Taiwan Files – Tra Chen Chien-jen, Kevin McCarthy e Wang Huning
Il rimpasto di governo a Taipei con Chen Chien-jen nuovo premier. Foxconn tra Messico, multe e la possibile candidatura di Terry Gou. Il Pelosi-bis con la visita a Taipei del nuovo speaker (repubblicano) della Camera dei Rappresentanti Usa. Le possibili reazioni di Pechino. Xi Jinping incarica Wang Huning di fornire un nuovo modello per la "riunificazione" (nuovo segnale politico dopo "un paese, molti sistemi" di Da Wei). Qualche dato politico a meno di un anno dalle elezioni presidenziali. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)
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La memoria della Shoah e l’inevitabile estinzione dei suoi sopravvissuti
“Rimane il fatto che capire la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando” (P. Roth, Pastorale americana) Ogni anno che il pianeta Terra completa il suo anno tropico o solare rinnova negli esseri umani il […]
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Privacy e sicurezza degli smartphone: sistemi operativi alternativi
Recentemente su Privacy Chronicles abbiamo parlato del concetto di comunità virtuale e di comunità cripto-anarchica, ripercorrendo il pensiero di Timothy May — cofondatore dei Cypherpunk e autore del Crypto Anarchist Manifesto e molti altri interessanti saggi.
Come visto, per costruire comunità cripto-anarchiche abbiamo bisogno di tre elementi1 essenziali. Uno di questi è il possesso di nodi (computer) privati, cioè senza la presenza di spyware. Più facile a dirsi che a farsi. Oggi infatti molti software e sistemi operativi pre-installati nei nostri dispositivi (laptop, tablet, smartphone, ecc.) possono essere considerati a tutti gli effetti degli spyware, anche se non direttamente “malevoli”.
Oltre ad essere un elemento fondamentale per la costruzione di comunità libertarie, avere un computer o smartphone privo di spyware è anche un ottimo punto di partenza per migliorare la propria privacy e sicurezza dei dati.
Mi piacerebbe quindi oggi iniziare a parlare proprio di come ottenere uno smartphone sufficientemente privato. Per farlo, ho deciso di scrivere questo articolo con l’aiuto di turtlecute.
Seguo turtlecute su diversi canali e, come me, è impegnato nella divulgazione per temi come privacy e Bitcoin. Potete seguirlo sia sul suo canale Telegram @privacyfolder che nel suo podcast “Il Priorato di Bitcoin”.
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Cos’è la privacy
Per prima cosa, come già specificato più volte su queste pagine, è bene chiarire ancora cosa si intende per privacy2:
Privacy non è:
- Avere qualcosa da nascondere
- Anonimato (per capire meglio la differenza leggi questo articolo)
Privacy è:
- Il diritto di essere liberi da ingerenze di terzi nella nostra vita privata
- Una meta-libertà: una libertà che abilita e rende possibili altre libertà, come la libertà di pensiero, la libertà di espressione, o la libertà di movimento
- È anche il potere di mantenere alcune informazioni confidenzialirispetto alla collettività. Ad esempio, le nostre comunicazioni o transazioni. La privacy ha quindi a che fare con ciò che diciamo o facciamo.
Purtroppo la condizione di default oggi è invece l’opposto: siamo spesso totalmente esposti a espropriazioni forzate di dati e attività di sorveglianza, oltre che inermi contro ingerenze di terzi nella nostra vita. Possiamo però fare qualcosa per mitigare questi problemi.
La (mancanza di) privacy nel quotidiano
È una normalissima mattina, ti alzi dal letto e il tuo assistente Google ti dice che il tempo nella tua zona è sereno. Mentre aspetti il caffé leggi il feed delle notizie del giorno, tutte in sintonia con le tue opinioni e interessi.
Salendo in macchina noti subito che Google Maps ti segnala un ingorgo prima del semaforo fuori casa. Chissá come fa a sapere che proprio in quel preciso punto ci sono un numero definito di auto in fila, tanto da avvertirti e informarti anche sul ritardo previsto. Finalmente arrivi in ufficio e inizi a organizzare la tua prossima trasferta: prenoti il volo e l'hotel e in automatico il tuo smartphone aggiunge tutte le informazioni sul volo e sul pernottamento al tuo Google Calendar.
In pausa pranzo, mentre guardi un video su YouTube ti esce una pubblicitá sul cibo per cani. Tu non hai un cane, ma la tua nuova fidanzata sì. Di ritorno a casa, ricordi al tuo assistente vocale di impostare la sveglia e attivare l’app di monitoraggio del sonno.
Questo è uno spaccato di quotidianeità come quella di tante persone. La tecnologia ci assiste e supporta in ogni aspetto della nostra vita, ma uno strumento in particolare è particolarmente pericoloso: lo smartphone. Che siate dall'amante, in bagno, al lavoro o a ballare in discoteca non lo lasciate mai a casa — è parte integrante della vostra vita; un’estensione della vostra mano, nonché la maggiore miniera di estrazione dati al momento sulla faccia della terra.
Google Play Services: il peggior spyware
Possiamo dividere il mondo dei dispositivi mobili in due grandi famiglie principali: il mondo Apple con sistema operativo iOS e il mondo Google con Android.
Questi sistemi operativi non sono cosi diversi nel modo in cui tracciano gli utenti, ma hanno una grossa differenza alla base: il sistema Android è open source, totalmente visibile, modificabile e copiabile in ogni sua parte — l’iOS di Apple invece no. Se siete interessati a potenziare la vostra privacy, Android è sicuramente il miglior sistema operativo da cui partire.
Andiamo però con ordine: come fa il telefono a monitorare tutto ció che facciamo?
In ogni dispositivo Android è installata a livello di sistema un’applicazione chiamata Google Play Services. Questa ha potere di amministratore sul vostro dispositivo e serve, a detta di Google, a far funzionare parti fondamentali delle applicazioni e del sistema operativo. Cosa può fare un applicativo come questo? Risposta veloce e semplice: tutto!
Google Play Services ha i permessi per visualizzare ogni cosa sia installata e presente sul dispositivo, leggere quello che scrivete, acquisire dati sui vostri copia-incolla, accedere alla fotocamera e attivare il microfono senza che possiate saperlo, analizzare i vostri file, monitorare i tempi e modalità d’uso del telefono. Ma può anche analizzare acquisire dati sulla vostra posizione, analizzare la rete wi-fi a cui siete collegati e aggregare questi dati con le persone geo-localizzate vicino a voi.
Ad esempio, se un altro dispositivo passa 12 ore al giorno nel vostro stesso luogo — che su Google Maps risulta essere un appartamento privato e non un azienda — gli algoritmi lo identificheranno come un coinquilino/convivente, e di conseguenza i network pubblicitari di profilazione proporranno inserzioni riguardanti anche i loro interessi e abitudini.
Le enormi capacità di acquisizione e aggregazione di questi dati da parte dei sistemi operativi permettono anche agli Stati di sviluppare tecnologie e servizi per utilizzarli come preferiscono. Ad esempio, conoscere in anticipo e bloccare manifestazioni di protesta mentre queste si stanno organizzando, o tracciare gli spostamenti di specifiche persone in modo molto semplice.
