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Telemedicina ed anziani: se non si accompagnano, è un flop


La maggior parte degli anziani vive solo o in coppia senza figli (71,5% degli uomini e 72,5% delle donne). La popolazione matura ed anziana conta circa 14 milioni di persone OVER 65 (23% della popolazione italiana); circa 3 milioni riferiscono di avere gravi limitazioni di salute ed hanno plurimorbilità con anche difficoltà di mobilità. Per ovviare […]

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SABATO 25 MARZO DALLE ORE 15:30 - PIAZZA MAZZINI ALBANO- PIAZZA DI CORTE ARICCIA - CORTEO CONTRO L’INCENERITORE DI GUALTIERI - Il mega inceneritore che G


Russia: il putinismo lascia carta bianca al razzismo


Subito dopo l’inizio del nuovo anno, la pagina VKontakte ha condiviso la seguente notizia: “Il primo bambino del 2023 è nato esattamente un minuto dopo la mezzanotte, [il 1 gennaio] alle 00.01, a San Pietroburgo. Per sua madre, 25enne originaria di Tuva, Venera, questo era già il secondo parto: il figlio di sei anni la […]

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Posponendo e rimandando


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#LaFLEalMassimo- Episodio 86- Vigilanza Bancaria libertà vs Responsabilità


Questa rubrica continua a ribadire in apertura il proprio sostegno al popolo ucraino e la condanna dell’inaccettabile aggressione perpetrata dalla Russia – la vittoria non è lontana e speriamo di poter chiudere presto questa triste pagina della storia con

Questa rubrica continua a ribadire in apertura il proprio sostegno al popolo ucraino e la condanna dell’inaccettabile aggressione perpetrata dalla Russia – la vittoria non è lontana e speriamo di poter chiudere presto questa triste pagina della storia contemporanea.

Le vicende dei fallimenti recenti di Silicon Valley Bank e Credit Suisse ci offrono l’occasione per una riflessione sui profili di libertà e di responsabilità connessi con la regolamentazione bancaria.

Nel caso degli stati uniti l’interesse delle singole banche di medie dimensioni è stato anteposto a quello della collettività e questo ha reso necessario un intervento straordinario del regolatore per evitare l’effetto contagio.

Nel caso della Svizzera, l’autorità di vigilanza ha di fatto sovvertito la gerarchia dei rimborsi in caso di default tra azionisti ordinari e obbligazionisti Additional Tier 1 e questo avrà delle conseguenze per il futuro al punto che la Banca Centrale Europea ha ritenuto opportuno chiarire la propria volontà di prendere le distanze da questo approccio

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Disprezzare la folla


In Francia la parola d’ordine, mot d’ordre, del momento è mépris, disprezzo. Il sentimento in tutta la sua portata di arroganza e superiorità sociale è attribuito al presidente, ribattezzato le Mépresident, non più presidente dei ricchi. La usa Marine Le

In Francia la parola d’ordine, mot d’ordre, del momento è mépris, disprezzo. Il sentimento in tutta la sua portata di arroganza e superiorità sociale è attribuito al presidente, ribattezzato le Mépresident, non più presidente dei ricchi. La usa Marine Le Pen, questa formula che la distacca dal suo stesso tentativo di condurre un’opposizione istituzionale alla riforma delle pensioni, scuola Meloni. La usa Philippe Martinez, capo uscente della Cgt vecchia scuola massimalista la cui delfina è insidiata da Olivier Mateu, un formidabile e sprezzante supercafone che fa la voce grossissima in una sua lingua corrotta e speciale, calvinianamente il Cafone rampante. La usa Jean-Luc Mélenchon, capoccia tribunizio della sinistra massimalista, già notorio per aver detto a un agente di polizia “la démocratie c’est moi”, “c’est moi la République”. La usano le facce invero paciose, graziose studentesse e arcigni lavoratori del braccio come ferrovieri portuali operatori ecologici, che si scatenano nelle strade e nelle piazze a nome del paese da basso e dei ceti medi spossessati da due anni di lavoro legale in più, con le dovute eccezioni per lavori usuranti e lunghe carriere, stabiliti da una legge approvata con il marchingegno annulla-Parlamento della Costituzione della V Repubblica (una clava brandita già cento volte).

Vero che Macron in televisione ha esibito un bel paio di gemelli, due fedi due, una per ciascuna delle sue mani affusolate, un completo bleu cobalto impeccabile, e il solito bel riportino, vero che l’ambiente dell’intervista era elegante e asettico, come la coppia di giornalisti che gli faceva domandine au nom du peuple, ma fino a un certo punto, vero che il presidente parla il francese di Racine e assomiglia a una metà appena della nazione e ha preso i voti veri, i suoi voti, da un quarto della medesima (il resto fu il rigetto di Mme Le Pen). Ma la cosa più vera ancora è che, dopo aver comprensibilmente detto che non scioglie l’Assemblea nazionale, che non fa un referendum, che non cambia per ora il primo ministro, Élisabeth Borne, ha aggiunto che assume senza patemi d’animo su di sé, tutta intera, l’impopolarità di una riforma necessaria. Il che sarebbe solo prova di coraggio e di responsabilità. Ma ha concluso affermando che non è il sistema pensionistico insostenibile la vera questione, la vera questione è che con il welfare generoso che si sa, ingentilito da una quantità di sussidi dovuti alla pandemia da Covid (e prima dalle concessioni ai gilet gialli, ndr), gli equilibri sono saltati e il rapporto con il lavoro e il reddito non è più così centrale per, e anche questo lo aggiungiamo noi, un popolo combattivo ma assai bene assistito.

Disprezzo, disprezzo, disprezzo. La collera sale. Non ascolta la piazza, la chiama folla, se ne impipa dei sondaggi che danno i francesi all’opposizione per l’83 per cento, ohibò, sottolinea la presenza di fazioni e faziosi, annuncia precettazioni a raffica. E’ chiaro il peso della storia e più ancora della retorica storica su cui si fonda la République della eguaglianza, della libertà e della fraternità, nata per opposizione giacobina all’Antico Regime aristocratico in nome dei valori popolari e borghesi d’antan. La ghigliottina dell’accusa di disprezzare il popolo in un certo senso non ha mai smesso di funzionare. E ci si mette anche un Carlo III d’Inghilterra, atteso per una visita di stato, la prima all’estero, e per un gala nella reggia di Versailles contestato a pieni polmoni dalla deputata Rousseau, Sandrine Rousseau, nomen omen, per conto della volontà generale.

Chi ama i francesi, quorum ego, ha il dovere di ricordare loro che Macron è un riformista liberale, di una specie unica o quasi in quel paese, che è riuscito a prendere il potere mediante fantasia e fortuna e cerca di esercitarlo nelle condizioni date, non un conservatore alla Boris Johnson. Il formidabile ex premier britannico potrebbe scrivere un manuale sul disprezzo, lui sì che sta chiudendo la sua carriera dopo aver recitato a memoria l’Iliade in tv, naturalmente nel greco antico imparato nel collegio di Eton, e dopo aver preso per il culo l’opinione puritaneggiante con i suoi party a Downing Street, fiumi di alcol e promiscuità durante il lockdown con le sue regole che prevedevano eccezioni per chi se le poteva permettere trattandosi di riunioni di lavoro. Chiamasi contempt, questo disprezzo intriso di senso della tradizione e dell’arcaico potere dei nobili e dei dotti, e si usa molto per il disprezzo della corte, quando si è in stato di accusa e si fa finta di niente, magari mentendo. Chirac ritirò la riforma per le proteste di piazza nonostante il parere contrario del suo primo ministro, e finì nell’immobilismo più totale. Per un gollista era una strana forma di adulazione della nazione, il più straordinario dei metodi dissimulativi del disprezzo. Macron è un fighetta, forse, ma di tutt’altra pasta.

Il Foglio

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Autonomia, investimenti e cultura. La ricetta di Latorre (Aid) per la Difesa


La guerra in Ucraina ha riportato al centro del dibattito in tutti gli Stati europei le necessità della Difesa e, di conseguenza, dell’industria della Difesa. Anche in Italia ci si è resi conto dell’urgenza di incrementare gli investimenti nel settore, pe

La guerra in Ucraina ha riportato al centro del dibattito in tutti gli Stati europei le necessità della Difesa e, di conseguenza, dell’industria della Difesa. Anche in Italia ci si è resi conto dell’urgenza di incrementare gli investimenti nel settore, per rendere l’architettura di sicurezza nazionale in grado di affrontare le minacce del prossimo futuro. Airpress ne ha parlato con il direttore generale dell’Agenzia industrie Difesa (Aid), Nicola Latorre.

