Il primo attacco contro una imbarcazione della “Global Sumud Flotilla” (GSF) poteva sicuramente considerarsi come un avvertimento in stile mafioso. Il secondo, arrivato a meno di 24 ore dal precedente, specialmente se sarà seguito da altri rappresenta invece una chiara “dichiarazione di guerra”.
Le modalità dell’attentato terroristico ci dicono anche altre cose: che l’intenzione di chi […]
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La puntata è disponibile qui: pca.st/ujo6byfv
Il fediverso e il futuro dei social
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Il fediverso e il futuro dei social
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“RUBARE allo STATO non è sempre reato” (mannaggia!)
A me capita di seguire vari avvocati su YouTube, ma certe volte mi chiedo se sarebbe meglio restare nell’ignoranza per le questioni di legge, perché altrimenti ci si fa il sangue amarissimo… non quanto il “caffè amaro come la vita”, ma molto peggio, perché almeno il caffè è gustoso, mentre la realtà del nostro mondo nemmeno per un cazzo. E stamattina, per l’appunto, chi mi ha ricordato ciò è stato l’avvochad Angelo Greco… 😭
youtube.com/watch?v=QtQ0T4fnxk…
In breve, in questo video dice una cosa che sappiamo tutti, cioè che rubare allo Stato, una condotta che a primo impatto parrebbe gravissima, a volte è legalmente permesso — e anzi, aggiungerei io che in certi casi è anche premiato, o quantomeno fare il contrario significa essere vittime di scherno e biasimo, paradossalmente… Qualcosa di già assurdo di per sé, ma mai quanto un’altra cosa che difficilmente ci viene in mente, cioè che invece i danni piccoli vengono puniti alla grande; l’esempio che lui fa, per dire, è che se qualcuno ti passa una banconota incaricandoti di andargli a comprare il gelato, e tu te ne scappi coi soldi invece di assolvere al compito informale e deciso a voce, ti becchi (fino a) 5 anni di carcere, “appropriazione indebita aggravata”… 💀
Insomma, questa è l’Italia. Ovviamente, questo fatto lo si può vedere applicato su una scala più ampia e totalizzante, dove la punizione è, con gran paradosso, sempre inversamente proporzionale alla colpa. E quindi, se rubi i soldi del gelato e la vittima ti denuncia vai in galera, se sei un borseggiatore che dalla mattina alla sera sta a rubare alle persone ti arrestano per qualche minuto ma poi torni in libertà, se sei un imprenditore che evade il fisco magari passi qualche brutta nottata ma alla fine non succede niente, e se invece sei un politico che usa i soldi pubblici per cose proprie non ti indagano nemmeno… figurati pagare multe o che… 🥱
Che schifo, davvero. Non trovo nemmeno qualcosa da dire per ribaltare tutto e ridere, a questo giro… la riflessione di oggi è davvero così tanto amara; mi dispiace se ho rovinato la giornata a qualcuno. E non so se sia più grave il fatto che, a dire il vero, le cose in questo paese sembrano andare così, all’incontrario, da quando questo esiste… o se la vera questione sia che andando avanti questi paradossi aumentano, anziché diminuire… in questa repubblica dove, nei tribunali, campeggia sempre la scritta “la legge è uguale per tutti“, nonostante il fatto che questa frase sia forse la più grande bugia di tutti i tempi, e i politici non fanno e faranno altro che prendere tutti per il culo… 🙁
#AngeloGreco #Italia #legge #riflessione #rubare
- YouTube
Profitez des vidéos et de la musique que vous aimez, mettez en ligne des contenus originaux, et partagez-les avec vos amis, vos proches et le monde entier.www.youtube.com
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from ‘my voice, my choice’: european commission finally proposes the suspension of the eu-israel trade agreement
Dear community,
We have encouraging news from the European Union. Today the president of the European Commission Ursula von der Leyen made a major announcement in her speech to the European parliament:
“We will propose sanctions on the extremist ministers and on violent settlers and we will also propose a partial suspension of the Association Agreement on trade-related matters.”
We have been calling for the suspension of the EU-Israel trade agreement for months with “Suspend the EU–Israel trade agreement. Stop the genocide.” that has already collected more than 375,000 signatures. It is unacceptable that the EU rewards Israel with preferential trade access that amounts to 28.8% of Israeli exports worth 15.9 billion euro a year, while a genocide is happening in Gaza.
Today’s announcement means the EU has taken 2 out of the 3 steps necessary to suspend the trade agreement. In July the official reviewrecognized that Israel is violating human rights, today the commission has proposed the suspension of the agreement and now it is up to the European council where the heads of all EU member countries will vote on the proposal.
The suspension will take effect only if a qualified majority of 15 member states representing at least 65% of the EU population will vote in for it. This means that we must pressure member states, especially Italy and Germany, that have been most hesitant to act, to do the right thing. The suspension of the trade agreement is crutial if we want to end the genocide in Gaza.
[share the petition]
In her speech von der Leyen pointed out that what is happening in Gaza has shaken the conscience of the world: that people are being killed while begging for food; that mothers are holding lifeless babies; that famine, created by human hands, can never be used as a weapon against civilians. She admitted that the European Union cannot afford to be paralysed when it comes to Palestine. Now it is up to the leaders of EU member states to also recognize these brutal facts.
We are watching closely, and we will keep you informed.
My Voice, My Choice team
#bambini #children #colonialism #EU #EUIsraelTradeAgreement #EuropeanCouncil #EuropeanParliament #EuropeanUnion #Gaza #genocide #genocideInGaza #genocidio #IDF #invasion #IOF #israelcriminalstate #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #massacri #MyVoiceMyChoice #myvoiceMychoiceOrg #Palestina #Palestine #sionismo #sionisti #starvingcivilians #starvingpeople #suspendTheTradeAgreement #tradeAgreement #UrsulaVonDerLeyen #warcrimes #zionism
My Voice, My Choice
Movement for safe and accessible abortion in Europe. Join us and be a part of change for Europe that is free, equal, and just for all. Together we are stronger.My Voice, My Choice
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Giunti a Bastia, Moris e “Coniglio” proseguirono in volo per Caserta
Il 17 ottobre ’43 Bourgoin [André Bourgoin della Sezione Italiana dell’OSS statunitense] fu anche visitato dal tenente generale Matteini del corpo ingegneri della marina italiana, il capitano Max Ponxo, uno dei leaders dell’Italian Naval Secret Services (SIS) della marina italiana, il sig. Maurizio Moris, un noto industriale e direttore generale delle compagnie “Bombrini Parodi Delfino” e “Innocenti”, i quali, arrivati a Napoli, fornirono alla missione dell’OSS informazioni militari d’interesse.
Maurizio Moris <57, in particolare, che parlava molto fluentemente italiano, francese, tedesco, spagnolo, portoghese e inglese, si offrì di ritornare immediatamente a Roma e di porsi a completa disposizione dei servizi segreti americani al fine di costruire una rete molto potente di agenti. La sua proposta fu accettata e la sua collaborazione fu, sin dall’inizio, orientata su speciali soggetti d’importanza militare.
[…] La missione di Maurizio Moris, per conto dell’OSS, mirava alla creazione di una rete di agenti nella Roma ancora occupata dai nazisti. Il 1° novembre 1943, insieme con due agenti e un radio operatore, che furono identificati nelle persone di Salvatore Piazza, Alfredo Rizza e del radio operatore, Giuseppe Auriemma, alias “Teresa”, essi attraversarono le linee nemiche nei pressi della regione di Alfedena. Il secondo giorno di viaggio, Moris e Piazza che si erano separati dai loro compagni Rizza e Auriemma, si imbatterono sciaguratamente in un campo minato tedesco. Moris restò gravemente ferito tanto che pensò che fosse in procinto di morire sul posto. Quindi mandò indietro Piazza affinché facesse rapporto a Bourgoin. Fu così prelevato dai tedeschi, trasportato in ospedale e grazie alla sua perfetta conoscenza del tedesco in grado di ricevere il necessario primo soccorso. Durante la notte, nonostante le ferite e il dolore, scappò dall’ospedale e facendo l’autostop raggiunse Roma a bordo di un carro armato tedesco. Una volta arrivato a Roma, fu curato da uno dei suoi amici e si nascose nell’appartamento di quest’ultimo. Finalmente fu sottoposto a un’operazione chirurgica durante la quale gli fu estratta dall’addome una scheggia di mina tedesca che lo aveva colpito e, infine, si rimise dopo ventidue giorni di ricovero. Mr. Moris si mise subito in contatto con la prima squadra di Roma agli ordini del tenente Menicanti e procurò loro un ingegnere esperto che riuscì a metterli in contatto con la base. Due volte il giorno venivano quindi inviate informazioni militari al Quartier Generale Alleato. Di fronte alla necessità di coordinare le azioni di tutti gli agenti che operavano nell’Italia occupata dai tedeschi, Moris e Menicanti chiesero di essere condotti sulla costa per poi recarsi a Caserta e discutere ivi le questioni di cui si stavano occupando a Roma.
Intanto, gli agenti Rizza e Auriemma, che avevano attraversato le linee nemiche il 1̊ novembre con Mr. Moris, arrivarono a Roma. Grazie al senatore Parodi, Auriemma fu impiegato sotto copertura nella compagnia “B.P.D”, mentre Rizza si mise in contatto con le autorità tedesche nella persona del tenente appartenente all’Abwehrlienst, Von Weich. Rizza fu, così, arruolato quale agente simulatore per ingannare i patrioti italiani combattenti nella regione di Faenza e, in seguito, accompagnato al fronte, dove gli furono fatte attraversare le linee verso gli Alleati sul fiume Garigliano, e dotato di un questionario sulle forze alleate. Rizza si presentò a Bourgoin, il quale ebbe forti dubbi sulla fedeltà dello stesso, tanto da essere indotto a contattare, il giorno seguente al suo arrivo, l’italiano CIC e la polizia, alle quali organizzazioni chiese di pedinare l’uomo durante la sua permanenza a Napoli. Due volte al giorno, la polizia compilava uno speciale rapporto sulle attività di questi e attraverso una donna appartenente alla stessa organizzazione, Bourgoin ottenne la prova che Rizza era più sotto il controllo tedesco che alleato e, dopo essersi consultato con il Commander in Chief dell’OSS presso la V Armata, colonnello Ellery Huntington Jr., decise di farlo arrestare dal CIC. Fu così che un’intera organizzazione di spie fu sgominata e arrestata nella stessa epoca nella regione di Napoli. Secondo la testimonianza di Bourgoin, Rizza fu, infine, trasportato negli Stati Uniti e collocato in un campo di concentramento <59.
Quando il sig. Moris fu ferito il 2 Novembre, egli ordinò a Piazza di tornare allo scopo di fare rapporto a Bourgoin ma, temendo che quest’agente potesse essere ucciso, mandò un soprintendente, tale Langella, per relazionare sulla medesima questione nonché attraversare le linee verso gli Alleati. Langella arrivò il 10 novembre e attraversò le linee nemiche a nord di Venafro con un radio operatore di nome Grandini Antonio, nome di battaglia Trieste, il 2 dicembre 1943. Nonostante le difficoltà, i due uomini arrivarono incolumi al Comando Operativo di Napoli e a Grandini fu dato un lavoro di copertura nella fattoria della “B.P.D.” quale contabile nonché un regolare passaporto tedesco per circolare in Italia.
[…] Una serie di missioni furono inviate partendo dal dicembre 1943 dalla Corsica verso l’Italia occupata dai Tedeschi. Una prima operazione via mare, denominata Richmond I, doveva essere fatta salpare da Bastia, Corsica. All’uopo, Bourgoin organizzò da Bastia un MAS italiano che doveva raggiungere la spiaggia di Fosso Tafone, tra Ansedonia e Montalto di Castro, per raccogliere i partecipanti. Salirono a bordo Maurizio Moris e Clemente Menicanti ”Coniglio”; accompagnati dall’ingegnere Prof. Calosi, esperto di bombe radiocomandate che viaggiava col fratello ufficiale di marina del Secret Intelligence Service (SIS) nonché con altri due ufficiali, sempre del SIS, capitani Cipicco e Filiani. Tutti questi uomini riuscirono a imbarcarsi incolumi, grazie all’opera del principe Boncompagni <73, noto latifondista della zona, che, essendo proprietario di un’immensa tenuta, assicurò agli agenti impegnati in questa missione un riparo, aiutandoli altresì con il suo proprio personale a organizzare la pianificata operazione speciale. Giunti a Bastia, Moris e “Coniglio” proseguirono in volo per Caserta – San Leucio, dove arrivarono lo stesso giorno, il 5 gennaio 1944. Immediatamente dopo, furono programmate e attuate altre due missioni marittime sempre da Bastia, Corsica e, attraverso le stazioni radio dell’OSS collocate a Roma, furono stabiliti segnali, tempi e comitati di accoglienza. Quale punto d’imbarco si dovette utilizzare lo stesso di cui alla precedente operazione: la lunga spiaggia alla foce del Fosso Tafone. La seconda missione, denominata Richmond II, fu affidata alla squadra composta dei seguenti agenti: Maurizio Moris; Clemente Menicanti, “Coniglio”; la signora Vera Vassallo; i signori Sergio Tavernari e Salvatore Piazza, accompagnati dal radio operatore Gorrini, alias ”Antonietta”. Nello stesso tempo, nove apparecchiature radio per tutti gli operatori radio della spedizione del menzionato sottomarino Axum nonché per Auriemma, alias “Teresa” e Grandini, alias “Trieste”, dovettero essere sbarcate sempre sulla spiaggia di Fosso Tafone. L’operazione avvenne nella notte del 17 gennaio 1944. Mr. Moris ricevette l’incarico di riportare indietro da Roma il colonnello Mario Badoglio <74, come sollecitato dal padre Pietro Badoglio all’OSS. Reutershan, che ordinò altresì che fosse accompagnato in tale missione dal sottotenente ventenne William Malcolm Callanan <76. Bourgoin tornò quindi a Caserta con Callanan il 2 gennaio 1944. Così lo stesso Bourgoin raccontava l’incontro con Badoglio: “Noi arrivammo a Brindisi il 31 dicembre e il Maresciallo [Badoglio, nda] ci chiese se fosse possibile riportargli nell’Italia liberata suo figlio il Colonnello Mario Badoglio. Rispondemmo al Maresciallo che avremmo fatto tutto il possibile per contattare suo figlio e introdurlo di nascosto da questo lato delle nostre linee. Quindi facemmo ritorno a Caserta il 2 gennaio 1944” <77. La missione Richmond II ebbe successo, ma sfortunatamente il colonnello Mario Badoglio che si nascondeva in un posto sicuro non arrivò in tempo e, quando la terza operazione, nome in codice Richmond III, iniziò, il 21 gennaio 1944, egli non era sulla spiaggia per essere imbarcato.
[NOTE]57 Maurizio Moris, nato a Moncalieri (Torino) nel 1893, era ingegnere. Iscritto al Partito Nazionale Fascista (PNF) ma descritto quale “intimamente antifascista”. Rimpatriato nel 1936, fu nominato Direttore tecnico della società Parodi – Delfino di proprietà dell’ingegner Leopoldo Parodi Delfino, nonché dell’Innocenti & Co. Anche Moris fu presentato a Bourgoin da “Pippo” Naldi e dunque faceva parte della medesima rete di agenti vicini al SIM. P. Tompkins riporta un rapporto OSS secondo il quale “sia Parodi che Innocenti elargivano fondi per i partigiani e agenti ma i soldi non sempre giungevano a destinazione”. P. Tompkins, L’altra Resistenza cit., nt. 6, p. 395.
59 La missione Teresa fu descritta senza significative divergenze da P. Tompkins, L’altra Resistenza cit., p. 55.
73 Il Principe Boncompagni Ludovisi fu arrestato a New York la mattina successiva al disastro di Pearl Harbour in quanto sospettato di collaborare con il Fascismo e quindi condotto nel centro di detenzione a Ellis Island. Earl Brennan ha raccontato che, con la garanzia di Girolamo Valenti, fu raggiunto un accordo tra i due gentiluomini, in virtù del quale il primo sarebbe stato rilasciato e in cambio avrebbe collaborato con l’OSS, accordo che nel periodo di guerra si sarebbe rivelato assai proficuo, perché “sia la sua competenza che la collaborazione nel trasmetterci informazioni utili e tempestive si rivelò progressivamente assai soddisfacente […] le vedute del Principe cambiarono ed egli divenne un collaboratore più volenteroso e utile.” E. Brennan, O.S.S. and the Italian Contribution cit., p. 266 e 267.
74 Mario Badoglio, figlio del più noto maresciallo Pietro Badoglio, Console Generale a Tangeri, dopo il 25 luglio accorse in volo a Roma in ausilio del padre, nominato Presidente del Consiglio. Si trovava con il padre al Ministero della Guerra nella notte tra l’8 e il 9 settembre. Restò a Roma, quando il Re, Badoglio e il Governo fuggirono a Pescara, fino al giorno dopo Pasqua, intorno alla fine di aprile ’44, quando fu individuato e arrestato dalla polizia tedesca a Roma, mentre aspettava di ricongiungersi col padre e, infine, tradotto in Germania. Si cfr. P. Badoglio, L’Italia nella seconda guerra mondiale cit., p. 117.
75 Tale, circostanza fu riferita direttamente a Roosevelt in una delle missive intercorse tra i due Capi di Stato e, precisamente, in una di fine aprile ’44, nella quale Badoglio così scriveva “l’ultimo dei miei ragazzi che mi aspettava a Roma è stato seguito e arrestato due giorni fa dalla polizia tedesca”. M. Corvo, La Campagna d’Italia dei Servizi Segreti Americani in Italia cit., p. 315.
76 Il sottotenente ventenne “dalla faccia pallida”, William Malcolm Callanan, fu ufficiale d’intelligence assegnato al distaccamento dell’OSS presso la V Armata compilò un rapporto in cui evidenziò il valore e il volume delle informazioni militari trasmesse da radio “Vittoria” a Roma durante l’occupazione nazista. Si cfr. P. Tompkins, L’altra Resistenza cit., nt. 8, p. 404; Id. Una spia a Roma cit., pp. 369-370.
77 «We arrived in Brindisi on the 31st of December and the Marshal asked us whether it would be possible to bring back in liberated Italy his son, Colonel Mario Badoglio. We answered the Marshal that we would do all things possible to contact his son and smuggle him on this side of our lines. We returned to Caserta on the 2nd of January, 1944». A. Bourgoin, From 20th September 1943 to 26th January 1945 cit., p. 49.
