Hadis amava la danza, l’hanno uccisa a fucilate
Amava la danza, amava la musica, amava indossare i tacchi a spillo, jeans attillati e maglietta corta che scopriva l’ombelico. Chiusa nella sua stanza, davanti alla telecamera del suo computer, intratteneva il suo folto pubblico di TikTok e Instagram danzando e cantando in videoclip con sincronizzazione labiale.
Hadis Najafi era una giovane ventiduenne laureata in “Design del cucito”, si guadagnava da vivere facendo la cassiera in un ristorante della Eram Valley di Mehrshahr. Condivideva i suoi pensieri in questo modo scherzoso, come fanno molti coetanei nel mondo. Nell’ultimo videomessaggio rivolto ai suoi 74 mila e 200 followers, Hadis parlava del suo sogno di un futuro migliore. Sognava di diventare popolare, di vivere e divertirsi come le ragazze di Los Angeles e di New York e la magia della Rete glielo consentiva. Alle donne è vietato cantare e ballare in pubblico, è vietato truccarsi, è vietato il rossetto sulle labbra, è vietato mostrare i capelli. E lei nel suo piccolo mondo digitale aveva infranto questa mortifera imposizione.
“Quando mi guarderò indietro tra qualche anno, sarò felice di aver partecipato a queste proteste contribuendo a cambiare in meglio la vita delle donne e il mio paese”, aveva detto al suo affollato pubblico in rete. È stata uccisa a colpi d’arma da fuoco circa un’ora dopo aver realizzato il suo videoclip. Verso le 19:30 della sera del 21 settembre era uscita di casa per unirsi alle proteste, all’insaputa della madre.
Sei proiettili di fucile da caccia l’hanno raggiunta sull’Eram Boulevard, nel centro ricco e lussuoso di Mehrshahr, un distretto a sudovest della città di Karaj, a 40 km dalla capitale.
Hadis era nota sui suoi account di social media, Instagram e TikTok, come fashion blogger, ma la sua morte l’ha resa una icona della lotta contro l’obbligo dell’hijab.
I suoi amici la descrivono come una ragazza energica, piena di passione per la vita. Indossava abiti luminosi e allegri con i quali amava mostrarsi sui social raccontando ogni momento delle sue giornate.
Hadis era uno spirito libero e la morte della sua coetanea curda Mahsa Amini l’aveva sconvolta. Era per questo piena di rabbia e assetata di giustizia, da allora aveva deciso di uscire la sera senza il suo foulard in testa mostrando la sua chioma bionda annodata in una fluente coda di cavallo.
Sua sorella, Shiirin, ha raccontato ai giornalisti che Hadis aveva «il cuore spezzato per la fine atroce di Mahsa».
Sono migliaia le donne scese in piazza nelle fervide notti delle città dell’Iran in un moto di ribellione contro un regime oscurantista e misogino che impone loro una vita da recluse.
La sera, giovani donne, per lo più universitarie e liceali, escono in strada, si tolgono il velo per sventolarlo come una bandiera, ad esso danno fuoco e si tagliano i capelli.
Lo fanno anche con ironia prendendo in giro i lugubri teocrati dalla barba grigia. Vogliono liberarsi dall’oppressione, sfidano apertamente la regola dell’hijab e pubblicano in Rete le foto e i video delle loro performance per incoraggiare tutte le altre donne alla ribellione su Instagram, WhatsApp, Twitter e Facebook.
Tagliarsi i capelli è un atto di disperazione, esprime un rifiuto radicale. Durante il genocidio perpetrato dall’Isis a Şengal nel 2014, in nord Iraq, le donne ezide sono state viste tagliarsi i capelli in segno di lutto.
Coloro che hanno perso i loro cari, le donne violentate, a cui sono state spezzate le ali, sono use tagliarsi i preziosi capelli per mostrare tutto il loro dolore, la loro rabbia e il loro orgoglio.
Quella sera del 21 settembre Hadis era finita all’ospedale di Ghaem:
aveva nel volto, nel collo e nel petto conficcati numerosi pallini di proiettili di fucile da caccia, sparati a distanza ravvicinata dalle forze basij, i volontari paramilitari dei Guardiani della rivoluzione islamica (IRGC, pasdaran).
A sua sorella e ai suoi genitori non è stato permesso di visitarla perché Hadis era una manifestante. Hanno potuto vederla solo nell’obitorio, su richiesta del marito della sorella, membro basij.
Venti pallini di proiettili di fucile da caccia erano conficcati nelle sopracciglia, nelle labbra, nel collo e tutt’intorno al petto. Il suo naso era completamente spappolato. Quando la sua famiglia ha aperto la bara prima della sepoltura, solo in quel momento ha scoperto che la ragazza era piena di fori di proiettili.
Il corpo della giovane blogger è stato consegnato ai genitori due giorni dopo la morte. In queste terribili ore di profondo dolore la famiglia di Hadis è stata sottoposta a notevoli pressioni da parte delle forze di sicurezza che volevano costringerla a firmare una dichiarazione in cui si affermava che la morte della ragazza era avvenuta a causa di un ictus. I genitori si sono rifiutati di farlo e hanno invece rivelato tutta la verità ai media.
Il corpo di Hadis Najafi è stato seppellito venerdì 23 settembre nel cimitero “Behesht-e-Sakineh” di Karaj, lotto 29, fila 25, una settimana dopo il funerale di Mahsa Amini. Erano presenti alla cerimonia funebre le forze di sicurezza che hanno proibito ai familiari di parlare a voce alta e hanno ingiunto di evitare rumorose lamentazioni di dolore.
