Masochismo
Si stia attenti a non danneggiarci da soli. Il masochismo può essere affascinante se un soggetto singolo gode con il dolore e la sottomissione. È escluso che sia una vocazione collettiva. I fatti prevalgano sulle chiacchiere, che cercando scuse sembrano scontare fallimenti: non ci sono ritardi italiani negli adempimenti previsti dal Pnrr. Non è un’opinione, ma un fatto, visto che già due controlli sono stati superati e i relativi soldi incassati.
Il governo in carica sostiene che non ci siano ritardi neanche per il prossimo controllo, che è stato fatto quanto dovuto e quel che resta da fare è programmato per le prossime settimane. Su questo si possono avere opinioni diverse, ma i denunciatori di inadempimenti sarebbero fessi più che masochisti.
Primo, perché la gran parte delle forze politiche presenti in Parlamento sono non solo parte della vecchia maggioranza, ma hanno ministri all’interno del governo, sicché sostenerne l’incapacità e la scorrettezza è come denunciarsi corresponsabili. Secondo, perché il partito che guiderà il prossimo governo è stato all’opposizione e non può essere chiamato alla corresponsabilità, ma ove sostenesse che l’Italia sta mancando ai propri doveri non farebbe che affondare sé stesso e il governo che deve ancora nascere. Più che masochismo sarebbe autodistruzione.
Non prendiamoci in giro e veniamo al dunque: i vincitori delle elezioni hanno sostenuto che il Pnrr dovesse essere rivisto e si sono opposti ad alcune delle riforme in quello previste; nel corso della campagna elettorale e nei giorni successivi al voto gli oppositori di ieri hanno adottato un encomiabile approccio in continuità; la sfida, per loro, consiste nel tradurre in realismo di governo quel che dissero per raccogliere consensi. Partire affermando che la colpa è degli altri è come ammettere di avere raccontato balle.
L’agenzia Fitch ha corretto e peggiorato il suo giudizio sul debito del Regno Unito, portando a negativa la previsione. Sono bastati gli svarioni governativi, ideologizzati e privi di senso della realtà, per metterli nei guai. Il giudizio di Moody’s, altra agenzia, sul debito italiano era già negativo, perché ci troviamo a un gradino dalla spazzatura.
Lo è rimasto anche durante il governo Draghi (perché riguarda il debito, non la simpatia). Ora fa sapere che l’eventuale abbandono delle riforme (le riforme, mica solo le spese, come qui avvertimmo) previste dal Pnrr porterebbe a un declassamento. Vale a dire nel bidone della spazzatura. Questa è la posta in gioco. Per noi altissima.
I governi si giudicano dai fatti e quello Meloni non è ancora nato, sicché bocciarlo o promuoverlo oggi sarebbe non un giudizio, ma un pregiudizio. Ma tocca a chi governerà spiegare se intenderà, sul terreno delle riforme come ha già positivamente fatto su quello della politica estera e dello scostamento di bilancio, agire in continuità con il governo esistente o con i propri slogan d’opposizione. In ogni caso avrà agito legittimamente, ma altrettanto legittimamente gli operatori di mercato trarranno le loro conclusioni.
Per l’Italia sono preziosi non solo i soldi, ma anche i cambiamenti che il Pnrr prevede. Perderne anche una sola parte significa affossare un’occasione storica. Continuare quel lavoro significa rendere un servizio al Paese, ma anche allontanarsi da diverse delle cose che si dissero, compresa la necessaria ratifica del Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Tanto più quando si lambisce la spazzatura.
Il pericolo non è che si torni a distribuire olio di ricino, ma che se ne ottengano gli effetti senza sorbirlo. L’interesse dell’Italia è che il governo Meloni riesca ad essere governo e non riscatto identitario di una fu minoranza. Taluni camerati di ieri grideranno al tradimento, noi considereremmo appropriato il richiamato patriottismo. Il masochismo no, può piacere a uno, auguri, ma non all’Italia intera.
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Si fa presto a dire OPEC. Una storia da conoscere
I «collegamenti inestricabili tra l'OPEC e gli Stati Uniti», e per estensione l'Occidente, come «i solidi legami economici e geopolitici tra i due confermino che le due parti sono sposate in un matrimonio indissolubile a lungo termine». Il perchè dei prezzi, i meccanismi che regolano il funzionamento e il rapporto con l'Occidente
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NATO: la priorità dell’Ucraina dovrebbe essere quella delle armi, non dell’adesione accelerata
A seguito della falsa annessione del 30 settembre da parte del Presidente russo Vladimir Putin di quattro regioni ucraine parzialmente occupate, il Presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha ufficialmente chiesto l’adesione accelerata alla NATO. Il desiderio del leader ucraino è comprensibile, ma il suo tempismo è discutibile. Zelenskyy dovrebbe invece continuare a fare pressioni sui membri […]
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Ucraina: la Slovacchia vuole che la Russia vinca
Nonostante l'acceso dibattito sulla metodologia utilizzata nell'indagine, gli esperti non sono scioccati dal sondaggio secondo il quale molti slovacchi desiderano la vittoria russa in Ucraina
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Fallimento M5s, il Reddito di cittadinanza ha distrutto il valore del lavoro
Il fallimento dell’impostazione del Reddito di Cittadinanza è nei numeri
Meno del 2% dei beneficiari, infatti, ha avuto un primo contratto di lavoro. Un’inezia se paragonata agli alti costi sostenuti ogni anno per finanziare la misura, 6 miliardi di euro, la cui ideazione è stata concepita intorno a due capisaldi del pensiero politico del Movimento Cinque Stelle: le politiche distributive a sostegno dei bonus (tema sul quale hanno trovato anche la convergenza del Pd durante la fase di governo giallo-rossa) e la demonizzazione del privato, incarnata in questo caso dalla scelta sbagliata di escludere dall’intermediazione le Agenzie per il Lavoro.
