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universitanza spaccoficeranza, la mia mente non è immacolata


Ho realizzato che, tutte queste volte nelle ultime settimane in cui ho dovuto ahimè recarmi all’università di mattina (per ora poche; ed è sia un bene che un male, dati i miei assoluti motivi) per via degli esamini e le cose sconvenienti, succede qualcosa di molto buffo. Per l’ora che torno a casa, è quasi come se non fossi mai dovuta uscire per niente di casa a confrontarmi con le palle; semplicemente, la differenza è che in quel caso, anziché dormire fino alle 11, ho dovuto svegliarmi prima e fare l’avanti e indietro… però poi il mio popò di rotting da sveglia prima di pranzo riesco a farmelo. E quindi, anche se certamente rompo lo slancio del sonno tosto, almeno non piango. 🤯

Nonostante questo, però, devo confessare e riconfermare che le vibe non sono buone. Oh, io non pretendo che siano addirittura immacolate, ma quantomeno buone; manco quello mi è concesso. Non lo so, più passa il tempo e più andando all’università mi sento praticamente fuori posto. Vorrei a questo proposito magari dire “da non credere“, ma in realtà è abbastanza credibile… visto da un lato che OK, il periodo degli esami non è mai gioioso — pur ipoteticamente tralasciando le questioni di studio, perché l’atmosfera è comunque sempre definita da una strana mistura di ambienti praticamente fantasma ma un’aria pur sempre affollata e pesante; e ringraziamo il cielo che quantomeno d’estate c’è il bel tempo, che evita che l’umore cada addirittura fino a sotto i piedi — e dall’altro, più passa il tempo e meno riesco a fare e mantenere amicizie, quindi ops (ma non è colpa mia se sono finita all’unica facoltà di informatica al mondo senza frequentanti tecnoschizofrenici, e se io sono la persona instabilmente evanescente che sono). ☠️
Selfie in ascensore Nintendo 3DS wow maglietta 美少女戦士セーラームーンComunque, per quanto le vibe non erano e mai saranno immacolate, perlomeno il drip lo è stato stavolta… È capitato il nero super stile セーラームーン, che un pochino rende il prospetto di questo dei miei impegni meno pesante, in quanto mi ricorda che anche per me la vera sfida è da ritrovarsi in qualche misura nella magia e nel salvare il mondo ormai insalvabile… eccetto che no, perché quella sarebbe in realtà la mia missione divertente, mentre il resto che devo fare non può far altro che indurmi il sonnolino. Un outfit che sarebbe forse meglio usare all’orale questo eh, in quanto probabilmente capace di fare grande colpo col potere delle stelle, però pazienza, mi accontento averlo usarlo allo scritto più facile di tutto il corso. 👍

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9 consigli per usare Lemmy (e feddit.it)

Feddit.it non è solo un’istanza locale, ma è anche diventato un servizio pubblico per tutti gli utenti italiani di tutte le istanze. Ecco qualche consiglio

informapirata.it/2025/06/10/9-…

#Feddit #fedditIt #Friendica #LeAlternative #Lemmy #Mastodon #Pixelfed #RaccoonForLemmy

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Nessun silenzio, nessuna complicità con il governo criminale di Israele. L’attacco e il sequestro della Madleen è un atto di sfida all’intera comunità ed alla solidarietà internazionale


Comunicato Stampa Giuristi Democratici e aggiornamento giuridico

L’Associazione Nazionale giuristi Democratici condanna quanto avvenuto alla Nave Madleen della Freedom Flotilla.

Di seguito il comunicato stampa e prima veloci aggiornamenti giuridici sull’equipaggio del veliero.

ULTIMA ORA – Aggiornamento giuridico – Tarda mattinata 10 giugno 2025

Il team di avvocati ha incontrato 11 dei 12 volontari detenuti a bordo della Madleen. Il reporter di Al Jazeera ha un avvocato dell’emittente
Per coloro che firmano un documento di responsabilità, le autorità dispongono l’espulsione dall’aereoporto di Tel Aviv. Quattro dei volontari sono stati imbarcati o sono in procinto di partire verso il paese di origine. I restanti otto sono ancora detenuti e sono stati trasferiti al carcere di Givon
e contesteranno il rapimento e l’espulsione davanti a un tribunale israeliano. Si prevede che saranno condotti stamattina davanti al Tribunale per la revisione della loro detenzione ‘per immigrazione non autorizzata’.

Gli avvocati del team Adalah si sono recati al carcere di Givon a Ramleh, dove sono detenuti i volontari, per rappresentarli alle udienze.

Riepilogo – Possono partire: Baptiste Andre (Francia) – Greta Thunberg (Svezia) – Sergio Toribio (Spagna) – Omar Faiad (Francia) – Reporter Al Jazeera – Non hanno firmato e rimangono: Suayb Ordu (Turchia), Mark van Rennes (Paesi Bassi), Pascal Maurieras (Francia), Reva Viard (Francia), Rima Hassan (Francia), Thiago Avila (Brasile), Yanis Mhamdi (Francia), Yasemin Acar (Germania).

Abbiamo conferma che Greta Thunberg è sul volo per Parigi e poi Stoccolma

COMUNICATO STAMPA

Condanniamo il gravissimo atto compiuto dalle navi della Marina militare israeliana che hanno attaccato in acque internazionali il veliero Madleen della Freedom Flotilla, battente bandiera britannica. L’imbarcazione, che non incrociava le acque territoriali israeliane né poteva costituire minaccia alcuna per la sicurezza, si accingeva a entrare nelle acque palestinesi per portare aiuto umanitario alla popolazione stremata di Gaza ed è stata abbordata e sequestrata in spregio al diritto marittimo e internazionale. Tutti i dodici volontari che si trovavano a bordo, tra i quali anche l’europarlamentare francese Rima Hassan e l’attivista svedese Greta Thunberg, sono stati arrestati e poi trasportati nel porto israeliano di Ashod dove, a ventiquattr’ore dal sequestro, risultavano non aver ancora ricevuto assistenza legale da parte degli avvocati da loro immediatamente nominati né incontrato gli addetti consolari dei propri Paesi di origine.

L’aggressione ai danni della nave Madleen e del suo equipaggio da parte di Israele costituisce a tutta evidenza un atto illegale, avvenuto in acque internazionali e in violazione dei diritti degli attivisti a bordo, compiuto oltretutto per evitare l’ingresso a Gaza di cibo proprio mentre Israele continua a sottoporre gli abitanti della striscia a una programmata politica di “starvation” ai danni della popolazione civile che, ogni giorno di più, assume i contorni di un crimine di guerra e contro l’umanità intollerabile da parte della comunità internazionale. Il blocco della imbarcazione della Freedom Flotilla, costituente l’ennesima violazione israeliana del diritto internazionale, appare in aperta contraddizione con l’obbligo di soccorso umanitario universalmente riconosciuto e si inserisce nel quadro del genocidio in corso contro la popolazione palestinese, condannata dal governo criminale di Israele alla fame utilizzata quale arma di sterminio.

Israele, quale potenza occupante, avrebbe non solo il dovere di fornire adeguata assistenza umanitaria alla popolazione civile ma altresì l’obbligo cogente di agevolare l’ingresso di aiuti forniti dalle agenzie umanitarie, violando il quale elude anche le ordinanze rese nei suoi confronti nel corso dello scorso anno dalla Corte Internazionale di Giustizia e dirette ad impedire il perpetuarsi dei crimini in corso a Gaza ad opera delle forze armate israeliane.

Chiediamo quindi un fermo e deciso intervento degli Stati europei tutti, non solo della Gran Bretagna sotto la cui bandiera la Madleen stava operando così come degli altri Paesi di provenienza degli attivisti arrestati, ma anche dell’Unione Europea e di tutti gli Stati, compreso il nostro, parimenti tenuti ad attivarsi di fronte al perpetrarsi dei crimini internazionali in corso a Gaza e nei confronti dei quali ogni ulteriore inerzia e connivenza assume sempre più i contorni di una colpevole complicità.

9 giugno 2025

ASSOCIAZIONE NAZIONALE GIURISTI DEMOCRATICI

Questa voce è stata modificata (15 ore fa)

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roma, 17 giugno: i due libri recenti di francesca perinelli e marco giovenale


𝟭𝟳 𝗴𝗶𝘂𝗴𝗻𝗼 – a 𝗥𝗼𝗺𝗮 – alle ore 18 allo Studio Campo Boario (in viale del Campo Boario 4a), doppio reading con Francesca Perinelli e Marco Giovenale, con testi dai loro ultimi libri, 𝙤𝙘𝙖 𝙩𝙧𝙚 𝙩𝙤𝙘 𝙩𝙤 e 𝙋𝙧𝙞𝙢𝙖 𝙙𝙚𝙡𝙡’𝙤𝙜𝙜𝙚𝙩𝙩𝙤.
Per l’occasione sarà disponibile l’intero catalogo 𝗱𝗲́𝗰𝗹𝗶𝗰.

due déclic a Campo Boario
cliccare per ingrandire

declicedizioni.it

le schede dei libri:
declicedizioni.it/prodotto/oca…
declicedizioni.it/prodotto/pri…

Prima o dopo la presentazione sarà possibile anche sfogliare (e/o prendere gratuitamente) presso lo Studio Campo Boario il tabloid Lyceum/Mudima “La scuola delle cose”, n. 19, interamente dedicato alla scrittura di ricerca

#FrancescaPerinelli #LaScuolaDelleCose #Lyceum #MarcoGiovenale #Mudima #ocaTreTocTo #ricercaLetteraria #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #sperimentazione #sperimentazioneLetteraria #tabloid


esce ‘la scuola delle cose’ n. 19: “scrittura di ricerca” (lyceum / mudima, 2025)


LA SCUOLA DELLE COSE, n 19_ scrittura di ricerca_ apr 2025
cliccare per ingrandire

L’espressione “scrittura di ricerca” è in azione da diversi decenni, e di certo si perde già nelle profondità del Novecento. Tuttavia, dagli anni 2003-2009 (ovvero fra l’esplosione dei blog letterari e l’uscita del libro collettivo Prosa in prosa – edito da Le Lettere; ora da Tic edizioni) e fino a oggi, il numero di materiali sperimentali e saggi sugli stessi è decisamente cresciuto. Ha dunque senso ed è forse addirittura indispensabile iniziare a fare il punto della situazione. Un primo e senz’altro assai sintetico tentativo è rappresentato da questo numero de «La scuola delle cose», che raccoglie otto interventi di altrettanti studiosi e studiose, intorno alla ricerca letteraria e alle scritture complesse.

*


Lyceum _ Scuola delle Cose _ dati editoriali e redazionali
cliccare per ingrandire

Fondazione Mudima
FONDAZIONE MUDIMA

Via Tadino 26, Milano
info@mudima.net
mudima.net

*


in collaborazione con
l’associazione dipoesia
logo dell'"associazione dipoesia"

#ChiaraPortesine #ChiaraSerani #CorradoCosta #DanielePoletti #FondazioneMudima #GianLucaPicconi #GinoDiMaggio #intermedialità #LaScuolaDelleCose #langpo #languagePoetry #letteralità #LuigiBallerini #LuigiMagno #Lyceum #MassimilianoManganelli #MicheleZaffarano #Mudima #poesiaDiRicercaFrancese #ProsaInProsa #RenataMorresi #ricercaLetteraria #scritturaComplessa #scritturaDiRicerca #scritturaNonAssertiva #scrittureComplesse #scrittureDiRicerca #scrittureNonAssertive #scrittureNonConvenzionali #scrittureProcedurali #ScuolaDelleCose #traduzione #traduzioni


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oggi, dalle 14, su radio onda rossa: “lenuccia” e “giovanni e nori”, due testi per la resistenza


Tutta Scena Teatro ★ Radio Onda Rossa 87.9 fm
oggi, martedì 10 giugno 202, ore 14

LENUCCIA
una Partigiana del Sud

progetto e regia di Aniello Mallardo
tratto dal libro La guerra di mamma, di Gaetana Morgese e dal film Le quattro giornate di Napoli, di Nanni Loy
con Luigi Credendino e Maddalena Stornaiuolo
effetti sonori Salvatore Fiore

Esiste la storia di uomini illustri che hanno fatto la Storia, di persone straordinarie sopravvissute al logorio del tempo. Accanto ad essa, e forse sotto, brulica la vita di piccoli ma grandi individui che talvolta, in occasioni uniche ed eccezionali, smettono i panni consunti dell’ordinario per assumere sembianze eroiche. Così accadde all’intero popolo napoletano durante le quattro giornate di Napoli, così fu per Maddalena Cerasuolo ovvero Lenuccia, all’epoca una giovane ragazza di 22 anni che offrì il suo sostegno umano e militare contro l’occupazione nazista. Grazie al suo coraggio, assunse un ruolo sempre più significativo all’interno della città e principalmente all’interno del suo quartiere, La Sanità.
Lenuccia è l’emblema della forza di tutti i napoletani che si sono ribellati, di tutte le donne che hanno impugnato le armi per i propri figli. Uno spettacolo per non dimenticare, per non accettare con rassegnazione i soprusi e le ingiustizie, per rinunciare all’egoismo e fare posto al bene comune.

archive.org/details/Lenuccia.u… (39′)

a seguire:

ore 14:40

GIOVANNI E NORI
una storia di Amore e di Resistenza

Daniele Biacchessi (testo, regia, voce narrante)
Marino Severini dei Gang (voce, chitarra acustica 12 corde)
Sandro Severini dei Gang (chitarra elettrica)
Gaetano Liguori (pianoforte)
Fabio Verdini (tastiere, fisarmonica)

Giovanni Pesce è una figura leggendaria del Novecento italiano. Lavoratore immigrato in Francia, combattente repubblicano in Spagna, comandante dei GAP in Italia durante la guerra di Liberazione, è stato un punto di riferimento per tante generazioni di antifascisti fino alla
sua morte, a Milano, nel 2007.
Onorina Brambilla, Nori, è stata una comandante partigiana attiva prima nei gruppi di difesa delle donne e poi nei GAP, con il nome di battaglia di Sandra. Arrestata e torturata nel carcere di Monza, nel 1944, riesce a sopravvivere e a partecipare alle attività del CLN. Giovanni e Nori, una storia di Amore e di Resistenza è una doppia biografia scritta a quattro mani da Daniele Biacchessi e da Tiziana Pesce.

archive.org/details/Giovanni.e… (59′)
info danielebiacchessi.it/?p=1876

#AnielloMallardo #antifascismo #CLN #DanieleBiacchessi #FabioVerdini #GaetanaMorgese #GaetanoLiguori #Gang #GAP #GiovanniPesce #gruppiDiDifesaDelleDonne #guerraDiLiberazione #LeQuattroGiornateDiNapoli #Liberazione #LuigiCredendino #MaddalenaStornaiuolo #MarinoSeverini #musica #NanniLoy #Napoli #Nori #OnorinaBrambilla #partigiane #Partigiani #RadioOndaRossa #Resistenza #rioneSanità #ROR #RORRadioOndaRossa #SalvatoreFiore #Sandra #SandroSeverini #TizianaPesce #TuttaScenaTeatro

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pod al popolo, #063: audio del secondo giorno di dialoghi @ blocco 13, sul lavoro artistico di alberto d’amico e l’attività dello studio campo boario


Il 10 maggio 2025, a Blocco 13, si è tenuto il secondo di tre incontri dedicati ad Alberto D’Amico e alle iniziative ospitate nel tempo dallo Studio Campo Boario: l’audio (non editato) è ora qui su Pod al popolo. Podcast irregolareed ennesimo fail again fail better dell’occidente postremo. Buon ascolto.

archive.org/embed/pap-063-bloc…
programma della giornata di dialoghi del 10 maggio 2025
cliccare per ingrandire

#AdaDePirro #AlbertoDAmico #art #arte #artiVisive #artistiInnocenti #audio #Blocco13 #Blocco13 #CarloAlbertoBucci #GiuliaServentiLonghi #JanineClaudiaNizza #MarcoGiovenale #MassimoMartella #MelissaLohman #mp3 #PAP #pap063 #pap063 #performance #podAlPopolo #podalpopolo #podcast #praticheCollaborative #registrazioneImperfetta #StudioCampoBoario

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oggi, 10 giugno, a milano: “per angelo lumelli”, incontro alla biblioteca lambrate


Angelo LumelliPer Angelo Lumelli
Biblioteca Lambrate di via Valvassori Peroni, 56
martedì 10 giugno 2025, ore 20:30
a cura di Giovanni Bonoldi

Il poeta Luigi Ballerini ha scelto la Biblioteca Lambrate (di cui è stato felicemente ospite per appuntamenti di poesia) per un incontro di non ordinaria portata dedicato ad Angelo Lumelli, poeta scomparso recentemente.
Poesia, prosa, critica letteraria, traduzione di filosofia dal tedesco (Hölderlin): i terreni in cui Lumelli ha seminato nel corso della sua esistenza, con acume e sensibilità notevoli, immediatamente riconoscibili.