Michaela Sapio, Servizi e segreti in Italia (1943-1945). Lo spionaggio americano dalla caduta di Mussolini alla liberazione, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, 2012
#1943 #1944 #agenti #AndréBourgoin #Caserta #Corsica #fascisti #gennaio #II #italiani #MaurizioMoris #MichaelaSapio #missione #Napoli #OSS #ottobre #Richmond #segreti #servizi #Sis #tedeschi #Teresa
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L’avvento dell’ABCA: il cinema burkinabè entra in una nuova era.
Il 4 settembre 2025, un evento significativo ha segnato un capitolo fondamentale nell’evoluzione della cosiddetta settima arte in Burkina Faso. Durante una conferenza a Ouagadougou, i professionisti dei media sono stati resi partecipi della recente creazione dell’Agenzia Burkinabè della Cinematografia e dell’Audiovisivo (ABCA). Questa innovativa istituzione è il risultato di un lungo processo di riflessione, finalizzato a ristrutturare profondamente il settore cinematografico nazionale.
Secondo quanto affermato da Alex Moussa Sawadogo, direttore generale dell’ABCA, l’agenzia nasce dalla fusione di diverse entità, tra cui l’Istituto Superiore dell’Immagine e del Suono (ISIS), la Delegazione Generale del FESPACO, il Segretariato Tecnico del Centro Nazionale della Cinematografia e dell’Audiovisivo, insieme alla Direzione della Cinematografia e dell’Audiovisivo. Questa unione rappresenta non solo una riorganizzazione, ma una vera e propria rinascita del cinema burkinabè.
L’ABCA ha chiare missioni e obiettivi ambiziosi: sviluppare l’intera catena del valore del cinema e dell’audiovisivo, garantire la regolamentazione e il controllo del settore, e formare gli attori coinvolti. “Il nostro compito è anche quello di promuovere e diffondere le opere, preservare e valorizzare il nostro patrimonio culturale, e rafforzare la cooperazione sia a livello nazionale che internazionale,” ha dichiarato Sawadogo. Con queste parole, il direttore ha sottolineato l’importanza di una struttura che si fa carico delle necessità del settore in un contesto sempre più competitivo.
Una delle ambizioni principali dell’agenzia consiste nel strutturare gli operatori del settore e istituire una biglietteria nazionale, al fine di regolare meglio l’esercizio commerciale dei film. “L’ABCA arriva in un momento cruciale per riposizionare il Burkina Faso come un vero e proprio hub della creazione cinematografica,” ha aggiunto Sawadogo. Questo progetto non solo mira a valorizzare le storie raccontate secondo il punto di vista burkinabè, ma anche a trasformare il cinema in un settore socio-economico rilevante, dando l’opportunità ai talenti locali di brillare sulla scena mondiale.
Per realizzare tali obiettivi, l’ABCA si compone di vari dipartimenti, tra cui l’ISIS Studio École (ISIS-SE) dedicato alla formazione di professionisti e il FESPACO, la biennale panafricana del cinema. Inoltre, vi è un reparto dedicato al finanziamento di progetti cinematografici e alla cinematografia africana di Ouagadougou.
In un contesto globale dove la creatività è sempre più competitiva, l’ABCA si presenta come una risposta concreta all’esigenza di accompagnare l’innovazione e dare voce al cinema burkinabè e africano. Con questa nuova struttura, il Burkina Faso potrà non solo preservare la sua eredità culturale, ma anche promuovere una narrazione autentica e coinvolgente che contribuisca al panorama cinematografico internazionale.
Fonte: burkina24.com
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La Luna e i falò: “Pavese e l’amara nostalgia di un’identità perduta”
Indice dei contenuti
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- Trama
- La vendemmia
- Significato del Falò
- Significato della Luna
- La chiesa
- Personaggi principali
- Il legame tra Anguilla e Nuto
- Le letture che Nuto consiglia al protagonista
- Significato
- Cinto
- Ruolo simbolico
- Stereotipi e rovesciamento
- Significato nel romanzo
- Santina, un personaggi dalle molte sfaccettature
- Santina e il fascismo
- Pavese mostra Santina come un personaggio ambiguo e contraddittorio
- Riflessioni personali
Title:
La luna e i falò
Author:
Cesare Pavese
Genre:
narrativa
Publisher:
Einaudi
Pages:
174
Source:
einaudi.it/catalogo-libri/narr…
Cesare Pavese (1908-1950) è stato un importante scrittore, poeta e traduttore italiano, considerato uno dei maggiori esponenti della letteratura del Novecento. Nato a Santo Stefano Belbo, in Piemonte, Pavese si laureò in lettere e iniziò la sua carriera come traduttore di opere americane.
La sua scrittura è caratterizzata da una profonda introspezione e una riflessione sulla solitudine e l’esistenza umana. Tra le sue opere più celebri ci sono “La luna e i falò”, “Il mestiere di vivere” e “Tra donne sole”. Pavese affrontò temi come l’amore, la morte e il legame con la propria terra.
Oltre alla narrativa, Pavese scrisse anche poesie e saggi. La sua opera fu influenzata dalle esperienze personali, tra cui la sua lotta contro la depressione. Morì nel 1950 a Torino, in circostanze tragiche, ma il suo lascito letterario continua a essere studiato e apprezzato.
Trama
La luna e i falò, pubblicato nel 1949 da Cesare Pavese, è un romanzo intenso che racconta il ritorno di Anguilla nel suo paese natale, dopo aver vissuto molti anni in California. Il romanzo intreccia memoria, territorio, storia e riflessioni sociali, descrivendo un Piemonte rurale nel dopoguerra e nel periodo successivo alla liberazione del 25 aprile.
La vicenda tocca la Resistenza, il periodo difficile della guerra e della ricostruzione, mostrando come i contadini abbiano vissuto la libertà conquistata con fatica e senso di responsabilità. Pavese descrive la povertà diffusa e le differenze tra contadini e signori: i primi lavorano duramente la terra, mentre i secondi godono di privilegi, controllano le proprietà e le gerarchie sociali.
La vendemmia
Un elemento centrale del romanzo è la vendemmia, raccontata come un vero rito collettivo: la raccolta dell’uva unisce i contadini in lavoro e socialità, ma è anche un momento di fatica e riflessione. La festa dopo la vendemmia celebra il raccolto, rafforzando i legami comunitari e offrendo un’occasione di gioia e condivisione. La luna illumina le notti di lavoro e le veglie dei falò, simboli della ciclicità della vita e della memoria della comunità. I falò rappresentano la comunione, la fatica collettiva e la continuità della tradizione contadina.
Significato del Falò
Ritualità e Tradizione: I falò rappresentano rituali legati alla tradizione contadina. Essi evocano una connessione con la terra e le origini, richiamando il calore e la comunità.
Illuminazione e Riflessione: Il falò simboleggia anche la luce in mezzo all’oscurità, una fonte di calore e conforto, ma al contempo può rappresentare la fragilità e l’effimero di certe esperienze di vita
Memoria e Nostalgia: Attraverso il falò, Pavese esprime nostalgia per un passato idealeizzato, un momento di riunione e di condivisione che contrasta con l’alienazione della vita moderna.
Trasformazione e Rinnovamento: Il falò può essere visto come un simbolo di trasformazione, dove il fuoco purifica e crea spazio per nuove esperienze, riflettendo il percorso di crescita personale del protagonista.
Significato della Luna
Simbolo di Nostalgia: La luna rappresenta il legame con il passato e i ricordi. Il protagonista, attraverso la sua visione della luna, riflette sulla sua infanzia e sulle esperienze vissute. La luna diventa quindi un simbolo di nostalgia e di una ricerca di un tempo perduto.
Contrasto tra Luce e Ombra: La luna illumina la notte, ma al contempo evidenzia le ombre e le parti oscure della vita. Questa dualità riflette le esperienze del protagonista, che si trova a confrontarsi con le bellezze e le difficoltà della vita.
Riflessione sull’Identità: La luna, nel suo ciclo di fasi, può simboleggiare anche i cambiamenti dell’individuo. Il protagonista cerca di comprendere la propria identità e il proprio posto nel mondo, e la luna diventa un elemento che accompagna questa ricerca interiore.
Collegamento con la Natura: La luna è anche un simbolo della connessione con la natura e il paesaggio piemontese, che fa da sfondo alla narrazione. Questa connessione rappresenta un ritorno alle origini e alle radici, temi molto cari a Pavese.
La luna non è solo un elemento descrittivo, ma un simbolo ricco di significati che accompagna il protagonista nella sua introspezione e nel suo viaggio esistenziale. La sua presenza sottolinea la bellezza e la complessità della vita, con tutte le sue luci e ombre.
La chiesa
Pavese inserisce anche aspetti legati alla Chiesa, alla politica e alla stampa, che influenzano l’opinione pubblica e i discorsi della comunità, sottolineando come i valori, le gerarchie e le credenze modellino la vita rurale nel dopoguerra. Il ritorno di Anguilla dalle terre lontane della California è uno strumento per confrontare esperienze diverse e per misurare il cambiamento nel tempo e nello spazio. La frase che riassume perfettamente uno dei temi principali del romanzo è: “L’ignorante non si conosce mica dal lavoro che fa, ma da come lo fa”, enfatizzando l’onestà e la dignità del lavoro al di là della posizione sociale.
Personaggi principali
Anguilla
Anguilla è il protagonista del romanzo, un giovane che dopo anni vissuti in California ritorna nel suo paese natale in Piemonte. Rappresenta il ritorno alle radici, la ricerca di un senso di appartenenza e l’elaborazione del passato. Attraverso i suoi occhi, Pavese mostra il contrasto tra il mondo rurale della povertà contadina e le esperienze all’estero. Anguilla incarna il viaggio interiore e fisico, la nostalgia, la riflessione sulla propria identità e la tensione tra il desiderio di progresso e la fedeltà alle tradizioni.
Nuto
Nuto è un personaggio emblematico del mondo contadino e delle gerarchie sociali locali. È il figlio di un piccolo proprietario terriero, benestante rispetto agli altri contadini. Nuto rappresenta il legame con il passato e con la comunità, ma anche le contraddizioni sociali: da una parte amico e confidente, dall’altra simbolo delle differenze di classe tra chi possiede la terra e chi la lavora.
Il legame tra Anguilla e Nuto
Il rapporto tra i due è complesso e ambivalente: Amicizia e complicità: Nuto conosce Anguilla sin dall’infanzia e rappresenta un ponte tra il passato e il presente. I loro dialoghi e momenti condivisi mostrano una profonda intesa, basata sulla conoscenza reciproca e sull’esperienza comune della vita contadina.
Contrasto sociale e morale: Nuto incarna anche il mondo dei signori e dei privilegi, pur non essendo completamente distante dalle difficoltà del lavoro contadino. Questo crea tensioni interiori in Anguilla, che riflette sulla giustizia sociale e sulle differenze tra persone.
Specchio dell’identità: Anguilla vede in Nuto un riflesso del paese che ha lasciato, un punto di riferimento per confrontare cambiamento e continuità. Nuto, a sua volta, rappresenta per Anguilla il legame con la comunità e la memoria delle tradizioni, senza le quali il ritorno perderebbe senso. Simbolo della nostalgia e della memoria: Entrambi, nel loro legame, incarnano la tensione tra passato e presente, tra il desiderio di progresso e la forza delle radici. Nuto permette ad Anguilla di misurare quanto il paese sia cambiato e quanto lui stesso sia cambiato durante gli anni in California.
In sintesi, Anguilla e Nuto sono specchi l’uno dell’altro: Anguilla porta lo sguardo esterno e il viaggio interiore, Nuto rappresenta continuità, appartenenza e confronto con le strutture sociali locali. La loro amicizia è fondamentale per comprendere i temi del romanzo: memoria, radici, differenze sociali, povertà e il senso di identità nel dopoguerra.
Le letture che Nuto consiglia al protagonista
Nuto invita il narratore (Anguilla) a leggere libri che non siano “favole” ingenue, ma testi capaci di farlo riflettere sulla realtà sociale, sulla storia e sulle ingiustizie.
Mentre il protagonista da bambino si nutriva di racconti semplici, intrisi di immaginazione e stereotipi (come le favole del principe che salva la principessa), Nuto lo spinge verso una lettura adulta, concreta e critica, che serve a comprendere il mondo e non a illudersi.
Significato
Nuto rappresenta la voce della coscienza, della Resistenza e dell’impegno politico e sociale.
Le letture che propone diventano un contrappeso alle illusioni infantili: servono a “smascherare” lo stereotipo delle favole e a capire che la vera vita non ha un lieto fine scontato, ma va affrontata con consapevolezza e responsabilità.
Attraverso i libri, Nuto vuole formare l’amico a un pensiero più maturo, dove la libertà e la dignità non si aspettano da un salvatore esterno (un “principe”), ma si costruiscono con la propria lotta.
In pratica, le letture consigliate da Nuto sono lo strumento con cui Pavese mostra il passaggio dal mondo ingenuo delle favole alla realtà adulta della storia e della società.
Cinto
Cinto è un ragazzino poverissimo e storpio, che vive nella cascina della Mora insieme al padrone Valino, uomo duro e violento.
Il protagonista Anguilla lo incontra al suo ritorno dall’America e lo guarda quasi come un riflesso del sé bambino: anche lui è cresciuto in miseria, in una campagna piena di fatiche e ingiustizie.
Ruolo simbolico
Specchio del protagonista: Cinto rappresenta ciò che Anguilla era da piccolo: un orfano povero, senza protezione, costretto a subire la durezza della vita.
Il futuro negato: la sua deformità fisica e la condizione di sfruttamento mostrano come nei contadini non ci sia spazio per favole di riscatto o “principi salvatori”.
L’innocenza ferita: Pavese mette in lui la speranza di un riscatto (Anguilla vorrebbe portarlo via con sé), ma il destino lo colpisce tragicamente: Valino, in un gesto di disperazione, dà fuoco alla cascina e muore con la famiglia, mentre Cinto si salva per miracolo.
Stereotipi e rovesciamento
Nei racconti fiabeschi, il bambino povero o menomato viene spesso “salvato” e trova il lieto fine.
Pavese rovescia questo schema: Cinto non è salvato da un eroe, né diventa principe. Sopravvive, ma resta solo, ferito e senza garanzie per il futuro.
Significato nel romanzo
Cinto è la prova che la vita contadina non è una favola: non offre riscatto facile, ma solo fatica e dolore. Attraverso di lui, Pavese sottolinea la continuità della miseria: ciò che Anguilla ha sofferto da bambino si ripete identico nelle nuove generazioni.
È il personaggio che più mette in luce la disillusione del protagonista e la morale del romanzo: non ci sono principi né magie, ma solo memoria, radici e la consapevolezza della durezza del vivere.
Santina, un personaggi dalle molte sfaccettature
Santina è un personaggio chiave con molte sfaccettature, che rappresenta un legame profondo con il passato e con le radici del protagonista, Anguilla. Santina è descritta come una figura simbolica e carismatica, incarnando l’ideale di una bellezza e di una vita semplice, legata alla terra e alla tradizione.
Il suo personaggio evoca sentimenti di nostalgia e un forte desiderio di connessione con le origini. La sua presenza nel romanzo riflette i temi del ritorno, della ricerca di identità e della lotta tra il mondo moderno e quello tradizionale. Santina è quindi non solo una persona, ma un simbolo delle esperienze e delle emozioni che il protagonista vive durante il suo viaggio alla ricerca di sé stesso e del significato della sua esistenza.
Pavese utilizza Santina per esplorare la complessità dei legami umani e il modo in cui il passato influisce sul presente.
Santina e il fascismo
Santina incarna in un frammento del testo, il lato oscuro della femminilità: non più musa o sogno adolescenziale, ma figura corrotta e corruttrice, che usa il suo fascino per sopravvivere e dominare.
Rappresenta anche la disillusione politica e morale: la guerra ha distrutto ogni illusione di purezza, mostrando come la realtà sia complessa, fatta di compromessi e tradimenti.
Pavese mostra Santina come un personaggio ambiguo e contraddittorio
Santina e il passaggio ai partigiani
Dopo essere stata amante dei fascisti e delle brigate nere, Santina cerca di salvarsi a guerra quasi finita, passando dalla parte dei partigiani.
Non lo fa per convinzione politica, ma per opportunismo e paura: capisce che i fascisti stanno perdendo e tenta di cambiare bandiera per sopravvivere.
I partigiani però non si fidano: la considerano una traditrice e la condannano a morte.
Viene giustiziata come collaborazionista, esempio della durezza della giustizia sommaria della Resistenza.
Significato simbolico
Santina rappresenta la corruzione morale e l’egoismo di chi, invece di scegliere con coscienza, cambia campo solo per convenienza.
In lei Pavese denuncia la guerra civile come terreno di ambiguità e brutalità, dove non c’è spazio per le favole né per i lieti fini.
Analisi psicologica dei personaggi
Dal punto di vista psicologico, il romanzo può essere interpretato attraverso diverse teorie:
-Erik Erikson – sviluppo dell’identità: Anguilla attraversa una fase di crisi d’identità, cercando di conciliare il sé lontano (California) con le radici nel paese natale. Il ritorno alle origini rappresenta una ricerca di integrazione tra passato e presente.
-John Bowlby – teoria dell’attaccamento: Il legame con la terra, le persone e la comunità rappresenta una “base sicura”, mentre la lontananza genera ansia e senso di perdita.
-Sigmund e Anna Freud – psicologia del trauma: Gli eventi della Resistenza e il dopoguerra lasciano tracce nei personaggi, con memorie traumatiche che si manifestano in riflessioni e simboli (luna, falò, terre).
-Kurt Lewin – psicologia sociale: La differenza tra contadini e signori e i riti collettivi come la vendemmia evidenziano come norme sociali e dinamiche di gruppo, influenzino comportamento e decisioni individuali.
-Abraham Maslow – piramide dei bisogni: Anguilla e gli altri personaggi cercano di soddisfare bisogni primari di sopravvivenza, appartenenza e realizzazione personale, attraverso lavoro, comunità e riflessione sulla propria identità.
In questo modo, Pavese non descrive solo paesaggi e società, ma approfondisce la psicologia dei personaggi, i loro conflitti interiori e la tensione tra radici, memoria e aspirazioni personali.
