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Oggi è stato un piacere assistere al convegno “Il giornalismo alla sfida del futuro” promosso dall’Odg in occasione in occasione del 60° anniversario della legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti. Ad aprire l’evento il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio.


Differenziata


Inutile girarci attorno: il regionalismo differenziato è un pasticcio insensato che non potrà mai funzionare. In queste ore non prende forma, ma ulteriormente sforma la Costituzione che la sinistra scassò nel 2001. E non è una questione di parti politiche

Inutile girarci attorno: il regionalismo differenziato è un pasticcio insensato che non potrà mai funzionare. In queste ore non prende forma, ma ulteriormente sforma la Costituzione che la sinistra scassò nel 2001. E non è una questione di parti politiche, tanto che la destra odierna reclama l’applicazione di una (pessima) riforma che fece la sinistra. Semmai si tratta di parti in commedia, di chi vuol recitare la parte dell’autonomista senza disporre di cultura dell’autonomia. Non stiamo parlando di centralismo e regionalismo, ma di propagandismo privo di realismo.

Tutto si muove nel vago e nell’approssimativo. L’autonomia differenziata può <<riguardare una o più materie, o più ambiti di materie>>. Come giocare a mosca cieca. L’ancoraggio di chi pensa di compensare e mitigare sarebbero i Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni da fornire ai cittadini, ma la loro fissazione è rimandata a un Decreto del presidente del Consiglio dei ministri e il loro finanziamento resta materia da seduta spiritica. Come se non si potesse partire dal disastro della regionalizzazione sanitaria, che ha distrutto il sistema sanitario nazionale, ha trasformato le regioni in enti sanitari che destinano a quello l’80% della spesa, generato debiti nascosti sotto i tappetini regionali (fin quando non si sarà costretti a contabilizzarli nel debito pubblico nazionale, e saranno dolori seri) e creato cittadini con sanità funzionante e cittadini senza. Una volta negoziata la differenziata regionale, diversa regione per regione, quell’assetto resta fermo per 10 anni, può essere disdetto un anno prima della scadenza, altrimenti resta tacitamente rinnovato. Come fosse un rapporto fra diverse statualità e non un’articolazione del medesimo Stato, nel qual caso non avrebbe senso questa bislacca regola. Il tutto finanziato con il trattenimento in sede regionale di quote crescenti della fiscalità generale. Ovvero il fallimento culturale dell’autonomia.

Ove fosse una cosa seria partirebbe capovolgendo proprio questo assunto: l’amministrazione centrale fa scendere le proprie pretese fiscali, tagliando la spesa e liberandosi di competenze, sicché toccherebbe alla mano che domani spenderà adoperarsi per incassare, imponendo tributi. Autonoma è solo la mano che spende i soldi che incassa dai cittadini, non quella che reclama parte dei soldi che ai cittadini sono tolti da altri. Altrimenti si crea un caos fiscale in cui io contribuente non so mai chi è che mi sta portando via soldi e perché. Ove la mano fosse la stessa potrei decidere, alle prossime elezioni, se stringerla o mozzarla. Invece me le trovo alleate nel prelevare, litigiose nello spartire e nascoste nel risponderne. Questo non è autonomismo, questa è una classe differenziale di partitanti parolai.

Questa minestra riscaldata senza mai essere stata cucinata e che non potrà mai essere digerita può consentire, come folkloristicamente già si vede, a una regione di stabilire che in quella non si può mettere meno di 4 a scuola, che, se non altro, rivela quale reale timore affligge gli astanti. Ed è facile prevedere, come per la spazzatura, che ci sarà qualche posto in cui la differenziata sarà presa seriamente, mentre in altri si butterà tutto nell’indifferenziata. Anche perché alla prima crisi, al primo problema per affrontare il quale mancano i soldi il presidente regionale della differenziata reclamerà l’intervento dello Stato, per metterci una toppa e sganciare altri quattrini. Un trionfo d’irresponsabilità fiscale e confusione istituzionale.

Ergo: possono fare quel che credono, mediare fra impostazioni e modelli opposti, portare a casa la bandiera già smandrappata e, come la sinistra del 2001, scassare senza pagare i danni, ma resta sicuro che questa roba non potrà mai funzionare. Sarà solo l’ennesimo capitolo del propagandismo senza cultura dell’autonomia, i cui scarti finiranno nel mucchio dell’indifferenziata raccolta d’orrori legislativi. O, meglio, non se ne farà nulla.

La Ragione

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L'articolo proviene da China Files.



La Regione Puglia produrrà droni con aziende israeliane


Serviranno a dare la "caccia" ai rifiuti. Il progetto conferma la partnership sempre più stretta tra Italia e Israele grazie all'Accordo di Cooperazione nel campo dello Sviluppo Industriale, Scientifico e Tecnologico che si aggiunge a quello militare L'a

di Antonio Mazzeo

Pagine Esteri, 31 gennaio 2023 – Scatta in Puglia la “caccia” dei droni alle discariche abusive di rifiuti: i velivoli senza pilota saranno prodotti da un’inedita partnership tra università pugliesi, centri di ricerca nazionali, enti locali, grandi industrie militari e aziende di tecnologie avanzate ed intelligence di Israele. Il tutto grazie ai finanziamenti del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale.

Il progetto ha il nome di “Drone-Tech” e sarà incentrato sull’impiego a uso commerciale dei droni e dell’intelligenza artificiale per individuare e “ridurre” la dispersione illegale di rifiuti nell’ambiente (Building a commercial solution for reducing illegal waste dumping based on drones and artificial intelligence technologies). In un comunicato il Ministero degli esteri fa sapere di avere ammesso “Drone-Tech” tra i programmi che riceveranno un sostegno finanziario per l’anno 2022 a seguito di quanto deliberato dalla Commissione mista italo-israeliana in merito al bando per la raccolta di progetti congiunti di ricerca (track industriale) sulla base dell’Accordo di Cooperazione nel campo dello Sviluppo Industriale, Scientifico e Tecnologico tra Italia e Israele.

Partner del progetto sull’impiego dei droni per il monitoraggio delle discariche il Distretto Tecnologico Aerospaziale pugliese (tra i soci le Università del Salento-Lecce e “Aldo Moro” di Bari, il Politecnico di Bari, l’ENEA, il CNR, Leonardo SpA, Avio Aereo, IDS – Ingegneria dei Sistemi, ecc.) e High Lander Aviation Ltd, società con sede nella cittadina israeliana di Ra’anana, nei pressi di Tel Aviv, specializzata nella progettazione di software e programmi di controllo voli dei velivoli senza pilota per uso civile, sanitario e di ordine pubblico e vigilanza. Quest’ultima azienda – fondata e diretta da ex militari preposti al controllo dello spazio aereo – si avvarrà della collaborazione del gruppo Sightec di Tel Aviv, attivo nel campo della ricerca delle tecnologie aerospaziali automatizzate. Sigtech vanta “oltre 30 anni di background accademico sotto la guida del prof. Joseph Francos, docente di Ingegneria elettronica e informatica della Ben Gurion University”; lo scorso anno ha fornito al colosso industriale IAI – Israel Aerospace Industries le tecnologie di scansione impiegate a bordo di “MultiFlyer”, il nuovo piccolo drone-elicottero immesso nel mercato per svolgere un largo numero di operazioni dual, civili e militari-securitarie (monitoraggio di aree disastrate, guida delle unità di ricerca in missioni di salvataggio, controllo aereo durante eventi di massa, protezione di infrastrutture “sensibili” e dell’ordine pubblico, sorveglianza di grandi aree agricole e marittime, ecc.).

“Grazie al progetto Drone-Tech si potranno monitorare automaticamente, in tempi molto più brevi e con costi molto minori, ampie aree territoriali, comprese quelle più nascoste e difficili da perlustrare”, riporta il sito specializzato droneblog.news. “Secondo i tecnici che si occupano del progetto, le immagini acquisite tramite l’intelligenza artificiale, che sfrutta i dati raccolti con speciali sensori aviotrasportati, permetterà di individuare e riconoscere la tipologia degli accumuli, rendendo più efficaci ed efficienti le operazioni di rimozione”.

