulta per costruire e questo potrebbe riservare qualche sorpresa”.
Il progetto, che prevede opere di restauro o sostituzione delle piastrelle danneggiate del pavimento nella parte nord della rotonda e scavi della sua area sotterranea, sotto i sette archi e davanti alla Sacra Edicola, dovrebbe essere completato, secondo il programma, entro ventisei mesi ed è finanziato da sponsor e anche da singoli donatori.
La superficie è stata suddivisa in dodici parti e il cantiere procede a blocchi di 100 metri quadrati per volta per non ostacolare le funzioni religiose delle tre comunità e le visite dei pellegrini “La cooperazione tra le tre comunità è la cosa più importante di questo progetto – ha affermato padre Francesco Patton, Custode di Terra Santa – mostra al mondo intero che è possibile tra cristiani di diverse Chiese e comunità avere un rapporto fraterno e collaborare”.
Il team della Sapienza ha scoperto strati rocciosi della cava di pietra utilizzata per la costruzione originaria della Chiesa. Questi strati, secondo Francesca Romana Stasolla, direttrice dei lavori del sito “hanno differenze di altezza causate da tagli profondi e irregolari, che scendono anche molto in profondità, come si vede in altre aree della basilica. L’operato del cantiere costantiniano – ha aggiunto la Stasolla – aveva come esigenza primaria quella di colmare tali dislivelli per creare un piano unitario ed omogeneo per la realizzazione delle strutture della chiesa e dei suoi annessi. È stato fatto con riempimenti progressivi, utilizzando strati di terreno per drenare l’acqua e livellare le zone più profonde”. Nella rotonda, gli archeologi hanno poi anche portato alla luce un tunnel che era stato in parte già scavato in precedenti ricerche, che si ritiene sia fondamentale per capire e spiegare l’intero sistema di deflusso dell’acqua dell’edificio.
Da maggio gli archeologi stanno scavando 24 ore su 24 nel sito. “Il lavoro si svolge a ciclo continuo, giorno e notte, e la lavorazione dei materiali prodotti avviene in tempo reale tra Gerusalemme e Roma, dove lavora il resto del team”, ha concluso la Satolla. I primi mesi di lavoro sono stati tra l’altro caratterizzati da una importante scoperta archeologica. I ricercatori, scavando nella chiesa del Santo Sepolcro, hanno infatti riscoperto la sezione principale dell’altare maggiore medievale che si trovava all’apice della chiesa dell’era crociata. Si tratta di una lastra di pietra di 2,5 x 1,5 metri. Poche settimane fa, durante un sopralluogo volto appunto a verificare l’andamento e lo svolgimento dei lavori, gli esperti hanno spiegato nel dettaglio i loro metodi di lavoro; in particolare sono state mostrati campioni di lastre vecchie e lastre nuove, che saranno installate in sostituzione delle lastre danneggiate, evidenziando come la sostituzione tiene conto dello spessore delle lastre, del loro colore etc. Sono state anche spiegate le modalità di assemblaggio.
“Gerusalemme e la stessa Basilica del Santo Sepolcro – ha dichiarato ancora Piras – sono nodi di complesse tensioni politico-religiose. È una situazione che può generare stress, specie nei più giovani: dottorandi, assegnisti e studenti poco più che ventenni con cui condividiamo questa esperienza straordinaria. Ecco perché nel team ci sono persino alcuni psicologi. Il grosso del team in realtà è però composto da archeologi del Dipartimento di Scienze dell’Antichità, affiancati da tecnici di geologia e ingegneri statici. Il restauro delle pietre del pavimento, invece, sarà realizzato dalla Venaria Reale di Torino con criteri rigorosamente conservativi: le pietre non più utilizzabili saranno sostituite con materiale locale”. Pagine Esteri
*Nello del Gatto è corrispondente estero, autore e conduttore per Radio 3 Rai. Dopo aver lavorato come giornalista di nera e giudiziaria si è dedicato agli esteri, occupandosi di diritti civili. Ha trascorsi sei anni in India come corrispondente dell’ANSA e successivamente a Shanghai con lo stesso ruolo. Dal 2019 è a Gerusalemme.