Direttore, qual è, a suo avviso, lo stato del comparto industriale italiano al momento?

La guerra ha senza dubbio confermato la necessità di aggiornare le strategie di sicurezza del Paese, considerato che accanto alle nuove minacce alla sicurezza, prima fra tutte quella cibernetica, si ripropongono dopo questa guerra nel cuore dell’Europa anche quelle di tipo convenzionale. Ne deriva la necessità di adeguare gli assetti di difesa ed emergono due elementi fondamentali per le strategie industriali: il primo, che non si deve abbassare la guardia sulla frontiera dell’innovazione e della ricerca adeguando gli investimenti alla necessità di fronteggiare le minacce. Il secondo, che le politiche industriali devono garantire il massimo di autonomia al sistema di Difesa del nostro Paese, soprattutto in settori strategici fondamentali come il munizionamento, la manutenzione dei mezzi e la produzione di dispositivi di protezione individuale sempre più indispensabili.

Questo coinvolge da vicino gli stabilimenti dell’Agenzia industrie Difesa…

Non solo, l’Italia possiede una serie di assetti industriali che dipendono direttamente dal ministero della Difesa, oltre i nostri nove stabilimenti dell’Aid ci sono i poli di mantenimento mezzi di Piacenza e Nola, il polo tecnologico di Roma, la fabbrica nazionale d’armi di Terni, tutti assetti produttivi il cui valore va sempre più massimizzato in un comune orizzonte strategico e gestionale. Per parte nostra è la rotta che segue l’Agenzia, a supporto delle nostre Forze armate così da essere su alcune produzioni uno degli asset di riferimento del sistema. Penso alla sicurezza sanitaria, attraverso l’unica officina farmaceutica di Stato, a Firenze, che abbiamo l’onore di avere nell’Aid. Penso alle frontiere innovative come quelle della dematerializzazione, digitalizzazione e archiviazione del materiale cartaceo attività sulla quale, con uno dei nostri stabilimenti, ci stiamo qualificando come unico asset direttamente statale. Così come nel campo del munizionamento, con l’attività di due dei nostri stabilimenti e l’avvio, dopo anni di fermo, dell’attività produttiva del sito di Fontana Liri, che avrà il compito di produrre le polveri necessarie a supportare l’attività di produzione munizioni, di cui proprio negli ultimi tempi è emersa l’esigenza imprescindibile.

L’invasione russa ha fatto emergere la necessità di costruire una Difesa europea, cercando di tenere insieme l’autonomia dei Paesi e la condivisione di capacità. Come fare, soprattutto dal punto di vista industriale?

La costruzione di un sistema europeo di Difesa deve continuare a essere un obiettivo strategico fondamentale dell’Italia. Il problema è come arrivarci. Oggi sono stati fatti importanti passi avanti, ma siamo ancora lontani dal raggiungere l’obiettivo. Anche perché precondizione necessaria è la condivisione di una comune politica estera, dal momento che esteri e difesa sono due facce della stessa medaglia. E anche dal punto di vista industriale si renderà necessario superare le attuali, tradizionali resistenze del settore per costruire delle vere sinergie a livello europeo. Va detto che, finora, queste resistenze sono venute più da altri Paesi rispetto all’Italia, che anzi si è proposta, anche con l’attuale gestione del dicastero, come attore proattivo di questa maggiore integrazione. Tutto questo, poi, dovrà naturalmente conciliarsi con la Nato. Primo perché al momento è l’unica entità sovranazionale in grado di garantire concretamente la sicurezza europea. E poi, perché se la costruzione di una Difesa europea è un progetto verso il quale tendere, la Nato è una realtà.

La guerra ha fatto emergere la necessità di aumentare il budget da destinare alla Difesa, raggiungendo l’obiettivo del 2% del Pil. Il ministro Crosetto ha proposto di scorporare le spese per la Difesa dai vincoli del patto di Stabilità. Cosa ne pensa?

In generale, ritengo che sia necessaria una ridiscussione seria in sede europea dei termini del Patto di stabilità, soprattutto dopo la pandemia e, adesso, la guerra. D’altro canto, il tema della spesa militare si è recentemente riproposto con maggiore enfasi alla luce di questa guerra, ma è un impegno che è all’ordine del giorno ormai da tempo, e personalmente, ritengo interessante l’iniziativa adottata dal ministro. Come quella di un parallelo investimento teso a diffondere una seria cultura della Difesa, che dobbiamo cercare di promuovere a tutti i livelli nel Paese. Perché non si sta parlando di spese per la guerra, come stupidamente certa propaganda spinge a pensare. Il tema vero è che noi per tutto il periodo della Guerra fredda siamo stati consumatori, come Paese, di sicurezza. Oggi siamo chiamati a essere produttori di sicurezza, proprio per garantire la pace. Diffondere la cultura della Difesa significa evitare che si possa demagogicamente dire che un euro speso in Difesa è sottratto alle politiche sociali o di lotta alle diseguaglianze. Non è così. Si tratta di due aspetti diversi in una strategia che un Paese deve essere in grado di portare avanti parallelamente. C’è poi da aggiungere che tutti gli investimenti per la Difesa, oltre a garantire la sicurezza delle nostre società, spesso hanno ricadute dirette anche in altri settori, dalla sanità al supporto per le politiche ambientali. Certo contestualmente occorre perseguire una riqualificazione della spesa militare, perché c’è sempre spazio per la razionalizzazione, ma gli obiettivi del Paese devono essere chiari.

Cultura e razionalizzazione sono due obiettivi principali che hanno portato alla creazione dell’Agenzia industrie Difesa, realizzata per portare cambio culturale all’interno del mondo della Difesa…

Noi siamo un ente di diritto pubblico con alcune peculiarità, la prima delle quali è che noi abbiamo il vincolo di Economica Gestione. Questo impone un’organizzazione delle attività, anche produttiva, che tenga insieme l’essere una pubblica amministrazione con la necessità di avere una strategia industriale in grado di misurarsi con il mercato richiedendo una gestione sempre più manageriale. Noi possiamo sviluppare partnership importanti con i vari attori industriali nazionali, dai grandi come Leonardo e Fincantieri, al panorama di Pmi di straordinaria qualità e capacità nazionale. Questo, tuttavia, significa anche gestire tutta una serie di criticità. Per fortuna i fatti confermano che siamo sulla buona strada. Naturalmente siamo soggetti a un’attività rigorosa di controllo da parte degli organi preposti. Contrariamente a come è stato a volte rappresentato, queste attività sono utili e hanno tutto il nostro supporto, evitando che esse rappresentino un impedimento allo sviluppo dell’attività dell’Agenzia. Fino a oggi abbiamo risposto a tutte le domande di chiarimento avanzate dagli enti di controllo con riscontri che sono stati giudicati ampiamente soddisfacenti.

Nel 2021 lei ha guidato il rinnovamento dell’AID con l’obiettivo di valorizzare gli stabilimenti gestiti dall’Agenzia. Un progetto veicolato anche attraverso il nuovo logo scelto allora per rappresentare l’AID. a quasi due anni, qual è il bilancio dell’iniziativa?