Come proteggersi? I sistemi operativi alternativi
Il primo passo per potenziare la propria privacy è sicuramente cambiare il sistema operativo con uno open source. Android ci permette ampia libertà di modificare il sistema operativo, in quanto sistema open source basato su linux android.
Sui dispositivi Android possiamo installare sistemi operativi alternativi, togliere i maledetti Google Play Services e adottare protezioni aggiuntive come Tor e VPN che, se usate in maniera corretta, possono dare un enorme supporto nel difendere privacy e dati.
Al momento il 'gold standard' dei sistemi operativi privacy-oriented è sicuramente GrapheneOS, disponibile peró solo per i dispositivi Google Pixel. Questo sistema operativo è particolarmente incentrato sulla sicurezza del dispositivo. Come saprà chi ha già letto questo articolo, la sicurezza al 100% non esiste. È molto importante quindi ridurre il più possibile la superficie di rischio adottando le misure migliori per proteggere gli asset da minacce plausibili, che è quello che fa GrapheneOS. Ad esempio, eliminando il codice non necessario e configurando in modo più sicuro alcune funzioni tipiche degli smartphone come NFC, Bluetooth, Wi-Fi e telecamera.
Per approfondire il modo in cui GrapheneOS riduce la superficie di rischio contro vulnerabilità e vettori di attacco consiglio la lettura di questa pagina sul loro sito. Oltre a GrapheneOS esistono anche altri buoni sistemi operativi alternativi, come CalyxOS, LineageOS, DivestOS e E/OS.
Descrivere in questo articolo per filo e per segno tutto il procedimento per creare un setup di privacy con ognuno di questi sistemi operativi sarebbe estremamente lungo e complesso, però oggi possiamo dare qualche consiglio.
- Utente novizio: potrebbe essere molto complicato cambiare sistema operativo del telefono. L’ideale è provare per lo meno a disinstallare tutte le app che non usate sul telefono, tenere il piú possibile wi-fi, bluetooth e le funzioni di localizzazione disattivate. Rimuovete dalle impostazioni i permessi superflui alle app e usate il piú possibile i servizi da browser (cose come paypal, facebook, twitter ecc).
- Utente interessato: oltre le cose sopra citate, potrebbe essere opportuno disattivare le app Google, grazie a software come Android Gui Debloater, e valutare di usare applicazioni come orbot o invisible pro per sfruttare Tor — proteggendo così anche i dati durante il transito.
- Utente avanzato: l’ideale sarebbe usare un dispositivo Pixel, installare GrapheneOS, seguire una guida per configurare il sistema, come questa (turtlecute.org/android) ed eventualmente personalizzarlo in base alle esigenze.
Per chi non avesse tempo, capacità o voglia, turtlecute offre anche servizi per la configurazione di smartphone con sistemi operativi alternativi, attraverso il canale Telegram privacyphoneita.
Vantaggi e svantaggi
I vantaggi principali, per quanto riguarda il dispositivo, sono diversi. Ad esempio, telefono più veloce, senza inutili spyware, e molta più batteria disponibile durante il giorno. Sarete inoltre al sicuro da accessi nascosti ai vostri dati a livello di sistema operativo e si avrà una drastica riduzione di condivisione e trasferimento di dati verso soggetti terzi. Infine, avrete la gestione di ogni aspetto del dispositivo nelle vostre mani.
Gli svantaggi invece sono principalmente due, ma probabilmente minori rispetto ai benefici. Alcune applicazioni purtroppo necessitano di Google Play Services per funzionare. Nello specifico, tutti gli applicativi di casa Alphabet — tranne Maps e qualche altra app super spiona come Tinder. In ogni caso, la maggior parte delle app funzionano perfettamente. Occasionalmente, potrebbero arrivare notifiche in ritardo, in quanto solitamente passa tutto attraverso i server Google.
Come valutare i rischi di sicurezza?
Usare un sistema operativo alternativo e open source è sicuramente utile, ma sarebbe anche utile imparare a valutare i rischi di sicurezza a cui tutti noi siamo soggetti. Quale modo migliore di farlo se non attraverso la metodologia OpSec?
Threat modeling, l'arte di valutare i rischi
A maggio vi ho raccontato la storia dell’Operations Security — dalle sue origini, parlando dell’inchiesta Purple Dragon della NSA (National Security Agency) durante guerra del Vietnam, fino alla National Security Decision Directive (NSDD) 298 di Reagan nel 1988…
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8 months ago · 2 likes · Matte Galt
Per approfondire leggi l’articolo “Isole dei pirati e utopie cripto-anarchiche”
Per i più interessati, qui c’è anche una breve antologia sul concetto di privacy
Calcio, un mondo ‘montato’ e di ‘montati’
A fare discorsi impopolari a me riesce, temo, abbastanza bene. Ma mai come in questi giorni, si affastellano una serie di notizie, molto sottovalutate e marginalizzate dalla stampa, che hanno attinenza con quello che ho definita più volte come una bruttura che sarebbe venuto il momento di regolamentare in maniera seria e responsabile. Certo non […]
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#Maturità2023, annunciate le discipline della seconda prova scritta dell’Esame conclusivo del secondo ciclo.
Potete cercarle attraverso l'apposito motore di ricerca ▶ visualizzamaterieesame.static.…
Ministero dell'Istruzione
#Maturità2023, annunciate le discipline della seconda prova scritta dell’Esame conclusivo del secondo ciclo. Potete cercarle attraverso l'apposito motore di ricerca ▶ https://visualizzamaterieesame.static.istruzione.Telegram
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Il Rosso e il Nero | Universo Astronomia
"La regione rappresenta un eccellente laboratorio per studiare i processi di formazione stellare: le stelle massicce hanno effetti devastanti sull’ambiente circostante, attraverso i loro venti stellari, l’intensa radiazione e persino le esplosioni di supernova quando giungono al termine della loro breve vita."
Autonomia strategica e tecnologica. L’accordo sul caccia di sesta generazione
Una piattaforma nazionale di lavoro collaborativo per lo sviluppo del Global combat air programme (Gcap), il progetto per la realizzazione del caccia di sesta generazione che l’Italia sta portando avanti con Regno Unito e Giappone. È questo il nodo centrale dell’accordo stretto tra il team italiano di aziende che partecipa al programma internazionale, composto da Leonardo, in qualità di partner strategico, Elettronica, Avio Aero e MBDA Italia per supportare l’azione del ministero della Difesa nella seconda fase di sviluppo del sistema, quella di concept & assessment, e nelle attività di dimostrazione del programma. Per il programma, l’Italia ha già stanziato sei miliardi di investimenti da dedicare ad attività di ricerca e sviluppo tecnologico su aree di interesse strategico. Presupposto che consentirà alle industrie nazionali di partecipare alla futura fase di sviluppo del sistema.