Le prove di volo dei droni italo-israeliani caccia-rifiuti si svolgeranno nell’aeroporto di Grottaglie (Taranto), presso l’Airport Test Bed sorto grazie a un accordo di collaborazione tra il Distretto Tecnologico Aerospaziale, ENAC e il Comune di Bari e che punta a trasformare lo scalo pugliese nel “principale centro mediterraneo” della sperimentazione dei servizi e della tecnologica dei velivoli a pilotaggio remoto e dei satelliti in ambiente urbano e della verifica di nuove procedure per l’interoperabilità tra diverse tipologie di traffico aereo. L’Airport Test Bed opera presso il grande polo industriale e militare di Grottaglie dove sorgono pure gli stabilimenti del gruppo Leonardo che producono le fusoliere in fibra di carbonio per gli aerei da trasporto Boeing 787 e la Stazione Aeromobili della Marina Militare (Maristaer) con l’unico reparto di volo ad ala fissa della forza armata, dotato dei velivoli aerotattici a decollo ed atterraggio verticale AV-8B Plus Harrier II e che farà da base di supporto dei cacciabombardieri F-35B di quinta generazione assegnati alla Marina.

“Drone-Tech è un progetto sperimentale che si presenta come un ulteriore sviluppo del Drone Living Lab di Bari e delle attività realizzate nell’Airport Test Bed di Grottaglie”, ha spiegato all’agenzia Ansa il presidente del Distretto Aerospaziale Giuseppe Acierno. “Siamo contenti di essere stati ritenuti idonei al programma di cooperazione industriale italo-israeliano sostenuto dal ministero degli Esteri. Il consolidamento della nostra collaborazione con i partner israeliani ci aiuta a stare vicino ai livelli più alti di innovazione e ci permette di rafforzare collaborazioni con un Paese che rappresenta l’eccellenza mondiale nel campo dei droni. Il progetto continua nello sforzo di rafforzare ed internazionalizzare le conoscenze e le capacità che il Distretto Tecnologico sta capitalizzando nella sperimentazione di servizi innovativi con droni per Bari Smart City e avvicina il sistema aerospaziale israeliano, tra i più avanzati e dinamici, a quello pugliese, per generare nuove opportunità per lo sviluppo di competenze e nuove forme di imprenditorialità”.

Drone Tech “premia” la collaborazione avviata da un paio di anni dal Distretto Tecnologico Aerospaziale e il Comune di Bari con la Israel National Drone Initiative (INDI) per “promuovere congiuntamente l’integrazione dei droni nelle città intelligenti”. INDI è il programma promosso dall’Autorità per l’Innovazione di Israele, Ayalon Highways Co LTD, l’Autorità di aviazione, il Ministero dei trasporti e l’Israel Center for the Fourth Industrial Revolution (C4IR) con il sostegno del Forum economico mondiale per “potenziare la catena di fornitura” di nuove tecnologie aerospaziali per l’utilizzo in ambiente urbano e creare un network per l’impiego in Israele di droni a fini economici-commerciali. Nell’ambito della partnership, a fine marzo 2022, Antonio Zilli e Uri Bornstein del Distretto Tecnologico Pugliese si sono recati in visita alle aziende israeliane socie INDI e al “centro di controllo” della rete che ha sede nella città di Be’er Sheva, nel deserto del Negev.

Le iniziative di ricerca del Drone Living Lab di Grottaglie sono state presentate ufficialmente nel corso dell’evento internazionale denominato “Drones Beyond” (17 e 18 novembre 2002), organizzato nel capoluogo pugliese dal Distretto Tecnologico Aerospaziale in collaborazione con il Comune di Bari, Regione Puglia e Anci. “Il Drones Beyond è stata l’occasione per la presentazione di sfide, prodotti e soluzioni della Urban Air Mobility”, hanno spiegato i promotori. “L’iniziativa è inserita nel disegno di medio lungo periodo di valorizzazione e sviluppo di un range/infrastruttura unica tra Grottaglie e Bari senza escludere la possibilità di generare nel tempo un collegamento tra i due nodi attraverso una futura autostrada sperimentale per droni”. Il meeting ha posto particolare enfasi alle tecnologie preposte alla guida autonoma e semiautonoma e alla comunicazione/navigazione di nuova generazione (5G, multilaterazione, satellite), e di acquisizione e “manipolazione dei dati” (IoT, Cloud, A/I, Deep Learning). Inoltre sono state effettuate dimostrazioni in volo dei droni dual, per il controllo urbano territoriale, la consegna di oggetti, il pattugliamento e l’osservazione navale e costiera, i rilievi di patrimonio architettonico. “Hanno partecipato all’evento oltre 300 studenti delle scuole pugliesi che si sono cimentati in gare di volo a ostacoli con i droni”, aggiungono le cronache locali.

In vista dello sviluppo della ricerca industriale e tecnologica nello scalo di Taranto-Grottaglie, il 25 febbraio 2019 fu tenuto nell’Università “Aldo Moro” di Bari un incontro ufficiale tra i dirigenti del Distretto Aerospaziale, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e l’allora ambasciatore di Israele in Italia Ofer Sachs. “Importante per il futuro dello scalo è l’intesa istituzionale con le autorità israeliane: gli accordi e le collaborazioni con enti e imprese di quel paese dove sono molte avanzate le ricerche e le applicazioni su quelle tecnologie potranno dare una spinta significativa al progetto del Distretto Pugliese”, dichiarò il presidente Giuseppe Acierno. Altrettanto ottimistiche le parole espresse dal diplomatico israeliano. “Guardiamo con interesse alle concrete possibilità di cooperazione strategica con le realtà presenti nell’aeroporto di Taranto-Grottaglie; l’integrazione del sistema industriale ed accademico al servizio del comparto aeronautico e aerospaziale fa del Distretto Tecnologico un esempio di respiro internazionale”, spiegava Ofer Sachs. All’incontro di Bari erano presenti anche i manager di diverse industrie (Leonardo, Avio, ecc.) e i ricercatori italiani e israeliani impegnati nel progetto Apulia Israel Joint Accelerator, coordinato dal Distretto Aerospaziale, il Politecnico di Bari e l’Israel Institute of Technlogy – Technion di Haifa, punta di diamante nella sperimentazione e produzione di sistemi avanzati per il comparto industriale-militare.

Sempre nell’ottica progettuale dell’autostrada dei droni Bari-Grottaglie dal 22 al 24 settembre 2021 si è tenuto nello scalo aereo tarantino il MAM – Mediterranean Aerospace Matching. Al centro dell’iniziativa la presentazione e promozione delle nuove tecnologie aerospaziali e dei progetti delle grandi aziende e delle start up sull’uso e la “sicurezza” dei droni. Tra gli espositori di punta al MAM alcune aziende specializzate israeliane, tra cui SpacePharma, la startup che ha sviluppato il laboratorio per la conduzione di “esperimenti medici” in condizioni di microgravità (lanciato nel settembre 2020 con il satellite Dido III nell’ambito di un programma di cooperazione scientifica tra Italia e Israele); e Starburst Aerospace Israel, l’acceleratore aerospaziale che mette in rete startup, aziende, investitori e istituzioni israeliani. Presenti inoltre i rappresentanti della Naama Initiative, l’iniziativa per la mobilità aerea urbana di Israele creata per stabilire una rete di rotte aree nazionali per i droni da trasporto e consegna di prodotti e merci leggere. Coincidenza vuole che i promotori di Naama siano gli stessi di INDI con in più la presenza della segreteria per la smart mobility del Primo ministro, “in collaborazione con l’Aeronautica Militare di Israele”.