Per Angelo Lumelli: così si intitola l’appuntamento letterario di martedì 10 giugno in Biblioteca Lambrate alle 20:30, introdotto e coordinato da Luigi Ballerini. In programma, per il piacere di vederlo raccontare, la proiezione di un filmato recentissimo con Lumelli nell’amata casa natale a Momperone vicino Mortara (dove ha sempre curato i campi e eli alberi da frutto con profondo rispetto della tradizione contadina), autore Tiziano Sossi.

Inoltre ben sette interventi: di Barbara Anceschi (“il verri”) per la parte editoriale, Giusi Busceti per la poesia, Caterina Galizia per l’ultimo “romanzo” (La vecchiaia del bambino Matteo), Pietro Bologna, Vincenzo Sammito, in collegamento da remoto i traduttori di Lumelli Nick Benson e Gianpiero Doebler (impresa ardua, sfida coraggiosa tradurlo, visto il suo funambolico lavoro linguistico). Per questo appuntamento hanno scritto un testo i poeti Luigi Ballerini e Milo De Angelis, che verranno distribuiti in copia al pubblico.

#AngeloLumelli #AssociazioneDipoesia #BarbaraAnceschi #BibliotecaLambrate #CaterinaGalizia #GianpieroDoebler #GiovanniBonoldi #GiusiBusceti #Hölderlin #LuigiBallerini #NickBenson #PerAngeloLumelli #PietroBologna #poesia #TizianoSossi #VincenzoSammito

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da oggi, 10 giugno: “tutta l’arte è relazionale:?” @ galleria erica ravenna (roma)


TUTTA L’ARTE È RELAZIONALE : ?
10 giugno – 31 ottobre 2025

Con una mostra collettiva inedita la Galleria Erica Ravenna – prendendo spunto dal saggio di Nicolas Bourriaud L’estetica relazionale (1998) – pone la questione dell’opera d’arte non come semplice oggetto, ma come risultato di un incontro dinamico tra artista e spettatore.

“Consideriamo innanzi tutto due fattori importanti, ossia i due poli di ogni creazione di ordine artistico: da un lato l’artista, dall’altro lo spettatore che, con il tempo, diviene la posterità.” (Marcel Duchamp).

Se l’artista avvia il processo creativo, spesso in solitudine, è l’interpretazione e il coinvolgimento di chi guarda a dare piena esistenza all’opera. Gli “artisti relazionali” sviluppano il teorema di Duchamp, esplorando diverse modalità di coinvolgimento e collaborazione del pubblico, invitando altri nel proprio processo creativo, rinunciando a parte del controllo, abbracciando il caso e fidandosi dello spettatore-trasformato-in-partecipante, trasformando infine l’opera d’arte in un dialogo bidirezionale in cui il significato è co-creato e l’esperienza è condivisa. L’estetica relazionale di Nicolas Bourriaud va oltre una semplice teoria dell’arte e diventa una filosofia della forma. La “forma” non è solo un aspetto visivo, ma una struttura coerente che emerge da uno scambio di elementi e configura l’esistenza, evidenziando l’importanza vitale dell’interazione umana e delle relazioni sociali.

Tutta L’ Arte è Relazionale: ? riunisce tre generazioni di artisti – Vincenzo Agnetti, Gianfranco Baruchello, Tomaso Binga, Alighiero Boetti, Céline Condorelli, Mike Kelley & Paul McCarthy, Mocellin & Pellegrini, Rirkrit Tiravanija –e propone una esplorazione del concetto e della sua evoluzione nel nostro tempo: un’era definita dal post-isolamento, dalla post-relazionalità, dalla post-produzione e dalla presenza incombente dell’intelligenza artificiale, dove la realtà è perpetuamente mediata dalla tecnologia e l’isolamento ha solo intensificato il nostro desiderio di connessioni autentiche ed esperienze condivise che trascendano lo schermo. L’estetica relazionale, con la sua enfasi sull’interazione umana e sul significato co-creato, risuona con una forza sempre maggiore. L’artista diventa un facilitatore, un catalizzatore di relazioni, un “produttore” di esperienze, o, come Vincenzo Agnetti lo ha definito, un “operatore culturale”, un cerimoniere di incontri veritieri.

Nel corso del suo svolgimento, la mostra comprenderà una serie di incontri, conversazioni e performances a cui, tra gli altri parteciperanno: Céline Condorelli, Mocellin Pellegrini, Germana Agnetti, Andrea Cortellessa, Ilaria Gianni, Colin Ledoux, Tara Londi, Carla Subrizi, Saverio Verini e Giordano Boetti Editions.
Siamo inoltre felici di annunciare l’intervento di Nicolas Bourriaud in occasione del finissage della mostra.

#AlighieroBoetti #art #arte #arteRelazionale #CélineCondorelli #GalleriaEricaRavenna #GianfrancoBaruchello #MikeKelleyPaulMcCarthy #MocellinPellegrini #NicolasBourriaud #RirkritTiravanija #TomasoBinga #VincenzoAgnetti


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Referendum, una discussione necessaria


Un nostro lettore ci propone, a caldo, alcune riflessioni sui risultati referendari. Nessuna pretesa di analisi articolate, per cui occorrerà più tempo; più semplicemente, uno stimolo per aprire una discussione di cui tutti cogliamo l’importanza e la necessità

Chiuse le urne, un commento sulle votazioni per i referendum e sul quorum ben lontano dal necessario.Quello che meraviglia non è […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/06/10/refe…

#referendum2025


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cosa fare per la madleen: ora.
🚨🚨IMPORTANTE: cosa fare ora? Ce lo dicono i ragazzi della Madleen. 🧵🧵(thread con indicazioni, adesso spetta a noi!)

https://threadreaderapp.com/thread/1931871940995612970.html


#Gaza #Madleen #thread

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9 giugno 2025, h. 21: diretta video della presentazione del “libro della natura e del continuo”, di mario corticelli @ la finestra di antonio syxty


youtube.com/embed/BgK2CW05bVo?…

la Finestra di Antonio Syxty presenta il libro della natura e del continuo, di Mario Corticelli, déclic edizioni 2025, in conversazione con l’autore e Antonio Francesco Perozzi.

qui sopra la diretta youtube.
è possibile seguire anche su facebook:
facebook.com/lafinestradianton…

il libro:
declicedizioni.it/prodotto/lib…

#AntonioFrancescoPerozzi #déclic #LaFinestraDiAntonioSyxty #LibroDellaNaturaEDelContinuo #MarioCorticelli #MTM #MTMManifattureTeatraliMilanesi #presentazione #ProsaInProsa #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #video

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I venti cambiano


1 minuto

Soffiare nel vento non sempre funziona


Il confronto tra due epoche e due disillusioni verso politica e società, una ottimista e una pessimista che si abbandona sconsolata ma quasi pacifica. Bob Dylan con Blowin’ In The Wind e i King Crimson con I Talk To The Wind.


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#blog #BoBDylan #CrimsonKing #filosofia #Musica #podcast #Rock


Why do we fall?


3 minuti

Alfred: «Why do we fall sir?» (Perché noi cadiamo?)
Bruce: «So we can get up again» (Così possiamo rialzarci di nuovo)

Il ritorno del cavaliere oscuro


Rialzarsi


In realtà non è Alfred, ma il padre di Bruce, Thomas Wayne, che per la prima volta chiede a Bruce: «Why do we fall Bruce?». E glielo chiese quando Bruce da bambino cadde in un fosso, rimanendo ferito dalla caduta e spaventato dal buio e dai pipistrelli. Nella storia raccontata da Nolan, Bruce diventa Batman perché vuole rendere la sua più grande paura il suo simbolo di giustizia.

Il pipistrello rappresenta tutto ciò che teme. E proprio con questa sua paura insuperabile Bruce decide di rialzarsi e di rinascere. Batman diventa l’alter ego tramite cui rende ordine e combatte ciò che teme. Batman è tutto ciò che Bruce, non riesce e, non può essere.

Coraggio non è non aver paura


Il coraggio non coincide con l’assenza di paura. Il coraggioso è colui che affronta ciò che lo spaventa. Senza paura non c’è nemmeno il coraggio.

Essere liberi significa essere con scontro con ciò che ci opprime. Essere coraggiosi significa affrontare ciò che ci fa paura e spaventa. Bruce diventa coraggioso, usando Batman come maschera della giustiza e “del coraggio”, affrontando e, letteralmente, indossando ciò che lo terrorizza. Non cerca né vuole eliminare le sue paure, ma vuole imparare ad usarle come spinta ad agire.

La domanda «Why do we fall?» è uno sprono alla consapevolezza della propria fallibilità. La domanda conduce ad una precisa risposta. Fondamentale è imparare ad educarsi a farsi le giuste domande. Molto prima che imparare a darsi risposte. La domanda non mette in discussione un dato, ma lo evidenzia. La domanda cerca di dare un significato educativo all’inevitabile fallimento a cui ognuno di noi andrà in contro. Più volte nella propria vita. A volte anche cadendo male, fino in fondo al baratro.

La risposta «So we can get up again», invece, è uno sprono alla reazione. Il fatto di aver fallito non dice nulla su di noi. Se abbiamo sbagliato non significa che non siamo abbastanza o che siamo inetti o sbagliati… Falliamo, accettiamo l’errore e poi ci riproviamo. O come diceva Samuel Beckett:

«Ho provato, ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò meglio


Ma senza la domanda non ci sarebbe la risposta. Senza la consapevolezza della propria fallibilità, imperfezione e limitatezza non ci sarebbe nemmeno l’accettazione del fallimento. Ogni buona risposta è sempre preceduta da una buona domanda.

Accettare il fallimento


Nessuno è perfetto. Tutti sbagliano e falliscono. La differenza sta nel saper reagire agli inevitabili fallimenti della propria vita . Non è la ricetta per il successo, ma semplicemente per una buona vita. Fatta di tentativi e non di arrese.

L’insegnamento del padre di Bruce tramandato da Alfred è un’educazione al fallimento. Al saper accettare il fallimento da cui poi ripartire. Nessuno vuole dire che non bisogna soffrire o patire il dolore, la rabbia o la sofferenza per aver fallito.

Così come per essere coraggiosi aver paura e saper accettare la stessa paura per poi affrontarla, allo stesso modo questo vale per i propri successi personali.


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Referendum 2025: spigolature


La mia pacata reazione ai risultati del referendum è qui riassunta:

youtube.com/embed/FLsEO6RNRNg?…

Non sono ovviamente contento del risultato, ma sono ancora meno contento dell’assenza di un dibattito su due temi centrali della nostra vita: il lavoro e la cittadinanza dei nuovi venuti. Se non ci fosse stato il problema del quorum o forse, detto più semplicemente, se vivessimo in un paese civile, noi elettori saremmo stati obbligati ad entrare nel merito dei quesiti, a informarci del loro valore politico e legale. Sarebbe stato interessante uno scontro fra concezioni diverse su temi tanto importanti, uno scontro argomentato, consapevole. Il risultato, qualsiasi risultato, sarebbe stato più che accettabile.

Si è preferito buttare tutto in vacca, cacciare la testa sotto la sabbia, usare slogan da bar e sfruttare l’ignoranza e la pigrizia dell’elettorato. La cosa peggiore che si potesse fare. Ne ha risentito anche il fronte del Sì, con il PD pochissimo convincente nella sua campagna per il Sì sui referendum sul lavoro. La destra allergica a qualsiasi dibattito. I sindacati divisi. Altro: non pervenuto. Un’occasione persa.

Sul quorum: vale la pena riformarlo? Certo. Era pensato in un’epoca molto diversa dall’attuale e ora non ha più senso. Ma state tranquilli: non si farà nulla. Nessuno vuole un dibattito politico argomentato su un qualsiasi tema. Così come sono le regole, i referendum si possono sabotare abbastanza facilmente. Più margine per chi il potere già ce l’ha. Un matematico, però, ci dà dei suggerimenti.

Dal 1989 al 2001 ho ricoperto vari ruoli nella macchina elettorale. Sono stato scrutatore, rappresentante di lista, presidente di seggio. Poi ho smesso, che la vita mi ha portato altrove. Quest’anno mi sono candidato come scrutatore, che non avevo voglia di prendermi responsabilità che mi avrebbero fatto venire ansia. (Ho già gestito 12 referendum contemporanei, sapevo cosa mi aspettava.) Sono stato assegnato al mio seggio e quindi sono stato il primo a votare, domenica, alle 07:14. Mio record assoluto! (La seconda è stata la Comizietta, che anche lei era scrutatrice nel seggio affianco.) Seggio ben assortito, alla fine abbiamo lavorato bene e velocemente. Il fatto che il referendum non fosse valido ci ha dato grandi margini operativi nello scrutinio e quindi verso le 17 avevamo finito. Un seggio, famoso per avere un presidente velocissimo, ha chiuso alle 16:15!

Alcune spigolature: le matite copiative erano di una qualità orribile. La mina si rompeva in continuazione. Sul quesito numero 3 abbiamo trovato alcune schede stampate male: dentro la pagina era bianca, senza testo e senza le caselle con il SI e il NO. Non mi era mai capitato.