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Imprese, piccolo non è più bello
Nel recente passato è stata opinione comune che il tessuto produttivo italiano, caratterizzato da ben200mila Pmi, garantisse al sistema produttivo nazionale una competitività maggiore rispetto agli altri Paesi Ue. Si riteneva che la flessibilità tipica di una impresa di dimensioni ridotte fosse indice della capacità di cogliere rapidamente ogni opportunità di business. Poi l’impatto di mercati sempre più aperti ha riscritto il novero delle caratteristiche vincenti per competere. Abbiamo assistito auna progressiva concentrazione in diversi settori, con i “giganti” internazionali capaci di dominare anche il mercato domestico; ne è un esempio l’industria del software. Alcuni campioni nazionali, tipicamente quelli con una specializzazione in un settore di nicchia, in alcuni casi hanno beneficiato dell’apertura dei mercati, e grazie all’export hanno assunto un ruolo internazionale; ne è un esempio la meccanica di precisione.
Ma come è cambiato il nostro tessuto produttivo? Nel 2020 le aziende italiane erano 4.253.279 (dati Istat) di cui il 95% era rappresentato dalle microimprese con meno di 10 addetti. Il rimanente 5% era composto in larghissima parte da poco più di 201mila Pmi. Quest’ultime rappresentavano però la parte più significativa del tessuto produttivo nazionale: circa il 77% del valore della produzione totale, il 76% della forza lavoro e più dell’85% del totale degli investimenti lordi in beni materiali. Dal 2016 il numero totale delle aziende si è ridotto di poco meno dell’1% e della stessa percentuale è calato il numero delle Pmi, in seno alle quali è avvenuta una divaricazione: le imprese più piccole (tra 10 e 49 addetti) hanno visto il segno negativo praticamente su tutti gli indicatori, mentre le aziende più grandi (quelle con più di 50 addetti) hanno registrato una crescita numerica e hanno guadagnato un peso maggiore sul tessuto produttivo nazionale.
Venendo aidati, la numerosità delle imprese tra i 10 e 49 addetti (che rappresentano l’87% delle Pmi) si è ridotta dell’1,6%, il valore della produzione è sceso del 9%, la forza lavoro è rimasta pressappoco invariata. Solo gli investimenti lordi in beni materiali mostrano una crescita del 2 per cento. Disegno opposto gli indicatori relativi al restante 13% delle Pmi, ovvero il cluster delle imprese con più di 50 addetti, il cui numero è aumentato del 5,3%, con la crescita del valore della produzione del 5%, un incremento a doppia cifra della forza lavoro pari al 12% e un aumento significativo degli investimenti lordi in beni materiali del +14 per cento. Attualmente il tessuto produttivo nazionale poggia in buona misura sulle circa 27mila imprese con più di 50 addetti, che costituiscono il 57% del valore della produzione nazionale (cresciuto nel quinquennio di osservazione di circa il 7%) e che concentrano più della metà della forza lavoro e il 69% degli investimenti lordi in beni materiali(cresciuto nel quinquennio di osservazione di quasi il 15%). Interessante notare come le aziende più grandi abbiano trainato la crescita nazionale, caratterizzandosi per un incremento significativo della forza lavoro e a doppia cifra degli investimenti lordi in beni materiali. I mercati caratterizzati da un forte competizione, o che sono in fase recessiva, tendono a favorire le aziende leader e ad allargare il distacco tra queste e tutte le altre. Le aziende più grandi rispondono meglio al nuovo contesto competitivo, mostrando una migliore capacità di affrontare mercati globalizzati e disruption improvvise, ed evidenziano una maggiore capacità di investire per far evolvere le competenze e affrontare la competizione nei propri mercati. In particolare, l’investimento in digitalizzazione può presentare ritorni più elevati, attraverso l’utilizzo della tecnologia oggi ampiamente disponibile, e consente, dunque, di ottenere una maggiore efficienza a parità di risorse impiegate.
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L’unione di frontiera
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Ucraina: G20, USA e Russia faccia a faccia
L’incontro, a margine del G20 dei ministri degli Esteri di Bangalore, fra il Segretario di Stato USA Anthony Blinken e il suo omologo russo, Sergej Lavrov, ha destato molta attenzione presso la stampa e gli osservatori. Come ampiamente rilevato, si tratta del primo faccia a faccia ad alto livello fra Russia e Stati Uniti dallo scoppio […]
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La pasticceria è anche ‘sociale’
Anche i dolci non sfuggono al fascino del sociale e del sostenibile e ci sono vari aspetti del ‘dolce sociale’. L’ex ante quando si analizza la filiera dei fornitori delle materie prime per fare i dolci e della supply chain; in itinere che consiste nei modi di produrre i dolci; ex post che attiene ai […]
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Presentazione della Scuola di Liberalismo 2023 – Abruzzo
LIBERALI: FEMMINILE PLURALE. LE DONNE LIBERALI NELLA SOCIETÀ E IN POLiTICA
Saluti:
ALFREDO GROTTA, Responsabile sede Abruzzo Fondazione Luigi Einaudi
UMBERTO D’ANNUNTIIS, Sottosegretario alla Presidenza della Giunta Regional D’Abruzzo
GIULIO SOTTANELLI, Deputato della Repubblica Italiana
Parteciperanno:
MONICA BABBINI, Membro del Comitato scientifico della FLE
ROSSELLA PACE, Ricercatrice Università deli Studi Suor Orsola Benincasa
ANTONELLA BALLONE, Presidente Camera di Commercio L’Aquila – Teramo
ALESIA COGNITTI, Presidente Ruzzo Reti Soa
ROSANNA DE ANTONIIS, Sindaca di Castel Castagna
MARIA MARSILI, Sindaca di Canzano
Modera:
OTTAVIA MUNARI, Ricercatrice FLE
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Borsa: canapa, la media generale è negativa ma USA e Canada chiudono in positivo
Contrariamente a quanto accaduto la scorsa settimana, quando la media complessiva degli andamenti borsistici è stata positiva ma le Borse USA e Canada, settore Canapa, hanno chiuso negativamente, questa settimana borsistica segnala che USA e Canada chiudono in positivo rispetto ad una media complessiva delle borse internazionali che chiude questa settimana in rosso. La volatilità, […]
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La presenza femminile nelle imprese, evento della Scuola di Liberalismo della Fondazione Einaudi – ekuonews.it
TERAMO – Sarà “Liberali: femminile plurale. Le donne liberali nella società e in politica”, il tema del secondo evento organizzato a Teramo dalla Scuola di Liberalismo della Fondazione Einaudi. Scopo dell’incontro, è quello di favorire una riflessione sulla presenza femminile nel mondo dell’impresa e delle Istituzioni italiane ed europee alla luce anche degli obiettivi di cui al PNRR in ambito di inclusione e di riduzione del gender gap che pesa con una certa rilevanza nel nostro Paese e che ha un significativo costo in termini di PIL e di sviluppo.