Sulla base dell’Accordo di Cooperazione nel campo della Ricerca e dello Sviluppo Industriale, Scientifico e Tecnologico tra Italia e Israele, nel corso del 2022 sono stati individuati i seguenti progetti ammessi a ricevere un sostegno finanziario da parte del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale:

  • Drone Tech – partner: Distretto Tecnologico Aerospaziale e High Lander Aviation Ltd.
  • ASTI – Auto System THA Insertion – partner: Politecnico di Torino/Intrauma S.p.A. e Value Forces Ltd.
  • We –CAT – partner: Università di Milano Bicocca e Bar Ilan University.
  • GreenH2 – partner: Politecnico di Milano e The Hebrew University of Jerusalem.
  • Hydrogen Sensors – partner: Università degli Studi dell’Aquila e Università degli Studi dell’Aquila.
  • IVANHOE – partner: Università degli Studi dell’Aquila e Ben Gurion University of the Negev.
  • Bio-SoRo – partner: Sapienza Università di Roma e Ben Gurion University of the Negev.
  • F2SMP – partner: Università degli Studi di Pavia e Technion Israel Institute of Technology.
  • C-IGrip – partner: Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia e The Hebrew University of Jerusalem.
  • BIONiCS – partner: Università degli Studi di Genova e Tel Aviv University.

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LETTERA APERTA. Ristabilire il primato del diritto internazionale nella questione palestinese


Questo documento è una versione ridotta della lettera aperta inviata dal think tank Global Network on the Question of Palestine al Segretario generale delle Nazioni Unite il 24 gennaio. L'articolo LETTERA APERTA. Ristabilire il primato del diritto intern

Questo documento è una versione ridotta della lettera aperta inviata dal think tank Global Network on the Question of Palestine al Segretario generale delle Nazioni Unite il 24 gennaio. Le opinioni e i pensieri espressi in esso riflettono le opinioni degli autori e non necessariamente anche quelle di Pagine Esteri.

di Lex Takkenberg e Rania Hammad – 3 febbraio 2023

António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, ha recentemente dichiarato al Consiglio di Sicurezza di essere “molto preoccupato” riguardo alle “iniziative unilaterali” del nuovo governo israeliano, osservando che “lo stato di diritto è al centro del raggiungimento di una pace completa” e “in linea con le risoluzioni delle Nazioni Unite, il diritto internazionale e gli accordi precedenti”. Il deterioramento della situazione in Palestina è davvero allarmante e richiede un cambiamento fondamentale nella visione e nell’approccio delle Nazioni Unite al problema.

Come membri del Global Network on the Question of Palestine (rete globale sulla questione Palestinese) – parte dell’organizzazione Arab Renaissance for Democracy and Development (Rinascimento Arabo per Democrazia e Sviluppo) – proponiamo una strategia per affrontare il problema centrale alla base della crisi palestinese e ristabilire il primato del diritto internazionale. Le Nazioni Unite devono riprendere il loro ruolo di guida fondato sulla loro responsabilità permanente per quella che ufficialmente chiamano “la questione palestinese”. Tale strategia deve spostarsi dalle soluzioni negoziate agli imperativi dettati dalle risoluzioni delle Nazioni Unite e dal diritto internazionale, e deve esserci un nuovo approccio alla questione dei rifugiati palestinesi per trovare soluzioni durature.

Il manifesto del nuovo governo della coalizione israeliana di estrema destra è problematico. In esso si afferma che: “Il popolo ebraico ha un diritto esclusivo e inalienabile a tutte le parti della Terra d’Israele. Il governo promuoverà e svilupperà la colonizzazione di tutte le parti della Terra d’Israele – in Galilea, nel Negev, nel Golan e in Giudea e Samaria”. Questa dichiarazione rende il territorio palestinese occupato indistinguibile da quello che oggi è Israele (entro le linee del 1967). L’affermazione implica la minaccia di un ulteriore trasferimento forzato del popolo palestinese e nega il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, riconosciuto come norma perentoria del diritto internazionale. È chiaro che Israele intende proseguire in modo più aggressivo con i suoi piani di annessione. Un’azione del genere può costituire una grave violazione del diritto internazionale.

Questi sviluppi costituiscono la più grave minaccia per il popolo palestinese da quando tre quarti di esso sono stati espulsi ed esiliati con la forza nel momento della fondazione dello Stato d’Israele nel 1948. C’è un alto rischio di un’intensificazione pericolosa e senza precedenti nella Palestina occupata, in Israele e oltre.

Settantacinque anni fa, le Nazioni Unite raccomandarono la divisione – due Stati – come soluzione politica per la terra palestinese. Decenni dopo, i palestinesi rimangono privi di uno Stato pienamente sovrano e sono soggetti a diffuse e sistematiche violazioni dei diritti umani da parte di Israele. La politica del nuovo governo israeliano dà ulteriore credito alla caratterizzazione di Israele come Stato coloniale d’insediamento. L’occupazione israeliana del territorio palestinese è destinata a essere permanente, un’annessione illegale sia de jure che de facto. Secondo la Carta delle Nazioni Unite, ciò può costituire un atto di aggressione.

Rapporti autorevoli di esperti delle Nazioni Unite, organizzazioni per i diritti umani e studiosi di diritto concludono che Israele sta commettendo il crimine internazionale di apartheid contro il popolo palestinese, inclusi i rifugiati palestinesi.

Gli sforzi di pace del passato partivano da una falsa premessa: che due parti nettamente diseguali potessero negoziare la fine del conflitto. Invece, questo approccio ha consolidato la posizione del colonizzatore, violando le norme più fondamentali del diritto internazionale. Il rispetto delle norme giuridiche è una condizione assoluta per qualsiasi soluzione e non può essere oggetto di negoziazione.

Le fasi che hanno accompagnato questo approccio sono state fallaci. L’attenzione allo sviluppo di istituzioni simil-statali palestinesi ignorava la realtà per cui non può esistere una sovranità effettiva sotto l’occupazione e un regime di apartheid. Gli sforzi per sviluppare l’economia palestinese ignorano che Israele esercita una morsa su di essa. L’approccio adottato alla questione dei rifugiati palestinesi ha ignorato anche la necessità di trovare soluzioni durature, che l’ONU ha la particolare responsabilità di fare dal 1948.

Per garantire la piena realizzazione dei diritti inalienabili dei palestinesi è quindi necessario un cambio di strategia fondamentale da parte dell’ONU e dei suoi Stati membri. Altrimenti, la prospettiva di una coesistenza pacifica non si realizzerà mai.

La strategia deve correggere i difetti e i fallimenti degli approcci usati fino ad ora. Ciò non significa necessariamente abbandonare la politica dei due Stati, ma sottolineare che una soluzione negoziata non solo contravviene al diritto internazionale, ma ha anche permesso a Israele di consolidare il proprio controllo sul popolo palestinese, sulla sua terra e sulle sue risorse.

Alcuni governi esitano a riconoscere questa realtà, continuando piuttosto a sperare che una soluzione a due Stati possa ancora essere negoziata nonostante l’evidenza del contrario. Da parte sua, Israele continuerà ad accorpare in modo spurio e aggressivo le critiche alle sue azioni illegali con l’antisemitismo.

Queste circostanze richiedono una leadership coraggiosa da parte di Guterres per evitare ulteriori spargimenti di sangue.

Con l’intensificazione di minacce alla sicurezza dei palestinesi che si verificherà molto probabilmente nei prossimi mesi, è urgente creare misure simili a quelle adottate nei territori occupati della Palestina dopo lo scoppio della prima intifada palestinese nel 1987. All’epoca, con l’incoraggiamento del Consiglio di Sicurezza, le Nazioni Unite istituirono un programma di protezione innovativo. Ma sono necessarie ulteriori misure di protezione per i bambini palestinesi: il 2022 è stato l’anno più letale per loro da quando le Nazioni Unite hanno iniziato a documentare le vittime.

Sia l’Assemblea Generale che il Consiglio di Sicurezza hanno denunciato la prolungata occupazione israeliana, dichiarandola illegale già nel 1977. In previsione di un prossimo parere consultivo sulla questione da parte della Corte internazionale di giustizia, la politica delle Nazioni Unite deve essere riallineata per dare priorità al rispetto del diritto internazionale e non ai negoziati.