Cambiare immagine e rinnovare la strategia di comunicazione ha voluto contribuire ad alimentare un discorso sui temi della Difesa e della cultura della Difesa che potesse essere veicolato e recepito anche all’esterno del mondo tradizionalmente coinvolto. Riqualificare e aggiornare l’immagine dell’Aid è una scelta rivolta in particolare ai giovani. Non a caso sono stati loro i protagonisti di questa trasformazione. Gli studenti universitari che sono venuti a fare presso l’Agenzia i propri stage curriculari, attività che continuiamo a valorizzare, e che hanno potuto così avvicinarsi ai temi della Difesa nella maniera giusta. Accanto a questa attività di diffusione culturale, ci sono state una serie di attività più tradizionali che hanno raggiunto ottimi risultati. Ne è un esempio la gestione e valorizzazione dei mezzi dismessi e demilitarizzati delle nostre Forze armate, che ha visto numeri di vendita importanti. Dal punto di vista dell’immagine, inoltre, abbiamo coltivato con attenzione una serie di eventi legati alle storie dei nostri stabilimenti. Noi ci stiamo preparando a celebrare il 170esimo anniversario dello Stabilimento chimico farmaceutico con una serie di manifestazioni culturali tese a valorizzarne la storia e l’importanza delle attività svolte a Firenze. L’obiettivo che mi auguro è far capire quanto queste realtà dell’Agenzia siano uno degli asset strategici del sistema difesa italiano e possano attivamente esserlo anche per l’intero sistema-Paese.


formiche.net/2023/03/cultura-d…



Borsa: canapa, debacle in rosso per Canada e USA


Sulla scia della crisi borsistica mondiale sospinta dalle flessioni bancarie e dal permanere della volatilità dettata dalla stagnante crisi della guerra in Ucraina, anche le due principali piazze borsistiche mondiali nel settore Canapa registrano perdite sanguinose. Per avere dei raffronti nel settore parallelo della cannabis, si constata che l’indice generale Global Cannabis Stock Index chiude […]

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Arabia Saudita – Iran: perché muta la politica mediorientale della Cina


Il Presidente cinese Xi Jinping questa settimana si è recato a Mosca per incontrare il suo amico e alleato, Vladimir Putin. È stata la 40esima volta che i due si sono incontrati da quando Xi è entrato in carica più di un decennio fa. La visita non solo ha consolidato il partenariato strategico della Cina […]

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Summit Ue, più sostegno alle imprese sulla digitalizzazioneConclusioni, liberare potenziale dati garantendo privacy


guidoscorza.it/summit-ue-piu-s…



Perché spingere per la disgregazione della Russia è una follia assoluta


C’è una piccola ma crescente lobby in Europa e negli Stati Uniti che sostiene la disgregazione della Federazione Russa. La loro argomentazione principale è che la negazione da parte di Putin del diritto all’esistenza dell’Ucraina dimostra che lo Stato russo è irrimediabilmente imperialista e che nessuno dei suoi vicini può sentirsi al sicuro a vivere […]

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L’Agenzia Spaziale Europea cambierà la storia dell’Europa


Se dovessimo parlare di rivoluzioni a Parigi, è sicuro che non saremmo originali. Ma quanto stiamo per raccontare non ha niente a vedere con i tentativi di Emmanuel Macron di aggredire le regole per l’età pensionistica in Francia, ora che sta per terminare il suo ultimo mandato all’Eliseo. Questa volta si tratta di un tema […]

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Anche oggi Giorgia Meloni non è riuscita a condannare il nazifascismo. Non le riesce proprio. Nel 79° anniversario dell'eccidio delle Fosse Ardeatine facci


Africa: sempre più grande successo per la coltivazione della canapa in Zimbabwe


All’inizio di quest’anno, lo Zimbabwe ha modificato la legislazione rimuovendo la canapa industriale dall’elenco delle droghe pericolose del Paese e fissando la linea di demarcazione tra marijuana e canapa all’1,0%. Questo limite di THC pone lo Zimbabwe all’avanguardia tra le nazioni del mondo che hanno rotto la convenzione di lunga data osservata dalla maggior parte […]

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La Fondazione Luigi Einaudi presenta “Non diamoci del tu” alla Cassa Forense. Il viceministro Sisto: “È il momento giusto per realizzare la separazione delle carriere”


“È il momento giusto per provare a realizzare la riforma della separazione delle carriere dei magistrati”, è un’apertura importante quella che il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto ha fatto ieri alla battaglia che da tempo la Fondazione Lui

“È il momento giusto per provare a realizzare la riforma della separazione delle carriere dei magistrati”, è un’apertura importante quella che il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto ha fatto ieri alla battaglia che da tempo la Fondazione Luigi Einaudi porta avanti sulla separazione delle carriere. Il tema è stato affrontato alla Cassa Forense in occasione della presentazione del libro “non diamoci del tu” del Presidente della FLE Giuseppe Benedetto.

“Ci sono numerose proposte depositate – ha detto Sisto – e credo che presto qualcuna di queste sarà calendarizzata. Sarà un percorso non breve, ma c’è compattezza di spirito. Questo è il momento giusto per provare a realizzare la riforma”.

Con il giornalista del Corriere della Sera Goffredo Buccini in veste di moderatore, hanno partecipato al dibattito Giorgio Spangher, Professore Emerito di Procedura Penale all’Università La Sapienza di Roma, Valer Militi, Presidente della Cassa Forense, Paolo Nesta, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma, Andrea Borgheresi, Direttore della Fondazione Ordine degli avvocati di Roma e Gaetano Scalise, Presidente della Camera Penale di Roma.

“È evidente che il tema della separazione della carriere ha un nemico, che è la resistenza della magistratura”, ha sottolineato il viceministro. “Non darei tanto la responsabilità alla politica tutta, ma a quella politica che in questi anni ha fatto della magistratura un’arma”. E poi ha concluso: “La separazione delle carriere significa chiarezza, e significa togliere quella compattezza che troppo spesso ha costituito il motivo per creare antagonismo tra chi difende e non chi accusa, ma tra chi difende e la magistratura”.

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Expect biometric mass surveillance in Paris in 2024: French Parliament approves automated monitoring of public spaces for „suspicious behaviour“


Yesterday, the French Parliament (‘Assemblée Nationale’) adopted Article 7 of the Olympic Games law, with 59 votes in favour and 14 against. Article 7 of the … https://www.politico.eu/article/jo-2024-la-surveillance-algorithmique-votee-malgre-la-controv

Yesterday, the French Parliament (‘Assemblée Nationale’) adopted Article 7 of the Olympic Games law, with 59 votes in favour and 14 against.

Article 7 of the legislation authorises police authorities during sporting, recreational or cultural events to use surveillance cameras and error-prone artificial intelligence to automatically look for and report supposedly “abnormal” or “suspicious” behaviour. Video feeds from drones and from the thousands of CCTV cameras will be examined in real time, supposedly merely to find abandoned bags and monitor crowd movements – but the text leaves the definition of such ‚abnormalities‘ to be defined later-on by governmental decree, and the government itself tip-toed around giving other examples when requested to do so by MPs. The Parliament was abnormally-empty at the time of the vote, with 73 MPs out of 577 present, due to nation-wide protests being acted in response to the pension reform.

Last week, 41 MEPs from different political groups had sent an open letter to the French Parliament, calling to stop the unprecedented plans to automate the mass surveillance of citizens’ behaviour in public using artificial intelligence. MEPs warned against the crippling effect of such mass surveillance of public spaces, which had never been conducted before in Europe, and which is setting a precedent. The signatories to the open letter include several negotiators of the proposed EU Artificial Intelligence Act which committed to ban biometric mass surveillance, including co-rapporteur Brando Benifei (Socialist Group).

Pirate Party Member of the European Parliament Patrick Breyer, initiator of the letter, comments:

“The French Parliament‘s decision to authorize automated behavioral surveillance in public spaces to look for ‚abnormal behavior‘ creates a new reality of mass surveillance that is unprecedented in Europe. I expect the court to annul this indiscriminate surveillance legislation for violating our fundamental rights.

Such suspicion machines will report countless citizens wrongly, are discriminatory, educate to conformist behaviour and are absolutely useless in catching criminals, as studies and experiences have proven. Step by step, like in China, social diversity is threatened and our open society replaced by a conformist consumer society.

While MEPs in Brussels are currently fighting hard for a ban on biometric mass surveillance of public spaces, the French parliament introduces it in Europe for the first time. At a unifying event like the Olympic Games, discriminatory and error-prone technology will now be used to constantly monitor people from all over the world and to blacklist them if they are noticed. This sets a dangerous precedent and deeply intrudes into the highly personal lives of every human being. The French Parliament was called upon to defend our values of freedom and diversity and to protect our open society, but it failed us. Dystopia, here we come! AI-powered surveillance has come for the first time in France and the EU, and we can expect authoritarian states to point to this precedent.

It is a classic strategy with major sporting events, analyses by Jules Boykoff in Power Games: A Political History of the Olympics (2016). “Since 2001, all the Olympic Games have served as a pretext for the deployment of new security technologies”, the academic says. In 2012, for example, the London Games led to the generalization of video surveillance in the streets of the UK capital. Also deployed on an experimental basis during the 2018 Football World Cup in Russia, facial recognition is still used today to monitor the entire Moscow population.


patrick-breyer.de/en/expect-bi…



A distanza di quasi 2 anni dai licenziamenti via mail, sconfitti con la lotta, i lavoratori della Gkn continuano ad essere un esempio straordinario per la loro


Il 25 marzo è il #Dantedì, la Giornata dedicata Dante Alighieri, istituita per ricordare in tutta Italia e nel mondo la storia e le opere del Sommo Poeta.