Pochissimi gli elettori che hanno rifiutato una qualche scheda, ai quali, noi del seggio, abbiamo dedicato i nostri pensieri più aulici. (Sappiate che se è un vostro diritto rifiutare una scheda, agli scrutatori complicate i conteggi per far quadrare i numeri delle schede. Fuori professionali e sorridenti, ma dentro di noi molto meno.) Un votante ha preso in mano le schede e ha iniziato a dire “mi hanno detto che devo rifiutare una scheda, ma non ricordo quale”. Lo abbiamo lasciato nel suo imbarazzo, alla fine è entrato con tutte le schede e le ha votate tutte. Nessuno ha fatto lo spettacolo, assolutamente inutile, suggerito dalla Meloni. Eravamo pronti, ma meglio così.

Nel mio seggio: votanti: 45.8%. San Donato Milanese è sempre sopra la media nazionale dei votanti e la mia zona è fra le più virtuose, in fatto di partecipazione. Già a metà mattina noi eravamo ampiamente sotto il quorum, quindi era impossibile che nel resto d’Italia le cose andassero meglio.

Nello spoglio abbiamo avuto l’elettore timido: due minuscole crocette, una sul SI e una sul NO per annullare una scheda. E una scheda votata NO, anche lei con una piccola crocetta in alto a destra nell’apposito riquadro. Forse era poco convinto.

I risultati, sempre nel mio seggio: plebiscito per il SI sui quesiti sul lavoro, con cifre vicine al 90%. Maggioranza di sì anche per il quinto quesito, ma mi hanno stupito molto i quasi 32% di no. Quanta cattiveria ci vuole per negare un piccolo aiuto a chi decide di pagarci la pensione e di vivere e studiare qui da noi? Quanto ci siamo incattiviti?

Noi speriamo che il prossimo quesito vada meglio.

#politica #referendum2025

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alia shamlakh sul ‘manifesto’ (online)


Alia Shamlakh

Dall’apocalisse di Gaza, in presenza di una lunga morte, in un Paese dove la vita è diventata un atto quotidiano di sopravvivenza, vi scrivo la mia testimonianza sanguinante – io, Alia Shamlakh. L’architetta che non costruisce più nulla se non la memoria che rischia di essere cancellata, l’architetta condannata a vivere tra le mappe distrutte e a scrivere nella polvere della sua casa diventata cenere. Eppure, io continuo a stare sopra le macerie e a cercare di portare a termine la mia missione, anche se tutto intorno a me distoglie lo sguardo. Scrivo la mia testimonianza con la speranza che sia un grido udibile di fronte a un mondo che è diventato sordo al crimine.

HO 37 ANNI, di cui due trascorsi nel cuore del massacro. Nei giorni del genocidio e della feroce carestia. Due anni di spostamenti ripetuti e continui, di tentativi di sopravvivenza, di danze sul filo del rasoio tra la vita e la morte. Qui la sopravvivenza è un evento eccezionale, non perché sappiamo come sopravvivere, ma perché schiviamo la morte per caso, è una questione di pochi minuti o di coincidenza. La nostra casa è stata bombardata mentre eravamo dentro. Noi, i nostri figli e i miei genitori anziani. Non siamo stati feriti, nessuno è morto in quel momento, ma la morte ci ha circondato e accompagnato, in tutti i luoghi che pensavamo «sicuri». Ci siamo rifugiati in un ospedale per sicurezza, ma abbiamo scoperto che ci stavamo rifugiando in una trappola. Piovevano proiettili ed eravamo intrappolati con centinaia di sfollati, affamati, assetati, terrorizzati. Le pareti tremavano, dal soffitto si respirava fumo, i nostri cuori morivano ogni volta e non venivano seppelliti.

Siamo fuggiti a sud di Gaza, a casa di un parente a Khan Younis, poi siamo fuggiti di nuovo all’estremo sud, a Rafah, poi a Deir al-Balah e poi di nuovo, speriamo per l’ultima volta, a Gaza City. Qui, all’inferno, non c’è spazio per pianificare. Bisogna improvvisare, tanto anche le aree «di sopravvivenza» vengono bombardate. Ricominciamo ogni volta, non perché siamo «forti», come alcuni amano dire, ma perché fermarsi è un lusso che non possiamo concederci. Stiamo solo salvando i nostri figli dall’orrore del momento, in attesa dell’orrore successivo.

IN 20 MESI di sfollamento e di fuga dalla morte, abbiamo costruito temporaneamente la nostra vita in una tenda. Una piccola tenda sulla strada che a malapena riesce a contenere il nostro respiro, figuriamoci tredici corpi. Nessuna sicurezza. Nessuna privacy. Nessun bene essenziale per vivere. Nel nostro sfollamento i nostri figli hanno dormito sulle piastrelle, sulla terra, all’aperto. Hanno sofferto la fame.

ABBIAMO STIPENDI e soldi, ma non servono a nulla quando non c’è più nulla. Stiamo ancora vivendo una carestia feroce che ci ha fatto rimpiangere quel poco cibo in scatola che potevamo trovare qualche mese fa. I nostri corpi si sono indeboliti, il peso è sceso, la memoria si è offuscata, la concentrazione si è affievolita. Tutti noi abbiamo contratto epatiti, malattie della pelle, infezioni e la nostra psiche è danneggiata come se ci stessimo lentamente consumando fino a esaurirci.

TUTTO NELLA NOSTRA VITA è tornato a un livello primitivo. Cuciniamo con la legna da ardere. Facciamo il bagno ai nostri figli con l’acqua che portiamo da lontano e che riscaldiamo sul fuoco. Facciamo lunghe code per un litro d’acqua. Viaggiamo su carri distrutti, logori, a volte trainati da animali. Sopravvivo per continuare a lavorare. Sì, anche se non sarei nelle condizioni, vado a lavorare perché la missione che ho scelto, o che ha scelto me, non può essere abbandonata. Lavoro per un’organizzazione internazionale per persone con disabilità, cerco di rimanere al lavoro per proteggere l’essere umano, fatto a pezzi davanti ai nostri occhi. Mi chiedo ogni giorno come possa una persona a cui è stato tolto il diritto al riparo, all’acqua e alla dignità, continuare a difendere i diritti degli altri. E ogni volta mi rispondo: vengo da Gaza, da un luogo dove la tenacia non muore, anche se diventa una maledizione. Una maledizione perché stiamo cercando di salvare il salvabile dei nostri diritti, vivendo in una realtà che non rispecchia alcun documento o convenzione sui diritti.

Siamo stati delusi dal mondo intero, non per un motivo complicato, ma perché sceglie di non vedere. Non stiamo morendo in segreto. Tutto è documentato, proprio davanti agli occhi di tutti. Convenzioni, leggi, diritti umani? Foglie al vento o combustibile per il fuoco. Il mondo ha dichiarato la morte della propria coscienza in un freddo silenzio. Ormai ridiamo con nera ironia quando il mondo parla di «dignità umana» e «sicurezza dei civili».

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online il bando della quinta edizione di “unarchive. suoni e visioni”


tutte le informazioni qui: unarchive.it/unarchive-suoni-e…

#AAMOD #bando #residenza #Unarchive

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Ne uccide più la cappa che la spada? Storia del ritorno della “k” nella lingua “italiana”


Di Antonio Zoppetti

Quella che viene interpretata come la più antica testimonianza scritta della lingua italiana è una trascrizione in volgare riportata in un atto giuridico del 960, il placito capuano. A quei tempi il latino era la lingua della scrittura che apparteneva ai pochi rappresentanti delle classi colte, ma nella vita di tutti i giorni la gente si esprimeva nel proprio volgare, e non era più in grado di comprendere il latino già da qualche secolo. I volgari, antenati delle moderne lingue romanze, erano nati dallo sfaldamento del latino vivo che si parlava in epoca classica e dalle sue distorsioni locali. Cambiamento dopo cambiamento, con il passare del tempo la lingua di partenza si era così sempre più differenziata fino a che non si è verificato lo strappo dalla lingua originaria: il popolo – quasi esclusivamente analfabeta – non era più in grado di intenderla. Il latino non era affatto scomparso, continuava a essere la lingua superiore di prestigio utilizzata dai religiosi e dai dotti. E al contrario della lingua del volgo che era naturale e materna ma istintiva, possedeva la sua grammatica ben codificata.

Sao ko kelle terre…

In questa diglossia (la presenza di due lingue di diverso rango), non sappiamo di preciso come suonassero i volgari italici, perché a nessuno sarebbe venuto in mente di scrivere in volgare a quei tempi, dunque mancano le testimonianze, fino al 960. Il placito di Capua doveva risolvere una controversia che riguardava certe terre occupate dai monaci benedettini la cui proprietà era però rivendicata da un feudatario locale. I terreni contesi erano in Campania, ma quelle regioni erano allora un territorio longobardo, e vigeva una legge per cui dopo 30 anni di possesso di un terreno scattava l’usucapione. E così, dopo tante analoghe sentenze – fino a quel momento verbalizzate in latino – in cui chi dimostrava di possedere le terre da almeno trent’anni se le poteva tenere, il giudice Arechisi ebbe l’idea di trascrivere le testimonianze dei benedettini in volgare, forse perché quelle parole arrivassero forti e chiare ovunque, anche al di fuori dalle cerchie degli addetti ai lavori. E in questo modo il volgare dei testimoni è stato messo nero su bianco ed è arrivato fino a noi attraverso queste parole:

Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti”.

Ricalcandole in italiano moderno potremmo dire: “So che quelle terre, nei confini che qui [= questo atto] riporta, da trent’anni sono in possesso dell’amministrazione di San Benedetto”.

A dire il vero esistono reperti del volgare anche precedenti a questa data, ma si tratta di frammenti di natura privata o pratica, mentre l’importanza del placito capuano sta in un uso intenzionale e consapevole di questo volgare, che ne sanciva l’esistenza e l’ufficialità. E soprattutto ha creato un precedente che è poi stato replicato in vari altri placiti successivi che hanno trascritto analoghe testimonianze in volgare riportate quasi sempre con le stesse parole.

Quello che ai nostri occhi può stupire è la presenza della “k”, che consideriamo una lettera straniera. Se oggi l’ortografia è ben normata dalla grammatica che si studia a scuola, nel Medioevo l’unica grammatica esistente era quella latina, e il problema davanti a cui si era trovato il giudice Arechisi era quello di inventarsi una grammatica per esprimere i nuovi suoni che nel latino non esistevano. In epoca classica non c’era l’attuale suono dolce dell’odierna “c”, che i Romani pronunciavano in modo duro anche davanti alla “e”. Il suono “ce” era comparso più tardi, nel latino medievale tardo in parole come cervus (cervo) o caelum (cielo), che poi si era mantenuto anche in molte parole della lingua orale del volgo. Davanti ai due suoni possibili, perciò, la “c” velare (= dura) venne resa con la lettera “k” (kelle) forse per distinguerla dalla pronuncia dolce. La stessa soluzione usata per “ko” e per “ki”, che oggi traduciamo con che congiunzione e qui. Il pronome relativo “che” (= i quali, “que ki contene”) è stato scritto invece in modo conforme alla regola latina – visto che esisteva – e cioè con il grafema “qu” di quod.

In altre sentenze successive sono state invece usate soluzioni differenti, e “sao ko” del placito di Capua, a Sessa e Teano è stato reso con il raddoppiamento della “c”: “Sao cco”. Anche la scelta della vocale “o” al posto dell’odierna “e” risente della mancanza di un codice ortografico-fonologico per esprimere un suono forse pronunciato a metà tra la “e” e la “o” come nell’œ dell’odierno francese.

Il duello secolare tra la “c” e la “k”

Nei secoli successivi sempre più testi furono scritti in volgare, e la “k” ha convissuto a lungo con il più blasonato “ch” della tradizione toscana insieme anche ad altre trascrizioni grafiche.

Con il tempo, le soluzioni personali di formalizzare le parlate volgari crearono precedenti e diventarono soluzioni locali; per esempio in alcuni reperti della lingua franco-veneta c’è chi ricorreva alla “ç” dell’odierno francese scrivendo “çantar”, altre volte trascritto invece “chantar”, ma altrove la “ç” fu spesso usata per indicare la “c” dolce, anche se altre volte fu impiegata al posto della “z” (preçu = prezzo, çitella = zitella) e gli echi di queste oscillazioni e cambi di consonante si rintracciano anche nell’italiano moderno, dove convivono soluzioni lessicali come pronuncia e annuncio ma anche pronunzia e annunzio (forme più arcaiche che si mantengono in derivati come nunzio).

In questo proto-italiano variegato e non ancora normato, la k impiegata per il suono velare (kiave) si ritrova anche nei primi reperti letterari lombardi per esempio del milanese Bonvesin de la Riva che nel 1200 divulgava le norme del galateo da osservare a tavola: “Fra Bonvesin dra Riva, ke sta im borg Legnian, dre cortesie da desco quilò ve dis perman” (= Fra Bonvesin de la Riva, che abita nel borgo di Legnano, delle cortesie da tavola vi dice qui di seguito). E agli inizi dello stesso secolo era impiegata anche da San Francesco d’Assisi nelle sua Laudi che solo all’“Altissimu, onnipotente, bon Signore, se konfano” – e ricorre anche in “ke” e “skappare” – benché nei manoscritti ricopiati successivamente quelle scelte furono traslitterate con il “ch” e la “c” seguendo una diversa formalizzazione destinata a prendere il sopravvento e a essere riportata nelle odierne antologie scolastiche.

L’affermazione del “ch” che usava Dante con il passare dei secoli si è radicata ed è diventata la norma. Nel Cinquecento il tosco-fiorentino è diventato il modello di italiano nazionale teorizzato da Pietro Bembo e dalle prime grammatiche, poi istituzionalizzato nel Vocabolario della Crusca e diffuso anche grazie all’avvento della stampa a caratteri mobili e dalla nascente editoria le cui norme editoriali si uniformavano e fondevano con quelle dei grammatici. Da quel momento in poi usare la soluzione della “k” è divenuto un “errore”, e non più un uso poco comune o meno puro ed elegante, ma solo tra il Seicento e il Settecento la lettera è stata definitivamente abbandonata ed è scomparsa da tutti i libri. Dunque in italiano è stata “sconfitta” al contrario per esempio di quanto è successo nelle lingue germaniche dove sopravvive anche ai nostri giorni.

E così, in un dizionario ottocentesco che precede di pochi decenni l’unità d’Italia, si leggeva: “K, sm. Lettera greca, detta Kappa. Il c e ch suppliscono ad essa in tutti i suoi suoni della lingua italiana. Adoprasi solamente in alcuni nomi stranieri” (Longhi-Menini, Nuovo vocabolario della lingua italiana, Torino 1847, Tip. Di Al. Fontana).

Poiché nulla è definitivo e immutabile, però, nel Novecento questa lettera è tornata a fare capolino soprattutto attraverso l’interferenza dell’inglese, che accanto a termini come remake include il “ck” di click o la doppia “k” di trekking. Dunque abbiamo cominciato a riabituarci all’alta frequenza di questa lettera.