Che questa impostazione del Reddito avrebbe ottenuto risultati fallimentari, per usare un eufemismo, era fin troppo chiaro dalla sua impostazione generale, che affidava un ruolo significativo a strutture burocratiche come i Centri per l’Impiego, il cui contributo per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro in Italia raggiunge un modesto 4%.
Anche i navigator, il cui compito era quello di aiutare i beneficiari del Reddito a trovare un’occupazione, hanno fallito nel loro obiettivo perché spesso si è trattato di figure professionali orientate alla conoscenza della psicologia del lavoro, ma con scarsa attitudine e frequentazione del mercato, delle imprese e del sistema industriale. Il fallimento della misura, inoltre, è nell’evidente cambiamento di prospettiva e di percezione che lo stesso Conte ha provato a dare del Reddito durante la campagna elettorale. Il Reddito è servito per sostenere gli indigenti, si è detto, ed ha svolto un ruolo significativo come strumento di calmieratore sociale.
Il Reddito, insomma, per stessa ammissione di chi l’ha immaginato, non ha creato occupazione, ma ha svolto un diverso ruolo sociale, che oggi però il Paese non può più sostenere. Almeno con queste dimensioni perché, se da una parte il sostegno agli indigenti deve continuare a essere una priorità sociale del nuovo Governo, non si possono però più depauperare risorse dello Stato che non qualificano il capitale umano.
Non solo sotto il profilo delle competenze, ma anche da un punto di vista culturale, perché il danno maggiore, più profondo e subdolo che ha prodotto l’impostazione del Reddito di Cittadinanza voluta dal Movimento Cinque Stelle, è la distruzione del valore del lavoro come strumento e mezzo di riscatto e di emancipazione sociale, regalando ai nostri figli l’ennesimo alibi del lavoro che non si trova.
In Italia 2 milioni di ragazzi dai 15 ai 24 anni hanno scelto di non studiare e neppure provano a cercare un lavoro. L’emigrazione dei cervelli, la crisi economica e oggi il Reddito di Cittadinanza, sono diventati un ulteriore alibi per continuare a proteggere i nostri figli, destinandoli così alla paralisi e all’emarginazione.
Stefano Cianciotta su Il Tempo
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Ponte sullo Stretto: il mostro è riemerso in campagna elettorale (RETTIFICA)
RETTIFICA ALL’ARTICOLO PUBBLICATO IL 19 SETTEMBRE 2022
Nel prendere atto della missiva del legale del dott. Fortunato Vincenzo, da me citato nell’articolo sul Ponte sullo Stretto pubblicato da Pagine Ester il 19 settembre 2022, esprimo il mio sincero rammarico per quanto contestatomi. Tengo a sottolineare che nell’articolo il dottor Fortunato non è oggetto di alcun commento diffamatorio ma gli viene solo erroneamente attribuito l’incarico di “commissario liquidatore” della Società Stretto di Messina, incarico pubblico-governativo. Mi duole tantissimo di essere incorso in uno spiacevole caso di omonimia ma è del tutto evidente che non esisteva né esiste da parte mia alcun intento di denigrare né la figura del dottor Fortunato, né tanto meno quella del dottor Fortunato commissario liquidatore.
Ho provveduto ad eliminare dall’articolo sopracitato il riferimento agli incarichi del professionista erroneamente citato e ho accolto la richiesta di rettifica.
Ringraziando per l’attenzione
Antonio Mazzeo
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Borsa: canapa, chiusura negativa per Canada e USA
Le due principali piazze borsistiche mondiali nel settore della produzione, trattamento e commercializzazione della canapa, ovvero Canada e USA, questa settimana chiudono entrambe al ribasso. Una vera e propria altalena nelle ultime settimane di settembre ed in questa di apertura di ottobre 2022. I motivi permangono e sono grandemente correlati con l’andamento prolungato della guerra […]
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USA: fondi governativi in prodotti di canapa per combattere il cambiamento climatico
Il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha reso noto l’elenco dei 3,5 miliardi di dollari di sovvenzioni per i prodotti di base “Climate Smart Commodities“, tra i quali figurano due importanti progetti sulla canapa, uno dei quali è incentrato sulla canapa “intelligente” ovvero la cattura selezionata del carbonio, secondo quanto riportato da Lancaster Farming. Il […]
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LIBRI. “Rifqa” ci accompagna nella realtà palestinese
di Rania Hammad –
Pagine Esteri, 7 ottobre 2022 – Il noto attivista, giornalista e poeta Mohammed El-Kurd, ospite in Italia al Festival di Internazionale a Ferrara e in tour in Italia, ha presentato il suo libro esordiente “Rifqa” alla “Libreria Giufa’ Caffè” nel quartiere romano di San Lorenzo dove è stato accolto con grande entusiasmo da un vasto pubblico insieme alla giornalista italiana Paola Caridi.
Il suo libro, in vetta alle classifiche Amazon in Medioriente, è stato appena pubblicato dalla Fandango in italiano con la traduzione di Emanuele Bero.
Mohammed El-Kurd è corrispondente dalla Palestina occupata per The Nation ed è stato inserito dal Time, insieme a sua sorella Muna El-Kurd, nella lista delle 100 persone più influenti del 2021, perché ha fornito uno sguardo autentico e incisivo sulla vita sotto occupazione israeliana a Gerusalemme Est e sul suo quartiere Sheikh Jarrah, al centro di una campagna di pulizia etnica, espansione illegale di insediamenti e demolizione di case di palestinesi.
Mohammed El-Kurd ha contribuito attraverso il suo attivismo sulle piattaforme dei social media al cambiamento della retorica riguardo al conflitto israelo-palestinese, esponendo in maniera nuova ed efficace, attenta e scrupolosa, la quotidianità della vita sotto occupazione militare israeliana in Palestina.
