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Il discorso di Schuman conteneva anche proposte verso l’unificazione europea


Schuman è l’artefice di una iniziativa che è stata fondamentale per l’Europa del ventesimo secolo: il piano per la creazione della comunità del carbone e dell’acciaio tra Francia e Germania <39. Nell’aprile 1950 riprese un progetto ideato dal diplomatico francese Jean Monnet che proponeva di internazionalizzare le industrie del carbone e dell’acciaio dei due paesi. Il piano prevedeva la istituzione di un’Alta Autorità al di sopra dei Governi nazionali alla quale spettava il compito di esercitare il ruolo esecutivo per il funzionamento delle due industrie. Schuman acconsentì che Monnet e i suoi consulenti scrivessero il testo della Dichiarazione che annunciava l’accordo in segreto.
Adenauer ed il suo Governo dovevano essere informati il più tardi possibile e il comunicato arrivò loro solo alla vigilia dell’annuncio, accompagnato da una lettera di Schuman che faceva riferimento all’intervista rilasciata da Adenauer nel marzo precedente. Gli americani furono informati solo il 7 maggio 1950 quando il Segretario di Stato Dean Acheson era in visita a Parigi. Questi capì subito che quel progetto che poi sarebbe diventato il piano Schuman era un passo importantissimo verso l’unificazione dell’Europa.
Schuman aveva raccomandato la massima segretezza a coloro che erano a conoscenza del progetto fino all’approvazione da parte del Governo francese. La ragione di tanta segretezza era il timore che la Gran Bretagna potesse opporsi al progetto, che era sopranazionale. Il piano sarebbe stato presentato come fatto compiuto soltanto agli Stati che riconoscevano il principio del Governo sopranazionale: e soltanto questi avrebbero partecipato ai negoziati.
L’iniziativa di Schuman fu approvata da autorevoli personalità di vari paesi, tra cui lo stesso presidente americano Truman: nonostante agli americani non fosse stato consentito di partecipare alla formulazione del piano. Subito dopo l’approvazione del Governo francese, il 9 maggio, Schuman fece la sua famosa Dichiarazione. Essa conteneva la proposta di immettere l’intera produzione di carbone e acciaio sotto una comune Alta Autorità entro una organizzazione aperta alla partecipazione di altri paesi d’Europa <40. Ma il discorso di Schuman conteneva anche proposte verso l’unificazione europea. La novità consisteva nel fatto che invece di approdare subito ad una soluzione politica della divisione dell’Europa Schuman proponeva di arrivare gradualmente prima ad una integrazione economica. Dopo aver raggiunto questo obiettivo si sarebbe creata una solidarietà di fatto e forse il traguardo più importante poteva essere raggiunto: questa era l’idea di Schuman e di Monnet. Ottenendo un risultato limitato ma efficace sulla produzione di carbone e acciaio il pericolo di un nuovo conflitto tra Francia e Germania diventava “non solo meramente impensabile, ma anche materialmente impossibile” <41.
Inoltre la Dichiarazione di Schuman assicurava l’interesse nazionale francese, sottolineava che l’offerta di carbone e acciaio doveva essere identica ai mercati francese e tedesco, così come ai mercati di altri paesi membri. Per la Francia il piano rappresentava una garanzia per tenere sotto controllo la crescita economica della Germania.
Monnet riteneva che senza questo accordo la competizione industriale franco-tedesca avrebbe favorito la Germania e che il momento propizio per siglarlo era proprio questo, poiché la Germania era ancora debole e l’Alta Autorità avrebbe assicurato un equilibrio industriale tra i due Paesi. Adenauer probabilmente in principio considerava con sospetto il piano elaborato da Monnet, nel senso che forse, più che equilibrare la crescita economica dei due Stati, era un espediente per ritardare quella della Germania. Però, dopo aver incontrato Monnet, si persuase della sincerità del francese sull’ideale di unità europea. Era chiaro a tutti i futuri membri della Comunità del carbone e dell’acciaio che dovevano accettare una condivisione della sovranità per poter sedere al tavolo dei negoziati.
Il grande dilemma per gli inglesi era fare una scelta che sembrava una perdita di dignità, anche se comunque la Gran Bretagna avrebbe mantenuto un posto privilegiato. Nel 1950 la Gran Bretagna era ancora il maggior produttore di carbone e acciaio in Europa occidentale, quindi l’accordo franco-tedesco poteva costituire una sfida alla supremazia inglese nel settore più importante dell’economia europea. La rinuncia all’ingresso nella Comunità avrebbe significato per gli inglesi l’esclusione dai mercati dell’Europa occidentale, che stavano crescendo rapidamente. L’ingresso nella Comunità, per contro, avrebbe causato per le industrie del carbone e dell’acciaio, che erano fortemente protette dal governo inglese, la concorrenza delle industrie del continente che erano prive di protezione e che pagavano salari più bassi. Inoltre l’Inghilterra non accettava la perdita di prestigio di una potenza imperiale quale riteneva di essere che scendeva al rango di prima inter pares nell’Europa occidentale.