Martedì prossimo 7 marzo, alle ore 18.00, la Sala Convegni dell’Hotel Sporting farà dunque da teatro all’incontro che, dopo il saluto del Responsabile della sede abruzzese della Fondazione Luigi Einaudi, Alfredo Grotta e quelli del Sottosegretario della Regione Abruzzo Umberto D’Annuntiis e dell’Onorevole Giulio Sottanelli, vedrà la partecipazione di: Monica Babbini, avvocato, già
portavoce di 3 diversi ministri e membro del Comitato scientifico della Fondazione Luigi Einaudi; Rossella Pace, ricercatrice di Storia dell’Europa presso l’Università “Sapienza” di Roma e Segretario Generale dell’Istituto Storico per il Pensiero Liberale Internazionale; Alessia Cognitti, Presidente Ruzzo Reti Spa; Antonella Ballone, Presidente Camera di Commercio L’Aquila -Teramo; Rosanna De Antoniis, Sindaca di Castel Castagna; Maria Marsili, Sindaca di Canzano. A moderare sarà Ottavia Munari, ricercatrice della Fondazione Luigi Einaudi.
Quella con sede a Teramo è la sede abruzzese di quella Scuola di Liberalismo condotta dalla Fondazione Luigi Einaudi, che da oltre un trentennio, rappresenta il principale Centro Studi della cultura laica e liberale d’Italia, promuovendo la diffusione di una cultura ampia e plurale, in chiave non-ideologica. Obiettivo specifico della Scuola è offrire un luogo aperto di confronto a quanti avvertono il bisogno di un approfondimento critico dei temi più importanti dell’attualità, in un luogo libero da pensieri dominanti ma fondato su una solida “cultura della libertà”. La Scuola di Liberalismo non è soltanto una occasione di formazione culturale e politica, ma è soprattutto un luogo di discussione e confronto per affrontare i grandi temi della libertà, ponendo di volta in volta in primo piano gli aspetti economici, giuridici, politici e geopolitici e tenendo conto delle diverse tradizioni del pensiero liberale. Sino ad oggi, la Scuola di Liberalismo si è tenuta in diverse sedi: oltre a quella storica di Roma e di Messina, nei recenti anni si è dato vita a quella specifica di Milano e di Napoli e adesso anche in Abruzzo.
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Presentazione del libro “Impressioni di settembre” di Claudio Velardi
Ne parlano con l’autore
PIERLUIGI BIONDI LUIGI D’ERAMO
ERNESTO DI GIOVANNI
GABRIELLA DI GIROLAMO
MICHELE FINA
ALFREDO GROTTA
GIULIO SOTTANELLI
Modera
PINA MANENTE
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Australia: giro di vite sulle concessioni all’uso della cannabis terapeutica
Mentre in tutta l’Australia si alza il polverone sulle leggi che regolano la guida e l’uso della cannabis terapeutica, il premier vittoriano Dan Andrews ha segnalato di essere pronto a fare qualcosa al riguardo. Nella maggior parte degli Stati e dei territori australiani, i pazienti che utilizzano prodotti a base di cannabis contenenti THC, prescritti […]
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Agili, veloci e tech. L’Europa guarda agli elicotteri del futuro
L’Europa accelera verso gli elicotteri di nuova generazione, attraverso la definizione di diversi requisiti sia in ambito dell’Unione europea, sia in ambito Nato. Quest’ultima ha lanciato una iniziativa chiamata Ngrc (Next generation rotorcraft capability), e vede tra i Paesi partecipanti, Gran Bretagna, Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Grecia, con Stati Uniti e Canada come osservatori. A metà del 2022 i sei Paesi hanno siglato un memorandum d’intesa per lavorare insieme allo sviluppo del progetto con 26,7 milioni di euro allocati. Il progetto Ngrc ambisce a sviluppare un velivolo capace di raggiungere velocità, distanze, e altezze superiori ai modelli attuali, capace di operare nello spettro elettromagnetico con manovrabilità mai raggiunte e di penetrare i sistemi di difesa avversari (A2/AD), anche attraverso l’inter-connettività (multi-dominio) e l’uso dei droni lanciati dagli stessi elicotteri (Air launched effects).