Perché il titolo Rifqa?
Rifqa è una parola che vuol dire accompagnare qualcuno, accompagnarlo nel suo viaggio, è il nome di mia nonna, morta a 103 anni e che ha subito e visto una Nakba dietro l’altra. Se fosse stata viva ora, ne avrebbe vista un’altra ancora. La Nakba è l’espulsione dei palestinesi, è una tragedia in corso, ed è una tragedia ad opera d’uomo. Questo libro è un tributo a mia mamma, mia nonna, le mie zie, alle donne e alle persone che mi hanno insegnato cosa vuol dire la resistenza. C’è una frase che viene usata spesso, anche da me purtroppo, perché sono un giornalista, ed è, “donne e bambini”, donne e bambini uccisi e donne e bambini feriti, non è una bella frase questa e per due motivi. Non è bella perché fa pensare che gli uomini palestinesi non abbiano importanza, che siano combattenti o passanti non sono importanti, mentre invece sono importanti, importa, perché nessuno dovrebbe morire. Il secondo motivo è che toglie alle donne la loro agenzia, le infantilizza, toglie alle donne la possibilità di essere resistenti e combattenti per la libertà. Storicamente le donne palestinesi sono sempre state in prima linea, come quando è stato assassinato Nizar Banat, le donne erano alle manifestazioni e venivano aggredite dalla polizia dell’Autorità palestinese. Le donne c’erano. La realtà è che ci sono tutti questi segmenti, e che tutti i segmenti della società palestinese subiscono gli effetti della misogina, il sessismo, la povertà, e il capitalismo. Quindi volevo scrivere un libro che dimostrasse che tutti i segmenti della società palestinese sono importanti.
Sheikh Jarrah è solo uno dei quartieri e luoghi in cui il diritto alla città viene negato per i palestinesi, ma cosa rende Sheihk Jarrah speciale?
Ciò che rende Sheihk Jarrah speciale non è solo che è centrale alla città di Gerusalemme, ma che per gli ultimi 49 anni è stato il microcosmo del colonialismo di insediamento in Palestina. La Nakba, l’espulsione forzata dei palestinesi non è solo una storia che mia nonna mi ha raccontato di un qualcosa che è avvenuto molto molto tempo fa, ma una realtà che io, mio padre, i miei fratelli e i nostri vicini, i nostri cari e compagni di classe, viviamo nei nostri cortili, nelle nostre strade, nei nostri quartieri. Vediamo gruppi e gruppi di coloni israeliani, molti dei quali vengono da Brooklyn, New York che arrivano e rivendicano la nostra terra dicendo che gli appartiene per decreto divino e dicendoci che solo perché appartengono a una certa religione, e per i loro credi di migliaia di anni fa, la città dove io, mio padre, mia nonna e la nonna di mia nonna sono nati, non è più la nostra.
Sheikh Jarrah è speciale anche se non è un caso speciale, è uno dei tanti quartieri sotto minaccia dalle espulsioni forzate e pulizia etnica, penso a Silwan e Masafer Yatta, a tante altre comunità che stanno subendo le stesse cose, ma Sheikh Jarrah è una delle comunità che ha rifiutato la pulizia etnica, lo ha fatto usando i termini giusti, chiamando queste azioni con i loro nomi, perché c’è una specie di sanificazione del linguaggio, chiamiamo questi atti, sfratti, come se non avessimo pagato l’affitto, come se ci fosse qualche altro proprietario, mentre in realtà sono solo espulsioni.
È incredibile, come un solo quartiere, con il sostegno di centinaia di migliaia nelle strade, è capace di reclamare il suo diritto alla cittadinanza per dire che nonostante le leggi, le corti, i giudici, l’esercito, i coloni stessi, e le pistole, noi non ci muoviamo da qui. E questo è qualcosa che non ha bisogno di poesia per essere catturato e raccontato, è già poetico in sé.
Sei riconosciuto e stimato a livello internazionale e sei ormai un giornalista apprezzato, hai incontrato per caso delle sfide o delle difficoltà?
Molti a livello di censura, e poi spesso mi sento tirare in direzioni opposte dagli altri, e poi c’è la sfida della responsabilità di parlare per tutta una nazione. Questo mi crea qualche problema, perché da una parte siamo poco rappresentati e quindi chiunque abbia un minimo di visibilità deve per forza delle cose acquisire una educazione politica e deve parlare, e deve poter parlare per la nazione. Ma allo stesso tempo, credo che gli artisti e gli scrittori, debbano avere libertà di espressione, dovrebbero avere la possibilità di esprimere differenze di opinione, e che non rispecchiano necessariamente le espressioni del pubblico. Queste sono alcune delle sfide a cui penso costantemente. Detto ciò, penso che qualunque sfida o difficoltà io riscontri negli Stati Uniti o in Europa non sono nulla di fronte a ciò che i palestinesi subiscono sul terreno, e non lo dico cosi per essere umile, ma perché mi aiuta a ricordarmi che nonostante le difficolta che incontro, è sempre una fortuna per me avere accesso e privilegio e poter parlare in questi forum.
Che differenze ci sono tra il tuo attivismo in Palestina e quello che porti avanti in Nord America o in Europa?
In Palestina non ci serve parlare di ciò che tutti viviamo e sappiamo, chi vive vicino al checkpoint di Qalandiya ad esempio pratica un attivismo che collega le lotte sociali a quelle politiche, si lotta per stabilire il sentimento culturale che tutti dobbiamo essere liberati, liberi dalla occupazione.