I negoziati furono condotti da Monnet nel maggio 1950 con alcuni funzionari statali superiori inglesi poiché i ministri chiave Bevin e Cripps erano ammalati. Monnet commentò che i britannici erano chiaramente antieuropei e convinti che le nazioni del continente non sarebbero state in grado di contenere l’avanzata del comunismo <42. I negoziati preliminari furono comunque caratterizzati da incomprensioni reciproche. Gli inglesi erano scettici su problemi tecnici e sul ruolo stesso della Comunità. Monnet chiedeva ai funzionari inglesi una dichiarazione pubblica sulla volontà della Gran Bretagna di accettare istituzioni sopranazionali e il ruolo dell’Alta Autorità. Gli inglesi riferirono al premier Attlee che un accordo nei termini di Monnet era impossibile. Il 3 giugno 1950 fu convocato il Gabinetto presieduto dal vicepremier Herbert Morrison: il parere sul piano Schuman era negativo soprattutto perché i minatori di Durham non lo avrebbero mai accettato <43. Nel successivo dibattito ai Comuni del 26-27 giugno Attlee dichiarò che il Governo britannico non poteva accettare che le forze economiche più importanti della nazione dovessero essere governate da “un organismo irresponsabile non nominato da nessuno e responsabile verso nessuno” <44. Pochi parlamentari di entrambi gli schieramenti della Camera non furono d’accordo col Governo sulla non adesione. La Gran Bretagna non partecipò neppure ai negoziati, in quanto non disposta a fare concessioni di sovranità. Altrimenti avrebbe potuto sedere comunque al tavolo ed inserire nelle trattative garanzie democratiche ed ottenere un certo grado di protezione per le proprie industrie del carbone e acciaio come fecero i Governi olandese ed italiano. L’Inghilterra nella Comunità sarebbe stata comunque in una posizione più forte rispetto agli altri paesi.
Edmund Dell ritiene che il rifiuto degli inglesi a partecipare ai negoziati sia stato un grave errore, perché così rinunziò alla leadership in Europa. Inoltre Dell ritiene che i colloqui iniziati con Monnet siano stati condotti da “funzionari impreparati [che] guidavano ministri impreparati” <45. Gli alti funzionari erano convinti che il piano fosse inaccettabile per il principio della sovranità nazionale e della fattibilità e convinsero il Governo laburista a non accettarlo.
Il piano invece ebbe il grande merito di superare il principale ostacolo tra Francia e Germania. Gli americani lo sostennero con entusiasmo: aprì il mercato ai paesi del Benelux, consentì a Germania ed Italia di rientrare nella cerchia delle grandi nazioni europee.
La Gran Bretagna nelle sue scelte economiche e politiche era condizionata dall’opinione pubblica e dalla stampa che consideravano il piano Schuman “un tentativo deliberato e concertato di obbligarci ad accettare gli Stati Uniti d’Europa” <46. E comunque il Governo laburista non era preparato ad accettare che il controllo delle industrie del carbone e dell’acciaio da poco nazionalizzate venisse affidato ad un’Alta Autorità nominata da Governi con maggioranza cristiano-democratica. I laburisti credevano nell’abolizione del capitalismo piuttosto che nel suo miglioramento. Il partito laburista nel giugno 1950 pubblicò la sua posizione ufficiale sulla questione europea in un pamphlet intitolato “European Unity”, nel quale si chiariva che la Gran Bretagna avrebbe accettato di collaborare per progetti di integrazione europea solo con paesi che adottavano politiche socialiste riguardo la proprietà pubblica, il pieno impiego, la pianificazione economica <47. Ma la Gran Bretagna era uscita dalla guerra, anche se vittoriosa, nelle stesse condizioni economiche degli altri paesi. Poteva bloccare le iniziative federaliste, ma non poteva imporre la sua visione dell’Europa.
Il piano Schuman era valido economicamente e politicamente e nel maggio 1950 mise in evidenza la debolezza del potere britannico. Gli interessi nazionali di America, Francia e Germania erano in perfetta sintonia con la visione sopranazionale degli uomini che avevano ideato e realizzato il piano. Mentre l’economia decollava, iniziava il declino dell’influenza della politica estera della Gran Bretagna. La Francia sconfitta in guerra e la Germania occupata dopo il conflitto avevano messo da parte la loro rivalità e divennero il motore dell’Europa occidentale. La Gran Bretagna, che era una delle tre potenze vittoriose, dovette assistere al sorpasso dei suoi vicini europei nell’economia e nel prestigio internazionale.
Il piano Schuman nell’aprile 1951 aprì le porte alla costituzione della Comunità del Carbone e dell’Acciaio (CECA), formata da un nucleo centrale di sei nazioni: Francia, Germania Ovest, Belgio, Italia, Lussemburgo e Olanda. Il trattato CECA fu ratificato dai rispettivi Parlamenti nella primavera 1952. La nuova organizzazione divenne operativa nell’agosto dello stesso anno e Jean Monnet disse nel corso della prima assemblea che gli Stati Uniti d’Europa avevano avuto inizio <48. Fu il primo passo verso una pace duratura in Europa.