Il Gcap
Il progetto Gcap, conosciuto anche come Tempest, prevede lo sviluppo di un sistema di sistemi integrato per il combattimento aereo, nel quale la piattaforma principale, l’aereo più propriamente inteso e provvisto di pilota umano, è al centro di una rete di velivoli a pilotaggio remoto con ruoli e compiti diversi, dalla ricognizione alla penetrazione in profondità, controllati dal nodo centrale e inseriti in un ecosistema capace di moltiplicare l’efficacia del sistema stesso. L’intero pacchetto capacitivo è poi inserito all’intero nella dimensione all-domain, in grado cioè di comunicare efficacemente e in tempo reale con gli altri dispositivi militari di terra, mare, aria, spazio e cyber. Questa integrazione consentirà al Gcap di essere multidominio fin dalla sua concezione, progettato per coordinarsi con tutti gli altri assetti militari schierabili, consentendo ai decisori di possedere un’immagine completa e costantemente aggiornata dell’area di operazioni, con un effetto moltiplicatore delle capacità di analisi dello scenario e sulle opzioni decisionali in risposta al mutare degli eventi.
Il ruolo delle industrie italiane
Il risultato è importante anche per la partecipazione delle industrie del nostro Paese al programma. Leonardo, Avio Aero, Elettronica, MBDA Italia e l’intera filiera della Difesa nazionale sono infatti coinvolte da protagoniste al progetto, un programma che coinvolgerà anche università, centri di ricerca e Pmi nazionali. A livello internazionale, poi, le realtà industriali collaboreranno allo sviluppo delle tecnologie insieme ai rispettivi campioni di Regno Unito e Giappone, come BAE Systems Mitsubishi Heavy Industries, Rolls-Royce, IHI Corporation, Mitsubishi Electric e le divisioni UK di Leonardo e MBDA.
Eccellenza internazionale
Per l’amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo, l’accordo rappresenta “un tassello cruciale in un percorso che punta a rendere disponibili quelle tecnologie innovative che assicureranno alle nostre capacità di difesa il necessario salto generazionale”. Un fattore che contribuirà soprattutto a raggiungere per il nostro Paese “il più alto livello di eccellenza e di autonomia strategica”. Importante, per il manager del gruppo di piazza Monte Grappa, anche la rilevanza internazionale che un progetto come il caccia di sesta generazione assicura alle realtà italiane. Con il Gcap “le aziende italiane giocano un ruolo fondamentale per il futuro dell’industria della difesa, anche a livello internazionale” ha sottolineato infatti Profumo, registrando il contestuale rafforzamento delle capacità delle nostre Forze armate e i ritorni positivi in termini di “progresso tecnologico, economico e sociale per l’intero sistema-Paese”
Le necessità del contesto geopolitico
“Il contesto geopolitico che stiamo vivendo sottolinea quanto sia di vitale importanza raggiungere l’adeguato livello di prontezza, di interoperabilità e di disponibilità di tecnologie, per essere preparati a gestire le crisi che ci investono”, ha ricordato il presidente e amministratore delegato di Elettronica, Enzo Benigni, sottolineando come la partecipazione qualificata dell’industria italiana nel programma Gcap possa diventare un “patrimonio nazionale, europeo e internazionale, contribuendo a rendere concreti i concetti di autonomia strategica e di sovranità tecnologica”, che porterà il comparto nazionale ed europeo dall’era Typhoon “ultimo grande programma europeo di sviluppo di una piattaforma aerea, a quello di una piattaforma aerea di sistemi di sesta generazione”.
Investimenti e collaborazioni
Per Riccardo Procacci, amministratore delegato di Avio Aero, il programma Gcap “contribuirà a fornire un supporto adeguato alle Forze armate”, soprattutto alla luce dello “sfidante contesto geopolitico attuale” che “necessita di soluzioni tecnologiche che mettano al centro l’eccellenza operativa e la capacità di adattamento ai futuri scenari”. In questo senso, fondamentale sarà non solo mettere a disposizione le capacità industriali e le eccellenze tecnologiche, ma anche continuare a investire nello sviluppo di soluzioni all’avanguardia con il supporto e il coinvolgimento di “università, i centri di ricerca e le Pmi”.
Sistemi complessi di difesa aerea
Il coinvolgimento di queste realtà, tra l’altro dovrà essere gestita “in modo cooperativo le tecnologie a supporto del sistema di sistemi” relative anche agli effector, ha registrato l’executive group director Sales and business development di MBDA Group e amministratore delegato di MBDA Italia, Lorenzo Mariani, aggiungendo come “Tali tecnologie saranno alla base dei sistemi complessi per la difesa aerea nazionale. La capacità di contrastare le minacce più sfidanti sarà un elemento chiave delle prestazioni del sistema di combattimento aereo di sesta generazione”.
Scuola di Liberalismo 2022 – Messina: lezione di Davide Giacalone e Francesco Pira sul tema “Il liberalismo ed il totalitarismo nelle forme di comunicazione”
Decimo appuntamento della XII edizione della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e con la Fondazione Bonino-Pulejo. Il corso, che tratta principalmente delle opere degli autori più rappresentativi del pensiero liberale, si articola in 14 lezioni, di cui 3 in presenza e 11 erogate in modalità telematica.
La decima lezione si svolgerà giovedì 26 gennaio, dalle ore 17 alle ore 18.30, presso l’aula “V. Tomeo” del Dipartimento di Scienze Politiche e Giuridiche dell’Università di Messina (sita al 1° piano del plesso in Via Malpighi n. 1, Messina). Dopo una presentazione introduttiva da parte del prof. Pippo Rao (Direttore Generale della Scuola), seguirà un dibattito sul tema “Il Liberalismo ed il totalitarismo nelle forme di comunicazione”, sempre di grande attualità e ricco di spunti di riflessione; le relazioni saranno svolte da Davide Giacalone (giornalista, scrittore e saggista, direttore del quotidiano “La Ragione – LeAli alla Libertà”, nonché Vice Presidente della Fondazione Luigi Einaudi) e dal prof. Francesco Pira (Docente di Comunicazione e Giornalismo presso il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina). Della lezione sarà realizzata anche una diretta streaming sulla pagina Facebook della Scuola di Liberalismo di Messina.
La partecipazione all’incontro è valida ai fini del riconoscimento di crediti formativi per gli avvocati iscritti all’Ordine degli Avvocati di Messina, nonché per gli studenti dell’Università di Messina.
Pippo Rao Direttore Generale Scuola di Liberalismo di Messina
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In che modo gli Stati Uniti sosterranno la giustizia per l’Ucraina?
Sebbene gli Stati Uniti non siano firmatari dello Statuto di Roma che ha creato la Corte Penale Internazionale (CPI), Washington ha promesso il proprio sostegno agli sforzi senza precedenti per perseguire i responsabili di crimini di guerra in Ucraina. Beth Van Schaack, Ambassador-at-Large per la giustizia criminale globale del dipartimento di stato degli Stati Uniti, […]
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EU Justice and Home Affairs Council meeting in Stockholm on “going dark” myth: secure encryption must not be turned off!