El Salvador. La lotta contro le bande criminali funziona ma i diritti umani sono negati


El Salvador è uno degli ultimi paesi al mondo a vietare completamente l'aborto. Le donne sono condannate fino a 40 anni di carcere per l'interruzione di gravidanza. L'articolo El Salvador. La lotta contro le bande criminali funziona ma i diritti umani so

di Mishell Mantuano – giornalista free lance ecuadoriana –

Pagine Esteri, 24 marzo 2023. Nayib Bukele è alla presidenza di El Salvador da tre anni e nove mesi ed ha il sostegno dell’80% della sua popolazione, risultando il presidente più popolare del continente (secondo gli ultimi sondaggi di Gallup). Durante questo periodo, ha controllato le bande del Paese e costruito il Terrorism Confinement Center, la più grande prigione delle Americhe, secondo lo stesso presidente. La sua strategia offensiva contro i clan ha portato alla cattura di migliaia di persone e allo stesso tempo alla denuncia per violazione dei diritti umani.

Nayib Bukele, figlio dell’imprenditore Armando Bukele, è stato sindaco di Nuevo Cuscatlán dal 2012 al 2015 e, successivamente, sindaco di San Salvador dal 2015 al 2018, del partito di sinistra Fronte Nazionale di Liberazione Farabundo Martí (FMLN), dal quale è stato espulso per “violare i principi del partito”. Dopo l’espulsione, nel 2019, è diventato presidente di El Salvador con il partito di destra Gran Alianza por la Unidad Nacional (GANA).

Tra i suoi punti pogrammatici del piano di governo, Bukele ha implementato il Sistema di controllo territoriale e un regime di eccezione per demolire le bande in El Salvador, con l’obiettivo di ridurre gli omicidi e le estorsioni.

Byron Banguera, consulente di mobilità umana e questioni geopolitiche contattato per Pagine Esteri, ricorda che il piano del presidente è incentrato sulla neutralizzazione dei clan di Las Maras, “bande criminali che controllavano grandi estensioni territoriali e che hanno sottoposto la popolazione alla loro politica basata sulla violenza, l’intimidazione, l’estorsione e la morte”. Una sorta di clan mafiosi in salsa salvadoregna che con la violenza hanno incrementato una mentalità omertosa.

In un articolo per il Washington Post, Juan Martínez d’Aubuisson, giornalista salvadoregno, antropologo socioculturale e studioso del fenomeno delle bande dal 2008, ha annunciato che nel 2022 i Maras sarebbero giunti al termine. Dopo 20 anni di costituzione di un anti-stato attraverso un sistema di regole e punizioni per la popolazione salvadoregna, questa forma criminale è stata superata e “alla fine rimpiazzata da una forma criminale molto più efficiente, più organizzata e con una potenza bellica superiore: la mafia di stato al comando del presidente Nayib Bukele”.

Secondo il giornalista, il presidente di El Salvador ha imprigionato decine di migliaia di delinquenti e questo ha permesso ai salvadoregni un cambiamento importante come: poter aprire attività commerciali senza subire estorsioni e passeggiare per le strade del Paese senza temere atti criminali. Tuttavia, nel gruppo dei detenuti ci sono anche persone innocenti. Infatti, nel marzo 2023, un’organizzazione di difesa dei diritti umani afferma di aver denunciato lo Stato salvadoregno davanti alla Commissione interamericana per i diritti umani, IACHR, per la sistematica violazione dei diritti umani di 66 persone detenute durante la sua strategia offensiva contro le bande.

Da parte sua, Byron Banguera spiega che la politica di Bukele comprende quattro fasi: le prime due corrispondono al recupero del monopolio e all’uso della violenza, basata sul controllo e la purificazione delle forze di sicurezza. Mentre il terzo e il quarto corrispondono all’investimento sociale. Dato che Bukele ha la maggioranza dell’Assemblea Legislativa, nel 2022, secondo il consulente geopolitico, sono stati approvati più di 6 miliardi di dollari per dare priorità all’istruzione e alla salute “due questioni che sono state abbandonate nel passato”.

Inoltre lo stesso Bukele, ha scommesso sull’arte e sulla cultura affinché i giovani avessero un’alternativa rispetto alle pratiche violente. In questo senso si sono recuperati gli spazi pubblici che prima erano occupati dalle bande di Las Maras attraverso l’intervento forte dello stato con l’applicazione di politiche sociali e pubbliche. “El Salvador era uno stato fallito e Bukele è spesso collocato in una destra fascista, cosa che non è. Tutti i cambiamenti che si stanno facendo sono protetti dalla costituzione e legittimati nella democrazia”, dice Banguera.

Come leggere Bukele ideologicamente nella dicotomia destra / sinistra?

Byron Banguera spiega che Nayib Bukele è nato politicamente nella sinistra tradizionale nonostante fosse figlio di uno degli uomini più ricchi di El Salvador, Armando Bukele. Segue il modello di Singapore e della Cina, quest’ultima essendo il maggior collaboratore. In relazione alla gestione tecnologica e all’uso di queste, Bukele prende come esempio l’Estonia e la Finlandia.

È un politico abbastanza progressista su alcune questioni e piuttosto reazionario su altre; ad esempio, a livello americano, El Salvador è uno dei paesi più conservatori. “Il potere che hanno le chiese evangeliche è troppo forte e questo modella il canale socio-culturale del Paese”.

El Salvador è uno degli ultimi paesi al mondo a vietare completamente l’aborto. Nel 2014, la campagna “Una Flor por las 17” ha chiesto di concedere la grazia a 17 donne condannate fino a 40 anni di carcere tra il 1999 e il 2011, dopo aver subito un’emergenza ostetrica. A due di loro è stata concessa la grazia e tre sono state rilasciate per revisione della pena. Quelle 17 donne sono una piccola parte delle oltre 181 donne detenute in El Salvador, secondo i dati raccolti dalla rivista Volcánicas.

In questo paese l’aborto è un crimine e lo è sempre stato; tuttavia, non era assolutamente vietato. Dal 1973 al 1997, le donne potevano interrompere la gravidanza per tre motivi: problemi di salute, non vitalità del feto al di fuori dell’utero e stupro. Ma queste cause sono state eliminate dopo una richiesta del ministro della salute e la costituzione è cambiata riconoscendo la vita dal momento del concepimento.

Nonostante ci siano casi che abbiano raggiunto la Commissione Internazionale dei Diritti Umani (CIDH), le politiche di criminalizzazione delle donne per il diritto all’interruzione volontaria della gravidanza non sono cambiate.

Intanto in America Latina il successo politico di Bukele, che si presenterà nuovamente alle elezioni presidenziali del 2024, ha generato un forte dibattito nei paesi latinoamericani storicamente violenti come Messico e Colombia e in quelli dove cresce la delinquenza e la criminalità organizzata come nel caso dell’Ecuador che ha chiuso l’anno 2022 con quasi 1400 omicidi con un incremento di quasi 200 omicidi rispetto al 2021. Una cosa sembra abbastanza chiara: Bukele ha risposto al problema della violenza nel suo paese dando risposte e soluzioni concrete e i numeri gli danno ragione, tuttavia, come afferma Banguera: ”il modello Bukele non si esporta totalmente da una parte all’altra, le esperienze non possono essere estrapolate ma è importante analizzare il contesto di ogni paese nazionale”.

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L’addio al “papà” della data protection, TikTok al Congresso, Biden Jr ha problemi di privacy e il maglione stealth


Nuovo appuntamento con la rubrica Privacy weekly, tutti i venerdì su StartupItalia. Uno spazio dove potrete trovare tutte le principali notizie della settimana su privacy e dintorni. E se volete saperne di più potete leggere qui le news quotidiane di Privacy Daily o iscrivervi alla newsletter di #cosedagarante. Grazie a StartupItalia per l’ospitalità!


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In Cina e Asia – Tik Tok al Congresso Usa


In Cina e Asia – Tik Tok al Congresso Usa tik tok
I titoli di oggi:

Tik Tok al Congresso Usa

I rapporti Cina-Russia al Consiglio UE

Dopo 29 anni di detenzione ingiusta, riaperto vecchio caso di omicidio

La figlia di Kim sfoggia piumino di Dior

Rahul Gandhi condannato a 2 anni per diffamazione

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DigComp 2.2 competenze e curricoli digitali: oggi dalle 9.30 si svolge a Firenze il convegno in occasione della pubblicazione ufficiale in lingua italiana del Digital Competence Framework for Citizens 2.2.


