genocidal people on a genocidal tv
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breve poem(a in prosa) / differx. 2024
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la megafine ruvida (la pazzia autopulizia)
Sembra proprio che, ormai, io non possa avere più un minimo di pace nemmeno con me stessa!!! È greve forse, ma veramente sono al punto in cui impazzisco malino se per più di qualche decina di minuti non riesco a tenere il mio spirito dissociato dal corpo, quindi palle.
Prima, infatti, mi stavo semplicemente facendo la doccia — come purtroppo circa ogni settimana gli spiriti delle mie pareti mi supplicano di fare, visto che sono costretti a vivere con me — e, via via che mi lavavo, mi sentivo sempre più sporca, in qualche modo. Oh, più andavo avanti e più impazzivo, perché più mi strofinavo e mi sciacquavo e più percepivo la pelle ancora ruvida, consumata, imperfetta, brutta, troppo umana e poco adatta a me; impossibile trovare pace. Ho dovuto usare più bagnoschiuma del solito (…e non che di solito io ne usi tanto, ma vabbè) e strofinare con la spugna semiruvida per qualche paio di minuti buoni, altrimenti veramente mi sarebbe esplosa la testa, è irreale. Forse in parte l’impressione di imperfezione sarà causata da quei peli stronzi delle gambe, in posizioni scomode che difficilmente riesco a togliere, perché sono talmente magra che il rasoio non aderisce bene… però giuro, se mi tocco addosso sono ruvida. Sul petto sono ruvida, sulla schiena sono ruvida, sulla fronte già mi si iniziano a formare le rughe; quindi, qualcuno converrà con me che l’aspettativa dell’esito della doccia completa non si avvicina per niente a quella che è la realtà… ok, i capelli tornano a profumare, ma per il resto non cambia una mazza e sento veramente di volermi spellare… o quantomeno di poter fare la muta come le tarantole. E invece no, devo rimanere in questo mio stato estremamente triste, e sentire tutti i miei nanobozzoli ogni volta che per qualsiasi motivo mi metto le mani addosso. 😫(…No, non so bene cosa volevo fare con questa immaginetta creata nel tentare di dare una foto a questo post, comunque, ma questo è come la mia esistenza mi fa sentire 🥰 Mi serve veramente una motosega per contrastare il mio prurito addosso!!!)
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La grande rapina al treno — Michael Crichton
Per chi lo conosce, Michael Crichton è uno dei più apprezzati scrittori di fantascienza degli Stati Uniti, che ha ideato mondi irreali, come Jurassic Park e Westworld. In questo libro, però, ha preso un fatto storico realmente accaduto e ha ricostruito parzialmente la storia che ha portato all’evento.
La grande rapina al treno a cui fa riferimento il titolo è avvenuta a Londra nel 1855 e Crichton si è avvalso dei resoconti giornalistici e degli atti del processo per ricostruire – e romanzate – il processo che ha portato Edward Pierce a ideare il piano, prepararlo e metterlo in pratica.
La narrazione degli eventi mi ha tenuto incollato al libro, tanto da finirlo in pochissimo tempo. Aiutano anche i capitoli piuttosto brevi, che trattano di un evento alla volta, che vengono presentati come se fossero piccoli passi per raggiungere la meta.
Nel romanzo, Pierce, pur essendo a tutti gli effetti un criminale, finisce per entrare nel cuore del lettore perché la sua genialità è impossibile da non ammirare.
Crichton si dimostra un abile narratore anche in campi diversi dalla sua amatissima fantascienza, creando un racconto verosimile e ricco di tensione e momenti da fiato sospeso che non mi aspettavo da un romanzo, di fatto, storico.
Maggiori informazioni sul libro su OpenLibrary.
La grande rapina al treno by Michael Crichton | Open Library
The Great Train Robbery by Michael Crichton, 2018-03-22, Garzanti edition, eBook in ItalianOpen Library
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Problemi interni alle bande partigiane poco prima della liberazione di Alba
Di fronte a un forte sviluppo del movimento, gli organi centrali e i comandi partigiani devono affrontare problemi nuovi di gestione. L’afflusso di centinaia di giovani sulle colline langarole e tra le valli alpine mette in moto processi che cambiano la configurazione interna delle bande. Oltre ai naturali sospetti nei confronti di chiunque salga in montagna, i comandanti devono affrontare un numero crescente di ragazzi che non hanno fatto la leva e che mancano in alcuni casi di disciplina. Già a partire da luglio [1944], Comitato di Torino e comandi periferici diffondono una serie di direttive per il mantenimento dell’ordine interno delle formazioni e per il rispetto della popolazione civile. Il 24 luglio, il Comando del 1° settore cuneese e delle Langhe emana un “Bando sulla disciplina”, seguito il giorno seguente da un decreto del CLNRP relativo alle norme sulla “costituzione e funzionamento dei CLN periferici”. <299 Per far fronte agli episodi di violenza e di rapina che coinvolgono alcuni elementi del movimento, vengono inoltre costituite Commissioni di giustizia. <300
La formazione di unità sempre più grandi e strutturate richiede la creazione di un organismo che assuma la guida strategica della guerra di liberazione in tutto il nord Italia. A Milano, nel giugno, viene creato a questo scopo il Comando Generale del Corpo volontari della Libertà, che in agosto pone alle proprie dipendenze il neocostituito Comando militare regionale per il Piemonte. <301
Nel “periodo d’oro” della Resistenza tutte le bande si omologano dal punto di vista della strategia e della tattica militare. Le bande hanno un consistente numero di uomini che hanno sperimentato la guerriglia e che possono istruire le reclute e le nuove leve che si danno alla macchia dopo febbraio e maggio ’44. Le condizioni ambientali e climatiche favoriscono inoltre più le azioni di guerriglia partigiana che quelle nazifasciste. Gli attacchi continui e rapidi creano una situazione di generale insicurezza nel territorio occupato, permettendo così il graduale avanzamento partigiano dapprima nelle aree circostanti i paesi dell’alta e della bassa Langa e poi verso la fine dell’estate nelle città. Complice la prospettiva di un’imminente fine della guerra, le brigate si sono spinte nell’occupazione di vaste aree di territorio, vere e proprie zone libere. È questo l’aspetto che caratterizza principalmente la VI zona Monregalese-Langhe e Monferrato tra l’estate e l’autunno del ’44. Nel corso dell’estate si verificano ugualmente rastrellamenti che provocano diversi problemi organizzativi alle brigate. Queste però, mantenendo il loro volume di uomini e anche grazie ai rifornimenti alleati, alle sovvenzioni che riceve il CLNAI e all’invio di ufficiali inglesi in Piemonte, <302 riescono a colpire colonne tedesche, presidi delle città e stabilimenti industriali, da dove prelevano combustibili e automezzi. <303
Alba e tramonto delle zone libere
La fase di espansione del movimento partigiano trova il suo punto più alto nella liberazione di ampie fette di territorio nel basso Piemonte e nella creazione di repubbliche partigiane, in particolare nel Monferrato. <304 I principali problemi che le brigate devono affrontare nella gestione delle zone libere riguardano il controllo interno e la difesa esterna. Se per quest’ultima vengono aumentati i presidi e i pattugliamenti lungo le vallate, per l’interno vengono presi provvedimenti e date disposizioni dai comandi centrali affinché vengano individuati elementi nocivi al movimento, soprattutto tra la popolazione. A queste problematiche si sommano quelle relative alle giurisdizioni territoriali delle diverse formazioni. In più occasioni, nel periodo estivo-autunnale, si verificano episodi di sconfinamento da parte di alcune bande in territori neutri o di altre formazioni, dove vengono eseguite requisizioni irregolari o senza permesso, come si evince dalle numerose denunce fatte da civili o da comandi partigiani. Il Comando della 48ª brigata Garibaldi ad esempio, arresta due partigiani identificati come appartenenti alla Brigata “Bra” comandata da Della Rocca, perché «compievano atti di prepotenza e di violenza allo scopo di indurre i proprietari delle bestie a consegnare denaro che intascavano indebitamente». <305
Per tutto il mese di ottobre abbiamo una situazione molto preoccupante sul piano del controllo sugli uomini e su quello dei rapporti con la popolazione. Il comando della 48ª riceve infatti dai paesi di Monforte e Dogliani diverse denunce di «perquisizioni domiciliari da parte di elementi garibaldini, i quali, per il loro modo di agire […] provocano lamentele da parte degli interessati». <306 Gli abusi di potere nei confronti della popolazione di cui si macchiano alcuni partigiani proseguono anche nel periodo invernale e fino agli inizi di aprile, producendo anche casi come quello che coinvolge il tenente Speranza del 1° GDA. <307 Questo fenomeno assume proporzioni consistenti e sfocia in alcuni casi anche nel «brigantaggio», come denuncia lo stesso “Mauri”. <308
La regolamentazione delle requisizioni ai civili giunge ai comandi partigiani dal Comitato militare di Torino già dal marzo del ’44. Questa predispone criteri molto arbitrari nella gestione dei prelevamenti forzosi ai civili. Solo in un secondo momento, superata la fase riorganizzativa e, soprattutto in seguito alla situazione di generale rilassamento normativo in materia disciplinare, che si era andata creando nel periodo estivo, i comandi divisionali possono adottare criteri più precisi e regole più ferree nei confronti dei trasgressori. In un documento garibaldino del settembre viene infatti specificato che «nessuno potrà d’ora in avanti fare requisizioni o perquisizioni nelle proprietà, senza autorizzazione scritta del comando di brigata». <309 Ma il controllo di un territorio, che si fa via via più esteso, e di gruppi partigiani sempre più numerosi e dislocati in ogni dove, nelle valli e sulle colline, non permette il completo rispetto delle regole. Già nell’agosto infatti, si moltiplicano denunce ed episodi di requisizioni illecite o irregolari, <310 mentre da settembre-ottobre il fenomeno assume dimensioni sempre maggiori: <311 la 48ª Garibaldi ad esempio, denuncia una serie di requisizioni «forzate» compiute nella zona di Alba, periodo nel quale la città viene occupata dalle forze partigiane, <312 mentre i comandi provvedono a dare disposizioni per i rifornimenti e per la tutela della popolazione “data la scarsità dei grassi sarà bene disporre che solo l’intendenza generale potrà fare i prelievi, si eviterà che contingenti partigiani vicini al luogo della produzione vengano forniti in esuberanza mentre altri più distanti rimangano addirittura senza” <313
Sul piano dell’organizzazione politica interna, nel giugno ’44, il CG dà istruzioni affinché vengano costituite Giunte popolari comunali, previ accordi con i Comitati locali del CLN e con gli altri organi popolari. Le Giunte hanno i compiti di provvedere alle requisizioni, di fissare un regime di prezzi, di organizzare lavori utili per la comunità, prelevando dai «beni mobili ed immobili dei traditori della patria e provvederanno alla loro immediata utilizzazione». <314 Particolare attenzione è dedicata ai danni prodotti dalla «guerra partigiana e [d]alle rappresaglie tedesche» agli abitanti delle comunità. Vengono infatti presi provvedimenti per risarcire contadini e comunità dei danni provocati dalla guerra, azione intrapresa ai suoi esordi dallo stesso CLNRP, <315 e che viene ripresa, su decreto del CLN del luglio ’44, dalla 16ª brigata Garibaldi, la quale dispone l’accertamento dei danni provocati dai rastrellamenti tedeschi alla popolazione civile, sottolineando il delicato compito che dovrà svolgere la persona incaricata. Nel documento infatti si legge: “Egli dovrà essere un buon conoscitore del luogo e dei contadini, dovrà fare un esame scrupoloso dei danni, dando precedenza a quelle famiglie che rischiarono nella maniera più tangibile vita e averi per i patrioti, […] dovrà discriminare il reale grado di bisogno di ciascuno tenendo calcolo delle loro possibilità finanziarie di ripresa” <316
Nelle Langhe la costituzione di giunte popolari comunali nelle zone controllate dalla VI divisione “Langhe” viene avviata alla fine di agosto, <317 coinvolgendo diversi comuni lungo il Tanaro, come quello di Monchiero, <318 di Somano, Farigliano, Piozzo, <319 Monforte, <320 Castiglione Falletto. <321 Sebbene la liberazione di questi territori abbia notevole importanza politica ed economica per il movimento, è pur vero che non rappresentano un vero e proprio successo dal punto di vista militare. Benché infatti le azioni di guerriglia abbiano costretto il nemico a ritirarsi nelle città e a fuggire dalle zone periferiche e di campagna, alle formazioni è necessaria un’ulteriore prova della propria efficienza militare, per esempio attraverso la liberazione di un grosso centro cittadino. Inoltre, un’operazione di questo tipo lancerebbe un segnale non solo al nemico ma, cosa ancor più importante, sosterrebbe il morale di tutto il movimento partigiano del nord Italia. È in quest’ottica che bisogna leggere la decisione dei comandi autonomi di liberare Alba, «capitale delle Langhe».