Lo stesso approccio si applica alla fine del sistema dell’apartheid. L’esperienza del Sudafrica ha dimostrato che l’apartheid non può essere riformato attraverso i negoziati, ma deve essere smantellato completamente.

È inoltre importante che il Segretario generale incoraggi un nuovo approccio al problema dei rifugiati palestinesi, ampliando l’attenzione sulla protezione, inclusa la ricerca di soluzioni durature. Questo passo dovrebbe sfruttare le opportunità offerte dalla Dichiarazione di New York del 2016 per i rifugiati e i migranti, attingendo alle competenze dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (Unrwa) e dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. L’atteso impulso all’azione internazionale a favore dei rifugiati palestinesi non dovrebbe essere rimandato. Con gli altri cambiamenti di strategia, potrebbe contribuire a promuovere una prospettiva più positiva per il più ampio processo politico. Inoltre, contribuirebbe a portare l’Unrwa su una base finanziaria più solida.

Il diritto internazionale e la responsabilità delle Nazioni Unite di risolvere la “questione palestinese” fanno sì che la comunità globale sia legalmente, politicamente e moralmente obbligata a sostenere le Nazioni Unite nel rispondere meglio alle minacce e alle azioni del nuovo governo israeliano.

Anche se questa iniziativa incontrerà una forte opposizione da parte di Israele e di altri Stati membri che preferiscono lo status quo, è importante che Guterres resista a queste pressioni e ristabilisca l’indipendenza delle Nazioni Unite per cercare una giusta soluzione alla crescente crisi.

Questo articolo è una versione ridotta di una lettera aperta inviata dai membri del Global Network on the Question of Palestine (Rete globale sulla questione palestinese) al Segretario generale delle Nazioni Unite il 24 gennaio.

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Giro di vite sulla condivisione dei dati relativi alla salute negli Stati Uniti. La società GoodRx Holdings ha patteggiato una sanzione da 1,5 milioni di dollari con la Federal Trade Commission (FTC). Secondo i termini dell’accordo, a GoodRx sarà vietato condividere i dati sanitari degli utenti con terze parti per utilizzarli a fini pubblicitari. Alla...


Firenze: Noi non paghiamo. Manifestazione 4 febbraio Piazza della Repubblica


Se la #FirenzeCheNonConta organizza un'iniziativa che urta la femminile sensibilità della #Lega e del democratismo rappresentativo in genere, le persone serie non possono che darle la massima visibilità possibile.
Per questo consideriamo un piacevole dovere -cui ottemperare con brio primaverile- la diffusione di informazioni sull'iniziativa in oggetto.



Meglio Tor o una VPN?


Cos’è Tor, come funziona, a cosa serve, in cosa differisce da una VPN e quando è preferibile usarli insieme o separatamente? Qualche risposta.

Qualche tempo fa abbiamo parlato di VPN (Virtual Private Networks) e di come queste possano essere utili per ottenere più privacy online e in qualche modo anche bypassare specifiche leggi di sorveglianza di massa (come quelle italiane).

Un altro servizio per aumentare privacy e ottenere un certo livello di anonimato è Tor, che molti di voi conosceranno. A prima vista Tor potrebbe essere simile a una VPN, ma sono in realtà servizi molto diversi tra loro.

Prima di tutto: Tor è sia un protocollo che un browser. È molto importante non confondere i due aspetti, perché da questo dipendono anche le nostre aspettative di privacy e anonimato. Sia Tor Browser che il protocollo Tor possono anche essere usati in combinazione con una VPN, con pro e contro — che vedremo insieme.

Lo scopo di questo articolo è spiegare in modo semplice cos’è Tor, come funziona, a cosa può essere utile, in cosa differisce da una VPN e quando è preferibile usarli insieme o separatamente.

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Il protocollo Tor e Tor Browser


Il protocollo Tor e Tor Browser sono due cose diverse che è bene non confondere.

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Ergastolo ostativo: vendetta invece della pena, ricatto invece del recupero


Avrei voluto iniziare queste righe, con un riferimento disgustato all’ennesima cagnara scatenata in Parlamento tra i vari manutengoli della signora ‘Signor Presidente del Consiglio on.le Giorgia Meloni’, e sotto gli occhi indulgenti (e non molto consci) del suo Ministro della Giustizia, sempre più ‘stranito’. Ma poi, sono rimasto colpito dalla solita frase rozza e tranciante […]

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Dopo un 2022 con entrate record, nel 2023 le entrate russe dalle vendite di idrocarburi (petrolio e derivati, gas e carbone) sono destinate a tornare ai livelli pre-pandemia: da 330 a 180-200 miliardi di dollari.


Non è una novità, nel football americano lo fanno da anni...

ansa.it/sito/notizie/sport/cal…



Le ripercussioni della guerra in Ucraina continuano ad avere un profondo impatto sul Mediterraneo allargato e sull’Africa sub-sahariana.



Settore pubblico in sciopero, ma il premier Rishi Sunak non cede e il Regno Unito si prepara a un lungo braccio di ferro.


Fatto 30...La Banca Centrale Europea ha alzato i tassi di interesse di altri 50 punti, portandoli al 2,5%. Una decisione che non sorprende, almeno non quanto il segnale dato da Lagarde di voler continuare con i rialzi anche il prossimo marzo.


Domani la legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti compie 60anni, così come il suo articolo 2 che rappresenta la pietra miliare di tutta la professione, i principi e i doveri deontologici che chiunque, non solo chi fa informazione, dovrebbe rispettare. Nell’occasione l’Odg ha organizzato una serie di iniziative in tutta Italia, tra cui quella di Roma...


Dal Consiglio Ue oltre mezzo miliardo per l’Ucraina. Il settimo pacchetto aiuti


Un settimo pacchetto di aiuti del valore di mezzo miliardo di euro e lo stanziamento di 45 milioni per sostenere le attività di formazione della missione di assistenza militare dell’Unione europea (Eumam Ucraina). Così, in vista del vertice di domani tra

Un settimo pacchetto di aiuti del valore di mezzo miliardo di euro e lo stanziamento di 45 milioni per sostenere le attività di formazione della missione di assistenza militare dell’Unione europea (Eumam Ucraina). Così, in vista del vertice di domani tra l’Unione europea e l’Ucraina – il primo dalla concessione dello status di Paese candidato all’Ucraina –, il Consiglio dell’Ue ha adottato delle nuove misure per lo Strumento europeo per la pace (Epf), in modo da fornire ulteriore assistenza militare alle Forze armate ucraine.

Bruxelles a sostegno di Kiev

Si tratta di misure che mandano un messaggio chiaro e inequivocabile a detta dell’alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell: “Continueremo a sostenere l’Ucraina per tutto il tempo necessario”. Grazie ai nuovi fondi “l’Ucraina dovrebbe ricevere tutte le attrezzature militari necessarie e la formazione militare di cui ha bisogno per difendere il proprio territorio e la sua popolazione dalla guerra di aggressione della Russia”, ha continuato Borrell. Quest’ultima decisione porta alla cifra record di 3,6 miliardi il contributo totale dell’Ue all’Epf in favore dell’Ucraina. Con gli ultimi fondi allocati, si vogliono fornire le attrezzature non letali necessarie, oltre a tutti i servizi collegati alle attività di formazione. Saranno infatti 15 mila i nuovi soldati addestrati grazie all’Eumam.

I passi precedenti

Quello odierno è il settimo pacchetto di aiuti in favore delle forze ucraine nella cornice dell’Epf, i precedenti erano stati stanziati l’anno scorso: il 28 febbraio, il 23 marzo, il 13 aprile, il 23 maggio, il 21 luglio e il 17 ottobre. Proprio al 17 ottobre risale inoltre la decisione di istituire l’Eumam Ucraina per la durata di due anni. Una missione che cerca di rispondere alle richieste avanzate dal Paese invaso all’alto rappresentante, per garantire alle forze ucraine una formazione militare individuale, collettiva e specializzata, nonché un miglior coordinamento della formazione fornita da Paesi diversi.