Programmi paralleli
Il programma Nato è parallelo a un’altra iniziativa all’interno dell’Ue, lanciata da Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Spagna e Svezia, che collaborano a un progetto per analizzare elicotteri alternativi per soddisfare esigenze future anche attraverso l’utilizzo di dimostratori e simulatori. Il progetto, chiamato European new generation rotary technologies (Engrt), volto ad analizzare nuove soluzioni tecnologiche per l’elicotteristica militare e con l’obiettivo di trovare anche un sostituto dell’NH90, è finanziato con quaranta milioni di euro attraverso il Fondo europeo per la Difesa e vedrà coinvolti dodici Paesi e ventiquattro industrie europee. Tali iniziative segnalano l’urgenza percepita dai principali Stati europei e NATO di dotare le proprie Forze armate di un nuovo tipo di velivolo ad ala rotante per affrontare le sfide emergenti.
Il nuovo elicottero della Nato
Del progetto Ngrc si è parlato soprattutto nel corso della conferenza International military helicopter (Imh), il forum internazionale per elicotteri di Londra, nel corso del quale l’Alleanza Atlantica ha delineato lo studio concettuale per il programma, il quale, a partire dallo scorso giugno, segue uno sviluppo in cinque fasi distribuite nell’arco di tre anni. I cinque requisiti base, decisi per il programma Ngrc, stabiliscono che la piattaforma non superi i 35 milioni di euro per unità, con un costo per ora di volo compreso tra i cinque e i diecimila euro. Tali parametri, inoltre, devono essere raggiunti con il minimo di configurazioni diverse, così da ridurre i costi stessi del programma. Nel dettaglio, finora non sono ancora stati fissati requisiti dettagliati per l’Ngrc, ma nel maggio 2021 è stato rilasciato un elenco di “attributi”, tra i quali si prevedono un’autonomia senza rifornimento di novecento miglia nautiche (1.650 chilometri) e una gamma di velocità di crociera,, di gran lunga superiori agli elicotteri tradizionali.
L’interesse italiano
La conferenza di Londra è servita anche all’Italia per annunciare i requisiti di cui le nostre Forze armate hanno bisogno per la componente ad ala rotante del futuro. Il comandante del Comando Aeronautica Militare Roma, generale Giandomenico Taricco, ha infatti ribadito che “l’elicottero resterà un asset-chiave negli scenari del futuro, e abbiamo bisogno di sviluppare la piattaforma di volo, l’avionica, le armi e le capacità di autoprotezione, perché dobbiamo combattere in un ambiente molto contestato”. I requisiti di base per qualsiasi futuro velivolo rotante italiano sono, dunque, quelli di operare in un ambiente multi-dominio; avere un’agilità e un carico utile migliorati (fino a 17 militari completamente equipaggiati); una firma acustica ridotta; una velocità di crociera superiore a 250 nodi; la capacità di essere rifornito in volo e l’interoperabilità con i veicoli senza pilota. Roma non ha ancora definito un requisito ufficiale per un rotore veloce e sta ancora valutando tutte le possibili architetture, tra cui anche la tecnologia X2 di Sikorsky. Secondo il comandante dell’Aviazione dell’Esercito (Aves), generale Andrea Di Stasio, in particolare l’elevata velocità e l’aumento di range saranno fondamentali nella definizione del prossimo elicottero.
Il Future vertical lift
L’Italia, del resto, oltre che ai programmi Nato e Ue guarda da vicino il programma dello Us Army, Future vertical lift. A inizio di dicembre l’Esercito Usa ha annunciato di aver scelto per il programma Future long-range assault aircraft (Flraa) il convertiplano della Bell Helicopter, simile al V-22 Osprey, rispetto al DefiantX proposto dal team Sikorsky-Boeing. Quest’ultimo un elicottero basato su tecnologia X2 con un doppio rotore coassiale rigido, unitamente ad un propulsore, in grado di raggiungere velocità superiori ai quattrocento chilometri orari ed elevati livelli di agilità e manovrabilità. La decisione dell’Esercito Usa è stata contestata dall’azienda di Lockheed Martin che ha chiesto all’ufficio che si occupa di verificare la correttezza dei bandi pubblici statunitensi di verificare che l’Army abbia valutato i concorrenti in conformità con i criteri dichiarati. In particolare, sotto scrutinio sono i prezzi notevolmente superiori del mezzo proposto da Bell, privilegiando l’autonomia e la velocità del rotore basculante a scapito di requisiti altrettanto importanti che favoriscono il DefiantX.
La proposta di Sikorsky
Proprio la società americana, tra l’altro, offrirà nel contesto del programma Ngrc la sua proposta per lo sviluppo di un nuovo elicottero di medio tonnellaggio basato sulla tecnologia X2, il Next generation fast helicopter (Ngfh). Il velivolo sarebbe una macchina modulare e multiruolo, bimotore, a metà strada tra il più piccolo elicottero da ricognizione e attacco RaiderX, in gara nel bando Future attack reconnaissance aicraft (Fara) del Fvl, e quello più grande pensato per il trasporto truppe d’assalto DefiantX. Sikorsky “sta analizzando l’opportunità di sviluppare una terza variante della tecnologia X2, che risponde a requisiti internazionali per un elicottero multi-ruolo capace di operare in contesti multi-dominio all’interno di scenari futuri ad alta intensità” ha spiegato ad Airpress il responsabile del programma Future vertical lift internazionale di Sikorsky, l’italiano Luigi Piantadosi, aggiungendo come la società abbia “ricevuto richieste di interesse da molti paesi Nato e alleati, e sappiamo che anche l’Alleanza sta guardando a questa tecnologia con estremo interesse, all’interno del programma Ngrc, Nato Next Generation Rotorcraft”.