[NOTE]299 M. Giovana, La Resistenza in Piemonte, cit., pp. 127-9
300 La costituzione avviene il 16 agosto 1944, F. Catalano, Storia del C.L.N.A.I., cit., p. 237
301 In AISRP, B AUT/mb 4 d
302 T. Piffer, Gli Alleati e la Resistenza, cit., pp. 84-85, 93
303 Si vedano “Relazione sull’attività svolta dalla Divisione Langhe nel periodo 1° luglio – 15 luglio 1944”, “Mauri” al CLNRP, 16.8.44 in AISRP, B 45 b, 33 e “Bollettino partigiano della VI divisione”, Comando di Divisione, 15.9.44 in AISRP, B FG 9/3
304 Sulle repubbliche partigiane nel basso Piemonte, si vedano: A. Bravo, La repubblica partigiana dell’Alto Monferrato, Giappichelli, Torino, 1964; D. Carminati Marengo, “Gli esperimenti politico-amministrativi dell’estate ’44 nella zona libera delle Langhe” in Il movimento di liberazione in Italia, fasc. 1, n. 86, gen.-mar. 1967; R. Luraghi, “Le amministrazioni comunali libere nelle Langhe” in Il movimento di liberazione in Italia, Luglio-settembre ’59, p. 9; R. Omodeo, “Esperienze di autonomi e garibaldini nelle amministrazioni civili delle Langhe” in R. Amedeo (a cura di), Resistenza monregalese: 1943-1945. Val Casotto – Valli Tanaro, Mongia, Cevetta, Langhe – Valli Ellero, Pesio, Corsaglia, Maudagna, Josina, Centro studi partigiani autonomi, Torino, 1986
305 Il comando della VI divisione informa il magg. “Mauri”, superiore di Della Rocca dell’episodio, specificando che «Quando non conseguivano questo intento inducevano i venditori a maggiorare il peso della bestia spillando poi agli stessi la differenza in contanti, quotando le bestie a L. 100 il mg. Una volta informato, “Comunicazione del Comando 48ª brigata Garibaldi”, f.to Montanaro, La Morra, 11.10.44, in AISRP, B AUT/mb 2 b. Della Rocca, informato del fatto, provvede all’arresto dei due partigiani. Si veda anche “Comunicazione del comando VI divisione Langhe – 48ª brigata Garibaldi al maggiore Mauri”, 12.10.44, in AISRP, B AUT/mb 2 b
306 48ª brigata Garibaldi, in AISRP, B FG 9/3
307 Il ten. Speranza, accompagnato da alcuni dei suoi uomini, opera una perquisizione in una casa di Perletto ritenuta abitata da una famiglia fascista. Quando i partigiani dello Speranza si accorgono dell’errore e lo comunicano al tenente, questi risponde che oramai era troppo tardi per tornare indietro, “Processo verbale di interrogatorio dei partigiani Hans e Mery del distaccamento di Bergolo”, EILN – Comando Polizia Partigiana 1° GDA, 19.4.45, in AISRP, B AUT/mb 2 b
308 «[il fenomeno] sta assumendo forme e proporzioni preoccupanti. […] In questi soli 15 giorni sono stati proditoriamente assassinati nel disimpegno delle loro funzioni 2 carabinieri ed un altro patriota, addetti al servizio di polizia», “Relazione sull’attività svolta nel periodo dal 1° al 15 gennaio 1945”, EILN – Comando 1° GDA al CLNRP, “Mauri”, 18.1.45, in AISRP, MAT/ac 14 e. In una zona per certi versi simile alle Langhe, nella fascia appenninica tra la Toscana e l’Emilia, vediamo sorgere problematiche della stessa natura. Come scrive Massimo Storchi, parlando del contesto nel quale operava “Azor”, vicecomandante della 76ª brigata: «nei confronti dei possidenti agrari […] era necessario attivare un rapporto di fiducia che li mettesse al riparo da periodiche elargizioni, se non addirittura da prelevamenti illegali operati da singoli o gruppi che agivano autonomamente», in M. Storchi, Sangue al bosco del Lupo. Partigiani che uccidono partigiani. La storia di “Azor”, Aliberti Editore, Reggio Emilia, 2005, pp. 42-3
309 “Ai distaccamenti dipendenti”, Comando 48ª brigata Garibaldi, f.to Delegato civile “Retto”, Comm. Pol. “Beccaro”, 20.9.44, in AISRP, C 14 a
310 “Requisizione autoveicoli”, Comando 16ª brigata Garibaldi ai comandi dei distaccamenti, Capo di Stato Maggiore “Trentin”, 12.8.44, in AISRP, C 14 a
311 “Signor Sebaste Osca[r] di Gallo fabbricante di torroni: requisizione miele nocciole e torrone”, Commissario intendente ai Comandi della VI divisione Langhe e della 48ª brigata Garibaldi, 7.10.44, in AISRP, B FG 9/3, 64; “Al comando della 48ª brigata Garibaldi”, f.to “Nunu”, La Morra, 9.10.44; e altri documenti in AISRP, B AUT/mb 2 b
312 Vari documenti su requisizioni forzate presenti in AISRP, B FC 9/3
313 “Ai distaccamenti dipendenti”, Comm. Pol. “Beccaro”, 20.9.44, in AISRP, C 14 a
314 G. Rochat (a cura di), Atti del Comando Generale, cit., doc. 3, p. 48
315 Disposizione “per il risarcimento dei danni cagionati dal nemico alle popolazioni e in ispecie ai patrioti…” citato in R. Battaglia, Storia della Resistenza italiana, cit., p. 208
316 “Pagamento danni causati ai contadini dai rastrellamenti”, Comando 16ª brigata d’assalto Garibaldi “Generale Perotti” al distaccamento “Islafran”, 4.7.44 in AISRP, C 14 a
317 “Costituzione delle giunte popolari comunali”, Comando VI Divisione Garibaldi a tutti i commissari politici e delegati civili, 19.8.44, in AISRP, C 14 d; si veda circolare simile del 10.9.44, Ivi
318 “Relazione”, Il presidente del comitato comunale alla VI divisione Langhe, Monchiero, 8.9.44 in AISRP, B FG 9/3
319 Si vedano documenti presenti in AISRP, B FG 3/1
320 Ibidem
321 Ibidem
Giampaolo De Luca, Partigiani delle Langhe. Culture di banda e rapporti tra formazioni nella VI zona operativa piemontese, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2012-2013
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call for works: materiali di ricerca letteraria e artistica
CALL FOR WORKS da parte di vari siti di ricerca letteraria al momento (e si spera anche in futuro) attivi:
dal 24 luglio al 24 agosto è possibile inviare alla mail unica gammmatica [at] gmail.com proposte di pubblicazione di testi non assertivi e/o opere grafiche o verbovisive.
NON opera omnia, NON racconti, NON romanzi, NON poesie, NON tavole parolibere futuriste. INFO: t.ly/1cF56
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Giornata di solidarietà per il Burkina Faso a Chieri.
Quella dello scorso 13 luglio 2025 è stata una giornata per la comunità burkinabè piemontese e per il comune di Chieri, dove si è tenuta la giornata di solidarietà organizzata dall’Associazione Burkinabè di Torino in collaborazione con il CAMSAFA di Chieri.
“È una bellissima collaborazione che porta alla realizzazione della Giornata dell’Amicizia e della Fratellanza per il Burkina Faso.” Queste le parole di Edmond Traore, Consigliere Comunale di Feletto e Presidente dell’Associazione dei Burkinabè di Torino, mentre descrive il significativo rapporto di cooperazione con il CAMSAFA (Centro Animazione Missionaria Sacra Famiglia) di Chieri.
L’incontro tra queste due realtà è frutto di una condivisione di valori e obiettivi. “Ho conosciuto la loro realtà che da anni svolge volontariato in Burkina Faso e ho visto portare qui i valori del nostro paese, la cultura e il forte senso di fratellanza. Ho percepito un’atmosfera familiare. E così abbiamo pensato: perché non costruire qualcosa insieme?”
Da questa sinergia è nato il progetto di organizzare la Giornata dell’Amicizia e della Fratellanza per il Burkina Faso, tenutasi appunto domenica 13 luglio 2025 presso Villa Brea a Chieri.
“Abbiamo scelto il tema dell’amicizia,” aggiungono le due associazioni, “per il suo significato profondo: essa rappresenta un rapporto basato su fiducia, simpatia, affetto e una reciproca scelta, presente in ogni epoca e in ogni luogo, pur rimanendo inafferrabile per qualsiasi teoria. L’amicizia implica un rapporto paritario, che la distingue da altri legami affettivi.” Accanto a questo, il concetto di fratellanza si radica in un sentimento duraturo di affetto e benevolenza reciproca.
In tutte le culture, l’amicizia è percepita come un legame fondato sul rispetto, la sincerità, la fiducia, la stima e la disponibilità reciproca; valori che uniscono le due organizzazioni. “Desideriamo celebrare l’amicizia tra le nostre comunità e rafforzare il legame che ci unisce come associazioni fraterne impegnate nel bene comune e nelle cause umanitarie di mutuo soccorso.”
La giornata ha anche scopi di solidarietà ed un’opportunità per sensibilizzare sulla difficile situazione attuale in Burkina Faso. Negli ultimi anni, il paese ha subito conflitti armati provocati da gruppi terroristici e milizie locali, con conseguenze devastanti che hanno generato oltre 2 milioni di sfollati interni. L’Associazione dei Burkinabè di Torino, insieme ad altre realtà presenti in Italia (fra cui anche la nostra associazione di Bressanone), sta contribuendo attivamente all’invio di aiuti umanitari, alimentari ed economici, per supportare gli sfollati.
La giornata è iniziata alle 9.30 con la celebrazione della Santa Messa, seguita alle 10.30 da un dibattito sulla situazione in Burkina Faso. Alle 12.00 il pranzo di convivialità con piatti tipici burkinabè e barbecue. Nel pomeriggio alle ore 16.00, si è svolta una partita di calcio (Burkina Faso-Italia). Infine alle ore 18.00 è calato il sipario sull’evento. Durante la giornata, i partecipanti potranno godere dell’intrattenimento musicale del gruppo Folikela, guidato da Moussa Sanou.
Un’importante occasione quindi per unire culture, testimoniare solidarietà e rafforzare i legami di amicizia tra Italia e Burkina Faso.
Fonte: obiettivonews.it
A.B.T Associazione Dei Burkinabe Di Torino
A.B.T Associazione Dei Burkinabe Di Torino. 612 J’aime. Organisme communautairewww.facebook.com
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La speranza africana. La terra del futuro concupita, incompresa, sorprendente.
Il nostro futuro si giocherà in Africa. Il mondo la osserva con un’attenzione nuova. È il baricentro demografico del pianeta: lì si concentrerà la crescita della popolazione in questo secolo, mentre la denatalità avanza altrove. Un’altra sfida riguarda le materie prime, in particolare materiali strategici nella transizione verso un’economia sostenibile: molti dei minerali e metalli rari indispensabili per i pannelli solari o le auto elettriche vengono estratti in Africa. Del continente gli italiani conoscono solo una narrazione pauperistica e catastrofista. L’Africa è descritta come l’origine della «bomba migratoria» che si abbatterà su di noi. Viene compianta come la vittima di tutti gli appetiti imperialisti e neocoloniali: quelli occidentali o la nuova invasione da parte della Cina. Fa notizia solo come luogo di sciagure e sofferenze: conflitti, siccità e carestie, sfruttamento e saccheggio di risorse, profughi che muoiono attraversando il Mediterraneo. Dagli anni Settanta, quando si spensero le prime speranze di rinascita nell’epoca dell’indipendenza post-coloniale, l’Occidente ha mescolato la sindrome della pietà, i complessi di colpa e una «cultura degli aiuti umanitari» destinata a creare dipendenza e corruzione. Contro gli stereotipi s’impone una nuova narrazione. Ce la chiedono autorevoli personalità africane, che si riprendono il diritto di raccontare l’Africa così com’è davvero, senza piangersi addosso, ribellandosi ai luoghi comuni occidentali. L’Africa non è una nazione, è un continente immenso con diversità enormi, dal Cairo a Johannesburg, da Addis Abeba a Lagos. Non è solo sofferenza e fuga, come dimostra la sua straordinaria vitalità culturale. A New York, Londra e Parigi siamo invasi da romanzi, musica, film, pittura e mode creati da nuove generazioni di artisti africani. La diaspora brilla per le eccellenze: negli Stati Uniti i recenti immigrati dall’Africa hanno dato vita a una delle comunità etniche di maggior successo. Esiste un protagonismo africano. Sbagliamo quando descriviamo il continente soltanto come «oggetto» di manovre altrui (America, Cina, Russia, Europa). Senza ricadere nelle illusioni dell’Afro-ottimismo che già si sono accese e spente nei decenni passati, questo saggio è una provocazione contro la pigrizia intellettuale e un antidoto contro le lobby che usano l’Africa per i propri scopi. Il nostro sguardo deve cambiare perché lo sguardo degli africani su se stessi sta cambiando. Fallito il modello degli aiuti, fallite le dittature e gli statalismi, mentre c’è chi tenta di importarvi il «modello asiatico», noi europei dobbiamo uscire dalla nostra passività. Quasi un ventennio fa, Federico Rampini fece scoprire agli italiani un’Asia nuova, in vorticoso cambiamento, con i bestseller Il secolo cinese e L’impero di Cindia. Oggi affronta con lo stesso approccio spregiudicato il Grande Sud globale, guidandoci nella sua riscoperta senza paraocchi, da testimone in presa diretta, attraverso reportage di viaggio e dando la voce a personaggi che fanno la storia.