Riflessioni personali
Leggere La luna e i falò significa immergersi in una dimensione di ritorno, memoria e perdita. Il narratore, Anguilla, torna nel suo paese d’infanzia sperando di ritrovare radici e senso dopo anni di lontananza, ma scopre che nulla è più come prima: i luoghi sono cambiati, le persone sono morte o trasformate, la guerra ha lasciato ferite insanabili.
La luna e i falò, due immagini forti che danno il titolo al romanzo, rappresentano poli opposti: la luna come desiderio di permanenza, ciclicità, sogno di un ordine universale; i falò come distruzione, violenza, roghi che cancellano corpi e storie. In mezzo a questo contrasto si muove l’uomo, che cerca un senso e un’appartenenza ma deve fare i conti con l’inevitabile disgregazione del tempo e della storia.
Ciò che colpisce è la tensione tra il bisogno umano di “ritornare a casa” e l’impossibilità reale di farlo. Non esiste un ritorno puro, perché il passato non torna: resta solo la memoria, spesso ingannevole, e l’impronta di ciò che si è vissuto. In questo senso, il romanzo parla non solo della Resistenza e di un’Italia spaccata, ma di una condizione umana universale: tutti noi cerchiamo un “nido”, un’origine, e tutti ci scontriamo con la consapevolezza che quel nido non può più accoglierci. La teoria di Bowlby, in psicologia, spiega scientificamente come la presenza di una base sicura sia fondamentale per lo sviluppo di una persona, il romanzo di Pavese ne offre una dolorosa e poetica rappresentazione attraverso la figura di Anguilla. Anguilla, il “senza nome”, è la prova che senza un luogo (fisico o affettivo) a cui poter tornare, l’esplorazione del mondo si trasforma in un vagabondare senza meta, e la ricerca di sé si conclude con l’amara consapevolezza di non appartenere a nessun luogo.
Forse la verità sta nell’accettare il movimento: come la luna che ritorna e come i falò che bruciano, anche l’esistenza alterna luce e perdita. Pavese ci ricorda che il senso non è nel recuperare il passato, ma nel saperlo guardare e trasformare in coscienza.
La Luna e i falò: “Pavese e l’amara nostalgia di un’identità perduta”
La Luna e i falò: “Pavese e l’amara nostalgia di un’identità perduta” - Recensioni libri - Il Mago di OzCristina Desideri (Magozine.it)
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Daniel Love sui sogni lucidi: miti e ricerca scientifica
Ringraziamo Daniel Love, uno dei massimi esperti internazionali di onirologia e studioso del sonno, per averci concesso questa intervista. Con un approccio rigorosamente scientifico, ha aiutato centinaia di migliaia di persone a scoprire i benefici dei sogni lucidi e a sviluppare una maggiore consapevolezza. Autore di best-seller come Are You Dreaming?: Exploring Lucid Dreams, fondatore dell’International Lucid Dreaming Day e divulgatore seguitissimo sul suo canale YouTube e sul sito ufficiale, Daniel Love è un punto di riferimento mondiale per chi cerca chiarezza in un campo spesso confuso da miti e false credenze.
In questa intervista parliamo di temi centrali: dalla distinzione tra sogno lucido e viaggio astrale o esperienze fuori dal corpo, al ruolo della ricerca scientifica e delle neuroscienze, fino all’impatto della mindfulness e delle nuove tecnologie come le mascherine per i sogni lucidi. Le sue risposte offrono spunti preziosi per chi vuole imparare tecniche affidabili per sognare lucido, evitando sensazionalismi e trovando un approccio autentico a questo affascinante mondo.
Domanda. Esiste un dibattito acceso sulla distinzione tra sogni lucidi ed esperienze extracorporee, con alcuni ricercatori che sostengono che non ci sia una differenza sostanziale, ma solo terminologica (come nel caso di Raduga), mentre altri li considerano fenomeni distinti. Qual è la tua posizione su questo tema e perché la ricerca scientifica non ha ancora chiarito del tutto questa distinzione?
Risposta. La risposta breve è che sono diverse, ma solo se si tiene a essere precisi, cosa che, a mio parere, dovremmo fare. Il sogno lucido è uno stato psicologico ben documentato che si verifica nel sonno REM, in cui chi sogna si rende conto di stare sognando. La proiezione astrale, invece, è una credenza culturale e spirituale, essenzialmente una narrazione che viene applicata a certe esperienze mentali (spesso sogni lucidi mal interpretati, ipnagogia o paralisi del sonno). Il problema è che le persone spesso le confondono perché possono sembrare molto simili a livello soggettivo. Inoltre, c’è una tendenza a sperare che queste esperienze confermino le nostre convinzioni preesistenti.
Perché la scienza non ha “risolto” la questione? Principalmente perché la scienza non studia realmente la proiezione astrale: non si può facilmente misurare l’affermazione soggettiva di un’anima che vola per il cosmo. Inoltre, i pochi studi seri hanno confutato in modo definitivo le affermazioni fatte, quindi, una volta che la scienza ha avuto la sua risposta, si è dedicata a spiegazioni più ragionevoli.
Ciò che possiamo misurare è l’attività cerebrale durante i sogni, e tutte le prove affidabili indicano che il sogno lucido, o stati di sogno simili e meno consapevoli, sono la spiegazione più comune per il cosiddetto viaggio astrale. La spiegazione astrale è interessante dal punto di vista storico e culturale, ma scientificamente non è affatto supportata. Per me la distinzione è importante, altrimenti si cade in un caos di linguaggio vago in cui tutto è permesso (e diventa impossibile imparare o insegnare).
D. Ci sono stati alcuni studi che hanno suggerito la possibilità di comunicare tra sognatori lucidi in fase REM, seppur in modo rudimentale. Qual è il tuo punto di vista su queste ricerche? Hai mai avuto esperienze personali o testimonianze affidabili di comunicazione in sogno con altri sognatori lucidi?
R. Sì, nel corso degli anni sono state fatte alcune ricerche interessanti che dimostrano che chi fa sogni lucidi può rispondere a domande esterne mentre sogna, usando segnali oculari o addirittura risolvendo semplici problemi matematici. Penso che sia una cosa notevole e sono contento che la gente la stia esplorando. Ma non romanticizziamola troppo: non siamo ancora al punto in cui chi sogna può avere lunghe conversazioni nel sonno REM come se fosse al telefono. È più come ricevere qualche battito di codice Morse. È interessante, ma i media l’hanno gonfiata in modo esagerato.
Personalmente, non ho mai avuto un’esperienza che potrei definire una vera comunicazione “telepatica” a due vie con un altro sognatore (a parte i resoconti aneddotici di sogni, che sono notoriamente inaffidabili). La ricerca su una segnalazione più concreta è promettente, ma al momento siamo ancora agli inizi e, francamente, è limitata per principio e per design. Quasi sicuramente non avremo mai un “internet dei sogni”, a meno che strumenti come Neuralink non prendano piede.
D. Si parla spesso delle capacità del sogno lucido di attingere a conoscenze dell’inconscio personale, ma c’è anche chi sostiene che possa connettersi a un inconscio collettivo, come teorizzato da Jung. Ad esempio, alcuni sognatori raccontano di ricevere da un defunto informazioni che non conoscono e che si rivelano veritiere una volta svegli. Qual è il tuo punto di vista su questo fenomeno?
R. Jung aveva delle idee molto poetiche, ma le prove di un inconscio collettivo letterale sono praticamente inesistenti. Quando le persone dicono di aver sognato qualcosa che “non potevano sapere”, tendo a vederlo come una combinazione di coincidenza, stranezze della memoria e interpretazione successiva (la mente è un’esperta nel ricamare una narrazione convincente partendo da pochissimo. Lo vedevo sempre quando lavoravo come mago: le persone riferivano che avevo fatto miracoli che non erano mai avvenuti).
Detto questo, i sogni danno accesso ai processi inconsci, ma è il tuo inconscio. Intuizioni subconsce, ricordi dimenticati a metà, piccoli frammenti di informazioni che hai raccolto senza accorgertene. Questo è di per sé potente, senza dover invocare un database telepatico e mistico dell’umanità. E, francamente, l’idea è incredibilmente antropocentrica e un po’ priva di umiltà.
D. Nei tuoi video, mostri spesso una chiara distinzione tra la lucidità nel sogno e la ‘lucidità’ applicata alla vita di veglia. Come definiresti e quali sono i confini (o le intersezioni) tra la consapevolezza che si sviluppa nei sogni lucidi e la mindfulness o altre pratiche di lucidità nella vita reale? Perché è così importante, a tuo avviso, mantenere questa distinzione?
R. Questo è un punto fondamentale. Probabilmente il più grande. A mio avviso, il sogno lucido e la mindfulness vengono spesso confusi, ma non sono assolutamente la stessa cosa. Il sogno lucido è il riconoscimento di trovarsi in uno stato onirico, attraverso il pensiero critico e la conclusione logica. La mindfulness è prestare un’attenzione più vaga alla propria esperienza attuale. Si sovrappongono (la mindfulness può aiutarti a capire quando stai sognando), ma confonderle è un pensiero davvero superficiale, anche se incredibilmente comune negli angoli più new age della comunità del sogno lucido.
Se ti stai chiedendo perché la distinzione sia importante, la risposta è perché la lucidità nei sogni richiede un tipo molto specifico di metacognizione: la capacità di uscire dal proprio modello di realtà e dire “aspetta un attimo, forse questo non è come sembra”. Se lo confondi con la mindfulness generale, diluisci entrambe le pratiche. È come confondere l’astronomia con l’astrologia solo perché entrambe riguardano le stelle. Hanno temi simili, ma risultati molto diversi.
D. Quali sono, secondo te, le aree di ricerca più promettenti nel campo dei sogni lucidi nei prossimi 5-10 anni? Pensi che la neuroscienza possa un giorno sbloccare i misteri della coscienza onirica in modo definitivo, o ci sono limiti che rimarranno invalicabili?
D. Quali sono le aree più promettenti? Le neuroscienze stanno lentamente svelando come il cervello costruisce i sogni in primo luogo; i modelli di elaborazione predittiva sono particolarmente affascinanti. Sta emergendo anche la possibilità di mappare il contenuto dei sogni in tempo reale, anche se siamo ancora lontani.
La scienza risolverà ogni cosa? Probabilmente no. Ci sono dei limiti: dopotutto, l’esperienza soggettiva è privata e il linguaggio stesso è impacciato nel catturarla. Ma penso che avremo un quadro molto più chiaro dei meccanismi del sogno nel prossimo decennio.
R. Con l’emergere di nuove tecnologie come le mascherine per i sogni lucidi e dispositivi per il monitoraggio del sonno, si pone sempre più l’interrogativo su quale sia il ruolo degli strumenti esterni rispetto alle tecniche puramente mentali o psicologiche. Come valuti l’impatto di queste innovazioni sul futuro della pratica del sogno lucido, e qual è il tuo consiglio per chi cerca un approccio equilibrato?
D. La nuova ondata di maschere e gadget è più o meno una riproposizione dei principi che Hearne e LaBerge hanno sperimentato negli anni ’90. Stanno certamente migliorando rispetto alla tecnologia più vecchia (che era per lo più poco più che luci lampeggianti legate al viso). Ma il problema è questo: i gadget saranno sempre limitati dalla psicologia di chi sogna. Se non hai la mentalità e le competenze giuste, una maschera non ti renderà magicamente lucido, e chiunque le commercializzi in questo modo sta semplicemente ingannando i clienti.
Il mio consiglio è di trovare un equilibrio: sperimenta pure gli strumenti se ti va, ma non trascurare l’allenamento mentale. E di certo non spendere centinaia di euro per un dispositivo che fa promesse impossibili. Altrimenti ti ritroverai con un oggetto molto costoso che prende polvere e una lezione di vita sul discernimento.
R. Nei tuoi video, ti impegni spesso a sfatare miti e malintesi comuni sui sogni lucidi. Qual è, a tuo parere, la ‘falsa credenza’ più pericolosa o dannosa che hai incontrato nella comunità dei sognatori lucidi, e come cerchi di correggerla?
D. Che il sogno lucido sia facile, istantaneo o che si possa imparare in una notte. Questo vende libri e video su YouTube, ma lascia i principianti disillusi quando falliscono dopo pochi tentativi. Peggio ancora, mina la vera scienza dipingendo il sogno lucido come una sorta di trucco da salotto.
Allo stesso modo, c’è un termine assurdo in circolazione, “onnilucidità”, che è essenzialmente il concetto assolutamente ridicolo (e del tutto antiscientifico) che si possa essere lucidi in ogni sogno. È una parola inventata da persone che inventano cose. Se la senti, sai che sei finito nel lato oscuro e disinformativo del sogno lucido e dovresti prendere tutto non con un pizzico, ma con un pianeta intero di sale.
Cerco di correggere questi concetti essendo brutalmente onesto: il sogno lucido richiede pazienza, costanza e una mentalità critica. Non trasformerà ogni sogno, non ti renderà un maestro illuminato, né è la soluzione a tutti i tuoi problemi. Ma ne vale la pena, perché è un’affascinante incursione nel confine selvaggio della mente umana. E svilupperai abilità utili proprio perché non è istantaneo.
D. Come vedi l’evoluzione della comunità online dei sognatori lucidi nei prossimi anni? Quali sfide e quali opportunità si presenteranno per chi, come te, utilizza piattaforme come YouTube per educare e ispirare, e quali consigli daresti ai neofiti che si avvicinano a questo mondo attraverso i canali digitali?
R. Onestamente, al momento è un po’ un caos. Ci sono una manciata di persone valide, ma non saranno quelle di cui hai sentito parlare, perché vengono sopraffatte da sensazionalismo, iperboli e affermazioni allettanti. Purtroppo, c’è un’inondazione di disinformazione, inclusi (più di recente) sciocchezze generate dall’IA, e persone che si arricchiscono senza capire nulla dell’argomento.
Per gli educatori, la sfida è distinguersi senza banalizzare (e senza essere sopraffatti dalla frangia tossica). Per i nuovi arrivati, il mio consiglio è: scegliete con cura i vostri insegnanti. Se qualcuno promette risultati istantanei o mescola i sogni con un misticismo da quattro soldi, consideralo una bandiera rossa.
Per quanto riguarda il futuro, sospetto che vedremo una spaccatura ancora più grande tra gli educatori seri e coloro che cercano solo di fare clic. Dopotutto, questo è il mondo di internet.
D. Hai un pubblico che ti segue anche dall’Italia? E speri, in futuro, di tradurre i tuoi libri o i tuoi contenuti in lingua italiana per raggiungere una comunità più ampia?
R. Sì, ho alcuni spettatori italiani e mi piacerebbe raggiungerne di più. Tradurre i miei libri in italiano è sicuramente qualcosa che vorrei che accadesse (editori, se state leggendo questo, contattatemi). È una questione di tempo e risorse, ma sono fiducioso.
Sogni lucidi: la prima comunicazione in una ricerca di Remspace
La scoperta di REMspace rivoluziona l'interazione onirica con la prima comunicazione nei sogni lucidi tra persone monitorate.Francesco Scatigno (Magozine.it)
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call: ancora 20 giorni per partecipare a “fare sud” – chiamata a raccolta, dal sito ‘la scatola di latta’
https://www.scatoladilatta.it/fare-sud/
scadenza 30 settembre
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Livorno-Guidonia: ahi ahi ahi
di Nello Gradirà
Sì, lo so, avevo detto che in casa non ci andavo più, invece ci sono andato. E così, come tutti gli altri presenti allo stadio, ho subito una punizione biblica.
Aggravante: il Guidonia visto ieri aveva fatto un punto in due partite, finora non aveva mai segnato e nella sua storia non aveva mai vinto una partita di calcio professionistico. E in effetti è parso davvero poca cosa, una squadra che lotterà per salvarsi e chissà se ci riuscirà.
Peccato: con una vittoria sarebbe stato addirittura secondo posto in classifica, a dimostrazione di quanto questo campionato sarebbe abbordabile.
Ma come si suol dire i nodi vengono al pettine. E puntualmente sono venuti fuori tutti insieme, cancellando il cauto ottimismo prodotto dalla vittoria sulla Ternana.
La Ternana però aveva giocato a ritmi molto compassati ed era rimasto il dubbio di cosa potesse succedere contro una squadra più rapida.
E infatti già contro la Juve U23 c’era stata qualche difficoltà in più, ma la partita si poteva tranquillamente portare a casa se non fosse stato per due errori individuali, quindi prestazione non del tutto da buttare e ottimismo confermato.
Il Livorno però è una squadra costruita male dove abbondano i mediani e i fantasisti ma non c’è un regista a pagarlo oro. Se si guarda l’altezza dei centrocampisti il Livorno sembra la nazionale dei puffi, inoltre in difesa, se qualcuno dei tre titolari non gioca, c’è da mettersi le mani nei capelli perché chi entra in campo è roba da film dell’orrore: domenica scorsa Nwachukwu (2 gol regalati alla Juve), ieri Baldi (ai dribbling dell’attaccante avversario in occasione del gol non avrebbe abboccato nemmeno mio nonno in carrozzella).
Ma ieri il vero protagonista in negativo è stato l’allenatore Formisano. La formazione iniziale è stata completamente sbagliata, frutto di presunzione e superficialità. Primo errore, mettere insieme in campo dal primo minuto due punte sulla quarantina che si sa che non reggono più di un’ora. E oltretutto con altri due giocatori offensivi (Cioffi e Biondi), per cui praticamente hai giocato con un 3-3-4. Probabilmente Formisano ha pensato: facciamo un gol, poi pensiamo a difenderlo. Il gol però non è arrivato, il Guidonia si è difeso ordinatamente e poi dall’inizio della ripresa ha accelerato i ritmi. Qui è apparso chiaro che stavano per arrivare momenti duri e che si rischiava il peggio. Circa venti minuti raccapriccianti in cui il gol era nell’aria senza che Formisano facesse una mossa, poi preso puntualmente il gol arriva una raffica di sostituzioni a casaccio (5) tra cui Dionisi e Di Carmine naturalmente spompati.
Ovviamente peggio che andar di notte, e occasioni a raffica in contropiede per il Guidonia che non ha raddoppiato un po’ per imprecisione e un po’ per merito di Ciobanu, unica consolazione della partita.