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94 i migranti libanesi, siriani e palestinesi morti nel naufragio davanti Tartous.
della redazione con notizie di agenzie
(foto-fermo immagine da un video su Twitter)
Pagine Esteri, 23 settembre 2022 – Sale con il passare delle ore il bilancio di vittime della nave di migranti libanesi, siriani e palestinesi che si è capovolta vicino alla città costiera siriana di Tartous. Le ultime notizie riferiscono di almeno 94 morti e la Siria ha confermato che ci sono 20 sopravvissuti in cura all’ospedale di Tartous. Si tratta della più grave tragedia della migrazione libanese. Lo scorso aprile una trentina di migranti morirono in un naufragio causato dalla guardia costiera del paese dei cedri.
L’imbarcazione aveva lasciato la regione settentrionale libanese di Minyeh con a bordo tra 120 e 150 persone, tra i quali più di 40 bambini, nessuno dei quali è sopravvissuto ha comunicato il ministro dei trasporti libanese Ali Hamiye. Il direttore generale dei porti siriani, Samer Qubrusli, ha aggiunto che le operazioni di ricerca sono ancora in corso nonostante le cattive condizioni del mare a causa di forti venti. Da segnalare che Cipro aveva mobilitato squadre di ricerca lunedì e martedì scorsi quando nel giro di poche ore due navi che trasportavano migranti dal Libano avevano lanciato segnali di soccorso: 300 migranti erano in una imbarcazione, 177 nell’altra. In quei casi, tutti quelli a bordo sono stati salvati.
La giornalista di Al Jazeera, Zeina Khodr, ha fatto visita a una delle famiglie dei dispersi. Una donna le ha spiegato che suo padre intendeva andare in Europa a causa dell’attuale grave crisi economica che affligge il Libano e che ha impoverito gran parte della popolazione. Secondo un rapporto pubblicato dalle Nazioni Unite nel settembre 2021, tre quarti della popolazione libanese vive al di sotto della soglia di povertà.
Decine di persone sulla barca provenivano dal campo per rifugiati palestinesi di Nahr al-Bared vicino a Tripoli, ha detto all’agenzia Reuters Mahmoud Abu Heid, un residente del campo. Le condizioni di vita già difficili per i profughi palestinesi sono peggiorate a causa della crisi economica che ha devastato il Libano negli ultimi tre anni.
Negli ultimi mesi migliaia di persone – per lo più libanesi, siriani e palestinesi – hanno lasciato il paese dei cedri su zattere nel tentativo di trovare un lavoro e migliori opportunità nei paesi europei. Il numero di persone che hanno lasciato o tentato di lasciare il Libano via mare è quasi raddoppiato nel 2021 rispetto al 2020 ed è aumentato di oltre il 70% nel 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, riferisce l’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. Pagine Esteri
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LIBANO. Sali Hafiz, la Robin Hood dei risparmiatori traditi dallo Stato
della redazione
Pagine Esteri, 23 settembre 2022 – In fuga dalle autorità dopo aver costretto una banca a darle i risparmi di famiglia sotto la minaccia delle armi per curare la sorella malata di cancro, l’architetta libanese di 28 anni Sali Hafiz ripete che non è lei la criminale ma lo Stato. “Siamo nel paese delle mafie. Se non sei un lupo, i lupi ti mangeranno”, ha detto all’agenzia di stampa Reuters, parlando da una strada di campagna nella valle della Bekaa dove si nasconde da giorni.
La scorsa settimana Hafiz è entrata in una filiale di Beirut della Blom Bank e ha prelevato con la forza circa 13.000 dollari dal conto di sua sorella che erano stati congelati per decisione delle banche commerciali nel 2019, un provvedimento mai legalizzato dal Parlamento.
Il filmato dell’incidente, in cui Hafiz impugna quella che in seguito si è rivelata una pistola giocattolo, in piedi su una scrivania, che ordina ai dipendenti di consegnarle mazzette di dollari, l’ha trasformata in una eroina molto in un paese dove centinaia di migliaia di persone non hanno più accesso ai loro risparmi.