Dal libro
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siti di ricerca letteraria al momento attivi: call for works
CFW: dal 24 luglio al 24 agosto 2025 è possibile inviare alla mail unica gammmatica [at] gmail.com proposte di pubblicazione di testi non assertivi (scritture di ricerca) e/o opere grafiche o verbovisive.
non opera omnia, non racconti, non romanzi, non poesie, non tavole parolibere futuriste.
accludere:
- una dichiarazione di originalità e libera pubblicabilità del materiale (= deve essere esplicitato che è di proprietà esclusiva di chi invia, e che – soprattutto se include materiali anche altrui – è libero da copyright);
- una liberatoria per la pubblicazione che esclude esplicitamente ogni impegno di carattere economico;
- una biobibliografia di massimo 10 righe;
- indirizzo email e postale
solo agli invii che verranno accolti sarà data risposta: se non c’è risposta entro il 30 settembre 2025, il materiale è da considerare non accolto.
lo spazio in rete che pubblicherà il materiale potrà essere uno dei seguenti (l’autrice o autore che invia può inoltre ricevere eventuali richieste di pubblicare opere diverse anche su più di una sede tra queste):
GAMMMATICA (rubrica della rivista cartacea “l’immaginazione”)
#ahida #asemic #asemicTelegram #callForPapers #callForWorks #cfp #cfw #compostxt #differx #differxNoblogs #eexxiitt #ELR #ELREsisteLaRicerca #EsisteLaRicerca #gammm #gammmatica #materialiVerbovisivi #nonAssertività #opereGrafiche #ponteBianco #pontebianco #scriptjrNl #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #slowforward #testiNonAssertivi
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la volpe e la finestra fanno insieme il grande spacc (glitch Firefox coi freeze a caso)
Regà, aiuto. Io vorrei ogni giorno arrivare a fine giornata senza bestemmiare, ma purtroppo non è fottutamente mai possibile, perché c’è sempre qualcosa che non funziona!!! E boh, ultimamente allora non capisco se sono io che sto diventando sempre di più una calamita per gli insetti digitali di merda, o se tra le tante cose è Firefox che è sempre più rotto… e stasera lui ha deciso di fare il seguente. 💩
Stavo facendomi i benedettissimi cazzi miei, quando così, dal nulla botto, noto che il merdardo inizia a laggare malissimamente… e noto anche che uno dei tanti processi del programma stava prendendo circa 2 GB di RAM — per fare cosa, non si sa bene, visto che ho anche l’estensione che scarica dalla memoria le schede inattive. Nel task manager di #Firefox appariva come “GPU”, e infatti, quando ho cliccato sulla X per ucciderlo, la finestra ha flashato un attimo… ma invece per Windows il processo era rimasto, e qui escono le rogne. 💔
A questo punto (ovviamente, perché l’utente vittima sono io) ha iniziato a peggiorare sempre di più, a tratti freezandosi per interi secondi mentre cercavo di navigare o scrivere… addirittura, nel fare Alt+Tab da finestre di altre app ad una del browser, sembrava non accadesse nulla, perché a schermo la finestra non appariva subito, impiegava secondi. Tutto questo, però, nel mentre che il video di YouTube in riproduzione sull’altro schermo (sempre in Firefox) filava liscio… il che rende tutto ancora più insensato. 😭
Quindi (e menomale, così tutti possono vedere la schifezza!) ho filmato la cacca, e si vede bene come in certi momenti prende e si blocca — cosa che si riflette in quel processo scassato che prende un intero core della CPU e diventa irresponsivo agli occhi di #Windows — poi appena si riprende digita in un colpo solo tutto quello che avevo scritto o esegue tutti i click che avevo cercato di inviare… fa schifo alla merda, e che cazzo! E alla fine si è pure incazzato di quanti click stavo facendo, perché ha preso ed è crashato completamente, senza permesso, cosa che mi avrebbe pure fatto perdere le schede in incognito aperte se non le avessi salvate in tempo (e questo non so se sia un crash interno o se è stato Windows che lo ha ucciso, ma qualunque sia la causa non si può continuare così… Non ce la faccio più!!! 😫😣)
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Incendi, segnalare si può e si deve. Anche i cittadini si organizzano
Sono giovani, hanno circa trent’anni, risiedono in comuni diversi della nostra isola, lavorano in settori differenti, ma si sono ritrovati attorno ad un interesse comune: la difesa del territorio. In particolar modo la difesa dalla distruzione degli incendi, che – estate dopo estate – divorano alberi, vegetazione, edifici, non risparmiando talora le persone.
Ecco perché Andreina […]
Leggi il resto: argocatania.it/2025/07/21/ince…
#emergenzaIncendi #GuardiaForestale #incendioDoloso #ProtezioneCivile #RegioneSiciliana #Territorio #VigiliDelFuoco
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nuovo post sul blog ‘esiste la ricerca’: un testo da “88/100”, di antonio vangone (déclic, 2025)
mtmteatro.it/antonio-vangone-u…
(n.b.: la preview dei testi può apparire sfocata, ma il testo si fa nitido cliccandoci su)
#88100 #AntonioSyxty #AntonioVangone #déclic #ELR #ELREsisteLaRicerca #EsisteLaRicerca #ManifattureTeatraliMilanesi #MTM #MTMManifattureTeatraliMilanesi #prosa #prosaBreve #ProsaInProsa #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca
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L’antilingua dell’itanglese
di Antonio Zoppetti
Il giornalista ferma un visitatore in fiera.
L’intervistato, in piedi davanti a lui, risponde alle domande un po’ balbettando, ma attento a dire tutto quel che ha da dire nel modo più preciso e senza una parola di troppo: “Visto che stamattina volevo fare una pausa per staccare, invece di andare a correre come faccio spesso, ho pensato di fare un giro in fiera per concedermi qualche acquisto. Ho scoperto che ci sono anche dibattiti e spettacoli. Mi sembra una manifestazione di alto livello e senza concorrenti, in questa piccola città di provincia”.
Impassibile, il giornalista riassume per il suo pubblico la sua fedele trascrizione: «Per un break e un po’ di relax, invece di fare jogging, meglio concedersi un tour in fiera e approfittarne per fare shopping. Tra talk e show, questo happening al top pare non abbia competitor in città.”
Ogni giorno, soprattutto da cent’anni a questa parte, per un processo ormai automatico, centinaia di migliaia di nostri concittadini traducono mentalmente con la velocità di macchine elettroniche la lingua italiana in un’antilingua a base inglese. Funzionari e tecnici, esperti e consigli d’amministrazione, redazioni di giornali e di telegiornali scrivono, parlano, pensano in itanglese.
Caratteristica principale dell’antilingua in itanglese è quella che definirei il «terrore semantico» verso l’italiano, cioè la fuga di fronte a ogni vocabolo che abbia di per se stesso un significato storico in italiano, da sostituire con elementi dal suono e dalla grafia in inglese, come se «concorrente», «giro» o «pausa» fossero parole oscene di fronte a competitor, tour o break, come se «rilassarsi», «fare compere» o «andare a correre» indicassero azioni turpi rispetto al relax, allo shopping e al jogging.
Nell’itanglese gli elementi distintivi dell’italiano sono costantemente allontanati, relegati in fondo a una prospettiva di vocaboli che devono suonare in inglese, anche a costo di risultare vaghi e sfuggenti.(…) Chi parla itanglese ha sempre paura di mostrare familiarità e interesse per le cose di cui parla, crede di dover sottintendere: «(…) La mia «funzione» è ben più in alto delle cose che dico e che faccio, la mia «funzione» è più in alto di tutto, anche di me stesso ». La motivazione psicologica dell’itanglese è la mancanza d’un vero rapporto con la nostra storia e cultura, ossia in fondo l’odio per se stessi. La lingua invece vive solo d’un rapporto con la vita che diventa comunicazione, d’una pienezza esistenziale che diventa espressione. Perciò dove trionfa l’iitanglese – l’antilingua di chi non sa dire «equivoco», ma deve dire «misunderstanding» – la lingua italiana viene uccisa.
A distanza di 60 anni, ho provato a riscrivere così il celeberrimo passo di Italo Calvino sull’antilingua (uscito su Il Giorno del 3 febbraio 1965), sostituendo gli esempi di “burocatichese” con quelli in itanglese. A parte qualche forzatura, questo attingere all’angloamericano sistematico e compulsivo è diventato la norma, nella comunicazione mediatica e in sempre più settori.
Nel brano originale era la lingua naturale e spontanea del testimone a essere riscritta nell’antilingua del verbale dei carabinieri. “Stamattina presto andavo in cantina ad accedere la stufa e ho trovato tutti questi fiaschi di vino dietro la cassa del carbone. Ne ho preso uno per bermelo a cena” diventava: “Il sottoscritto essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato per eseguire l’avviamento dell’impianto termico, dichiara d’essere casualmente incorso nel rinnovamento di un quantitativo di prodotti vinicoli, situati in posizione retrostante al recipiente adibito al contenimento del combustibile, e di avere effettuato l’asportazione di uno dei detti articoli nell’intento di consumarlo durante il pasto pomeridiano”.
Anche Claudio Marazzini ha osservato che “oggi l’inglese svolge appunto la funzione di burocratese e sfocia in quello che Calvino chiama antilingua, cioè una lingua che si stacca dalle parole dell’uso comune per rifugiarsi in un orizzonte vago e artificioso, proprio per questo rassicurante, in quanto evasivo rispetto alla realtà.” Per rendersene conto basta leggere il Sillabo per l’imprenditorialità sfornato dal Ministero dell’Università o il Piano scuola 4.0: “Per imparare a essere imprenditori non occorre saper lavorare in gruppo, bensì conoscere le leggi del team building, non serve progettare, ma occorre conoscere il design thinking, essere esperti in business model canvas e adottare un approccio che sappia sfruttare la open innovation, senza peraltro dimenticare di comunicare le proprie idee con adeguati pitch deck e pitch day. Più che un’educazione all’imprenditorialità, questo documento sembra promuovere un abbandono sistematico della lingua italiana e delle sue risorse nei programmi formativi delle forze imprenditoriali del futuro.”(C. Marazzini, “Ecologia degli idiomi nazionali: sostenibilità delle lingue e salute dell’italiano” in L’italiano e la sostenibilità, a cura di Marco Biffi, Maria Vittoria Dell’Anna, Riccardo Gualdo, goWare, Firenze 2023, pp. 166-167).
Tra le principali differenze tra l’antilingua e l’itanglese, la prima incarna la dissoluzione della chiarezza e della concretezza, il secondo va nella stessa direzione ma punta all’abbandono dell’italiano perché vuole infiorettare qualunque cosa con suoni inglesi. Inoltre, fuori dal gergo burocratico degli addetti ai lavori, nessuno difenderebbe lo stile dell’antilingua, nessuno auspicherebbe che un simile modello possa uscire dal suo ambito per penetrare nella letteratura, nella comunicazione di tutti i giorni e nella lingua comune. L’itanglese è invece preferito e ostentato dalle classi alte, si allarga grazie alle scelte lessicali considerate più prestigiose proprio in quelli che Pasolini definiva i centri di irradiazione della lingua, e che per Gramsci costituivano il modello linguistico delle classi dirigenti che poi si estende alle masse che lo prendono come canone e lo imitano. Basta pensare a una comunicazione delle Fs rivolta al cittadino che recita: “Per visualizzare i Barcode del tuo ticketeless effettua il Self Check-in dal tuo smartphone”, mentre si potrebbe formulare più chiaramente: “Per visualizzare i codici a barre del tuo biglietto digitale effettua il convalida dal tuo dispositivo”.
L’itanglese si amplia di giorno in giorno grazie alle scelte lessicali dei comunicatori che invece di impiegare la lingua del destinatario preferiscono educarlo al loro modello linguistico in cui l’anglicismo scalza l’italiano e la lingua di tutti. Ciò dipende da una cultura coloniale dove gli intellettuali non sanno far altro che formarsi su testi inglesi di cui si ripetono le pratiche e i concetti con le stesse parole, senza saperli e volerli tradurre in italiano. In questo contesto l’anglicismo ha il sopravvento, e sul principale quotidiano “italiano” – in una “newsletter” denominata “Big Bubble” – un’espressione incomprensibile ai più come fence-sitting (letteralmente “sedersi sul recinto”) viene usata al posto di indecisione o esitazione, in attesa che anche gli ignavi di Dante diverranno forse fence-sitter(s).
Tutto ciò avviene, giorno dopo giorno, con la complicità di certi linguisti ignavi, che invece di deprecare questo fenomeno lo difendono e lo accettano in nome di un presunto descrittivismo. Questi linguisti si limitano a registrare le parole “in uso” senza voler intervenire, ci raccontano, anche se non raccontano affatto che questo “uso” legittimatore è quello delle élite anglomani, non certo quello delle masse che lo subiscono. Così facendo credono di essere “neutrali”, ma non prendere posizione davanti a una lingua dominante che sta schiacciando l’italiano e lo sta facendo regredire e abbandonare, non significa essere neutrali, significa essere complici di un’anglicizzazione selvaggia che è l’effetto collaterale di una dittatura dell’inglese globale che sta mettendo a rischio le lingue nazionali sul piano della cultura, prima ancora di quello linguistico. E infatti, questi stessi linguisti descrittivi a fasi alterne, non si sognerebbero mai – in nome dell’uso – di legittimare il burocatichese o l’antilingua, che deprecano nonostante sia in uso in molti ambiti, così come non si fanno alcuno scrupolo a diramare linee guida per cambiare l’uso storico dell’italiano in nome del politicamente corretto, per mettere al bando parole come “negro” o “razza”, per educare alla femminilizzazione delle cariche o al linguaggio inclusivo. La sacralità dell’uso viene invocata per affermare l’itanglese, e messa sotto al tappeto negli altri casi, se fa loro comodo.
Con il senno di poi, l’antilingua di Calvino non ha avuto il sopravvento, è rimasta confinata nei suoi settori marginali del burocratichese, senza diventare lingua comune di tutti. L’itanglese, al contrario, si impone come una lingua “superiore”, moderna e internazionale; per qualche anglomane dalla mente colonizzata certe scelte di ricorrere all’anglicismo sarebbero addirittura “necessarie”.
#anglicismiNellItaliano #inglese #interferenzaLinguistica #itanglese #linguaItaliana #paroleInglesiNellItaliano #rassegnaStampa
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Promozione delle start-up in Burkina Faso, proposte sul tavolo.
Il 17 luglio 2025, l’Agence de financement et de promotion des petites et moyennes entreprises (AFP/PME) ha inaugurato presso l’hotel di città di Ouagadougou un laboratorio nazionale dedicato alla validazione dei progetti volti a promuovere la creazione e lo sviluppo delle startup in Burkina Faso. Questo incontro, conclusosi il 18 luglio, rappresenta una tappa importante nell’elaborazione di un quadro giuridico noto come “Startup Act”.
Il laboratorio riunisce tutti gli attori dell’ecosistema imprenditoriale, inclusi i rappresentanti dei ministeri responsabili delle PMI, delle Finanze, le strutture di supporto, gli incubatori, gli investitori, nonché imprenditori e startup provenienti da diverse regioni del paese. L’iniziativa è sostenuta dall’AFP/PME con il supporto del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUD).
Secondo Issa Traoré, direttore generale dell’AFP/PME, l’obiettivo non è solo quello di validare una legge, ma anche di assicurarne l’attuazione attraverso decreti applicativi, evitando così un testo incompleto o difficile da eseguire. Questo processo si inserisce in una visione ambiziosa di trasformare il Burkina Faso in un polo di innovazione, sia a livello africano che globale. Traoré ha sottolineato come il percorso sia stato intrapreso in maniera partecipativa, coinvolgendo attraverso vari workshop tematici organizzati tra marzo e giugno 2025, le parti interessate. Tali consultazioni hanno permesso di redigere un primo progetto di legge che tiene conto delle realtà delle startup burkinabè e delle best practice internazionali.