Ciobanu ha confermato le belle impressioni che aveva destato l’anno scorso e fa pensare di avere grandi prospettive. Ma anche qui altro errore: invece di prendere in prestito un portiere giovane, che oltretutto non ci sarà per chissà quanto, c’era da prendere un portiere esperto che potesse garantire tranquillità e contribuire a far crescere Ciobanu.
È vero che Formisano ha avuto a disposizione molti attuali titolari da poco tempo, ma da qui a mettere in campo gente a casaccio ce ne corre.
Formisano purtroppo sta dimostrando che una cosa sono le chiacchiere in conferenza stampa e un’altra il campo: e parlando di chiacchiere, neanche queste ci sono piaciute perché accusare i giocatori di scarsa mentalità per la sconfitta senza assumersi responsabilità per i propri errori non è un bel sistema per gestire lo spogliatoio.
Si diceva titolari a disposizione da pochi giorni: con un campionato di serie D vinto a febbraio, c’era tutto il tempo di programmare, di scegliere un allenatore esperto della categoria, di costruire una rosa all’altezza e invece ci si riduce a fare un ritiro con quattro sciagurati, a prendere un allenatore-scommessa, a raccattare giocatori a casaccio tra prestiti e svincolati per cui ci sono ruoli affollatissimi e altri scoperti…
Ora, a mercato chiuso, grandi capovolgimenti non ce ne possiamo attendere. Il Livorno è poca cosa e bisogna dare atto alla società che quando parlava di obiettivo decimo posto è stata piuttosto realistica. Dopo la prestazione di ieri molti di noi ci farebbero la firma. Ma la firma più grossa la metterebbero se l’attuale presidente vendesse e se ne andasse. Poi però non ci si lamenti del numero degli abbonamenti.
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link aggiornati(ssimi), 9 sett. 2025
grande aggiornamento di link a siti & spazi di ricerca letteraria, ieri. anche in virtù dei dialoghi in Esiste la ricerca 5, ripensati, ruminati.
e varie pagine web di Roberto Cavallera sono state inserite.
ora trovate la barra laterale di slowforward e di differx.noblogs.org (la bottom line, nel caso siate al cellulare) ricca di ulteriori – non pochi – rinvii.
stessa cosa per la raggiera di link ora updated: slowforward.net/2025/09/03/una…
e il network delle sperimentazioni: slowforward.net/2012/09/24/net…
e, neanche a dirlo, il bulimicissimo signor ELIRIO: slowforward.net/2023/08/14/alc…
enjoy
#angoloCieco #differx #differxNoblogsOrg #Elirio #EsisteLaRicerca #exponere #link #links #nds #networkDelleSperimentazioni #raggieraDiLink #RobertoCavallera #slowforward #tetau
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Boschetto della Plaja, c’era una volta un polmone verde
Pubblichiamo un contributo di Cinzia Colajanni, già dipendente del Comune, da sempre interessata alle questioni socio-ambientali della città
In questi giorni sono circolate immagini di grande degrado del Boschetto della Plaja. Aree picnic infestate da sterpaglie, cestini invisibili, piste ciclabili invase da erbacce, il laghetto diventato una pozza stagnante con alghe e rifiuti a […]
Leggi il resto: argocatania.it/2025/09/10/bosc…
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da oggi,10 settembre, fino al 14, a roma: falastin festival, alla città dell’altra economia (testaccio)
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#Cisgiordania #controIlGenocidio #FabioSebastiani #FalastinFestival #festa #festival #Gaza #GerusalemmeEst #IlariaGiovinazzo #Palestina
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aggiornamenti sui crimini sionisti di genocidio, 9 set. 2025
da AssopacePalestina
facebook.com/share/1ACjNmGJSi/
Aggiornamenti
Maria Di Pietro – Assopacepalestina
09/09/2025
C’è un clima di ansia e caos, poiché i palestinesi non capiscono cosa sia successo o cosa stia succedendo al team negoziale a Doha.
In tutto questo, Israele continua a colpire edifici ogni ora – almeno sette oggi – mentre la popolazione è in movimento a seguito dei nuovi ordini di evacuazione nella città di Gaza.
I palestinesi speravano che i negoziati avessero successo e che ci fosse una luce alla fine del tunnel. (Hind Khoudary reporter da Deir el-Balah)
Un’ONG medica che opera a Gaza dichiara di essere molto preoccupata per la capacità del settore umanitario di rispondere all’ondata di sfollati causata dall’offensiva israeliana sulla città di Gaza.
Da Deir el-Balah, Mai el-Awawda, responsabile della comunicazione di Medical Aid for Palestinians, ha affermato che il sostegno per soddisfare i bisogni dei palestinesi era già insufficiente.
Ma con l’ultimo flusso di persone provenienti dalla città di Gaza, “ci stiamo dirigendo verso l’ignoto”, ha detto.
Al-Mawasi era già sovraffollata “con centinaia di migliaia di persone prive dei beni di prima necessità, senza acqua né cibo a sufficienza”, ha affermato.
“Non esiste un piano di emergenza in grado di soddisfare i bisogni che dovremo affrontare nei prossimi giorni”.
La forza di soccorso della Protezione Civile di Gaza riferisce che i suoi primi soccorritori stanno lavorando a mani nude per salvare le persone intrappolate sotto le macerie delle case in diversi quartieri della città di Gaza bombardati da Israele.
Fino a 25 persone sono disperse, alcune ancora “vive sotto le macerie e altre disperse” nella zona di Shati, nella parte occidentale della città di Gaza, ha detto l’organizzazione, definendo “un crimine” il bombardamento indiscriminato di edifici residenziali.
Israele sta intensificando i suoi attacchi terrestri e i bombardamenti aerei mortali a Gaza.
Gli ultimi ordini di evacuazione forzata riguardano tre grattacieli residenziali a Sheikh Radwan. Ai residenti è stato concesso pochissimo tempo per fuggire prima che gli edifici vengano rasi al suolo.
Queste case erano piene di famiglie che ora si trovano per strada, alla ricerca di un rifugio.
Verso mezzanotte, le forze israeliane hanno colpito un edificio residenziale densamente popolato nel campo profughi di Shati. La campagna israeliana per cacciare i palestinesi è in corso. Questa mattina, l’esercito israeliano ha lanciato volantini sulla città di Gaza per dire alla gente di andarsene.
Centinaia di migliaia di persone vivono ancora nella parte occidentale della città, che è la principale area urbana. Ma centinaia di famiglie stanno attualmente fuggendo dalla città, trasferendosi ad al-Mawasi, dove l’esercito israeliano ha dichiarato una “zona umanitaria sicura”.
C’è ancora un palpabile senso di sfida e determinazione a Gaza City, con molte famiglie che hanno organizzato una protesta questa mattina per rifiutare gli ordini di evacuazione forzata. (Tareq Abu Azzoum reporter da Deir el-Balah)
I palestinesi sostengono che l’obiettivo di Israele nella guerra contro Gaza sia lo “sfollamento”, dopo le ulteriori minacce di evacuazione forzata nella città di Gaza.
“L’obiettivo principale dell’occupazione è lo sfollamento ma non c’è più posto, né a sud, né a nord, niente”, ha detto Bajees al-Khalidi, un palestinese sfollato.
“Siamo completamente intrappolati. Vogliono cacciarci dalla Striscia di Gaza o trasferirci in un altro posto, ma non c’è più nessun posto dove andare”.
Un’altra palestinese sfollata e malata di cancro, Umm Ghassan, ha chiesto aiuto alla comunità internazionale.
“Abbiamo ricevuto un messaggio che ci intimava di evacuare la Israa Tower. Si trova vicino a una struttura per la cura del cancro. In quel momento, la paura tra le donne e i bambini era immensa”, ha detto. “Chiediamo alla comunità internazionale: basta. Non è rimasto nulla. Le nostre case sono state distrutte”.
Il Ministero della Salute di Gaza riferisce che nelle ultime 24 ore altri sei palestinesi sono morti di fame a causa delle azioni israeliane.
Questo porta il numero totale dei morti per fame a 399 persone, tra cui 140 bambini.
Da quando la Classificazione integrata della sicurezza alimentare (IPC) sostenuta dall’ONU ha dichiarato ufficialmente la carestia in gran parte di Gaza alla fine di agosto, sono stati registrati almeno 121 decessi, tra cui quelli di 25 bambini.
Il capo dell’UNRWA afferma che la Striscia di Gaza si sta svuotando della sua popolazione, costretta alla fame e a trasferirsi nella cosiddetta zona “umanitaria” di al-Mawasi.
“Non esiste un luogo sicuro a Gaza, tanto meno una zona umanitaria. Si tratta di un campo profughi sempre più grande che concentra palestinesi affamati e disperati”, ha dichiarato Philippe Lazzarini in un comunicato.
“Gli avvertimenti sulla carestia sono caduti nel vuoto”, ha aggiunto, chiedendosi se lo stesso destino attenda la catastrofe sempre più grave che sta colpendo la città di Gaza.
“Ponete fine all’impunità prima che le atrocità diventino la nuova normalità”.
L’Ufficio stampa del governo di Gaza afferma che più di 1,3 milioni di persone rimangono nella città di Gaza e nelle zone a nord della città più popolosa dell’enclave, mentre l’esercito israeliano “tenta di compiere il crimine dello sfollamento forzato in violazione di tutte le leggi internazionali”.
In una dichiarazione ha affermato che alcune persone che hanno lasciato la città di Gaza per al-Mawasi, nel sud, sono state costrette a tornare a causa del peggioramento delle condizioni di vita nel sud.
Secondo l’ufficio, circa 800.000 persone vivono nelle zone di al-Mawasi delle province di Khan Younis e Rafah. Israele l’ha designata come “zona sicura”, ma, secondo l’Ufficio stampa del governo, l’ha attaccata almeno 109 volte, uccidendo più di 2.000 persone.
Il Ministero della Salute di Gaza riferisce che nelle ultime 24 ore sono stati trasportati negli ospedali di Gaza 83 cadaveri e 223 feriti palestinesi.
Questo porta il bilancio totale delle vittime dall’inizio della guerra a 64.605 morti e 163.319 feriti.
La radio dell’esercito israeliano riferisce che un soldato di riserva è stato trovato morto nella sua casa a Rehovot, affermando che si è trattato di suicidio.
Secondo i dati ufficiali pubblicati dall’esercito israeliano, nel 2024 sono morti suicidi 21 soldati israeliani, rispetto ai 17 dell’anno precedente.
Israele ha bombardato il Qatar per assassinare i principali negoziatori del cessate il fuoco di Hamas.
Mustafa Barghouti, segretario generale dell’Iniziativa Nazionale Palestinese, afferma che l’attacco israeliano a Doha rappresenta una “svolta che avrà conseguenze pericolose” per la regione. “Questa operazione è contro il Qatar, che sta guidando gli sforzi di mediazione, e contro la leadership di Hamas che sta discutendo la proposta americana”, ha detto Barghouti. “C’è qualcosa di più spudorato?” Ha aggiunto che gli attacchi dimostrano che Israele non è interessato a un accordo di cessate il fuoco ed è determinato a portare avanti i suoi piani di genocidio e pulizia etnica a Gaza.
Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha reagito prontamente alla situazione a Doha, in Qatar, condannando l’attacco come una flagrante violazione della sovranità e dell’integrità territoriale del Qatar, che, ha sottolineato, ha svolto un ruolo fondamentale nei negoziati di pace tra Hamas e Israele. Questa osservazione è stata fatta nel momento in cui stava per iniziare l’80ª sessione dell’Assemblea Generale, in un momento in cui il ruolo delle Nazioni Unite negli affari internazionali e la sua capacità di difendere gli standard internazionali sono messi in discussione. Il segretario generale aveva in programma di rilasciare oggi alcune dichiarazioni sulla spesa militare e ha effettivamente colto l’occasione per passare a un rapporto che sta pubblicando, in cui chiede una riduzione della spesa militare per i conflitti in tutto il mondo e un aumento dei fondi destinati alle strutture sociali e alla pace. Ciò avviene anche in un momento in cui i finanziamenti delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace sono a rischio. Si tratta di una distrazione dal ruolo delle Nazioni Unite come mediatore internazionale, poiché conflitti come questo, come egli ha osservato, costituiscono una chiara violazione del diritto internazionale e continuano a persistere.
Gli attacchi militari israeliani contro Doha sottolineano la campagna militare in continua espansione di Israele nella regione. Nelle ultime settimane, Israele ha bombardato quotidianamente Gaza in Palestina, effettuando regolarmente anche attacchi in Libano, Siria e Yemen. Ieri, un presunto drone israeliano ha anche preso di mira una flottiglia umanitaria diretta a Gaza e attraccata in Tunisia.
Einav Zangauker, madre di Matan Zangauker, attualmente prigioniero a Gaza, afferma di essere “tremante di paura” dopo l’attacco israeliano alla delegazione negoziale di Hamas a Doha. “Perché Netanyahu insiste nel sabotare ogni opportunità di raggiungere un accordo? La vita di mio figlio è in pericolo reale da 22 mesi. Il primo ministro sta ostacolando nuovamente l’accordo e non c’è alcun accordo sul tavolo”, ha detto in un videomessaggio pubblicato sui social media. “Sono stufa. Il popolo di Israele è stufo di questa guerra”.
Il portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha affermato che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump considera l’attacco come un’“opportunità per la pace”, nonostante le condanne diffuse e le speculazioni secondo cui l’attacco potrebbe infliggere un duro colpo a qualsiasi tentativo di negoziazione a Gaza. La Casa Bianca ha dichiarato che i due leader hanno parlato dopo l’attacco. “Il primo ministro ha detto al presidente Trump che vuole fare pace, e in fretta”, ha detto Leavitt. “Il presidente Trump ritiene che questo sfortunato incidente possa rappresentare un’opportunità per la pace”. Alla domanda, Leavitt non ha voluto approfondire se ci saranno conseguenze per Israele o per il suo primo ministro, né se Trump sia arrabbiato con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
*
Fonti: UN, OCHA, MSF, Al Jazeera, Mondoweiss, Haaretz, UNICEF, Amnesty Int., Reuters, Human Rights Watch, Palestinian Red Crescent Society, Croce Rossa Int., Euro-med Human Rights, Save the children, Unrwa, Defence for children
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Raffaella Battaglini
Ecco. Avanti così. Se non li fermano, i palestinesi moriranno tutti. Questi elenchi di atrocità sono sufficienti per sette Norimbergawww.facebook.com
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Mi è arrivato il codice d’invito per accedere all’app Irys!!! 😊
E l’ho subito installata, ora non mi rimane che testarla!
Cerca e segui il mio profilo <giovannibertagna> su Irys.
Qui l’articolo che ho scritto per la nuova app Irys in attesa di ricevere l’invito
bertagna.it/blog/irys-una-nuov…
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Doraemon avvistato casualmente in fabbrica (in un servizio del TG2)
Non avrei mai minimamente immaginato di dover pormi, e porre, questo quesito, né stasera né mai, ma ecco qui l’universo… Perché mai, in questa fabbrica che è stata mostrata in un servizio del TG2 di stasera (come immagini di repertorio, non specifiche), davanti ad un banco da lavoro o quel che è, c’è appeso un foglio di carta con sopra un’illustrazione del fottutissimo Doraemon??? 🤯🤯🤯
Ho intravisto questa cosa mentre ero a tavola a cenare, e può essere che poco ci mancava che sputassi, perché fa così tanto ridere per qualche motivo che non capisco… forse perché è apparentemente fuori contesto, o forse perché mai mi immaginerei di trovare degli operai a lavorare attorno ad un quadretto di #Doraemon; comunque sia, è sicuramente poetico. E oh, onestamente bravo/a a chi ha fatto il servizio, perché si vede prima da vicino, e poi una seconda volta più da lontano… è inquadrato complessivamente, proprio assurdo. 🙏
Ma ora, a parte chiedermi chi più in tutto il paese stasera avrà notato questo dettaglio certamente da pochi (probabilmente dentro lo stessa redazione del telegiornale nessuno si sarà fatto domande; probabilmente nessuno avrà neanche riconosciuto la figura), mi chiedo, per l’appunto, come mai… Sarà un’ispirazione per l’azienda o per i suoi lavoratori? Magari la roba che producono è assimilabile a dei ciusky? E chi lo sa. Forse sarebbe utile riuscire a risalire alla specifica azienda, magari sfruttando le altre immagini del servizio, sperando non siano tutte totalmente scollegate… ma io in questo non sono capace, e quindi, per una buona volta, mi limito solo a segnalare questo incredibile bellissimo. 👌
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Stefano Benni l’ho incontrato, grazie alle magiche leggi della Serendipità, nel 2014 in un contesto non ufficiale.
Indossava una bellissima maglietta nera sulla quale campeggiava una scritta in napoletano: “faciteme sta’ quiet'” con sotto, tra parentesi, la traduzione in inglese per i più ignoranti.
Siamo stati seduti a chiacchierare per non più di una decina di minuti e ricordo solo pochi […]
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nuovo post sul blog ‘esiste la ricerca’: due inediti di francesca perinelli
mtmteatro.it/francesca-perinel…
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#blogDiELR #dueInediti #ELR #ELREsisteLaRicerca #EsisteLaRicerca #FrancescaPerinelli #inediti #ManifattureTeatraliMilanesi #MTM #MTMManifattuteTeatraliMilanesi #prosa #prosaBreve #ProsaInProsa #proseInedite #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca
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“cosa sta succedendo a gaza in queste ore?” (medici senza frontiere)
da MSF, Medici Senza Frontiere, 8 set. 2025: facebook.com/share/p/1CJTbyxH9…
MSF: Bombardamenti di giorno e di notte, la popolazione è terrorizzata, non sa dove andare né cosa fare.
Negli ultimi giorni, le forze israeliane hanno accelerato la loro campagna genocida e di pulizia etnica espandendo le attività militari a Gaza City.
Pochissime persone sono riuscite a spostarsi verso sud. In molti non possono permetterselo a causa dei costi di trasporto troppo elevati. Inoltre, al sud non ci sarebbe sufficiente spazio per accogliere quasi un milione di persone, oltre ad essere un’area esposta anch’essa agli attacchi.
Gli ospedali stanno già operando oltre ogni capacità. L’eventuale evacuazione di tutti i pazienti, compresi i neonati e i malati gravi, sarebbe estremamente difficile. Continuiamo a fornire assistenza alle persone ferite dai bombardamenti israeliani e a coloro che soffrono di malnutrizione nelle unità di terapia intensiva materna e neonatale di MSF.