Today, EU Justice and Home Affairs Ministers are meeting informally in Stockholm to discuss, among other things, the fight against organised crime in the digital age. A debate on access to electronic evidence (“eEvidence”) is scheduled for the afternoon, focusing on the notion of “going dark”. “Going dark” describes the alleged diminishing ability of law enforcement agencies to access the content of online communications by the increasing use of encryption in everyday communication technologies and services.
Member of the European Parliament Patrick Breyer (Pirate Party) comments:
“The fairy tale of ‘going dark’ demonstrates that surveillance ideologues will not rest before they have destroyed all privacy and intimacy and invaded all safe spaces. The truth is that governments have never had as far-reaching and comprehensive an access to our private lives as they do today in the digital era. We have never lived as safely or as long as we do today.
With their plans to break secure encryption, EU governments are willing to sacrifice the overall security of our private communications, public networks, business secrets and even state secrets for short-term surveillance desires. Opening the door to foreign intelligence services and hackers is completely irresponsible and puts whistleblowers and people who rely on secure communication channels at risk. There is no such thing as a secure back door!
Looking at the investigations of recent terrorist incidents in Europe, it becomes clear that traditional instruments of law enforcement such as house searches or observations are often more effective in tracking down perpetrators and collecting information. However, these methods are time-consuming and more cost-intensive than seemingly simple technical solutionism. In many cases, perpetrators acted without relying on encryption and had long been known to authorities. Weakening encryption and thus putting us all under general suspicion threatens to destroy both security and privacy!”
Kazakistan: le tendenze nazionaliste radicali diventano sempre più visibili
Più siamo lontani dai disordini del gennaio 2022 in Kazakistan, noti anche dai kazaki come Qandy Qantar, o “Bloody January”, più si pone la domanda: “Cosa c’era dietro tutto questo?” All’inizio dello scorso anno, se si crede alla narrazione ufficiale, c’è stato, tra l’altro, il culmine dell’aspro scontro tra due forze [politiche] in Kazakistan, una […]
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Missili e macroeconomia sono i guai della Corea del Nord
Nel 2022, la Corea del Nord ha esportato le tensioni attraverso test missilistici intensificati e minacce verso la Corea del Sud. Ha anche mantenuto una quarantena nazionale che ha impedito le importazioni ufficiali di beni economici, ma alla fine non è riuscita a impedire al COVID-19 di infettare il Paese. La Corea del Nord ha […]
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Il dramma di Scholz sui carri armati ricorda il problema russo della Germania
La Germania ha confermato mercoledì che invierà 14 carri armati Leopard 2 in Ucraina e concederà ad altri Paesi il permesso di consegnare i propri carri armati di fabbricazione tedesca. La mossa per fornire all’Ucraina i principali carri armati è stata annunciata dal cancelliere tedesco Olaf Scholz al Bundestag. Arriva dopo settimane di crescenti tensioni […]
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Iraq e Afghanistan forniscono lezioni sui flussi di armi USA
Ci sono una serie di ragioni, sostenute da esempi storici, per cui l’invio di armi sempre più avanzate in Ucraina non sarà una panacea. In effetti, a un certo punto inviarli potrebbe essere un boomerang contro gli Stati Uniti. Questo è un argomento per cautela, poiché sembra che l’Occidente sia disposto a inviare più delle […]
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Quando manca il Sole, come si illumina la Luna?
Abbiamo più volte raccontato che la Luna resta primario interesse per l’esplorazione umana dello spazio. Non più la dimostrazione di voler «fare cose difficili», per ricordare la retorica semplice e diretta di John F. Kennedy e del suo geniale speechwriter Ted Sorensen, quanto l’elaborazione di un laboratorio spaziale su un altro pianeta -o satellite che sia- […]
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Video: scene di guerra e morte a Jenin
della redazione –
Pagine Esteri, 26 gennaio 2023 – Scene di guerra a Jenin, dove l’esercito israeliano ha compiuto un’incursione che ha causato numerosi morti e feriti. Al momento il bilancio è di 9 palestinesi uccisi, tra cui una anziana signora e almeno 16 feriti, alcuni in gravi condizioni. Israele ha dichiarato di aver agito per annientare una cellula terroristica che pianificava un attentato. L’ANP denuncia il massacro e si annunciano scioperi e mobilitazioni in altre città dei Territori palestinesi occupati. Da Gaza Hamas ha fatto sapere di seguire gli eventi con attenzione e di valutare possibili mosse.
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REPORTAGE-PALESTINA. Nel cuore di Nablus c’è un campo di battaglia
di Michele Giorgio
(le foto sono di Michele Giorgio)
Pagine Esteri, 20 gennaio 2023 – Il traffico è quello caotico di tutti i giorni. Fabbriche, laboratori di artigiani e negozi sono aperti. Come fanno ogni mattina gli studenti dell’università al Najah a passo veloce raggiungono il campus e di pomeriggio affollano i caffè intorno all’ateneo riempiendo l’aria di suoni, parole, risate. Nablus sembra vivere una tranquilla quotidianità. È solo apparenza. La seconda città palestinese della Cisgiordania dalla scorsa estate vive in un clima di guerra, una guerra che si combatte soprattutto di notte e che non risparmia nessuno. Il campo di battaglia principale è la casbah, la città vecchia. Gli uomini delle unità speciali dell’esercito israeliano, i mistaravim in abiti civili che si fingono palestinesi, di notte con azioni fulminee aprono la strada ai blitz dei reparti dell’esercito a caccia di militanti della Fossa dei Leoni, il gruppo che riunisce combattenti di ogni orientamento politico diventato l’icona della lotta armata palestinese. Incursioni che sono accompagnate da intensi scontri a fuoco e che terminano con uccisioni di palestinesi, compiute quasi sempre da cecchini.
«Viviamo come se fossimo in guerra, con gli occupanti (israeliani) che entrano quasi ogni notte nella città per uccidere o catturare qualcuno e spesso a pagarne le conseguenze sono i civili» ci dice Majdi H., un educatore che ha accettato di accompagnarci. «La casbah è l’obiettivo principale di Israele – aggiunge – perché rappresenta il rifugio della resistenza. Però i raid avvengono ovunque e si trasformano in battaglia alla Tomba di Giuseppe». Majdi si riferisce alle «visite» notturne periodiche dei coloni israeliani al sito religioso all’interno dell’area A, sotto il pieno controllo palestinese. Il loro arrivo, con una scorta di dozzine di soldati e automezzi militari, innesca scontri a fuoco violenti con la Fossa dei Leoni. «Vogliano vivere la nostra vita, senza più vedere coloni e soldati ma non ci viene permesso» prosegue Majdi che da alcuni anni svolge, assieme ad altri colleghi, attività di sostegno psicologico ai minori. «Sono i più colpiti da questo clima – ci spiega -, bambini e ragazzi sono i più esposti ai danni che procura questa guerra, a bassa intensità ma pur sempre violenta». La situazione attuale, ricorda a molti l’operazione Muraglia di Difesa lanciata da Israele nel 2002, quando l’esercito, nel pieno della seconda Intifada, rioccupò le città autonome palestinesi. Calcolarono in circa 300 i morti palestinesi a Nablus attraversata e devastata per mesi da carri armati e mezzi blindati. Oggi come allora, i comandi militari e il governo israeliano giustificano il pugno di ferro con la «lotta al terrorismo» e alle organizzazione armate palestinesi responsabili di attacchi che in qualche caso hanno ucciso o ferito soldati e coloni.
