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Cina: la guerra tecnologica di Biden diventa nucleare


Gli attacchi dell'Amministrazione alla Cina non sono solo progettati per 'contenere' lo sviluppo cinese, ma sono anche mirati al cambio di regime. Il recente inasprimento della guerra tecnologica di Biden non ha nulla a che fare con problemi di sicurezza nazionale, bensì è un altro tentativo disperato di preservare la presa allentata di Washington sul potere globale

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Iran: la rivolta nazionale non è ‘senza leader’


Gli slogan e le azioni di queste settimane sono state stabilite dalle Unità di Resistenza del MEK negli ultimi cinque anni. Il MEK ha svolto un ruolo inconfondibile in questa e in diverse rivolte precedenti

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Le democrazie liberali nello spazio digitale – leri la damnatio memoriae, oggi l’obbligo del ricordo


Relatori Sen. Francesco Paolo Sisto Prof. Giorgio Spangher Prof. Giulio Illuminati Dott. Angelantonio Racanelli Modera Dott. Andrea Davola L'articolo Le democrazie liberali nello spazio digitale – leri la damnatio memoriae, oggi l’obbligo del ricordo pro

Relatori

  • Sen. Francesco Paolo Sisto
  • Prof. Giorgio Spangher
  • Prof. Giulio Illuminati
  • Dott. Angelantonio Racanelli

Modera Dott. Andrea Davola

L'articolo Le democrazie liberali nello spazio digitale – leri la damnatio memoriae, oggi l’obbligo del ricordo proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Tre strade


Non solo caciara Parla a ragion veduta, il problema è il punto di caduta. Silvio Berlusconi non ha perso il controllo della favella, la usa appositamente per fare del governo nascente una politica morente. Il baricentro del centrodestra si è vistosamente

Non solo caciara


Parla a ragion veduta, il problema è il punto di caduta. Silvio Berlusconi non ha perso il controllo della favella, la usa appositamente per fare del governo nascente una politica morente. Il baricentro del centrodestra si è vistosamente spostato a destra e chi ne è stato l’artefice preferisce vederlo cadente piuttosto che pensarsi perdente.

Se dovesse ottenere quel che pubblicamente chiede ne deriverebbe che Giorgia Meloni ha vinto le elezioni e perso il governo. Se non dovesse ottenerlo sarebbe comunque pronto a votare la fiducia, avendone ottenuto l’indebolimento. E siccome ho l’impressione che questa roba politicante interessi poco a pochissimi, vediamone i risvolti e quel che comporta per l’Italia.

A parte la squadra di governo, dove ha comunque poche carte di valore da spendere, Berlusconi ha scelto di aprire il fronte Putin. Un gesto generoso, che toglie ogni dubbio sulla penetrazione russa in Italia e sulla necessità di bonificarla. Parole che nel loro essere vere sono anche significative: se è vero (ed è vero, ci si ricordi di Pratica di Mare, 2002) che Putin era pronto a fraternizzare o addirittura entrare nella Nato, ne deriva che è un to-tale bugiardo ad accampare fra le cause della guerra il suo allargamento a Est, tanto più che era precedente.

Ma anche questo conta poco, perché lo scopo di quelle parole è far capire agli interlocutori esterni all’Italia che o il garante della nostra collocazione internazionale lo fa lui, Berlusconi, o non fidatevi di Meloni (che, osserviamo, tiene il punto e si difende bene), perché tanto la metto in crisi quando voglio. Il messaggio è chiaro. E il tema scelto, l’Ucraina, segna un punto non mediabile e di non ritorno, tanto da mettere in dubbio la permanenza nel Partito Popolare Europeo.

Il risultato di tale azione è che per fronteggiare il fronte berlusconiano il futuro presidente del Consiglio lascia sguarnito il fronte Lega. O, se preferite, Salvini, scelto come migliore alleato. Il quale s’è bruciato le terga, con i russi. Una cosa è che parli Fontana, ripetendo la sciocchezza secondo la quale le sanzioni danneggiano più noi che la Russia, altra che la Lega prenda la patente di filiale russa.

Quindi giocherà sul campo delle pensioni (da regalare) e degli aiuti (da elargire). Nessuno potrà dirgli che è una novità, perché 30 miliardi di maggiori debiti li chiedeva già in campagna elettorale. Se Meloni dovesse accedere a questa dottrina (che rifiutava) pur di reggere il fronte berlusconiano, il governo sarebbe cotto dopo un mese, in occasione della legge di bilancio.

Senza contare gli sghignazzi globali per avere usato i putinofili per arginare il putinissimo. Quindi Meloni ha tre possibilità. La prima consiste nell’attenersi all’articolo 92 della Costituzione, approfittando del potere che le consegna: riceve l’incarico, porta al Colle una lista che ritiene la migliore, giurano e vanno in Parlamento. Se gli altri del centrodestra, oramai destrizzato, hanno da ridire, lo facciano ora o si tolgano da torno.

La seconda prevede che al Colle vada non con la lista migliore ma con quella più conveniente, cedendo più ai leghisti che ai forzitalioti, sicché indebolendosi notevolmente e affrontando la navigazione parlamentare senza scialuppe di salvataggio. Modello elezione di La Russa.

La terza è far saltare il banco e puntare alle elezioni a marzo, con il Quirinale che, nel frattempo, potrebbe affidare il governo a Daniele Franco, per la legge di bilancio.

In tutti e tre i casi l’Italia si trova pericolosamente esposta sul fianco della politica estera e su quello della politica di bilancio. Due punti nevralgici e deboli. Tutto questo per avere voluto negare la fraudolenta falsità delle due coalizioni. Con quella destra che mostra al sole le sue profondissime divisioni e quella sinistra divenuta superflua, ma il cui silenzio tombale – non a caso rotto da sussulti (sbagliati) sulle foto dei defunti – ne descrive adeguatamente la condizione.

Molti italiani dicono: abbiamo votato. Certo, ma dei falsi. E si vede. Attenzione però, perché peso internazionale, sicurezza, argine alle speculazioni e crescita delle esportazioni si tengono fra loro. E incidono sulle tasche e sul futuro.

La Ragione

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Elezioni in Brasile: guardando al futuro


Bolsonaro si è notevolmente allontanato dagli aspetti tradizionali della politica estera brasiliana e certamente dalle politiche di Lula in termini di multilateralismo, cooperazione internazionale e difesa dei valori democratici liberali. India e Cina al centro del presente e del futuro

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Il futuro delle relazioni tra Ucraina e Iran


Attualmente, l’Iran sta lottando duramente con le sanzioni occidentali e le conseguenti pressioni economiche dovute al suo programma nucleare. Con l’uccisione della 22enne Mahsa Amin, il Paese è stato testimone di diffuse proteste e violenze. Per quanto riguarda i negoziati sul nucleare con l’Occidente, alcuni interpretano l’attivismo iraniano come un calpestio della Russia. Alcuni sostengono […]

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Camini e la lira, recupero e ricontestualizzazione di uno strumento della tradizione


Camini è un piccolo paese dell’entroterra ionico della Calabria meridionale. Il borgo è situato nell’area conosciuta come Locride; zona storicamente interessata dalla fioritura del monachesimo orientale che, almeno fino alla metà del XVII secolo, è stato

Camini è un piccolo paese dell’entroterra ionico della Calabria meridionale. Il borgo è situato nell’area conosciuta come Locride; zona storicamente interessata dalla fioritura del monachesimo orientale che, almeno fino alla metà del XVII secolo, è stato presente con numerosi insediamenti eremitici e monastici. Un monumento come la Cattolica di Stilo, piccolo gioiello dell’arte bizantina, è diventato un simbolo regionale, quello che forse più di tutti testimonia la presenza viva della grecità in Calabria.

Non si deve però pensare che questa grande eredità del passato sia un’ipoteca sul futuro di quest’area, ma al contrario bisognerebbe basare proprio sul messaggio che queste testimonianze storiche ci lanciano, la strategia per immaginare il futuro di questi luoghi. Proprio la Cattolica, con la sua sovrapposizione di stili architettonici e artistici, e le tracce delle civiltà che vi sono passate, parla di un passato in cui questi luoghi furono un crocevia, più che una sperduta periferia d’Europa.

Si può dire che Camini ha raccolto questo messaggio di interculturalità ed è ritornato ad essere un crocevia attraverso i progetti di accoglienza, che hanno dato nuova linfa ad un paese vittima dello spopolamento.

Diverse botteghe artigianali sono state avviate. Tra queste, un atelier di liuteria dedicato alla costruzione della lira, uno strumento che è stato storicamente presente in quest’area e che testimonia anch’esso dell’esistenza di una koinè culturale del Mediterraneo. Lo stesso strumento è infatti presente in una vasta area del mare nostrum compresa tra la Calabria e la Turchia.

In quest’ottica, nel 2022 è stato avviato il progetto: I cammini della Lira, in collaborazione tra l’amministrazione comunale e una vasta rete associativa, coordinata da AreaSud e dal Consorzio Musicisti Calabresi.

L’iniziativa ha lo scopo ambizioso di far dialogare la tradizione musicale legata alla lira in Calabria con le altre lire del mediterraneo. Il primo passo di questo progetto ha visto protagonisti i musicisti calabresi in un incontro con Nagme Yarkin e Murat Yerden, rispettivamente musicista e liutaio tra gli interpreti riconosciuti di questo strumento in Turchia.

Il progetto prosegue il 22 ottobre 2022, con un laboratorio didattico, una lezione e un concerto, dedicati ai giovani delle scuole del territorio e che vedrà alternarsi il liutaio Vincenzo Piazzetta, il musicista e ricercatore Amedeo Fera e il Quartetto Areasud, uno dei gruppi più impegnati nella ricerca di una relazione tra il suono della tradizione e la contemporaneità e che con il CD Musica Lievemente Tradizionale sta portando il suono, antico e moderno al tempo stesso, della chitarra battente, della zampogna e degli altri strumenti della tradizione sui palchi italiani e internazionali.
Alla voce e alla chitarra battente di Maurizio Cuzzocrea, si uniscono le percussioni di Mario Gulisano, i fiati etnici di Franco Barbanera e il basso di Giampiero Cannata, con la partecipazione straordinaria dei due esperti di lira Amedeo Fera e Vincenzo Piazzetta.

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Venezuela: il petrolio come porta per mandare all’aria le sanzioni


Secondo recenti rapporti, l’amministrazione Biden potrebbe apportare alcune modifiche alla politica statunitense del Venezuela, tra cui il possibile allentamento delle sanzioni petrolifere e la creazione di un programma umanitario limitato per assistere i migranti venezuelani. Sebbene non ci siano ancora stati cambiamenti, l’amministrazione Biden potrebbe iniziare a riconoscere che non può continuare con lo status […]

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Inchinarsi al ricatto nucleare di Putin renderà più probabile una guerra nucleare


Con i suoi eserciti in ritirata e la sua invasione dell’Ucraina in rapido disfacimento, il Presidente russo Vladimir Putin ha recentemente fatto ricorso al tintinnio della sciabola nucleare. Ciò ha causato un diffuso allarme internazionale e sta alimentando crescenti richieste all’Ucraina di raggiungere un compromesso con il Cremlino per scongiurare la terza guerra mondiale. L’attuale […]

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Fr.#12 / Crisi isteriche e ambientali


Nel frammento di oggi: nelle Marche un uomo sfonda una vetrina per riprendersi i suoi dati / Zaia propone sorveglianza di massa sulle Dolomiti / Aggiornamenti su Milano / Meme e citazione del giorno.

Accesso ai dati, sì ma non così!


La Nuova Riviera riporta una notizia di cronaca peculiare: un uomo ha sfondato la vetrina di un negozio di telefonia per riprendersi i dati che questi, pare, gli avrebbero rubato. I nostri prodi carabinieri lo hanno prontamente bloccato e purtroppo l’uomo non è riuscito a recuperare i suoi dati.

Sono abbastanza sicuro che sia stato uno di voi. Però ragazzi, non è questo il modo migliore per esercitare il diritto di accesso previsto dalla normativa privacy. Nella maggior parte dei casi è sufficiente un’email. Una PEC dell’amico avvocato, se proprio volete. So bene quanto possa essere fastidioso perdere il controllo dei propri dati e temere che questi possano essere usati contro di noi, però dai - non esagerate, mi raccomando.

Se proprio avete della rabbia repressa, sfruttatela nel modo giusto; magari incazzandovi (pacificamente, eh) con Luca Zaia.