Traoré ha evidenziato che, sebbene le startup siano in forte crescita nel paese, esse affrontano notevoli sfide a causa della mancanza di un quadro giuridico chiaro, tra cui ritardi burocratici, accesso limitato ai finanziamenti e assenza di misure specifiche per incentivare l’innovazione. Ha inoltre affermato che questo futuro framework legale rappresenta già un’innovazione, frutto di una collaborazione con altri paesi africani come Tunisia e Senegal, pionieri nel settore. Una volta adottato, il testo dovrà definire chiaramente lo status di startup, offrire incentivi fiscali, semplificare le procedure amministrative e garantire la protezione della proprietà intellettuale sui progetti innovativi.
Seydou Ilboudo, consigliere tecnico che rappresenta il Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato (MICA), ha aperto i lavori sottolineando l’importanza di un quadro legale specifico per superare gli ostacoli istituzionali e normativi che rallentano il potenziale imprenditoriale del paese. Ha enfatizzato la necessità di unire gli sforzi dello Stato, del settore privato e dei partner tecnici e finanziari per sostenere questa iniziativa. Ilboudo ha anche richiamato l’attenzione sulla gioventù della popolazione burkinabè, con quasi il 67% sotto i 30 anni, e ha affermato che il testo contribuirà a creare posti di lavoro, rafforzare l’auto-imprenditorialità e migliorare l’occupabilità di giovani e donne. Temi fra l’altro cari anche alle istituzioni europee che negli anni passati hanno finanziato, anche in Alto Adige, diversi progetti per promuovere, formare, sostenere iniziative di tale genere, soprattutto in un momento in cui la questione occupazionale era piuttosto grave. Quando le aziende non assumono, avere la possibilità di arrangiarsi, ricavandosi magari una nicchia lavorativa, permette alle persone di avere una fonte di sostentamento.
Il PNUD, partner strategico del progetto, considera Startup Act uno strumento di sviluppo sostenibile (anche questo, un concetto chiave delle politiche economiche dell’Europa, che si cerca di esportare nei paesi meno sviluppati). Dieudonné Kini, rappresentante ad interim del PNUD, ha dichiarato che le startup rappresentano un elemento chiave per l’innovazione, la creazione di posti di lavoro e la trasformazione economica del paese. Ha ricordato che l’innovazione è un settore ad alto potenziale ma anche ad alto rischio, richiedendo un contesto protettivo. Sono anche fra le attività a maggior rischio di fallimento. “Le startup non sono solo un fenomeno passeggero; esse possono trasformare un’economia”, ha affermato Kini, sottolineando l’importanza di fornire ai giovani talentuosi del Burkina Faso le risorse necessarie per esprimere il loro potenziale.
Issa Traoré ha ribadito che l’iniziativa rappresenta una risposta concreta a un’esigenza nazionale, sottolineando la necessità di soluzioni per migliaia di laureati disoccupati che si aggiungono ogni anno (proprio come in Italia…). Le startup, grazie al loro potenziale di rapida crescita, potrebbero fungere da vettore non solo per la creazione di posti di lavoro, ma anche per la generazione di introiti ed il miglioramento della competitività del paese. Ricordiamo che in Burkina Faso si tengono o si sono tenuti eventi ad alto tasso d’innovazione come il Panafrican Robotics Fair (PARF) nel 2021, il recente forum sull’intelligenza artificiale, i quali rappresentano solo un primo passo verso la concrete realizzazione ed attuazione di progetti nei settori a più alto tasso d’innovazione, dove spesso sono proprio le startup a fare da motore trainante.
Al termine delle due giornate di lavoro, i risultati finali saranno elaborati e trasmessi al Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato. La fase successiva del processo sarà responsabilità del governo, con l’obiettivo di una rapida approvazione del decreto Startup Act.
Fonte: lefaso.net
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Donne, streghe e Medichesse: il dono della cura
Indice dei contenuti
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- Erika Maderna: scopriamo l’autrice!
- Donne per le donne: quando la cura diventa dono
- L’impalcatura e l’estetica del libro
- Il dono della cura: dentro e fuori!
Buongiorno cari lettori! Oggi voglio parlavi di questa nuova collaborazione con Aboca editore. Mi sono avvicinata ai libri di Aboca da qualche anno e ora ho avuto il piacere di approfondire i loro testi grazie a questo libro che mi hanno gentilmente mandato dopo il salone del libro. Prima di tutto ringrazio la casa editrice e la responsabile ufficio stampa Elisa per la fiducia che hanno avuto nei miei confronti e in secondo luogo il blog che mi ha permesso di raggiungere notevoli risultati ed avere l’accredito.
Iniziamo però questo racconto attraverso il libro Medichesse e di che cos’è per l’autrice e per me il dono della cura!
Titolo: Medichesse: la vocazione femminile alla cura
Autrice: Erika Maderna
Casa editrice: Aboca Editore
Data pubblicazione: 2022
Formato: Cartaceo
Pagine: 208
Link: abocaedizioni.it/libri/mediche…
OGNI ERBA DOTATA DI SPECIALI POTERI, QUALUNQUE RADICE UTILE A GUARIRE NASCA IN TUTTO IL MONDO, È MIA.
Erika Maderna: scopriamo l’autrice!
Erika Maderna, laureata in Etruscologia e Archeologia Italica presso l’Università degli Studi di Pavia, si è stabilita anni fa nella Maremma toscana, spinta dal richiamo della terra degli Etruschi. Vive a Grosseto, dove insegna, scrive articoli, traduzioni e saggi di cultura e archeologia classica. Per Aboca Edizioni ha scritto: Aromi sacri, fragranze profane. Simboli, mitologie e passioni profumatorie nel mondo antico (2009), Le mani degli dèi. Mitologie e simboli delle piante officinali nel mito greco (2016), Con grazia di tocco e di parola. La medicina delle sante (2019), Medichesse. La vocazione femminile alla cura (2021), Per virtù d’erbe e d’incanti. La medicina delle streghe (2023) e La memoria nelle mani. Storie, tradizioni e rituali delle levatrici (2024).
Donne per le donne: quando la cura diventa dono
Donne, questo il grande tema del libro! Attraverso le pagine del saggio riusciamo ad accogliere ed apprezzare ruoli particolari del mondo femminile. L’autrice ripercorre il mondo della medicina e della cura come dono negli anni della storia dell’esistenza umana partendo dall’antichità fino al XVII secolo.
Un elemento che mi ha colpita particolarmente è la prefazione della Dottoressa Rita Pagiotti docente di botanica della prestigiosa Università di Perugia. Ho trovato interessante l’apertura mentale della dottoressa che anzichè additare come “pazze” queste donne le ammirava. Non è facile trovare qualcuno che possa avere questa opinione dal mondo accademico e ne sono rimasta piacevolmente stupita!
Altro aspetto molto interessante, dal mio punto di vista, è la bibliografia particolareggiata e che permette al lettore di approfondire ogni aspetto del libro tramite altri saggi altrettanto accattivanti.
E’ visibile fin dalle prime pagine la profonda ricerca della Dottoressa Maderna e della sua passione per questi temi.
L’impalcatura e l’estetica del libro
Dal punto di vista della struttura del libro, troviamo sicuramente un font e interlinea agevole che permette al lettore di immergersi senza difficoltà nel testo.
Il libro è arricchito da elementi estetici come foto e tavole di botanica che rendono il testo ancora più interessante da osservare. Un elemento che apprezzo molto è quando il libro diventa oggetto estetico e in questo caso la casa editrice è riuscita a farlo nel modo migliore.
Tra queste foto troviamo anche ricette antiche di Metrodora e Trotula, due delle più importanti medichesse di qiesto saggio.
La copertina è notevolmente curata, di buona fattura e che vale tutti i soldi del testo.
Il dono della cura: dentro e fuori!
Affrontare questo libro è sicuramente un momento di cura, di accettazione e di riflessione. Già dalle mie parole iniziali avrete capito che in generale ho amato questo testo ma approfondiamo meglio il perchè.
La lettura è molto rapida ad avvincente nonostante si tratti di un saggio e a prima vista possa risultare “pesante” o un ostacolo per chi non è avvezzo a questo mondo.
Ad esempio nel primo capitolo si narra di come le dee guaritrici e taumaturghe sono state declassate a maghe, streghe e fattucchiere e nel migliore dei casi diventate erboriste. Viene raccontato di come la loro conoscenza antica sia stata portata avanti dalle donne per via oracolare e nascosta, tramandata di madre in figlia e di come la medicina degli uomini sia sempre stata vista come “migliore” a discapito di quella delle donne che erano relegate a professioni come ostetriche o cosmetologhe.
Nello stesso capitolo vengono citate a esempio Igiea e Panacea, figlie di Esculapio, che curavano e guarivano.
Riassumendo, ed andando alle conclusioni, ritengo che sia un testo che tutti gli appassionati delle erbe e della storia della medicina femminile e alternativa debbano leggerlo.
La scrittrice permette di rendere di facile lettura argomenti storici, magari anche ostici, ed innamorarsi di ogni singolo personaggio citato.
Non vedo l’ora di leggere altro di questa autrice, il mio voto complessivo del libro non può che essere di 5 stelle su 5!
Vi ringrazio come sempre di aver letto questo articolo, per ogni curiosità o richiesta potete compilare il modulo sottostante.
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#aboca #erbe #erboristeria #erikaMaderna #medichesse #recensioneLibri #storia
Donne, streghe e Medichesse: il dono della cura
Donne, streghe e Medichesse: il dono della cura - Il Mago di OzMargherita Bertola (Magozine.it)
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expanded cinema. art. performance. film
a cura di A.L. Rees, Duncan White, Steven Ball, David Curtis (2011)
Expanded Cinema Art Performance Film : A.L. Rees, Duncan White, Steven Ball, David Curtis : Free Download, Borrow, and Streaming : Internet Archive
Essay collection about expanded cinema, foregrounding British, American, German artists and writers.ContentsPreface by A.L. Rees, Duncan White, Steven Ball,...Internet Archive
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Nuovo coordinatore nazionale antifrode (CNLF) in Burkina Faso.
Il nuovo Coordinatore nazionale antifrode (CNLF), Dr. Mohamadi Compaoré, è stato ricevuto in udienza dal Controllore generale dello Stato, Lassané Compaoré, presso l’Autorità superiore per il controllo dello Stato e la lotta contro la corruzione (ASCE-LC). Questo incontro si è svolto a seguito di una richiesta da parte del CNLF, desideroso di presentarsi ufficialmente e di esprimere la propria intenzione di instaurare una cooperazione fruttuosa con l’ASCE-LC, volta a garantire una maggiore efficienza nella lotta contro le pratiche fraudolente e l’imperante corruzione.
Il Dr. Compaoré ha messo in evidenza come la frode e la corruzione rappresentino due aspetti interconnessi di uno stesso problema, portando conseguenze devastanti per l’economia del Burkina Faso. In questo contesto, ha sottolineato l’importanza cruciale della collaborazione tra istituzioni per raggiungere risultati tangibili e duraturi nella lotta contro questi fenomeni negativi.
Dal canto suo, il Controllore generale dello Stato ha ribadito la necessità di un’efficace cooperazione fra le diverse istituzioni, essenziale per garantire una gestione sana e virtuosa delle risorse pubbliche del Paese. Le discussioni tra i due funzionari hanno dunque condotto alla definizione di una serie di azioni congiunte. Entrambi si sono impegnati non solo a intensificare la lotta contro la frode e la corruzione, ma anche a porre le fondamenta per un sistema permanente destinato a ridurre questi flagelli alle loro manifestazioni più semplici.
Questo incontro segna un passo significativo nella direzione di un impegno condiviso e coordinato, mirato ad una maggiore trasparenza ed equità.
Come associazione operante in Burkina Faso non possiamo che auspicare che il nuovo venuto porti realmente a dei cambiamenti soprattutto nel settore delle dogane, dove la corruzione raggiunge livelli altissimi ed i nostri container per poter attraversare il confine devono sottostare a sempre più pesanti vessazioni economiche, cosa in altre nazioni africane non avviene, in quanto gli aiuti umanitari non sono sottoposti a dazi.
Fonte: lefaso.net
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iante roach, “gaza ora”, al teatro india, 22 luglio, h. 21
Iante Roach, direttrice creativa, presenta lo spettacolo
GAZA ORA
ritratti da Hossam
Roma – Teatro India, martedì 22 luglio 2025
youtu.be/byvS_5e9CvE
(intervista audio a cura di Federico Raponi)
info
teatrodiroma.net/spettacoli/st…
tuttascena1.wordpress.com/2025…
#FedericoRaponi #Gaza #GazaOra #IanteRoach #RitrattiDaHossam #teatro #TeatroIndia
Gaza ora - Ritratti da Hossam - Teatro di Roma
All’ombra del gazometro, un fiume in piena di musica, teatro, incontri e performance. Un’estate immersiva di arte e comunità al Teatro India un’offerta artistica intergenerazionale trasforma gli spazi teatrali in un dinamico punto di riferimento per …Teatro di Roma
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Jon Jones e la Casa Bianca? Dana White dice “Non è affidabile”. Ma sappiamo tutti che è solo negoziazione
Anche stavolta Jon Jones riesce a essere protagonista senza combattere. E lo fa alla sua maniera: con Dana White che lo piazza tra i “troppo rischiosi” per il grande evento UFC alla Casa Bianca previsto per il 4 luglio 2026. Hai letto bene: UFC alla Casa Bianca. Ma senza Bones.
Dana frena: “Non posso permettermi il rischio”
In un’intervista recente, Dana White è stato chiarissimo:
“Non posso rischiare di metterlo in una posizione così importante e che qualcosa vada storto. Soprattutto con la card della Casa Bianca.”
Tradotto: “Ci fidiamo talmente poco che non vogliamo sorprese sul prato della residenza presidenziale.”