BRASILE. Lula dichiara guerra alle mafie minerarie e al genocidio degli Yanomami


Lula dichiara guerra ai garimpeiros che devastano l'Amazzonia e massacrano le popolazioni Yanomami e accusa l'ex presidente Bolsonaro di genocidio. Inizia l'espulsione dei cercatori d'oro illegali L'articolo BRASILE. Lula dichiara guerra alle mafie miner

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 24 marzo 2023 – Subito dopo la vittoria elettorale contro l’ex leader dell’ultradestra Jair Bolsonaro, nel corso del suo primo intervento da capo dello stato, il 30 ottobre Lula aveva promesso: «Il Brasile è pronto a riprendere la sua leadership nella lotta alla crisi climatica, proteggendo tutti i nostri biomi, in particolare la foresta pluviale amazzonica. […] Lotteremo per raggiungere la deforestazione zero in Amazzonia. […] Un albero in piedi vale più di tonnellate di legname estratto illegalmente da chi pensa solo al facile guadagno. Un fiume con acque limpide vale molto di più di tutto l’oro estratto con il mercurio che uccide la fauna selvatica e mette a rischio la vita umana».

Le responsabilità di Bolsonaro
Nello stesso intervento di insediamento, l’ex operaio metalmeccanico e leader del Partito dei Lavoratori (PT) aveva annunciato una svolta anche nel contrasto al genocidio dei popoli indigeni del paese: «Quando un bambino indigeno viene ucciso dall’avidità di predatori ambientali, una parte dell’umanità muore con lui. Ecco perché riprenderemo il monitoraggio e la sorveglianza dell’Amazzonia e combatteremo qualsiasi attività illegale, che si tratti di estrazione illegale di oro o di altri metalli, disboscamento o occupazione agricola».

Le parole di Lula hanno suscitato forti aspettative nelle popolazioni indigene, soprattutto nelle comunità Yanomami – ridotte ormai a 30 mila membri – che vivono nella foresta pluviale, in particolare negli stati di Roraima e Amazonas.
Negli ultimi anni, soprattutto grazie al via libera concesso da Bolsonaro allo sfruttamento indiscriminato del territorio amazzonico, ma anche a causa dell’eccessiva tolleranza dimostrata precedentemente dai governi a guida PT nei confronti delle attività estrattive illegali, gli Yanomami hanno visto ridursi rapidamente il proprio habitat e le risorse a disposizione.

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Bolsonaro visita una garimpa (miniera illegale)

Gli Yanomami decimati da fame e malattie
Gli indigeni sono stati decimati dagli omicidi, dalle malattie (in particolare la malaria, la polmonite e il Covid) e dalla denutrizione. Secondo il neonato Ministero dei Popoli Indigeni, istituito da Lula a dicembre e presieduto dalla leader indigena Sonia Guajajara, negli ultimi quattro anni sono morti almeno 570 bambini yanomami, soprattutto a causa della fame, di malattie curabili e della contaminazione.

I garimpeiros, i minatori illegali, inquinano i fiumi con il mercurio che utilizzano per separare l’oro dai sedimenti. A causa delle politiche di Bolsonaro, l’area disboscata dai garimpeiros è passata dai 1234 ettari dell’ottobre 2018 ai 5053 del dicembre 2022. Negli ultimi 35 anni, secondo uno studio dell’Istituto Nazionale per le Ricerche Spaziali (INPE) pubblicato a febbraio, le attività minerarie illegali condotte in Amazzonia sono aumentate di ben 12 volte.

D’altronde nel 2019, subito dopo aver assunto la presidenza, Bolsonaro aveva affermato che «le riserve ostacolano lo sviluppo del Paese», per poi smantellare gli enti pubblici deputati a difendere e garantire i diritti delle comunità indigene. Nel febbraio del 2020, poi, Bolsonaro ha approvato una norma che consente l’estrazione mineraria e la produzione di elettricità all’interno delle riserve indigene, suscitando le proteste delle ong e delle organizzazioni dei nativi.

Genocidio
Le responsabilità di Bolsonaro e del suo governo sono tali che il giudice Luis Roberto Barroso, della Corte Suprema Federale, ha ordinato di includerli in un’inchiesta per genocidio. Inoltre, anche la Corte Penale Internazionale dell’Aia sta esaminando due denunce contro Bolsonaro presentate dalla Confederazione dei Popoli Indigeni del Brasile e dalla Commissione Arns per crimini contro l’umanità e genocidio in merito alla gestione negazionista della pandemia di Covid.

I cercatori d’oro illegali hanno iniziato ad invadere i territori indigeni negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso. La dittatura militare che ha governato il paese dal 1964 al 1985 esortò i poveri brasiliani a cercare fortuna in Amazzonia. Poi, durante gli anni ’90 decine di migliaia di minatori sono stati cacciati dalla foresta, mentre il presidente Collor de Mello istituiva le riserve Yanomami su quasi 10 milioni di ettari di territorio teoricamente protetto. Negli anni successivi, molto gradualmente, l’invasione delle riserve è di nuovo ripresa, fino al boom determinato dall’era Bolsonaro.

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Marcia di protesta degli Yanomami contro l’omicidio di due indigeni

«Più che una crisi umanitaria, ciò che ho visto a Roraima è stato un genocidio. Un crimine premeditato contro gli Yanomami» ha denunciato Lula dopo aver visitato, a fine gennaio, lo stato del nord al confine con Guyana e Venezuela. Poco prima, il presidente ha dichiarato lo “stato di emergenza sanitaria” nei territori indigeni.
A febbraio il governo brasiliano ha varato un piano per fornire agli indigeni cibo e assistenza sanitaria d’emergenza, e poi ha finalmente ordinato l’espulsione delle mafie minerarie illegali dalle riserve Yanomami, dove sono presenti tra i 20 e i 25 mila garimpeiros.
In particolare, la polizia federale è stata incaricata di “strangolare strategicamente” i minatori illegali, sequestrando le imbarcazioni che servono a risalire i fiumi fino alle aree protette o gli elicotteri utilizzati per raggiungere i territori più isolati. Gli agenti hanno sequestrato o reso inutilizzabili un centinaio tra barche e gommoni, e hanno requisito quasi 200 generatori di elettricità, 12 mila litri di carburante, macchinari per l’estrazione, motoseghe, scorte di mercurio. In totale, finora, sarebbero stati smantellati almeno 200 accampamenti illegali.
L’esecutivo ha firmato inoltre un decreto che vieta il sorvolo delle aree protette e che autorizza in alcuni casi l’abbattimento dei velivoli.
Le agenzie di sicurezza brasiliane hanno mappato almeno 75 piste di atterraggio clandestine solo nel territorio yanomami e ben 800 nell’insieme dei territori indigeni del paese.

Lula dichiara guerra ai garimpeiros
Da parte sua, il ministro della Giustizia Flavio Dino ha affermato che non è possibile arrestare migliaia di garimpeiros, e che occorrerà perseguire chi finanzia le miniere illegali e ricicla i profitti, riferendosi a centinaia di imprese legali che operano in tutto lo stato nella lavorazione e nella commercializzazione dell’oro e degli altri minerali estratti illegalmente.
Intanto però, da febbrario le forze speciali per la protezione dell’ambiente hanno distrutto aerei e sequestrato armi e macchinari utilizzati per aprire delle strade clandestine nella foresta amazzonica. Lo scorso dicembre il quotidiano britannico The Guardian aveva documentato l’esistenza di quella che è stata ribattezzata “strada del caos”, un percorso illegale di ben 120 km all’interno dei territori yanomami.

Come se non bastasse, per coordinare la logistica delle loro operazioni, i cercatori d’oro hanno cominciato ad usare anche la rete Starlink, costituita da circa 4000 satelliti posizionati a bassa quota che consentono di connettersi ad internet dagli angoli più remoti del globo. Grazie alla rete messa a disposizione dall’impresa SpaceX di proprietà di Elon Musk, i garimpeiros riescono a intercettare in anticipo i blitz delle forze dell’ordine e a fuggire. Nelle ultime settimane, all’interno dei territori yanomami, l’ente governativo ha sequestrato sette terminali di Starlink.
Teoricamente, l’accordo stipulato tra Bolsonaro ed Elon Musk il 20 maggio dell’anno scorso prevedeva la collocazione dei terminali in 19 mila scuole rurali per collegarle ad internet. Ma alla fine solo tre scuole hanno ottenuto l’allaccio a Starlink che nel frattempo ha invece fornito ai garimpeiros uno strumento in più per agire indisturbati.