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Zaia e la sorveglianza di massa sulle Dolomiti


Direttamente dal Veneto arriva una notizia che potrebbe scatenare diverse crisi isteriche, a buona ragione.

Luca Zaia ha annunciato oggi che dal 2024 i passi del Pordoi, Campolongo, Gardena e Sella saranno accessibili e raggiungibili solo previa prenotazione online su una piattaforma pubblica non meglio specificata, e soltanto in caso di parcheggi disponibili. In pratica una ZTL montana.

La motivazione è, chiaramente, ambientale. Forse l’idea è di limitare artificialmente il passaggio di automobili, legando il numero massimo ai parcheggi disponibili. Premesso che una persona potrebbe avere interesse a transitare in quei passi senza doversi necessariamente fermare, vogliamo parlare dell’idea in sé?

Se la motivazione fosse stata davvero quella di limitare l’intasamento dei passi per il parcheggio, sarebbe stato sufficiente prevedere un contatore online dei parcheggi disponibili, con cartellonistica elettronica posizionata a debita distanza, così da informare in tempo reale gli automobilisti sulla disponibilità di posti auto.

Invece no. Lo Stato come al solito preferisce la soluzione più invasiva; preferisce la sorveglianza di massa. Preferisce creare un sistema che oltre a trattare dati personali su larga scala permette agevolmente di correlare dati come l’identità della persona fisica, l’itinerario, l’automobile e tutta un’altra serie di dati e metadati tipicamente elaborati dagli applicativi web, come informazioni sul dispositivo usato, cookies, e molto altro.

Purtroppo l’agenda climatica sarà sempre più usata come pretesto per instaurare meccanismi di controllo sociale totalitari, che assumeranno le forme più diverse: controllo degli spostamenti, economia comportamentale, sorveglianza delle transazioni, social scoring…

Lo abbiamo visto già a Milano con il progetto Move-In e con le proposte assurde (che però verranno attuate) dei Fridays for Future e del World Economic Forum. Per chi non sapesse di cosa sto parlando, qui c’è l’articolo di riferimento.

Immagine/fotoPrivacy Chronicles

Agenda climatica? Sorveglianza e controllo, una distopia eco(in)sostenibile

L’agenda comun…ehm - climatica - è ormai a pieno regime, e purtroppo si porta dietro un tale carico di sorveglianza di massa e controllo sociale che anche i meno sensibili tra voi dovrebbero, forse, iniziare a preoccuparsi. I segnali, convergenti tra loro, sono ovunque - anche se sparpagliati e apparentemente separati l’uno dall’altro…
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Un aggiornamento sul progetto Move-In di Milano


Il progetto Move-In è iniziato da soli 20 giorni e già ci sono numerosi problemi. Pare infatti che la Regione abbia vietato l’ingresso in Area B anche alle automobili e mezzi di trasporto che hanno già aderito al programma Move-In.

I poveri milanesi che hanno supinamente accettato di essere tracciati h24 dal Comune e pagato per il privilegio di circolare in Area B, non potranno comunque farlo. Spiace.

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Come anticipato, la tutela dell’ambiente è soltanto una facile e stupida scusa. Lo mostrano i dati di questi giorni: nonostante le limitazioni, nonostante la scatola nera e la sorveglianza di massa, lo smog non scende! Strano eh?

Ma se allora lo smog non scende, non bisognerebbe forse bussare a Sala e chiedere di rimuovere un sistema tanto assurdo e liberticida, quanto inutile?

C’è anche un’altra questione su cui riflettevo in questi giorni: le ambulanze e mezzi di soccorso “inquinanti” sono esclusi dal divieto di ingresso in Area B, a patto però che siano registrati sul portale. Dalle FAQ del Comune non sono riuscito a capire la finalità di questo trattamento di dati, e se sussiste comunque l’obbligo di installazione della scatola nera (altrimenti a cosa serve la registrazione?).

Tuttavia, se fossero obbligati a installare la scatola nera, ci sarebbe un evidente problema di privacy: il tragitto delle ambulanze mostra l’ubicazione, l’orario e la data degli interventi. In pratica, mostra esattamente chi, come e quando è stato soccorso. L’amministrazione comunale avrebbe dati da cui potrebbe facilmente inferire informazioni relative alla salute di specifici cittadini milanesi.

C’è poi un altro aspetto da considerare. Le persone che per esigenze di salute decidessero di violare il divieto di accesso in Area B, transitando con veicoli vietati, sarebbero soggette a sanzione - salvo registrarsi entro le 24 ore successive sulla piattaforma.

Il ricatto qui è evidente: se non accetti di essere schedato sulla piattaforma ti sanziono, anche se sei entrato in Area B per andare al pronto soccorso. Ancora una volta, a che serve tutto questo?

Insomma, dal Veneto alla Lombardia, è evidente la totale isteria ambientale.

Meme del giorno


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Citazione del giorno

Freedom is indivisible. As soon as one starts to restrict it, one enters upon a decline on which it is difficult to stop.
Ludwig von Mises

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Frammenti è la rubrica gratuita in cui commento brevemente le notizie più interessanti della settimana. Un modo leggero e meno impegnativo di leggere Privacy Chronicles. Ogni frammento contiene anche un meme e una citazione.

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Dopo 24 anni ininterrotti sotto la guida di un Nehru-Gandhi, la presidenza del Congress, il partito nato nel 1885 che ha creato l'India contemporanea, esce dal controllo familiare. Forse.


PALESTINA. Shuafat tra immondizia e blackout: Gerusalemme è una immagine lontana


REPORTAGE Dopo un attacco armato, le autorità israeliane hanno confinato decine di migliaia di abitanti del campo profughi palestinese. Proteste e disobbedienza civile hanno riportato in superfice la realtà di un'area di Gerusalemme Est abbandonata a se s

Di Michele Giorgio*

(la foto scattata nel campo profughi di Shuafat è di JoachimG)

Pagine Esteri, 17 ottobre 2022 – «Questa è la prima volta che lascio il campo in una settimana. Finalmente (gli israeliani) hanno allentato la chiusura e vado a rifornirmi di generi alimentari per il mio negozio, gli scaffali sono quasi vuoti». Murad Malha va di fretta, inserisce la marcia e parte con il suo furgone verso il centro di Gerusalemme Est lasciandosi alle spalle il posto di blocco israeliano, in questi giorni unico accesso ed unica uscita dal campo di Shuafat. Le strade intorno sembrano un campo di battaglia, disseminate di pneumatici bruciati, cassonetti e rifiuti dati alle fiamme assieme alla carcassa di un’auto. Come altri abitanti Murad teme che le autorità israeliane possano reinserire all’improvviso le restrizioni imposte una settimana fa e blocchino i movimenti da e per questo alveare umano con al centro case malandate e vecchie e più all’esterno palazzi nuovi dove convivono palestinesi profughi e palestinesi che un tempo vivevano in città e non possono più permettersi l’affitto di un appartamento. Migliaia di uomini, donne e bambini ai quali si aggiungono gli abitanti di Anata, un popoloso sobborgo di Gerusalemme Est. Oltre centomila persone. In gran parte hanno la residenza a Gerusalemme ma il comune israeliano le ha totalmente dimenticate. Qualche anno fa davanti al campo di Shuafat, Israele ha costruito un Muro ponendo sul versante cisgiordano questo ammasso di edifici di ogni grandezza. Il segnale è stato chiaro: in futuro non farà più parte di Gerusalemme.

Dei profughi dimenticati di Shuafat – originari in buon numero dalla zona ovest di Gerusalemme – si riparla di nuovo perché una settimana fa un 22enne palestinese, Odai Tamimi, ha sparato al posto di blocco israeliano da distanza ravvicinata e ha ucciso una soldatessa e si è dileguato nel campo. Lo cercano ancora. Nel frattempo, ingenti forze israeliane hanno circondato i punti di ingresso e di uscita del campo paralizzando la vita dei suoi abitanti. Le restrizioni hanno scatenato un’esplosione di rabbia tra i profughi, sfociata in scontri con la polizia. Fleur Hassan-Nahoum, la vicesindaca israeliana di Gerusalemme, ha descritto il confinamento di migliaia di suoi concittadini come una «questione di sicurezza» ma ha riconosciuto che l’amministrazione comunale fa molto poco per gli abitanti di Shuafat.

«Non si può far ricadere la responsabilità di quanto accaduto (una settimana fa) su decine di migliaia di persone. La chiusura del campo sino ad oggi è stata un disastro», dice Mohammad Abu Ayesh, un infermiere. Gli ammalati bisognosi di cure continue sono stati tra i più penalizzati dal confinamento. Una cinquantina di loro hanno saltato gli appuntamenti con la dialisi, altri non hanno potuto curarsi per forme gravi di diabete. Quasi tutti i 15mila studenti sono rimasti a casa per giorni.

Anche in tempi normali Shuafat è una sorta di baraccopoli con cumuli di immondizia fumanti. Gli abitanti si sentono abbandonati. «Siamo a Gerusalemme e Haram al Sharif (la Spianata delle moschee) è a pochi minuti d’auto ma non riusciamo a sentirci parte della città, è come se vivessimo in un altro posto», spiega Majdi, un commerciante nato e cresciuto nel campo. I palestinesi di Gerusalemme pagano le tasse municipali israeliane ma ricevono solo una frazione dei servizi comunali. Quelli di Shuafat quasi nulla. L’acqua scarseggia in alcune zone e i blackout dell’elettricità sono frequenti. I servizi fognari sono precari, le strade sono piene di buche e il servizio di raccolta dei rifiuti in pratica è inesistente.

Le tensioni di questi ultimi giorni hanno coinvolto i giovani, metà della popolazione del campo. Ragazzi che non hanno speranze nella politica e nella diplomazia e che seguono, spesso con ammirazione, la nascita di formazioni militanti in Cisgiordania. Tra loro nessuno condanna l’attentato alla soldatessa e tutti applaudono a Iman Shajaja, il palestinese ucciso venerdì sera mentre tentava di infiltrarsi nella colonia israeliana di Bet El. «Non abbiamo avuto nulla, ogni giorno gli israeliani uccidono palestinesi, ci prendono le terre e minacciano Al Aqsa. Dovremmo restare a guardare?» domanda Farid, 19 anni appena compiuti. Pagine Esteri

*Questo articolo è stato pubblicato il 16 ottobre da Il Manifesto

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Da oggi nei cieli europei esercitazioni aeree della NATO di guerra nucleare


L’annuncio delle manovre militari giunge dopo gli avvertimenti di Putin che non ha escluso l’utilizzo di testate tattiche nel caso in cui le forze armate ucraine minacciassero la sicurezza interna della Federazione russa. L'articolo Da oggi nei cieli eur

di Antonio Mazzeo*

Pagine Esteri, 17 ottobre 2022 – Mosca e Washington si scambiano inquietanti minacce di escalation bellica e la NATO non trova di meglio che giocare alla guerra nucleare nei cieli di mezza Europa. Prende il via lunedì 17 ottobre l’esercitazione “Steadfast Noon” (Mezzogiorno costante) a cui partecipano le aeronautiche militari di 14 paesi dell’Alleanza Atlantica con oltre 60 cacciabombardieri di quarta e quinta generazione, aerei di sorveglianza e intelligence e velivoli cisterna per il rifornimento in volo. “L’esercitazione che si concluderà il prossimo 30 ottobre è un’attività di addestramento ricorrente e di routine è non è legata a nessuno degli eventi mondiali odierni”, prova a tranquillizzare l’ufficio stampa della NATO che però aggiunge che “le forze aeree alleate eserciteranno le proprie capacità di deterrenza nucleare nell’Europa nord-occidentale, in particolare in Belgio, paese ospitante, il Mare del Nord e il Regno Unito”. Ai war games saranno presenti pure due bombardieri strategici B-52 a lungo raggio di US Air Force provenienti dalla base di Minot, North Dakota.