Negli anni Settanta ha cominciato a circolare in modo “abusivo” e ribelle per esempio nelle scritte sui muri imbrattati da certe massime della contestazione, quando non era infrequente imbattersi in “Amerika” o “Kossiga”. Ma accanto a queste intenzionali e provocatorie violazioni delle regole dell’italiano e del suo alfabeto, l’utilizzo “stenografico” della cappa ricorreva di frequente anche negli appunti scolastici privati degli studenti. Si trattava di un uso che aveva motivazioni economiche legate al dover scrivere velocemente a mano durante le lezioni, e produceva una letteratura informale fatta di abbreviazioni come “xké” al posto di “perché”, che conviveva con il vezzo di scrivere “x” invece di “per”.
Negli anni Novanta, con il diffondersi degli sms limitati a 160 caratteri, e successivamente con l’avvento di internet, questo linguaggio che ricorda quello dei codici fiscali è passato nelle chat e si è arricchito di espressioni abbreviate e crittografate fatte da tvb per “ti voglio bene” e simili acronimi gergali. Il fenomeno dilagava al punto che qualcuno ha cominciato a temere per l’integrità dell’italiano, benché questo tipo di abbreviazioni legate allo scrivere velocemente non siano una novità dell’epoca moderna, anche gli amanuensi di epoca romana e medievale ricorrevano a formule compresse e alla tachigrafia. Ciononostante, davanti all’esplodere di un nuovo uso che usciva dalla norma, sono sorti vivaci dibattiti tra chi lo bollava come un modo di scrivere da analfabeti e un ritorno al Medioevo che costituiva una minaccia per l’italiano, e chi lo osservava senza esprimere giudizi e vedeva in questi gerghi il segno di una lingua incipiente che si limitava a studiare, invece che criticare.

Nel giro di qualche anno il fenomeno si è però ridimensionato, invece di estendersi al di fuori del proprio ambito e passare alla lingua di tutti, e questa “lingua” è stata stigmatizzata anche nel gergo della Rete che in un primo tempo ne aveva fatto un segno distintivo. E così, scrivere sulle piattaforme sociali con le “k” è stato in seguito considerato un linguaggio da “bimbominkia” (scritto con la “k” proprio per sottolinearne la bruttura), un neologismo gergale accolto persino nei dizionari per connotare negativamente chi impiega questo modo di esprimersi adolescenziale infarcito anche di acronimi o da un eccesso di faccine.

L’alta frequenza della k per interferenza dell’inglese

Nella prima edizione minore dello Zingarelli del 1923 si leggeva che la lettera k apparteneva solo alle parole straniere, e ne venivano annoverate 15 tra cui kaiser e kantiano, ma solo la voce king proveniva dall’inglese, e indicava allora una specie di carrozzino a due posti. Un secolo dopo, negli attuali dizionari sono registrate oltre 200 voci che iniziano con la k, ma tra nipponismi come kimono e karate, germanismi come kolossal, parole ebraiche come kippur, o arabe come kebab sono gli anglicismi a spiccare. Tra questi, i più comuni e frequenti sono per esempio:

keyboard, keyword, killer (+ killer app, killer application e applicazione killer ma anche killerraggio e affini che si ritrovano sotto altre lettere come serial killer o bounty killer), king size, kiss and fly, kiss and go, kiss and ride (o kiss&ride), kit, kiwi, kleenex, knockout e KO, know-how, koala

Ma per misurare l’alta frequenza della k non basta contare le parole che iniziano con questa lettera, perciò ho provato a conteggiare le parole inglesi più comuni che contengono la k al loro interno. Non sono a conoscenza di studi in proposito sulla frequenza di questa lettera, dunque provo di seguito a riportare non tutte parole che includono la k presenti nei dizionari, ma almeno quelle più comuni. Il risultato mi sembra interessante soprattutto per comprendere come le radici inglesi siano tra loro interconnesse, visto che una serie di linguisti continua ad approcciare il fenomeno dell’interferenza dell’inglese limitandosi a considerare solo l’entrata dei singoli anglicismi, come se fossero qualcosa di isolato. Quello che emerge è invece come l’alto numero di anglicismi finisca per generare delle regole a orecchio, esattamente come avveniva ai tempi dello sfaldamento del latino nei volgari.

Cominciando dalla lettera A, oltre al gergale aka (cioè alias), c’è acquapark, pseudoanglicismo sul modello di luna park, che contiene la radice di altre parole come per esempio parking per parcheggio.

Alla lettera B la k si ritrova in famiglie di parole tra loro interconnesse che si legano a back (back-end, backgammon, background, back-office, backslash, backspace, backstage, backup (che genera l’ibrido backuppare) e che fuori dalla B si ritrova in feedback, cashback, flashback o playback. Altra radice prolifica è costituita da book, da solo usato come sinonimo di portafoglio clienti (book fotografico), ma che ritorna in parole dove ha il significato di libro (bookcrossing, bookshop, e-book, booktrailer, instant book) ma anche con altre valenze (booking, bookmaker, bookmark e fuori dalla lettera B almeno overbooking). Tra le parole che si appoggiano a black ci sono: black bloc, total black, black comedy, blackjack, blacklist, e blackout; tra quelle a base break (invece di pausa): break even (point), breakfast + coffee break; e poi ci sono bad bank ma anche home banking, basket ma anche beach basket; e attorno a bike si strutturano biker, bike sharing, city bike e mountain bike. Tra le parole isolate si possono annoverare brick, bazooka, bikini, bed and breakfast, benchmark, broker.

Di seguito riporto le altre parole con la k che iniziano con le altre lettere, con un ordine misto che segue un po’ l’elenco alfabetico e un po’ il raggruppamento per famiglie di parole:

cake design, check (+ check-in, check-out, check list, check point, checkup… la stessa radice si ritrova in fact checking), click, cocktail, cooking show, cornflakes, crack, cracker (nel significato di galletta ma anche di pirata informatico), dark e dark lady, desk (+ desktop e help desk), drink (+ energy drink, long drink e smart drink), disc jockey, elettroshock (connesso a shock e rosa shocking), film-maker (cfr. remake), fake e fake news, folk (+ folklore), fashion (e fashionista), food truck, guestbook, hacker (+ hackerare e hackeraggio), hockey, identikit, jack, jackpot, jukebox, like, link (+ linkare, linkabile, linkografia), look (+ new look e nude look), make-up e make-up artist, multitasking, market (+ minimarket e supermarket), marketing (+ direct marketing, multilevel marketing ecc.), milk-shake (+ shaker e shackerare), naziskin, nickname, ok e okay, on the rocks, pacemaker, packaging, pickup, poker e pokerino, racket, ranking, rock e derivati, sketch, skilift, skill (+ soft skill e skillato), skipass, skipper, skyline, stick (+ lipstick o sticker), stock (+ stock option), smoke free, smoking, snack, sneaker, speaker (che genera speakerare e speakeraggio), stakeholder, stalker (+ stalking, stalkerare, stalkizzare, stalkerizzare e stalkeraggio), steakhouse, takeaway, talkshow, tank, task force, team work (+ la famiglia work: smart working, network, social network, coworking, work in progress, workgroup, workshop, workstation, sex worker…), ticket e ticketless, tracking, trademark, trekking, videomaker (+ film maker), walkie-talkie, whisky, weekend

Questo elenco di ben oltre 200 parole a base inglese che si appoggiano alla k – da sommare alle altrettante che iniziano con la k – non è affatto esaustivo. Sono solo le parole più comuni, come già sottolineato, e sui dizionari se ne possono trovare altre 3 o 400 meno popolari.

No, non ne uccide più la k che la spada: la vera spada di Damocle è l’inglese

Per i linguisti che affermano di essere descrittivi, e dunque sostengono che una parola come killer sia ormai “italiana” sulla base della sua frequenza e accettazione, davanti a questi numeri non resta che prendere atto che la k non è più lettera straniera, ma è una modalità di mettere per iscritto il suono velare della c, anche se solo fino agli anni Venti del secolo scorso non era così. Questa modalità non si trova più solo nelle parole straniere, che statisticamente sono inglesi con una percentuale schiacciante. Si ritrova anche negli ibridi (linkare, stalkerizzare…) dove è l’inglese a trainare i derivati, e persino in parole come amerikano o kultura scritte a questo modo in modo provocatorio come all’epoca della contestazione degli anni Settanta.

Visto che alcuni linguisti imprigionati nelle loro categorie fatte di pregiudizi mi danno spesso a sproposito del purista, vorrei precisare per l’ennesima volta la mia posizione in proposito. Anche ipotizzando un’improbabile ucronia in cui un esercito di bimbominkia in futuro avrà la meglio, anche se la c velare trascritta con la k diventasse un sistema di scrittura sdoganato e perfettamente lecito, mi pare che scrivere kiave invece di chiave non costituirebbe uno sfaldamento dell’italiano, riguarderebbe solo le norme ortografiche-editorali che – la storia ce lo insegna – produrrebbe un italiano diverso da quello odierno ma pur sempre italiano, esattamente come gli scritti di San Francesco. Poco male insomma, le regole ortografiche sono solo delle convenzioni, possono anche cambiare e questa ipotetica lingua non sarebbe fuori dall’italiano come non lo era il Cantico delle creature.

E allora la presenza della k, da sola, non significa necessariamente uccidere l’italiano, per quello che mi riguarda (il che non significa che ne promuova l’uso).

Lo stesso non si può dire di altri fenomeni: lo sfaldamento della nostra lingua davanti all’interferenza dell’inglese – la vera spada di Damocle della lingua del paese dove il sì suona – è determinato da altri fattori. Per esempio trascrivere la “u” con la doppia (“oo”) come in inglese, pronunciare la “u” “iu” come in computer, il “ch” di chat in modo dolce, la “i” “ai come in design… (cfr. “La S di governance: grammatichetta di itanglese“). E più in generale, abbandonare le nostre parole per quelle inglesi (location, vision, competitor…): questi sì rappresentano uno strappo insanabile con l’italiano storico e si configurano come una newlingua che non si può più definire italiano ma itanglese, perché segue il sound angloamericano invece di quello di Dante.

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Alienazione linguistica e diglossia lessicale


Di Antonio Zoppetti

Provo a a riprendere e sviluppare qualche riflessione esposta in una lezione intitolata “L’italiano e i libri ieri e oggi: l’inglese tra le righe?” che ho tenuto la scorsa settimana presso l’Università di Heidelberg (Istituto Italiano di Cultura di Stoccarda) nell’ambito della XXIV Settimana della lingua italiana nel mondo.

La diglossia storica: il toscano e gli altri volgari

Alla fine del Trecento, in una corrispondenza privata con il toscano Francesco di Marco Datini di Prato, il lombardo Giovanni da Pessano si scusava per non essere un “bon scritore” e per non essere “achostumato” alla scrittura colta [Lorenzo Tomasin, “Sulla percezione medievale dello spazio linguistico romanzo”, in Medioevo romanzo, Dalerno editrice, Roma 2015, XXXIX / 2, p. 280].
A quei tempi, il volgare toscano si stava imponendo in tutta la nostra penisola come lingua colta della scrittura, ed era considerato di maggior prestigio rispetto agli altri volgari, soprattutto quelli del nord che erano percepiti come rozzi. In uno scritto di Dante sui volgari (il De vulgari eloquentia), le parlate di genovesi, milanesi e bergamaschi erano addirittura oggetto di scherno, e anche Machiavelli (nel Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua, 1524 circa) non poteva accomunare l’idioma di Dante alla lingua di “Milano, Vinegia e Romagna, e tutte le bestemmie di Lombardia.”

Nel Cinquecento, in Italia regnava la diglossia, cioè un bilinguismo squilibrato per cui le masse perlopiù si esprimevano nei propri idiomi locali, ma la lingua “superiore” dei libri era diventata il toscano delle tre corone del Trecento (Dante, Petrarca e Boccaccio) elevato a modello grammaticale, o al massimo il fiorentino che era comunque abbastanza vicino a quel canone. Questa frattura è stata sancita da Pietro Bembo, il teorico del purismo che considerava il toscano trecentesco la perfezione. I suoi precetti e la sua grammatica si erano imposti come il modello vincente, orientando anche la nascita dell’accademia della Crusca e del suo vocabolario che legittimava solo il lessico e le varianti ortografiche toscane respingendo invece tutte le voci degli altri volgari, considerate indegne e da purgare.

Da quel momento in poi tutti gli altri volgari regredirono allo stato di “dialetti”, varietà “impure” dell’italiano-toscano elevato a lingua perfetta. E nella nostra storica diglossia, questo toscano prendeva il posto ed era destinato a soppiantare l’altra lingua superiore del passato, il latino della cultura e dei libri, che nei secoli successivi avrebbe perso sempre più terreno nella scienza, nella scuola, nelle leggi e in ogni altro ambito.

Il purismo, pur tra le accesissime polemiche, si impose nell’egemonia culturale con una forza schiacciante. Basta ricordare che il massimo poeta del Cinquecento, Ludovico Ariosto, che non era toscano ma emiliano, per adeguarsi a questi principi riscrisse per ben tre volte il suo Orlando furioso per modificare la sua lingua “impura” e intrisa di settentrionalismi: el diventava il (e in lo/la si trasformava in nello/nella), mentre le x erano riscritte con le s, e le forme verbali venivano uniformate (mostrerò invece di mostrarò o trassero invece di tràrro). In questo modo Ariosto fu incluso nel vocabolario, al contrario di Torquato Tasso, che davanti alle stroncature della Crusca, invece di inchinarsi al canone del toscano e “purgarsi” da solo aveva osato difendere la sua lingua della Gerusalemme liberata e dunque fu il grande escluso che non venne inserito tra gli autori del dizionario. Chi non pubblicava in toscano e non seguiva i precetti dei puristi non solo era biasimato, ma addirittura non veniva pubblicato o considerato.

Su questo sfondo, chi non era toscafono di nascita – dunque in grado di mettere in pratica quei precetti in modo quasi naturale e istintivo – faticava enormemente a scrivere in “italiano”. E davanti alla nuova diglossia a base toscana, invece che latina, l’atteggiamento dei letterati oscillava tra il riconoscimento della superiorità del toscano e il rivendicare invece la dignità degli altri volgari.

Il primo atteggiamento è stato quello vincente.

Il toscano era un buon collante in grado di superare le incomprensioni dialettali delle varie regioni, sin dal Quattrocento ammirato e imitato anche a Milano: Ludovico il Moro apprezzava gli scrittori toscani e guardava alla lingua fiorentina come modello. Aleggiava insomma un certo senso di inferiorità delle altre parlate rispetto ai modelli toscani, e alla fine del Quattrocento, Gaspare Visconti, un poeta alla corte degli Sforza, nella premessa ai suoi componimenti si scusava del suo “non molto polito naturale idioma milanese”, ma il chiedere venia per la propria lingua non toscana è un motivo ricorrente che si trova spesso negli scritti di chi voleva ricorrere al toscano senza che fosse la sua lingua naturale.