L’offensiva israeliana su Gaza City deve essere fermata immediatamente.
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BEWARE: GRAPHIC IMAGES BELOW
tre vittime del genocidio sionista a Gaza, l’8 sett. 2025:
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Queste tre immagini che chiudono il post non sono di MSF ma ho scelto io di caricarle sul sito. Le fonti sono i due canali ig indicati in sovrimpressione.
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newsletter slowforward 10 agosto – 9 settembre 2025 + sostieni l’ultraventennale intrapresa del sito
stamattina verso le nove ho spedito per mail – alle persone registrate – la newsletter (a)periodica di slowforward, con link a post pubblicati dal 10 agosto a oggi, 9 settembre. la newsletter non ha (ancora) un nome, e viene manualmente compilata da me. chi volesse riceverla, per leggere o rileggere informazioni e articoli che giocoforza sono recuperabili ma visivamente scomparsi oltre l’orizzonte degli eventi, può farmene richiesta scrivendo a slowforward.net/contact/
chi volesse sostenere il lavoro di slowforward & mg / differx (che dal 2003 operosamente battaglia & intende continuare a farlo finché morte non lo separi dalla rete) può farlo via ko-fi oppure paypal
mettiamola (daccapo e daccapo) così: sono fermo a uno dei semafori della rete, e vi faccio cenno indicando il parabrezza… bon: se voi apprezzate e vi fa piacere che io da 22 anni quotidianamente vi aiuti a renderlo ben trasparente e sensibile a informazioni & notizie su #scritturadiricerca #scritturasperimentale #palestina #asemicwriting #scritturaasemica #antifascismo #prosa #prosabreve #prosainprosa #artecontemporanea #materialiverbovisivi #audio #podcast #video #presentazioni #criticaletteraria #teorialetteraria #letturepubbliche #progettiletterari, #archivi #anni70 … non avete da fare altro che offrirmi un caffè oppure, se preferite, un pranzo.
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e… dal 9 al 30 settembre, chi intende sostenere tramite paypal o ko-fi il lavoro di mg / differx / slowforward con cifre generosamente uguali o superiori a 20 euro,
(1) riceve – con posta tracciata – una copia del mio recente Prima dell’oggetto;
(2) la riceve autografata, se lo desidera;
(3) viene iscritto alla newsletter, nel caso non lo fosse già;
(4) entra a pieno titolo nel regesto dei benefattori magari non dell’umanità ma di slowforward sicuramente.
(n.b.: dopo il 30 settembre sarà sempre possibile – e da me auspicatissimo – sostenere mg, ovviamente, ma senza ricevere il libro).
#2003 #Anni70 #anniSettanta #anni70 #annisettanta #antifascismo #archivi #archivio #arteContemporanea #artecontemporanea #asemic #asemicWriting #asemicwriting #audio #caffè #CarmeloBene #contact #controinformazione #CorradoCosta #criticaLetteraria #CriticaLetteraria #differx #diffusioneDiTesti #EmilioGarroni #EmilioVilla #flarf #glitch #googlism #informazione #informazioni #koFi #kofi #lavoro #letturePubbliche #letturepubbliche #link #MagdaloMussio #mail #materialiVerbovisivi #materialiverbovisivi #MG #NanniBalestrini #newsletter #newsletterPeriodica #notizie #orizzonteDegliEventi #Palestina #parabrezza #paypal #podAlPopolo #podalpopolo #podcast #post #presentazioni #PrimaDellOggetto #progettiLetterari #progettiletterari #prosa #prosaBreve #ProsaInProsa #prosabreve #prosainprosa #raccoltaDiMateriali #reading #scritturaAsemica #scritturaComplessa #scritturaDiRicerca #scritturaSperimentale #scritturaasemica #scritturadiricerca #scritturasperimentale #scrittureComplesse #scrittureDiRicerca #scrittureSperimentali #slowforward #slowforwardDal2003 #sostieniSlowforward #teoriaLetteraria #teorialetteraria #unCaffèASlowforward #video #videopresentazioni
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galleria miuistica fa lo schifo e ruba spazio porta così ai peli del dentro telefono
Mi sembra strano di non aver mai raccontato questa cosa prima, ma in effetti non l’ho mai fatto… il cosa sono costretta a patire per colpa della MIUI. Non in generale, perché quello lo avrò già raccontato, ma con la app Galleria, che ha un comportamento a dir poco insensato per cui finisce a rubare spazio di archiviazione silenziosamente… (e, ci mancherebbe altro, il pulitore integrato nella MIUI non se ne accorge nemmeno di ciò, maremma sputtanata.) 😾
Praticamente, con il semplice uso, si può notare che il peso dei dati della app aumenta relativamente a dismisura: a me era più di 1 GB ieri sera, quando mi sono ricordata di questa schifezza e sono andata a fare la pulizia a mano… cosa per niente immediata, visto che per qualche motivo questa app non ha nemmeno il tasto “cancella dati” nella schermata impostazioni; solo il “cancella cache”, che però in questo caso è inutile, #Xiaomi di merda. Per fortuna, questo ammasso di dati spazzatura da più di 1 miliardo di byte si trova in /sdcard/Android/data/com.miui.gallery/
, non in /data/data/com.miui.gallery/
, quindi chi non ha il root non è fottuto. 💩
Non capisco bene cosa sia questa cartella “gallery_disk_cache
“ in sé, e perché venga popolata di migliaia di piccoli file fino ad arrivare a sprecare una buonissima parte dell’archiviazione interna del telefono (e poi magicamente io sto sempre senza spazio…); ma, i file, basta ignorare il fatto che siano senza estensione ed aprirli con un visualizzatore di immagini qualsiasi, sono proprio immagini, quindi io suppongo siano delle specie di miniature che la galleria genera per velocizzarsi… che schifo. E ce ne sono due set a quanto pare: uno di immagini a risoluzioni più basse, e l’altro a risoluzioni intermedie, più basse delle originali ma comunque relativamente alte. 🥱
Non riesco a non ripetermi: al di là di tutto, davvero, che schifo. Che schifo che ‘sto rottame di software sia programmato così male da non curarsi di come vada a peggiorare i problemi di questo rottame di hardware, e che schifo che lo faccia così silenziosamente… a me il pulitore di #MIUI spamma sempre pop-up quando ho l’archiviazione pienissima, ma non sia mai che si accorga che la galleria ha 1 GB di file inutili; va solo a guardare le cache di altre applicazioni, che ho già cancellato qualche ora prima, e non si libera quindi mai niente. (E ok, in generale non può cancellare i file che le app classificano erroneamente come dati persistenti anziché come cache, ma mi aspetterei che una app di sistema interagisca al meglio con altre app di sistema…) 💔
Ma la cosa più grave della storia forse è che, a quanto temevo, e facendo un test al volo per confermare… questa #cache di merda conserva anche immagini che vengono altrimenti prima cestinate e poi cancellate da dentro la galleria, quindi è pure un gran rischio di privacy se non si è al corrente e pronti a rimediare a mano! Sarebbe bastato aggiungere al codice un controllo per cui, nel momento in cui un’immagine viene cancellata definitivamente dal cestino, se la relativa miniatura è presente in questa stramba cache allora viene cancellata a sua volta… ma figurarsi se quei cretini che hanno sviluppato questa merda erano in grado di arrivarci. (Ovviamente, non cacha mai immagini che la galleria stessa non vede, quindi per esempio quelle dall’archiviazione privata di altre app… però che schifo comunque.) 🙏
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si MIUI è una ciofeca e volendo si potrebbe anche rimuive da adb l'app della galleria, non so se fa danni.
Però devo spezzare una lancia a favore di quello schifo di sistema. Praticamente quasi tutti i software cachano creando delle mini anteprine drlle immagini che mostrano. Ad esempio la fa pure la galleria di nextcloud. Caricare un'immagine 256x256, o 1024x1024 è molto più immediato di un jpeg di 5 MB 6000x4000 pixel.
Senza ci metteresti minuti a scorrere nella galleria.
@betelgeuse93 @betelgeuse93 Il problema è che la uso consapevolmente, mi sta bene come app galleria e non avrei voglia di cercarne un’altra, soprattutto perché uso le funzioni di editing fotografico base integrate in essa…
Ma ovviamente il problema non è che generi una cache di miniature, lo so che lo fanno virtualmente tutte le app di galleria e per motivi buoni, il problema è che lo faccia così di nascosto e
1. Serve smanettare per ripulire la cache e liberare spazio, non è prevista in modo user-friendly la pulizia con le funzioni normalmente integrate nel sistema
2. Ha questa svista di programmazione potenzialmente lesiva della privacy per cui le miniature non sono automaticamente cancellate nemmeno quando non servono più
Campo educativo per giovani patrioti di Kadiogo.
Dal 7 al 15 settembre 2025, a Pabré avrà luogo un campo educativo per adolescenti e giovani della regione del Kadiogo, in Burkina Faso. Nel corso di due settimane i partecipanti saranno istruiti su valori fondamentali per la nazione, nonché sulle nozioni di civismo e patriottismo. L’obiettivo del campo è quello di trasformare questi giovani in cittadini migliori (NdA: migliori per chi?), contribuendo così allo sviluppo della regione e del paese. L’iniziativa si svolge sotto l’egida del ministro per la gioventù, Roland Somda.
La Rivoluzione progressista popolare, proclamata dal capitano Ibrahim Traoré, richiede un impegno da parte della popolazione, in particolare dei giovani, considerati come il motore del paese. In questo contesto, la Direzione regionale della gioventù e dell’occupazione si propone di formare 50 giovani provenienti da Komsilga, Tanghin-Dassouri, Koubri, Ouagadougou e Pabré, per conformarsi a questa nuova dinamica.
Durante la cerimonia di lancio, tenutasi lunedì 8 settembre 2025, il direttore regionale della gioventù e dell’occupazione del Kadiogo, Arnaud Loufé, ha dettagliato le attività previste: “I nostri partecipanti riceveranno formazione su temi quali il civismo, la cittadinanza, il patriottismo e gli ideali della Rivoluzione, per prepararli mentalmente ad affrontare le nuove sfide.”
Loufé ha inoltre sottolineato che i giovani sono stati scelti senza alcun criterio politico e beneficeranno anche di corsi in arte culinaria, disegno e decorazione. Dai giovani è emersa una chiara consapevolezza del significato dell’iniziativa, rappresentata da Aïcha Sourwema: “Siamo particolarmente felici che questo campo ponga l’accento su temi come l’educazione civica, la cultura della pace, la protezione dell’ambiente e l’impegno comunitario.”; ma quelle non sono proprio le stesse parole utilizzate da Loufé, che ci sia stato un malinteso?
Dal canto suo Aïssata Traoré, segretaria generale del governatore Abdoulaye Bassinga e presidente della cerimonia di apertura, ha invece dichiarato: “La gioventù rappresenta il futuro e solo attraverso di essa possiamo sperare in giorni migliori.” La cerimonia, pur essendo sobria, è stata l’occasione ideale per richiamare i partecipanti alla responsabilità, seguendo le parole di Frantz Fanon.
“Che questo spazio possa diventare per tutti un’istituzione di vita, dove si forgiano valori di cittadinanza, responsabilità, amore per la patria”, ha affermato Traoré. L’invito è chiaro: “Ogni generazione deve scoprire la sua missione e compierla o tradirla. Voi rappresentate il futuro della nostra regione e del nostro paese, quindi approfittate appieno delle lezioni, affinché possiate portare il Burkina Faso alla ribalta mondiale.”
Tuttavia, dietro a queste nobili aspirazioni si nasconde una certa apprensione. La retorica, pur apparendo edificante e ispiratrice, lascia spazio a interrogativi sulla reale attuazione di tali programmi. Sono veramente queste le basi per un cambiamento significativo? Oppure è solo un’illusione per placare le aspettative di una gioventù affamata di opportunità? Sarà interessante osservare come evolverà questa iniziativa, mentre i giovani di Kadiogo affrontano le sfide di un mondo in rapida evoluzione. Ai fan più esperti di Star Trek saranno fischiate le orecchie…“Diventerete uno con i Borg. Sarete tutti assimilati. La resistenza è inutile.”
“La forza è irrilevante. La libertà è irrilevante. L’autodeterminazione è irrilevante. Dovete conformarvi.”
Fonte: lefaso.net
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2 asemic channels
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https://t.me/asemic and/or https://tinyurl.com/whasemic
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Forse la definizione corrente di “rivista predatoria”, eccessivamente specifica, cattura solo i predatori più piccoli. Se invece, più genericamente, per editori predatori si intendessero tutti quelli che antepongono l’interesse del denaro a quelli della scienza, ricadrebbero nella definizione anche predatori più grandi e pericolosi, vale a dire gli oligopolisti dell’editoria scientifica […]
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Allora lo fate questo golpe?
Il golpe Borghese (operazione Tora-Tora)
Il tentativo di golpe, conosciuto successivamente come golpe Borghese, dal nome del principe Junio Valerio Borghese <54, è l’esempio forse più lampante di quella collusione tra poteri istituzionali, para-istituzionali ed illegali che formavano il doppio Stato. Nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970, notte dell’Immacolata, avvenne il più volte rimandato <55 tentativo di colpo di stato. Durante la notte ci furono movimenti sospetti di reparti militari attorno alla capitale e alcuni neofascisti, guidati dal leader di AN Stefano Delle Chiaie, entrarono al ministero degli Interni per prelevare più di duecento mitragliette mentre uomini di Cosa Nostra e della ‘Ndrangheta attendevano un ordine per intervenire nelle rispettive regioni. Vennero inoltre interrotte le comunicazioni in alcuni centralini di diversi ministeri. In questo quadro Licio Gelli, Gran Maestro della Loggia massonica P2, era incaricato di arrestare il Presidente della Repubblica Saragat ma al golpe venne dato l’alt all’ultimo momento dal generale Borghese per ignote ragioni mai chiarite.
Anche in questo caso la lunga ombra atlantica della P2 ci mette lo zampino con Licio Gelli che riuscì ancora una volta a intrecciare e a far convergere gli interessi di più “istituzioni” (mafiosa/’ndranghetista – politica – militare) nel “gioco grande”, come usava chiamare la collusione tra gruppi criminali e istituzioni il giudice Giovanni Falcone.
Gli attori in campo:
Il fronte nazionale.
Il Fronte nazionale si costituì ufficialmente il 13 settembre del 1968, come organizzazione extra-parlamentare di destra ma non “neofascista” per consentire a tutti coloro che volessero combattere contro il comunismo di confluirvi sotto la guida prestigiosa di una medaglia d’oro al V.M. come Junio Valerio Borghese. I rappresentanti ufficiali delle organizzazioni di destra, MSI ed Ordine nuovo, ebbero inoltre il vantaggio di inserirvi i propri elementi senza compromettersi, in forma occulta e tacita <56.
Nessuna contrapposizione, quindi, fra Avanguardia nazionale ed Ordine nuovo, ma la confluenza politica ed operativa nel “Fronte nazionale” diretto da un iscritto al Movimento sociale italiano della statura di Junio Valerio Borghese. Il coordinamento fra gruppi ufficialmente distinti e collocati su posizioni distanti fra esse, come Ordine nuovo e Movimento sociale italiano (Avanguardia nazionale è disciolta ufficialmente nel 1965) fu così garantito da Junio Valerio Borghese, la sola figura di spicco sul piano nazionale ed internazionale negli ambienti militari.
La divisione Affari riservati del ministero degli Interni, in una nota informativa del 23 febbraio 1971 riferita al Fronte Nazionale di Junio Valerio Borghese scrive: “Fn è inserito in un gioco di industriali, Cia, Psu, militari, al fine di favorire non tanto un colpo di Stato, ma un colpo d’ordine”.
Quello che si prefigurava il principe nero rappresentava quindi gli interessi e le aspirazioni dei “poteri forti”, primo fra tutti quello militare. Borghese aveva probabilmente in mente di fare un governo “bianco” riconosciuto da Israele, Stati uniti, Germania federale ecc. sostenuto dalle baionette delle Forze armate, per fare piazza pulita dei comunisti (PCI e sinistra extraparlamentare) usando le leggi ordinarie.
Avanguardia Nazionale e i rapporti con i servizi segreti
“Ankara, Atene, ora Roma viene!”
Slogan formazione neofasciste degli anni 60/70
L’estrema destra Avanguardia Nazionale fu fondata il 25 aprile del 1960 da Stefano Delle Chiaie, dopo l’uscita dal MSI e dal Centro Studi Ordine Nuovo. Nell’estate del 1964 Delle Chiaie fu contattato da presunti emissari del generale Giovanni De Lorenzo, allora Comandante dell’Arma dei Carabinieri intenzionato ad avviare, come già scritto in precedenza, il golpe noto come Piano Solo ma Avanguardia Nazionale, non fidandosi, negò la propria partecipazione.