Prossimo vertice Ue-Ucraina

Al momento la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si trova in Ucraina con altri 15 membri del collegio dei commissari dell’Ue. Pronta a incontrare domani il presidente Volodymyr Zelensky, e alcuni membri del governo del Paese insieme al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, in occasione di quello che sarà il 24esimo vertice tra Ue-Ucraina, ma il primo da quando il Paese ha ottenuto lo status di Paese candidato all’Unione europea lo scorso giugno, pochi mesi dopo la presentazione della domanda di adesione. Al centro del vertice si discuterà il percorso di adesione del Paese, ma non solo, all’ordine del giorno si prevede di affrontare anche la sicurezza alimentare internazionale e la cooperazione sui temi della ricostruzione e dell’assistenza, nonché nei settori dell’energia e della connettività sempre più strategici sul piano internazionale.

Strumento europeo per la pace

L’European peace facility, istituito a marzo 2021, è un fondo fuori bilancio atto a consolidare la capacità europea di prevenire i conflitti, costruire la pace e rafforzare così la sicurezza internazionale sostituendo e ampliando gli strumenti precedenti quali Athena. Nel periodo 2021-2027 il massimale finanziario di cui può disporre il fondo ammonta a circa 5,7 miliardi di euro, con un massimale annuo che è passato da 420 milioni di euro nel 2021 a oltre un miliardo nel 2027, determinato anche da un criterio di ripartizione fondato sul reddito nazionale lordo di ogni Paese. L’Epf, atto a rafforzare le capacità militari europee, si basa su due pilastri: operazioni, con cui vengono finanziati i costi delle missioni nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune (Psdc); e assistenza, per finanziare l’azione Ue in favore di Paesi terzi e organizzazioni.


formiche.net/2023/02/pacchetti…



Il sabotaggio di Émile Pouget, edito da Massari


Questo volumetto edito nel 1913, è opera di Émile Pouget (1860–1931), uno dei militanti anarchici più rappresentativi del movimento operaio francese, colui che per primo ha definito il concetto di sabotaggio. Sin dal 1897 la Confédération Générale du Travail, durante il congresso di Tolosa, grazie soprattutto a Pouget, definisce “ufficialmente” il sabotaggio un metodo di lotta sindacale. @L’angolo del lettore

iyezine.com/il-sabotaggio-di-e…
#libro #libri #rileggere

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Cooperazione, difesa e jet. Si consolida il dialogo Italia-Giappone


Un’occasione per consolidare la partnership tra Italia e Giappone e dare continuità al dialogo nel settore della Difesa. È stato questo il cuore dell’incontro tra Guido Crosetto, ministro della Difesa italiano, e Atsuo Suzuki, vice ministro della Difesa g

Un’occasione per consolidare la partnership tra Italia e Giappone e dare continuità al dialogo nel settore della Difesa. È stato questo il cuore dell’incontro tra Guido Crosetto, ministro della Difesa italiano, e Atsuo Suzuki, vice ministro della Difesa giapponese. L’obiettivo era potenziare ulteriormente il dialogo già esistente tra Roma e Tokyo e la collaborazione bilaterale tra Forze armate. Capitolo importante, naturalmente, è quello della collaborazione italo-giapponese, insieme al Regno Unito, sul caccia di sesta generazione Global combat air programme (Gcap).

DIREZIONE TOKYO

L’incontro, inoltre, ha preceduto il programmato viaggio del ministro italiano in Giappone. Come raccontato in precedenza su Formiche.net, potrebbe essere parte di un più ampio viaggio asiatico con tappa anche in Indonesia per incontrare l’omologo Prabowo Subianto, dal quale era giunto, in occasione del bilaterale di dicembre a Roma, “l’apprezzamento per l’impegno dell’Italia nell’attuale quadro geostrategico e per le sue eccellenze tecnologiche”.

IL RUOLO DI ROMA

L’incontro odierno conferma da una parte il crescente attivismo di Tokyo sul piano internazionale, e dall’altra riconosce al nostro Paese un ruolo centrale nella relazione sempre più stretta tra il Giappone e l’Occidente. Del resto, durante il suo tour euro-americano di inizio anno, Fumio Kishida, primo ministro giapponese, ha incontrato a Roma Giorgia Meloni, presidente del Consiglio. Un vertice che era servito a elevare le relazioni italo-nipponiche a “partenariato strategico”, prevedendo anche un meccanismo di consultazioni bilaterali Esteri-Difesa che dovrebbe riunirsi per la prima volta nel corso di quest’anno, come riportato su Formiche.net in precedenza.

IL JET DI SESTA GENERAZIONE

Il programma Gcap “può rappresentare un volàno importante per i rapporti commerciali ed economici tra Roma e Tokyo”, ha spiegato il ministro Crosetto in una recente intervista a Formiche.net. “Avrà importanti ricadute sui settori produttivi, anche in ambito civile, e sui settori di ricerca e sviluppo”. Il progetto prevede lo sviluppo di un sistema di sistemi integrato per il combattimento aereo, nel quale la piattaforma principale, l’aereo più propriamente inteso e provvisto di pilota umano, è al centro di una rete di velivoli a pilotaggio remoto con ruoli e compiti diversi, dalla ricognizione alla penetrazione in profondità, controllati dal nodo centrale e inseriti in un ecosistema capace di moltiplicare l’efficacia del sistema stesso. L’intero pacchetto capacitivo è poi inserito all’intero nella dimensione all-domain, in grado cioè di comunicare efficacemente e in tempo reale con gli altri dispositivi militari di terra, mare, aria, spazio e cyber. Questa integrazione consentirà al Gcap di essere multidominio fin dalla sua concezione, progettato per coordinarsi con tutti gli altri assetti militari schierabili, consentendo ai decisori di possedere un’immagine completa e costantemente aggiornata dell’area di operazioni, con un effetto moltiplicatore delle capacità di analisi dello scenario e sulle opzioni decisionali in risposta al mutare degli eventi.

IL RUOLO DELLE INDUSTRIE ITALIANE

Di recente, inoltre, il team italiano di aziende che partecipa al programma internazionale, composto da Leonardo, in qualità di partner strategico, Elettronica, Avio Aero e Mbda Italia, ha siglato un accordo per il supporto all’azione del ministero della Difesa e per l’avvio della seconda fase di sviluppo del sistema, quella di concept & assessment, e nelle attività di dimostrazione del programma. A livello internazionale, quindi, le realtà industriali potranno collaborare alla pari allo sviluppo delle tecnologie insieme ai rispettivi campioni del Giappone, come Mitsubishi Heavy Industries, IHI Corporation e Mitsubishi Electric, e del Regno Unito, Bae Systems, Rolls-Royce, e le divisioni Uk di Leonardo e Mbda.


formiche.net/2023/02/italia-gi…



Ordine mondiale nel XXI Secolo: un mosaico da costruire


Cosa hanno in comune la vendita di armi marocchine all’Ucraina, un corridoio transnazionale di transito russo-iraniano e l’assistenza degli Stati Uniti nello sviluppo di una strategia nazionale saudita? Insieme all’accordo di messaggistica finanziaria russo-iraniano di questa settimana e alla visita di dicembre del presidente cinese Xi Jinping in Arabia Saudita, sono frammenti sempre più piccoli […]

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in reply to Andrea Russo

ordine mondiale = perpetuare una catastrofe globale investendo tutti i propri averi in auto distruzione perchè talmente miopi da rendersi conto di non aver capito la famosa strategia vincente che è da sempre non avere niente da difendere, l'ordine mondiale sarebbe la loro condanna a diventare uguali agli altri 😀


UE – Cina: disintegrazione con il pilota automatico


All’inizio di dicembre 2022, il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel si è recato a Pechino per il suo primo incontro faccia a faccia con il Presidente cinese Xi Jinping. La visita è arrivata dopo due eventi che incarnano lo stato delle relazioni UE-Cina. La parte cinese ha rifiutato di eseguire un discorso preregistrato in […]

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in reply to Andrea Russo

"Mentre l'ambiente politico continua a deteriorarsi, i legami economici procedono senza che nessuna parte abbia una visione chiara o realistica di dove vogliono che vadano le relazioni o di come arrivarci" e la #cannabis è illegale siamo in incubo di Manu Chao



Scuola di Liberalismo 2022 – Messina: lezione di Eugenio Guccione sul tema “Battaglie per la libertà”


Undicesimo appuntamento della XII edizione della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e con la Fondazione Bonino-Pulejo. Il corso, che tratta pr

Undicesimo appuntamento della XII edizione della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e con la Fondazione Bonino-Pulejo. Il corso, che tratta principalmente delle opere degli autori più rappresentativi del pensiero liberale, si articola in 14 lezioni, di cui 3 in presenza e 11 erogate in modalità telematica.