Le donne ucraine giocano un ruolo chiave nella lotta contro la Russia
Mentre l’invasione russa su vasta scala dell’Ucraina entra nel suo secondo anno, la notevole resilienza del popolo ucraino continua a stupire il mondo che osserva. Uno degli aspetti più sorprendenti della lotta dell’Ucraina contro l’aggressione russa è stata l’importanza delle donne ucraine. Da soldati in prima linea ad ambasciatrici non ufficiali, le donne ucraine stanno […]
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Dimmi come finisce la guerra in Ucraina: se la storia recente è una guida, non con un colpo da KO
Una proporzione crescente di conflitti internazionali nell’era moderna viene portata a termine da negoziati diplomatici, non da una vittoria militare decisiva. Questa realtà è spesso denigrata da accuse di ” appeasement ” che vanno contro il sobrio calcolo. I guadagni massimizzati sono diventati la norma nelle discussioni su come dovrebbero essere coinvolti gli Stati Uniti […]
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Cieli chiusi e aerei distrutti. La fragilità delle retrovie russe. L’analisi di Alegi
Dopo sei mesi, la battaglia di Bakhmut sembra avviarsi alla conclusione. Con il taglio della via di rifornimento, l’autostrada H20, la resistenza nella città diventa sempre più difficile e la sacca potrebbe presto chiudersi. In realtà, però, la caduta della città rappresenterebbe la fine di una fase in corso da tempo, e non sembra che l’ipotetica nuova offensiva russa possa sfondare le linee ucraine andando oltre la cittadina. È quindi improbabile che l’obiettivo cambi il corso della guerra, come già era successo l’anno scorso con Mariupol, oggetto di attenzione mediatica ma alla fine priva di grandi conseguenze. Diverso è il caso di quanto sembra stia accadendo all’interno delle linee russe.
La distruzione del Beriev A-50
Dalla Bielorussia a est, giungono notizie variamente attendibili di azioni ucraine. Ieri l’aeroporto di San Pietroburgo è stato chiuso per alcune ore e sono decollati i caccia della difesa aerea russa per un presunto allarme droni, come annunciato da Ria Novosti. A Minsk, invece, è confermata la sostanziale distruzione (o almeno il danneggiamento grave) di un Beriev A-50 russo presso la base aerea di Machulishchy. La notizia è importante per due motivi: il primo che si tratta di un Awacs russo, quindi di un velivolo che controlla e gestisce l’azione degli altri aeroplani. Un assetto molto tecnologico e molto costoso dei quali l’aviazione di Mosca ha in servizio una manciata di esemplari. Non a caso, come per le cisterne volanti, le forze aeree tengono questi mezzi pregiati ben lontani dalla zona di combattimento, per evitare che siano abbattuti dalla caccia o dai missili avversari. In questo caso però, l’A-50 è stato danneggiato a terra da un commando ucraino o da partigiani anti-governativi bielorussi. Il secondo motivo è che il gesto ricorda a Minsk il prezzo, in termini di instabilità interna, dello schierarsi con i russi, e a Mosca il fatto di non essere universalmente bene accetta nella sfera territoriale dell’ex-Urss che il Cremlino rivendica come propria. Soprattutto, la distruzione del velivolo segnala lo scarso controllo del territorio bielorusso. Questa considerazione è particolarmente importante dal momento che già prima del 24 febbraio la Bielorussia è la retrovia strategica delle forze di Putin. Non potersi muovere liberamente in territorio bielorusso è, quindi, particolarmente grave in vista della possibilità di un nuovo attacco contro Kiev partendo, appunto, da nord
I presunti attacchi di droni ucraini
Più difficile è valutare la notizia dell’attacco di droni in territorio russo, riportata per ora soltanto da Tass. Kiev ha, naturalmente, già dimostrato di avere buone capacita con i velivoli a pilotaggio remoto, colpendo in quest’anno molti obiettivi sia sul fronte, sia nelle retrovie. Quindi la notizia in sé non è necessariamente infondata. Tuttavia, la mancanza di riscontri oggettivi, come foto di buona qualità per esempio, impone una certa cautela. Non si può, infatti, escludere che l’agenzia Tass abbia quantomeno ingigantito la notizia in modo da utilizzarla sul fronte interno come indicazione della presunta mancanza di scrupoli da parte ucraina. In questo senso, evidenziare la vulnerabilità del territorio interno russo agli attacchi ucraini potrebbe servire a consolidare il morale russo e il sostegno a Putin. L’Ucraina, da parte sua, ha smentito gli attacchi con droni, ma anche in questo caso, oltre alla difficoltà tecnica, c’è il desiderio di non sfidare troppo apertamente l’opposizione degli Stati Uniti, da sempre molto cauti nei riguardi di mosse che in qualche modo avvalorino la narrazione russa o possano essere usate, strumentalmente, per giustificare attacchi contro obiettivi civili, escalation e quant’altro.
Disinformazione russa
Alla necessità di cautela da parte degli analisti non-mediatizzati, contribuisce anche il fatto che nelle stesse ore, fonti russe hanno distribuito la foto di un presunto Leopard 2 di fornitura tedesca distrutto sul fronte ucraino. Dopo pochi minuti, tuttavia, i fact-checker volontari, che da un anno seguono la guerra, hanno dimostrato che si trattava in realtà di un mezzo dell’esercito turco distrutto anni fa sul fronte siriano. L’uso spregiudicato di immagini in questo senso non è da parte russa una novità. Nei mesi scorsi era stata annunciata la distruzione di Himars, Bradley e altri mezzi occidentali ben prima del loro effettivo arrivo in Ucraina. Tutto questo proprio perché, come i professionisti del settore difesa ben sanno, tra la decisione di consegnare materiale bellico e l’effettivo impiego sul fronte passano molti mesi. Proprio ieri parlando al Congresso degli Stati Uniti, il sottosegretario alla Difesa per le policy, Colin H. Kahl, ha detto che lo schieramento in Ucraina di eventuali F-16 concessi dagli Usa potrebbe richiedere fino a 18 mesi, considerando non solo la preparazione dei piloti, ma anche del sistema logistico per consentirne l’uso, convertendo le vecchie basi di epoca sovietica agli standard occidentali in numerosi aspetti di ogni genere, dai magazzini, alle reti elettriche e quelle informatiche. Cautela, dunque, e necessità di separare l’indubbio peso politico del tema dalla sua effettiva introduzione sul campo di battaglia.