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Un elicottero dei garimpeiros incendiato dagli agenti dell’Ibama

Stupri, sfruttamento sessuale, schiavitù
I cercatori d’oro illegali e le bande criminali che li proteggono e sfruttano (spesso i garimpeiros sono dei disperati alla ricerca di sostentamento) non solo distruggono le foreste, contaminano i fiumi e uccidono centinaia di indigeni ogni anno, sopprimendo chi si oppone alle loro attività o semplicemente propagando malattie nei confronti delle quali gli indigeni sono vulnerabili.
Nelle scorse settimane il ministro brasiliano dei Diritti Umani, Silvio Almeida, ha denunciato il rapimento, da parte dei garimpeiros, di donne e anche di bambine yanomami che poi vengono stuprate, costrette a prostituirsi o a lavorare per i loro aguzzini.
In alcuni casi, per distruggere le comunità Yanomami, i garimpeiros hanno rubato cibo e medicine e distribuito alcool e cocaina agli indigeni.
Alcuni giorni fa, poi, l’Istituto Brasiliano dell’Ambiente (IBAMA) ha denunciato che alcuni garimpeiros hanno esploso dei colpi di arma da fuoco contro alcuni dei propri agenti lungo il fiume Uraricoera.

Diminuiscono gli incendi
In attesa di capire se le misure intraprese dal governo federale brasiliano andranno fino in fondo, la repressione delle mafie minerarie sembra dare i primi frutti.

Secondo l’IPAM (Istituto per le Ricerche Ambientali sull’Amazzonia) nei mesi di gennaio e febbraio gli incendi registrati nelle aree abitate dagli Yanomami sono diminuiti del 62% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, proprio grazie alla repressione delle attività dei garimpeiros. Nell’insieme dello stato del Roraima, però, la diminuzione del numero di incendi è stata solo del 44%; in soli due mesi il fuoco ha distrutto ben 260 mila ettari di foresta, il 48% del territorio incendiato in tutto il paese. – Pagine Esteri

6130163* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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PRIVACY DAILY 76/2023


L’amministratore delegato di TikTok, Shou Chew, ha fatto la sua prima apparizione davanti al Congresso ed è stato immediatamente colpito da critiche feroci da parte dei legislatori. La presidente del Comitato per l’energia e il commercio della Camera, ha aperto l’audizione attaccando TikTok e dicendo: “La vostra piattaforma dovrebbe essere vietata”. “Mi aspetto che oggi... Continue reading →


Guerra in Ucraina: egemonia mondiale USA al capolinea?


Mi riesce sempre più difficile riuscire a trovare una logica in certi comportamenti che sono sempre più dissonanti, e sempre più apparentemente legati a entusiasmi del momento o ad estrema superficialità delle valutazioni, per non parlare delle cose strampalate delle quali si legge quotidianamente sui giornali. Ecco, per esempio, ormai la realtà virtuale sembra diventare […]

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friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
Andrea Russo
@Alessandro Macilenti Allora non è il giornale giusto. Su quella testata online scrivono diverse persone con punti di vista diversi, così come vengono tradotti articoli stranieri con i più diversi orientamenti. Poi è vero che ogni tanto si trova anche sbrodolata putiniana, Ma se vuoi roba forte devi andare sul giornale indipendente online o sull’antidiplomatico 😁


Holodomor: collettivizzazione forzata o genocidio?


Nell’agosto 1932 fu approvata una legge secondo la quale i prodotti agricoli venivano dichiarati proprietà dello Stato e chiunque li raccogliesse senza permesso era un trasgressore che veniva fucilato. Sebbene i tribunali abbiano per lo più ignorato quella legge, nella pratica è stata attuata da ardenti giovani funzionari di partito. I giovani comunisti educati nel […]

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Oltre la prima battaglia: vincere la lunga guerra su Taiwan


Molto è stato scritto sulla probabilità di una guerra con la Cina e se Pechino ha una tempistica per invadere Taiwan. Quando si tratta di come sarebbe una simile guerra, tuttavia, l’attenzione si concentra quasi esclusivamente sui primi giorni o settimane del conflitto, sconfiggendo un tentativo cinese di sbarcare su Taiwan e contrastando le minacce […]

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Statale o non statale? Una panoramica dei possibili sabotatori del Nord Stream


Immediatamente dopo che l’attacco al gasdotto Nord Stream è diventato noto, la Russia è stata di riflesso accusata di averlo fatto saltare in aria da esperti, media e politici occidentali. Il sabotaggio è stato interpretato come parte della guerra ibrida russa, che trasforma anche l’approvvigionamento energetico in un’arma politica. L’accusa era basata sull’esperienza della politica […]

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Nakamura in finale nell'American Cup


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Il catastrofismo di media e intellettuali che deprime l’Italia


« Gli intellettuali italiani hanno sempre scelto un atteggiamento sdegnoso vero la realtà (rifiutandola) optando per la critica distruttiva, la mera critica di ingiustizie, la minaccia di catastrofi, l’atteggiamento piagnone»: lo ha scritto Sabino Cassese

«Gli intellettuali italiani hanno sempre scelto un atteggiamento sdegnoso vero la realtà (rifiutandola) optando per la critica distruttiva, la mera critica di ingiustizie, la minaccia di catastrofi, l’atteggiamento piagnone»: lo ha scritto Sabino Cassese (“Intellettuali”, il Mulino, 2021) ed è vero. È vero per gli intellettuali ma è ancor più vero per i giornalisti, per i politici di opposizione, per gli influencer. Il catastrofismo come costante del discorso pubblico italiano, la drammatizzazione come cifra narrativa dell’intero sistema mediatico.

Nessuno è senza peccato. Per i retroscenisti dei giornali, ad esempio, si tratta di un riflesso condizionato. In mancanza di notizie certe sul faccia a faccia tra Tizio e Caio riuniti a porte chiuse per dirimere una controversia politica, il vocabolario utilizzato è sempre, per non sbagliare, quello bellico: “conflitto”, “scontro”, “rissa”, “guerra”… Ogni soluzione politica, cioè ogni soluzione di compromesso, è raccontata come la vittoria schiacciante di uno e la sconfitta cogente dell’altro. Tertium non datur.

Abbiamo passato la scorsa estate chiusi nella nostra Fortezza Bastiani in attesa dell’arrivo di un’ordalia “fascista”. Che non c’è stata. Così come non sono state abolite la proprietà privata e le libertà personali quando “i comunisti” guidati da quel bolscevico di Romano Prodi sono andati al potere. Gli economisti avevano annunciato, pressoché all’unisono, la recessione dell’economia italiana ed europea sin dallo scorso autunno. Sbagliarono. I politologi avevano previsto la fine del Movimento 5stelle sin dalle elezioni di settembre. Sbagliarono. Osservatori e sinistre previdero che il governo Meloni avrebbe fatto saltare i conti pubblici. Sbagliarono anche loro. Così come sbagliò chi (Lucio Caracciolo) sostenne che Putin non avrebbe mai invaso l’Ucraina e chi (Alessandro Orsini) disse che se la sarebbe mangiata all’istante in sol boccone.

Ogni riforma viene raccontata come l’anticamera dell’inferno da chi non ne condivide i fini. È successo con le pensioni da Berlusconi alla Fornero, con il regionalismo spinto ieri e con l’autonomia differenziata oggi, con il Jobs Act di Renzi, con la riforma costituzionale della Boschi, con il nucleare, con gli inceneritori, con le trivelle, con i migranti, con il Mes… La fine del mondo è stata più volte annunciata, il mondo non è mai finito. Abbiamo visto atteggiamenti più o meno commendevoli, abbiamo assistito ad innovazioni più o meno efficaci: tutto è stato discutibile, nulla si è rivelato fatale.