E se conosci anche solo un po’ il passato (burrascoso) di Jones, capisci che Dana forse, forse, non ha tutti i torti.
Quanto possiamo credere alle parole di Dana White?
ZERO.
Perché dico questo?
- Dana è un venditore, e in quanto tale mente
- Dana vuole negoziare con Jon Jones la paga ed escluderlo dai giochi lo fa partire da una posizione migliore
- Dana vuole tenere in mano la narrazione: sparare adesso, a 1 anno di distanza il main event brucerebbe tutto lo storytelling.
- Quando Dana White dice “mai più” è solo questione di tempo prima che accada l’esatto contrario.
Sarebbe anche divertente vedere un britannico britannico (Aspinall) sdraiare un americano (Jones) alla Casa Bianca alla festa della liberazione statutinitense.
Non penso sia proprio il sogno dell’ufficio stampa UFC.
Jon Jones, Aspinall, retirement, e il solito tira-e-molla
Se ricordate Jon Jones ha (di nuovo) rinunciato al ritiro, è tornato nel programma antidoping e ha dichiarato che sarebbe felicissimo di combattere in quell’evento storico. Questo dopo un paio di mesi che si era ritirato.
L’idea come dicevo? Quella che tutti vogliono: Jon Jones vs. Tom Aspinall.
Peccato che Dana oggi ci crede meno di chi aspetta Half-Life 3.
Il problema delle superstar “inaffidabili”
Il punto non è solo Jones. Qualcuno l’ha detto bene:
“I più grandi nomi dell’UFC – Conor e Jones – sono anche i meno affidabili.”
E per un evento delicato, con i riflettori di tutto il pianeta, Dana vuole sicurezze. E forse Bones non è la figura giusta, nonostante sia il GOAT di tanti.
Conor al momento è ridotto malissimo, tra abuso (presunto) di stupefacenti e dick pic. Lo vedo più fare qualcosa con Diprè che nell’ottagono.
Che succede ora?
Resta da vedere se sarà davvero Jones ad essere tagliato fuori oppure se tra un paio di mesi Dana cambierà idea (di nuovo).
Intanto, il countdown per il 4 luglio 2026 è partito. L’idea di una Card USA vs UK / resto del mondo è quella che caldeggiano in molti, ma qualcuno dovrà decidere se fare una card super stacked di campioni, oppure fare una card di mismatch per il sogno americano
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il fascio-sionismo italiano
certe cose ricordiamocele e ripetiamole, è importante:
il rifiuto dell’italia neofascista di riconoscere lo stato di Palestina
(21 febbraio 2025)
slowforward.net/2025/02/28/sul…
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beit hanoun, gaza, luglio 2025
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“I reviewed Pirate Software’s Code. Oh boy…” (Coding Jesus vs Pirate Software e la situazione si fa eterna)
A quanto pare, il tizio del software pirata, Pirate Software, dopo la sua grande caduta dall’altare da cui predicava non è semplicemente finito sul colpo… bensì, la gente sta scavando. E oooh, se dalla terra stanno uscendo cose… e, in questo caso, incuriosiscono anche me, perché intrecciano due grandi mie passioni: il gaslighting, e lo sviluppo software; nella prima il signorino ha evidentemente appena fallito, mentre sembra che direttamente non sia proprio del mestiere, riguardo la seconda, che nel suo caso è nel campo dei videogiochi… 😰
In particolare, il signore è entrato in questioni con un certo Gesù del Coding (e i nomi in questa storia stanno diventando così surreali che davvero inizio a pensare al fatto che, nonostante tutto, viviamo proprio nel migliore dei mondi possibili…), che ha osato fare code review del suo giochino RPG, Heartbound (nome, ancora, scelto veramente a cazzo, visto che sul momento ho pensato fosse il gioco di Nintendo dello stesso genere e probabilmente in parte d’ispirazione, Earthbound; e pronunciati a voce anziché scritti, ovviamente, la differenza non la noterebbe nemmeno chi a differenza mia ha un cervello funzionante)… e ne è uscito fuori veramente da piangere come mai prima d’ora. 😿
Sostanzialmente, questo RPG (che dicono essere estremamente mid dal punto di vista del gioco in sé, ma non avendo voglia nemmeno di provare la demo non mi esprimo su ciò) sarebbe in sviluppo da una roba come 7 anni, avendo ricevuto finora tipo 20mila dollari di raccolta fondi, e non va avanti. Questo, a detta sua, è perché sta avendo problemi con la scrittura… ma invece no: è perché il suo codice è uno spaghetto di livello extraterrestre, molto semplicemente. Ah, e anche perché, invece di lavorare per davvero allo sviluppo, è ogni giorno in live a yappare o a fare gaming… e la cosa mi ricorda stranamente un altro sviluppatore indie a suo tempo ancora più perculato, ma non voglio divagare già ora… ☠️
Tornando al punto: Coding Jesus, in un suo video, ha preso tutti i frame dove si vedeva codice del gioco nelle sue live (che, per essere nel corso di mesi e mesi, sono sorprendentemente pochi), e lo ha semplicemente distrutto. Questa non è una code review che si può spiegare in due parole… ma, in breve, Thor (si, anche lui stesso ha un nome assurdo, per chi non lo avesse ancora afferrato…) dimostra praticamente di non afferrare i principi base di programmazione; il codice è completamente inmantenibile, ma a livello praticamente da meme. 🤥
youtube.com/watch?v=HHwhiz0s2x…
Il problema di tutta la storia, ovviamente, non è di per sé il fatto che questo qui sia un incapace patentato… ma che ha un ego smisurato, che ha praticamente mentito sulla sua intera carriera professionale (pur se non inventando cose di sana pianta, solo omettendo o manipolando alla grande i piccoli dettagli), che a riguardo di questo suo progetto racconta tutt’ora di continuo sempre e solo palle pur di non ammettere la tragica situazione reale che lo riguarda, e che in generale sembra essere ben più interessato a pavoneggiarsi che a fare quello che dice di voler fare! Oh, io sono la prima che dice che è assolutamente sacrosanto il diritto a creare anche la merda; fateli i giochi, assolutamente, pure se non sapete programmare… ma non fate la voce profonda per apparire più saggi di quello che siete davvero, vi prego! 😭
E boh, mi permetto persino una riflessione spaventosamente reale qui, perché nessuno sembra averla fatta: è specialmente curioso che, quando escono queste controversie riguardo sviluppatori indie, sono sempre sviluppatori di videogiochi. Non che ne escano tantissime eh — e, infatti, l’unico pensiero parallelo a questa storia che gira nella mia mente riflettendoci è che questo Thor è letteralmente il nuovo YandereDev per quanto mi riguarda, e non riesco minimamente a confutare questa mia ipotesi stellare — però boh, in altri casi esce poco… Sarà forse che, negli altri casi, da un lato è puramente il codice a parlare, mentre dall’altro i polli che donano migliaia di soldi sulla pura fiducia non ci sono? 🥴
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Estate 2025, la stagione delle vongole sulla spiaggia di Jinhu – 金Chill演唱會.
La Stagione delle Vongole sulla Spiaggia di Jinhu 2025 è ufficialmente decollata con un successo straordinario! Lo scorso 20 luglio, il concerto JinChill (金Chill演唱會), tenutosi presso il caposaldo E-082B di Jinhu, ha attirato quasi diecimila spettatori entusiasti, creando un’atmosfera vivace e contagiosa che ha reso questa serata un evento memorabile.
L’energia è stata alle stelle fin dall’inizio, grazie alla brillante presentazione del DJ Yuanyuan e del carismatico Mei Xianzhi. L’apertura è stata affidata al talentuoso gruppo di danza KDC, che ha infuso ritmo e vitalità nella serata estiva. Il pubblico non ha potuto resistere: tutti ballavano e cantavano, immersi in un’atmosfera di festa che ha riempito l’aria con gioia e allegria.
Il cast di artisti presente era di tutto rispetto, anche se ai lettori italiani i nomi diranno ben poco (ma anche a me). Si sono esibiti An Yuchen, Li Jieming, Chen Xinyue, Zeng Peici, Xiao Bingzhi e Lou Junshuo / 婁峻碩, regalando al pubblico emozioni con brani che spaziavano dalle ballate delicate ai ritmi travolgenti del rock e del rap. Con le classiche trekking lite in mao, gli spettatori hanno creato un vero e proprio spettacolo di luci, rendendo il momento romantico ma al contempo carico di energia giovanile, perfetto per le calde notti di Jinhu.
Ma il JinChill non si è fermato solo alla musica! I partecipanti hanno potuto esplorare un mercatino vivace e accattivante, assaporando specialità locali tra i profumi dei piatti tipici di Kinmen, il tutto sotto un cielo stellato e una dolce brezza marina. Ogni angolo del caposaldo E-082B si è trasformato in un palcoscenico magico, pieno di luci, risate e momenti indimenticabili.
Il sindaco di Jinhu, Chen Wengu, ha sottolineato l’importanza della Stagione delle Vongole nel promuovere i temi di “mare, cultura e turismo” del distretto. Ha descritto come questo evento sia riuscito a mescolare musica, mercatini e turismo, attirando visitatori da Taiwan e oltre mare, creando così un evento culturale che celebra la bellezza di Jinhu. L’obiettivo? Lasciare un ricordo profondo e positivo della località attraverso esperienze varie: concerti, gastronomia e momenti da immortalare, condividendo il lato più “chill” dell’estate di Kinmen (io vorrei vederci una sessione DJ di Moroder…).
Inoltre, il sindaco ha evidenziato come il concerto stimoli l’economia locale e incentivi il ritorno dei giovani nel paese, augurandosi una continua crescita di questa manifestazione come brand estivo di Kinmen, aperto a tutta la comunità e ai visitatori.
Mentre il “JinChill” si è concluso in un clima festoso, la Stagione delle Vongole 2025 proseguirà con un ricco calendario di eventi nei prossimi giorni, tra cui attività interattive per famiglie, show, musica, esperienze locali e molto altro. Non mancherà la finale del concorso “Piccoli angeli delle Vongole”, invitando tutti a unirsi alle celebrazioni estive sul mare.
Il Comune di Jinhu invita calorosamente residenti e visitatori a continuare a scoprire il caposaldo E-082B, un luogo ideale per scattare foto, che normalmente ospita un’esposizione sugli uomini rana di Jinmen, come potete vedere dal link che rimanda all’articolo di questo sito riguardo al caposaldo in questione.
Va notato come il comune di Jinhu, sia piuttosto esteso, tuttavia la parte orientale è solitamente considerata poco sviluppato dal punto di vista turistico, ed anche il meno attraente per i giovani; già Jinmen non è certo Taipei (e questo non è necessariamente un male), ma l’area est di Jinhu rispetto alle altre offre meno soluzioni abitative per i turisti, meno eventi, ed è quindi poco attrattiva per i giovani. In compenso la notte è molto silenziosa… Ad ogni modo eventi come JinChill costituiscono una grande occasione sia per i locali che per i turisti per fare un po’ di baldoria insieme e respirare l’accattivante atmosfera estiva dell’arcipelago.
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‘compostxt’ e ‘ponte bianco’: post (relativamente) recenti
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pontebianco:
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Uno degli esiti del boom della scolarizzazione è il forte divario culturale che si viene a creare tra vecchie e nuove generazioni
L’utilizzo del termine “giovani” non ha un carattere neutrale né universalmente stabilito o definito a priori. Esso – così come la categoria di classe sociale, del resto – rientra nell’ambito di quella nomenclatura di cui gli storici si avvalgono in relazione allo studio del passato, che segmentano ed etichettano per meglio dotarlo di senso e, quindi, per conferirgli la capacità di essere oggetto di narrazione. In tale orizzonte rientra anche il concetto di “generazione”, sulla cui utilità ha insistito fra gli altri lo storico Marc Bloch18, e che ha avuto notevole fortuna storiografica in anni più recenti <19.
Una ricognizione storica che voglia avvalersi della categoria di gioventù non può prescindere dal provare a darne una sia pur succinta chiarificazione, essendo la classificazione per fasce d’età suscettibile di declinazioni le più varie: non in tutte le società né in tutte le culture, in termini tanto sincronici quanto diacronici, si diventa giovani – ammesso che lo stesso concetto esista – nel medesimo istante, così come varia il raggiungimento della “maturità” e l’inizio dell’età adulta. C’è chi ha parlato di invenzione della gioventù <20, in riferimento alle trasformazioni avvenute nei paesi occidentali nel secondo dopoguerra, consistenti nell’affermazione di società affluenti, caratterizzate da un sistema di mercato improntato alla massificazione dei consumi, improntate a un sistema politico democratico basato sulla larga partecipazione della popolazione ai meccanismi di decisione politica per mezzo degli strumenti della delega e della rappresentanza. In questo contesto la dimensione giovanile acquista una specificità propria, che si esprime in termini socioculturali, nell’adozione di mode, costumi e modelli di consumo specifici, in forme particolari dell’agire politico <21.
Per convenzione le statistiche ufficiali sono solite operare le proprie ricognizioni mediante l’uso di varie disaggregazioni per classi di età, la più comune delle quali raggruppa le fasce 15-19 anni, 20-24 e 25-29, in ciò allineandosi con i principali orientamenti sociologici in termini di aggregato giovanile. Una prima definizione di gioventù può quindi darsi a partire dalla sua collocazione nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 29 anni <22, che è poi quella in cui rientrano, con qualche approssimazione, gli studenti delle scuole medie superiori e dell’università, fino ai primi anni di ingresso nel mercato del lavoro. Nel caso che qui interessa sarà inoltre opportuno coniugare alla riflessione sul soggetto giovanile la categoria di generazione, in particolare in riferimento al confronto fra i “giovani del ’68” e quelli del ’77, laddove con generazione non si indica la dimensione puramente anagrafica, ma si rimanda alla partecipazione di un gruppo di persone di età diverse (grosso modo comprese nel range individuato per la categoria di giovani, ma comprendente anche i trentenni) a un dato evento storico <23.