La bellezza della casbah di Nablus è paragonabile solo a quella della città vecchia di Gerusalemme. I lavori di recupero avviati negli anni passati dalle autorità locali, grazie anche a progetti internazionali, hanno ridato nuovo splendore a edifici antichi e ad angoli nascosti. Gli hammam (bagni) che contribuiscono a rendere nota la città, sono stati ristrutturati così come le fabbriche di piastrelle e del sapone all’olio d’oliva e i laboratori a conduzione familiare che producono le gelatine ricoperte di zucchero a velo. «Ma la regina dei dolci di Nablus era e resta la kunafa» puntualizza Majdi riferendosi a una delle delizie della cucina palestinese. L’atmosfera è piacevole. Dopo la moschea al Khader si incontrano ristorantini con vasi fioriti e luci colorate che si riflettono sulla pietra bianca delle abitazioni. I commercianti espongono merci di ogni tipo e gli ambulanti a voce alta descrivono la bontà di frutta e verdura che hanno portato in città.
Entrati nel rione Al Yasmin, Majdi si fa più serio e teso. «Siamo nella zona rossa, questa è la roccaforte della Fossa dei Leoni e di altri gruppi armati. Qui ci sono scontri a fuoco quasi ogni notte tra i nostri giovani e i soldati israeliani. Non puoi scattare foto e se incontriamo i combattenti, mi raccomando, non seguirli troppo a lungo con lo sguardo. Il timore di spie e collaborazionisti è forte» ci intima a voce bassa. Sopra le nostre teste, nei vicoli, sono stati stesi lunghi teli neri per nascondere ai droni israeliani i movimenti degli armati. I muri sono tappezzati di poster con i volti di martiri vecchi e nuovi, quelli uccisi durante la prima Intifada trent’anni fa e quelli colpiti a morte nelle ultime settimane. Una sorta di mausoleo ricavato in una piazzetta ne ricorda i più famosi, tra cui Ibrahim Nabulsi, che lo scorso agosto, circondato da truppe israeliane, preferì morire e non arrendersi. Nabulsi prima di essere colpito a morte inviò un audio alla madre virale per mesi. Per i palestinesi è un eroe. Per Israele invece il primo leader della Fossa dei Leoni era un «pericoloso terrorista» e tra i responsabili di gravi attacchi armati a soldati e coloni. I mistaravim israeliani hanno già decapitato un paio di volte i vertici della Fossa dei Leoni ma il gruppo vede crescere i suoi ranghi ogni giorno di più. Ne farebbero parte tra 100 e 150 abitanti di Nablus e dei villaggi vicini. Un paio di loro ci passano accanto, non possiamo fotografarli o fermarli per fare qualche domanda, ci ribadisce secco Majdi al quale nel frattempo si è unito Amer, un suo amico che vive nella casbah per garantirci un ulteriore «lasciapassare». L’uniforme degli armati è nera, il volto è coperto dal passamontagna, una fascia colorata con il logo del gruppo avvolge la parte superiore della testa. L’arma è quasi sempre un mitra M-16.
Una «divisa» simile la indossano i membri del Battaglione Balata nel campo profughi più grande della città, noto anche per essere un bastione della resistenza alle forze di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese che tanti a Nablus, anche del partito Fatah del presidente Abu Mazen, ormai considerano «al servizio» di Israele. Le operazioni di sicurezza (repressive) a Nablus delle forze speciali dell’Anp sono la causa di proteste violente e le strade del centro cittadino si trasformano in terreno di scontro tra giovani e poliziotti. «Chiediamo, invano, da decenni la fine dell’occupazione israeliana, il problema principale di Nablus, di ogni città, di ogni palestinese» dice Osama Mustafa, direttore del centro culturale Yafa nel campo di Balata. «Ci abbiamo provato con gli accordi di Oslo, con i negoziati ma non è servito a nulla, restiamo sotto occupazione, le colonie israeliane ci circondano» aggiunge Mustafa. «Israele afferma che la sua pressione su Nablus è dovuta alla presenza in città di uomini armati e attua misure punitive che colpiscono tutta la popolazione». La frustrazione è palpabile, l’esasperazione per il disinteresse dei paesi occidentali deteriora il rapporto con l’Europa. «Al centro Yafa svolgiamo attività culturali e a favore dell’infanzia» spiega Mustafa «sono progetti civili, quasi sempre per i bambini. Eppure, per assegnarci i finanziamenti l’Ue chiede di firmare dichiarazioni di condanna della resistenza all’occupazione. Lo fa perché è Israele ad imporlo. Ma nessun palestinese può farlo». Pagine Esteri
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CINA. Il Covid colpisce duro il paese ma l’economia riparte
di Michele Giorgio
(la foto è di Tim Dennell)
Pagine Esteri, 20 gennaio 2023 – Sono milioni i contagi in Cina che conta nell’ultimo mese decine di migliaia di morti per il Covid, cifre mai toccate durante la pandemia e risultato oltre che del fallimento della campagna vaccinale cinese anche della fine delle rigide restrizioni ai movimenti e ai contatti sociali imposte dalle autorità nei passati tre anni. Ma le riaperture allo stesso tempo rilanciano quella che è considerata l’economia motore del mondo.
Dopo il netto arretramento registrato nel 2022, quest’anno gli indici economici cinesi dovrebberosegnare livelli di crescita significativi. Ne abbiamo parlato con Michelangelo Cocco*, giornalista a Shanghai e analista del Centro Studi sulla Cina Contemporanea.
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*Giornalista professionista, China analyst, scrivo per il quotidiano Domani. Ho pubblicato “Xi, Xi, Xi – Il XX Congresso del Partito comunista e la Cina nel mondo post-pandemia (Carocci, 2022), e “Una Cina perfetta – La Nuova era del Pcc tra ideologia e controllo sociale (Carocci, 2020). Habitué della Repubblica popolare dal 2007, ho vissuto a Pechino nel 2011-2012, corrispondente per il quotidiano il manifesto nello scoppiettante e nebbioso crepuscolo della tecnocrazia di Hu Jintao & Co. Sono rientrato in Cina nel gennaio 2018, anno I della Nuova era di Xi Jinping, quella in cui il Partito-Stato regalerà a tutti “una vita migliore” e costruirà “un grande paese socialista moderno”. Racconto storie, raccolgo dati e cito fatti evitando di proiettare le mie ansie e le mie (in)certezze su un popolo straordinario che se ne farebbe un baffo.