Viene, però, da chiedersi come sarebbe l’Italia se chi ha la responsabilità di formare (e informare) l’opinione pubblica adattasse il proprio canone narrativo al realismo anziché al catastrofismo. C’è da credere che saremmo un Paese migliore. Il confronto sul merito delle questioni sortirebbe soluzioni più coerenti con la complessità dei problemi. L’attenuazione di un pessimismo cosmico da anno Mille consentirebbe di guardare con maggiore fiducia al futuro, incoraggiando di conseguenza i consumi e gli investimenti, e magari scoraggiando l’abuso di ansiolitici e psicofarmaci. Il venir meno della demonizzazione reciproca rafforzerebbe il nostro precario sentimento di unità nazionale, consentendoci di affrontare al meglio delle nostre possibilità le difficili prove insite in un mondo globalizzato. L’attenuazione dei No categorici pronunciati dai banchi dell’opposizione attenuerebbe il senso di delusione, e dunque di sfiducia nella politica, degli elettori quando, conquistati gli scranni del governo, i No si trasformano inevitabilmente in Sì.

E poi, forse, chissà, risulterebbe un po’ meno vero l’ancor oggi verissimo aforisma di Ennio Flaiano secondo il quale «il maggiore difetto degli italiani è quello di parlare sempre dei propri difetti»

Huffington Post

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Ariaccia Pnrr


Tira un’ariaccia, attorno alla realizzazione del Pnrr. L’intera comunicazione del governo, delle regioni e degli enti locali è improntata alla lamentazione dei ritardi ed alla richiesta di rinvii. Supponendo che quanti sono incaricati dei controlli, a tut

Tira un’ariaccia, attorno alla realizzazione del Pnrr. L’intera comunicazione del governo, delle regioni e degli enti locali è improntata alla lamentazione dei ritardi ed alla richiesta di rinvii. Supponendo che quanti sono incaricati dei controlli, a tutela dei contribuenti europei che garantiscono il debito da cui originano i finanziamenti, non abbiano occhi per leggere e orecchie per sentire. E colpisce la burocratizzazione del linguaggio, annebbiando la vista di quanti osservano e commentano, come se la celebrata “occasione storica” fosse riducibile solo all’“avanzamento della pratica”. Si negozia in modo bislacco, anticipando di non essere in grado di spendere tempestivamente i soldi assegnati, ma reclamando di poterne avere altri che non siano legati ad investimenti. Descrivendosi da sé soli come spendaroli deficienti.

Era chiaro fin dall’inizio che l’occasione storica sarebbe stata colta se gli investimenti facilitati dai finanziamenti europei fossero andati di pari passo con le riforme necessarie a superare le arretratezze. Sul codice appalti siamo all’esame di un decreto legislativo, intanto si giunge all’orrore che nel decreto legge varato a Cutro si è inserito un articolo che stabilisce la sospensione delle regole del codice appalti, per potere costruire centri di accoglienza per gli sbarcati. L’urgenza porta alla sospensione, per il resto si naviga nella posticipazione. Sulla legge concorrenza siamo ancora attaccati agli ombrelloni, che dimostra la miserrima anteposizione di un piccolo interesse (di rendita) a quello generale. Sono interessi italiani, non (solo) richieste europee.

Il presidente della Liguria (ex Forza Italia) dice che se al Sud non sono capaci di spendere i soldi che li si destini al Nord capace; gli risponde il presidente della Calabria (Forza Italia), ricordandogli che quei soldi si sono ottenuti per compensare gli squilibri. Hanno ragione entrambi, ma ciò dovrebbe portare a schiodare le inefficienze, non a pretendere di fermare il tempo o cambiare le finalità.

L’Ufficio Parlamentare di Bilancio, dopo avere documentato il fallimento del demenziale bonus 110%, informa che: al Nord continuano a crescere le richieste, mentre al Sud sono crollate dopo l’interdizione alla cessione del credito. Significa che si spendono soldi di tutti a favore di pochi e per giunta allargando i divari. Se funzionasse così anche il Pnrr l’Italia dei prossimi lustri si ritroverebbe povera e priva di credibilità.

Sapevamo bene che molti enti locali non sarebbero stati all’altezza, ma per questo era stato creato (governo Draghi) un ufficio centrale di supporto. Ora apprendiamo che non riescono a fare neanche più le assunzioni. E il problema non è solo e tanto lo stipendio non esaltante, quando l’inesistenza del premio, economico e di permanenza e funzione, al merito. In questo modo si troveranno solo persone di minore formazione e caratura.

È imminente la nomina di un commissario per l’emergenza idrica, ma mica si smonta il sistema disfunzionale di centinaia di gestori municipalizzati, che gestiscono un colabrodo che l’acqua la spreca. Altro esempio di necessaria confluenza di riforme e investimenti. Invece si prova a conservare il marcio spendendo soldi per profumarlo.

Oppure si parla d’altro, tipo il ponte sullo stretto di Messina. Benissimo, fatelo, ma i tempi di realizzazione sono certamente oltre quelli della scadenza del Pnrr, vogliamo, intanto, farci arrivare binari e strade decenti? Una struggente poesia di Renzino Barbera, “Serenata all’Italia”, si conclude così: <<e poi, sai chi facemu?/ ittàmu tuttu a mari/ ‘nta ‘stu pizzuddu d’acqua/ Ed amu fattu, grittu,/ lu punti supra ‘o Strittu!>>. Perculava il ponte. La scrisse negli anni ’70 del secolo scorso.

In questo modo si resta il Paese delle conferenza stampa sugli arresti senza poi i processi, degli annunci di lavori senza poi i cantieri e delle rivoluzioni legislative senza poi riforme attuate. Tira una brutta aria, che poi ci si ritrova in casa aria appestata.

La Ragione

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Il blocco della Russia sul Mar Nero fa parte della guerra di Putin al diritto internazionale


Il 18 marzo, le Nazioni Unite hanno annunciato un’estensione del Grain Deal, un accordo mediato nell’estate 2022 che consente l’esportazione di quantità limitate di grano ucraino verso i mercati globali attraverso i porti bloccati del Mar Nero del Paese. Questa è una buona notizia. Tuttavia, in pochi giorni è diventato chiaro che la Russia voleva […]

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Cosa significa per gli uiguri il ripristino delle relazioni tra Iran e Arabia Saudita con la mediazione cinese?


L’Iran e l’Arabia Saudita, i due Stati musulmani rivali in Medio Oriente, hanno tenuto una cerimonia per ristabilire le relazioni diplomatiche a Pechino, in Cina. I due Paesi avranno due mesi per finalizzare il collocamento degli ambasciatori. Questo sviluppo potrebbe avere implicazioni significative per la regione e il mondo, nonché per gli uiguri. L’Iran e […]

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Gas algerino o ideologia di destra: l’Italia di Giorgia Meloni cambierà idea su Gerusalemme?


Quando il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha lasciato Tel Aviv per Roma il 9 marzo, è stato trasportato in elicottero all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv perché i manifestanti antigovernativi hanno bloccato tutte le strade intorno. Anche in Italia la visita di Netanyahu non è stata accolta con molto entusiasmo. Un sit-in è stato […]

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Italia-Israele, firmato l’accordo di collaborazione per la sicurezza nel Mediterraneo allargato


L’Institute for National Security Studies ha elaborato la cosiddetta “dottrina militare Dayhiya” che comporta “l’applicazione di forza sproporzionata e il causare gravi danni e distruzione alle proprietà e alle infrastrutture civili”. L'articolo Italia-I

di Antonio Mazzeo –

Pagine Esteri, 23 marzo 2023. Accordo tra due think tank di Italia e Israele per avviare progetti di ricerca congiunti sulle questioni di geopolitica e sicurezza nel Mediterraneo allargato. A firmarlo nei giorni scorsi a Roma il presidente della Fondazione Med-Or Marco Minniti (ex ministro dell’Interno, Pd) e il direttore esecutivo dell’Institute for National Security Studies (INSS) di Tel Aviv, prof. Manuel Trajtenberg.

Quello tra la fondazione promossa e finanziata dall’holding del complesso militare-industriale Leonardo SpA e l’INSS di Tel Aviv è il primo memorandum di tale genere firmato tra un’entità italiana e una israeliana. “Per Med-Or l’avvio di questo rapporto di collaborazione è estremamente importante”, ha dichiarato l’ex titolare del Viminale. “Avremo modo di sviluppare progetti comuni di ricerca e di cooperazione scientifica su tematiche e in settori strategici che sono al centro dei nostri programmi di lavoro. INSS è infatti una realtà a livello internazionale, soprattutto per le sue attività su temi come sicurezza e geopolitica, e potremo lavorare per approfondire questioni sempre più rilevanti, per i nostri due paesi, anche alla luce degli straordinari cambiamenti di cui la regione del Mediterraneo è oggetto e che vedranno nei prossimi anni Italia e Israele sempre più coinvolti”.