SEBASTIA. Dove l’archeologia è politica
di Michele Giorgio –
Pagine Esteri, 3 marzo 2023 – Sotto la guida dell’archeologo Osama Hamdan e della storica dell’arte Carla Benelli, Pagine Esteri vi porta sul sito archeologico di Sebastia, al centro dello scontro tra Israele e i palestinesi per la gestione dei parchi archeologici nella Cisgiordania occupata. Una situazione generata, paradossalmente, proprio dagli accordi di Oslo, che avrebbero dovuto garantire la nascita di uno Stato palestinese accanto a Israele ma che hanno fallito questo obiettivo.
L'articolo SEBASTIA. Dove l’archeologia è politica proviene da Pagine Esteri.
Quale presidenzialismo? Confronto tra il Ministro Casellati e il Professo Cassese
Il giorno 7 marzo 2023 alle ore 18:00 presso la sede della Fondazione Luigi Einaudi si terrà un confronto tra il Ministro Casellati e il Professor Cassese, che discuteranno la proposta di eleggere un’Assemblea per la riforma organica dello Stato.
Il confronto sarà moderato dal Segretario Generale Andrea Cangini, che con l’occasione presenterà il disegno di legge costituzionale per l’elezione di un’Assemblea per la riforma della Costituzione redatto dalla Fondazione.
Saluti istituzionali del Presidente Giuseppe Benedetto
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Dal multilateralismo al sostegno alla pace. Gli aiuti militari europei alla Somalia
L’Unione europea rafforza il suo sostegno alla Somalia. Il Comitato politico e di sicurezza (Cps) del Consiglio dell’Ue, responsabile della Politica estera e di sicurezza comune (Pesc) e della Politica di sicurezza e di difesa comune (Psdc), ha approvato un ulteriore contributo all’Esercito nazionale somalo, nell’ambito del Fondo europeo per la pace (Epf). Puntando così a rafforzare la componente militare della Missione di transizione dell’Unione africana in Somalia (Atmis). Scopo dell’iniziativa è infatti il passaggio di responsabilità in termini di sicurezza dall’Atmis allo stesso Esercito del Paese. Con tale manovra, l’Ue raggiungerà quota 85 milioni di euro di risorse già mobilitate per la Missione per il 2023 e 25 milioni di euro per l’Esercito somalo. Nel dettaglio, il sostegno per le forze terrestri di Mogadiscio si concentrerà sulla fornitura di equipaggiamento non letale e sulle opere infrastrutturali, in stretto coordinamento con la Missione europea di formazione in Somalia (Eutm-S).
Il sostegno europeo alla Somalia
Il contributo attivo dell’Ue all’Atmis non è però cosa nuova, dal 2007 infatti ammontano a circa 2,4 miliardi di euro i fondi totali stanziati per la missione, a conferma della volontà da parte del Vecchio continente di impegnarsi su questo fronte e consolidare i risultati raggiunti fino ad ora. Seguendo quello che è l’approccio integrato dell’Ue ai conflitti e alle crisi esterne, l’impegno a sostegno della pace in Somalia, e più largamente nel Corno d’Africa, risulta in linea anche con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con il piano di transizione somalo. In particolare, l’aiuto alla componente militare dell’Atmis e dell’Esercito somalo è finanziato in riferimento alla Misura di assistenza a sostegno delle operazioni di sostegno alla pace a guida africana, che nell’ambito dell’Epf ammonta a 600 milioni di euro per il periodo 2022-2024.
Il precedente
Ad aprile dell’anno scorso, il Consiglio ha adottato la decisione che ha istituito la nuova misura di assistenza nell’ambito dell’Epf a sostegno dell’Unione africana di 600 milioni. Tale misura di assistenza triennale continua dunque a fornire il consolidato supporto a lungo termine dell’Ue alle operazioni di sostegno alla pace condotte dall’Africa, oltre a rafforzare il multilateralismo e in particolare il ruolo-chiave dell’Unione africana per la pace e la sicurezza nel continente.
Il fondo europeo per la Pace
Nell’attuale contesto geopolitico, che vede l’aumento della concorrenza strategica così come il proliferare di minacce complesse alla sicurezza, l’Epf mira ad ampliare le capacità dell’Unione europea di garantire la sicurezza ai suoi cittadini e partner. Permettendo all’Ue di intervenire in modo tangibile, fornendo tutti i tipi di equipaggiamento e di infrastrutture alle Forze armate dei partner dell’Ue. Creato nel 2021, l’Epf è infatti nato proprio con lo scopo di supportare i partner nel settore della Difesa, come si è visto anche in riferimento alla guerra in Ucraina, per cui l’Unione ha recentemente deciso di sostenere Kiev con un pacchetto di aiuti militari. Ad oggi, il Consiglio ha adottato dieci misure di assistenza nell’ambito dell’Epf.