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PALESTINA/ISRAELE. Il fallimento dei «due Abbas»
di Michele Giorgio
Pagine Esteri, 19 gennaio 2023 – Nel caffè della Cisgiordania, avvolti dal fumo dei narghilè, i palestinesi discutono della debolezza politica del presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmud Abbas (Abu Mazen). Nei caffè della Galilea si parla invece dei rapporti più tesi in Israele tra ebrei e arabi e del «fallimento» del deputato islamista del Mansour Abbas. Con il suo partito, Raam, Mansour Abbas per un anno e mezzo ha fatto parte della coalizione «anti-Netanyahu» guidata prima dal nazionalista religioso Naftali Bennett e poi dal centrista laico Yair Lapid, passando alla storia di Israele come il primo esponente politico arabo membro a pieno titolo di un «governo sionista». Il ritorno al potere di Benyamin Netanyahu, alla testa di un esecutivo di estrema destra apertamente anti-palestinese, è una debacle per i «due Abbas».
Tra il 2020 e il 2021 Abu Mazen, illuso prima dall’ingresso alla Casa Bianca di Joe Biden e poi dalla fine del lungo regno di Netanyahu, si era convinto di poter riportare la questione palestinese sul tavolo delle diplomazie, grazie alla ripresa dei rapporti con la nuova Amministrazione Usa dopo la «rottura» durata quattro anni con Donald Trump. Le cose sono andate diversamente. Biden ha rimosso i palestinesi dalla sua agenda e si è limitato a riaprire il rubinetto, e solo in parte, degli aiuti umanitari all’Anp. Il governo Bennett/Lapid da parte sua ha continuato il blackout delle comunicazioni con i palestinesi e Abu Mazen ha avuto contatti occasionali, spesso carichi di tensione, solo con il ministro della difesa Benny Gantz. Lapid inoltre lo scorso agosto ha ordinato un altro massiccio attacco militare contro Gaza (circa 50 morti) e dopo gli attentati della scorsa primavera a Tel Aviv e altre città israeliane (18 morti) ha dato piena libertà di azione all’esercito che da mesi entra ed esce dai centri abitati palestinesi in Cisgiordania facendo morti e feriti. Incursioni che contribuiscono alla crescita della militanza palestinese armata, soprattutto a Jenin e Nablus, con riflessi diretti sulla credibilità e la stabilità dell’Anp accusata di «collaborazionismo» con Israele, a tutto vantaggio degli islamisti di Hamas.
Con questo governo israeliano le cose non potranno che complicarsi per tutti i palestinesi, dal cittadino comune al leader politico. Il ministro delle finanze israeliano ed esponente di punta dell’estrema destra Bezalel Smotrich ha di fatto il controllo del 60% del budget annuale dell’Anp. A tale percentuale corrispondono i dazi doganali e le imposte – tra 150 e 200 milioni di dollari al mese – che Israele raccoglie per conto dell’Anp. Fondi palestinesi che i passati governi israeliani hanno già congelato in più occasioni, con la motivazione di voler bloccare i sussidi versati dell’Anp alle famiglie dei prigionieri politici in carcere in Israele. Smotrich quindi potrà gestire un potente strumento di pressione sulla leadership palestinese, già fragile e ricattabile. Smotrich e il resto del governo israeliano hanno già messo in atto la minaccia annunciando il taglio dei fondi destinati all’Anp per decine di milioni di dollari. Per l’87enne Abu Mazen, in cattive condizioni di salute, i margini di manovra si fanno sempre più stretti mentre alle sue spalle sgomitano i pretendenti alla carica di presidente.
Mansour Abbas
Non se la passa meglio l’altro Abbas, quello della Galilea. Un anno e mezzo fa ripeteva con orgoglio di aver cambiato per sempre la politica israeliana grazie alla sua «coraggiosa» adesione al governo Bennett/Lapid. Ora viene accusato da più parti di aver inutilmente causato il crollo della Lista araba unita. In un anno e mezzo Mansour Abbas ha ricevuto promesse non mantenute e annunci di fondi pubblici per le aree a maggioranza araba mai stanziati dal passato governo. Con il ritorno al potere di Netanyahu «l’esperimento arabo» nell’esecutivo è morto e sepolto. Mansour Abbas stenta a riconoscerlo e lancia accuse agli altri partiti arabi, responsabili a suo dire di non aver soccorso il passato governo. La Lista araba unita difficilmente risorgerà e i leader dei singoli partiti, in ordine sparso, annunciano che contro Netanyahu e i suoi ministri sarà avviata una mobilitazione popolare. «Saremo un’opposizione combattiva ma non basta, avvieremo anche un campagna congiunta arabo-ebraica», ha annunciato il deputato Ahmed Tibi. Pagine Esteri
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Tigre - Contro Tigre
A differenza di molti altri gruppi OI! i nostri presentano un cantato meno "stentoreo" ed enfatico per i canoni ai quali siamo abituati, la voce si presenta anzi più sboccata ed irriverente, insomma molto punk, e questo segna un indubbio punto a loro favore.
@Musica Agorà #punkrock #musica
iyezine.com/tigre-contro-tigre
Tigre - Contro Tigre - 2022
Ad aggiungersi alla prestigiosa lista dei portabandiera di un qualcosa che è molto di più di un genere musicale ci pensano i Tigre che, con i quattro pezzi di questo mini, segnano il loro primo rumoroso vagito.Il Santo (In Your Eyes ezine)
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La prima vittima della guerra
magazine.cisp.unipi.it/la-prim…
Un articolo di Maria Chiara Pievatolo - @Maria Chiara Pievatolo
«Dopo la seconda guerra mondiale negli Stati Uniti è cresciuto sempre di più il cosiddetto “complesso militare-industriale”: che conseguenze ha avuto tale sviluppo sulla qualità dell’informazione e della democrazia? E come ha condizionato le relazioni internazionali e il ricorso alla guerra negli ultimi trent’anni? In questo articolo apparso sul Bollettino telematico di filosofia politica, Maria Chiara Pievatolo, filosofa politica dell’Università di Pisa, prova a rispondere a queste domande partendo dai libri di Stefania Maurizi sul “caso Assange” e di Nico Piro sull’attuale tendenza a stigmatizzare il pacifismo e i pacifisti. L’analisi dello stato dell’informazione e della democrazia al tempo delle “guerre infinite” viene svolta con gli strumenti della filosofia, in particolare con le categorie sviluppate da Immanuel Kant nei suoi Scritti politici. Una domanda attraversa l’articolo: i cittadini e le cittadine sono correttamente informate e messe nelle condizioni di poter influenzare le decisioni dei loro governi in materia di spesa militare, ricorso alla guerra, costruzione della pace? La risposta è negativa o, comunque, assai problematica. La volontà degli Stati Uniti e degli alleati occidentali di coprire i crimini di guerra commessi e di giustificare il ricorso alla guerra per “esportare la democrazia” e “difendere i diritti umani”, passa attraverso la propaganda militare e la persecuzione giudiziaria dei giornalisti scomodi, come Assange. La prima vittima della guerra, insieme alla verità, è allora proprio la democrazia, sempre più avvelenata da una narrazione bellicista che divide il mondo in “buoni” (noi) e “cattivi” (gli altri), e lascia poco spazio per la risoluzione diplomatica delle controversie.˚»
La prima vittima della guerra
Dopo la seconda guerra mondiale negli Stati Uniti è cresciuto sempre di più il cosiddetto “complesso militare-industriale”: che conseguenze ha avuto tale sviluppo sulla qualità dell’informazi…Scienza & Pace Magazine
Il Garante Privacy, in linea con quanto stabilito dal Consiglio d’Europa, ritiene di estrema delicatezza l’utilizzo delle tecnologie di riconoscimento facciale per finalità di prevenzione e repressione reati.