L’accordo di collaborazione punta nello specifico all’organizzazione di eventi e seminari, in Italia e in Israele, su tematiche inerenti la politica estera, di difesa e sicurezza; lo sviluppo di programmi di scambi tra ricercatori dell’INSS e della Fondazione Med-Or; il finanziamento di borse di studio (erogate dall’istituzione di Leonardo) a studenti israeliani per corsi di master presso università italiane.

“L’INSS di Tel Aviv è un think tank indipendente e no profit, che grazie a una ricerca innovativa e dagli alti standard, e alla presenza di ricercatori provenienti dal mondo accademico e da quello della sicurezza e dell’intelligence israeliana, è ampiamente considerato, qualitativamente parlando, tra i migliori sulla difesa e sicurezza nella regione mediorientale e a livello internazionale”, enfatizza la Fondazione guidata da Marco Minniti.

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Il presidente della Fondazione Med-Or, Marco Minniti, e il direttore Esecutivo dell’INSS, Prof. Manuel Trajtenberg

Affiliato all’Università di Tel Aviv (la più grande istituzione accademica d’Israele con oltre 30.000 iscritti), l’Institute for National Security Studies ha svolto per conto delle autorità governative israeliane importati studi sulle questioni relative alle problematiche militari e strategiche, terrorismo, conflitti a bassa identità, spese militari nell’area mediorientale, cyber war, ecc.. L’INSS organizza meeting e conferenze a cui partecipano leader politici e i vertici delle forze armate (in particolare la conferenza annuale su Cybersecurity e Intelligence). Fondato nel 1977 come Centro per gli Studi strategici dell’Università di Tel Aviv dal generale (in pensione) Aharon Yariv, già capo intelligence dell’IDF, nel 1983 il Centro fu denominato “Jaffee Center for Strategic Studies” e nell’ottobre 2006 assunse il suo nome odierno, rendendosi autonomo economicamente dalla Tel Aviv University. Prima della sua trasformazione, il “Jaffee Center for Strategic Studies” è stato diretto dal generale Shlomo Gazit, ex capo della Direzione d’intelligence delle forze armate, “coordinatore” delle operazioni del governo israeliano nei Territori occupati dal 1967 al 1974 e finanche Presidente della Ben-Gurion University per otto anni dopo il suo ritiro dalla vita militare.

L’Institute for National Security Studies ha elaborato la cosiddetta “dottrina militare Dayhiya” che comporta “l’applicazione di forza sproporzionata e il causare gravi danni e distruzione alle proprietà e alle infrastrutture civili”. La dottrina è stata formalizzata alla vigilia del sanguinoso attacco contro Gaza del biennio 2008-09 con la pubblicazione di un paper da parte del colonnello (riservista) Gabriel “Gabi” Siboni, dal titolo Disproportionate Force: Israel’s Concept of Response in Light of the Second Lebanon War (ottobre 2008).

Il prof. Manuel Trajtenberg è direttore esecutivo dell’INSS dal maggio 2021. Economista con un dottorato all’Università di Harvard è stato fondatore e primo presidente del National Economic Council della Presidenza del consiglio dei ministri di Israele dal 2006 al 2009. Successivamente ha ricoperto per un quinquennio la carica di presidente del Comitato finanze e pianificazione del Consiglio nazionale per l’Istruzione superiore, nonché responsabile del Comitato per le trasformazioni sociali ed economiche istituito dal governo dopo le proteste di massa del 2011. Manuel Trajtenberg è stato anche parlamentare alla Knesset con l’Unione sionista (2015-17) e vanta una consolidata esperienza nel settore militare-sicuritario: già “esperto-consulente” della Direzione per la ricerca e lo sviluppo del Ministero della difesa (ente che in coordinamento con le industrie belliche promuove i programmi di sviluppo di nuovi sistemi e tecnologie militari); rappresentante del Brodet Committee per il bilancio della difesa dopo la Seconda guerra in Libano; membro del Comitato scientifico del gruppo industriale aero-spaziale Rafael Advanced Defense Systems durante il programma di sviluppo del sofisticato sistema “anti-missile” Iron Dome; membro del forum che ha dato vita alla Direzione nazionale cyber.

La Fondazione Leonardo Med-Or è stata istituita nel 2021 con l’obiettivo di promuovere attività culturali, di ricerca e formazione scientifica, al fine di rafforzare i legami, gli scambi e i rapporti internazionali tra l’Italia e i Paesi dell’area del Mediterraneo allargato fino al Sahel, Corno d’Africa e Mar Rosso (Med) e del Medio ed Estremo Oriente (Or). “Leonardo Med-Or è nata per unire competenze e capacità dell’industria con il mondo accademico per lo sviluppo del partenariato geo-economico e socio-culturale”, spiegano i promotori. I settori di ricerca ed intervento comprendono innanzitutto la safety, la security, l’aerospazio e la difesa, in Italia e all’estero. La fondazione ha avviato diversi progetti di “cooperazione internazionale”: con il Regno del Marocco (borse di studio per studenti in collaborazione con il Mohammed Polytechnic University di Rabat e la LUISS di Roma); con le Repubbliche del Niger, Somalia,Libano e con enti governativi e centri di ricerca di Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Giordania, Qatar e Yemen.

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Con il presidente Marco Minniti siede nel consiglio di amministrazione della Fondazione Med-Or, in qualità di direttrice generale, Letizia Colucci, contestualmente presidente del Cda di MBDA Italia (società leader nella produzione di sistemi missilistici avanzati, controllata in parte da Leonardo), membra dei Cda delle aziende aerospaziali Avio SpA ed e-Geos e di Telespazio Iberica. Dall’ottobre 2022 Med-Or può contare pure in un International Board di altissimo livello, composto da 26 persone (politici, manager industriali e docenti universitari) provenienti da 23 paesi di Europa, Stati Uniti d’America, Africa e Medio Oriente. Tra essi compare David Meidan, potente uomo d’affari ed ex funzionario del governo israeliano, “operativo nell’esportazione di alta tecnologia all’avanguardia prodotta in Israele”, così come è stato presentato all’evento ufficiale di costituzione della Fondazione Med-Or.

Prima di dedicarsi all’export militare, David Meian ha lavorato dal 1977 al 2011 con il Mossad, l’agenzia d’intelligence e spionaggio d’Israele, e con la super segreta Unit 8200, l’unità dell’esercito che opera in stretto contatto con gli enti spionistici statunitensi come la NSA – National Security Agency. “Uno dei suoi ruoli principali è stato stabilire relazioni non ufficiali con i paesi del Medio Oriente che non hanno relazioni diplomatiche con Israele”, ha spiegato la fondazione guidata da Marco Minniti. Qualche tempo fa David Meidan è stato inviato in Turchia dalle autorità di Tel Aviv per rafforzare le relazioni diplomatiche con il presidente Erdogan. In passato era stato pure coordinatore speciale per i prigionieri di guerra e i dispersi in azione per conto del primo ministro Nemjamin Netanyahu.

Nell’International Board di Med-Or siedono inoltre Sir Alex Younger, già Direttore del Secret Intelligence Service (MI6) del governo britannico e John Negroponte, vicesegretario di Stato USA dal 2007 al 2009 e prima ancora vice consigliere per la sicurezza con Ronald Reagan presidente (1987-1989), ambasciatore presso le Nazioni Unite (2001-2004) e direttore dell’Intelligence nazionale USA con George W. Bush (2005-2007).

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PODCAST CINA-RUSSIA. La “nuova era” di Xi Jinping vede Mosca dipendente da Pechino


Il leader cinese nella tre giorni di vista in Russia ha insistito sulla partnership con la Russia. Ma Vladimir Putin, nel pieno della guerra con l'Ucraina e sotto sanzioni occidentali, sa che è soprattutto lui ad aver bisogno della crescente potenza cines

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 23 marzo 2023. Nella visita di Stato di tre giorni a Mosca, Xi Jinping ha rafforzato l’immagina di una Cina “potenza ragionevole” che mantiene i rapporti di amicizia ed economici con la Russia ma mantiene allo stesso tempo una sostanziale neutralità sulla guerra in Ucraina. Pechino non intende alimentare i contrasti con gli Stati uniti e lavora in diplomazia per un mondo multipolare. Ce ne parla da Shanghai Michelangelo Cocco, esperto di Cina, giornalista e collaboratore di Pagine Esteri.
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