5 marzo 2022 – 5 marzo 2023: L’ultima lezione di Antonio Martino alla Scuola di Liberalismo
5 marzo 2022 – 5 marzo 2023
A un anno dalla scomparsa ricordiamo Antonio Martino con l’ultima lezione alla Scuola di Liberalismo della Fondazione Luigi Einaudi
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Il mago del Cremlino di Giuliano da Empoli
Dopo alcuni saggi, Giuliano da Empoli – professore di politica comparata a Parigi – pubblica in Francia per le Edizioni Gallimard e in Italia per tipi di Mondadori, il suo primo romanzo “Il mago del Cremlino” in cui si narra la vita di Vadim Baranov, consigliere personale del Presidente russo Vladimir Putin, un personaggio fittizio dietro al quale si cela il reale spin doctor Vladislav Surkov.
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Il mago del Cremlino di Giuliano da Empoli - 2022
Dopo alcuni saggi, Giuliano da Empoli – professore di politica comparata a Parigi – pubblica in Francia per le Edizioni Gallimard e in Italia per tipi di Mondadori, il suo primo romanzo “Il mago del Cremlino” in cui si narra la vita di Vadim Baranov,…Roberta Cospito (In Your Eyes ezine)
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Palle di Neve a Princeton: La Battaglia del 1893
La Battaglia di palle di neve del 1893 a Princeton fu particolarmente violenta.
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Mondo Asean – Lego punta sul Vietnam come nuovo hub di produzione a emissioni zero
La Lego ha scelto il Vietnam per la costruzione della sua prima fabbrica a emissioni zero. Nel tentativo di minimizzare l’impatto della competizione commerciale tra Cina e Stati Uniti, diverse multinazionali stanno puntando a diversificare le catene di approvvigionamento prendendo le distanze da quella che per decenni è stata considerata la fabbrica del mondo.
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In Cina e Asia – G20: Cina e Russia bloccano comunicato congiunto
G20: Cina e Russia bloccano comunicato congiunto
Usa: 37 entità russe e cinesi aggiunte a lista nera del commercio
Sulla ricerca in settori strategici vince la Cina
Meglio la felicità dei soldi?
L’internazionalizzazione dello yuan riprende a pieno ritmo
Record di suicidi tra gli studenti giapponesi nel 2022
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Toscana, elezioni amministrative del 2023 e "centrodestra"
In #Toscana il "centrodestra" si prepara alle #ElezioniAmministrative2023 ispirando la consueta ripugnanza.
A Siena il "partito" di #GiorgiaMeloni ha ritirato il sostegno ad Emanuele Montomoli che mena vanto della propria adesione alla #massoneria. Se pensiamo che quella #Meloni è una madre non sposata, possiamo interpretare la cosa come un vero scontro di titani fra coerentissimi esponenti dei valori cattolici e tradizionali.
A Massa invece un voto in Consiglio Comunale ha silurato Francesco Persiani della #Lega.
Probabile che il "partito" della madre non sposata stia cercando, con il cameratismo che gli è proprio, di estromettere la Lega dalle amministrazioni toscane.
Finché si mordono tra loro a noi persone serie va anche bene.
L'ideale sarebbe che certi sociopati mantenuti dalla società andassero a farlo altrove, senza infastidire chi lavora.
IoNonStoConOriana reshared this.
La sorveglianza di TikTok è oggettivamente più pericolosa di quella di GAFAM, perché la seconda viene condotta da un "alleato" mentre la prima è riconducibile a un avversario strategico (e forse a breve anche vero e proprio nemico). Inoltre c'è grande preoccupazione da parte degli USA nei confronti della capacità cinese di elaborare i dati di sorveglianza.
D'altra parte la sorveglianza Gafam è peggiore, non solo perché infinitamente più diffusa, ma anche perché non c'è alcun politico nostrano che prenda posizione contro di essa.
#uncaffèconLuigiEinaudi☕ – A tutti gli uomini viventi in una società civile…
A tutti gli uomini viventi in una società civile deve essere data la possibilità di elevarsi da un minimo tenor di vita verso l’alto. Possibilità non equivale a diritto
da Di alcuni problemi di politica sociale, Lezioni di politica sociale, Torino, 1949
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Israele – Palestina: il Consiglio di sicurezza prova a cambiare rotta
Con una prassi non proprio usuale, e precisamente con una “dichiarazione del Presidente”, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato un atteggiamento finora inusuale nella sua storia. La tecnica delle dichiarazioni presidenziali è un espediente di prassi usato sostanzialmente per annunciare atteggiamenti e iniziative del Consiglio di Sicurezza delle NU non, appunto, rientranti […]
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Il Pd collabori alla riforma della Costituzione
Tra i problemi seri da risolvere, e che purtroppo sono rimasti in sordina durante il dibattito congressuale del Pd, c’è quello delle riforme della Costituzione. Questa mancanza è poco comprensibile, anche solo guardando alla storia. Il Pci si dette una propria statura politica proprio durante la fase costituente della repubblica e per decenni ha vissuto facendo riferimento a quella Costituzione come alle proprie radici e alla propria matrice di identità.
Questo risultato fu ottenuto con un vero compromesso, quello sì storico, con la Democrazia cristiana. Se, allora, fu possibile trovare un accordo per fondare una democrazia, perché oggi non dovrebbe esserlo in condizioni di gran lunga più facili per rifondarla? Non c’è più alcun fattore K (come Kommunismus) o A (come America) o O (come Occidente) o N (come Nato)che impedisca al Pd di governare l’Italia. E (almeno fuori da San Remo) non c’è più ragione ideologica se non pretestuosa (l’antifascismo) che faccia da ostacolo al Pd per collaborare a una revisione della nostra Costituzione, come lo stesso Pd ha più volte tentato di fare ben conoscendone la necessità.