In nord America, si tratta di affrontare l’A B C del conflitto, cercare di spiegare e informare un pubblico che è stato disinformato per decenni, spiegare lo squilibrio di potere, chi è il villano nella storia, chi sono le persone che stanno lottando e per cosa stanno lottando, e perché è importante. Parlo di questo molto, ma ciò che è simile in queste due lotte è che lo facciamo mettendo al centro di tutto, la nostra dignità. In Palestina diciamo a tutti che meritiamo di vivere liberi e con dignità, e anche in Usa e in Europa diciamo che i palestinesi meritano di vivere con dignità.
Il Nord America è un grande continente e dunque se vado a parlare in Arizona o in Atlanta, ad esempio, parlo della collaborazione tra la polizia americana e la polizia israeliana, mentre se sono a New York parlo della ADL (Lega Antidiffamazione) e quanto sia potente. Quindi è molto importante comunicare il giusto messaggio a ogni pubblico, perché vogliamo che la gente si organizzi a livello locale.
Quanto è importante l’estetica nella cultura palestinese? L’estetica è cambiata tra la vecchia generazione e quella nuova? C’è un nuovo registro?
Per me personalmente la prerogativa era avere un buon messaggio politico, una didattica solida, informare chi non sa, ma era soprattutto importante scrivere un bel libro, una bella poesia. Quindi non solo l’idea di condividere la storia palestinese, ma scrivere un buon libro, che sia di valore nel suo genere, e non che si focalizzi e affidi al fatto che si parli di una storia straziante, ma che usi il linguaggio veramente bene. Che possa toccare il lettore in molti modi, che abbia umorismo e ironia, che abbia molti dettagli specifici e che umanizzi i soggetti. Spesso non si umanizzano nella poesia, diciamo che uno ha perso un braccio, oppure che uno è in prigione, ma non è in questo modo che si umanizzano. Si umanizzano dando loro caratteri complessi. Se provano rabbia, bisogna mostrare e raccontare la rabbia, se sono dispettosi, si mostrano e descrivono dispettosi. Li umanizziamo descrivendo le loro emozioni. Se un soggetto sputa ad un soldato ad esempio, lo metti, perché quello definisce il personaggio. Se uno odia la guerra, ma vuole resistere, ma non sa come, allora si include, è in questa maniera che si umanizza il personaggio. La qualità è importante, non è importante solo raccontare la tua storia.
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Nell’appuntamento di oggi conosceremo insieme un’altra linea di investimento del #PNRR.
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Ucraina: l’offerta di Zelensky alla NATO cade piatta
La reazione alla sua richiesta di adesione accelerata è stata attenuata, esponendo i limiti del coinvolgimento militare dell'Occidente in questa guerra. L'unica via d'uscita è la diplomazia e un accordo negoziato. Una via d'uscita che è stata complicata da un'altra dichiarazione di Zelensky, con la quale ha invocato un decreto che vieta i negoziati con Putin
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New US Executive Order unlikely to satisfy EU law
È improbabile che il nuovo ordine esecutivo degli Stati Uniti soddisfi il diritto dell'UE Oggi il governo degli Stati Uniti ha pubblicato un ordine esecutivo che limiterebbe la sorveglianza degli Stati Uniti. Questa è una prima dichiarazione di noyb.
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Letta che insegue Veltroni: la funzione turistica del PD.
"Il PD si interessa alle classi popolari e alle realtà impoverite con lo stesso atteggiamento sussiegoso dei turisti agiati, provenienti da qualche ricca città europea o americana, che si recano in un paese del terzo mondo e guardano con compassione la condizione dei suoi abitanti che, poveri loro!, non godono delle libertà e del benessere occidentale.
Veltroni e Letta esprimono del resto la visione del mondo di gente che vive nei centri storici e che finge di non sapere che spesso la povertà, l’ingiustizia e il degrado sono presenti nelle periferie delle loro stesse città. In qualità di dirigenti politici non possono guardare a queste condizioni di disagio perché la loro fortuna si fonda esattamente su questa ipocrisia.
Letta, Veltroni, Renzi e tanti altri che hanno fatto la storia del PD non avrebbero avuto alcun successo politico se non avessero promosso quelle politiche che hanno generato la questione sociale oggi presente in Italia.
La loro salita al potere è dipesa dal sostegno di forze economiche e finanziarie che hanno chiesto in cambio leggi in favore della precarietà nel lavoro, privatizzazione dei servizi, disfacimento della scuola pubblica, sostegno all’impresa e tanti altri provvedimenti che hanno prodotto le attuali ingiustizie."
kulturjam.it/politica-e-attual…
Letta che insegue Veltroni: la funzione turistica del PD - Kulturjam
Con le ultime parole di Letta e di Veltroni si scorge come il PD si interessi alle classi popolari e alle realtà impoverite con lo stesso atteggiamento sussiegoso dei turisti agiati in vacanza in qualche località del terzo mondo.Paolo Desogus (Kulturjam)
Russia: chi è e cosa pensa l’estrema destra
All'estrema destra di Putin, chiedono sempre più una mobilitazione totale, bombardamenti a tappeto delle città ucraine e persino l'uso di armi nucleari. Capire chi sono questi ultranazionalisti e cosa rappresentano è essenziale se vogliamo decifrare la strategia di guerra del Cremlino
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Lo spazio che bagna Napoli
«Grazie alla spinta proattiva di questi giovani talenti di Euravia, possiamo ridurre il talent gap nel settore AS&D con la strategia che sia in grado di integrare la conoscenza universitaria, le tendenze evolutive della ricerca globale e i fabbisogni dinamici delle imprese». Con queste parole Valeria Fascione, assessore a Ricerca, Innovazione e Start-up della Regione […]
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Verso carestia energetica e fame ma la chiameremo "Frugalità responsabile".