Nel corso degli anni settanta il riferimento ai soggetti giovanili assume toni più cupi di quelli, principalmente moralistici e denigratori, utilizzati nei confronti dei “capelloni” che acquistano visibilità pubblica nel corso del decennio precedente. Due fattori, legati fra loro, hanno nel frattempo modificato il quadro: l’aumento dei tassi di scolarizzazione e la crisi economica con il suo portato di disoccupazione, in special modo per le fasce più giovani della società. Nel periodo compreso tra l’inizio degli anni cinquanta e la metà dei settanta, per effetto dei più complessivi processi di modernizzazione che hanno investito il paese, si è difatti avuto un aumento consistente e costante delle iscrizioni agli istituti di formazione secondaria superiore (a partire da dati iniziali estremamente bassi, pari nel 1951 al 10% sul totale della popolazione con età scolastica corrispondente), anche in virtù della riforma che nel 1962 introduce la scuola media unica e eleva l’obbligo scolastico a 14 anni. Nell’arco di un ventennio il numero di iscritti praticamente quadruplica, raggiungendo il tasso del 50% sul totale della leva demografica corrispondente (vedi tabella 2).
Un tale incremento incide necessariamente anche sul tasso di immatricolazioni all’università, che cresce anch’esso in maniera cospicua dando all’istituzione caratteristiche compiutamente di massa, senza che una riforma organica ne abbia peraltro rivisto i meccanismi di funzionamento – e un discorso simile può essere fatto per il mondo della scuola -, malgrado nel corso di tutti gli anni sessanta una serie di provvedimenti legislativi intervenga sulle barriere all’accesso, liberalizzando di fatto le iscrizioni, fino a quel momento riservate nella quasi totalità dei casi a coloro che provengono dal liceo classico <25. Al giro di boa del decennio settanta le matricole sono di quattro volte superiori quelle registrate all’inizio degli anni cinquanta (vedi tabella 3).
Come si vede, il tasso di laureati rimane molto basso sul totale degli iscritti per tutto il periodo considerato (registrando anzi una flessione percentuale nell’anno accademico 1976-77): ciò dipende da una struttura accademica ancora arretrata, che non consente che al boom delle immatricolazioni corrisponda un’effettiva possibilità anche per i meno abbienti di proseguire con profitto gli studi. Inoltre, la massificazione dell’istituzione universitaria raggiunge il suo apice proprio nel momento in cui la crisi economica restringe notevolmente le possibilità di lavoro per una manodopera peraltro sempre più scolarizzata e qualificata. Notano Cavalli e Leccardi che “uno degli esiti del boom della scolarizzazione, accanto alle difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro per un numero crescente di giovani in possesso di un titolo di studio medio/superiore, è il forte divario culturale che si viene a creare tra vecchie e nuove generazioni. De Mauro, definendo «drammatico» questo divario, sottolinea come le generazioni più giovani, nel corso degli anni settanta, risultino per la prima volta nel nostro paese, «quattro, cinque volte più istruite, più colte nel senso tradizionale scolastico del termine, delle generazioni più anziane». Questi elevati livelli di istruzione, mentre tendono a creare difficoltà di comunicazione e conflitti con le figure familiari adulte, funzionano anche, in parallelo, come potente fattore di omogeneizzazione culturale del mondo giovanile” <27.
Il quadro che risulta tratteggiato dal sommarsi di disoccupazione intellettuale e non, ampio ricorso al lavoro nero e sottopagato <28 ed elevati livelli di conflittualità sociale rende la “questione giovanile” uno dei temi centrali di questi anni. Essa, nell’assumere risvolti di critica antisistema e di rivolta violenta all’ordine delle cose, accresce nei commentatori, negli analisti, nelle classi dirigenti e nelle letture politiche dei partiti di massa la percezione dell’avvento di una nuova “classe pericolosa”, da esorcizzare e convertire in “classe laboriosa” <29.
[NOTE]19 Per un’utile rassegna storiografica cfr. Francesco Benigno, Parole nel tempo. Un lessico per pensare la storia, Viella, Roma 2013, pp. 57-77 (voce «Generazioni»).
20 Vi è chi, d’altronde, retrodata le origini del fenomeno alla fine dell’Ottocento (Jon Savage, L’invenzione dei giovani, Feltrinelli, Milano 2009) o, addirittura, ai riti d’iniziazione del Cinquecento (Patrizia Dogliani, Storia dei giovani, Bruno Mondadori, Milano 2003). In questa sede, sebbene l’affacciarsi di ragazzi e ragazze sulla scena pubblica si sia realizzato in fasi diverse e anche molto più remote, si privilegia la considerazione del carattere eccezionale che riveste l’individuazione della gioventù nella seconda metà del ’900: obiettivi privilegiati del mercato di consumo, oggetto di studi e, soprattutto, di opere d’ingegno ad essi dedicate (dalla narrativa al cinema, alla musica ecc.), si può approssimativamente sostenere che i giovani inizino a riconoscersi in quanto tali in questo periodo, rivendicando – con pose, culture, stili, idiomi propri – l’appartenenza a una generazione più definita nei suoi contorni rispetto al passato.
21 Cfr. G. Crainz, Il paese mancato, cit., pp. 190-200. Cfr. inoltre S. Lanaro, Storia dell’Italia repubblicana, cit., p. 272 («Quando esibiscono la maglietta, i blue-jeans [corsivo nell’originale] e il giaccone di cuoio, i giovani diventano un gruppo, una classe, una categoria […]») e pp. 322-25 per l’aspetto culturale del fenomeno.
22 Si veda Alessandro Cavalli e Carmen Leccardi, Le culture giovanili, in F. Barbagallo et al. (progetto e direzione), Storia dell’Italia repubblicana, cit., vol. 3, L’Italia nella crisi mondiale. L’ultimo ventennio, 2. Istituzioni, politiche, culture, pp. 707-800, in particolare pp. 710-11.
23 Per un confronto fra le due generazioni cfr. A. De Bernardi, I movimenti di protesta e la lunga depressione, cit.
24 A. Cavalli e C. Leccardi, Le culture giovanili, cit., p. 714.
25 Cfr. A. Lepre, Storia della prima Repubblica, cit., p. 223. Si veda anche, per una panoramica più complessiva, Giuseppe Tognon, La politica scolastica italiana negli anni Settanta. Soltanto riforme mancate o crisi di governabilità?, in L’Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta, cit., vol. 2, Fiamma Lussana e Giacomo Marramao (a cura di), Culture, nuovi soggetti, identità, pp. 61-87.
26 A. Cavalli e C. Leccardi, Le culture giovanili, cit., p. 719.
27 Ivi, p. 777.
28 L’occupazione illegale e occasionale è stimata al 13-14% della forza lavoro complessiva nel periodo considerato: i giovani costituiscono il 70% di tale fenomeno, e un terzo di essi vanta alti livelli di scolarità. Cfr. Paolo Bassi e Antonio Pilati, I giovani e la crisi degli anni Settanta, Editori Riuniti, Roma 1978, p. 33.
29 Cfr. P. Dogliani, Storia dei giovani, cit., p. 4.
Salvatore Corasaniti, Quando parla Onda Rossa. I Comitati autonomi operai e l’emittente romana alla fine degli anni settanta (1977-1980), Tesi di dottorato, Sapienza – Università di Roma, Anno accademico 2017-2018
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La popolazione del Molise non avrebbe resistito ancora a lungo con le semplici preghiere
Il 6 ottobre [1943] la banda Porfirio assaltò sul ponte Tufillo sul Trigno «una piccola colonna vettovagliamento uccidendo due tedeschi, altri tre morti il nemico li subì a Pietracupa (Campobasso) ed un altro a Colle della Calcara (Trivento)» <4076. Il 14 ottobre, mentre gli alleati entravano a Campobasso <4077, gli uomini della Porfirio si scontrarono con pattuglie nemiche a Montagano e la sera stessa dopo che nel paese era sopraggiunta una «Compagnia Americana» che li rifornì «di mitragliatrici ed indumenti» <4078, riuscirono a respingere un assalto nemico facendo 2 prigionieri tra i tedeschi, e non riportando alcuna perdita tra le proprie fila <4079.
Al contempo la banda riuscì ad organizzare un più che valido servizio informazioni a favore degli alleati «per far bombardare autocolonne Tedesche» grazie a cui il 22 ottobre tre «Spitfire» <4080 operarono la distruzione di un grosso autocarro carico di munizioni a Montelungo <4081 ed il bombardamento di un accampamento tedesco vicino Agnone <4082 facendo parecchi morti <4083. Ancora grazie alle informazioni dei partigiani, nella relazione si riferì di due incursioni aeree alleate su postazioni tedesche: una il 18 ottobre contro «una batteria 149 Tedesca mimetizzata alla “Pinciara” del Limosano, sinistra del Biferno» causando «12 uomini fuori combattimento»; e l’altra contro «una batteria tedesca piazzata nel torrente di Fossalto di fronte al ponte sul Biferno» provocando al «nemico due morti e qualche ferito» <4084.
[NOTE]4076 Relazione del reparto partigiano Porfirio di Porfirio Giovanni del 10 settembre 1946.
4077 Cfr. Ada Trombetta, 1943 1944 …e fu guerra anche in Molise, cit., p. 116; Nicola Felice, Quando Campobasso divenne Canada Town, Arti Grafiche La Regione, Ripalimosani, 2003, p. 26; Roberto Colella, Canada Town: rapporti tra la società civile e i «liberatori», in Giovanni Cerchia (a cura di), Il Molise e la guerra totale, cit., p. 291.
4078 Secondo la dichiarazione del Partito Comunista, sezione di Trivento, del 16 ottobre 1948, «gli alleati (Americani) rifornirono la formazione di fucili automatici, bombe a mano, migliaia di cartucce e due mitragliatrici». Oltre a ciò, «da questo momento si ebbe con le forze alleate un continuo contatto per le informazioni militari-strategiche sia per l’artiglieria che per l’aviazione», ACS, Ricompart, Abruzzo, Banda Porfirio.
4079 Cfr. ivi, relazione delle attività svolte dalla banda Porfirio di Porfirio Giovanni del 27 novembre 1947. Dell’episodio riferì anche la dichiarazione del Partito Comunista, sezione di Trivento, del 16 ottobre 1948, per cui il «Porfirio prese il comando delle forze italiane ed alleate e respinsero l’attacco dopo quattro o cinque ore di combattimenti», ivi.
4080 Ibidem. Secondo la stessa dichiarazione, l’incursione dell’aviazione alleata causò cinque feriti tra i tedeschi. Inoltre si legge anche di un’azione alleata «alla Pinciara (agro di Limosano C.Basso)» in cui furono inflitti tre morti e sette feriti al nemico, e di un’altra incursione a Vivara (Trivento) «che fu fatta da due formazioni di aerei americani», ibidem.
4081 Cfr. ivi, relazione delle attività svolte dalla banda Porfirio di Porfirio Giovanni del 27 novembre 1947.
4082 Nella frazione Tre Termini del comune di Agnone.
4083 Cfr. ibidem.
4084 Ibidem.
Fabrizio Nocera, Le bande partigiane lungo la linea Gustav. Abruzzo e Molise nelle carte del Ricompart, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, Anno Accademico 2017-2018
Dopo la catastrofe del 10 settembre 1943, come ricorda nel suo libro anche la scrittrice molisana, Ada Trombetta, che visse in prima persona quei tragici giorni di terrore e di disumanità, e dei quali il papà Alfredo fu bravo interprete con la sua instancabile macchina fotografica, si invocava continuamente il Signore per riportare la pace nelle terre martoriate. Anche lo scrittore isernino e poi giornalista sportivo, nel suo sopravvivere sotto le bombe, implorò la salvezza attraverso la preghiera: “…Te solo invocammo, mentre i vivi morivano ed i morituri sopravvivevano. E Tu solo confortasti le agonie, Tu solo soccorresti le rinascite”. (A. Trombetta, 1943-1944… e fu guerra anche nel Molise, Editrice Arti Grafiche «La Regione», Campobasso, 1993, p. 44). Non bastavano più le preghiere esistenti, ne vennero coniate anche delle altre. Sulle pressioni perseveranti della Chiesa che chiedeva ai fedeli di recitare, in ogni momento del giorno e della notte, le preghiere e il Santo Rosario, perché solo così sarebbe tornata la pace, si improvvisano continue invocazioni ogni giorno per richiamare l’attenzione di ogni tipo di Santo, così come racconta anche l’autore Roberto Violi nel suo libro “Religiosità e identità collettive”. “La Preghiera della madre alla Vergine dell’Arco per il figlio soldato contiene – scrive Violi – l’invocazione che si affretti il trionfo della patria ed è incentrata sul tormento di un cuore materno che chiede soprattutto che il proprio figlio esca indenne da ogni pericolo, affinché, compiuto il proprio dovere, possa presto tornare a casa. La Preghiera alla Vergine dell’Arco per i soldati esalta l’esposizione eroica ai pericoli e ai nemici, da cui i soldati vanno protetti, chiede che ogni soldato sia un eroe, che ogni battaglia sia vinta e ogni combattimento risulti un trionfo, ma che tutti possano ritornare. I caduti siano dalla Vergine assistiti e sia dato conforto, anche in questo caso, a madri, padri, spose e figli che vivono nella trepidazione. La Preghiera del soldato alla Vergine dell’Arco, infine, chiede forza per combattere per la propria bella patria e insiste sull’assistenza della Vergine nel dolore e nella morte, invocando per i familiari speranza o rassegnazione ai voleri divini e orgoglio di aver dato il sangue di un congiunto all’Italia” (R. Violi, Religiosità e identità collettive. I santuari del Sud tra fascismo, guerra e democrazia, Studium, Roma, 1996, pp. 103-104).
Ma la preghiera quanto poteva essere efficace contro le armi?