La undicesima lezione si svolgerà giovedì 2 febbraio, dalle ore 17 alle ore 18.30, sulla piattaforma Zoom, e sarà tenuta dal prof. Eugenio Guccione (già Ordinario di Storia delle Dottrine politiche presso l’Università di Palermo), che relazionerà sull’opera “Battaglie per la libertà” di Don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare Italiano nel 1919 e, in generale, una delle figure più influenti e lungimiranti del panorama politico, culturale e sociale del Novecento italiano.

La partecipazione all’incontro è valida ai fini del riconoscimento di crediti formativi per gli avvocati iscritti all’Ordine degli Avvocati di Messina, nonché per gli studenti dell’Università di Messina.

Pippo Rao Direttore Generale Scuola di Liberalismo di Messina

Visita la pagina della Scuola di Liberalismo 2022 – Messina

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Il caso Donzelli e il rimpianto del Parlamento di Luigi Einaudi


Ci sono gli epifenomeni: la grossolanità dell’accusa, la delegittimazione dell’avversario, la diffusione di informazioni riservate, la ricerca di un diversivo mediatico, la mancata comprensione del senso profondo di quel “sindacato ispettivo” che compete

Ci sono gli epifenomeni: la grossolanità dell’accusa, la delegittimazione dell’avversario, la diffusione di informazioni riservate, la ricerca di un diversivo mediatico, la mancata comprensione del senso profondo di quel “sindacato ispettivo” che compete al parlamentare… Gli epifenomeni ci sono tutti, sono piuttosto clamorosi e giornalisticamente gustosi. Non sorprende, dunque, che su questi verta il dibattito pubblico e politico. Dispiace, però, che del fenomeno ci si occupi poco o nulla. Il fenomeno cui va ascritta la vicenda Donzelli è presto detto e riguarda tutti. Potremo definirlo così: la perdita di senso del Parlamento. Cioè delle istituzioni, cioè della democrazia, cioè della politica. La politica intesa come arte della mediazione.

Facciamo un balzo all’indietro nella storia per capire di cosa stiamo parlando. Il 12 maggio 1948, dopo aver giurato come presidente della Repubblica, Einaudi prese la parola davanti al parlamento riunito in seduta comune. Un discorso asciutto, denso, pragmatico come nel temperamento dell’oratore. Tra le altre cose, Luigi Einaudi disse: “Nelle vostre discussioni, signori del parlamento, è la vita vera, la vita medesima delle istituzioni che noi ci siamo liberamente date; e se v’è una ragione di rimpianto nel separarmi, per vostra volontà, da voi è questa: di non poter partecipare più ai dibattiti, dai quali soltanto nasce la volontà comune; e di non poter più sentire la gioia, una delle più pure che cuore umano possa provare, la gioia di essere costretti a poco a poco dalle argomentazioni altrui a confessare a se stessi di avere, in tutto o in parte, torto e ad accedere, facendola propria, all’opinione di uomini più saggi di noi”.

Il parlamento come luogo del dibattito. Il parlamento come il luogo in cui, appunto, ci si parla. E naturalmente ci si ascolta. Ci si parla per trasferire agli altri conoscenze, sensibilità e punti di vista nella speranza di convincere chi ascolta della bontà delle proprie posizioni.

Ebbene, quel parlamento non esiste più. O meglio: esiste, ma ha perso di senso. E non solo perché, da decenni e in forma crescente, i governi ne hanno usurpato le prerogative costituzionali abusando della decretazione d’urgenza e dalla questione di fiducia. Il parlamento ha perso di senso perché, nell’era dei social, delle affermazioni icastiche e del narcisismo esasperato, nessuno è più disposto ad ascoltare. I leader entrano in aula nel momento in cui devono intervenire, parlano solo per poter poi postare sui social i loro interventi, si rivolgono idealmente non ai parlamentari ma alle rispettive tifoserie, e non appena finiscono di parlare se ne vanno. Lo fanno i leader, e sempre più spesso lo fanno anche i gregari. Lo ha fatto anche il meloniano Giovanni Donzelli quando, nell’aula di Montecitorio, ha accusato alcuni parlamentari del Pd di collusione con mafiosi e terroristi. Ma a dare scandalo, nonché, possibilmente, a offrire motivo di riflessione, non dovrebbero essere solo le sue infelici parole.

Huffington Post

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Ucraina: la guerra di Putin mette a nudo l’identità imperiale della Russia


Vladimir Putin insiste che russi e ucraini sono ‘un solo popolo’, ma la sua brutale invasione dell’Ucraina ha rivelato una notevole mancanza di empatia ‘fraterna’ russa per gli ucraini. Mentre molte persone in altre ex repubbliche sovietiche si sono identificate con le sofferenze dell’Ucraina, relativamente pochi cittadini russi hanno mostrato qualche segno di compassione o […]

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#NotiziePerLaScuola

PNRR, pubblicate le graduatorie definitive relative all’avviso per la realizzazione di mense scolastiche.

Info ▶️ pnrr.istruzione.it/avviso/mens…

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Ucraina – Taiwan: no causa-effetto


“Se gli uomini definiscono reali le situazioni, sono reali nelle loro conseguenze”, ha scritto il sociologo WI Thomas. Il teorema di Thomas giustamente chiamato , formulato all’inizio del XX secolo, riflette uno dei pericoli costanti dell’arte di governo ed è profondamente saliente per i dibattiti in corso sulla strategia di Washington per l’Ucraina mentre la […]

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Addio al Boeing 747, la ‘regina dei cieli’


Boeing ha chiuso definitivamente la linea produttiva degli aeromobili 747 con la versione cargo -8F Queen of the Skies fornita alla Atlas Air, una compagnia specializzata in trasporti merci interamente controllata di Atlas Air Worldwide Holdings. La cerimonia si è svolta nello stabilimento di Everett, città capoluogo della Contea di Snohomish, nello Stato di Washington. La […]

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Oggi la Polizia di Stato ha presentato in anteprima all’Auditorium Parco della Musica di Roma il bellissimo “Senza rete” sul cyberbullismo. Un docufilm durissimo e che fa male al cuore, ma da vedere con i nostri figli. “Senza rete” verrà mandato in onda sabato 4 febbraio alle ore 23.00 su RAI2.


Primo progetto nazionale di Educazione Digitale rivolto agli Istituti di Istruzione Superiore nazionale Google e il LawLab della LUISS Guido Carli tra i primi ad aprire le danze dando seguito agli impegni assunti dai diversi soggetti pubblici e privati che lo scorso 23 settembre hanno aderito al Manifesto di Pietrarsa e accettato la sfida lanciata...