Verso carestia energetica e fame ma la chiameranno "Frugalità responsabile" - Kulturjam
Con la logica della guerra e delle sanzioni la strada tracciata porterà inevitabilmente alla carestia energetica e alla fame, che non verrà chiamata cosi ma "frugalità responsabile", per un mondo green e sostenibile.Redazione (Kulturjam)
HAITI. Fame, violenza e colera. L’Onu: subito un corridoio umanitario
di Eliana Riva –
Pagine Esteri, 7 ottobre 2022 – Nel 2010 l’ultima epidemia di colera causò ad Haiti 10.000 morti, con oltre 800.000 contagi. Ma questa volta la situazione potrebbe essere addirittura peggiore: bande armate, in preda alla rabbia e alla disperazione hanno bloccato il principale punto di arrivo e passaggio del carburante, come forma di protesta contro i tagli dei sussidi governativi e l’aumento generalizzato dei prezzi.
La mancanza di greggio ha causato una serie di effetti a catena, arrivando a colpire in maniera dura e improvvisa i servi pubblici, specialmente gli ospedali che sono sull’orlo del collasso. Proprio quando arriva la conferma governativa di numerosi casi di colera registrati a Port-au-Prince e in un’altra città decine di chilometri lontana dalla capitale. Confermati almeno sette decessi. I casi definiti ancora “sospetti” sono più di un centinaio, tra cui decine di bambini sotto i 5 anni. 1,2 milioni di bambini, secondo l’UNICEF, sono a rischio nella sola capitale. L’intera popolazione haitiana è formata da 11 milioni di abitanti.
Il Terminal di Varreux a Port-au-Prince
Fondamentale per prevenire e arrestare l’epidemia, l’accesso ai servizi igienici privati e all’acqua potabile e sicura. Ma con l’aumento dei prezzi e l’insicurezza e la violenza diffuse, molte famiglie haitiane, specialmente le più povere, sono costrette ad accontentarsi dell’acqua insalubre, la spazzatura riempie le strade e la situazione igienica è sempre più preoccupante. Il colera è una malattia che causa diarrea grave, vomito e altri disturbi intestinali. Idratarsi è fondamentale, così come accedere alle cure nelle prime ore dopo la comparsa dei sintomi. Ma gli ospedali sono chiusi oppure, quelli aperti, non riescono a trattare tutti i casi. Non solo quelli di colera: c’è il rischio serio che l’assistenza sanitaria possa presto venire a mancare persino per le donne in travaglio o per i neonati.
Foto UNICEF
Senza contare che il blocco del carburante finirà per aggravare una crisi alimentare già a livelli molto preoccupanti, che secondo le Nazioni Unite riguarda quasi la metà della popolazione. Già peggiorate all’inizio dell’anno, le condizioni di vita potrebbero diventare disperate, soprattutto se la crisi di colera dovesse aggravarsi.
Le forniture umanitarie che già giungevano nel Paese attraverso il porto di Port-au-Prince non sono più distribuite all’intera popolazione: sono le bande armate che hanno preso il controllo dello scalo a trattenere parte dei beni e a decidere a chi dare il resto. Persino raggiungere a casa le persone colpite da colera, casi sospetti o confermati, è diventato difficile e pericoloso per la presenza di persone armate e l’aumento generale della violenza.
Le Nazioni Unite hanno chiesto ieri la creazione immediata di un corridoio umanitario per bypassare il blocco del Terminal di Varreux e far arrivare il carburante necessario a rispondere ai bisogni urgenti della popolazione. La chiusura violenta del punto di accesso ha anche interrotto i servizi di trattamento e bonifica delle acque della Direzione nazionale dell’acqua potabile e dei servizi igienico-sanitari di Haiti, così come la distribuzione delle acque bonificate da parte delle società private.
Nei prossimi 3 mesi, secondo le Nazioni Unite, circa 28.900 donne incinte e più di 28.000 nascituri rischiano di non ricevere cure.
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USA. Milioni di americani rischiano la fame. I buoni pasto di Biden non bastano
della redazione con dati e notizie diffusi in rete dalla Reuters
Pagine Esteri, 6 ottobre 2022 – Grace Melt ha fatto la sua prima visita alla dispensa alimentare di Nourishing Hope di Chicago ad agosto. Durante la pandemia di COVID-19 aveva utilizzato buoni pasto emessi dal governo federale per acquistare generi alimentari mentre era disoccupata per un infortunio al ginocchio. Ma quest’estate, i buoni pasto non sono riusciti a tenere il passo dell’aumento dei prezzi del negozio di alimentari e per la prima volta è dovuta andare alla ricerca di una fornitura gratuita di cibo. “Non è sicuramente abbastanza. Non bastano mai fino alla fine del mese”, ha detto Melt a proposito dei buoni pasto. “E ora che sono aumentati i prezzi non puoi far altro che venire qui, in un centro dove donano cibo”.
L’aumento della fame (negli Usa) è un problema serio per l’immagine e le ambizioni del presidente degli Stati Uniti Joe Biden che si prepara a ospitare la prima conferenza della Casa Bianca su fame, nutrizione e salute in oltre 50 anni e si dice impegnato a eliminare la fame negli Stati Uniti entro il 2030. A causa dell’inflazione (alta) gli elettori potrebbero punire il Partito Democratico nelle elezioni di medio termine. L’andamento dell’economia infatti è la priorità per gli elettori Usa, secondo un sondaggio Reuters/Ipsos. L’amministrazione Biden ha aumentato i finanziamenti per i buoni pasto quasi un anno fa ma allo stesso tempo ha acquistato la metà del cibo rispetto all’amministrazione Trump nel 2020 per banche alimentari, scuole e riserve indigene, secondo i dati ottenuti dall’agenzia statunitense USDA.
L’aumento dei prezzi dei generi alimentari sta erodendo il valore reale dei buoni pasto su cui sembra puntare l’attuale amministrazione per combattere la fame tra gli statunitensi. Quest’anno i buoni hanno un valore medio di 231 dollari a persona al mese. Troppo poco di fronte all’inflazione galoppante. Ciò ha costretto più americani a rivolgersi alle banche alimentari che a loro volta hanno ricevuto meno cibo dal governo.