I rapporti di Avanguardia Nazionale con i servizi di informazione, prima con l’Ufficio affari riservati, poi con il SID, hanno origini risalenti ai primi anni 60, quando l’area di AN, tramite il giornalista Mario Tedeschi, fu coinvolta dall’Ufficio affari riservati del Ministero dell’interno nell’attività di affissione dei “manifesti cinesi”, una campagna di attacco al partito comunista apparentemente proveniente dalla sua sinistra. Tale attività fu ammessa dallo stesso Delle Chiaie che la ricondusse ad una iniziativa dell’Ufficio affari riservati, condivisa tatticamente da AN come valida manifestazione di “guerra psicologica” nei confronti del partito comunista. A prova della “copertura” fornita all’operazione da parte delle forze dell’ordine, secondo quanto riferisce Vincenzo Vinciguerra, Delle Chiaie avrebbe appreso da un funzionario della Questura che la immediata liberazione di alcuni avanguardisti fermati durante l’affissione dei manifesti era stata frutto di un preciso intervento in tal senso <57. Nell’operazione fu coinvolta AN a livello nazionale e non soltanto a Roma. La collaborazione tra AN e l’Ufficio affari riservati fu riferita poi dal capitano Labruna, che diceva di averla appresa da Giannettini e da Guido Paglia. Tale circostanza trovava conferma nelle dichiarazioni di Giannettini e nella nota relazione su “attività di Avanguardia nazionale e gruppi collegati” consegnata da Guido Paglia (noto giornalista dalle simpatie neofasciste) al Sid e non trasmessa all’autorità Tra i sodali del Fn di Borghese troviamo, prima nei moti di Reggio del ’70 poi nell’operazione Tora-Tora, Avanguardia Nazionale (AN). Organizzazione politica di giudiziaria. La relazione fu invece utilizzata, secondo Vinciguerra (149), proprio come prova di affidabilità del servizio nei confronti di Delle Chiaie, con il quale Labruna si incontrò in Spagna poco dopo la ricezione della nota. Labruna faceva così sapere a Delle Chiaie che il Sid sapeva che il coinvolgimento di A.N. nel golpe Borghese era passato proprio attraverso la struttura di intelligence del Ministero dell’interno, ma teneva la cosa segreta. I contatti istituzionali di Delle Chiaie all’estero non furono peraltro occasionali, come dimostrano altresì gli incontri di questo con Labruna e con lo stesso Federico Umberto D’Amato. <58
Cosa Nostra e ‘ndrangheta
“Banditi, Polizia e mafia sono un corpo solo come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo”
Gaspare Pisciotta, bandito e compagno di Salvatore Giuliano
Se al nord erano già pronti gruppi misti di civili e militari sullo stile dei nuclei Gladio, al sud per negoziare l’appoggio delle truppe mafiose al putsch, giunsero i Sicilia, dall’altra parte del mondo, alcuni tra i maggiori ricercati che difficilmente si sarebbero avventurati in un viaggio del genere per inseguire miraggi senza fondamento alcuno. Durante la riunione a casa del boss Calderone, capo della famiglia catanese, venne comunicato che in Italia si stava preparando un colpo di Stato di marca fascista con a capo il principe Borghese, che godeva dell’appoggio di settori politici e di altre istituzioni. Per un effettivo controllo del sud vuole la partecipazione della mafia con mille o duemila uomini. In cambio i golpisti promettevano ai siciliani una revisione dei processi e delle condanne, anche quelle già passate in giudicato, con occhio benevolo.
I mafiosi erano dubbiosi nello stringere alleanze coi fascisti a causa dello storico precedente del prefetto Mori e della lotta che quest’ultimo fece alla mafia, prima di essere deposto da Mussolini. Però sapevano che era importantissimo far uscire di prigione alcuni importanti boss per rafforzare l’organizzazione. Decisero così di avere un incontro a Roma con Borghese, il quale spiegherà nel dettaglio il piano “Tora-Tora” (dal nome in codice dell’attacco a Pearl Harbour). Golpisti e Cosa Nostra raggiungono un’intesa su tutto, compresi i dettagli operativi.
Dalla parte opposta dello stretto erano invece pronti gli ‘ndranghetisti delle cosche Nirta (sull’Aspromonte) e De Stefano (a Reggio Calabria). Il 26 ottobre 1969 avvenne una prima riunione a Montalto tra i vertici della ‘ndrangheta e uomini dei servizi segreti per decidere se e come partecipare al futuro golpe. Dal 1993 in poi la collaborazione di numerosi pentiti consentì di ricostruire i contatti intercorsi nel 1970 ad Archi tra i potentissimi De Stefano e il principe Borghese. ‘Ndrangheta, Avanguardia nazionale e Ordine nuovo, in particolare, rappresentavano in quel periodo i soggetti di un patto che però vide protagoniste anche altre forze occulte della società italiana, la massoneria e i servizi deviati. Ci sarebbe stata un’occasione, riferita dal noto pentito Giuseppe Albanese, in cui tutti i poteri occulti si sarebbero incontrati, attraverso i loro rappresentanti, in una tenuta di proprietà di Borghese lungo la Costa degli dei, laddove peraltro, durante la seconda metà degli anni ’70, si riscontrò la presenza di alcuni campi paramilitari per l’addestramento alla guerriglia.
I collaboratori indicarono villa “La Spagnola”, ma questa non rientrò mai nei patrimoni di Borghese.
Limitrofa a questa struttura era però situata la villa di Bruno Tassan Din, braccio destro di Angelo Rizzoli, editore del Corriere della Sera, iscritto negli elenchi della P2 e implicato in alcune delle vicende più misteriose della storia italiana. Alla riunione, che si sarebbe tenuta alla Spagnola, secondo le segnalazioni dei collaboratori di giustizia, avrebbero preso parte il gran maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1970 e 1979 e uomo di fiducia di Licio Gelli, Lino Salvini; il marchese Felice Genovese Zerbi assieme al fratello Carmelo iscritto alla P2; i generali con tessera P2 Gianadelio Maletti e Vito Miceli; l’ammiraglio Gino Birindelli; Edgardo Sogno. Al summit sarebbe stato presente anche il fondatore di Avanguardia nazionale Stefano Delle Chiaie, il cui nome collegava l’eversione nera alla massoneria e alla ‘ndrangheta, e importanti figure del panorama politico calabrese e italiano.59
Anche in questa occasione si evidenzia come certi eventi tragici del nostro Paese siano nati da convergenze di interessi tra gruppi criminali e parti deviate dello Stato.
L’interesse statunitense
Per capire come anche gli americani sapessero tutto da tempo e probabilmente seguivano con attenzione lo svilupparsi della vicenda per poi confermare un possibile appoggio al golpe, è importante ricordare le parole di Tommaso Buscetta di fronte ai giudici Falcone e Borsellino. Il pentito dichiarerà infatti che una volta tornato negli States dopo il meeting in Sicilia viene arrestato dall’FBI, e a sorpresa la prima domanda che gli viene posta è: “Allora lo fate questo golpe?” e alla sua prudente risposta, “Quale golpe?”, specificano “Quello con Borghese!”. <60
Il fallimento del golpe venne così spiegato sempre da Buscetta, il quale aggiunge che “In quei giorni c’era la flotta russa nel Mediterraneo, e agli americani non piaceva questa coincidenza…”.
[NOTE]54 Junio Valerio Borghese, ex-comandante della X Flottiglia MAS e sottocapo di stato Maggiore della Marina Nazionale Repubblicana della RSI. Fonda nel 1968, un anno prima di uscire dal MSI, il Fronte Popolare; movimento politico di estrema destra che avrà contatti strettissimi con Avanguardia Nazionale e un ruolo di primo piano nei fatti di Reggio Calabria del ’70.
55 Camillo Arcuri,2004, Colpo di Stato, Milano: BUR FuturoPassato
56 Una nota della divisione Affari riservati del 25 novembre 1968 conferma il quadro, segnalando che il “Fronte nazionale” è stato in realtà costituito nella primavera del 1968, e che fra i suoi dirigenti ci sono gli ordinovisti Giulio Maceratini e Rutilio Sermonti.
57 Camillo Arcuri, ibid.
58 Giovanni Pellegrino, “Il terrorismo, le stragi ed il contesto storico-politico”. relazione dell’onorevole Pelligrino alla commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi.
59 Giovani comunisti di Bovalino Marina (RC), Legami tra estrema destra reggina, ‘ndrangheta e massoneria, 13 Luglio 2013, digilander.libero.it/fmiccoli1…
60 Interrogatorio di Tommaso Buscetta nell’agosto del 1984 ai magistrati di Palermo
Giulia Fiordelli, Dalla Konterguerilla ad Ergenekon. Evoluzioni del Derin Devlet, tra mito e realtà nella Turchia contemporanea: analogia con la stay-behind italiana, Tesi di laurea, Università Ca’ Foscari – Venezia, Anno Accademico 2012-2013
#Ndrangheta #1970 #8 #CosaNostra #GiuliaFiordelli #GolpeBorghese #neofascisti #ON #P2 #segreti #servizi #StatiUniti #ToraTora
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Invitiamo a sostenere e ad aderire all’iniziativa collettiva a sostegno della libera condivisione e diffusione della conoscenza, elaborata nel febbraio 2024 e promossa da: Creative Commons Capitolo italiano; Istituto di Informatica Giuridica e Sistemi Giudiziari, Consiglio Nazionale delle Ricerche – IGSG-CNR (Membro istituzionale di Creative Commons Capitolo italiano); Wikimedia Italia; […]
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Catania, docenti universitari per Gaza
Continua a Catania la mobilitazione contro il genocidio del popolo palestinese. Dopo i grandi cortei degli ultimi giorni, in attesa della partenza dalla Sicilia Orientale della Global Sumud Flotilla, molte/i docenti dell’Università prendono posizione e si rivolgono al Rettore e agli organismi accademici con questa lettera aperta
All’attenzione del Magnifico Rettore Eletto, professore Enrico […]
Leggi il resto: argocatania.it/2025/09/09/cata…
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Real American Freestyle: la scommessa sulla lotta
Non capita spesso di vedere un nuovo progetto sportivo che prende un’arte di nicchia e prova a trasformarla in show business. È quello che sta facendo Real American Freestyle (RAF), la lega professionistica di freestyle wrestling fondata nel 2025 da Chad Bronstein, Terri Francis e Hulk Hogan, con il sostegno di Left Lane Capital.
Dentro ci trovi NCAA attivi, ex olimpici e nomi storici della lotta collegiale americana. L’idea è semplice ma potente: offrire ai lottatori la possibilità di monetizzare la propria arte. Storicamente, il wrestling olimpico e collegiale è rimasto fuori dal giro dei compensi – tanto sudore, zero guadagni. Con RAF e la partnership con USA Wrestling, anche gli atleti NCAA possono competere per premi in denaro senza bruciarsi l’eleggibilità.
Una nicchia che diventa prodotto
Diciamolo: la lotta non diventerà mai uno sport di massa. Non ha il sex appeal di MMA o boxe, non regala knock-out fulminei né trash talking virale. Ma non la vedrei male, fra qualche anno, sotto il cappello di colossi come WME / Zuffa. Anzi. In un ecosistema che vive di contenuti sportivi live, un prodotto come RAF può trovare una sua finestra.
E soprattutto: dare lavoro ai lottatori è encomiabile. Troppo spesso gli atleti che non entrano in UFC o in circuiti di MMA professionistica si trovano a mollare tutto, a insegnare nei college o aprire palestre locali. Qui invece c’è uno sbocco. Bene così.
La genesi: Hogan, Bischoff e il modello entertainment
Il progetto nasce da un incrocio curioso: nel 2024 Bronstein, Francis e Hogan avevano già lanciato la Real American Beer, omaggio alla celebre theme song di Hogan. Da lì a immaginare una lega di lotta “vera” ma narrata con linguaggi pro-wrestling il passo è stato breve.
Ad aprile 2025 Hogan ed Eric Bischoff annunciano ufficialmente la creazione di RAF. Struttura manageriale: Bronstein CEO, Bischoff Chief Media Officer, e come COO l’ex coach UFC Israel “Izzy” Martinez. In regia mediatica c’è David Sahadi, già autore di produzioni storiche nel mondo del wrestling.
Il modello è chiaro: elevare i lottatori a star non solo con le vittorie, ma raccontandone i retroscena, le storie personali, le lotte quotidiane – stile The Voice, ma in singlet e scarpe da mat.
RAF 01: debutto con tributo
Il debutto è stato il 30 agosto 2025, RAF 01, al Wolstein Center di Cleveland. Evento trasmesso in esclusiva su Fox Nation, con commento di Kurt Angle, Bubba Jenkins e Chael Sonnen.
Sul ring (o meglio, sul tappeto) match di alto livello: Wyatt Hendrickson che domina Mostafa Elders, Bo Nickal vittorioso di misura, Sarah Hildebrandt che chiude in un lampo. Sorpresa della serata: Holly Holm che prende il posto di Kennedy Blades, fermata dall’NCAA.
Non solo sport: l’evento è stato anche un omaggio a Hulk Hogan, morto poche settimane prima. Video tributo firmato WWE, presenza di Nick Hogan come commissario ad interim. Un tocco di dramma e legacy che ha dato al debutto un peso narrativo.
L’orizzonte
La lega ha già annunciato una serie TV settimanale da due ore a partire dal 2026. In programma anche rematch “da copertina”, come Hendrickson vs Gable Steveson, che potrebbe alzare parecchio l’asticella.
È un esperimento. Forse resterà una nicchia, forse sarà un contenuto “da palinsesto” utile per piattaforme affamate di sport dal vivo. Ma intanto apre un varco: permette agli atleti di non interrompere il proprio percorso dopo l’università.
E in un mercato sportivo che spesso brucia carriere in cambio di hype, un progetto che mette al centro i lottatori e dà loro stipendio e visibilità merita attenzione.
My two cents
- Non è intrattenimento mainstream.
- Non sarà mai UFC.
- Ma se riesce a garantire stabilità economica ai wrestler, è già un successo.
La lotta resta uno sport di fatica e di radici, e se un brand riesce a farla respirare anche fuori dai college, tanto di guadagnato.
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bloggistiche immagini rubacchiate alla gran G (immagini stock di Blogger salvate in Pignio)
Stamattina stavo (ri)guardando le immagini stock di Blogger, che vengono proposte da usare come sfondi decorativi sui siti dal pannello admin, e… mi è venuto in mente che dovevo pigniarli (e ci mancherebbe altro, ormai). In realtà, io pensavo fossero sfondi esclusivi di Google, anche se sotto sotto sospettavo di no… e infatti sono immagini stock premium normalissime, provenienti dai vari siti soliti… ma questo non vuol dire che non siano da salvare nella mia pineta multimediale, visto come possono sempre tornare utili nei momenti più casuali. 🙂
Sono ben 372 immagini uniche, molte JPEG e qualcuna PNG, quasi tutte in alta risoluzione, ma ovviamente tutte senza watermark, per cui evidentemente sono tutte state comprate da Google per permettere agli utenti di usarle gratis complementando i vari temi offerti (ma da almeno un decennio eh, non è roba recente, e lo si vede da come Blogger ancora usa il benedettissimo Material v1)… E certamente non sono state pagate da Google perché io potessi scaricarmele tutte e archiviarmele nella mia libreria dell’accumulo ordinato, quindi è servita indubbiamente un pochino di magia per compiere il misfatto, ma in pochi minuti ci ho messo comunque le mani sopra, su tutte (perché alcune mi piacciono tanto). 🪆
Sono servite due fasi per compiere l’opera. Fase 1: usare la console JavaScript del browser per copiare i metadati di tutte le immagini dalla pagina attiva ad un oggetto JSON, cliccando una sezione alla volta ed eseguendo per ciascuna il mio codicino che prende le immagini dal DOM… e poi fase 2: chiedere a Copilot di scrivere uno scriptino per scaricare tutte le immagini dal JSON su disco e creare i file INI corrispondenti per Pignio. (E, fase 3, suppongo: eseguire lo script e godere.) E poi in realtà ho dovuto spendere fin troppi minuti per filtrare a mano (con solo l’aiuto di Czkawka) le immagini duplicate che sono uscite fuori, perché svariate erano ripetute in più categorie, ma era comunque meno problematico fare così che sbattermi per avere uno script che tenesse conto già di questo schifo, vabbé. ✋
Adesso che ho anche aggiornato Pignio per mostrare le liste delle sottocartelle, collezioni di questo tipo lì sopra sono anche più epiche di prima, quindi ecco tutte queste belle (o quantomeno decenti) immagini stock con licenza non specificata (insomma, riutilizzabili solo a proprio rischio e pericolo, come piace a me): https://pignio.octt.eu.org/item/Blogger-backgrounds… e, qui ci sono gli appunti delle varie fasi, comprensivi di sloppa IA per gran divertimento: memos.octt.eu.org/m/nZo3BpL67C…. E ora, ancora, appena ho voglia, mi prenderò pure le immagini di Google Sites, che sono diverse (ma sono di meno, forse una cinquantina, quindi si fa subito anche solo a mano). 🎭
#Blogger #images #immagini #sfondi #stock
Memo by ██▓▒░⡷⠂𝚘𝚌𝚝𝚝 𝚒𝚗𝚜𝚒𝚍𝚎 𝚞𝚛 𝚠𝚊𝚕𝚕𝚜⠐⢾░▒▓██
Czkawka, Multi functional app to find duplicates, empty folders, similar images etc: + https://github.com/qarmin/czkawka + Fake site with probably malware: https://czkawka.com — https://github.com/qarmin/czkawka/issues/1583  pare si sia dimostrato che esiste, anche se – volendo – può non esser nominata.
le comunità – diverse – si sono fatte vedere allo Studio Campo Boario e hanno chiacchierato, scambiato link, battibeccato, barattato aggeggi visivi, verbovisivi, solo verbali. si è letto qualcosa da autori anche assai assai diversi tra loro. (in questo senso, in tratti di tempo vari, hanno avuto spazi anche parole & discorsi che con lo sperimentar non avevano magari nemmeno un buon rapporto, o alcuno).
la timidezza ha interrotto l’elettricità del dialogo, ogni tanto, nell’ensemble (folto) che si riuniva. ma il motore ha funzionato fino in fondo, direi. il tema era quello delle comunità (tendenzialmente letterarie-artistiche).
ah, dimenticavo: tutte le copie de “La scuola delle cose” presenti sono state prese. c’è stato parecchio interesse per questo fascicolo. (a proposito: a Roma, dovrebbe averne di nuovo copie Tic – a piazza San Cosimato 39).
non siate timidi: seguite quello che in effetti sembra proprio esistere.
#111 #comunità #ELR #ELREsisteLaRicerca #esiste #EsisteLaRicerca #esistenza #esistere #FondazioneMudima #LaScuolaDelleCose #Lyceum #LyceumMudima #StudioCampoBoario #Tic
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Commenti sulle serate organizzate dallo StudioCB, proposte di nuovi eventi. Fin dal 1991 lo studio Campo Boario ospita mostre di arte contemporanea e di...www.facebook.com
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Sui dizionari dell’uso e sugli anglomani che si appellano all’uso solo quando fa loro comodo
di Antonio Zoppetti
Gli strumenti principali per normare una lingua sono le grammatiche e i dizionari.
Nel Cinquecento Pietro Bembo si è imposto con la prima grammatica di successo della nostra lingua che elevava lo scrivere di Petrarca e Boccaccio al modello da seguire anche dello scrivere cinquecentesco. Seguendo analoghi principi, nel 1612 vide la luce il Vocabolario della Crusca, che si basava su circa 25.000 parole utilizzate soprattutto dalle tre corone fiorentine, che raccoglieva con lo scopo di legittimarle e farle divenire il canone dell’italiano. L’anno prima, in Inghilterra era uscita la seconda edizione ampliata di un vocabolario italiano-inglese di Giovanni Florio (A Worlde of Wordes, “un mondo di parole”) che invece includeva più di 70.000 voci, tratte da circa 250 opere italiane non necessariamente letterarie.