“No live weapons are used”, promette l’ufficio stampa dell’Alleanza. Per gli strateghi della NATO adesso è Mezzogiorno Costante e l’uso di testate atomiche è solo simulato. Sono invece migliaia gli scienziati sparsi per il pianeta che avvertono allarmati come l’Orologio dell’Apocalisse segna meno di due minuti dalla Mezzanotte nucleare già da un paio di anni prima lo scoppio del brutale conflitto fratricida russo-ucraino. “Il nuovo Concetto Strategico dell’Alleanza, adottato dai leader alleati al Summit di Madrid di giugno, chiarisce che lo scopo fondamentale della capacità nucleare della NATO è quello di preservare la pace, prevenire la coercizione e scoraggiare l’aggressione”, enfatizzano i promotori di “Steadfast Noon” “Il documento sottolinea che fino a quando esisteranno le armi nucleari, la NATO rimarrà un’alleanza nucleare. L’obiettivo della NATO e un mondo più sicuro per tutti; noi cerchiamo di creare un ambiente sicuro per un mondo senza armi nucleari”. (1)

L’annuncio dell’esercitazione aerea giunge un paio di settimane dopo le gravi dichiarazioni di Vladimir Putin che non ha escluso l’utilizzo di testate tattiche nel caso in cui le forze armate ucraine ottenessero altre importanti vittorie sul campo minacciando la “sicurezza interna” della Federazione russa. Inoltre contemporaneamente a “Steadfast Noon” anche le forze armate di Mosca simuleranno una guerra nucleare con l’esercitazione denominata “Grom” (Tuono), anch’essa organizzata annualmente per testare le capacità di attacco di cacciabombardieri, sottomarini e sistemi missilistici strategici.

A conclusione del recente vertice dei ministri della difesa NATO, il segretario generale Jens Stoltenberg ha ribadito la volontà dell’alleanza di svolgere i war games nucleari nonostante l’escalation della crisi politico-diplomatica e militare tra l’occidente e Mosca. “Steadfast Noon viene organizzata ogni anno per mantenere la nostra capacità di deterrenza sicura ed efficace”, ha dichiarato Stoltenberg. “Le velate minacce nucleari di Putin sono pericolose e irresponsabili. La Russia sa bene che una guerra nucleare non può essere vinta e che non deve mai essere combattuta. Si invierebbe un segnale davvero pessimo se all’improvviso dovessimo cancellare adesso un’esercitazione di routine, pianificata da lungo tempo, solo perché c’è la guerra in Ucraina. La NATO continuerà a monitorare strettamente le forze nucleari russe, e non c’è stato alcun cambiamento nella postura nucleare della Russia”. (2)

Alla vigilia di “Steadfast Noon” il ministero della difesa britannico ha allertato la popolazione civile sugli intensi movimenti aerei che interesseranno per due settimane buona parte del paese (le regioni dello Yorkshire, East Riding, Lincolnshire, Nottinghamshire, Northumberland, Tyne & Wear, Durham, Cumbria, e Lancashire) (3). Cuore operativo dei war games sarà però la base aerea di Kleine Brogel, Belgio, una delle infrastrutture NATO destinate ad ospitare le armi nucleari “ammodernate” B61-12. “Si tratta di bombe di gravità tre volte più precise delle B61-3/-4 attualmente stoccate nella base”, ha documentato il noto ricercatore Hans Kristensen, direttore della Federation of American Scientists. “L’accresciuta precisione dipende dal nuovo kit di guida della coda che consentirà di colpire gli obiettivi con maggiore efficacia rispetto all’odierna versione delle B61. Come quelle esistenti, le B61-12 copriranno quattro range selezionabili di potenza, da 1 a circa 50 kiloton. Ma con la maggiore precisione, il pianificatore di un attacco sarà in grado di scegliere una più ridotta opzione di strike e di creare così un minore fallout radioattivo, o di attaccare obiettivi che richiedono oggi bombe con un più alto livello strategico”. (4) Le “nuove” testate sono destinate ad armare i cacciabombardieri di quinta generazione come gli F-35 “Lighting II” in dotazione ad alcuni dei paesi dell’alleanza, primi fra tutti Stati Uniti d’America, Italia e Belgio.

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Non è dunque casuale che proprio le esercitazioni “Steadfast Noon” vengono svolte annualmente a rotazione in un paese europeo diverso, utilizzando sempre le basi aeree in cui vengono stoccate le testate nucleari tattiche. L’edizione 2021 ha interessato i cieli dell’Italia settentrionale e centrale mentre i cacciabombardieri alleati hanno operato dalle basi aeree di Aviano (Pordenone) e Ghedi (Brescia) dove sono ospitate le B-61. Anche per quest’anno è comunque previsto l’impiego di queste due basi settentrionali e dei velivoli da guerra dell’Aeronautica militare. “Nei prossimi giorni in un bunker sotterraneo nelle campagne bresciane due bombe nucleari tattiche verranno tolte dagli scrigni corazzati”, scrive il giornalista Gianluca Di Feo di Repubblica. “Avieri americani ripeteranno le procedure di attivazione delle testate, poi formalizzeranno la consegna ai militari italiani. Gli ordigni in realtà non lasceranno la base, ma nel giro di pochi minuti una coppia di caccia Tornado decollerà dalla pista di Ghedi simulando un’incursione per sganciare quelle armi atomiche. La stessa scena avverrà nell’aeroporto statunitense di Aviano e in altre installazioni tedesche, olandesi, belghe e turche: tutto il dispositivo nucleare tattico della NATO in Europa si mobiliterà come se fosse arrivato il giorno dell’Armageddon. I cieli italiani, soprattutto quelli dell’Adriatico a nord di Pescara, saranno il teatro principale delle manovre”. (5) E’ prevedibile invece che i giochi di guerra alleati si spingano ancora più a sud in Italia: l’aeroporto di Amendola, in provincia di Foggia, è infatti lo scalo impiegato per i decolli dei cacciabombardieri F-35 dell’Aeronautica predisposti per gli strike nucleari. Due di questi velivoli sono stati consegnati negli scorsi mesi di giugno-luglio al 6° Stormo di Ghedi, dopo aver concluso il ciclo di test addestrativi in Puglia. (6)

In questi giorni la NATO sta svolgendo anche una massiccia attività navale nell’Atlantico e nel Mediterraneo (Neptune Strike 2022.2). Le operazioni hanno preso il via ufficialmente venerdì 14 ottobre dal quartier generale della Strike Force NATO di Oeiras, Portogallo, e vedono la partecipazione di unità da guerra e sottomarini di Stati Uniti, Albania, Canada, Croazia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Nord Macedonia, Polonia, Regno Unito, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Ungheria e Turchia. Si tratta della quarta tranche di esercitazioni Neptune svolte dopo l’aggressione russa dell’Ucraina (nel 2021 erano state due in tutto l’anno).

“Neptune Strike 2022.2 e la serie di esercitazioni navali Neptune continuano ad abilitare multiple e uniche opportunità di addestramento a livello di teatro, necessarie a integrare le capacità di guerra marittima di fascia alta di un gruppo navale condotto da una portaerei a supporto della deterrenza alleata e delle richieste di difesa dell’Europa”, spiega il Comando delle forze navali USA. Il gruppo navale nello specifico è quello capitanato dalla portaerei a propulsione nucleare “George H.W. Bush” di US Navy. A riprova della gravità dell’odierna crisi NATO-Russia va segnalato che un gruppo navale con portaerei USA non veniva posto sotto il comando marittimo dell’Alleanza dalla fine della guerra fredda e quello del “George H.W. Bush” è il terzo carrier strike group di US Navy che opera in ambito NATO nel corso del 2022. (7)

Perplessità sulle modalità di conduzione delle esercitazioni nucleari interalleate sono state espresse dal generale Leonardo Tricarico, già Capo di stato Maggiore dell’Aeronautica e odierno presidente della Fondazione ICSA (Intelligence Culture and Strategic Analysis). “Il fatto che ci sia un’esercitazione nella quale sia previsto l’uso dell’arma nucleare è un fatto assolutamente normale; quello che non è normale è che lo si dica”, ha spiegato Tricarico a Fanpage.it. “Fino ad oggi la strategia comunicativa della NATO prevedeva che certe informazioni – come questa – rimanessero molto riservate per evitare allarmismi eccessivi. Immagino che questa ulteriore sortita pubblica di Stoltenberg sia stata il frutto di una concertazione con tutti i Paesi alleati (…) In passato il segretario generale della NATO è stato protagonista di uscite non concordate e qualche volta in questi 7 mesi è andato oltre le sue competenze”.

“I reparti devono essere sempre pronti e addestrati: a questo servono le esercitazioni”, ha aggiunto l’ex Capo dell’Aeronautica. “Non so se questa avrebbe potuto essere rimandata, ma di certo si tratta di un’attività di routine, ordinaria amministrazione per la NATO. Quello che preoccupa, semmai, è che non si tratta di un segnale di distensione. Sembra, al contrario, che tutte le parti siano interessate all’aumento delle tensioni. Questo è in assoluto sbagliato e pericoloso: servirebbe qualche segnale diverso. Finché ci si limita alle esercitazioni non vedo grossi problemi, facciano pure. Ma di questo passo temo non arriveremo mai a niente di buono…”. (8)

Se ne accorge un (ex) vertice militare; politici e uomini di governo plaudono invece alla corsa alle armi e alla guerra. Pagine Esteri

Note:

(1) nato.int/cps/en/natohq/news_20…

(2) defense.gov/News/News-Stories/…

(3) gov.uk/government/publications…

(4) fas.org/blogs/security/2021/10…

(5) repubblica.it/esteri/2022/10/1…

(6) it.insideover.com/difesa/conse…

(7) news.usni.org/2022/10/14/georg…

(8) fanpage.it/attualita/il-genera…

3156014*Antonio Mazzeo è un giornalista ecopacifista e antimilitarista che scrive della militarizzazione del territorio e della tutela dei diritti umani. Con Antonello Mangano, ha pubblicato nel 2006, Il mostro sullo Stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il Ponte (Edizioni Punto L, Ragusa). Del 2010 è il suo I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina (Edizioni Alegre).

L'articolo Da oggi nei cieli europei esercitazioni aeree della NATO di guerra nucleare proviene da Pagine Esteri.



CISGIORDANIA. Morto ragazzo palestinese ferito, ucciso Odai Tamimi


E' spirato Mohammed Nouri, 16 anni, colpito dall'addome durante proteste contro l'occupazione a Betounia. Ieri invece è stato ucciso al posto di blocco della colonia di Maale Adumin, Odai Tamimi, ricercato dopo l'uccisione di una soldatessa a Shuafat. L'

di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 20 ottobre 2022 – Si allunga l’elenco di adolescenti palestinesi uccisi dall’inizio del 2022 dalle forze armate israeliane in Cisgiordania. Nella notte è spirato Mohammed Nouri, 16 anni, colpito dall’addome circa un mese fa da proiettili sparati da soldati israeliani durante proteste contro l’occupazione a Betounia (Ramallah). Domenica un altro palestinese era stato ucciso, sempre durante proteste, a Qarawat Bani Hassan nel nord della Cisgiordania. Ieri sera invece è stato ucciso al posto di blocco di Maale Adumin (Gerusalemme Est), il più grande degli insediamenti coloniali israeliani nei Territori palestinesi occupati, Odai Tamimi, il 22enne palestinese ricercato da Israele perché ritenuto il responsabile dell’uccisione due settimane fa circa di una soldatessa al posto di blocco del campo profughi di Shuafat (Gerusalemme). Tamimi, che si riteneva nascosto nel campo di Shuafat, ieri sera, secondo le autorità israeliane e un filmato che circola sui social, ha attaccato a colpi di pistola i militari all’ingresso di Maale Adumin, ferendone uno, ed è stato poi colpito a morte.

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Sono circa 110 i palestinesi uccisi da Israele in Cisgiordania dall’inizio dell’anno. Molti erano combattenti armati, molti altri civili e adolescenti. Gran parte delle morti palestinesi sono avvenute dopo gli attacchi armati compiuti da giovani della Cisgiordania che hanno provocato la scorsa primavera 18 morti in Israele. Da allora l’esercito israeliano è impegnato in una operazione fatta di incursioni quotidiane nei centri abitati palestinesi. Operazione che nelle intenzioni dichiarate dai comandi israeliani dovrebbe “mettere fine al terrorismo”. Sul terreno però l’elevato numero di morti palestinesi e i ripetuti raid hanno innescato una reazione sempre più armata da parte di giovani palestinesi che dichiarano di voler combattere l’occupazione israeliana che dura da 55 anni.

La crescita significativa della resistenza armata – che raccoglie entusiasmo tra la popolazione dei Territori occupati – preoccupa l’Autorità nazionale palestinese (Anp) del presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen), oggetto di dure critiche da parte dell’opinione pubblica in Cisgiordania anche per la sua cooperazione di sicurezza con le autorità israeliane. I suoi dirigenti stanno provando, con scarsi risultati, a dare una immagine migliore e più nazionalista dell’Anp.