L’indice dei prezzi al consumo per il cibo è salito al 13,5% ad agosto, l’aumento più sostenuto in 12 mesi dal 1979, secondo il Bureau of Labor Statistics. I prezzi dei generi alimentari sono cresciuti a livelli record dall’invasione russa del principale produttore di cereali, l’Ucraina. E co0sì anche i livelli di fame quest’estate sono saliti a punti mai raggiunti, neppure durante la pandemia nel 2020 quando i lockdown hanno gettato nel caos le catene di approvvigionamento.
“Questo problema era migliorato nel 2021, poi è nuovamente e rapidamente peggiorato” spiega Vince Hall, Chief Government Relations Officer di Feeding America, la più grande rete di banche alimentari della nazione. “La maggior parte delle nostre banche del cibo vede allungarsi le file di persone ogni settimana che passa”. Per alcuni occorre spendere di più in buoni pasto o distribuire contanti perché offrono alle persone più scelta rispetto alle dispense alimentari e vanno anche a vantaggio delle imprese locali.
L’insufficienza alimentare per le famiglie con bambini è salita al 16,21% lo scorso luglio quando quasi 1 famiglia su 6 ha dichiarato di non avere, talvolta o molto spesso, da mangiare a sufficienza, secondo i dati della Household Pulse Survey dell’US Census Bureau. Si tratta della percentuale più alta da dicembre 2020. La fame tra i bambini era scesa al 9,49% nell’agosto 2021 in parte a causa dei pagamenti del credito d’imposta per i bambini, secondo l’US Census Bureau.
La fame si era attenuata nel 2021 dopo che le amministrazioni Trump e Biden hanno distribuito sussidi per la pandemia alle famiglie per l’acquisto di generi alimentari, consegnato miliardi di scatole di cibo di emergenza e inviato pagamenti mensili del credito d’imposta per i bambini. Nell’anno 2020, il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha speso 8,38 miliardi di dollari per 4,29 miliardi di libbre di cibo destinato a dispense alimentari, scuole e riserve indigene. Ma la spesa alimentare è diminuita costantemente, di quasi il 42% dal 2020 al 2022, fino ai 3,49 miliardi di dollari, il livello più basso dal 2018. L’agenzia ha acquistato solo 2,43 miliardi di libbre di cibo nell’ultimo anno, secondo i dati acquisiti da Reuters.
L’USDA ha cercato di compensare il calo degli acquisti di cibo con ulteriori sussidi per l’assistenza nutrizionale supplementare. Ma l’aiuto aggiuntivo è stato limitato dai costi più elevati…L’USDA ha recentemente annunciato che acquisterà altri 943 milioni di dollari in generi alimentari entro il 2024, utilizzando i fondi della Commodity Credit Corporation, normalmente stanziati per prestiti e pagamenti agli agricoltori statunitensi colpiti da disastri o dai bassi prezzi delle materie prime. Il dipartimento dell’agricoltura da parte sua ha riferito di un taglio drastico ai finanziamenti per la pandemia autorizzato dal Congresso che ha limitato il potere di spesa dell’agenzia per gli alimenti e le scuole.
Feeding America lamenta il taglio di 430 miliardi di dollari per alcune misure aggiuntive di assistenza alimentare dalla legge sulla riduzione dell’inflazione firmata ad agosto, inclusi gli investimenti nell’alimentazione infantile e un programma EBT da impiegare quando i pasti scolastici non sono disponibili. “Nelle versioni precedenti di questo disegno di legge c’erano priorità straordinariamente importanti per combattere la fame, che però non ci sono nell’ultima versione”, ha protestato.
RACCOLTI INSUFFICIENTI
Quest’anno, l’USDA acquisterà poco più della metà del cibo comprato al culmine della pandemia, mentre le donazioni dei negozi di alimentari e dei distributori sono diminuite e le aziende fermano le catene di approvvigionamento e riducono al minimo gli sprechi. Il Greater Chicago Food Depository, uno dei maggiori distributori di cibo alle dispense alimentari locali, prevede di ottenere quest’anno poco più di un terzo del cibo ricevuto dall’USDA durante l’anno fiscale 2021 (da luglio 2020 a giugno 2021).
E mentre le scorte di cibo si riducono, l’inflazione sta spingendo per la prima volta più americani verso le banche alimentari. Nell’area di Chicago hanno visto un aumento del 18% dei visitatori a luglio, rispetto a un anno prima. Eppure i buoni pasto costituivano meno del 2% della spesa del governo degli Stati Uniti nel 2022, secondo i dati del Tesoro. Nell’agosto 2022, l’agenzia ha annunciato un adeguamento del costo della vita a partire dal 1 ottobre, aumentando le assegnazioni mensili massime per una famiglia di quattro persone da 835 a 939 dollari al mese.
Ma molti di coloro che visitano le dispense alimentari lavorano ancora o beneficiano della previdenza sociale, cosa che li squalifica dai buoni pasto, come Michael Sukowski, un impiegato dell’amministrazione universitaria in pensione a cui stati tagliati i sussidi a causa di una pensione mensile che riceve dallo stato. “Con la previdenza sociale e una piccola pensione di 153 dollari al mese non vado lontano”, ha spiegato “la metà va per l’affitto. Poi ci sono le utenze.”
La dispensa alimentare di Nourishing Hope, che quest’anno ha visto un aumento del 40% dei visitatori, e altre banche alimentari ora acquistano più cibo a costi più elevati. Ciò ha portato a forniture modeste di alimenti di base come pane, carne e formaggio. “Il raccolto è stato esiguo, per così dire. Ma sono grata di aver avuto della roba”, ha detto Grace Melt mentre metteva i suoi prodotti alimentari in un carretto, preparandosi per un viaggio in autobus verso casa. “Talvolta devi venire in un posto come questo. A volte non ottieni niente”, ha spiegato. Pagine Esteri
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Inflazione e resistenza. La questione degli alloggi a New York.