Addio, Enzo, uomo perbene


È stato un eccellente giornalista e un politico perbene, la cui immagine pubblica risultò indelebilmente macchiata dalla gogna mediatica cui fu sottoposto, in manette, ai tempi della furia giustizialista di Mani Pulite. Non si lasciò abbattere. Mantenne i

È stato un eccellente giornalista e un politico perbene, la cui immagine pubblica risultò indelebilmente macchiata dalla gogna mediatica cui fu sottoposto, in manette, ai tempi della furia giustizialista di Mani Pulite. Non si lasciò abbattere. Mantenne il buon umore e la curiosità allora, così come li mantenne negli ultimi mesi di convivenza con la malattia. Enzo Carra era un amico personale di molti di noi ed era un amico della Fondazione Luigi Einaudi. Ai suoi familiari le nostre più sentite condoglianze.

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EU lawmakers vow to ban surveillance-based political advertising


Today the Members of the European Parliament by a large margin adopted a negotiating mandate for legislation which would drastically restrict the use of personal data to target online political advertisements. …

Today the Members of the European Parliament by a large margin adopted a negotiating mandate for legislation which would drastically restrict the use of personal data to target online political advertisements. Targeting would only be allowed based on personal data which has been explicitly provided for this purpose by citizens, excluding the use of intrusive practices of inferring individuals’ characteristics and weaknesses from their online activities (“surveillance advertising”).

Pirate Party Member of the European Parliament Patrick Breyer, co-negotiator in the LIBE Committee, comments:

“Today is a good day for democracy: With a broad majority, the European Parliament has rallied behind the goal of stopping political surveillance advertising online. This would protect our democracy from manipulation while not restricting unpaid political posts. From the Donald Trump and Brexit campaigns we have learned that you can very effectively and subconsciously manipulate a voter if you know which message works on them. The mandate to ban political surveillance advertising is a victory for us Pirates.

On the other hand, an unholy alliance of EU Commission, EU governments and big tech companies wants to allow the digital manipulation of elections and referendums to continue unabated. Anti-democratic and anti-European forces could continue to use surveillance advertising to target hate messages and lies at those voters who are receptive to them, and thus attack our democracy. We are witnessing a toxic mixture of the short-sighted self-interest of the powerful in using surveillance advertising themselves and the business interests of big tech. We will fight to ensure that they do not succeed. We will fight to protect our private lives and our democracy.”

Specifically, these are some of the ‘wins’ Breyer has successfully pushed for in the negotiations:

  • According to the mandate, no political advertisement could be targeted based on sensitive personal data (e.g. revealing political views or sexual orientation), whether online or offline.
  • For online ads, targeting could only be based on data explicitly provided for this purpose by citizens with their consent, excluding the use of behavioural and inferred intelligence on citizens (“surveillance advertising”). Refusing consent would need to be just as simple as giving it. The “do not track” browser setting would need to be respected without bothersome prompts. Users who refuse to consent would still have access to online platforms.
  • The platforms would be banned from running opaque ad delivery algorithms to determine who should see a political ad; they would only be able to select recipients randomly in the pool of people delineated by the targeting parameters chosen by the sponsor.
  • In the 60 days prior to an election or referendum, different political messages could be targeted only of the basis of a voter’s language and the constituency they live in, thereby avoiding a fragmentation of the public debate and the sending of micro-targeted, contradictory and dishonest messages.
  • If a data protection authority such as the Irish DPA fails to enforce the rules against large online platforms, the European Data Protection Board would be able to take over. In cases of illegal political ads targeting it will not only be able to impose financial sanctions but also to temporarily suspend the targeting of ads by advertisers who seriously and systematically violated the rules. This ensures that more affluent sponsors are not able to simply factor-in the price of financial sanctions in their budget.
  • Organic, self-posted content is excluded from the proposed targeting rules. Namely they do not cover the amplification of organic content.


Now that the European Parliament has adopted its position on the legislation, negotiations with the Council will begin.


patrick-breyer.de/en/eu-lawmak…

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#DirittoAllaConoscenza è anche sapere come un potente politico può usare informazioni secretate per attaccare gli avversari. L'editoriale di @valigiablu su #Copasir #Donzelli #Delmastro


2]PERCHÉ IL VICE PRESIDENTE DEL COPASIR DONZELLI E IL SOTTOSEGRETARIO ALLA GIUSTIZIA DELMASTRO DOVREBBERO DIMETTERSI[/h2]

@Notizie dall'Italia e dal mondo

L’intervento alla Camera del deputato di Fratelli d’Italia e vicepresidente del Copasir, Giovanni Donzelli, durante la discussione sulla proposta di legge per l’istituzione della Commissione parlamentare antimafia (poi approvata), è senza precedenti e di una gravità inaudita per diversi motivi. Come osserva il giornalista Emiliano Fittipaldi, "non solo per le parole violente contro alcuni parlamentari del PD, ma perché", da vicepresidente del Copasir, l’organismo parlamentare che vigila sull’operato dei servizi segreti, "ha usato come arma politica intercettazioni tra mafiosi al 41bis" che molto probabilmente dovevano rimanere riservate.

IL POST COMPLETO, SUL SITO DI @Valigia Blu



Su La Svolta, un bell’articolo di Luca De Biase sul mio libro “La privacy degli ultimi”, edito da Rubettino Editore.


REPORTAGE. Tra le macerie di Gerusalemme est, 31 case palestinesi demolite in un mese


Il governo israeliano annuncia una campagna di demolizioni contro «l’abusivismo palestinese». Con permessi edilizi fantasma, si costruisce comunque. Fino ai bulldozer. Viaggio a Jabal al Mukaber L'articolo REPORTAGE. Tra le macerie di Gerusalemme est, 31

di Michele Giorgio*

(le foto sono di Michele Giorgio)

Pagine Esteri, 2 febbraio 2023 – Stretta nella sua tutina bordeaux, con il cappuccio alzato sulla testa per ripararsi dalla pioggia che cade copiosa su Jabal al Mukaber, Malak Matar, 7 anni, ci racconta per filo e per segno cosa è accaduto all’alba del 29 gennaio quando ha sentito un gran frastuono fuori casa. «Mi sono svegliata per il rumore, poi ho sentito dei forti colpi alla porta di casa» dice sotto lo sguardo attento del padre Rateb «all’inizio ho pensato che papà stesse riparando qualcosa. Poi la mamma mi ha chiamato e mi ha detto di scendere giù subito». Al piano di sotto, continua Malak, «ho trovato dei poliziotti e degli uomini che avevano in mano dei fogli. Papà gridava, ripeteva che non potevano distruggere la nostra casa. Poi è arrivato il nonno, anche lui gridava. I poliziotti ci hanno ordinato di uscire al più presto. Mamma piangeva, mi ha detto di raccogliere in fretta un po’ di abiti e di andare a casa dei vicini». Meno di due ore dopo una ruspa ha ridotto in macerie l’abitazione dei Matar «sanando» quello che il municipio israeliano di Gerusalemme ha semplicemente descritto come un «abuso edilizio». Eppure, c’è poco di più politico della demolizione di una casa palestinese a Gerusalemme.

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Rateb Matar e la sua famiglia per un po’ saranno ospitati da parenti. Il cielo grigio che grava su questo sobborgo a sud-est della zona araba occupata di Gerusalemme rende più drammatica la previsione che il palestinese fa della sua vita, di quella di sua moglie e dei suoi figli. «Già sappiamo che saremo costretti a lasciare Jabal al Mukaber – ci dice Matar confortato da un paio di amici – e con gli affitti così alti (a Gerusalemme) dovremo cercare un appartamento fuori dalla città». Non esita quando gli chiediamo il perché di quella costruzione senza licenza. «Non ho avuto scelta – ci dice perentorio – la mia famiglia vive da sempre qui a Jabal al Mukaber e volevo lo stesso per me e i miei figli. I permessi edilizi costano una fortuna e comunque per ottenerne uno potrebbero volerci anche dieci anni. Chi può aspettare tanto per avere un tetto sulla testa? E l’affitto non posso permettermelo». Si avvicina un altro abitante, Firas. «Noi palestinesi non abbiamo le risorse degli israeliani – ci spiega – qui a Jabal al Mukaber a stento riusciamo a sopravvivere. Questo porta a costruzioni massicce senza i permessi». Firas, con un bimbo aggrappato alle gambe, aggiunge che le autorità comunali «qui si vedono solo per riscuotere l’arnona (l’Imu, ndr) e consegnare gli ordini di demolizione alle famiglie, mai per garantirci servizi e infrastrutture». Difficile smentirlo di fronte a strade strette e asfaltate poco e male, ai cumuli di rifiuti e detriti, al degrado generale. Un quadro ben diverso dalle strade ampie, pulite e alberate, con spazi per il gioco dei bambini che, sopra Jabal al Mukaber, circondano i palazzi della israeliana Armon HaNatsiv, formalmente una colonia perché costruita a Gerusalemme Est ma che adesso anche parecchi media italiani definiscono un «rione».