Se questi sono i suggerimenti del #GarantePrivacy, come mai la legge di bilancio prevede una voce di spesa espressamente dedicata alla videosorveglianza? E perché non viene fornita alcuna informazione precisa relativa alla tipologia di sistema di videosorveglianza che i comuni potranno introdurre?
L’assenza di tali informazioni rende difficile un’analisi effettiva dei rischi e delle opportunità di tali sistemi.
Di Francesca Doneda per #PrivacyNetwork
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La Cina regolamenta l’uso deep fake
Dopo la legge sul controllo degli algoritmi arriva il controllo dei deep fake. “Dialoghi: Confucio e China Files” è una rubrica curata in collaborazione tra China Files e l’Istituto Confucio di Milano. Verrà un deep fake e non avrà i tuoi occhi. Il governo cinese ha emesso nuovi provvedimenti per regolamentare la diffusione dei cosiddetti deep fake, i video creati con ...
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Strage a Jenin. Nuovo raid israeliano: morti e feriti tra i palestinesi
di Eliana Riva –
Pagine Esteri, 26 gennaio 2023 – Da Gerusalemme Michele Giorgio ci aggiorna su ciò che sta accadendo in queste ore a Jenin, dove l’esercito israeliano ha compiuto un’incursione che ha causato numerosi morti e feriti. Al momento il bilancio è di 9 palestinesi uccisi, tra cui una anziana signora e almeno 16 feriti, alcuni in gravi condizioni. Israele ha dichiarato di aver agito per annientare una cellula terroristica che pianificava un attentato. L’ANP denuncia il massacro e si annunciano scioperi e mobilitazioni in altre città dei Territori palestinesi occupati. Da Gaza Hamas ha fatto sapere di seguire gli eventi con attenzione e di valutare possibili mosse.
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Bando di concorso "Inventiamo una banconota", iscrizioni entro il 3 febbraio 2023.
Gli studenti dovranno realizzare il bozzetto di una banconota immaginaria sul tema: “Il grande caldo, il grande freddo”.
Info ▶️ https://www.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola Bando di concorso "Inventiamo una banconota", iscrizioni entro il 3 febbraio 2023. Gli studenti dovranno realizzare il bozzetto di una banconota immaginaria sul tema: “Il grande caldo, il grande freddo”. Info ▶️ https://www.Telegram
ARMI. Firmato il contratto per i droni kamikaze, le forze armate italiane li utilizzeranno nelle missioni di guerra
di Antonio Mazzeo –
Pagine Esteri, 26 gennaio 2022 – I reparti speciali delle forze armate italiane impiegheranno i droni kamikaze nelle future missioni di guerra. Il 13 dicembre 2022 Tenders Electronic Daily, versione online della Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea, ha pubblicato gli estremi del contratto sottoscritto a metà luglio dalla Direzione degli armamenti aeronautici del Ministero della Difesa per acquisire il “Sistema di Munizioni a guida remota denominato Loitering Ammunition Hero-30 e relativo supporto tecnico-logistico, a soddisfacimento delle esigenze operative urgenti del Comparto Forze Speciali”. Il valore della commessa è di 3.878.000 euro (IVA esclusa); top secret il numero delle munizioni circuitanti ordinate anche se la consegna è prevista già a partire dall’anno in corso.
L’acquisto dei micidiali sistemi di guerra è avvenuto senza che le autorità italiane pubblicassero preventivamente un bando di gara sulla Gazzetta ufficiale in quanto essi “possono essere forniti solo da un particolare offerente per ragioni tecniche”, riporta in nota Tenders Electronic Daily. A firmare il contratto con il Ministero della Difesa, RWM Italia S.p.A. con sede legale a Ghedi (Brescia), azienda produttrice di bombe e munizioni interamente controllata dal colosso industriale tedesco Rheinmetall. RWM Italia opererà tuttavia per conto di UVision Air Ltd., società produttrice di droni e sistemi bellici automatizzati e semi-automatizzati con quartier generale e stabilimenti nel “Sapir Industrial Park” di Tzur Igal, Israele.
“La Loitering Ammunition Hero-30 di UVision è costituita da un tubo che all’interno contiene un drone azionato e interamente comandato da un solo uomo”, spiega il Ministero della Difesa nella scheda tecnica predisposta per le Camere. “La versione originale ha un peso di 3 Kg circa con un range operativo che varia dai 5 ai 40 km, con un’autonomia di volo di 30 minuti”. I nuovi mini-droni saranno consegnati alle forze speciali di Esercito, Marina, Aeronautica e Arma dei Carabinieri: rispettivamente il 9° Reggimento d’Assalto paracadutisti “Col Moschin”, il Gruppo Operativo Incursori del COMSUBIN, il 17° Stormo Incursori e il GIS – Gruppo Intervento Speciale, dipendenti tutti dal Cofs, il Comando interforze per le operazioni delle Forze speciali, costituito il 1° dicembre 2004 all’interno dell’aeroporto di Centocelle, Roma.
Nello specifico verranno acquisite le munizioni “Hero-30” complete di testate esplosive e tubo lanciatore, gli inerti da addestramento con paracadute di recupero e i relativi sistemi di controllo GCS. L’azienda israeliana assicurerà un pacchetto addestrativo completo per sei operatori, della durata di tre settimane, “da svolgersi in Israele presso la sede di UVision, con 12 sortite con munizionamento inerte”, e un corso di formazione avanzata per quattro operatori della durata di due settimane, anch’esso in Israele. UVision Air Ltd. fornirà inoltre il supporto logistico integrato, comprensivo di manutenzione basica e gestione/sostituzione di alcune parti di ricambio di consumo.
Nonostante le autorità governative italiane abbiano scelto di indicare i nuovi sistemi d’arma a guida remota con il termine meno allarmante di munizioni circuitanti, siamo di fronte a veri e propri droni kamikaze, cioè velivoli carichi di esplosivo che, avvistato l’obiettivo da colpire, si lanciano in picchiata e si fanno esplodere al momento dell’impatto. “Sono letali, precisi, rapidi e sicuri come i droni armati normali perché possono centrare bersagli fissi o anche in rapido movimento senza la necessità di truppe a terra e senza bisogno di aspettare il supporto aereo di elicotteri da attacco o cacciabombardieri esposti al fuoco nemico”, spiega l’Osservatorio MILEX sulle spese militari. “Questi droni, tuttavia, sono decisamente più versatili perché possono essere trasportati, lanciati e manovrati direttamente da piccole unità isolate di incursori. Ecco dunque perché vengono ritenuti un vero e proprio game changer per imprimere una svolta nella tattica militare e soprattutto abbassare di moltol’asticella delle remore all’uso della forza letale. Tanto più se viene fornita a forze speciali che conducono operazioni segrete”.