Inflazione e resistenza. La questione degli alloggi a New York - Contropiano
L'economia statunitense è entrata in recessione. Questo era il titolo generale all'inizio dell'estate, quando il PIL statunitense è sceso di nuovo nella La proprietà privata, in particolare di beni immobili, è un principio fondamentale del "sogno ame…Redazione Roma (Contropiano)
Meloni – Letta: i non rivoluzionari
Il 'momento' rivoluzionario senza rivoluzionari. Sì, è un momento rivoluzionario questo in questo nostro Paese. Ma non potrà mai essere gestito né da Meloni, né da Letta e i loro parassiti. Entrambi spolperanno in fretta i loro sostegni e come tutti i parassiti moriranno come dei fessi sulla pianta che hanno mangiato
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Stati Uniti – Venezuela: alla ricerca del petrolio perduto
OPEC+ taglia la produzione di petrolio; gli Stati Uniti rispondono via Caracas. Washington è decisa a ridurre le sanzioni contro il Venezuela, consentendo alla Chevron e ad altre compagnie petrolifere di riprendere le trivellazioni nel Paese. La decisione potrebbe essere la svolta nelle relazioni USA-Venezuela
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Dimenticati
C’è del vero e dell’ingannevole, nella retorica dei “dimenticati”. Chi si oppone al governo spiega agli insoddisfatti che sono stati “dimenticati”. Accade in diverse lingue. Quando poi si trova al governo fatica a ricordarsene. Nel travaglio post elettorale la sinistra rimprovera a sé stessa di avere dimenticato questa o quella categoria, gli svantaggiati, i poveri, i marginalizzati. La cosa è talmente generica che avrebbe fatto la stessa cosa la destra, in caso di analoga sconfitta. Solitamente le parole di contorno sono: s’è perso il contatto con la realtà, non siamo stati capaci di rappresentare i bisogni, dobbiamo recuperare il contatto con i “territori” (linguaggio bucolico di dubbio significato). Chi sono, i “dimenticati”?
Dopo anni di bonus, ristori e assistenzialismo le forze politiche s’acconciano a dispensatrici di protezioni e spartizioni, sicché quasi tutti possono considerarsi “dimenticati”, reclamare di non avere avuto abbastanza. Non è sbagliata la deduzione, ma il suo presupposto. Lo Stato non è la badante del cittadino, dovrebbe semmai garantire che ciascuno possa badare a sé stesso senza inutili intralci o subendo crimini.
Certo che esistono poveri e svantaggiati, ma per ricordarsi di loro e avvantaggiarli si deve non passargli un lenitivo, bensì rimetterli in condizione di crescere. Se c’è un’area o un ceto che soffre per essere rimasto indietro la prima cosa da farsi è garantire ai più giovani di quell’ambiente un’istruzione che consenta loro di farsi avanti. Un genitore è pronto a far sacrifici per i figli, ma è anche pronto a ribellarsi se li vede perpetuamente e volutamente emarginati. Osservando le parole della politica sulla scuola ci si accorge che, trasversalmente, sono rivolte a chi ci lavora e oggi vota, non a chi ci studia e voterà domani. Ci si è dimenticati del futuro. Assieme al futuro, però, si cancella la politica, restando solo un assistenzialismo a lungo insostenibile e da subito frustrante. Così cresce il numero di quelli che si dimenticano di andare a votare.
Raccontando gli anni ’70, nel suo ultimo libro (ne parliamo nelle pagine interne), Miguel Gotor riporta un dato: dal 1980 al 1984, a seguito di un uso massiccio della cassa integrazione, aumentarono enormemente i casi di disagio psichico e si verificarono 149 suicidi. Non avevano perso il reddito, avevano perso il lavoro e, con quello, la loro identità sociale. A forza di insistere con l’uso di quegli strumenti (sbagliati in sé) è cambiato il costume sociale e anche il mercato: si reclama il reddito senza lavoro come fosse un diritto e si cerca di arrotondare in nero ed evasione fiscale. Ci si è dimenticati della dignità del lavoro e si è gonfiato il reclamare assistenza.
Una forza politica (ma anche culturale) che voglia dedicarsi ai “dimenticati” proverebbe a parlare loro del futuro, che può avere diverse colorazioni e versioni, mentre resta monocromo e scuro se viene barattato con un presente di mantenimento. Per sua natura sempre insufficiente.
Quando la sinistra va in campagna elettorale proponendo una tassa per finanziare la “dote” ai diciottenni i conservatori si ribellano per la tassa, ma i progressisti dovrebbero prendersela con la dote: mi devi dare la scuola formativa e la società meritocratica, devo potere battere e superare chi è privilegiato e meno capace, non prendere la mancia per tacere e perdere.
In una società che invecchia si parla sempre di pensioni. Nel 2025 la spesa previdenziale arriverà a 350 miliardi, crescendo del 17.6% rispetto a oggi e del 40.2% in dieci anni. Si parla del diritto ad avere e non di quello a fare, del passato che vota e non del futuro che pagherà troppo. Di questo ci si è dimenticati, di pensare a come cambiare. Concentrandosi sul come galleggiare e, se possibile, profittarne. Così i “dimenticati” saranno ingannati e dannati, dalla destra con l’indicazione di falsi colpevoli e dalla sinistra con quella di speranze sbagliate. Importa solo il loro prezzolato consenso elettorale.