L’alienazione del proprio idioma in favore di un altro

Per imparare la lingua superiore, successivamente tra gli scrittori prese piede la consuetudine dei soggiorni toscani, e il veneziano Carlo Goldoni, nel Settecento, considerava fortunatissimo chi era nato a Firenze, perché quella lingua gli risultava spontanea, e consigliava per “un Uomo di lettere, trattenersi per qualche tempo a Firenze ad imparar dalle Balie e dalle Fantesche ciò che altrove si mendica dal Bembo, dal Boccaccio o dalla Crusca medesima.”
Emblema di questa prassi, e di questa difficoltà di apprendere la lingua pura, è il celebre “volli, volli, fortissimamente volli” dell’Alfieri, piemontese di nascita ma che decise di “parlare, udire, pensare e sognare in toscano” e si trasferì a Firenze per meglio padroneggiare “quella doviziosissima ed elegante lingua; prima indispensabile base per bene scriverla” (Vita scritta da esso). Allo stesso tempo l’autore lamentava tutta la difficoltà, per chi non era toscano, di padroneggiare quell’idioma (“Lettera a Ranieri de’ Calzabugi”) scrisse le proverbiali parole:

“Da quel giorno in poi (che fu in giugno del 75) volli, e volli sempre, e fortissimamente volli. Ma dovendo io scrivere in pura lingua toscana, di cui era presso che all’abbiccì, fu d’uopo per primo contravveleno astenermi affatto dalla lettura d’ogni qualunque libro francese, per non iscrivere poi in lingua barbarica: un poco di latino, ed il rimanente d’italiano fu dunque la mia sola lettura d’allora in poi; stante che di greco non so, né d’inglese.”

Era la stessa difficoltà e la stessa soluzione che avrebbe intrapreso il milanese Alessandro Manzoni, che nella tormentata revisione dei Promessi Sposi, si accorse che i dizionari non gli bastavano per toscanizzare nel giusto modo la sua lingua, e alla fine abbandonò quella soluzione per sciacquare i panni in Arno. La lingua delle precedenti stesure del suo capolavoro gli risultava troppo artificiale e libresca, proprio perché si basava sui dizionari, e quelli che aveva utilizzato erano soprattutto il monumentale vocabolario milanese-italiano di Cherubini e quello della cosiddetta “Crusca veronese” di Cesari, il massimo rappresentante del purismo Ottocentesco che aveva dato vita a un dizionario di taglio cruscante benché fosse appunto di Verona.
Ma questo non deve stupire, perché a prevalere nel nostro Paese caratterizzato da un’eterna diglossia è stata la compiaciuta alienazione linguistica. In altre parole, a parte gli scrittori toscani che avevano fatto la storia, i massimi difensori dell’italiano basato sul tosco-fiorentino furono spesso i non toscafoni.

Pietro Bembo era veneziano, ma oltre a imporsi come teorico del purismo fu autore di una grammatica che avrebbe fatto scuola; fu uno stretto collaboratore del tipografo-editore Aldo Manuzio, il più grande stampatore del Cinquecento di tutta l’Europa. Benché Venezia impiegasse il proprio volgare orgogliosamente come lingua ufficiale delle leggi e della cancelleria, che si estendeva anche come lingua-tetto in tutta l’area veneta, i libri nati dal sodalizio Manuzio-Bembo si basarono sulla norma del toscano, dunque contribuirono a diffonderlo e in tutto il Paese e a renderlo il canone della scrittura.

E così è prevalsa l’alienazione linguistica e i più intransigenti difensori del toscano erano spesso non toscani, come Bembo, Cesari, Alfieri e soprattutto come Manzoni.

I sostenitori della dignità delle altre lingue italiche, invece, furono sconfitti. Esisteva una letteratura parallela che si esprimeva in altre parlate, e uno dei più noti e agguerriti sostenitori di queste posizioni fu per esempio il milanese Carlo Porta, che contro il classicista Pietro Giordani (storpiato in “Giavan”) scriveva:

“Dunque senza sapere la lingua toscana non ci può essere morale né civiltà? (…) E noi, zoticoni di Milano, li andiamo a mozzar via senza pietà quelle frattaglie tanto preziose, quelli così fatti che sono il gran merito dell’abate Giavano?”

Accanto a simili posizioni c’erano poi gli scrittori “indifferenti” alla questione della lingua, quelli che scrivevano in modo istintivo senza preoccuparsi della forma, e avevano in mente una lingua che doveva farsi intendere, invece che seguire il purismo. Costoro scrivevano spesso trattati pratici, articoli di giornale, romanzi come quelli di Garibaldi… Ma ancora una volta questi componimenti non erano considerati un modello virtuoso.

Dalla diglossia a base toscana a quella a base inglese

La diglossia per cui il toscano era la lingua della scrittura mentre le masse erano dialettofone si è ricomposta soltanto nella seconda metà del Novecento, quando sono spuntate le prime generazioni italofone anche fuori dalle aree toscane e finalmente l’italiano è diventato una lingua unitaria. Parlare e scrivere hanno trovato la loro convergenza in un’osmosi in cui le differenze tra oralità e scrittura si sono sempre più attenuate in un italiano unitario dove erano confluiti anche altri elementi oltre a quelli tosco-fiorentini che costituivano lo zoccolo duro. Negli anni Sessanta Pasoliniaveva notato che questo nuovo italiano unitario era soprattutto tecnologico e arrivava prevalentemente dai centri industriali del nord, più che dal modello toscano letterario.
Se l’italiano standard nell’Ottocento indicava quello che si insegnava a scuola in opposizione alle varietà dialettofone, superata la diglossia lingua-dialetto il nuovo italiano unificato, nel diventare un nuovo standard inevitabilmente si livellava e alcuni vocaboli o costrutti un tempo considerati popolari e non ammessi nella lingua “alta” sono stati invece accettati non solo nel parlato, ma anche nella scrittura dei giornali, dei contesti istituzionali o universitari. Negli anni Ottanta questo italiano di tutti è stato definito dal linguista Gaetano Berruto come “neostandard” e da Francesco Sabatini come “italiano medio”.

Ma proprio quando sembrava che la diglossia fosse superata, ecco che nel nuovo millennio ne è emersa una nuova: la diglossia che fa dell’inglese la lingua superiore. E davanti alla quale l’italiano regredisce su tutti i fronti.

Se la lingua della scienza, sino al Seicento, era esclusivamente il latino, Galileo Galilei ha spezzato questa prassi fondando la prosa scientifica italiana, e costruendo un modello poi seguito da altri scienziati – da Redi a Vallisneri – che è sopravvissuta fino al Novecento, quando Enrico Fermi e i ragazzi di via Panisperna hanno diffuso un internazionalismo come neutrino.
Se l’italiano-toscano, nei secoli, ha sottratto al latino sempre più ambiti, come la lingua dell’insegnamento e delle leggi, oggi assistiamo alla sua regressione nei confronti dell’inglese, e sempre più atenei stanno puntando all’inglese come la lingua della formazione, con buona pace del diritto allo studio nella propria lingua madre. Intanto, l’inglese prende piede come lingua dell’Ue, benché non esista alcuna carta che sancisca la legittimità di questa prassi. E mentre l’inglese planetario – definito un po’ spregiativamente anche globalese o globish – si allarga in tutto il mondo, stiamo andando verso una nuova diglossia neomedioevale – come l’ha chiamata il linguista tedesco Jürgen Trabant – per cui l’inglese diviene la lingua della cultura alta, e gli idiomi nazionali rischiano di diventare i dialetti di un mondo che pensa e parla in inglese.

Gli anglicismi che penetrano in ogni idioma locale – e l’italiano è una delle lingue più coinvolte dal fenomeno – sono gli effetti collaterali di questa nuova situazione. Il loro numero è tale che in molti ambiti – si pensi all’informatica, all’economia, alle tecno-scienze, al lavoro… – l’italiano è ormai incapace di esprimere certi domini con le proprie parole. E mentre la lingua dei giornali e anche delle istituzioni si riempie di espressioni inglese, l’italiano regredisce, si ibrida e fondamentalmente viene meno lo storico prestigio basato sui suoni dell’italiano-toscano.
Come ai tempi dello sfaldamento del latino nascevano parole costruite sul sonus del latino – per esempio caballus invece di equus – oggi sul modello dell’inglese nascono pseudoanglicismi come footing, smart working, beauty case o baby gang. E se un tempo i non toscafoni cercavano di “toscaneggiare” e di approssimarsi al modello della lingua superiore, oggi si introducono le espressioni inglesi in modo voluto e compiaciuto: il nuovo modello cerca e riproduce i suoni inglesi, poco importa siano ortodossi o reinventati in modo maccheronico. Questo è il nuovo modello linguistico inseguito dalla nuova egemonia culturale, e questo italiano “newstandard” – o itanglese – è caratterizzato dalla sua “diglossia lessicale”. Nell’ambiente di lavoro, per esempio, non si può più usare l’italiano per esprimere certe cose, perché la lingua di prestigio è l’inglese, dunque bisogna usare questa terminologia “alienante” che il settore richiede e allo stesso tempo impone. E così nel mio settore non è più possibile evitare l’alienazione linguistica e parlare per esempio di revisioni editoriali, perché c’è solo l’editing, e sono costretto a presentarmi ai clienti come editor, altrimenti mi guardano male, sono percepito come un non addetto ai lavori che non sta usando la lingua che identifica il settore da un punto di vista sociolinguistico.

E chi non adegua il suo linguaggio, come aveva fatto Ariosto, viene fatto fuori come è accaduto a Tasso.

#anglicismiNellItaliano #inglese #interferenzaLinguistica #itanglese #linguaItaliana #paroleInglesiNellItaliano #storiaDegliAnglicismi #storiaDellaLinguaItaliana


in reply to emama 🦉

@emama Ciao, e grazie, ma non saprei come aiutarti… se intendevi twittare o condividere su qualche posto simile. A dire il vero non presiedo le piattaforme sociali e mi limito a scrivere qui senza preoccuparmi dei rilanci e delle strategie di maggiore visibilità, sono uno di nicchia, e chi mi legge mi legge 🙂
in reply to Diciamolo in italiano

grazie, intendevo proprio qui dove il limite é di 500 battute. Ho visto che il tuo testo va molto oltre quel limite e mi chiedevo come è possibile farlo.

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referendario fallimento, lo schifo è dunque certificato!


La situazione con questo giro di referendum è realmente peggio del previsto, temo: 22% di affluenza a livello nazionale con ieri, porca di quella lurida (ed eviterò di fare commenti su specifiche regioni, altrimenti già vedo arrivare le accuse di nazionalismo regionale, scusate se devo sempre trovare un modo di piazzarmi come superiore agli altri per sentirmi basata). In teoriiia non è ancora detta l’ultima parola, perché le votazioni si chiudono solo tra un’ora e un quarto, ma francamente non prendiamoci in giro: chi cazzo è che non vota la domenica, ma poi va a votare il lunedì, giorno in cui universalmente o si lavora o si marcisce? 🥴
quifinanza.it:Regione Ore 12:00 Ore 19:00 Ore 23:00 (chiusura)Abruzzo 20,3% 25,7% 28,2%Basilicata 19,8% 24,1% 26,5%Calabria 10,9% 15,7% 16,23%Campania 18,5% 23,9% 25,1%Emilia-Romagna 10,9% 18,6% 28,85%Friuli Venezia Giulia 11,2% 17,5% 23,0%Lazio 12,8% 19,3% 22,6%Liguria 13,5% 21,0% 24,7%Lombardia 11,7% 20,5% 24,3%Marche 12,0% 18,9% 23,8%Molise 15,3% 18,0% 18,90%Piemonte 12,6% 20,8% 27,13%Puglia 12,3% 19,7% 24,0%Sardegna 11,9% 17,1% 20,2%Sicilia 8,5% 12,4% 16,50%Toscana 13,9% 22,4% 29,99%Trentino-Alto Adige 7,2% 11,8% 16,10%Umbria 10,4% 15,3% 21,4%Valle d’Aosta 9,8% 14,6% 20,5%Veneto 11,6% 17,7% 19,90%Italia (nazionale) 7,40% 16,16% 22,73%
Siamo un paese di sbandati qui, di gente che o si sabota da sola o non aiuta chi sta peggio, non ci sono vie di mezzo. Mio padre mi ha detto che ieri mattina per strada ha visto una vecchia ignorante, mentre discuteva con un signore che tentava di farla ragionare (temo invano), che diceva che non sarebbe andata a votare perché è “contro gli immigrati“… sorvolando sui vari assunti dietro questa idea, che non approfondirò qui ed ora, praticamente questa ignorava che c’erano altri 4 fottuti quesiti riguardanti il lavoro, e che in ogni caso si può votare No oltre che Sì! E poi, ancora peggio, c’è gente che non va a votare perché si preoccupa di far male a gente che sta meglio di sé… cose di un altro pianeta. 😭

Ad ogni modo, dopo aver esercitato questa mia supremazia democratica che anche stavolta si rivelerà del tutto invana, riflettevo sul fatto che la mia tessera elettorale sembra un poco triste… perché ho votato a tutto quello che potevo votare da quando l’ho ottenuta (fanculo l’astensione, se non si fosse già capito; e per quanto mi riguarda, fanculo il quorum, che serve solo a far si che i referendum siano letteralmente inutili… ci rendiamo conto che neppure il brainrot è stato abbastanza a far si che si raggiungesse?), ma nonostante ciò sono comunque solo 4 caselle. Solo 4 caselle in 3 anni significa che di democrazia in Italia se ne fa poca e niente… e sicuramente anche questo è un fattore che porta al disinteresse e quindi all’astensione. (A parte il fatto che oh, ne avessi uno di timbro dritto e/o non sciupato, e che cazzo, sta scheda è proprio brutta da vedere dentro!) 💩
[...], [08/06/2025 23:49]Mi raccomando domani a votare💖💣, [08/06/2025 23:53][...] non si può votare 2 volte.[...], [08/06/2025 23:58]E tutti oggi a votare sono stati?💖💣, [09/06/2025 00:09]no 💔💖💣, [09/06/2025 00:09]io si xo 🥰💖💣, [09/06/2025 00:11]go do💖💣, [09/06/2025 00:13]mini stero del in terno 🙏
#democrazia #Italia #referendum #voto


“QUESITINI REFERENDINI”

t.me/c/1376264140/13766t.me/bestimeline/32843@il.calamaro.pazzo@tiktok.com
Ave, creature mortali che, idealmente, esercitano il proprio cazzo di potere democratico — il quale, come ci ricorda giustamente la nonna o la maestra, “i nostri avi hanno combattuto per regalarci”… stavolta NON vengo in pace. Perché i messaggi importanti è bene che passino, e con le buone maniere puntualmente non passano mai, quindi bisogna usare le armi pesanti, quelle quasi bandite dalle nazioni unite: il #brainrot italiano usato per spiegare concetti necessari. 💩

Come questo video giustamente ricorda a tutti noi maggiorenni di cittadinanza italiana, l’8 e il 9 giugno — precisamente tra 5 settimane, quindi non troppo tempo quanto parrebbe detto altrimenti — si voterà per 5 fottuti quesiti referendari (con Sì se si è d’accordo, No altrimenti); in breve, uno per ridurre i tempi di ottenimento della stracazzo di cittadinanza italiana per gli stranieri, da 10 a 5 anni, e gli altri quattro per garantire maggiori diritti agli strafottuti lavoratori. Trattandosi di un referendum abrogativo, perché i quesiti passino è necessario il raggiungimento del fottuto quorum; ossia, il 50%+1 degli aventi diritto al voto… 👹

Per cui, detto che già è molto grave se state scoprendo dell’esistenza di questo #referendum in programma da un fottuto #meme brainrot, come purtroppo sembra sia il caso per diversa gente (mentre io lo sapevo da tempo, perché il fatto che si voti l’8 vuol dire che la scuola finisce qualche giorno prima, per chi la ha come sede elettorale… il che è in realtà molto strano, visto che io a scuola non ci vado più da 2 anni)… Beh, informatevi, e dunque andate a mettere il vostro cazzo di voto sul foglio, se non avete impedimenti, perché chi mai troppa non rattrippa! 😾

#brainrot #meme #referendum


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smoke signals / nerduban. 1968 [full album • double lp • analog psych noir rock]


youtube.com/embed/rKs31shGbM0?…

Unearthed from a forgotten reel-to-reel tape labeled “Nerduban – Violet Lantern Sessions.”