Il centrodestra ha posto la revisione della Costituzione fra gli obiettivi programmatici da raggiungere; Giorgia Meloni ha dichiarato più volte che questo sarà l’anno di inizio del processo delle riforme; e sempre la presidente del Consiglio ha detto che questo processo si fa assieme all’opposizione. Ha teso una mano responsabilmente e ha aspettato il congresso Pd. Può ora il Pd sottrarsi? Se la maggioranza intende collaborare, può opporle veti? Può definirla impresentabile e pericolosa? Non può. Sta perciò a Elly Schlein e al nuovo gruppo dirigente che si sta formando attorno a lei elaborare una posizione che finora è mancata.
Intanto sono già cominciate le celebrazioni dei 75 anni della costituzione. Occasioni quasi sempre retoriche e vacue, dove vecchi maestri o presunti tali si esercitano davanti allo specchio con le pose dell’autocompiacimento. Ma quando si celebra non si medita, quando si esalta non si comprende, quando si difendono tesi per partito preso non si studiano le carenze. E tuttavia, anche quando si voglia saltare la prima parte e mettere a tacere una lunga tradizione di critica liberale e democratica e anche di destra che l’ha sempre investita, la seconda parte della nostra Costituzione di carenze ne presenta in quantità. Palesi e riconosciute da tutti, dalla dottrina come dalla politica.
In questo clima di celebrazioni vorrei sottoporre l’idea di un giorno solenne di meditazione. Settantacinque anni fa la Costituzione entrò in vigore, ma quasi settantasette anni fa si cercò di modificarla. Non è un paradosso. Correva il 4 settembre 1946 e all’assemblea costituente, di fronte al voto di indirizzo fra il sistema parlamentare e quello presidenziale, un bravo giurista eletto nella fila del partito repubblicano, Tommaso Perassi, si alzò e presentò un ordine del giorno che così diceva: “la seconda sottocommissione, udite le relazioni degli onorevoli Mortati e Conti, ritenuto che né il tipo del governo presidenziale, né quello del governo direttoriale risponderebbero alle condizioni della società italiana, si pronuncia per l’adozione del sistema parlamentare da disciplinarsi, tuttavia, con dispositivi costituzionali idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell’azione di governo ed evitare le degenerazioni del parlamentarismo”. Profetico e puntuale. Perché il sistema parlamentare è poi di fatto degenerato nella partitocrazia e la partitocrazia è infine degenerata nella irrilevanza del parlamento (proprio quello della famosa “centralità”!).
Donde la crisi della democrazia, donde i governi tecnici, donde la disaffezione al voto, donde la crisi dei partiti, donde il sempre più spiccato ruolo politico, contro la stessa costituzione, del presidente della repubblica nella formazione e nella vita dei governi. Aveva ragione Perassi a chiedere riforme (“provvedimenti costituzionali”) per dare efficienza al sistema politico (“stabilità dell’azione di governo”) e per evitare rischi alla democrazia(“degenerazioni del parlamentarismo”). Un anno e cinque mesi prima che la costituzione entrasse in vigore!
Si osservi che tanta parte della politica italiana del Dopoguerra si spiega con il mancato adempimento dell’ordine del giorno Perassi. Sarebbero tante quest’anno le date da celebrare (vedi A. Malaschini, La tela di Penelope , Rassegna parlamentare, 64, 2, 2022): i settanta anni della legge elettorale maggioritaria sostenuta da De Gasperi, i quasi quaranta anni del “Decalogo Spadolini” sui poteri del presidente del consiglio in parlamento, i quaranta anni esatti della commissione Bozzi, i poco più di trenta anni della commissione De Mita poi Iotti, fino ai tentativi di D’Alema (26 anni fa) e Renzi(ieri).
Possiamo riprovarci? Abbiamo bisogno di studiare ancora? No, basterebbe poco tempo a una commissione bicamerale per esaminare una serie di problemi, fare una rassegna delle possibili soluzioni e una collazione dei testi. Si devono fare tante audizioni e consultazioni? Macché! Sulla forma di governo basterebbe la testimonianza di quei presidenti del Consiglio che si sono succeduti alla cadenza di uno ogni quattordici mesi; sull’ordinamento giudiziario basterebbe tirare a sorte qualcuno dei tanti cittadini che hanno avuto la disgrazia di incapparci; sul bicameralismo perfetto, chiedere a qualunque parlamentare e ministro dei rapporti col parlamento; eccetera. E’ quasi tutto fatto e tutto chiaro.
Allora, ci riproviamo? Dobbiamo, se non vogliamo aggravare la crisi. A ben guardare, bastano un po’ di consapevolezza, di determinazione, di fiducia reciproca, di volontà, di clima non avvelenato. Anche lo strumento è ben chiaro. Dunque, qua la mano. C’è da tempo un’Italia nuova a cui dobbiamo dare una veste nuova. Dobbiamo farlo presto, prima che ci scappi di mano. Se ne renderà presto conto anche la Schlein, e anche lei converrà che Penelope sarà anche stata una sposa virtuosa, ma è l’ora che vada in pensione.
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Ucraina vs Russia: la ‘fame vorace dei cannoni’, tra scommesse ed illusioni
Nel suo racconto ‘Isbe e steppe’, l’allora inviato di guerra del ‘Corriere della Sera’, Lamberti Sorrentino, così descriveva i partigiani ucraini operanti nelle retrovie del fronte nel ‘43: «Confuso, sinistro, cieco, intelligente, il partigiano porta con sé la realtà, e spera di poter divellere ostacoli, contrasti, barriere, limiti… Spesso ho pensato che costoro sparino soltanto perché […]
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sergiej
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