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Potenza militare USA: ruolo ingrato, ma cruciale
Il principale canale televisivo indiano WION ha recentemente riferito che il complesso industriale militare americano è il più grande vincitore della guerra in Ucraina. Ha sottolineato che l’attore predominante nello spettro globale degli armamenti rimangono gli Stati Uniti, che rappresentano quasi il 40% delle esportazioni globali totali del mondo dominate dai suoi cinque principali produttori […]
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Turchia – Russia: lo strabismo di Erdogan
I contatti tra il Presidente turco Erdoğan e il suo omologo russo Putin si fanno di giorno in giorno più regolari e intensi. In una delle recenti telefonate, Erdoğan ha esortato il leader russo ad adottare misure per ridurre le tensioni in Ucraina e gli ha richiesto di estendere l’accordo a protezione delle esportazioni di […]
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Progetto nazionale "Scuola Attiva Kids" per la scuola primaria: gli Istituti scolastici possono inviare la richiesta di partecipazione fino al 24 ottobre 2022.
Info ▶️ miur.gov.
Rimettere in carreggiata la transizione democratica del Sudan
Si sarebbe potuto fare qualcosa per fermare l'arretramento del Sudan prima che iniziasse? Ecco come è andata la transizione democratica nel Paese e gli errori della comunità internazionale, Stati Uniti in testa
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Il settarismo guida il Libano verso il collasso economico
Il settarismo insito nel Libano, dalla guerra civile in poi. Ora il Paese è alle corde, non può progredire economicamente sotto lo status quo. Un collasso statale produrrebbe conseguenze disastrose in tutta la più ampia geopolitica del Medio Oriente
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Le proteste in Iran rendono il ripristino dell’accordo sul nucleare più urgente che mai
I falchi non considerano che opporsi all'accordo nucleare sta dando agli intransigenti essenzialmente ciò che vogliono. Se l'idea di ritirarsi dal JCPOA è sempre stata negativa, ora lo è ancora di più considerando i cambiamenti politici a Teheran
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Russia: perché e come il regime di Putin si sta trasformando in una dittatura tirannica
L’illustre economista e filosofo premio Nobel Thomas Schelling, autore del concetto di deterrenza nucleare, ha un famoso libro intitolato “Micromotives and Macrobehavior”. Per parafrasare, il testo di oggi potrebbe essere intitolato Macro Motives and Micro Behavior. Questo testo presenta una sintesi della mia modellazione di alcuni dei fondamenti, incentivi e fattori macro-fondamentali, economici e non, […]
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LibSpace con Giulia Pastorella
LIBRI. Maher Charif, storia e analisi del pensiero politico palestinese e arabo
della redazione
(foto di Issam Rimawi \ apaimages)
Maher Charif
Pagine Esteri, 6 ottobre 2022 – In parte oscurato dalla tragica cronaca quotidiana nei Territori occupati e nei campi profughi palestinesi sparsi per il Medio oriente, il pensiero politico palestinese non ha sempre ricevuto la dovuta attenzione. Eppure, il dibattito interno palestinese è stato sempre fertile e non solo riguardo alle dinamiche del confronto/scontro tra occupati palestinesi e occupanti israeliani e alle possibili quanto lontane soluzioni diplomatiche per il futuro della Palestina. Il pensiero politico palestinese era e resta ben inserito in vari ambiti internazionali, dalla decolonizzazione alle conseguenze della globalizzazione fino, in tempi più vicini, all’ambientalismo e il cambiamento climatico. In questo quadro sono centrali gli studi dello storico marxista Maher Charif, profugo palestinese in Siria, specializzato nella storia araba moderna e dei movimenti politici arabi e frequente commentatore di politica e società nei giornali in lingua araba.
Di recente la casa editrice Zikkaron, creata nel 2016 dalla comunità monastica di Monte Sole – il cui fondatore è stato Giuseppe Dossetti – ha pubblicato due testi di rilievo di Maher Charif, “Storia del pensiero politico palestinese” e “I nodi irrisolti del pensiero arabo”. Il primo è l’edizione riveduta e aggiornata dell’opera di Charif uscita in prima edizione araba nel 1995. A cura di Ignazio De Francesco, è il panorama completo della storia del pensiero politico palestinese dall’inizio del ‘900 sino ad oggi con la traduzione di Paola Pizzi e la prefazione dello storico italiano Massimo Campanini, scomparso di recente. Il volume racconta l’evoluzione del modo in cui i palestinesi hanno pensato sé stessi, gli ebrei e gli altri arabi nel corso di un secolo. Gli eventi, cui il popolo palestinese è andato incontro sono il propellente dello sviluppo del pensiero e ad essi l’autore fa costantemente riferimento. Charif si attiene al più stretto approccio scientifico e documentario: il libro è opera di “documentazione del pensiero”, mira a mostrare come i palestinesi siano giunti dove sono giunti. Puntando a conseguire il più alto livello di oggettività possibile, Charif ha attinto a un deposito documentario vasto, formato da documenti originali e fonti di prima mano, capaci di condurre il lettore all’interno del dibattito politico.
Il secondo testo, appena uscito, oltre ai tre capitoli di Charif che riassumono il suo intero percorso di ricerca, include contributi di approfondimento da parte di Edoardo Baldaro (Univ. Bruxelles) sull’espansione del jihadismo in Africa; di Paolo Branca (Univ. Cattolica) sul riformismo; della giornalista Azzurra Meringolo sulla “Primavera araba” in Egitto; dello storico e arabista Simone Sibilio (Univ. Ca’ Foscari), di Isabella Camera d’Afflitto (docente emerita Orientale Napoli e La Sapienza) sulla vicenda palestinese anche nella sua dimensione culturale e letteraria e di Ignazio De Francesco che dà sguardo sintetico alla storia palestinese attraverso le sue cronologie e a come la storia della Palestina venga tramandata oggi ai palestinesi più giovani.
Due volumi che contribuiscono ad approfondire in Italia la conoscenza della storia e del pensiero palestinese. Pagine Esteri
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