“Forse mi vedono così perché sono stata la prima donna a fare questo una cosa del genere in una società patriarcale in cui la voce di una donna non dovrebbe neanche essere ascoltata”, ha spiegato Hafiz, aggiungendo che non aveva intenzione di fare del male a nessuno ma era stanca dell’inazione del governo. “Sono tutti in combutta per rubarci e lasciarci morire lentamente”, ha commentato.
La giovane “rapinatrice” ha deciso di agire quando sua sorella ha iniziato a perdere la speranza di permettersi cure costose per ritrovare la mobilità e il linguaggio alterato dal tumore e la banca ha rifiutato di rendere disponibili i suoi risparmi.
La Blom Bank sostiene che la sua filiale avrebbe soddisfatto la richiesta di fondi presentata da Hafiz, ma ha chiesto, come fa con tutti i clienti, di presentare la documentazione necessaria per le eccezioni umanitarie. La giovane è tornata due giorni dopo con la pistola giocattolo dei suoi nipoti e una piccola quantità di carburante che ha mescolato con acqua e versato su un impiegato della banca. Prima della sua incursione, ha guardato la serie egiziana Irhab w Kabab (“Terrorista e Kabab”) in cui un uomo frustrato dalla corruzione del governo si impossessa di un edificio statale e chiede kebab per gli ostaggi a causa del prezzo elevato della carne.
Grazie alla sua rapina, Hafiz è riuscita a ottenere 13.000 dollari su un totale di 20.000 – sufficienti per coprire le spese di viaggio per sua sorella e circa un mese di cure – e si è premurata di firmare una ricevuta in modo da non essere accusata di furto. Per garantirsi una possibilità di fuga, ha scritto su Facebook di trovarsi in aeroporto sul punto di partire per Istanbul. Ha quindi indossato un velo e una vestaglia con sotto un fagotto di vestiti sulla pancia per sembrare incinta. “Sono scesa al piano di sotto davanti a tutti, tipo 60 o 70 persone…che mi auguravano buona fortuna per il parto. Sembrava un film”, ha riferito la donna.
Due degli amici di Hafiz con lei durante la rapina sono stati arrestati dopo l’incidente con l’accusa di aver minacciato i dipendenti della banca e averli trattenuti contro la loro volontà. Poi i giudici hanno disposto il loro rilascio su cauzione. Hafiz ha detto che si consegnerà all’autorità una volta che i giudici metteranno fine al loro sciopero che ha rallentato le procedure legali e lasciato i detenuti in attesa di giudizio a languire in prigione.
Tanti libanesi stanno prendendo in mano la situazione, esasperati da una crisi finanziaria che dura da tre anni e che le autorità hanno lasciato aggravare. La scorsa settimana il gesto di Hafiz e di altri sette rapinatori/risparmiatori, ha spinto le banche a chiudere a tempo indeterminato i battenti adducendo problemi di sicurezza e chiedendo protezione da parte del governo. Un passo duramente contestato dalla popolazione che ha manifestato in più occasioni, a Beirut e in altre città. George Haj del sindacato dei bancari afferma che la rabbia dei risparmiatori dovrebbe essere rivolta contro lo Stato libanese, il principale responsabile di una crisi che, peraltro, ha causato la perdita del posto di lavoro di circa 6.000 dipendenti delle banche. Da parte loro le autorità condannano le rapine e assicurano che presto presenteranno un piano di sicurezza per le banche.
Ben diversa è il quadro della situazione che fanno i risparmiatori. Affermano che banchieri e azionisti si sono arricchiti prestando al governo il denaro dei correntisti con interessi elevati. Inoltre, i governi che si sono succeduti dal 2019 ad oggi hanno dato la priorità alla salvezza delle banche e non alle riforme richieste dal Fondo monetario internazionale per garantire al Libano 3 miliardi di dollari nel 2022. Pagine Esteri
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Nell’appuntamento di oggi con la nostra rubrica approfondiremo un altro degli investimenti del #PNRR, quello dedicato alla costruzione di 213 nuove scuole.
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