This 30-track double LP was tracked in Spring 1968 at The Violet Lantern Club, South Side Chicago — a nocturnal journey of analog tremolo guitars, swirling Farfisa organs, brushed snares, modal jazz fragments, and hypnotic noir psychedelia. -Captured straight to mono tape — no edits, no overdubs. -All bleed, hiss, and hum left intact. -Restored carefully from decayed tape and analog drift. – Let the echo pull you in.
Double LP – Reel-to-Reel Archive Edition

🎵 FULL TRACKLIST:

  • REEL A – Side One

00:00:00 — 1. Signal in the Dust
00:02:22 — 2. The Light Stays On
00:07:02 — 3. Down from the Rooftop
00:11:54 — 4. She Spoke in Tremolo
00:15:54 — 5. Only the Drums Remember
00:19:43 — 6. Room Full of Nothing
00:23:27 — 7. Half a Cigarette
00:27:20 — 8. Ash on the Snare

  • REEL A – Side Two

00:30:03 — 9. Ceiling Fan Waltz
00:33:17 — 10. Farfisa Lullaby
00:36:52 — 11. The Back Door Swings
00:40:01 — 12. No One Said Goodbye
00:43:09 — 13. Velour Transmission 00:45:42 — 14. Crying Through the Spring Tank
00:48:31 — 15. Don’t Wake the Light

  • REEL B – Side Three

00:51:20 — 16. Dust Tape Bloom
00:57:00 — 17. Violet Matches
00:59:44 — 18. Flicker Hour
01:04:14 — 19. Echo Static Love Song
01:07:03 — 20. Ashtray Weather
01:10:43 — 21. Mirage in 7/4
01:15:58 — 22. Midnight Is a Window
01:20:02 — 23. Farfisa of Babylon

  • REEL B – Side Four

01:23:52 — 24. Ghosts Hum in B Minor
01:28:12 — 25. She Left Before the Downbeat
01:32:29 — 26. Tape Deck Gospel
01:36:14 — 27. No Key, Just Room Tone
01:40:44 — 28. Amp Sleeps with One Eye Open
01:44:58 — 29. Last Call at the Violet Lantern
01:48:23 — 30. Smoke Signals (Title Track)

——Recorded: Spring 1968. Location: The Violet Lantern Club, South Side Chicago 🛠️ Format: Mono • Tape-Saturated • Raw Analog Mix. Restored by: Nerduban Archive Circle

LINER NOTES: From the inner sleeve of the 1968 Violet Lantern pressing: “Nerduban never played for the crowd. They played for the shadows in the room.”

Recorded in the spring of 1968 inside the dim-lit rehearsal chamber of Chicago’s Violet Lantern Club, Smoke Signals captures a moment that feels both ancient and eerily current. This isn’t music made for the radio, but for the tape deck of a forgotten basement — where echo swirls, tremolo pulses, and stories never find their endings. Every hiss you hear is real. Every amp buzz, every tape drift, every ghost in the left channel — it all stayed. No edits. No second takes. This was Nerduban at their most honest: ambient, abstract, moody, raw. With analog equipment humming just past the point of breakdown, they mapped out a noir-psychedelic terrain that sways between modal jazz and smoke-drenched rock séance. You don’t listen to this record — you drift through it. — W. K. HEINGART Archivist & Engineer Nerduban Archive Circle, 2025

#PsychedelicRock #NoirRock #1960sRock #AnalogTape #Nerduban #SmokeSignals1968 #LostAlbum #FarfisaOrgan #TremoloGuitar #MonoMix #ReelToReel

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‘ahida’ online: più informazioni


ahida

«… che quando non
si vede più

torna»

ahida è uno spazio comune dove si riconoscono delle intelligenze unite nella differenza.

La sua ricchezza è lo squilibrio delle esperienze di tali intelligenze.
Tutto quanto sapranno esprimere potrà quindi essere diluito, frantumato e ricomposto dal confronto soggettivo.

Progetto grafico: Andrea Wöhr e H.Peter Vogel
Webmaster progettazione sito: Jelena Hadzi-Nicolic
Segreteria redazionale: Alessia Pontoriero
Partecipazione redazionale: officinamultimediale
Coordinamento editoriale: Sergio Bianchi
Iconografia: Sergio Bianchi e Roberto Gelini

La rivista è strutturata in tre macroaree tematiche: «forme del dominio»; «nuovi calendari»; «remember».
Da ogni macroarea discendono dei «comparti» che ne sono le articolazioni.
Ogni «comparto» ha un proprio curatore che organizza attorno a sé una miniredazione della quale è responsabile. I comparti fin qui strutturati sono solo alcuni di quelli in progettazione. Una segreteria redazionale e un coordinamento editoriale garantiranno la programmazione delle pubblicazioni, che si prevedono almeno una al giorno dal lunedì al venerdì di ogni settimana.

La segreteria redazionale gestisce i «social» della rivista e la newsletter settimanale.

Partecipano, per ora:

Anania ● Behind Bars ● Berra ● Bianchi ● Bocca Gelsi ● Brass ● Caizzi ● Cillo ● Collettiva Interzona ● Corleone ● Costa ● Erba ● D’Amico ● De Simone ● Farina ● Galasso ● Gandini ● Gelini ● Gibertini ● Giovenale ● Manganelli ● Milieu edizioni ● Molho ● Monteleone ● Moroni ● Pancino ● Pasquini ● Pontoriero ● Prieto del Campo ● Quadruppani ● Rinalduzzi ● Silvestri ● Sommariva ● Spagnul ● Steccanella ● Tripodi ● Trotta ● Vanerio ● Varzi ● Violante ● Zenoni

Potete iscrivervi alla newsletter nell’apposito form del sito www.ahidaonline.com e
mandare le vostre osservazioni a: redazioneahida@gmail.com

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oggi, 9 giugno, alle 21 @ ‘la finestra di antonio syxty’: mario corticelli, “libro della natura e del continuo” (déclic edizioni)


l’incontro si svolge sui canali:
youtube = youtube.com/@MTMTeatroMilano/s…
e facebook = facebook.com/lafinestradianton…

il libro: declicedizioni.it/prodotto/lib…

(il link/embedding youtube sarà presente anche qui su slowforward alle 21, e la diretta si potrà seguire qui, dunque, per chi lo desidera)

#AntonioFrancescoPerozzi #déclic #LaFinestraDiAntonioSyxty #LibroDellaNaturaEDelContinuo #MarioCorticelli #MTM #MTMManifattureTeatraliMilanesi #presentazione #ProsaInProsa #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #video

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Sorelle vi crediamo. I difficili percorsi di chi denuncia la violenza sessuale


Riceviamo e pubblichiamo questo intervento delle attiviste e degli attivisti di Consultorio Mi Cuerpo Es Mio e Non una di meno Catania

“Se non c’è dissenso, non c’è violenza” questa una delle frasi utilizzate e scritte sui giornali per spiegare il perché dell’assoluzione di un docente del Policlinico di Catania dall’accusa di molestie sessuali.

Non è più possibile […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/06/09/sore…

#MiCuerpoEsMio #NonUnaDiMeno #TribunaleDiCatania #violenzaSulleDonne

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10 years old, shot in the head by an israeli quadcopter drone while she was playing in her tent


video.wordpress.com/embed/0Cs9…

10 years old Mays Abdel-Aal, shot in the head by an israeli quadcopter drone while she was playing in her tent

src: instagram.com/reel/DKkfNtbOSLU…

9 jun. 2025

*

and:

israel injures children in tents attacks
instagram.com/reel/DKlwyJYIn1w… + instagram.com/reel/DKo4UXUgkIj…

*

#Gaza #genocide #genocidio #Palestine #Palestina #warcrimes #sionismo #zionism #starvingpeople #starvingcivilians #iof #idf #colonialism #sionisti #izrahell #israelterroriststate #invasion #israelcriminalstate #israelestatocriminale #children #bambini #massacri #deportazione #concentramento #MaysAbdulAal

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dura presa di posizione della sidi sui crimini israeliani


da repubblica.it/politica/2025/06…

Dal convegno dei giuristi a Padova la richiesta di sospendere accordi con enti israeliani che contribuiscono al mantenimento dell’occupazione nei Territori palestinesi.

#Gaza #genocide #genocidio #Palestine #Palestina #warcrimes #sionismo #zionism #starvingpeople #starvingcivilians #iof #idf #colonialism #sionisti #izrahell #israelterroriststate #invasion #israelcriminalstate #israelestatocriminale #children #bambini #massacri #deportazione #concentramento #sidi #SIDI #Repubblica

#bambini #children #colonialism #concentramento #deportazione #Gaza #genocide #genocidio #IDF #invasion #IOF #israelcriminalstate #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #LaRepubblica #massacri #Palestina #Palestine #Repubblica #SIDI #sionismo #sionisti #SocietàItalianaDiDirittoInternazionale #starvingcivilians #starvingpeople #warcrimes #zionism


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Ben Askren in gravi condizioni


Ben Askren, ex stella della UFC, leggenda della lotta freestyle nonchè attore in 2 dei più grandi WTF moment della storia (prima la bulldog choke ai danni di Robbie Lawler e poi il Ko brutale subito per mano di Masvidal in 5 secondi) è stato ricoverato in

Ben Askren, ex stella della UFC, leggenda della lotta freestyle nonchè attore in 2 dei più grandi WTF moment della storia (prima la bulldog choke ai danni di Robbie Lawler e poi il Ko brutale subito per mano di Masvidal in 5 secondi) è stato ricoverato in ospedale a causa di una grave forma di polmonite sopraggiunta a seguito di una infezione.

Secondo quanto riportato dalla moglie Amy su Facebook, Askren al momento non è in grado di rispondere a nulla. La famiglia ha chiesto preghiere e rispetto per la privacy dei figli.

Askren, 40 anni, si era ritirato dalle MMA nel 2019 ma aveva combattuto in un match di boxe contro Jake Paul nel 2021. Considerato uno dei più grandi lottatori amatoriali statunitensi, è ancora attivo nella comunità della lotta e recentemente ha collaborato con Hulk Hogan’s Real American Freestyle.

Questa voce è stata modificata (2 giorni fa)

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oggi, 8 giugno: prima o dopo aver votato, tutti al “bertani dai!” (via a. bertani, roma)


Bertani Dai! 2025 – Ventesima edizione.
Domenica 8 Giugno in via Bertani:

La strada di Trastevere si anima e si apre al quartiere e alla città con Teatro, Musica, Laboratori, Mostre, Live painting, Mercatini e tanto altro! Tutto all’aperto, e gratuito dalla mattina alla sera!

Per un giorno ci facciamo trascinare dai venti, sarà un edizione speciale: insieme festeggiamo la XX edizione,
Come sempre in via Agostino Bertani.

Dalle 10 di mattina, fino alle 22:30 !

*

n.b.: via Bertani è la sede primaria di Tic & TIC Edizioni, e all’angolo con piazza San Cosimato c’è anche il megastore di Tic: accorrete, accorriamo in massa.

(Se siete fortunati potete anche trovare da Tic una copia gratuita de ‘La scuola delle cose’, fascicolo monografico dedicato alla scrittura di ricerca)

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Convegno “DL Sicurezza: contro le spinte autoritarie, questioni di costituzionalità e tutela dei diritti umani” a Padova 21 giugno 2025 – Presentazione con l’Avv. Roberto Lamacchia


Il presidente dell’Associazione Nazionale Giuristi Democratici illustra le motivazioni dell’iniziativa volta a rafforzare la battaglia contro il Decreto, omai Legge Sicurezza

Il presidente dell’Associazione Nazionale Giuristi Democratici illustra le motivazioni dell’iniziativa volta a rafforzare la battaglia contro il Decreto, ormai Legge Sicurezza.

Il Convegno promosso da Associazione Nazionale Giuristi Democratici e il Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca”, Università di Padova vuole rappresentare l’occasione di una significativa discussione per approfondire gli aspetti di incostituzionalità in generale dell’intero impianto del decreto e anche dei singoli articoli.

Presentazione dell’Avvocato Roberto Lamacchia.

“Già il Disegno di Legge 1660 ci aveva molto preoccupato per alcuni aspetti che ci parevano anticostituzionali. Poi c’è stata l’incredibile accelerazione che ha portato alla trasformazione del Disegno di Legge in Decreto Legge e su questo c’è un primo punto su cui invitiamo tutti a ragionare e cioè la incostituzionalità di questo Decreto Legge per la mancanza di quei requisiti di necessità ed urgenza, previsti dall’articolo 77 della Costituzione. Si è trattato di una vera e propria umiliazione del Parlamento che non può e non deve essere fatta passare sotto silenzio. Da un Disegno di Legge che il parlamento avrebbe dovuto/potuto modificare nelle sue parti più critiche siamo arrivati a qualcosa che è diventato immediatamente Legge visto che naturalmente l’approvazione da parte del Parlamento è ormai perfettamente pacifica perchè tutte le volte il Governo pone il voto di fiducia. E’ automatico che ciò che il governo ha deciso con il suo decreto diventi legge.

Come succede sovente questo decreto mescola insieme cose diverse, assolutamente non collegabili tra di loro. Un difetto che attiene alla capacità di legiferare del governo e del parlamento.

Nel merito penso che si debba rilevare come l’intero impianto sia caratterizzato da una visione pan penalistica che trasforma tutte le ragioni, i motivi di dissenso della società in reato e come tale sottoponibile a sanzioni penali.

La mancanza della volontà, della capacità di accettare il dialogo con il dissenso e combatterlo attraverso una franca discussione è stato accantonata questa possibilità e la si è trasformata in nuovi reati o inasprimenti di pene.

L’aumento di pene non ha mai portato maggiore sicurezza ai cittadini. Questo direi che è un dato assolutamente scontato.

Se a questo si aggiunge che sono stati inseriti quattordici nuovi reati più inasprimenti di pena per almeno altri nove reati, questo è in qualche misura in totale contrasto con le parole del Ministro Nordio. Nordio dice che la colpa del sovraffollamento carcerario è dei magistrati. E’ evidente che nel momento in cui si introducono nuovi reati qualcuno, qualche cittadino bene o male finirà nelle grinfie della giustizia e quindi andrà a contribuire al sovraffollamento carcerario. Questo è un dato che caratterizza tutto l’impianto del decreto di legge.