Con questo intento, scortato da decine di agenti dei reparti di massima sicurezza, il primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Muhammad Shtayyeh, domenica ha raggiunto Jenin, città simbolo della resistenza armata, e nel campo profughi locale ha preso parte ai riti funebri per Muhammad Turkman responsabile di un attacco contro un autobus di soldati nella Valle del Giordano. Shtayyeh è apparso accanto a Fathi Khazem, padre dei fratelli Raad e Abdel Rahman Khazem, entrambi uccisi da Israele (il secondo è stato autore di una sparatoria a Tel Aviv che ha fatto tre morti). Il premier ha pronunciato un discorso come se fosse il capo della lotta armata in corso da settimane contro l’esercito israeliano. «L’occupazione militare non vuole la pace» ha proclamato, «piuttosto ogni giorno alimenta la campagna elettorale (israeliana) con il sangue palestinese…ma il sangue dei nostri martiri non sarà vano. L’oscurità delle prigioni che pagano i nostri prigionieri non sarà vana. Questa lotta è un lungo percorso e Jenin guida l’unità sul campo». Parole che hanno attirato l’attenzione di alcuni commentatori israeliani, tra cui Elor Levy del quotidiano di destra Maariv. «Non ricordo una foto di un primo ministro palestinese al fianco di combattenti», ha scritto, aggiungendo con sarcasmo «questa è la migliore ricetta per calmare la piazza».

Levy guarda le cose dal punto di vista israeliano ma, a conti fatti, non è lontano dalla realtà. L’Anp del presidente Abu Mazen, anche attraverso performance ultranazionaliste come quella messa in atto da Shtayyeh a Jenin, sta facendo il possibile per calmare la situazione e tenere a freno il Battaglione Jenin e «Areen al Aswad» (Fossa dei Leoni), le due principali organizzazioni che, con l’approvazione della maggioranza dei palestinesi, si oppongono, mitra in pugno, alle incursioni dell’esercito israeliano in Cisgiordania. In questi giorni hanno rivendicato attacchi contro postazioni militari e l’uccisione di un soldato. Non è un caso che sia sparito dai riflettori il numero due (di fatto) dell’Anp, Hussein Sheikh, considerato troppo coinvolto in rapporti con Israele per dialogare con i comandanti dei gruppi armati. Nell’Anp pensano di poter gestire la situazione evitando che sfoci in una ampia Intifada armata contro l’occupazione israeliana che finirebbe per allargarsi a tutta la Cisgiordania.

Pochi però credono al successo del tentativo dell’Anp, fragile e, da anni, contestata anche per la cooperazione di sicurezza con Israele. Un fallimento potrebbe aprire la strada all’operazione militare israeliana più ampia da venti anni a questa parte – sul modello di Muraglia di difesa del 2002 – con la rioccupazione della old city e Balata a Nablus e del campo profughi a Jenin, le basi dei combattenti palestinesi. Il primo ministro israeliano Yair Lapid ha tenuto un incontro di emergenza su «Areen al Aswad», durante il quale ha discusso con i capi della sicurezza e il ministro della difesa Gantz le prossime mosse da compiere a Nablus e Jenin. Pagine Esteri

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Attack on net neutrality: EU Commission remains stubborn


In their response to an open letter sent by 54 Members of the European Parliament to the EU Commission in July, the responsible … https://www.patrick-breyer.de/wp-content/uploads/2022/10/Reply-to-letter-from-MEPs-of-12-July-2022.pdf https://www.patrick-b

In their response to an open letter sent by 54 Members of the European Parliament to the EU Commission in July, the responsible EU Commissioners Margrethe Vestager and Thierry Breton claim that the potential introduction of access charges for Internet providers would have nothing to do with net neutrality. They announce their intention to pursue the idea.

According to EU Commissioners Vestager and Breton, internet access providers could be allowed to require payments from online platforms in the future. In their letter of protest to the Commission, MEPs had stressed that the Commission’s plans would be a disastrous return to the former telephony market, where telecom companies exploited their monopolies to make communication expensive. “We call on you to adopt a better strategy to promote connectivity in Europe,” the MEPs’ letter said. The signatories included liberal Claudia Gamon, Internal Market Committee (IMCO) chairwoman Anna Cavazzini (Greens/EFA), Tiemo Wölken (S&D), Cornelia Ernst (Die Linke) and Patrick Breyer of the Pirate Party.

MEP Patrick Breyer, one of the initiators of the letter, comments:

“If you want digital corporations to make a fair contribution to the common good, you need to tax them fairly. But an access fee payable to the telecoms industry would mean the end of net neutrality through the back door. This kind of access charge would radically abolish the long-standing internet principle of net neutrality, which requires internet service providers to provide access to all websites, content and applications at the same speed and under the same conditions, without blocking or favouring content. Access charges risk making internet access expensive and slowing down or even cutting off access to essential internet services. Pirates have fought hard for net neutrality and we will not stand by and let this Commission dismantle it.”

Last week, the European body of telecom regulators (BEREC) published an analysis of the telecom industry’s proposals. The verdict of the neutral regulators is scathing: They warn internet providers could in future exploit their termination monopoly at the expense of their customers and endanger the entire internet ecosystem. The costs for network expansion would continue to be borne by the users.

Despite all this criticism, the EU Commission is sticking to its plans to undermine net neutrality. According to media reports, a public consultation on this topic is planned for the Christmas holidays, which would be another attempt to rush the outcome of the debate and prevent stakeholder participation.


patrick-breyer.de/en/attack-on…

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Spagna: su la spesa sociale, ma è boom della spesa militare


Il governo spagnolo varerà quest'anno la finanziaria più espansiva degli ultimi decenni. Ma è polemica per l'aumento record delle spese militari proprio mentre nel paese crescono povertà e diseguaglianze. L'articolo Spagna: su la spesa sociale, ma è boom

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 19 ottobre 2022 – In molti casi quelli varati da Madrid sono bonus e sconti fiscali che avranno una durata relativa e produrranno effetti parziali. Sicuramente, però, l’esecutivo spagnolo sostenuto dai socialisti e dalle sinistre di Unidas Podemos si sta contraddistinguendo, tra quelli del resto d’Europa, per le numerose misure di carattere sociale adottate negli ultimi mesi.

Sconti ai meno abbienti e più tasse ai più ricchi
Nel tentativo di contrastare gli effetti dell’inflazione trainata dai rincari record dei combustibili fossili – l’ultimo dato, per altro in discesa, segna un più 8,9% annuo – Pedro Sánchez ha varato la scorsa settimana un pacchetto da tre miliardi di euro che aumenta ed estende gli sconti sulla bolletta al 40% delle famiglie del paese.

Pochi giorni prima, il governo spagnolo aveva varato delle misure tese ad alleggerire la pressione fiscale sui redditi più bassi inasprendo leggermente la tassazione su quelli più alti e sui grandi patrimoni. Il provvedimento prevede la creazione di una “tassa di solidarietà” temporanea (in vigore fino alla fine del 2024) sui patrimoni superiori ai 3 milioni di euro. Il tributo, che graverà su 23 mila grandi contribuenti, dovrebbe portare nelle casse pubbliche circa 3 miliardi. Contemporaneamente aumenteranno le agevolazioni fiscali sui redditi da lavoro fino a 21 mila euro lordi, mentre crescerà la tassazione sui redditi da capitale superiori a 200 mila euro. Previsti anche sconti per i lavoratori autonomi e per le società che fatturano meno di un milione.

La Finanziaria più sociale di sempre
Ma è soprattutto la legge di bilancio per il 2023, approvata dal Consiglio dei Ministri il 4 ottobre, a prevedere un forte aumento della spesa sociale approfittando anche dei fondi messi a disposizione dall’Unione Europea. «Sei euro ogni dieci del bilancio verranno destinati alla spesa sociale» ha rivendicato la Ministra delle Finanze, María Jesús Montero.
Complessivamente il disegno di legge prevede una spesa totale di 198 miliardi, in aumento dell’1,1% rispetto al 2022. In un anno la spesa sociale è cresciuta, considerando i fondi europei, da 250 a 275 miliardi.

Il Ministero degli Affari Sociali, guidato dalla leader di Unidas Podemos Ione Belarra, ha sperimentato l’aumento più consistente, ottenendo il 18% delle risorse in più. Il Ministero per l’Uguaglianza, coordinato da Irene Montero (anche lei di UP) avrà il 14% in più di fondi. Tra i provvedimenti più importanti dovrebbe esserci una rivalutazione delle pensioni dell’8,5%, del 6,7% della spesa sanitaria e del 6,6% di quella per l’istruzione. Il testo prevede un aumento degli stipendi della pubblica amministrazione del 4%; il bonus bebè verrà esteso e anche l’importo dell’assegno di disoccupazione verrà aumentato, così come il reddito di cittadinanza. Verranno poi prorogati sia il “bonus cultura” – 400 euro all’anno – sia il “bonus affitto” dell’importo mensile di 250 euro di cui beneficiano i giovani a basso reddito tra i 18 e i 35 anni.

3151579
Aumentano le diseguaglianze

Aumentano le diseguaglianze, Spagna fanalino di coda
Effettivamente, l’investimento nelle politiche sociali del governo rosso-viola è consistente, e ora si spera di vederne gli effetti. Perché, dal punto di vista sociale, la situazione non è molto confortante. Anche se nell’ultimo anno la disoccupazione è diminuita in modo consistente, infatti, in Spagna le diseguaglianze sono fortemente cresciute, prima per effetto della pandemia e ora per colpa dell’aumento di prezzi e tariffe.
Nel 2021 la breccia tra i settori più ricchi e più poveri della società ha toccato una soglia di attenzione. Il reddito complessivo del 10% più ricco della società è stato 11,8 volte maggiore rispetto a quello del 10% più povero, con un aumento dell’1,3% rispetto al 2020. A denunciarlo è il rapporto annuale della Rete Europea contro la Povertà e l’Esclusione Sociale nello Stato Spagnolo (EAPN-ES). Secondo l’organismo, il reddito del 20% più ricco è aumentato dello 0,4% arrivando a 6,2 volte quello del 20% più povero.

I dati dell’Istituto Nazionale di Statistica di Madrid indicano che anche il coefficiente di Gini segnala un aumento delle diseguaglianze. Avendo raggiunto un massimo di 34,7 punti nel 2014 a causa degli effetti della crisi finanziaria internazionale e delle misure di austerity implementate dal governo spagnolo e dalla Commissione Europea, l’indice che misura la breccia tra ricchi e poveri era poi sceso, per risalire fino a 33 punti nel 2021.
Mentre le fasce più ricche della popolazione hanno continuato ad accumulare ricchezza anche durante la pandemia, quelle alla base della piramide sociale hanno visto notevolmente peggiorare le proprie condizioni di vita, restando fuori dalla maggior parte dei bonus e degli sconti varati dall’esecutivo che hanno aiutato soprattutto i redditi medi e medio-bassi. Secondo gli ultimi dati disponibili, il 10,3% della popolazione dello Stato Spagnolo è in una condizione di povertà severa e il 21,7% è a rischio povertà. Anche se la Spagna è diventata la quarta potenza economica dell’Unione Europea, Juan Carlos Llano Ortiz – responsabile del rapporto dell’organismo – ha ricordato che nella classifica continentale della povertà e della diseguaglianza peggio di Madrid fanno solo Bulgaria, Romania e Lettonia.
Per ridurre la tendenza, spiega il presidente dell’EAPN Carlos Susías, occorrerebbero misure e riforme strutturali delle politiche sociali e del lavoro, non bonus o sconti temporanei.

«La finanziaria più militarista di sempre»
È comprensibile quindi che le scelte del governo, per quanto in discontinuità con quelle di altri paesi europei, siano oggetto di critiche anche forti da parte dei sindacati e delle organizzazioni sociali. In particolare, è stato il boom della spesa militare, previsto dalla “finanziaria più espansiva degli ultimi decenni”, a scatenare le polemiche più dure e persistenti.
Pedro Sánchez, che ha già messo Madrid in prima linea nel sostegno militare all’Ucraina, vuole assolutamente portare il budget della Difesa al 2% del Pil, in ossequio agli impegni assunti con l’Alleanza Atlantica. Per questo, la pattuglia dei ministri socialisti ha imposto un aumento delle spese militari del 25,8%, portandole ufficialmente da meno di 10 a 12,8 miliardi di euro.

Il ministro Montero ha spiegato che l’aumento previsto in bilancio è teoricamente “solo” del 6,5%, quindi inferiore a quello ottenuto dai ministeri sociali, ma sale all’8,4% se si considerano i fondi europei – che copriranno soprattutto gli aumenti salariali e pensionistici per il personale delle forze armate – per poi lievitare di altri 5 miliardi, previsti dai “programmi speciali di ammodernamento” e da una serie di “crediti straordinari”. La maggior parte di questo ultimi serviranno per massicci acquisti dall’industria militare nazionale che, promette il premier, contribuiranno a creare circa 23 mila nuovi posti di lavoro.