[…] i sacerdoti invocavano più amore per le stesse chiese chiamando i fedeli ad incontrarsi in quei luoghi sacri e spesso chiedendo anche offerte per la loro ristrutturazione e il loro sostentamento, non senza rimarcare, a sostegno del popolo, la funzione altamente sociale che ogni parrocchia rivestiva. Un esempio si ha con il Convento di San Giovanni a Campobasso. Durante l’occupazione anglo-americana era vietato costituire libere associazioni e i coltivatori diretti del Molise furono appoggiati, nelle loro azioni, dal Padre Superiore del Convento, che concesse loro i locali della chiesa per le proprie assemblee. Mentre chi doveva difendere veramente i lavoratori, come in questo caso doveva fare l’Unione Provinciale Fascista, se ne lavò le mani, come risulta evidente dalla documentazione in nostro possesso a denuncia del questore di Campobasso che rimprovera lo scarso interesse nei confronti
del settore agricolo per il quale ci doveva essere un’attenzione superiore rispetto al resto, essendo l’agricoltura, per i molisani, la principale fonte di sostentamento
[…] La guerra, difatti, modificò fortemente gli uomini intaccando ogni sfera della loro vita, sia nel privato che nel sociale. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e tutti gli anni di durata del conflitto determinarono lo sconcerto delle attività ordinarie ed uno stato di forte depressione morale, economica e spirituale reiterato nel tempo […]
In poche righe, nei pensieri e nelle sensazioni di chi visse in prima persona un tormento, come quello che suscita una guerra, è possibile, oggi, incontrare e captare situazioni contrastanti, in un tutt’uno. Leggere e scoprire, adesso, quelle testimonianze, lasciateci dai nostri predecessori, quelli che, malamente, a loro spese hanno dovuto convivere con gli avvenimenti bellici e mortali della Seconda Guerra Mondiale, sacrificando la propria vita o quella dei propri cari, fa capire, ancor di più il desiderio di pace che si diffondeva negli animi di tutti e la voglia di pregare e di credere in qualcosa di molto più grande <11
[…] Dal canto loro, i sacerdoti della Diocesi di Campobasso – Bojano invocavano ripetutamente e negli anni, con continui ringraziamenti pubblici, la Madonna del Monte, che, dall’alto dei suoi monti, vigilava su Campobasso, per aver salvato la città dalle distruzioni belliche che erano state progettate proprio per radere al suolo la cittadina <12.
[…] A distanza di alcuni mesi, entrati nel nuovo anno, siamo nel 1945, l’Italia era ancora in guerra e la situazione continuava ad essere grave. Il tempo sembrava essersi fermato e le situazioni si ripetevano, inverosimilmente, allo stesso modo, con sconforto, paura, amarezza per il futuro e per una pace che tardava ad arrivare nonostante si pregasse, nonostante si seguissero tutte le invocazione della Chiesa nel rispetto di Gesù Cristo e della fede cristiana
[…] La religione, in questo momento, non poteva però limitarsi ad essere solo dispensatrice di rassegnazioni e di conforto ma doveva saper offrire proposte, riscuotere consensi e promuovere impegni concreti nei confronti della popolazione che non avrebbe resistito ancora a lungo con le semplici preghiere sperando di ricevere la grazia della pace che avrebbe sancito la fine del conflitto.
[NOTE]11 Libro Cronistorico del Convento S. Cuore di Campobasso, Oggetto: Chiusura dell’anno 1943-1944.
12 Libro Cronistorico del Convento S. Cuore di Campobasso, Oggetto: Festa della Madonna del Monte, 28-31 maggio 1944.
Marcella Tamburello, La Guerra e la Chiesa, le armi e le preghiere: come il Molise visse la Seconda Guerra Mondiale, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, Anno Accademico 2011-2012
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CanadaTown.it - Il Molise durante la Seconda Guerra Mondiale
Canada Town, è il nome che i militari canadesi diedero alla Città di Campobasso dopo esservi entrati trionfalmente il 14 Ottobre del 1943 liberandola dall'occupazione del nemico tedesco. Canadatown.CanadaTown.it
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gaza, esami
Eliana Riva: facebook.com/share/1FQ8UVuTUg/
Ieri a Gaza centinaia di studenti hanno sostenuto gli esami di maturità, i primi dall’inizio dell’attacco israeliano alla Striscia. Nelle tende attrezzate, nei punti internet o nei caffè con connessione, ragazzi e ragazze hanno percorso anche chilometri, tra le macerie e le bombe, per provare a riprendersi il proprio futuro.
https://ilmanifesto.it/esami-fra-le-rovine-la-prima-maturita-a-gaza-dal-7-ottobre
Nonostante migliaia di studenti vivano da sfollati nelle classi scolastiche in cui avrebbero dovuto seguire le lezioni, in 1.500 si sono iscritti alla piattaforma tramite computer o applicazione per smartphone. Prima dei bombardamenti a Gaza erano circa 40mila a completare ogni anno gli esami finali per garantirsi l’accesso all’università.
Israele ha distrutto il 95 per cento delle infrastrutture educative nella Striscia.
#ElianaRiva #esami #esamiDiMaturità #Gaza #genocidio #ilManifesto #maturità #scuola
Esami fra le rovine: la prima maturità a Gaza dal 7 ottobre | il manifesto
Palestina (Internazionale) Ieri a Gaza centinaia di studenti hanno sostenuto gli esami di maturità, i primi dall’inizio dell’attacco israeliano alla Striscia.Giulia Filpi (il manifesto)
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/>inkednotes_250712 / miron tee. 2025
#art #arte #asemic #asemicWriting #MironTee #mirontee #photoasemia #scritturaasemica
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Risultati UFC 318: Holloway vs. Poirier 3 (con Marvin Vettori vs Brendan Allen)
UFC 318: Holloway vs. Poirier 3 è un evento di MMA organizzato da UFC il 19 luglio 2025 presso lo Smoothie King Center di New Orleans, Louisiana, Stati Uniti. L’evento segna il ritorno della promozione nella città dopo oltre dieci anni, dall’ultima visita con UFC Fight Night: Boetsch vs. Henderson nel giugno 2015.
Vettori vs Allen prometteva scintille e così è stato. Match della serata, un risultato (30-27) che non racconta quanto vicino sia stato il risultato. Io da fan non commento, ma anche negli USA sono tutti concordi nel dire che Marvin ha vinto qualche round.
Come è andato l’ultimo match di Marvin Vettori (UFC 318)?
Brendan Allen vince su Marvin Vettori per decisione unanime (30–27, 30–27, 29–28) – bonus match della serata
Main card
- Max Holloway vince su Dustin Poirier per decisione unanime (48–47, 49–46, 49–46) — incontro pesi leggeri
- Paulo Costa vince su Roman Kopylov per decisione unanime (30–27, 30–27, 29–28) — incontro pesi medi
- Daniel Rodriguez vince su Kevin Holland per decisione unanime (29–28, 29–28, 29–28) — incontro pesi welter
- Patrício Pitbull vince su Dan Ige per decisione unanime (29–28, 29–28, 29–28) — incontro pesi piuma
- Michael Johnson vince su Daniel Zellhuber per decisione unanime (29–28, 29–28, 29–28) — incontro pesi leggeri
Preliminary card
- Vinicius Oliveira vince su Kyler Phillips per decisione unanime (29–28, 29–28, 29–28) — incontro pesi gallo
- Brendan Allen vince su Marvin Vettori per decisione unanime (30–27, 30–27, 29–28) — incontro pesi medi
- Nikolay Veretennikov vince su Francisco Prado per decisione non unanime (28–29, 29–28, 29–28) — incontro pesi welter
- Ateba Abega Gautier vince su Robert Valentin per TKO (pugni) al minuto 1:10 del Round 1 — incontro pesi medi
Early prelims
- Islam Dulatov vince su Adam Fugitt per KO (pugni) al minuto 4:06 del Round 1 — incontro pesi welter
- Jimmy Crute finalizza Marcin Prachnio al minuto 4:41 del Round 1 — incontro pesi massimi-leggeri
- Ryan Spann finalizza ?ukasz Brzeski al minuto 2:37 del Round 1 — incontro pesi massimi
- Brunno Ferreira finalizza Jackson McVey al minuto 3:35 del Round 1 — incontro pesi medi
- Carli Judice vince su Nicolle Caliari per TKO (ginocchiata e pugni) al minuto 1:30 del Round 3 — incontro pesi mosca femminili
Bonus serata
- Performance della serata: Ateba Abega Gautier, Islam Dulatov, Carli Judice
- Fight of the Night: Brendan Allen vs. Marvin Vettori
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103 / michele marinelli. 2025
registro, allungo, (più giovane), è ferro,
ruggine, bordo, cave canem cave me, nessuno passa, due ombre, o era una, non importa – nulla cambia se non visto –
l’ultima riga sul dorso Keine Antwort dice nulla dies sine linea ma linea spezza — 0 — 3 — 7 — nesso sintattico obbligato scrive / strappa / mastica il resto non tradotto scritto in controluce erase me corrimano Inutilis inciso sul gradino una parola in cirillico — неважно — «stop talking stop naming» cade / replay (il taglio non è profondo, è ancora aperto) in calce: mai scritto un verso. — password incorrecte — je suis l’erreur fatale numéro 8 [unread message] do not open the box
*** data corruption @ corridor_07
il bambino di stagno canta versi dalle ginocchia, chi ha rubato l’errore, ERROR 410 gone gone ATTENTION — la parola ha smesso di funzionare – nigdy się nie narodziłem awaiting signal… [riavviare il sistema nervoso centrale] <> the walls are listening le pareti sanno già le pareti mormorano i tuoi backup <> tempus sedet – press F to forget.
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brazil will join the genocide case brought by south africa against israel at the icj
“In a significant diplomatic escalation, Brazil has announced its intention to join the genocide case brought by South Africa against Israel at the International Court of Justice (ICJ), becoming the sixth Latin American nation to do so. The move reflects growing international concern over the humanitarian crisis in Gaza—and Latin America’s increasingly assertive voice on the global stage.
In comments reported by Brazilian media, Foreign Minister Mauro Vieira stated that “Brazil is currently working to complete the necessary procedures to join the case, and an official announcement will be made soon.” He emphasised that Brazil had, for months, worked to push for a peaceful settlement and a ceasefire in Gaza, but the continued escalation of violence has prompted the Lula government to take a more definitive legal stance.”
Read the full article here: middleeastmonitor.com/20250719…
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francesca albanese: economy of genocide
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#bambini #children #Cisgiordania #colonialism #economiaDelGenocidio #EconomyOfGenocide #FrancescaAlbanese #Gaza #genocide #genocidio #Gerusalemme #IDF #invasion #IOF #israelcriminalstate #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #Jerusalem #massacri #Palestina #Palestine #sionismo #sionisti #starvingcivilians #starvingpeople #warcrimes #WestBank #WestBank #zionism
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ig, nel caso
chi non volesse usare telegram o whatsapp per tenersi aggiornato su quello che fanno i miei vari spazi (a partire da slowforward), può ripiegare su ig: instagram.com/channel/AbbgJ-8r…
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Le BR si affermarono sulla scena proprio alla Pirelli, a Milano
Per conoscere la genesi delle Brigate Rosse «è indispensabile rivolgere alla facoltà di sociologia di Trento, dove crebbero politicamente e si imposero come quadri dirigenti Margherita Cagol e Renato Curcio, una particolare attenzione. Non solo perché il carattere di questa città può spiegare l’origine della cosiddetta componente cattolica delle BR (troppe volte ricordata, e spesso a sproposito), ma soprattutto perché il Movimento studentesco di Trento per le sue correlazioni con le lotte analoghe in altri paesi europei e per il suo carattere fortemente anticipatorio, rimane esemplare per tutto il movimento studentesco italiano» (Soccorso Rosso 1976, p. 26).
Le lotte studentesche del ’68 «producono come primo effetto il diffondersi in fabbrica di nuove forme di lotta, violente e illegali» (Soccorso Rosso 1976, p. 35). A partire dal ’69, si assiste alla nascita di numerosi gruppi, partiti o collettivi che si pongono il problema dell’organizzazione. Uno di questi è il Collettivo Politico Metropolitano (CPM) nato a Milano e formato dal CUB Pirelli, dai gruppi di studio di Sit-Siemens e IBM, da alcuni collettivi di lavoratori-studenti, da gruppi di lavoratori provenienti dall’Alfa Romeo, dalla Marelli, da militanti del Movimento studentesco e, infine, da militanti senza un organizzazione di riferimento (Soccorso Rosso 1976).
È proprio il CPM che costituirà il nucleo iniziale da cui, attraverso varie trasformazioni, nasceranno e si svilupperanno le Brigate Rosse. L’obiettivo del CPM è l’abbattimento violento del sistema; la rivoluzione. Secondo il Collettivo, il processo rivoluzionario si presenta come «globale, politico e “culturale” insieme» <6 e il terreno della lotta è «essenzialmente urbano». Nel documento si legge: «la città è oggi il cuore del sistema, il centro organizzatore dello sfruttamento economico-politico, la vetrina in cui viene esposto “il punto più alto”, il modello che dovrebbe motivare l’integrazione proletaria. Ma è anche il punto più debole del sistema: dove le contraddizioni appaiono più acute, dove il caos organizzato che caratterizza la società tardo-capitalistica, appare più evidente. È qui, nel suo cuore, che il sistema va colpito. La città deve diventare per l’avversario, per gli uomini che esercitano oggi un potere sempre più ostile ed estraneo all’interesse delle masse, un terreno infido: ogni loro gesto può essere controllato, ogni arbitrio denunciato, ogni collusione tra potere economico e potere politico messa allo scoperto. Il sistema può opporre soltanto il peso della sua oppressione, dei suoi ricatti, della sua corruzione. Con queste armi nessun sistema è mai riuscito a sopravvivere» <7.
La storia della principale organizzazione politica clandestina italiana – scrivono Gian Carlo Caselli e Donatella Della Porta (1990) – «affonda le sue radici nel movimento degli studenti del 1968 e nell’autunno caldo del 1969» e ne ha influenzato la struttura, l’azione e le scelte strategiche. Le Brigate Rosse non nascono da subito come gruppo armato strutturato, ma lo diventano nel corso degli anni e in risposta all’intensificarsi dello scontro con lo stato e le forze dell’ordine. È per tale ragione che, in questa sede, la ricostruzione dei mutamenti e delle evoluzioni strutturali nonché delle strategie d’azione via via adottate, avverrà parallelamente all’analisi del percorso storico dell’organizzazione.