Il lavoro della Crusca era decisamente meno ricco proprio perché selettivo e normativo: invece di registrare tutte le voci in uso tra gli scrittori, mirava proprio a raccogliere il “fior di farina” per escludere le maleparole che non venivano affatto considerate “italiane”.
Il canone di Bembo e della Crusca – pur tra le polemiche di chi lo avversava – si impose come il modello vincente, sbaragliò ogni altra opera concorrente basata su altri criteri e fu ripreso da innumerevoli dizionari e grammatiche minori che ne riproponevano lo schema. Nel Settecento, Alberti di Villanova si staccò da quell’impianto attraverso un dizionario che inseriva le voci scientifiche, respinte dai cruscanti come nomenclatura, dunque si basava sull’uso non solo letterario moderno invece che antico, ma anche scientifico e illuminista. Nell’Ottocento, tra le tante opere lessicografiche in circolazione, vide la luce il dizionario di Tommaseo che, con molta fortuna, apriva all’uso non solo della tradizione toscana, ma sempre più degli scrittori moderni, mentre all’unità d’Italia nacque il (fallimentare) Novo vocabolario di Stato voluto da Broglio, che seguiva la linea e la poetica di Manzoni nel basarsi sull’uso della lingua colta di Firenze, considerata il canone del nuovo italiano (detto alla fiorentina: “novo”).
Tutti i dizionari si basano dunque sull’uso, ma la questione seria è: l’uso di chi?
L’uso a cui si appellavano di volta in volta Florio, la Crusca, Villanova, Tommaseo o Manzoni non era certo il medesimo.
Oggi i dizionari basati sull’uso letterario storico, per esempio il monumentale Battaglia, sono chiamati dizionari storici, mentre i vocabolari moderni (Zingarelli, Devoto Oli, Gabrielli, Treccani, Nuovo De Mauro, Sabatini-Coletti…) sono definiti “dell’uso”, con molta retorica e in modo non sempre veritiero, perché come quelli del passato legittimano un uso dell’italiano soprattutto scritto che non corrisponde affatto a quello delle masse.
Circolano idee un po’ confuse e superficiali su fatto che le nuove opere lessicografiche avrebbero il compito di descrivere il lessico contemporaneo senza approvare, ufficializzare o certificare le parole, ma seguendo un taglio “descrittivo” che ha abbandonato ogni principio di regolamentare la lingua per limitarsi appunto a descriverla. Si tratta di una dichiarazione di intenti vaga e poco aderente alla realtà che suggerisce l’idea di una lingua democratica che arriva dal basso. La realtà è ben altra: ogni grammatica e dizionario – come aveva ben spiegato Gramsci – è sempre un atto di politica linguistica, e dietro ogni scelta lessicale non c’è solo l’uso (esaltato senza specificare l’uso di chi), ma una visione dell’italiano che si vuole affermare, da cui non si esce, come è facile intuire e documentare.
I cosiddetti nuovi dizionari dell’uso di chi?
Oltre all’inclusione delle parole storiche, finita l’epoca degli scrittori che facevano la lingua, la scelta delle nuove voci da inserire in un dizionario moderno si basa soprattutto sull’uso scritto dei giornali. E nonostante qualche apertura al linguaggio colloquiale, ci sono tantissimi vocaboli in uso su tutto il territorio nazionale – e comprensibili ai più – che non sono registrati, basta pensare al geniale quanto disgustoso tarzanello, oppure a una parola gergale come sbattone (sui dizionari c’è il più ortodosso sbattimento), per non parlare delle bestemmie che non trovano spazio nei vocabolari benché si sentano quotidianamente.
La lingua che arriva dal basso – che certi linguisti etichettano e stigmatizzano come substandard – è spesso sanzionata dai dizionari cosiddetti “dell’uso”, che mantengono il loro impianto normativo. Il verbo “redarre” (“forma errata per redigere”, recita il Devoto Oli), per esempio, è ricavato arbitrariamente dalla forma “redatto” che è però il participio di redigere. Lo stesso vale per il verbo “stortare” (assente nel Devoto Oli), diffuso soprattutto al nord (ma non solo) anch’esso nato dall’immaginare un verbo regolare ricavato dalla forma storto che viene invece da storcere. Nonostante questi “pseudoverbi” siano in uso, e “stortare” si trovi persino in autori come Vittorini o Benni e sia stato usato persino da Manzoni, questo uso è sanzionato dai lessicografi moderni che – al di là delle dichiarazioni d’intenti – nei dizionari usano criteri ibridi che conciliano l’uso popolare con l’italiano cosiddetto standard, cioè quello della norma considerata corretta.
Questa norma è alla base delle pronunce indicate, per esempio la dizione alla toscana di bène e stélla e non certo béne e stèlla come si dice al nord. In questo caso l’uso regionale non toscano è ignorato e ininfluente persino quando è maggioritario, tanto che Ennio Flaiano con pungente ironia aveva notato che “l’italiano è una lingua parlata dai doppiatori”. Ma a volte la norma dell’italiano standard di vecchia impostazione viene privilegiata persino quando non è più seguita nemmeno dai doppiatori, e nel caso del verbo valutare si trova come pronuncia corretta io valùto , seppur affiancata da “vàluto”. Eppure nessuno dice valùto (come saluto e aiuto), nemmeno al cinema o in tv, dunque non si capisce a quale “uso” si faccia ormai riferimento, a parte quello storico e della norma.
A partire dal 2017 i vocabolari hanno incluso la voce lombarda “schiscetta” che si è ormai estesa su tutto il territorio nazionale nel suo significato di portavivande. In milanese si pronuncia con la “e” aperta come nel proverbiale michètta (a Roma è rosetta), eppure queste voci nel confluire nell’italiano sono registrate con la dizione toscana (michétta e schiscétta) in modo poco ossequioso rispetto all’uso da cui provengono. Perché?
Perché il “tribunale” dei grammatici e dei lessicografi media le voci in uso con le regole dell’italiano standard che prevalgono, in casi del genere. Altre volte, invece, fanno tutto il contrario, soprattutto quando hanno a che fare con l’inglese.
Per esempio, la pronuncia della parola “report” (introdotta nei dizionari del Duemila accanto ai preesistenti report e reportage) è indicata sul Devoto Oli con l’accento all’inglese (repòrt invece dell’inglese ripòrt), anche se la maggioranza degli italiani dice “réport” (come riportato invece sul Gabrielli che ha un’impostazione più attenta all’uso popolare). L’uso indicato di repòrt non è perciò quello delle masse, forse è quello della Gabanelli e del suo sostituto Ranucci, due noti anglomani che si distinguono dalla massa proprio nel chiamare la loro trasmissione con l’accento all’inglese.
Se dalle pronunce passiamo ai ritocchini ortografici, la schizofrenia che spinge a usare due pesi e due misure è altrettanto evidente.
Colpisce che sul Devoto Oli le voci cibersesso o ciberspazio rimandino a quelle anglicizzate di cybersesso e cyberspazio, e che nel caso di cybercrimine o cyberbullismo siano registrate solo le forme all’inglese invece che all’italiana. Si potrebbe concludere che queste scelte (per chiamare le cose con il loro nome) dipendano dall’uso e dalla maggiore frequenza di queste forme, ma allora come mai la voce sgombro (nel senso del pesce) è invece indicata come una variante popolare di scombro a cui si rimanda, anche se in pochi la usano e al supermercato c’è solo lo sgombro, al punto che scriverla con la “c” sembrerebbe un refuso?
Sembra insomma che la sacralità dell’uso venga invocata dal tribunale dei grammatici per legittimare l’inglese e si nascosta sotto al tappeto quando si vuole invece far prevalere la norma, e così se si afferma governance invece di governanza non resta che prenderne atto, mica come nel caso di sgombro/scombro in cui si fa tutto il contrario.
Davanti all’inglese (la lingua superiore che si vuole legittimare) ci si appella all’alibi dell’uso, ma nel caso delle voci popolari e regionali (le lingue inferiori che da sempre sono state emendate), le cose cambiano. E così nell’attuale dizionariesca gara a registrare ogni sorta di anglicismo dei giornali le forme grafiche in inglese non sono sanzionate – e dunque sono legittimate nel loro uso prevalente – mentre altre in uso tra gli italiani sono stigmatizzate in nome della forma “corretta” ma non in uso.
Nel caso di “piuttosto che”, per esempio, i dizionari (come le grammatiche) precisano che non indica un’opzione (indifferentemente A o B nel senso di oppure), ma significa anziché (dunque A invece di B). Questo giudizio si basa sull’italiano storico e standard, perché da qualche decennio l’uso “errato” è diventato inarginabile non solo nel parlato popolare, ma persino nell’uso televisivo e giornalistico, ed è forse persino più frequente della forma riportata come corretta.
Quanto al fatto che l’inserimento di una nuova voce nel dizionario non significhi “legittimarla” ma solo registrarne la presenza in modo descrittivo è un’altra dichiarazione difficile da difendere e che va perlomeno approfondita. Per prima cosa questo giudizio si dovrebbe confrontare con il fatto che chi consulta un vocabolario (oltre che per scoprire le definizioni) spesso lo fa proprio per sapere quali siano le forme corrette, dunque lo usa come bussola lessicale per non commettere errori. I lessicografi sanno benissimo che le loro opere legittimano l’italiano di fatto, se non negli intenti, e infatti spesso cercano di introdurre degli elementi che invece di nascere dall’uso lo vogliono cambiare e indirizzare in modo nuovo.
Quando l’uso fa comodo e quando lo si vuole invece cambiare
Tra gli anni Ottanta e Novanta i dizionari hanno cominciato a registrare i femminili delle cariche (sindaca, ministra…) con un’operazione che ha preceduto il loro reale esplodere sui mezzi di informazione (avvenuto solo negli anni Duemila). E la dicitura per cui il femminile di avvocato sarebbe avvocata (avvocatessa è bollato come popolare) non riguarda solo i dizionari, ma anche le grammatiche che prescrivono una forma “politicamente corretta” che non è basata né sull’uso popolare, né sull’uso delle donne avvocato che preferiscono definirsi con il maschile generico nelle loro targhette apposte alle porte degli studi e nei biglietti da visita. Questo uso a cui si fa riferimento – anche se non ce lo raccontano – è invece quello delle linee guida che sono state concepite dall’alto e poi diramate nelle amministrazioni o nelle università per introdurre certe prescrizioni in nome di presupposti extragrammaticali, in una campagna di promozione al nuovo lessico che si vuole affermare per motivi di volta in volta politici, etici, inclusivi…
Questo intento normativo non è poi molto diverso da quello del dizionario della Crusca o del Novo vocabolario di Broglio che volevano legittimare l’italiano delle tre corone fiorentine o quello della parlata colta di Firenze. Manzoni, nel perorare la causa di un dizionario ufficiale di Stato (già proposto prima di lui da Cesarotti), anticipava le critiche che gli sarebbero state rivolte con queste parole:
“Imporre una legge? come se un vocabolario avesse a essere una specie di codice penale con prescrizioni, divieti e sanzioni. Si tratta di somministrare un mezzo, e non d’imporre una legge.”
Eppure l’idea di realizzare un dizionario ufficiale della lingua italiana è tutt’ora un tabù, in Italia. Così come quella di formare un Consiglio superiore della lingua italiana (CSLI) come è stato proposto in qualche disegno di legge, o di creare – come in Francia e Spagna – delle banche dati terminologiche con le alternative italiane agli anglicismi che implicano anche commissioni per l’arricchimento della lingua. Nel nostro Paese tutto ciò è presentato come un assurdo logico e come qualcosa di anacronistico, benché all’estero non lo sia affatto e in Islanda, per fare un altro esempio, ci sono linguisti che di professione fanno i neologisti e creano ufficialmente nuove parole basate sulle proprie risorse, invece che prese dall’inglese.
La posizione del linguista medio italiano è invece: chi o quale ente dovrebbe decidere e imporre simili scelte? Con quale autorità?
La risposta è piuttosto semplice: basta fare come negli altri casi che – a meno che non si tratti dell’inglese – regolamentano la lingua senza porsi l’analogo problema. E in questo modo si può sviscerare anche l’annosa questione di chi decide che cosa è italiano e che cosa non lo è.
La strana idea di regolamentare la norma ma non il lessico
Prendiamo come esempio la regola per cui le parole che finiscono in -cia e -gia al plurale diventano -ce e -ge se precedute da consonante (provincia–province) mentre mantengono la “i” se sono precedute da vocale (ciliegia-ciliegie).
Nell’Ottocento la norma si basava sull’etimo latino delle parole. E così nella grammatica del Fornaciari (1882) si prescriveva pronuncie che seguiva lo stesso schema di pronunzie (derivato dal lat. pronuntia). A cambiare questo andamento, nel 1949, fu il linguista Migliorini che in modo pratico e convincente propose la regola attuale, che fu accolta dalle grammatiche e divenne operativa. E una volta affermata, questa regola è servita da guida anche per tutte le nuove parole, che si sono regolate sullo stesso schema, con il risultato che oggi la regola non ha eccezioni.
Se la comunità dei linguisti che scrivono grammatiche e dizionari si accordasse per esempio anche per scrivere ciber invece di cyber, queste scelte potrebbero avere un impatto altrettanto regolamentatore; ma i lessicografi non lo fanno, perché su certi aspetti vogliono intervenire e cambiare l’uso, su altri no. E così i linguisti moderni negli ultimi anni hanno inventato a tavolino la parola “anglismo”, accanto ad “anglicismo” in uso e attestato sin dal Settecento. E la usano (quasi solo loro) per distinguersi dalle masse sostenendo in qualche caso che sia strutturalmente più corretta e infischiandone beatamente degli usi storici. Oltretutto qual è il bisogno di creare questa forma che si aggiunge a “inglesismo” e che si discosta non solo dall’uso storico, ma anche dalle forme delle nostre lingue sorelle: anglicisme e anglicismo del francese e dello spagnolo?
Ho già raccontato – per fare un altro esempio – l’attuale revisionismo con cui la comunità dei linguisti ha deciso di intervenire per cambiare l’uso storico della forma “se stesso” con quella accentata (“sé stesso”). Nell’Ottocento la questione non si poneva, e negli scritti di Leopardi e Manzoni le due forme si alternano un po’ a caso, e per di più anche l’attuale regola per cui utilizziamo l’accento acuto (sé e non sè) non si era ancora affermata, per cui spesso si trovava l’accento grave indicato anche nei dizionari. Successivamente le norme editoriali hanno operato le attuali scelte codificate nei dizionari moderni, e nel Novecento si è affermata una regola – a dire il vero un po’ bislacca – per cui anche se il pronome sé si scrive con l’accento acuto, per distinguerlo da “se” congiunzione”, davanti a “stesso” e “medesimo” l’accento si sarebbe dovuto omettere, in quanto inutile per rimarcare le differenze grammaticali. Questa regola non solo veniva insegnata a scuola – e non rispettarla costava talvolta un errore blu (almeno ai miei tempi) – ma soprattutto era diventata operativa in tutte le norme editoriali delle case editrici, a partire dalla più importante e prestigiosa Einaudi, e da tutti gli autori più importanti, come Calvino, che scrivevano sistematicamente “se stesso”. Che piaccia o meno, questa era la norma che si era affermata nell’uso. E sino al 1995, quando Oli era ancora vivo, nel suo vocabolario si prescriveva “se stesso”.
Un altro linguista di grande statura, però, Luca Serianni, contestava la sensatezza della regola, non trovava logico (giustamente) cambiare l’ortografia a seconda del contesto, e metteva in risalto che al femminile plurale (“se stesse”) la regola creava ambiguità per esempio con l’espressione “se (egli) stesse”. Ora, con tutto il rispetto per questo grandissimo linguista e grammatico, bisogna rilevare che la sua ossessione verso una questione che in fondo è di poco conto – visto che i problemi dell’italiano sarebbero ben altri – se ne infischiava dell’uso in voga e lo voleva cambiare in nome di una norma razionalizzatrice. Nella sua ultima lezione universitaria, prima di andare in pensione, le sue ultime parole agli studenti furono: “E scrivete sé stesso con l’accento”. Intanto, dopo la morte di Oli, nel prendere in mano il nuovo Devoto Oli insieme a Trifone, non solo la regola è stata cambiata ammettendo la forma accentata, ma “sé stesso” è stato introdotto in modo sistematico anche nelle definizioni, che sono state tutte riscritte con questo principio e “de-olizzate”. E oggi questa nuova regola sta guadagnando terreno sulla forma un tempo considerata l’unica lecita.
Naturalmente non tutte le riforme ortografiche hanno successo, tutto dipende dall’accettazione non da parte delle masse – come crede qualcuno – ma da quella delle élite e delle piccole cerchie degli addetti ai lavori: i giornali e soprattutto i nuovi manuali e i nuovi dizionari che si affermano sul mercato e nella scuola. Dunque il tribunale dei grammatici ha un certo peso nel decretare le sorti dell’italiano e nel decidere cosa inserire e cosa lasciar fuori dal paniere dell’”uso”.
E allora, la domanda “quale ente dovrebbe decretare i possibili sostitutivi delle parole inglesi?” è una falsa questione. La risposta è: lo stesso “ente inesistente” che interviene per trascrivere schiscetta alla toscana, per cambiare le regole dei plurali e degli accenti, per consigliare parole come avvocata, per sanzionare l’uso “incorretto” di “piuttosto che” o di “stortare”, per inventarsi a tavolino la parola anglismo e via dicendo.
#anglicismiNellItaliano #dizionari #itanglese #linguaItaliana #paroleInglesiNellItaliano #politicaLinguistica
L’anarchismo linguistico italiano e la politica linguistica francese
di Antonio Zoppetti Mentre la nostra Gazzetta Ufficiale si “arricchisce” di anglicismi istituzionali di giorno in giorno, lo scorso 29 maggio, sulla Gazzetta Ufficiale francese, le alternative a mo…Diciamolo in italiano
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Odessa è nata in quel di Strasburgo nel 1944
I nazisti erano consapevoli che i beni della Germania sarebbero, presto, caduti nelle mani del nemico che si stava avvicinando rapidamente, se non fossero stati trasferiti e nascosti. Le ricchezze della Nazione, in gran parte acquisite attraverso il saccheggio dei Paesi invasi e della loro popolazione, dovevano essere trasferite in modo da essere fuori dalla portata giudiziaria internazionale, ma accessibili per finanziare un movimento futuro allo scopo di far risorgere il Partito e costruire un nuovo Reich.