3151581
Accelera l’aumento della spesa militare

Podemos ingoia il rospoUna parte di Podemos, dopo aver chiuso l’accordo sul bilancio 2023 con i socialisti, ha accusato alcuni ministeri di aver “truccato” le voci del comparto in questione, così da nascondere parte dell’aumento della spesa militare. In particolare Pablo Echenique ha definito «una vergogna» e un «prova di slealtà» la decisione del governo di aumentare «in maniera unilaterale» il budget della Difesa.

Ma sia Montero che la ministra della Difesa Margarita Robles hanno subito replicato che tutti i ministri di UP erano stati messi al corrente già durante la trattativa dell’escamotage contabile adottato.
Per la coalizione di sinistra il rospo da ingoiare è davvero notevole. Da quando è alla Moncloa con l’appoggio determinante dei viola, infatti, Pedro Sánchez ha aumentato complessivamente in tre anni la spesa militare ufficiale del 42,5%, ed è intenzionato a mantenere la tendenza se vincerà le elezioni politiche del prossimo anno.
Dentro Unidas Podemos si è sviluppato un forte dibattito destinato a crescere nella fase della discussione e dell’approvazione del provvedimento. I viola si dicono contrari all’aumento spropositato delle spese militari, ma evitano di mettere sul piatto la possibile rottura dell’alleanza di governo, citando le misure sociali ottenute spesso proprio grazie alla pressione esercitata su Sánchez dalla coalizione di sinistra.

Nelle statistiche ufficiali sulle spese militari stilate dalla Nato, la Spagna finora era in fondo alla classifica con solo l’1,03% del proprio Pil (meno spendeva solo il Lussemburgo). Ben poca cosa rispetto al 3,7% della Grecia, al 3,5% degli Stati Uniti o anche al 2,1 del Regno Unito, all’1,9 della Francia, all’1,5 dell’Italia o all’1,4 della Germania.

A quanto ammontano, veramente, le spese militari della Spagna?
La verità, denunciano però i dati resi pubblici dal Centro Delàs di Studi per la Pace, è che la reale entità della spesa militare di Madrid è assai più consistente di quella dichiarata se oltre al budget del Ministero della Difesa si considerano gli stanziamenti per il comparto militare gestiti da altri dicasteri. Ad esempio l’organismo include nel conteggio circa 1,6 miliardi – con un aumento del 126% rispetto al 2022 – di fondi concessi al Ministero dell’Industria per attività di “ricerca e sviluppo” di apparati militari.

Alla fine, quest’anno, il comparto potrà contare complessivamente su ben 27,6 miliardi di euro, più del doppio del budget ufficiale; il che vuol dire che la Spagna spenderà il prossimo anno quasi 76 milioni di euro al giorno per i suoi apparati di guerra. Bypassando gli artifici contabili, quindi, «Madrid già nel 2023 dedicherà ben il 2,17% del suo Pil a spese di carattere militare» spiega il Centro Delàs in un rapporto pubblicato nei giorni scorsi. Per ogni dieci euro spesi dallo stato, ben tre andranno al comparto militare. Una tendenza che anche l’ex premier e segretario del Partito Socialista José Luis Rodriguez Zapatero ha criticato come “pericolosa” nel corso di un suo intervento. Da parte sua, il deputato e dirigente di Esquerra Republicana de Catalunya Gabriel Rufiàn – partito che sostiene criticamente la maggioranza – ha definito il bilancio in via di approvazione «la finanziaria più militarista della storia».

Lo scudo antimissile europeo
A rinfocolare le polemiche e gettare più di un’ombra sugli obiettivi sociali del governo Sánchez ci ha pensato la ministra Robles, che nel corso di un’intervista ha affermato la volontà del suo governo di aderire al cosiddetto “scuso antimissile europeo” proposto da Berlino. Finora al progetto di una difesa aerea e antimissile comune europea hanno aderito 15 paesi del continente. «La Spagna non esclude nulla, è un alleato serio, responsabile e impegnato. Collaboriamo e partecipiamo in modo permanente e crediamo nella difesa collettiva”» ha dichiarato la ministra della Difesa di Madrid. E questo nonostante la Spagna, così come la Francia, il Portogallo e l’Italia non siano state incluse, per motivi geografici, nel progetto. – Pagine Esteri

3151583* Marco Santopadre, giornalista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e del Nord Africa. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale.

LINK E APPROFONDIMENTI:

eldiario.es/economia/desiguald…

europapress.es/nacional/notici…

elsaltodiario.com/opinion/pere…

database.centredelas.org/la-de…

eapn.es/actualidad/1542/la-pan…

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Ucraina: presto che è tardi


Sarebbe ora che USA, Europa, NATO ci dicessero chiaramente quali sono gli obiettivi. La sconfitta della Russia e magari l’invasione di Mosca o l’assassinio di Vladimir Putin o il raggiungimento di una tregua d’armi che porti a colloqui di pace?

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Ucraina – Russia: NASAMS, ‘game-changer’ della guerra?


Potrebbero essere la svolta della guerra in Ucraina i ‘National Advanced Surface-to-Air Missile System’ (NASAMS) noti anche come Norwegian Advanced Surface-to-Air Missile System per via dell’azienda norvegese Kongsberg Defense & Aerospace (KDA), coinvolta nello sviluppo insieme alla divisione Raytheon Missiles & Defense della società statunitense Raytheon Technologies? È questa la domanda che analisti, ma anche politici, […]

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Iniziata l’evacuazione dei civili da Kherson, mentre proseguono i bombardamenti sulle città. E dal Cremlino Putin dichiara la legge marziale nei territori ucraini annessi con i referendum farsa.


Equilibrio dinamicoFrenare i prezzi del gas senza metterne a repentaglio i volumi. Questa la missione a cui è chiamata la Commissione Europea che ieri ha presentato un nuovo pacchetto di misure contro la crisi energetica.


PoveraMente


I poveri hanno traslocato. Abitavano le parole dei politici di destra e le pagine dei giornali a quella vicini, ora si trovano nelle pagine vicine alla sinistra, in attesa che i politici di quella parte ritrovino la favella. Nessuno sembra porsi il proble

I poveri hanno traslocato. Abitavano le parole dei politici di destra e le pagine dei giornali a quella vicini, ora si trovano nelle pagine vicine alla sinistra, in attesa che i politici di quella parte ritrovino la favella. Nessuno sembra porsi il problema di come governare, in compenso tutti sanno come fregare chi governa, usando dosi massicce di demagogia, che nella vulgata populista può ben tingersi di qualsiasi colore. I poveri veri, però, non sono solo un problema serio, sono anche in gran parte sconosciuto. Anche perché neanche abbiamo una banca dati unica degli assistiti.

Sono anni che il numero dei poveri cresce. Anche quando cresce la ricchezza prodotta. Singolare. Frutto di una inversione logica: si crede di far crescere la spesa per l’assistenza perché aumentano le persone da assistere, invece le persone da assistere crescono perché cresce la spesa dell’assistenza. Quella spesa non sta aiutando i poveri, li sta moltiplicando. Ciò avviene più per imperizia che per scelta. La sola cosa che sanno dire, per rispondere all’evidenza e all’obiezione, è: tu neghi che esistano poveri e pensi vada tutto bene. Invece credo esistano, che non li si riconosca e che quindi vada decisamente male.

Secondo le dichiarazione dei redditi, presentate da 41 milioni e mezzo di italiani, ben 10 milioni affermano (dati 2019, anno con occupazione in crescita) di avere perso soldi o di avere incassato al massino 7.500 euro. In un anno. Rapportati al complesso della popolazione significa che 14 milioni e mezzo di italiani vivono con all’incirca 320 euro al mese.

Aggiungete altri più di 8 milioni di contribuenti (con i familiari da mantenere quasi 12 milioni di italiani) che dichiarano di vivere con, in media, 940 euro al mese. A questo punto delle due l’una: o i poveri sono molti di più dei tantissimi che si contano, oppure li si sta contando in modo sbagliato. Rivelatore è il gettito Iva: al Sud è pari a circa 600 euro l’anno a testa, al Nord e al Centro a 2.900. Sul serio al Sud si consuma 5 volte meno che nel resto d’Italia?

Coerentemente l’abbondante maggioranza dei percettori di reddito di cittadinanza si trova al Sud, però la Caritas fa osservare che la stragrande maggioranza di quelli che le si rivolgono per bisogni alimentari, al Nord e al Centro, non percepisce quel reddito. Questo significa:

  • i poveri ci sono eccome;
  • non sappiamo chi sono, talché l’assistenza va a non pochi che barano;
  • non lo sappiamo perché la nostra lente fiscale è un vetro rotto caduto nella pece.

Però ci si comporta come un cieco che ha battuto contro un muro e, anziché cambiare direzione, si convince che ci deve mettere più forza e impeto, sperando di attraversarlo.

Anche il mondo cattolico sembra avere perso la bussola. Visto che il terzo settore, nel quale ha una presenza significativa, funziona meglio dell’elargizione di quattrini (lo spiegò Ernesto Rossi nel 1946), tanto varrebbe spendere per aiutarlo, anziché per estinguerne la necessità.

Poi arriva la Banca d’Italia e certifica quel che sapevamo: per chiudere una causa civile in Italia ci vuole troppo tempo, ma al Sud il doppio, quindi le imprese scappano. Poi arrivano i test Invalsi e raccontano quel che sappiamo: al Sud i voti di maturità sono più alti, ma la preparazione mediamente più bassa.

Essendo, mediamente, inaccettabilmente bassa in tutta Italia. Ed eccola qua, la nostra fabbrica della miseria. Che diventa anche morale quando non si opera per cancellare arretratezza e bisogno, ma per assopirli nei bassi consumi. Un genitore povero ha un’ambizione e un diritto, quello di pensare che i figli potranno vivere una vita migliore. Invece l’assistenzialismo produce rassegnazione, che diventa sommossa ove negato. Ed è così che mi tocca, da orgoglioso terrone, assistere alla ferocia con cui si nega il futuro in nome della bontà.

Certo che ci sono i poveri. E ce ne saranno sempre di più se si continuerà a comprarne il voto e divertirsi a colorarli politicamente.

La Ragione

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20º Congresso del Partito Comunista Cinese: ‘socialismo cinese’ tra sviluppo e ordine


“Rimane il fatto che capire la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando” (P. Roth, Pastorale americana) Xi Jinping ha aperto il XX Congresso del Partito comunista cinese, parlando oltre 1 ora meno che nel […]

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Turchia – Venezuela: un’alleanza esotica dell’era multipolare


Le relazioni internazionali dinamiche e spesso volubili degli ultimi dieci anni hanno talvolta portato a esiti inaspettati come la conclusione di molte alleanze interessanti. Una delle alleanze più esotiche, almeno a prima vista, è la crescente partnership tra Venezuela e Turchia. Le relazioni turco-venezuelane hanno conosciuto un drammatico aumento e fioritura negli ultimi cinque o […]

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La battuta d’arresto della Russia a Samarcanda


Dal 15 al 16 settembre 2022, l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SCO) ha tenuto il suo 22° vertice annuale a Samarcanda, in Uzbekistan. A differenza dei precedenti vertici SCO, Samarcanda ha fatto notizia a livello internazionale in una settimana in cui i titoli dei giornali erano dominati dal lutto per la regina Elisabetta e […]

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Patto sociale: origini, trasformazioni e proiezioni in Russia


L’instabilità geopolitica, l’aggravarsi dei rapporti tra democrazie liberali e autocrazie crescenti, e le turbolenze sociopolitiche ed economiche all’interno degli stessi Paesi sviluppati ci costringono a cercare risposte alle domande relative alle cause di questo stato del mondo moderno. In condizioni di crescente incertezza, la questione del futuro del mondo diventa ancora più cruciale e acuta. […]

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Non diamoci del tu. La separazione delle carriere – Giuseppe Benedetto


Presentazione del libro Tutto il libro dovrebbe essere attentamente studiato alla scuola della Magistratura, perché smentisce definitivamente le apocalittiche obiezioni che l’Anm ci propina in occasione anche delle più moderate proposte riformatrici, come

Presentazione del libro


Tutto il libro dovrebbe essere attentamente studiato alla scuola della Magistratura, perché smentisce definitivamente le apocalittiche obiezioni che l’Anm ci propina in occasione anche delle più moderate proposte riformatrici, come l’ultima della Ministra Cartabia.