[NOTE]6 “Il Collettivo”, n. unico, gennaio 1970, documenti del “Collettivo”, Lotta sociale e organizzazione nella metropoli
7 Ibidem
Santina Musolino, Donne e Violenza Politica: il caso delle Brigate Rosse in Italia, Tesi di dottorato, Università degli Studi “Roma Tre”, 2016
Nel novembre del 1969, in una riunione del collettivo a Chiavari, e successivamente con l’incontro a Costaferrata (frazione di Pecorile nei pressi di Reggio Emilia) nell’agosto 1970, si posero le basi per la creazione dell’organizzazione armata delle Brigate Rosse: più che una riunione con intenti programmatici, quello di Pecorile è una assemblea che pone in nuce il passaggio dalle spranghe, dei servizi d’ordine dei nuclei collettivi di fabbrica, alle armi da fuoco di un nucleo ben organizzato, capace di intervenire in varie città, lì dove lo scontro avesse richiesto una presenza dura. <9 Questi nuclei dovevano operare su un piano di semiclandestinità in alcune delle più importanti aziende milanesi come Pirelli, Siemens, Marelli ecc. <10 Si trattava di avanguardie armate in grado di coniugare la politica con la guerra rivoluzionaria, ovvero di preparare e sostenere una guerra politica e civile di lunga durata. <11 Donatella Della Porta sottolinea come le BR si affermarono sulla scena proprio alla Pirelli, a Milano, dove lotte operaie e studentesche agivano a più stretto contatto, sfociando spesso in episodi di violenza. <12 Sarebbe stato proprio questo uso della violenza, quindi, a indirizzare la futura attività delle BR.
La città di Milano giocò poi un ruolo fondamentale nella nascita delle BR, anche in quanto città simbolo del nuovo capitalismo alienante. In questa città, che Margherita Cagol paragonava a un “mostro feroce” <13 e Mario Moretti a un “orribile termitaio” <14, l’individuo, soprattutto se proveniente da diverse realtà italiane, si ritrovava completamente straniato e isolato, perdendo ogni suo punto di riferimento.
Il panorama della violenza terroristica in Italia fu dominato senz’altro dai gruppi di estrema sinistra, e in particolare dalle BR, che fecero la loro comparsa nel 1970 facendo esplodere dei bidoni di benzina contro il box del direttore della Sit Siemens. Precedenti all’azione delle BR furono però alcune organizzazioni di sinistra come il Gruppo XXII Ottobre, il primo gruppo armato genovese, fondato nel 1969 da alcuni militanti di formazione marxista leninista, e i Gruppi di azione partigiana di Feltrinelli (che comparirono nel 1970 e si presentarono come delle specie di avanguardie autonome rispetto ai movimenti di massa internazionali). C’erano poi i NAP (Nuclei Armati Proletari), separatisi da Lotta Continua quando questa rinunciò definitivamente al ricorso alla violenza, e Autop (Autonomia Operaia), un’organizzazione la cui mira era quella di guidare una globale sollevazione della classe operaia. <15
In questo periodo le azioni brigatiste non furono particolarmente violente, ma nel 1972 si giunse, con un’escalation di violenza che porterà dal sequestro e all’omicidio a un definitivo punto di rottura con movimenti sessantottini. Tale rottura coincise con il rapimento del dirigente Sit Siemens Macchiarini, e soprattutto con la decisione di entrare in clandestinità. Questa condizione di illegalità e di forzata segretezza portò i militanti delle Brigate Rosse a estraniarsi sempre più dalla realtà e a perdere ogni possibilità di dialogo e di confronto con quella classe che pretendevano di rappresentare. <16
La “missione” delle Brigate Rosse divenne sempre più un fatto quasi trascendentale, una sorta di vocazione che andava al di là dei singoli individui e dei singoli scontri sociali, e pertanto il fine cominciò tragicamente a giustificare i mezzi. <17 Da notare è però come, per un certo periodo, l’azione punitiva delle BR fu vista quasi con favore da grosse porzioni dell’opinione pubblica, e questo fatto non fece altro che render ancor più legittimo, agli occhi dei brigatisti, il nuovo ruolo che si proponevano di assumere. L’organizzazione brigatista era passata, infatti, a mostrare un volto del tutto differente rispetto agli inizi, spostandosi da una linea difensiva a una aggressivamente offensiva. Le BR non si limitavano più a una semplice reazione nei confronti dello Stato, ma miravano ora a sostituirsi a esso.
E’ l’inizio della lotta armata. E’ l’inizio della “violenza rivoluzionaria” cioè di quella pratica organizzata armata necessaria, sistematica e continua dello scontro di classe. <18 Cominciava l’attacco al cuore dello Stato che durerà oltre 10 anni. <19
“Il movimento operaio, che si sta sviluppando nelle grandi fabbriche, manifesta un bisogno tutto politico di potere: la lotta contro l’organizzazione del lavoro, il cottimo, i ritmi, i “capi”. Per questo si muove al di fuori delle strutture tradizionali del movimento operaio, come sono il PCI e i sindacati. Il bisogno di potere lo porterà inevitabilmente a uno scontro violento con le istituzioni, anche con il PCI e il sindacato. È indispensabile quindi formare una avanguardia interna a questo movimento che possa rappresentare e costruire questa prospettiva di potere. Ma questa avanguardia deve sapere unire la “politica” con la “guerra” perché lo Stato moderno, per affermare il suo potere, usa contemporaneamente la “politica” e la “guerra”. Diventa quindi inattuale e non proponibile la strategia leninista dell’insurrezione che presuppone una fase politica di agitazione e propaganda sostanzialmente pacifica, seguita poi dalla “spallata finale”, dell’“ora X”, cioè dalla fase propriamente militare. Occorre invece preparare la “guerra civile di lunga durata” in cui il “politico” è, da subito, strettamente unito al “militare”. È Milano, la grande metropoli, vetrina dell’impero, centro dei movimenti più maturi, la nostra giungla. Da lì e da ora bisogna partire” <20 Le parole di Renato Curcio evidenziano il pathos di quella visione intima e politica delle BR e la mission del brigatista come artefice di quella trasformazione radicale sociale, di rivolgimento dalle fondamenta che porterà gli uomini ad essere liberi da ogni forma di sofferenza e di infelicità, attraverso una serie di battaglie che si concretizzeranno in una continua lotta armata, in una rivoluzione sociale per costruire una società comunista. <21
A sottolineare questo natura apocalittica dell’azione delle BR sulla società sono le parole della brigatista Barbara Graglia, la quale afferma che la lotta portata avanti dai brigatisti trova giustificazione nel riscatto dell’umanità, in una rivoluzione gnostica che anela un mondo assolutamente perfetto privo di ingiustizie sociali tipiche di quella società borghese e capitalistica <22: “I problemi sono a monte, come si diceva in quegli anni, ed è a monte che bisogna risolverli, l’idea di lottare per una trasformazione della società è per me immediatamente idea di trasformazione radicale, di rivolgimento dalle fondamenta”. <23
Dagli interventi del convegno di Pecorile emergono tre anime: la prima, più movimentista, privilegia lo scontro di massa su larga scala, tutto interno al movimento e senza una guida organizzata; la seconda, sponsorizzata da Curcio, e che risulterà vincente, ipotizza un graduale passaggio alla resistenza armata a partire dalle fabbriche, attraverso nuclei ristretti ma sempre collegati con la massa e le realtà di base; la terza prevede un’ulteriore, immediata militarizzazione dei gruppi che prelude alla clandestinità, anche rompendo i rapporti col movimento.
Renato Curcio, Alberto Franceschini, Margherita Cagol, Mario Moretti, Mario Galesi, Nadia Desdemona Lioce, Barbara Graglia e molti altri furono l’anima di questa organizzazione animata da una feroce determinazione ideologica e da una azione politica violenta ed omicida che si basa su un processo socio-psicologico che spoglia la vittima della sua umanità e che trasforma il carnefice in un giustiziere collettivo e che vede nell’azione della lotta armata la liberazione della società schiava di dinamiche neocapitalistiche. Questa azione, oltre a dare alla violenza una dignità ermeneutica, conoscitiva, la legittima sul piano morale in quanto dà un senso a tutta una serie di sofferenze dell’individuo; perché la scelta della lotta armata diventa lo strumento di trasformazione sociale in un processo educativo, pedagogico dell’intolleranza del nemico. Questo gruppo scelse la lotta armata pensando che il sacrificio di vite umane possa servire a salvarne molte altre, inscrivendo le ingiustizie della società ad un sistema che utilizza l’uso della lotta armata continua nella contrattazione politica, venendolo quasi “umanizzato”. La violenza, dunque assume un ruolo centrale da coincidere con la politica stessa.
[NOTE]9 ORSINI A., Anatomia delle Brigate Rosse. Le radici ideologiche del terrorismo rivoluzionario, Rubbettino, Catanzaro (Soveria Mannelli), 2010, n. 26 p.31.
10 CLEMENTI M., Storia delle brigate rosse, Odradek, Roma, 2007, p. 18 ss.
11 Ibidem
12 DELLA PORTA D., Il terrorismo di sinistra, cit. in ROBERT LUMLEY, Dal ’68 agli anni di piombo pag. 268
13 Lettera di Mara Cagol alla madre (cit. in ORSINI A., Anatomia delle Brigate Rosse, Rubettino, Catanzaro 2009, pag. 28.
14 MARIO MORETTI, Brigate rosse. Una storia italiana, cit. in ALESSANDRO ORSINI, Anatomia delle Brigate Rosse op. cit., p. 161.
15 CECI G. M., Il terrorismo italiano Carocci, Roma 2013, pp 145 147 e COLARIZI S., Storia politica della Repubblica. Partiti, movimenti e istituzioni. 1943-2006. Ed. Laterza, Roma Bari, 2007, pp. 210-213.
16 MANCONI L., Terroristi italiani. Le brigate rosse e la guerra totale 1970 2008 Rizzoli, Milano, 2008, p. 67.
17 ORSINI A., Anatomia delle Brigate Rosse. Le radici ideologiche del terrorismo rivoluzionario, Rubbettino, Catanzaro (Soveria Mannelli), 2010, p.23 e ss.
18 ORSINI A., Anatomia delle Brigate Rosse. Le radici ideologiche del terrorismo rivoluzionario op. cit., p.31 e ss.
19 FRITTOLI E., Agosto 1970: l’alba delle Brigate Rosse, Rivista settimanale, Panorama/lifestyle, Milano, 27 agosto 2015.
20 Lo scopo del Convegno appare chiaro fin dall’intervento introduttivo di Renato Curcio in CURCIO R., A viso aperto intervista di Mario Scialoja, Mondatori, Milano, 1993, p. 33 34.
21 ORSINI A., Anatomia delle Brigate Rosse. Le radici ideologiche del terrorismo rivoluzionario Rubbettino, Catanzaro (Soveria Mannelli), 2010, p.14.
22 Ibidem p. 13.
23 Ibidem nota 18 p.14.
Camilla Ranieri, Cause che hanno determinato la sconfitta del terrorismo delle Brigate rosse, Tesi di Laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno Accademico 2022-2023
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pignaggio grafico non ufficialmente concesso (non esiste emoji della pigna…)
La settimana scorsa (che sento come fosse l’altro giorno, e infatti stavo per dire così… ops?), quando cercavo di mettere in fretta Pignio online, e quindi non c’era il tempo di creare un’icona vera (anche se comunque poi sarebbe servita), cercavo almeno l’emoji della pigna, da usare come finta favicon, come faccio sempre… e ho scoperto che non esiste. Eppure giurerei su qualsiasi cosa che io me la ricordo benissimo, e negli stili di diversi vendor per giunta… ma no, è un’allucinazione della mia memoria, a quanto pare. 😱😨
Se non fosse una battuta scontata, direi che ci sono rimasta completamente di pigna… ma qui non c’è nulla da scherzare in realtà; questa cosa è una fottuta tragedia!!! E, come sempre, non so se gioire di non essere sola a soffrire, oppure se concludere che la situazione è ancora più grave di quanto mi aspettassi, ma sembra proprio che io non sia la sola a fare i conti con questa triste realtà. Magari farò un danno anche alla vostra integrità spirituale con questo post, chissà. 💔
- There is no pine cone emoji: old.reddit.com/r/Mandela_Effec… (e maledizione, nemmeno io, essere semi-supremo, sono immune all’effetto Mandela…)
- Why is there no pinecone emoji what the fuck: projectsekai.fandom.com/f/p/44… (non capisco cosa c’entri il thread con il sito ma ok)
Comunque, per quanto sempre in fretta e furia perché io non ho pazienza, alla fine l’icona per la app l’ho fatta e… caspita se sarebbe stata meglio la pigna. Ho chiesto a gipiti di fare una cosa, e (…dopo 3 passaggi) ok… ma mi sa che poi, con le mie modifiche manuali, concesse dalle mie smisurate competenze in bitmap editing, l’ho peggiorata. A parte spostare il colore leggermente su un magenta, ho tolto lo sfondo quadrato e reso quindi l’icona trasparente… ma mi sa che non è troppo il caso, tra contrasto potenzialmente basso su sfondi diversi e forma della pigna che così sembra troppo alta. 😩
Vabbé, per ora questa qui la considererò temporanea, che comunque è meglio di niente… però mah, mi sa che vorrei qualcosa di più texturato… Tipo, cosa accadrebbe se questa emoji della pigna (?!?!?!) in PNG, non ufficiale (…uffa), che un po’ ricorda lo stile grafico di Haiku, si fondesse con una puntina, come già succede nel design attuale? (E, forse forse, una pigna che non è color pigna è una pigna marcia, quindi mi sa che ‘ste tinte rosse manco vanno bene…) 🍂
#design #EffettoMandela #emoji #icon #icona #MandelaEffect #pigna #Pignio #pinecone
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[r] _ il vortice insensato della trottola / cb
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minioctt
in reply to minioctt • • •Gesù ti appare in sogno e critica il tuo codice
Che fai?