Credo che sia opportuno affrontare in sede di discussione, di dialogo tutti i singoli problemi legati ai casi specifici, entrando nel merito delle disposizioni. C’è solo da fare una scelta perché sono talmente tanti i punti discutibili, controversi e a nostro giudizio incostituzionali che si occuperebbe un intero volume se si volesse entrare nel merito.

Abbiamo pensato di affrontare questo discorso attraverso un impegno unitario di accademia, avvocati e magistrati che dovrebbe cominciare attraverso questo incontro proposto per il 21 giugno a Padova.

Verranno affrontate nella mattinata le questioni di incostituzionalità legate alle singole norme e nel pomeriggio gli avvocati, che sono maggiormente interessati sotto questo profilo, discuteranno della preparazione di istanze di legittimità costituzionale che potrebbero essere diffuse in tutta Italia e presentate nel momento in ciò serva, cioè all’interno del singolo processo.

Ci sono tantissimi aspetti su cui discutere. Ne cito alcuni.

Forse il più evidente, che potrà portare immediate conseguenze negative, è quello della trasformazione in reato del blocco stradale, fatto tra l’altro con una serie di assurdità, tipo quella di inserire nei reati il blocco stradale anche quello fatto dal singolo cittadino, quindi il singolo cittadino con il proprio corpo potrà essere punito se questo corpo ha in qualche modo disturbato, intralciato, impedito la circolazione. E’ vero che avrà una pena ridotta rispetto al blocco stradale fatto da una collettività, da una comunità, però è sempre come minimo ridicolo avere messo una norma di questo genere.

Altro tema è quello dell’occupazione delle case, che già oggi è previsto come reato, non sono delle novità assolute, la novità assoluta è l’inasprimento delle pene che porta a impedire qualunque tentativo di apportare una soluzione al drammatico problema abitativo della casa.

C’è poi una evidente intenzione di combattere il dissenso attraverso lo strumento penale. Se si vede l’inasprimento delle pene previsto per la resistenza e violenza a pubblico ufficiale, che viene aggravata qualora la resistenza e violenza sia commessa proprio nei confronti del pubblico ufficiale, ma mi chiedo nei confronti di chi altro potrebbe essere commessa. Il suo risultato è che comunque ci sarà un inasprimento di pene che sono già estremamente elevate.

Un tentativo che ho definito una sorte di ballon d’essai è quello che hanno introdotto i legislatori inserendo l’istituto della resistenza passiva nel nostro codice. In pratica giurisprudenza, accademia, tutti hanno sempre ritenuto che la resistenza passiva non costituisse reato. Oggi si prova ad inserire questo concetto all’interno di una situazione particolare, cioè quella del carcere e anche dei CPR. Chi all’interno di questi luoghi di detenzione rifiuta di obbedire all’ordine dell’autorità, quindi del secondino, insomma di chi gli detta un determinato ordine tipo quello di rientrare in cella, si siede per terra per protesta nei confronti di questa richiesta, automaticamente commette reato di resistenza con le pene che abbiamo detto che per il 337, che vanno da 6 mesi a 5 anni, ma che poi viene aggravato dal fatto che è commesso nei confronti del pubblico ufficiale.

Per continuare in questa veloce segnalazione c’è il problema delle donne incinte che tornano ad essere incarcerabili. Questo ci fa ricordare tutta una serie di film del passato con Sofia Loren che continuava ad avere gravidanze onde evitare il carcere. Il problema è che un tema di questo genere non può certo essere affrontato con lo strumento carcerario così come è stato individuato.

Ci sono un paio di altre piccole cose, che tanto piccole non sono, che voglio citare.

Una è quella delle carte telefoniche per il cittadino extracomunitario. Nel disegno di legge si prevedeva che fossero concesse solo a seguito di presentazione del permesso di soggiorno, a seguito di pressioni da parte del Presidente della Repubblica, almeno così ritengo, si è un pochino modificato e ammorbidito questo concetto per cui la carta telefonica viene concessa dietro presentazione di un qualunque documento di identità, ma noi sappiamo che sovente il cittadino extracomunitario non ha nessun documento di identità.

L’ultimo punto che mi piace citare è quello che riguarda le forze dell’ordine a cui viene oggi consentito il porto di una pistola diversa dalla pistola di ordinanza anche nella vita quotidiana al di fuori dell’esercizio delle funzioni di pubblico ufficiale.

Questo francamente insieme con l’incremento dei poteri dei servizi segreti che possono acquisire notizie e informazioni anche dagli istituti pubblici, porta a dei timori concreti circa lo stato della democrazia in Italia.

Abbiamo ritenuto che indispensabile fosse tentare di porre subito un argine all’entrata in vigore di questo Decreto legge attraverso la predisposizione in maniera coordinata, preparata, approfondita di strumenti che vadano a metterne in discussione almeno alcuni aspetti o addirittura, come dicevo prima, l’intero impianto qualora venga rilevata una incostituzionalità per la mancanza di quei requisiti di necessità ed urgenza.”

Padova 21 giugno 2025Convegno “DL Sicurezza: contro le spinte autoritarie, questioni di costituzionalità e tutela dei diritti umani”

Programma

  • 9:00-9.30
    Apertura dei lavori e saluti introduttivi

Marco Mascia, Presidente delCentro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca”, Università di Padova

Roberto Lamacchia e Aurora d’Agostino, Co-Presidenti dell’Associazione Giuristi Democratici

  • 9:30-13:00

Coordina: Paola Degani, Centro di Ateneo per i Diritti Umani, Università di Padova

Intervengono

Alessandra Algostino, Università di Torino

Fabio Corvaja, Università di Padova

Antonello Ciervo, Unitelma, Sapienza Università di Roma

Paolo De Stefani, Università di Padova

Antonio Cavaliere, Università di Napoli

Gian Luigi Gatta, Università Statale di Milano

Chiara Pigato, Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione – ASGI

Evento in fase di accreditamento

  • 13.00 – 14.00

Pausa pranzo

  • 14:00 – 16.30

Tavola Rotonda

Confronto operativo su possibili strategie di contrasto alla normativa

Per partecipare è necessaria l’iscrizione al link.


Padova 21 giugno 2025 – Convegno DL Sicurezza: contro le spinte autoritarie, questioni di costituzionalità e tutela dei diritti umani


Promosso da Associazione Nazionale Giuristi Democratici e Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca”, Università di Padova.

Programma

  • 9:00-9.30
    Apertura dei lavori e saluti introduttivi

Marco Mascia, Presidente delCentro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca”, Università di Padova

Roberto Lamacchia e Aurora d’Agostino, Co-Presidenti dell’Associazione Giuristi Democratici

  • 9:30-13:00

Coordina: Paola Degani, Centro di Ateneo per i Diritti Umani, Università di Padova

Intervengono

Alessandra Algostino, Università di Torino

Fabio Corvaja, Università di Padova

Antonello Ciervo, Unitelma, Sapienza Università di Roma

Paolo De Stefani, Università di Padova

Antonio Cavaliere, Università di Napoli

Gian Luigi Gatta, Università Statale di Milano

Chiara Pigato, Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione – ASGI

Evento in fase di accreditamento

  • 13.00 – 14.00

Pausa pranzo

  • 14:00 – 16.30

Tavola Rotonda

Confronto operativo su possibili strategie di contrasto alla normativa

Per partecipare è necessaria l’iscrizione al seguente link: forms.gle/Ag5Z2nVQLQ9z13HD6


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9 giugno, h. 21 @ ‘la finestra di antonio syxty’: mario corticelli, “libro della natura e del continuo” (déclic edizioni)


l’incontro si svolge sui canali:
youtube = youtube.com/@MTMTeatroMilano/s…
e facebook = facebook.com/lafinestradianton…

il libro: declicedizioni.it/prodotto/lib…

#AntonioFrancescoPerozzi #déclic #LaFinestraDiAntonioSyxty #LibroDellaNaturaEDelContinuo #MarioCorticelli #MTM #MTMManifattureTeatraliMilanesi #presentazione #ProsaInProsa #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #video

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Referendum 2025, cinque sì ai diritti


C’è chi andrà al mare e chi andrà al seggio ma non prenderà la scheda, noi andremo a votare e scriveremo cinque Sì.

Ringraziamo Alessio Atrei per la vignetta e vi proponiamo di leggere anche

Referendum, Sì al quarto quesito per una maggiore sicurezza sul lavoro

e Rederendum, informarsi, partecipare, votare

Leggi il resto: argocatania.it/2025/06/08/refe…

#cittadinanza #lavoro #Referendum

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18 giugno, roma, angelo mai: omaggio a remo remotti


.

#AngeloMai #letture #omaggio #RemoRemotti

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infografiche pazzerellanti per il referendum 8-9 giugno 2025


Non dico che vado a dormire ora, perché sarebbe se va bene una battuta riciclata, e se va male una bugia… però, comunque, prima che si aprano i seggi domani (e intendo domani pratico, non domani legale, che altrimenti sarebbe lunedì), ecco due infografiche trovate per caso sui referendum di questa estate, che già si prospetta più calda di tutte le passate (e questo ovviamente non centra niente con l’esercitazione del nostro potere democratico, ma lasciam stare). 😤
Referendum 2025Le posizioni dei partiti italianit.me/c/1246390401/25579ReferendumQuesto, Se vince il Sì, Se vince il No/Astensionet.me/diskarica/27979
E con questo, siamo proprio al top… chiaro e semplice — a dir poco inusuale per me, ma ha senso, visto che in questo caso sto solo rubando i post di qualcun altro, e non scrivendo io. Stavolta penso che mi risparmio anche la fatica di dire cosa votare, perché se il vostro livello di marciume cerebrale è abbastanza basso da sopportare questo mio blog allora penso che sappiate ragionare con la vostra testa… vi dico solamente di fare molta attenzione ai porci e alle fake news. 👌

#2025 #infografica #infographics #referendum #referendum2025 #votazione

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stato bombarolo? di nuovo? stavolta grazie al decreto “sicurezza”


questo frammento è tratto da un articolo del noto quotidiano anarchico “il Sole24ore”: ilsole24ore.com/art/ddl-sicure…

#bombe #decretoSicurezza #dlSicurezza_ #dl1660 #dl1660 #ilSole24ore #servizi #serviziSegreti #stragi #terrorismo

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Quella della “cittadinanza” è una questione che risale davvero alla notte dei tempi. Basti pensare che solo nel 49 avanti cristo gli abitanti delle regioni nel nord della penisola italiana ebbero riconosciuto per legge il diritto di considerarsi “cittadini romani”. E nel corso di questi duemila anni le leggi sulla cittadinanza sono cambiate secondo gli interessi delle élites al […]

pepsy.noblogs.org/2025/06/07/n…


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8 giugno: prima o dopo aver votato, tutti al “bertani dai!” (via a. bertani, roma)


Bertani Dai! 2025 – Ventesima edizione.
Domenica 8 Giugno in via Bertani:

La strada di Trastevere si anima e si apre al quartiere e alla città con Teatro, Musica, Laboratori, Mostre, Live painting, Mercatini e tanto altro! Tutto all’aperto, e gratuito dalla mattina alla sera!

Per un giorno ci faremo trascinare dai venti, sarà un edizione speciale e insieme festeggeremo la XX edizione,
Come sempre in via Agostino Bertani.

Dalle 10 di mattina, fino alle 22:30 !

*

n.b.: via Bertani è la sede primaria di Tic & TIC Edizioni, e all’angolo con piazza San Cosimato c’è anche il megastore di Tic: accorrete, accorriamo in massa

#attività #BertaniDai #BertaniDay #laboratori #livePainting #mercatini #mostre #musicA_ #teatro #Tic #TicEdizioni

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it’s a flux – THE flux – and it’s fragmented & scattered around via several social media platforms. it’s made of glitch and asemic works, memetic pieces, screenshots, movie scenes, abstract stuff, political statements, conceptual scores, reblogs and quotes etc etc, and this long line you’ve just read is its title


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(differx)

#abstractStuff #asemicWorks #conceptualScores #differx #flux #fluxus #glitch #memeticPieces #movieScenes #politicalStatements #quotes #reblogs #screenshots

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Il golfo di La Spezia visto dal sentiero, a picco sul mare, che da Montemarcello raggiunge Tellaro.

Nell'articolo pubblicato, oltre ad altre foto, ho inserito la traccia GPS del percorso.
bertagna.it/da-montemarcello-a…


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Nasce UFC BJJ – Cosa succederà poi?


È ufficiale: nasce UFC BRAZILIAN JIU-JITSU, la nuova serie di eventi dal vivo interamente dedicata al BJJ, firmata Ultimate Fighting Championship. Il debutto è fissato per mercoledì 25 giugno durante l’UFC International Fight Week, con l’evento inaugurale

È ufficiale: nasce UFC BRAZILIAN JIU-JITSU, la nuova serie di eventi dal vivo interamente dedicata al BJJ, firmata Ultimate Fighting Championship. Il debutto è fissato per mercoledì 25 giugno durante l’UFC International Fight Week, con l’evento inaugurale UFC BRAZILIAN JIU-JITSU 1 trasmesso in diretta esclusiva su UFC Fight Pass.

Tre titoli in palio per la serata: bantamweight (135 lbs.), lightweight (155 lbs.) e welterweight (170 lbs.). Tre nuove cinture. Tre primi campioni da incoronare.

La notizia non è stato proprio un fulmine a ciel sereno dato che Craig Jones ha addirittura ricucito i rapporti con FloGrappling


Road to the Title: la miniserie che prepara il terreno


youtube.com/watch?v=rP_xuu4JWP…

In vista dell’evento, UFC lancia una serie in otto episodi:
UFC BRAZILIAN JIU-JITSU: Road to the Title, online gratuitamente su YouTube a partire da lunedì 16 giugno, ogni giorno alle 18:00 italiane (12 p.m. ET / 9 a.m. PT).

Otto episodi. Due team. Una corsa alla cintura nelle categorie lightweight e welterweight.

A guidare gli atleti:

  • Mikey Musumeci, più volte campione del mondo, volto simbolo del BJJ moderno;
  • Rerisson Gabriel, giovane talento in rapida ascesa.

Il formato è quello classico da torneo: bracket ad eliminazione, semifinali, e i due migliori di ogni divisione si sfideranno nell’evento UFC BRAZILIAN JIU-JITSU 1 per il titolo.


Il main event? È Musumeci vs Gabriel


Sì, proprio loro: i due coach.
Mikey Musumeci e Rerisson Gabriel chiuderanno la serata con un match valido per la cintura bantamweight.
Un confronto generazionale tra chi ha già riscritto il gioco… e chi vuole prendersi tutto.


Gli atleti in gara


Lightweight Division:

  • Keith Krikorian
  • Gianni Grippo
  • Kyvann Gonzalez
  • Carlos Henrique
  • Danilo Moreira
  • Mauricio Rios
  • Isaac Doederlein
  • Josh Cisneros

Welterweight Division:

  • Andrew Tackett
  • Jason Nolf
  • Andy Varela
  • Davis Asare
  • Elijah Carlton
  • Aaron Wilson
  • Austin Oranday
  • Nathan Haddad

Un nuovo standard per il Brazilian Jiu-Jitsu competitivo


Secondo Dana White, presidente e CEO di UFC:

“Sono entrato nelle MMA attraverso il Brazilian Jiu-Jitsu. È una delle basi vere delle arti marziali. Gli atleti e il livello competitivo di questa lega porteranno il BJJ a un pubblico più ampio. È tempo che diventi sport mainstream.”