Dalla prefazione di Carlo Nordio.

Che il giudice e l’accusatore siano colleghi è una singolarità tutta italiana. Un’anomalia politica e sociale che si perpetua da decenni. Questo libro evidenzia tale stortura ed auspica un cambiamento radicale del sistema giustizia, illustrando l’urgente necessità della separazione delle carriere affinché si possa raggiungere realmente l’autonomia della giurisdizione. Un rigoroso lavoro di approfondimento scientifico, una minuziosa cura della ricostruzione storica, uno scrigno di passione civile che emerge da ogni pagina, questo e tanto altro è Non diamoci del tu.

Tour presentazione del libro


Il tour è in fase di organizzazione

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Breve biografia dell’autore

Giuseppe Benedetto è il presidente della Fondazione Luigi Einaudi, fondata nel 1962 da Giovanni Malagodi e faro della cultura liberale in Italia. Avvocato penalista, ha svolto importanti funzioni pubbliche ed è stato esponente nazionale del Partito Liberale italiano. Ha dedicato tutta la sua vita alla difesa delle libertà e dei diritti civili.

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L’Ucraina ha un problema con la Russia, non con Putin


L’invasione dell’Ucraina di Vladimir Putin sta rapidamente fallendo, ma la maggior parte degli ucraini è ben consapevole che la Russia continuerà a rappresentare una minaccia esistenziale per la loro nazione per i decenni a venire. Con la guerra in corso già da otto mesi, la stanchezza è sempre più un fattore determinante. È quindi fondamentale […]

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Perché la Crimea è la chiave della guerra in Ucraina


Le esplosioni che hanno danneggiato il ponte di Kerch quasi due settimane fa hanno rimesso in luce il significato strategico della penisola di Crimea, che la Russia ha sequestrato all’Ucraina nel marzo 2014. Poco prima dell’attacco al ponte, Elon Musk aveva twittato un piano per porre fine alla guerra in Ucraina. Musk aveva esortato l’Ucraina a […]

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Una giustizia che fa paura


Non basta il dolore provocato dal devastante terremoto dell’Aquila del 2009. Ci vuole un sovrapprezzo da parte della giustizia. Nella fattispecie, un giudice che con pensoso arzigogolo giuridico (non c’è da dubitare che sia tutto ‘legale’), stabilisce, con regolare sentenza in nome del popolo italiano, che il risarcimento ai familiari di tre dei 24 condomini […]

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PODCAST. Francesca Albanese: “Realizzare subito il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione”


Francesca Albanese, neoeletta Relatrice speciale (Rs) delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati dal 1967, ha presentato il suo primo rapporto al Consiglio per i diritti umani, che è stato diffuso ieri. Il ra

Pagine Esteri, 19 ottobre 2022 – Insiste sul diritto all’autodeterminazione negato ai palestinesi, l’occupazione israeliana che dura da 55 anni e la condizione di Apartheid nei Territori occupati del 1967, il rapporto diffuso ieri della Relatrice speciale per i diritti umani Francesca Albanese.

Il documento ribadisce che “l’occupazione israeliana è illegale perché si è rivelata non temporanea, è gestita contro gli interessi della popolazione occupata, ha portato all’annessione di fatto del territorio occupato, violando la maggior parte degli obblighi imposti agli occupanti dal diritto internazionale”. Ascoltiamolo dalla voce della stessa Francesca Albanese.
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Robenson Glesile: USA e ONU sono stati qui per anni ma Haiti non riesce a respirare


Lo scrittore haitiano, analista politico e attivista per i diritti umani racconta a Pagine Esteri qual è la situazione nel Paese più povero del continente americano e quale potrebbe essere la soluzione per superare una crisi che non nasce certo oggi. L'a

di Davide Matrone –

Pagine Esteri, 19 ottobre 2022 – Il paese più povero di tutto il continente americano, Haiti, è nuovamente scosso da una grave crisi umanitaria e da una forte instabilità politica. Solo un anno e due mesi fa, il paese fu sconvolto dall’assassinio del Presidente Jovenel Moise sulla cui morte ci sono ancora molte ombre. Dal 7 luglio ad oggi si sono susseguiti due presidenti ad Interim, Claude Joseph durato solo 2 settimane e dal 20 luglio ad oggi è in carica l’attuale presidente Ariel Henry che vede precipitare il suo paese nel baratro. Haiti è considerato tra i paesi più poveri al mondo, con un PIL pro-capite di 373$ a persona, secondo gli ultimi dati ufficiali del 2020 e questa situazione in alcuni momenti genera crisi alimentari ed epidemie in tutto il paese. Dal mese di ottobre, ritorna il colera dopo una pausa di circa tre anni. Solo tra il 2010 e 2019 per il colera si sono registrati oltre 10 mila morti. L’Organizzazione Mondiale della Salute di fronte a questa gravissima emergenza sanitaria aveva dato accesso a squadre di soccorso nelle zone più colpite dall’epidemia. Tuttavia, le stesse zone oggi sono sotto il controllo di da bande criminali che non permettono l’accesso o un monitoraggio dei quartieri contagiati. Haiti ha bisogno di aiuto umanitario e non di un nuovo intervento militare.

Per saperne di più, ho intervistato l’attivista e difensore dei diritti umani haitiano Robenson Glesile.

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L’attivista per i diritti umani, scrittore e analista politico Robenson Glesile

  • Qual è la situazione attuale ad Haiti?

Haiti sta vivendo uno dei momenti peggiori della sua storia: una crisi sociale ed economica e una situazione di insicurezza che paralizza quasi tutte le attività nella regione metropolitana della capitale, Port-au-Prince. Dopo l’assassinio dell’ex presidente Jovenel Moïse, la situazione nel Paese è peggiorata giorno dopo giorno. Il governo di Ariel Henry, senza legittimità e senza sostegno popolare, non può garantire l’incolumità della popolazione. Mi addolora dirlo, ma Haiti è come una “terra di nessuno”. Con 4 milioni di persone in una situazione di insicurezza alimentare e una nuova epidemia di colera. Haiti non riesce a respirare.

Manifestazione contro l’annuncio del governo dell’aumento del petrolio e di tutti i suoi derivati. 15 settembre 2022


  • Biden ha dichiarato che gli Stati Uniti stanno intervenendo militarmente ad Haiti. Quali sono le tue considerazioni su questa posizione? E perché?

È la classica risposta americana a tutto: l’intervento militare. Dobbiamo ricordare che gli Stati Uniti hanno una grande responsabilità in questa situazione di caos che sta vivendo Haiti. La sua ingerenza permanente negli affari interni del Paese e il suo sostegno ai governi corrotti di Haiti non sono un segreto per nessuno. Dico NO a qualsiasi interferenza o intervento militare straniero ad Haiti. Non hanno mai fornito una soluzione ai problemi di Haiti. Gli Stati Uniti invasero e occuparono Haiti per 19 anni, dal 1915 al 1934, il risultato fu un fallimento. Nel 1991 gli USA appoggiarono il colpo di stato militare contro il primo presidente eletto alle prime elezioni democratiche di Haiti. Tre anni dopo, più di 20.000 soldati statunitensi tornarono ad Haiti con la famosa missione: ripristinare la democrazia. La storia ci mostra chiaramente che gli Stati Uniti non hanno mai fornito soluzioni ai problemi di Haiti. Tutto dipende dalle forze vive di Haiti, il primo paese nero a dire no alla schiavitù nel 1804.

  • Quali sono le responsabilità degli Stati Uniti nell’assassinio di Moise nel 2021?

Finora non ci sono molti progressi nell’amministrazione del 58° presidente di Haiti. Purtroppo, il sistema giudiziario del Paese non è in grado di svolgere un’indagine così complessa. Alcuni sospetti chiave in questo caso sono imprigionati negli Stati Uniti. L’attuale governo di Haiti non ha la volontà di indagare e approfondire questo omicidio. Difficile stabilire le responsabilità degli Stati Uniti in questo assassinio, ma quel che è certo è che gli Stati Uniti sanno quasi tutto quello che accade nel Paese caraibico.

  • Quali sono le responsabilità dell’ONU e dell’OEA di fronte alla crisi in corso ad Haiti?

L’ONU e l’OEA fanno parte del fallimento della comunità internazionale ad Haiti. Le forze delle Nazioni Unite sono state per 13 anni, 2004-2017, nel Paese. Ci hanno lasciato a causa di un’epidemia di colera che ha ucciso più di 10.000 uomini, donne e bambini haitiani. Ricardo Seintenfus, ex rappresentante dell’OEA ad Haiti, esprime chiaramente i fallimenti di questa organizzazione nel Paese. Haiti ha un peso storico che è come un peccato per la comunità internazionale: la sua liberazione radicale. Per queste organizzazioni, Haiti non dovrebbe essere un esempio da seguire. Ecco perché la soluzione deve essere al 100% haitiana.

Manifestazione contro l’insicurezza alimentare, Haiti 16 Febbraio 2022


  • C’è una grave crisi umanitaria nel Paese. In che modo le organizzazioni internazionali stanno intervenendo?

Di recente, il governo di fatto di Ariel Henry ha firmato un decreto che richiede la presenza di una forza speciale nel Paese per risolvere il problema dell’insicurezza e garantire una risposta alla crisi umanitaria. Chiaramente questo governo dimostra di non controllare nulla nel Paese. Le organizzazioni internazionali sono quasi stabilmente presenti ad Haiti e questa crisi non nasce da ieri. Le loro risposte in passato non hanno mai fornito nulla di concreto. Un Paese senza sovranità alimentare è condannato a vivere una crisi umanitaria. L’essenziale in questo momento è raggiungere un accordo politico per garantire la sicurezza del Paese. Attualmente molte aree vulnerabili della regione metropolitana sono sotto il controllo di gruppi criminali.

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Requiem in memoria di Yuri Kerpatenko


Non che la dittatura despotica e imperialista di Putin non si fosse già distinta per ferocia nella repressione degli oppositori politici. Basta richiamare alla memoria il caso Politkovskaja per far cadere ogni barriera ideologica in difesa della Grande Ru

Non che la dittatura despotica e imperialista di Putin non si fosse già distinta per ferocia nella repressione degli oppositori politici. Basta richiamare alla memoria il caso Politkovskaja per far cadere ogni barriera ideologica in difesa della Grande Russia.
Ma l’uccisione del direttore d’orchestra Yuri Kerparenko si fa più sapida perché richiama alla memoria l’esecuzione di Khaled al-Asaad, l’anziano archeologo fatto fuori, decapitato ed esposto alla pubblica gogna a Palmira nel 2015 per mano di quei buontemponi dell’ISIS.

Sul tema della tutela dei beni culturali in tempo di guerra si è discusso lungamente e si continua a discutere.

L’UNESCO è nata, all’indomani della Seconda Guerra mondiale, con precisi scopi a tutela della vita e della civiltà democratica. Tutti i suoi atti dal 1945 in avanti contengono, a uno stadio germinale o in forme pienamente compiute, chiari indirizzi agli stati membri sulla tutela dei beni monumentali e delle opere d’arte in caso di conflitto armato (L’Aia 1954).

La tenuta delle Carte che da quel primo atto sono derivate al patrimonio mondiale è stata sempre precaria, in virtù dell’ipocrita adesione da parte di molti stati a vocazione guerrafondaia: quelli cattivi che la guerra la fanno e quelli buoni che la guerra la procacciano agli altri. Ad ogni buon conto, esse riguardavano le sole cose mobili e immobili, più di recente il patrimonio intangibile (Parigi 2003), ma mai le persone fisiche.

La morte di Khaled al-Asaad ha spostato l’asse semantico del meccanismo di tutela internazionale, significando soprattutto questo: la presa di una nuova coscienza internazionale, volta a considerare gli eroi che si immolano in difesa dei beni culturali e ambientali come nuovi oggetti di tutela.

La persona-memoria, la persona-memento, la persona-monumento.

Come in Fahrenheit 451 di Broadbury-Truffaut, l’eroe Kalhed al-Asaad, l’eroe Yuri Kerpatenko sono destinati a tramandare un sapere di valore inestimabile, il più alto dei saperi che corrisponde con i principi di giustizia e libertà che ispirano la fondazione dell’UNESCO.