Pare che siano circa 800 le abitazioni senza permesso costruite dai palestinesi a Jabal al Mukaber. A Gerusalemme Est, secondo i dati dell’ong Ir Amim, dall’inizio dell’anno sono stati già stati demoliti 31 edifici. Perciò la nomina a ministro della Sicurezza nazionale di Itamar Ben Gvir, uno dei leader dell’estrema destra israeliana, ha messo in forte allarme centinaia di famiglie. L’«abusivismo palestinese» infatti è visto dalla destra come una minaccia all’esistenza stessa di Israele e all’inizio della settimana Ben Gvir ha annunciato una «campagna di demolizione di case» in risposta all’attacco armato palestinese a Neve Yaacov in cui sono stati uccisi sette israeliani. «Ci sono dozzine di case che è possibile abbattere. Spero che non incontreremo difficoltà. La demolizione di case illegali a Gerusalemme deve continuare», ha ordinato.

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Parole che hanno suscitato timori e rabbia a Jabal al Mukaber, la zona più a rischio. La demolizione della casa della famiglia Matar e, il giorno successivo, di un edificio commerciale hanno lanciato un segnale inequivocabile. Due giorni fa, dopo la proclamazione di uno sciopero commerciale e la chiusura delle scuole, decine di giovani palestinesi hanno bloccato le strade di accesso al sobborgo, dato fuoco a pneumatici e cassonetti dei rifiuti e hanno minacciato una Intifada se Ben Gvir darà seguito concreto ai suoi propositi. Per ore sono andati avanti gli scontri tra la polizia e i dimostranti che lanciavano sassi. Da due giorni ogni estraneo che entra a Jabal al Mukaber è sospettato di essere un funzionario del Comune o un agente in borghese della polizia. «Siamo pronti a resistere, non riusciranno a cacciarci da Jabal al Mukaber», assicura Tareq, un commerciante. Pagine Esteri

*Questo reportage è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto

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In Cina e Asia – Hong Kong regala 500mila biglietti aerei per rilanciare l’economia


In Cina e Asia – Hong Kong regala 500mila biglietti aerei per rilanciare l’economia hong kong
L'economia di Hong Kong è diminuita del 3,5% nel 2022
Chiuso (per ora) il quartiere di Sanlitun
Usa e India lanciano una iniziativa congiunta su high tech e difesa
La giunta birmana proroga lo stato di emergenza in Myanmar

Filippine: gli Usa ottengo l'accesso ad altre basi militari

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Repubblica Democratica del Congo: oltre 100mila civili in fuga in un solo giorno nel Nord Kivu


Sempre più violenti gli attacchi alla popolazione. 65mila bambini, denuncia Save the children sono stati costretti a fuggire dalle loro case a causa di violenti scontri tra il gruppo armato M23 e le forze governative, mentre Papa Francesco visita il Paese

(foto di Frederic Bonamy EU/ECHO)

Pagine Esteri, 2 febbraio 2023Più di 122 mila persone sarebbero fuggite dalle loro case nell’arco di un giorno dopo l’ennesima escalation del conflitto nella provincia del Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), lasciando migliaia di bambine e bambini vulnerabili agli abusi. Questo l’allarme lanciato dall’organizzazione internazionale Save the Children.

Gli scontri armati tra il gruppo armato M23 e le FARDC (Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo) nelle aree intorno a Kitshanga, a circa 60 km a ovest di Goma, tra il 24 e il 25 febbraio hanno portato a sfollamenti di massa, il cui numero è destinato ad aumentare con il protrarsi del conflitto. Si stima che oltre la metà degli sfollati in fuga da Kitshanga siano bambini.

L’ultima escalation di violenza si è verificata mentre Papa Francesco è nella Repubblica Democratica del Congo.

Mentre l’intensificarsi del conflitto sta causando sfollamenti di massa, in altre aree della Repubblica Democratica del Congo orientale le persone vengono uccise e sradicate dalle loro case in un’allarmante ondata di attacchi contro i civili. Secondo le Nazioni Unite, più di 200 civili sono stati uccisi dai gruppi armati nell’Ituri nelle ultime 6 settimane, 2 mila case sono state distrutte e 80 scuole sono state chiuse o abbattute. Le strutture sanitarie sono state saccheggiate, rendendo sempre più difficile l’accesso all’assistenza sanitaria.

I violenti attacchi contro i civili spesso coinvolgono anche i bambini. La sera del 18 gennaio e la mattina seguente, gruppi armati hanno attaccato un insediamento di sfollati in un villaggio dell’Ituri, uccidendo 5 bambini e 2 adulti. L’8 gennaio un gruppo armato ha attaccato quattro villaggi dell’Ituri uccidendo 25 persone, tra cui 5 bambini. Il gruppo ha anche saccheggiato un centro sanitario locale. Nella sola provincia di Ituri, questi attacchi hanno costretto circa 52 mila persone a fuggire dalle loro case.

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“I violenti scontri e gli attacchi ai civili, compresi i bambini, devono cessare”, ha dichiarato Amavi Akpamagbo, Direttore nazionale di Save the Children nella Repubblica Democratica del Congo. “Stiamo assistendo a una notevole escalation del conflitto tra il gruppo armato M23 e le FARDC, che continua a causare massicci spostamenti di popolazione. Assistiamo anche ad attacchi feroci da parte di altri gruppi armati, che uccidono e mutilano i civili, compresi i bambini, in modo estremamente violento. Questi attacchi contro i civili devono essere indagati e i responsabili devono essere chiamati a rispondere delle violenze e delle uccisioni di bambini e altri civili”, ha aggiunto Akpamagbo.

Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, nella Repubblica Democratica del Congo vivono circa 5,5 milioni di sfollati, in un Paese che conta circa 95 milioni di abitanti. Alcuni dormono all’aperto mentre altri si trovano in campi e insediamenti, spesso in condizioni di sovraffollamento e senza servizi igienici di base, il che porta a epidemie di malattie trasmesse dall’acqua come il colera.

Il mese scorso Save the Children ha riferito che i casi di colera sono in rapido aumento a Nyirangongo, la regione che ospita il maggior numero di sfollati a causa della recente escalation del conflitto, con i bambini che rappresentano quasi quattro casi su cinque.

“La situazione umanitaria nella Repubblica Democratica del Congo è terribile”, ha aggiunto Akpamagbo. “La maggior parte degli sfollati si trova in condizioni precarie. Vivono in scuole e stadi e altri sono ospitati da famiglie dove non hanno né acqua potabile né cibo. I bambini sfollati sono vulnerabili. I minori non accompagnati o abbandonati, senza familiari, corrono un rischio maggiore di abusi”.

Save the Children lavora nella Repubblica Democratica del Congo dal 1994 per rispondere ai bisogni umanitari legati al massiccio sfollamento delle popolazioni a causa del conflitto armato nelle province orientali, in particolare nel Nord Kivu, nel Sud Kivu e nell’Ituri e nel Kasai-Orientale e Lomami nel centro del Paese. Save the Children sta sviluppando attività nei settori della salute e della nutrizione, dell’istruzione e della protezione, in modo da non lasciare indietro nessuna comunità, compresi i bambini più vulnerabili. Pagine Esteri

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