I principali funzionari nazisti temevano anche la vendetta degli Alleati e, piuttosto che affrontare una sicura punizione per i loro crimini di guerra, decisero di cercare rifugi sicuri al di fuori della Germania, e al di là della portata della giustizia.
Nella riunione, in merito a ciò, furono quindi presi provvedimenti per camuffare tali leader come esperti tecnici delle varie filiali delle imprese tedesche che sarebbero sorte successivamente alla guerra.
Il Partito era disposto a prestare ingenti somme di denaro agli industriali per consentire ad ognuno di loro di creare un’azienda segreta postbellica all’estero e come garanzia richiedeva che i principali magnati mettessero a disposizione le risorse acquisite all’estero, in modo da ricreare un Reich dopo la fine della Guerra. In breve tempo, Odessa costruì una rete ampia ed affidabile con lo scopo di raggiungere i suoi scopi e strategie di espansione.
Le rotte (denominate in codice sia da chi le adoperava sia da chi cercava di sgominarle, Ratline) furono mappate ed i contatti stabiliti.
I nazisti più influenti scomparvero quando furono fatti sapientemente scappare dalla Germania e furono aiutati a crearsi nuove vite con nomi falsi in Paesi stranieri come l’Argentina, il Paraguay ed il Brasile.
Alla fine della guerra, solo alcuni funzionari nazisti di alto rango furono processati. Molti di coloro che si resero colpevoli di crimini di guerra riuscirono a fuggire con l’aiuto di Odessa (che come vedremo nei dettagli, riuscirà ad espandersi e si costituirà in sub organizzazioni dallo stesso impianto come quella che verrà diretta dal Presidente argentino, Juan Domingo Perón e da alcuni Paesi Alleati). Alcuni criminali di guerra rimasero in Germania e assunsero nuove identità, riuscendo a fuggire di nascosto solo dopo il caos prodotto alla fine delle ostilità. Una rete sotterranea chiamata Die Spinne (Il Ragno) forniva documenti falsi e passaporti, case sicure e contatti che permettevano ai criminali di guerra di attraversare i confini svizzeri non controllati: questa Rete era una ramificazione importante di Odessa che nel corso del tempo si è andata adattandosi alle circostanze. Una volta in Svizzera, i fuggiaschi si trasferivano rapidamente in Italia, utilizzando alcune delle principali Ratline.
Alcuni preti cattolici romani, specialmente i francescani, aiutarono Odessa a spostare i fuggiaschi da un monastero all’altro fino a quando raggiungevano Roma. Wiesenthal, molteplici storici accreditati e le fonti emerse in riferimento ad alcune personalità appartenenti alla Chiesa, mostrano come molti monasteri funzionassero da stazioni di transito per i nazisti. Questa connivenza della Chiesa è tuttora molto discussa in quanto la posizione ufficiale rimane quella di attribuire certe azioni a singoli e non allo Stato del Vaticano come tale <9.
Nonostante le posizioni contraddittorie, certi fatti sono stati provati dagli stessi protagonisti come il vescovo di Graz Alois Hudal, il segretario della confraternita di San Girolamo dei Croati Krunoslav Draganović ed il cardinale di Genova Giuseppe Siri. Con l’aiuto di pochi esponenti della Chiesa, i fuggiaschi riuscivano ad ottenere un rifugio sicuro fino a quando, attraverso il Porto di Genova e con la collaborazione di alcuni membri del Comitato della Croce Rossa Internazionale (che garantiva nuovi e falsi titoli di viaggio), potevano lasciare l’Europa e fuggire in altri Paesi, dove già erano stati presi dei contatti sicuri con lo scopo di dare nuove vite ai criminali di guerra. Oltre ai personaggi più conosciuti (che vedremo in seguito) ci sono anche altri nazisti di minore importanza che, attraverso i permessi di viaggio concessi dalla Comitato della Croce Rossa Internazionale, riuscirono a sfuggire alla giustizia internazionale. Fra di essi vorrei ricordare l’aiutante del numero due del Reich Paul Joseph Goebbels, Erich Friedrich Otto Karl Müller che ottenne un documento con il nome di Francesco Noelke. <10
Alcuni Paesi sicuramente non conoscevano il passato dei loro nuovi immigrati in quanto alle loro frontiere ricevevano masse di rifugiati dall’Europa dilaniata e non potevano distinguere tra i reali richiedenti rifugio ed i criminali fuggiaschi. Altri, compresi i Governi degli Stati Uniti e dell’Argentina, hanno cercato di sfruttare la conoscenza e la capacità tecnico-scientifica dei nazisti che sarebbero risultate utili per i propri scopi (gli USA, per esempio, videro fondamentale la conoscenza degli scienziati nazisti alla luce dello scontro con l’URSS di cui si ebbero i primi segnali fin subito dopo la fine della seconda guerra mondiale).
I governi filofascisti, come la Spagna sotto Franco, così come quelli in Sud America, diventarono dei paradisi sicuri per i molteplici ricercati internazionali. L’istituzione dello Stato di Israele dopo la seconda guerra mondiale portò alcune Nazioni arabe ad accogliere i nazisti che condividevano l’avversità per gli ebrei (anche se in modi diversi) nella speranza che avrebbero usato le loro esperienze in settori come la missilistica, la tecnologia e la chimica per bilanciare l’equilibrio nel conflitto arabo-israeliano <11.
La realtà dei fatti è che non ci si può limitare a pensare ad Odessa come ad un’unica organizzazione ma bensì va vista come un insieme di reti che si sono strutturate ed evolute sulla base di quanto stabilito a Strasburgo. Infatti le Ratline (quelle vie che facevano parte del piano iniziale dei nazisti da percorrere per raggiungere porti sicuri) sono cambiate, aumentate ed abolite a seconda delle necessità e degli ostacoli incontrati. A questo proposito, molti membri dell’originale Odessa (quella fondata presso l’hotel francese) hanno intrapreso delle strade diverse a seconda, a volte, dei propri interessi personali andando a strutturare nuovi organizzazioni e compagini ricordando quanto stabilito dai “padri fondatori della fuga” dall’Europa. Seppure le realtà ed i contesti in cui tali organizzazioni sono sorte e sviluppate, risulta interessante vedere come esse abbiano condiviso molte delle metodologie, percorsi e contatti stabiliti con la prima Odessa. Chiamarle tutte Odessa potrebbe forse risultare erroneo, però da quanto si evince dal loro sviluppo si può notare come la prima Odessa abbia implementato e stabilito un “Modello Odessa” con cui esse si sono andate identificandosi.
Quindi, si può sintetizzare dicendo che Odessa è nata in quel di Strasburgo nel 1944 ed è stata funzionale per la creazione di sub-organizzazioni che hanno sfruttato le strutture, i fondi, le personalità, i contatti e le idee dell’Odessa originale. Quest’ultima, infatti, è nata per poi fondersi ed evolversi in molteplici altre organizzazioni.
L’erede più importante e diretta è stata quella del Vaticano <12, anche se quella che faceva capo all’ex Presidente dell’Argentina, Juan Domingo Perón, è riuscita, a mio avviso, a portare a termine la sua missione ed aver accolto non solo nazisti, ma anche fascisti, ustascia, rexisti, militanti di Paesi fascisti e di estrema destra come quelli del Governo di Vichy e dell’Ucraina nazionalista. Nel mio lavoro ho approfondito, principalmente, questa Odessa perché reputo, dalle fonti a mia disposizione, sia stata la più incisiva e la più interessante sotto un profilo storiografico.
Come ho già detto, il quadro è ulteriormente complicato da quelle Ratline che sono state supportate e create da tutti quei Paesi che, almeno di facciata, erano avversi ad Hitler, Mussolini e Governi a loro alleati. Infatti, con la mia ricerca ho ricavato fonti fondamentali per sostenere che Stati Uniti e Gran Bretagna abbiano giocato un ruolo di primo piano per la fuga dei principali criminali di guerra, migliaia di militari dei Governi nazionalisti ed autori di atrocità.
Nei capitoli successivi approfondirò il ruolo avuto da ogni Paese per la riuscita della fuga. È importante ricordare che i nazisti, gli ustascia ed altri cittadini dei Paesi satellite nazi-fascisti erano considerati un fattore determinante per fronteggiare il crescente strapotere comunista che era concepito (soprattutto da alcune frange della Chiesa) come un fantasma terribile che metteva in pericolo la sopravvivenza dell’Europa cristiana. In merito a ciò basti pensare alla teoria secondo cui alcuni esponenti del Vaticano abbiano giocato un ruolo importante per l’attentato ad Hitler: ciò fu progettato non per uccidere un terribile assassino, ma perché ormai dichiarato troppo debole per fronteggiare la Russia comunista e l’ideologia stessa all’interno dell’Europa <13.
Per condurre la mia tesi, oltre ad aver reperito importantissimi documenti presso gli archivi online ed attraverso la richiesta di digitalizzazione di quelli che non erano presenti in rete, mi sono recato, inizialmente, presso l’Archivio Federale di Berna e l’Archivio del Comitato della Croce Rossa Internazionale (ICRC) a Ginevra.
In queste sedi ho trovato documenti che mettono in luce il processo e le modalità di fuga dei criminali di guerra attraverso i Titoli di Viaggio provvisti dall’ICRC (sottolineando, ovviamente, che l’ICRC era insieme all’IRO, l’unico ed il solo organismo legittimo a concedere titoli di viaggio ai rifugiati dopo la Seconda Guerra Mondiale). Presso l’Archivio Federale di Berna ho potuto reperire i rapporti e le statistiche, redatti dal Capo della Polizia svizzera Heinrich Rothmund in collaborazione con il Ministro di Giustizia e Polizia Eduard von Steiger, che evidenziano una loro complicità con le autorità naziste in merito al diniego dell’ingresso alla popolazione di religione ebraica in Svizzera ed alla sua conseguente deportazione verso i campi di concentramento. I due funzionari svizzeri, inoltre, erano dei tasselli fondamentali per il processo di facilitazione della fuga dei criminali di guerra verso l’Argentina.
[NOTE]9 Wiesenthal, S., Justice Not Vengeance, Groove, New York, 1990; Levy A., Nazi Hunter: The Wiesenthal File. How Simon Wiesenthal hunted down the Nazi war criminals, Robinson Publishing, Londra, 2002; Aarons M. M., Loftus J., Ratline, Newton & Compton, Roma, 1993
10 Applicazione per la Croce Rossa per il titolo di viaggio di Francesco Noelke, Italian Croce Rossa a Genova, 09 settembre 1950, ICRC, Ginevra, Archivio, ‘Titres de Voyage CICR 1945–1993’, applicazione 100, 958
11 Wiesenthal, S., Justice Not Vengeance, Groove, New York, 1990, pp. 18-47
12 Per sintesi ho utilizzato il termine Vaticano in quanto gli esponenti principali di essa erano prelati, preti e cardinali. Ciò non significa che il Vaticano come tale appoggiasse le fughe dei criminali di guerra: erano solo alcuni membri della Chiesa Cattolica, seppure eminenti in alcuni casi, che avevano intrapreso certe azioni.
13 Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993
Sarah Anna-Maria Lias Ceide, ODEUM Roma. L’Organisation Gehlen in Italia agli inizi della guerra fredda (1946-1956), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, 2022
#1944 #1945 #Argentina #ebrei #fascisti #fuga #Genova #Germania #nazisti #Odessa #ratline #Roma #SarahAnnaMariaLiasCeide #Spagna #Svizzera #Vaticano
Altri Paesi sono entrati nelle dinamiche di Odessa per altri motivi e cause | Storia minuta
ODESSA esistette davvero ma, contrariamente alle comuni credenze, non fu una semplice organizzazione, ben strutturata o con base stabile. Fondata nel 1944storiaminuta (Storia minuta)
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Burkina Faso, rilasciato cittadino italiano fermato a Ouagadougou.
Un giovane italiano, Luca Scarpato, di 23 anni e originario di Milano, è stato recentemente rilasciato dalle autorità burkinabè dopo essere stato fermato lo scorso 11 giugno con l’accusa di sospetta appartenenza a un gruppo paramilitare. La notizia del suo rilascio il 4 settembre 2025, è stata confermata dall’agenzia di stampa ANSA, la quale ha riportato che il giovane è stato successivamente consegnato a un team dell’Aise (Agenzia italiana per la sicurezza esterna), che lo ha riportato in Italia su un volo atterrato a Ciampino.
Il fermo di Scarpato non era stato reso pubblico in accordo con la famiglia, al fine di favorire una risoluzione cauta del caso. La vicenda ha preso avvio la mattina dell’11 giugno, quando Luca, insieme a un altro cittadino europeo, è stato prelevato dalle forze di sicurezza locali nella capitale Ouagadougou. I due erano arrivati in città provenienti da Freetown, in Sierra Leone, e i loro comportamenti avevano attirato l’attenzione del personale dell’hotel in cui alloggiavano. In particolare, i giovani non avevano fornito giustificazioni chiare riguardo al motivo della loro visita ed erano in possesso di zaini di tipo militare, circostanza che aveva indotto il personale a segnalare la situazione alle autorità competenti.
In seguito, le autorità burkinabè hanno comunicato che il fermo di Scarpato faceva parte di un’operazione più ampia, coordinata con i Servizi di sicurezza di Mali e Niger, volto a identificare cittadini stranieri intenti a supportare attività terroristiche o paramilitari nelle rispettive nazioni. Tuttavia, secondo quanto appreso dall’ANSA, il giovane milanese si era recato in Burkina Faso con un visto di ingresso per lavorare in servizi di sicurezza mineraria. Nonostante ciò, le autorità locali hanno indicato che Scarpato sarebbe stato trovato in possesso di equipaggiamenti militari non specificati, sebbene non risultassero essere armi.
Elementi emersi dai dispositivi telefonici sequestrati durante la detenzione avrebbero suggerito un possibile legame del giovane con gruppi paramilitari, alimentando ulteriormente le preoccupazioni delle autorità. Da quel momento, si è attivata una complessa mediazione a livello di intelligence, che ha coinvolto anche la collaborazione della famiglia, il tutto mantenuto lontano dai riflettori mediatici.
Oggi, grazie a questi sforzi diplomatici e alla cooperazione tra le agenzie di intelligence italiane e burkinabè, Luca Scarpato è stato liberato come “gesto di buona volontà” nei confronti dell’Italia. Questa situazione complessa solleva interrogativi sulla sicurezza internazionale e la delicata gestione delle operazioni di intelligence in contesti di rischio.
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attività della biblioteca elio pagliarani: settembre-dicembre 2025
pdf del programma:
slowforward.wordpress.com/wp-c…
#BibliotecaElioPagliarani #lettura #letture #ParolaPlurale #poesia #poesie_ #presentazione #presentazioni #prosa
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Orti di Cibali, il gran rifiuto della Regione
Nell’ottobre del 2019, a parziale pagamento delle somme dovute, La Sicilcassa ha proposto alla Regione Siciliana la cessione dell’area di Cibali destinata a Centro Direzionale.
Il termine tecnico è datio in solutum, la sostanza è che la Regione avrebbe visto saldato, in parte, il proprio credito, e che la Sicilcassa si sarebbe liberata del debito e anche dei terreni che sono tuttora al […]
Leggi il resto: argocatania.it/2025/09/08/orti…
#CentroDirezionaleCibali #ComuneDiCatania #OrtiDellaSusanna #RegioneSiciliana
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“Finding London’s Secret Games Consoles” — “Alla Ricerca delle Console da Gioco Segrete di Londra”
youtube.com/watch?v=G_NeAJZyrj…
Ieri dicevo “le sale giochi“, e oggi… ecco, ancora una volta basta solo che guardo una cosa e subito l’algoritmo si accende. O forse no, perché il video di stasera è appena uscito ed è di un canale che seguo, quindi mi sarebbe arrivato comunque, ma… a Londra (città altrimenti decadente, per cui è parecchio bizzarro) hanno aperto la sala giochi gigante del secolo; e non solo. 🔥
In effetti il video mostra 2 cose diverse, che tecnicamente non ci azzeccano niente, ma a quanto pare questa è una serie dove il tizio cerca momenti gaming nel Regno Unito, e andando a Londra in una botta non avrebbe fatto 2 video, quindi ecco: da una parte un’esibizione artistica di retrogame parecchio originale — e infatti, l’ha fatta un canadese, non un british, ops — e però poi… un museo riconvertito, appunto (e non riesco a crederci neanche io dicendo questa frase), in una sala giochi che, per giunta, non è affatto una merdata, bensì un’offerta convenientissima… 18 sterline e hai un abbonamento per l’intera sala, (a quanto pare) senza limiti, per un fottuto anno! E infatti, data una simile proposta, il posto è abbastanza pieno di giocatori… (immagino la puzza.) 😤
Si chiama PWRUP, che nome originale. Ho dovuto riascoltare, comunque, perché mi sembrava di aver capito troppo bello per aver capito giusto… ma no, è proprio così: soli 18 euro, e ci sono sia un’infinità di retroconsole che le postazioni per giocare ad Halo in LAN in 16 (a caso, boh). L’unica palla è che l’iniziativa è comunque un esperimento, quindi chissà quanto durerà (anche perché non penso abbiano intenzione di riciclare per sempre un’intera parte dello Science Museum in una sala giochi, nonostante sarebbe ideale), ma… per il momento, il gaming è realissimo. Peccato solo che questa roba si trovi sull’isola del fallimento e della tortura, e non sulla penisola-del-fallimento-però-almeno-ci-sono-cosine-belle dove invece vivo io… niente gaming da queste parti, via, se va bene ora si dorme e se va male manco quello. (Ah, e speriamo che i bimbi lì non spacchino la roba, comunque.) 👌
#gaming #London #Londra #PWRUP #RetroDodo #retrogames #retrogaming #SaleGiochi #ScienceMuseum
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Giovanni Bertagna - Blog
in reply to Giovanni Bertagna - Blog • • •Mi prendo qualche giorno per provarla e poi ci scrivo un articolo!!!
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