Vladimir Putin carnefice, Benito Mussolini carnefice, Iosif Stalin carnefice, Adolf Hitler carnefice, Augusto Pinochet carnefice, Pol Pot carnefice, le Giunte militari sud americane carnefici, Francisco Franco carnefice, l’ISIS carnefice, tutti i dittatori, i despoti e i fanatici tra XX e XXI secolo saranno destinati alla fine ingloriosa che si riserva ai vinti solo se inizieremo a considerare gli eroi della salvaguardia di beni culturali come “monumenti” e la loro morte violenta per mano dei carnefici un crimine contro l’umanità.

Da tali presupposti, gente come Putin non solo non dovrebbe più avere legittimazione alcuna sul piano dei rapporti internazionali, ma andrebbe perseguito per legge e giudicato da un tribunale apposito.

Stabilito a priori questo ineludibile principio di legalità, sul Parnaso Apollo e Mnemosine torneranno a darci sempre nuove muse; siederanno ai loro piedi le figure allegoriche della Giustizia, della Fama e della Libertà; e tutti additando i martiri come Yuri Kerparenko a esempio per il futuro.

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ARABIA SAUDITA. La sofferenza dei prigionieri politici nel silenzio del mondo


Nelle carceri saudite sono rinchiusi centinaia di detenuti per reati d’opinione, nell’indifferenza dell’opinione pubblica se non per sporadici casi che destano scalpore, come quello del poeta Ashraf Fayyad o della studentessa di Leeds Salma al-Shehab, con

di Valeria Cagnazzo

(In copertina Salma al-Shehab e la sua famiglia, fonte: European Saudi Organization for Human Rights/Twitter)

Pagine Esteri, 19 ottobre 2022 – Si chiama mabahith la polizia segreta in Arabia Saudita. Dal 2017, è il braccio armato che Mohammed Bin Salman allunga nelle strade, nei luoghi pubblici, nelle case per reprimere qualsiasi forma di opposizione. L’obiettivo ufficiale dell’organo di Stato è garantire la sicurezza del Paese, difenderlo dal pericolo terrorista e assicurare il rispetto della Sharia, la legge islamica elevata a legge di Stato. I poteri della polizia segreta e della Corte Criminale Specializzata, stabilita nel 2008, hanno confini quantomeno nebulosi. I metodi di arresto, di detenzione, gli interrogatori, i termini della condanna sono arbitrari.

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Difensori dei diritti umani, attivisti, oppositori politici sono stati condannati al carcere in questi ultimi cinque anni, segnati da un progressivo inasprimento delle pene e da un sempre più frequente ricorso alla pena capitale. Secondo l’ONG per i diritti umani Amnesty International, sono già 92 le persone condannate a morte dall’inizio del 2022. Neppure la messa al bando internazionale del regno saudita dopo l’omicidio del giornalista Jamal Kashoggi nel consolato di Istanbul nel 2018 ha frenato la violenta macchina della repressione nel Paese di Bin Salman.

Aveva fatto scalpore, nei mesi scorsi, il rilascio del poeta palestinese Ashraf Fayyad, in carcere da otto anni per apostasia. Nel 2014 era stato arrestato dalla mutaween, la polizia religiosa saudita, organo esecutore del Comitato per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio. Su di lui pendeva l’accusa di aver promosso l’ateismo con il suo libro di poesie (in Italia, il suo libro “Le istruzioni sono all’interno” è edito da Terra d’Ulivi editore). Il suo arresto scatenò una mobilitazione internazionale che coinvolse anche Radio Rai che nella trasmissione Fahrenheit lanciò l’iniziativa “Cento poesie per Ashraf Fayyad”, a cura del poeta Valerio Magrelli. La condanna iniziale alla pena capitale fu commutata nel 2015 in una detenzione di otto anni e 800 frustate.

“Dio sul suo trono

e tu adesso provi

a riparare le tue ali.

Tu sei lì per imparare

una nuova lezione:

che cosa ti sei perso

di quel che fanno gli uccelli

e cosa si può recuperare

dal piumaggio ingrato

che l’acqua non ha troppo infradiciato.

Dio sul suo trono

ti priva della capacità di volare

in modo che tu non possa

sbirciare di nascosto

terrazze di città non avvezze al tuo volo

e che tu non possa sporcare i loro stendibiancheria

con i tuoi escrementi”.

(Poesia di Ashraf Fayyad, traduzione dal francese dell’autrice)

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Ashraf Fayyad

Come lui, anche Loujain al-Hathloul era stata rilasciata l’anno prima, nel 2021. L’attivista era stata arrestata nel 2018, quando non aveva ancora compiuto trent’anni, per la sua militanza nel movimento “Women to drive” che chiedeva la sospensione del divieto di guida per le donne – proscrizione rimossa tre settimane dopo il suo arresto. Durante la sua detenzione, la famiglia ha riferito che la prigioniera sarebbe stata vittima di violenze sessuali, elettroshock, waterboarding (pratica di tortura consistente nell’annegamento simulato). Su Al-Hathloul, dalla sua scarcerazione, pende ancora il divieto di viaggiare per cinque anni e di parlare con i giornalisti.

Loujain is at home !!!!!!
تم الافراج عن لجين pic.twitter.com/fqug9VK6Mj

— Lina Alhathloul لينا الهذلول (@LinaAlhathloul) February 10, 2021

Anche per i prigionieri rilasciati, infatti, la piena libertà resta una chimera. A loro è fatto divieto assoluto di lasciare il Paese e le autorità hanno il pieno potere di riportarli in carcere per qualsiasi sospetto, anche in assenza di prove, di attività criminale o forma di opposizione.

Al di là dei casi di detenuti celebri scarcerati, è imprecisato il numero di detenuti politici che continuano a giacere nelle carceri saudite per reati d’opinione. Secondo Amnesty International si potrebbe trattare di oltre 3.000 prigionieri. Ciascuno di loro è una storia di ingiustizia e repressione.

Come quella del volontario della Mezzaluna Rossa, Abdulrahman al-Sadhan, arrestato nel 2018 per aver diffuso tweet sulla violazione dei diritti delle donne nel Paese attraverso un account anonimo. Dopo tre anni di detenzione, nel 2021 ha ricevuto una sentenza: 20 anni di carcere. Sua sorella ha rivelato al Washington Post le sevizie alle quali il prigioniero sarebbe quotidianamente sottoposto: frustate, deprivazione di sonno, minacce di morte, elettroshock, tra le altre.

Emblematico è il caso di Salma al-Shehab, condannata alla più lunga condanna mai pronunciata contro un attivista per i diritti umani: 34 anni. La studentessa trentaquattrenne di origine sciita di Leeds è stata arrestata nel gennaio 2021 mentre era in visita ai parenti in Arabia Saudita. Nell’agosto scorso, dopo un anno e mezzo di detenzione, ha ricevuto una condanna superiore all’ergastolo per aver ripostato dei tweet che incitavano all’abolizione del regime patriarcale in Arabia Saudita, al rilascio di attiviste politiche come Loujain al-Hathloul (all’epoca ancora in carcere) e al diritto di guida anche per le donne. Quando al-Shebab twittava i cinguettii che le sarebbero valsi 34 anni di carcere saudita, nel 2020, lo faceva da un computer nella sua casa in Gran Bretagna.

Arabie saoudite. Il faut annuler la peine de 34 ans de prison prononcée contre l’étudiante Salma al Shehab – Amnesty International t.co/Jd1DfB0W6o

— Al Kanz (@Alkanz) August 24, 2022

Per lei e per gli altri prigionieri politici sauditi, il 15 ottobre scorso organizzazioni come Human Rights Watch e PEN International hanno firmato una lettera indirizzata al Ministro per gli Affari Esteri britannico James Spencer Cleverly, in cui si legge “Le strette relazioni del Regno Unito con l’Arabia Saudita non dovrebbero tenere legate le Sue mani dal sostenere gli impegni in materia di diritti umani e denunciare le violazioni quando vengono portate alla Sua attenzione, in particolare, nel caso di al-Shehab, quando si riferiscono all’applicazione della legislazione saudita per azioni avvenute nel territorio del Regno Unito. In effetti, questa relazione La mette in una posizione di forza per chiedere il rilascio senza indugio di tutti i prigionieri detenuti illegalmente in Arabia Saudita”. Alla lettera non ha fatto ancora seguito una risposta ufficiale.

A proposito di prigionieri, il principe saudita Bin Salman sembrerebbe ultimamente più interessato a impegnare le sue diplomazie per scagionare altri detenuti che a bloccare gli ingranaggi della polizia segreta che ne accumula a centinaia nelle prigioni del suo regno.

In una nota pubblicata dall’ambasciata saudita negli Stati Uniti il 21 settembre scorso si legge infatti: “Sulla base della priorità data da Sua Altezza Reale il Principe Mohammad bin Salman Al Saud, Principe Ereditario e Vice Primo Ministro, e in continuazione dell’impegno di Sua Altezza Reale nelle iniziative umanitarie verso la crisi russo-ucraina, e risultante dal continuo impegno di Sua Altezza Reale con i paesi interessati, il Ministero degli Affari Esteri annuncia il successo degli sforzi di mediazione di Sua Altezza Reale che hanno portato al rilascio di dieci prigionieri di guerra (POW), che sono cittadini marocchini, statunitensi, britannici, svedesi e croati, rilasciati nell’ambito di uno scambio di prigionieri di guerra tra Russia e Ucraina”

Nonostante nessuna delle ambasciate europee abbia ufficialmente confermato il ruolo del saudita Bin Salman nelle negoziazioni, effettivamente dieci prigionieri, tra i quali tre britannici, sono stati rilasciati dalla Russia alla fine di settembre e hanno fatto ritorno nei loro Paesi d’origine. Per il principe saudita, che non ha perso occasione per ribadire il suo impegno e il suo ruolo fondamentale nella contrattazione, che avrebbe aperto la strada a un ulteriore scambio di centinaia di prigionieri tra i due Paesi, si è trattato di un’altra eccellente occasione per smacchiare la sua fedina di fronte all’Occidente che l’aveva bandito. Nella guerra russo-ucraina, l’Arabia Saudita ha preso posizioni intermedie: da una parte l’alleanza con la Russia, dall’altra il sostegno ai Paesi della Nato nella ferma condanna dell’invasione dell’Ucraina in nome dell’”impegno umanitario” del regno saudita.

Un’occasione di riabilitazione per l’Arabia Saudita che potrebbe giovare all’Occidente più che allo stesso Bin Salman. In una guerra che sembra non avere termine, con la carenza di gas e il caro prezzi, riabilitare la figura del principe saudita e dunque riedificare agli occhi dell’opinione pubblica qualsiasi accordo commerciale con il suo Paese potrebbe giovare particolarmente ai Paesi occidentali che si preparano all’arrivo dell’inverno. Gli sforzi per riabilitare Bin Salman, tra l’altro, hanno impegnato le diplomazie occidentali da molto prima che il principe si dedicasse ai prigionieri della guerra russo-ucraina, dimenticandosi dei suoi.

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Se ai tempi della propaganda per le Presidenziali, per esempio, l’allora candidato Biden aveva dichiarato che avrebbe fatto “pagare” ai Sauditi “il prezzo” dell’omicidio di Kashoggi “rendendoli i paria che di fatto sono” e che c’era poco o niente da “redimere” nell’attuale governo di Bin Salman, le cose dopo la sua ascesa al potere sono andate un po’ diversamente. L’apice della riabilitazione di Bin Salman da parte di Biden si è raggiunto quando il Presidente degli Stati Uniti si è recato in Arabia Saudita a far visita al principe, nel luglio scorso: un atto plateale di “redenzione”, o qualcosa che gli assomigliava molto.

Poco dopo è stata la volta di Emmanuel Macron, che già nel dicembre 2021 aveva stretto la mano di Bin Salman durante una sua tappa in Arabia Saudita, un gesto che aveva suscitato la ferma condanna delle organizzazioni per i diritti umani. Sempre durante l’estate scorsa, il Presidente francese ha addirittura accolto il principe saudita all’Eliseo per una “cena di lavoro” dopo un viaggio in Africa: si trattava della prima visita ufficiale di Bin Salman in Europa, una riabilitazione a tutti gli effetti.

D’altronde, anche il caso di Kashoggi, l’oppositore più famoso tra le centinaia di vittime del regime saudita, uccise o detenute in prigione, dall’aprile scorso non può più preoccupare il principe saudita – né i governi occidentali che gli si stanno riavvicinando. Dopo un processo in contumacia per i 29 accusati dell’omicidio, la Turchia ha accettato di riconsegnare tutti gli atti ufficiali all’Arabia Saudita, chiudendo di fatto definitivamente la causa.