Anche Claudia Gadelha, a capo della strategia UFC per il Jiu-Jitsu, non ha dubbi:

“Con il nostro regolamento, i nostri atleti e la forza promozionale di UFC, questa serie diventerà il punto di riferimento globale per i fan.”

Format e regole


  • Match su tre round da cinque minuti
  • Sistema 10-point must, come nelle MMA
  • Nuova area di gara progettata per favorire azione continua e tutelare la sicurezza degli atleti
  • Divisioni sia maschili che femminili, con ranking e titoli ufficiali

TL;DR


UFC sta costruendo una lega BJJ da main stage.
Con titoli, ranking, streaming globale e nomi grossi.
Il tutto, in un formato pensato per competizione reale, azione continua e narrazione sportiva.


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caitlin johnstone: “questo è israele”


un frammento:

da poliverso.org/display/0477a01e…

#bambini #children #colonialism #Gaza #genocide #genocidio #IDF #invasion #IOF #israelcriminalstate #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #massacri #Palestina #Palestine #sionismo #sionisti #starvingcivilians #starvingpeople #warcrimes #zionism


"Questo è israele", di Caitlin Johnstone


CAITLIN JOHNSTONE - QUESTO È ISRAELE
4 giugno 2025

Questo è Israele. Ecco come appare il Progetto Sionista. I bambini morti. Gli ospedali distrutti. I civili disperati e affamati. Questo è tutto.

Non esiste una versione alternativa di Israele in cui queste cose non stiano accadendo. La visione Sionista liberale di una Soluzione a Due Stati e di un Israele giusto e pacifico esiste esclusivamente nell'immaginazione delle persone che la immaginano. Niente di simile è mai esistito. Tutto ciò che riguarda il moderno Stato di Israele è irremovibilmente ostile a questa visione.

O si sostiene l'esistenza dell'Israele che si vede davanti a sé, o si sostiene la fine dell'Apartheid Sionista. Non esiste una terza opzione alternativa. Non ci sono altre posizioni da considerare. Fingere il contrario significa vivere in una favola.

O vuoi bruciare vivi i bambini o non lo vuoi. O vuoi deliberatamente affamare i civili o non lo vuoi. O vuoi bombardare gli ospedali o non lo vuoi. O si vogliono deliberatamente assassinare giornalisti palestinesi mentre si vieta l'ingresso a Gaza ai giornalisti stranieri o non lo si vuole. O si vogliono Massacrare deliberatamente i civili e distruggere sistematicamente le infrastrutture civili per forzare l'espulsione dei palestinesi da un territorio palestinese o non lo si fa. E se sei contrario, devi opporti allo Stato di Israele.

Questo è Israele, lo Stato. Non solo Netanyahu. Non solo coloni estremisti. Non solo "elementi di estrema destra all'interno del governo israeliano". Israele stesso. Perché tutto ciò che stiamo vedendo fare a Israele è il risultato di tutto ciò che Israele è come Stato.

Tutto ciò che Israele sta facendo è il risultato di tutto ciò che è sempre stato. Non appena l'Occidente ha deciso di abbandonare uno Stato Colonialista in cima a una civiltà preesistente in cui i nuovi immigrati avrebbero ricevuto un trattamento preferenziale rispetto agli abitanti nativi che già vivevano lì, è diventato inevitabile che Israele sarebbe finito nelle condizioni in cui si trova oggi.

Perché non c'era modo di mantenere quello status quo senza sfollamenti di massa e tirannia, violenza e abusi senza sosta. Non c'era modo di creare una società a più livelli in cui un livello è posto al di sopra dell'altro senza indottrinare il popolo ad accettare quel sistema di Apartheid Disumanizzando sistematicamente i membri del gruppo privo di potere.

Stabilite uno status quo di Disumanizzazione di un gruppo di persone e fabbricate il consenso per la violenza e l'abuso contro di loro e, inevitabilmente, vi ritroverete con uno Stato di Apartheid di estrema destra che sta commettendo un Genocidio, così come sicuramente far cadere una pietra da un edificio provocherà la caduta di una pietra a terra.

Quello che stiamo vedendo oggi a Gaza è stato incluso nello Stato di Israele sin dal suo inizio.

Tutti quei bambini morti sul tuo flusso di notizie dei social media sono il frutto di un albero il cui seme è stato piantato dopo la Seconda Guerra Mondiale. Quell'albero ha dato sempre più frutti e continuerà a farlo finché rimarrà in piedi. Perché questo è proprio il tipo di albero che è. L'unico tipo di albero che avrebbe mai potuto essere.

Dire "Sostengo Israele ma non sostengo le azioni di Netanyahu a Gaza" è come dire "Mi piace questo albero di mele, ma solo quando germogliano noci di cocco invece di mele". Questo non è il tipo di albero che è. L'albero delle mele produrrà solo mele e l'albero del Genocidio produrrà solo il Genocidio.

I sostenitori di Israele evitano di confrontarsi con verità ovvie come queste. Il sostegno a Israele dipende da una compartimentazione psicologica su larga scala. Tutto ruota attorno all'evitare verità spiacevoli invece di fare i conti con esse in modo profondo e viscerale.

Distogliendo lo sguardo dalle riprese video delle atrocità di Israele a Gaza. Distogliendo lo sguardo dalle contraddizioni tra i valori che pretendono di sostenere e tutto ciò che Israele è come Stato. Distogliendo lo sguardo dalle montagne su montagne di prove che ci fissano tutti in faccia. Questo è l'unico modo in cui il sostegno a Israele può continuare.

Per diventare una specie guidata dalla verità, dobbiamo smettere di nasconderci dalle verità scomode. E uno dei nostri nascondigli preferiti per verità scomode a questo punto della storia è il moderno Stato di Israele, e il sostegno dell'Impero Occidentale ad esso.


________________________________
Traduzione: La Zona Grigia

Fonte:
https://www.caitlinjohnst.one/p/this-is-israel



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dal 10 giugno: “tutta l’arte è relazionale:?” @ galleria erica ravenna (roma)


TUTTA L’ARTE È RELAZIONALE : ?
10 giugno – 31 ottobre 2025

Con una mostra collettiva inedita la Galleria Erica Ravenna – prendendo spunto dal saggio di Nicolas Bourriaud L’estetica relazionale (1998) – pone la questione dell’opera d’arte non come semplice oggetto, ma come risultato di un incontro dinamico tra artista e spettatore.

“Consideriamo innanzi tutto due fattori importanti, ossia i due poli di ogni creazione di ordine artistico: da un lato l’artista, dall’altro lo spettatore che, con il tempo, diviene la posterità.” (Marcel Duchamp).

Se l’artista avvia il processo creativo, spesso in solitudine, è l’interpretazione e il coinvolgimento di chi guarda a dare piena esistenza all’opera. Gli “artisti relazionali” sviluppano il teorema di Duchamp, esplorando diverse modalità di coinvolgimento e collaborazione del pubblico, invitando altri nel proprio processo creativo, rinunciando a parte del controllo, abbracciando il caso e fidandosi dello spettatore-trasformato-in-partecipante, trasformando infine l’opera d’arte in un dialogo bidirezionale in cui il significato è co-creato e l’esperienza è condivisa. L’estetica relazionale di Nicolas Bourriaud va oltre una semplice teoria dell’arte e diventa una filosofia della forma. La “forma” non è solo un aspetto visivo, ma una struttura coerente che emerge da uno scambio di elementi e configura l’esistenza, evidenziando l’importanza vitale dell’interazione umana e delle relazioni sociali.

Tutta L’ Arte è Relazionale: ? riunisce tre generazioni di artisti – Vincenzo Agnetti, Gianfranco Baruchello, Tomaso Binga, Alighiero Boetti, Céline Condorelli, Mike Kelley & Paul McCarthy, Mocellin & Pellegrini, Rirkrit Tiravanija –e propone una esplorazione del concetto e della sua evoluzione nel nostro tempo: un’era definita dal post-isolamento, dalla post-relazionalità, dalla post-produzione e dalla presenza incombente dell’intelligenza artificiale, dove la realtà è perpetuamente mediata dalla tecnologia e l’isolamento ha solo intensificato il nostro desiderio di connessioni autentiche ed esperienze condivise che trascendano lo schermo. L’estetica relazionale, con la sua enfasi sull’interazione umana e sul significato co-creato, risuona con una forza sempre maggiore. L’artista diventa un facilitatore, un catalizzatore di relazioni, un “produttore” di esperienze, o, come Vincenzo Agnetti lo ha definito, un “operatore culturale”, un cerimoniere di incontri veritieri.

Nel corso del suo svolgimento, la mostra comprenderà una serie di incontri, conversazioni e performances a cui, tra gli altri parteciperanno: Céline Condorelli, Mocellin Pellegrini, Germana Agnetti, Andrea Cortellessa, Ilaria Gianni, Colin Ledoux, Tara Londi, Carla Subrizi, Saverio Verini e Giordano Boetti Editions.
Siamo inoltre felici di annunciare l’intervento di Nicolas Bourriaud in occasione del finissage della mostra.

#AlighieroBoetti #art #arte #arteRelazionale #CélineCondorelli #GalleriaEricaRavenna #GianfrancoBaruchello #MikeKelleyPaulMcCarthy #MocellinPellegrini #NicolasBourriaud #RirkritTiravanija #TomasoBinga #VincenzoAgnetti


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“When you get paid biweekly” (When Switch 2 comes out) — “Quando ti pagano bisettimanalmente” (Quando esce Switch 2)

WHEN YOU GET PAID BIWEEKLYWEEK ONE: Mario Kart WorldWEEK TWO: Ice soup
Quando fu finalmente annunciata la nuova maledizione nintendica che è Switch 2, iniziò a girare questo meme molto preoccupante… “ice soup”. Si prevedeva che i brainrottatissimi fan di Nintendo avrebbero fatto letterali sacrifici pur di permettersi l’ennesimo prezzo di plastica, che questa volta è sovrapprezzato per davvero… e quindi solite risate dovute al fatto che io questa volta mi asterrò completamente dal consumo, la solita solfa, niente di che. 🤥

Purtroppo, anche stavolta la realtà supera la fantasia, perché, ora che la console è rilasciata da ormai ben 2 giorni, si vedono già cose da pazzi in giro. La gente che vive senza arrivare a fine mese non ha banalmente accettato il compromesso di mangiare solo zuppa di ghiaccio per due settimane, infatti, ma ben peggio… semplicemente ha comprato, ma fino al giorno prima si lamentava di essere in difficoltà economiche; e dal giorno dopo chiaramente riprenderà a fare lo stesso, chiedendo come al solito donazioni. 💸

Sui social un po’ sto vedendo questo paradosso, anche se poco personalmente, ma ho visto già anche altra gente che se ne lamenta… e a questo punto non rido più, mi sa, ma sento qualcosa di più vicino al discusto. Sono sempre le solite personalità di Internet, che spesso puntualmente chiedono in ginocchio soldi, perché dicono di essere unemployed ass e di dover scegliere tra mangiare o non perdere la casa, e tutte queste cose qui che oggi si scoprono essere vere menate… li vedi adesso che flexano la console nuova, per avere punti status di Internet dopo aver ottenuto già troppi punti compassione e qualche soldino. 🤐

A parte che è molto strano come, dal lato degli artisti di Internet in senso più stetto, quelli che si comportano in questo modo sono a quanto so praticamente sempre disegnatori — (a parte le eccezioni statistiche) mai musicisti, mai scrittori, mai fotografi, mai modellatori 3D, e non mi spiego come sia possibile ciò — ovviamente il mondo è bello perché è vario, quindi questo particolare episodio si vede ripetuto in giro con le più intriganti combinazioni. 😵
[Hiding In My Room]* Unboxing my Switch 2...* i'm in big financial trouble...Persino quel tizio youtuber sociopatico simpatico, che ogni giorno fa livestream e si lamenta di essere in una situazione disperata, e non si fa problemi ad accettare le donazioni… ovviamente, 500 euro — che potrebbero essere un mese sano di affitto! — per Switch 2 li ha spesi. Un pochino mi viene quasi da ridere… però no, la cosa è grave.
#money #Nintendo #NintendoSwitch2 #paradosso #Switch2


“The Sociopath YouTuber Who Destroyed His Life” — “Lo Youtuber Sociopatico Che Ha Distrutto La Sua Vita” (Hiding In My Room)


youtube.com/watch?v=Z32Y-D5kJT…

Se non avesse un canale da 111mila iscritti (e la miseria!), lo strano algoritmo mi avrebbe probabilmente già fatto scoprire questo #youtuber estremamente pazzo… invece lo scopro con questo bel documentario, che ha saputo tenere bene la mia attenzione. È relativamente poca roba rispetto ad altri fenomeni che negli anni si sono susseguiti (uno in particolare, non credo di dover spiegare chi intendo…), in realtà, ma per certi versi questo ha un’aria un pochino octopilled che mi piace, nonostante i suoi punti più oscuri non abbiano nulla a che vedere con me… quindi alla fin dei conti approvo e consiglio.

Intendo, sono pur sempre una femcel io, quindi non ho mai avuto persone a cui mettere le corna (non che io voglia farlo), e certamente non ho mai sviluppato malattie sessualmente trasmissibili, quindi sullo schifo sociale e biologico c’è un abisso di differenza. E, io non mento neanche tanto quanto lui nelle cose di cui parlo (…non che io ne abbia bisogno, la mia vita è per davvero così tanto tragica come sembra). Tuttavia, al di là di questi aspetti specifici, la #sovracondivisione è proprio il cardine dell’esistenza di questo Daniel proprio come lo è per me (per non parlare degli infiniti problemi relazionali subdoli che abbiamo in comune, questi qui non dovuti a comportamenti tossici ma solo alla nostra orribile natura). A proposito di questo, non mentirò (visto?): mi sembra assurdo che, col mio blog ed ogni cosa, dove dico letteralmente di tutto, robe a tratti pure peggiori di questo qui, ancora non ho un seguito attivo che si conti su più dita di quelle di mani e piedi sommate, mentre gli altri ricevono i documentari… bah!

Dall’altro lato, non so perché, ma ha anche un pochino delle vibe da (quel) tizio giapponese di YouTube; così, come bonus… e in effetti i tratti somatici mi paiono asiatici, e lui era fissato con il Giappone, ma in realtà non è giapponese (pare sia thailandese). Dato tutto questo, ad ogni modo, il canale è finito immediatamente nelle mie iscrizioni, e probabilmente ora sarà il caso di recuperare i vecchi video più interessanti: youtube.com/@HidingInMyRoom198…. Magari, dopo tutte quelle ragazze strane che negli ultimi mesi ho apprezzato, questo ragazzo ancora più strano potrebbe diventare il mio modello maschile, che fino ad ora è mancato… Devo veramente aspirare a diventare così grande in qualche modo, cazzarola.

#HidingInMyRoom #oversharing #sovracondivisione #youtuber


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