Le Loitering Ammunitions prodotte da UVision Air Ltd. sono utilizzate da diversi anni dalle forze armate israeliane nei loro raid a Gaza e nel sud del Libano. La società israeliana si poi lanciata con successo alla conquista dei mercato esteri, stabilendo propri uffici di rappresentanza in India e negli Stati Uniti d’America dove sta curando la fornitura di un sistema d’attacco con loitering munitions al Corpo dei Marines. Recentemente sono stati venduti droni kamikaze Hero-120 e Hero-30 alle forze armate argentine e le munizioni circuitanti hanno fatto la loro comparsa pure nel conflitto fratricida russo—ucraino.
Secondo quanto riportato dal sito specializzato statunitense Defense News, UVision avrebbe sottoscritto nel 2021 un accordo strategico con RWM Italia SpA per la produzione su licenza e lo sviluppo dei droni kamikaze di diverse tipologie Hero. “La partnership consente a RWM Italia di operare come prime contractor per il mercato europeo, fornendo e producendo alcune componenti delle munizioni, assemblando sistemi e gestendo il supporto logistico”, riporta Defense News. “La collaborazione con l’Italia assicura alla società israelianal’accesso diretto al mercato europeo e i mezzi con cui promuovere le sue armi alle forze armate del continente”. Con la casa madre di RWM Italia, la holding Rheinmetall, UVision avrebbe raggiunto l’accordo di integrare le munizioni auto esplodenti del tipo “Hero” a bordo di alcuni dei più moderni veicoli militari di produzione tedesca come i blindati 8×8 Boxer CRV, i Lynx infantry fighting e i mezzi a pilotaggio remoto terrestri Mission Master.
Antonio Tessarotto, responsabile del settore vendite di RWM Italia, ha dichiarato a Defense News che gli accordi “riguardano esclusivamente il mercato in Europa, mentre i paesi extra europei non sono coperti dall’agreement con UVision”. Tessarotto ha aggiunto che nel vecchio continente è rilevante l’interesse di conoscere questi sistemi d’arma “che sono particolarmente precisi e minimizzano i danni collaterali”.
Secondo quanto documentato da Flightglobal.com, RWM Italia condurrà il “processo di europeizzazione” dei sistemi Hero e i suoi stabilimenti introdurranno modelli innovativi per l’Hero, oltre a fornire la certificazione secondo gli standard UE e NATO. Le munizioni circuitanti accresceranno le “capacità anti-tank” dei potenziali clienti europei ma potrebbero armare pure le forze navali e aeree. Con l’ufficializzazione del contratto da parte del Ministero della Difesa, i timori paventati dal movimento NoWar sardo sul possibile rilancio delle produzioni belliche e di un ampliamento dello stabilimento RWM di Domusnovas (Sud Sardegna) non appaiono infondati. “A Domusnovas sono state prodotte le bombe aeree per la guerra di sauditi ed emirati arabi in Yemen e ora, dopo il divieto di esportazione decretato dal secondo governo Conte, RWM Italia è alla ricerca di nuovi business”, commenta l’Osservatorio MILEX sulle spese militari.
“Questo nuovo accordo ci preoccupa non poco”, scrivono gli esponenti della Campagna Stop RWM. “È evidente che Rheinmetall-RWM non ha nessuna intenzione di rinunciare agli investimenti fatti nello stabilimento di Domusnovas-Iglesias per realizzare illegalmente i nuovi impianti – come stabilito nella sentenza del Consiglio di Stato del 12 novembre 2021 – e che invece cercherà con ogni mezzo di sanare gli abusi commessi e rilanciare la produzione”.
Anche il Ministero della Difesa ha ammesso la possibilità di un coinvolgimento diretto della società contraente nella manutenzione e nella riparazione di “parti non funzionali del sistema”. “L’impatto occupazionale viene pertanto limitato alla PMI nazionale coinvolta (…) ma ciò potrebbe fungere in prospettiva da stimolo iniziale per l’industria italiana ad occupare quote di mercato in un settore, quello delle Loitering Ammunition, di elevato interesse operativo”, conclude la Difesa.
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Cambiano i governi ma restiamo una colonia irrilevante del liberismo atlantista | Kulturjam
"L'indipendenza e autorevolezza dell'Italia è sbandierata solo nelle campagne elettorali poi, una volta saliti al timone del paese, tutti si accodano al carrozzone del liberismo atlantista, anche quando produce evidenti danni all'interesse nazionale."
In Cina e Asia – Le temperature crollano e la Cina ha poco gas per riscaldare le famiglie
Le temperature crollano e la Cina ha poco gas per riscaldare le famiglie
Le vittime di Covid in Cina sarebbero in calo
Le proteste dei lavoratori migranti cinesi non piacciono ai governi locali
Risparmi record tra i consumatori cinesi
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VIDEOSORVEGLIANZA O CONTRO-SORVEGLIANZA?
La legge di Bilancio 2023 prevede un rifinanziamento dell’ammontare di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024, e 2025 finalizzato a potenziare ulteriormente gli interventi in materia di sicurezza urbana. In particolare, la disposizione intende rifinanziare per il triennio 2023-2025 l’autorizzazione di spesa per gli interventi di installazione, da parte dei comuni...
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Elikorokoros
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Andrea Russo
in reply to Elikorokoros • •Tecnicamente quelle sono "Operazioni militari non belligeranti", nel senso che, da regole d'ingaggio, non "belligerano" finché non si trovano in stato di rischio (=vengono colpiti). Chiamarle missioni di pace oltre a essere una paraculata ipocrita, se posso dire, è anche irrispettoso nei confronti di un militare che comunque si arruola pur sempre per fare il militare e non il missionario o il vigile urbano
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informapirata ⁂ e Marco Bresciani reshared this.
Andrea Russo
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Unknown parent • •@nardo86 peacekeeping missions Infatti non significa missione di pace, ma missione di mantenimento della pace. Un termine generico che a livello tecnico si suddivide in diverse tipologie:
1) Le missioni di osservazione
2) Le missioni di interposizione
3) Le missioni multidimensionali
4) Le missioni di imposizione
Delle 40 operazioni militari all'estero le uniche 4 vere operazioni di peacekeeping ONU in corso sono MFO UNIFIL UNMIK e UNFICYP, in parallelo alle quali ci sono anche alcune operazioni di addestramento. In Kosovo è ancora in corso quella storica della NATO (su mandato ONU).
Il resto è tutta roba NATO totalmente fuori dal controllo dell'ONU.
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Andrea Russo
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