Per un Occidente che barcolla sulla soglia dell’inverno e che vede vacillare la sua ricchezza e il suo tenore di vita, ostracizzare un Paese produttore di petrolio potrebbe non essere una buona idea. E nonostante le proteste degli attivisti per i diritti umani e dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU, che ripetutamente denuncia l’inasprimento delle pene carcerarie e l’uso della pena capitale per i reati d’opinione in Arabia Saudita, per la globalizzazione del mercato e il rispetto dei diritti continua a diventare sempre più grave e netta l’antica dissociazione: da una parte vanno i fatti, dall’altra le parole.

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Da oggi nei cieli europei esercitazioni aeree della NATO di guerra nucleare


L’annuncio delle manovre militari giunge dopo gli avvertimenti di Putin che non ha escluso l’utilizzo di testate tattiche nel caso in cui le forze armate ucraine minacciassero la sicurezza interna della Federazione russa. L'articolo Da oggi nei cieli eur

di Antonio Mazzeo*

Pagine Esteri, 17 ottobre 2022 – Mosca e Washington si scambiano inquietanti minacce di escalation bellica e la NATO non trova di meglio che giocare alla guerra nucleare nei cieli di mezza Europa. Prende il via lunedì 17 ottobre l’esercitazione “Steadfast Noon” (Mezzogiorno costante) a cui partecipano le aeronautiche militari di 14 paesi dell’Alleanza Atlantica con oltre 60 cacciabombardieri di quarta e quinta generazione, aerei di sorveglianza e intelligence e velivoli cisterna per il rifornimento in volo. “L’esercitazione che si concluderà il prossimo 30 ottobre è un’attività di addestramento ricorrente e di routine è non è legata a nessuno degli eventi mondiali odierni”, prova a tranquillizzare l’ufficio stampa della NATO che però aggiunge che “le forze aeree alleate eserciteranno le proprie capacità di deterrenza nucleare nell’Europa nord-occidentale, in particolare in Belgio, paese ospitante, il Mare del Nord e il Regno Unito”. Ai war games saranno presenti pure due bombardieri strategici B-52 a lungo raggio di US Air Force provenienti dalla base di Minot, North Dakota.

“No live weapons are used”, promette l’ufficio stampa dell’Alleanza. Per gli strateghi della NATO adesso è Mezzogiorno Costante e l’uso di testate atomiche è solo simulato. Sono invece migliaia gli scienziati sparsi per il pianeta che avvertono allarmati come l’Orologio dell’Apocalisse segna meno di due minuti dalla Mezzanotte nucleare già da un paio di anni prima lo scoppio del brutale conflitto fratricida russo-ucraino. “Il nuovo Concetto Strategico dell’Alleanza, adottato dai leader alleati al Summit di Madrid di giugno, chiarisce che lo scopo fondamentale della capacità nucleare della NATO è quello di preservare la pace, prevenire la coercizione e scoraggiare l’aggressione”, enfatizzano i promotori di “Steadfast Noon” “Il documento sottolinea che fino a quando esisteranno le armi nucleari, la NATO rimarrà un’alleanza nucleare. L’obiettivo della NATO e un mondo più sicuro per tutti; noi cerchiamo di creare un ambiente sicuro per un mondo senza armi nucleari”. (1)

L’annuncio dell’esercitazione aerea giunge un paio di settimane dopo le gravi dichiarazioni di Vladimir Putin che non ha escluso l’utilizzo di testate tattiche nel caso in cui le forze armate ucraine ottenessero altre importanti vittorie sul campo minacciando la “sicurezza interna” della Federazione russa. Inoltre contemporaneamente a “Steadfast Noon” anche le forze armate di Mosca simuleranno una guerra nucleare con l’esercitazione denominata “Grom” (Tuono), anch’essa organizzata annualmente per testare le capacità di attacco di cacciabombardieri, sottomarini e sistemi missilistici strategici.

A conclusione del recente vertice dei ministri della difesa NATO, il segretario generale Jens Stoltenberg ha ribadito la volontà dell’alleanza di svolgere i war games nucleari nonostante l’escalation della crisi politico-diplomatica e militare tra l’occidente e Mosca. “Steadfast Noon viene organizzata ogni anno per mantenere la nostra capacità di deterrenza sicura ed efficace”, ha dichiarato Stoltenberg. “Le velate minacce nucleari di Putin sono pericolose e irresponsabili. La Russia sa bene che una guerra nucleare non può essere vinta e che non deve mai essere combattuta. Si invierebbe un segnale davvero pessimo se all’improvviso dovessimo cancellare adesso un’esercitazione di routine, pianificata da lungo tempo, solo perché c’è la guerra in Ucraina. La NATO continuerà a monitorare strettamente le forze nucleari russe, e non c’è stato alcun cambiamento nella postura nucleare della Russia”. (2)

Alla vigilia di “Steadfast Noon” il ministero della difesa britannico ha allertato la popolazione civile sugli intensi movimenti aerei che interesseranno per due settimane buona parte del paese (le regioni dello Yorkshire, East Riding, Lincolnshire, Nottinghamshire, Northumberland, Tyne & Wear, Durham, Cumbria, e Lancashire) (3). Cuore operativo dei war games sarà però la base aerea di Kleine Brogel, Belgio, una delle infrastrutture NATO destinate ad ospitare le armi nucleari “ammodernate” B61-12. “Si tratta di bombe di gravità tre volte più precise delle B61-3/-4 attualmente stoccate nella base”, ha documentato il noto ricercatore Hans Kristensen, direttore della Federation of American Scientists. “L’accresciuta precisione dipende dal nuovo kit di guida della coda che consentirà di colpire gli obiettivi con maggiore efficacia rispetto all’odierna versione delle B61. Come quelle esistenti, le B61-12 copriranno quattro range selezionabili di potenza, da 1 a circa 50 kiloton. Ma con la maggiore precisione, il pianificatore di un attacco sarà in grado di scegliere una più ridotta opzione di strike e di creare così un minore fallout radioattivo, o di attaccare obiettivi che richiedono oggi bombe con un più alto livello strategico”. (4) Le “nuove” testate sono destinate ad armare i cacciabombardieri di quinta generazione come gli F-35 “Lighting II” in dotazione ad alcuni dei paesi dell’alleanza, primi fra tutti Stati Uniti d’America, Italia e Belgio.

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Non è dunque casuale che proprio le esercitazioni “Steadfast Noon” vengono svolte annualmente a rotazione in un paese europeo diverso, utilizzando sempre le basi aeree in cui vengono stoccate le testate nucleari tattiche. L’edizione 2021 ha interessato i cieli dell’Italia settentrionale e centrale mentre i cacciabombardieri alleati hanno operato dalle basi aeree di Aviano (Pordenone) e Ghedi (Brescia) dove sono ospitate le B-61. Anche per quest’anno è comunque previsto l’impiego di queste due basi settentrionali e dei velivoli da guerra dell’Aeronautica militare. “Nei prossimi giorni in un bunker sotterraneo nelle campagne bresciane due bombe nucleari tattiche verranno tolte dagli scrigni corazzati”, scrive il giornalista Gianluca Di Feo di Repubblica. “Avieri americani ripeteranno le procedure di attivazione delle testate, poi formalizzeranno la consegna ai militari italiani. Gli ordigni in realtà non lasceranno la base, ma nel giro di pochi minuti una coppia di caccia Tornado decollerà dalla pista di Ghedi simulando un’incursione per sganciare quelle armi atomiche. La stessa scena avverrà nell’aeroporto statunitense di Aviano e in altre installazioni tedesche, olandesi, belghe e turche: tutto il dispositivo nucleare tattico della NATO in Europa si mobiliterà come se fosse arrivato il giorno dell’Armageddon. I cieli italiani, soprattutto quelli dell’Adriatico a nord di Pescara, saranno il teatro principale delle manovre”. (5) E’ prevedibile invece che i giochi di guerra alleati si spingano ancora più a sud in Italia: l’aeroporto di Amendola, in provincia di Foggia, è infatti lo scalo impiegato per i decolli dei cacciabombardieri F-35 dell’Aeronautica predisposti per gli strike nucleari. Due di questi velivoli sono stati consegnati negli scorsi mesi di giugno-luglio al 6° Stormo di Ghedi, dopo aver concluso il ciclo di test addestrativi in Puglia. (6)

In questi giorni la NATO sta svolgendo anche una massiccia attività navale nell’Atlantico e nel Mediterraneo (Neptune Strike 2022.2). Le operazioni hanno preso il via ufficialmente venerdì 14 ottobre dal quartier generale della Strike Force NATO di Oeiras, Portogallo, e vedono la partecipazione di unità da guerra e sottomarini di Stati Uniti, Albania, Canada, Croazia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Nord Macedonia, Polonia, Regno Unito, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Ungheria e Turchia. Si tratta della quarta tranche di esercitazioni Neptune svolte dopo l’aggressione russa dell’Ucraina (nel 2021 erano state due in tutto l’anno).

“Neptune Strike 2022.2 e la serie di esercitazioni navali Neptune continuano ad abilitare multiple e uniche opportunità di addestramento a livello di teatro, necessarie a integrare le capacità di guerra marittima di fascia alta di un gruppo navale condotto da una portaerei a supporto della deterrenza alleata e delle richieste di difesa dell’Europa”, spiega il Comando delle forze navali USA. Il gruppo navale nello specifico è quello capitanato dalla portaerei a propulsione nucleare “George H.W. Bush” di US Navy. A riprova della gravità dell’odierna crisi NATO-Russia va segnalato che un gruppo navale con portaerei USA non veniva posto sotto il comando marittimo dell’Alleanza dalla fine della guerra fredda e quello del “George H.W. Bush” è il terzo carrier strike group di US Navy che opera in ambito NATO nel corso del 2022. (7)

Perplessità sulle modalità di conduzione delle esercitazioni nucleari interalleate sono state espresse dal generale Leonardo Tricarico, già Capo di stato Maggiore dell’Aeronautica e odierno presidente della Fondazione ICSA (Intelligence Culture and Strategic Analysis). “Il fatto che ci sia un’esercitazione nella quale sia previsto l’uso dell’arma nucleare è un fatto assolutamente normale; quello che non è normale è che lo si dica”, ha spiegato Tricarico a Fanpage.it. “Fino ad oggi la strategia comunicativa della NATO prevedeva che certe informazioni – come questa – rimanessero molto riservate per evitare allarmismi eccessivi. Immagino che questa ulteriore sortita pubblica di Stoltenberg sia stata il frutto di una concertazione con tutti i Paesi alleati (…) In passato il segretario generale della NATO è stato protagonista di uscite non concordate e qualche volta in questi 7 mesi è andato oltre le sue competenze”.

“I reparti devono essere sempre pronti e addestrati: a questo servono le esercitazioni”, ha aggiunto l’ex Capo dell’Aeronautica. “Non so se questa avrebbe potuto essere rimandata, ma di certo si tratta di un’attività di routine, ordinaria amministrazione per la NATO. Quello che preoccupa, semmai, è che non si tratta di un segnale di distensione. Sembra, al contrario, che tutte le parti siano interessate all’aumento delle tensioni. Questo è in assoluto sbagliato e pericoloso: servirebbe qualche segnale diverso. Finché ci si limita alle esercitazioni non vedo grossi problemi, facciano pure. Ma di questo passo temo non arriveremo mai a niente di buono…”. (8)

Se ne accorge un (ex) vertice militare; politici e uomini di governo plaudono invece alla corsa alle armi e alla guerra. Pagine Esteri

Note:

(1) nato.int/cps/en/natohq/news_20…

(2) defense.gov/News/News-Stories/…

(3) gov.uk/government/publications…

(4) fas.org/blogs/security/2021/10…

(5) repubblica.it/esteri/2022/10/1…

(6) it.insideover.com/difesa/conse…

(7) news.usni.org/2022/10/14/georg…

(8) fanpage.it/attualita/il-genera…

3133322*Antonio Mazzeo è un giornalista ecopacifista e antimilitarista che scrive della militarizzazione del territorio e della tutela dei diritti umani. Con Antonello Mangano, ha pubblicato nel 2006, Il mostro sullo Stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il Ponte (Edizioni Punto L, Ragusa). Del 2010 è il suo I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina (Edizioni Alegre).

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Meloni e il calcione Berlusconi, spruzzato di vodka e diritto internazionale


Dalla 'premier' in attesa di nomina, al suo 'si dice' capo della Farnesina, serviti dal 'vecchio umiliato' di ritorno da Canossa. Si tratta della politica estera italiana, della posizione italiana in Europa, delle relazioni indicibili di Lega, Fratelli d'Italia e Berlusconi con Vladimir Putin

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