[NOTE]39 M. Gilbert, Storia politica dell’integrazione europea, p. 25
40 Ibid., p. 26
41 Hogan, The Marshall Plan cit., p. 367
42 J. Monnet, Mémoires, Paris, Fayard, 1971, p. 316
43 M. Gilbert, Storia politica dell’integrazione europea, p. 29
44 E. Dell, The British Abdication of Leadership in Europe, Oxford, Oxford University Press, 1995, p. 176
45 Ibid., p. 296
46 A. Bullock, Ernest Bevin, p. 781
47 M. Gilbert, Storia politica dell’integrazione europea, p. 30
48 J. Monnet, Mémoires, p. 438
Dario Russo, Le prime fasi dell’integrazione europea: l’Europa dal secondo dopoguerra alla CECA, Tesi di Laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno Accademico 2021-2022

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oggi, 10 ottobre, a roma, presso la biblioteca pagliarani: incontro in presenza dedicato a walter pedullà


Ricordando Walter Pedullà _ 10 ottobre biblioteca Pagliarani
cliccare per ingrandire

incontro in presenza, presso lo Spazio Pagliarani
Via Marcantonio Bragadin 122b (Roma)

per chi non potrà assistere di persona, ecco il link per seguire l’incontro da remoto: meet.google.com/fgp-xrhq-cxe
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#BibliotecaElioPagliarani #BibliotecaPagliarani #CarloSerafini #CettaPetrollo #criticaLetteraria #ElioPagliarani #FrancescoMuzzioli #GabrielePedullà #incontro #LiaPagliarani #LucaArchibugi #MarcoRicciardi #SilvanaCirillo #SirianaSgavicchia #TommasoOttonieri #WalterPedullà

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giornata cacata per fattori multiuniversali (analisi delle mie ultime paturnie, applicate a oggi ma non solo)


Io, in fondo in fondo un minimo scherzavo, pazziavo, sulla storia per cui sono tremendamente distrutta oltre ogni limite dalle cose susseguentesi… un minimo, perché comunque la storia di base è assolutamente vera… eppure, oggi mi rendo conto che non ero per niente pronta per il momento in cui tutto questo sarebbe diventato reale per davvero, al di là dei miei sottili ma ampi e ben impilati strati di ironia… Ed esattamente come le mie lagne sono un combinarsi di cose per formare il racconto di esperienze assolutamente non invidiabili, questo mio progressivo sfaldamento è da imputare a fin troppi fattori combinati, quindi non c’è una singola particolare cosa che se cambiata risolvererebbe tutto. (No, neanche il dormire 13 ore in un giorno… anche se spero di comunque riuscire a fare proprio questa fine sabato!) 🐭

1, il sempre presente: Il freddo. Ormai lo sto dicendo ad nauseam, ma veramente… mi distrugge tipo da dentro, mi consuma e mi rende una persona più vuota, a fatica permettendomi di finire la giornata!!! Ed è un ciclo continuo e subdolo, seppur con un po’ di variazione da un giorno all’altro, per via di come sono strutturati i miei orari… Esco di casa e, se è mattina presto, tengo freddo (beh, in realtà anche solo a stare in casa a quell’ora fa il freddo, ma quando mai non è stato così in case di letteralmente il secolo scorso… e vaffanculo alla società di 50 anni fa che ignorava totalmente il concetto di efficienza energetica). Bisogna aspettare a più tardi, all’orario comodo di sveglia che io preferisco ma non sempre posso permettermi, per non piangere… e poi sorprendentemente si sta bene, anche fuori; addirittura oggi, non essendoci quel vento bruttissimo di giorni fa, fuori si stava proprio bene, c’era un gustoso tepore… ma anche un’escursione termica da spavento tra l’ombra e il sole, al punto che non ironicamente dovevo prepararmi mentalmente per entrare in un edificio, essendoci il portico. E poi, la sera… giuro, dal momento in cui il sole tramonta, da che sto bene inizio a fottutamente tremare; ma non fuori alla strada eh, dico proprio dentro casa (si torni al punto delle case di merda.)… NON ce la faccio!!! 🥀

Le mattine di giovedì e venerdì, specialmente, sono particolarmente traumatiche, comunque. Questo perché l’aula di merda in cui in quelle mattine ho lezione — che è merda per lo stesso motivo della casa, e infatti mi risulta sia stata costruita circa nello stesso periodo (non so come, visto che l’edificio ha la seconda numerazione più recente, ma così ci disse il prof molto vecchio l’anno scorso, ed è l’unica fonte disponibile, seppur credo una per niente affidabile… quindi non si può fare altro che credergli) — dove, a differenza delle altre aule, i climatizzatori attualmente mi risultano spenti, e l’edificio fa schifo e proprio lo percepisco come se fosse posseduto ed emettesse freddo verso dentro… ma forse sarà solo il vento gelido da fuori che entra pure con tutto chiuso, forse perché essendo per metà finestre sarà fisicamente per metà spifferi. Poi, ovviamente, non aiuta che il professore della seconda materia abbia aperto metà delle imposte per “far cambiare aria“… poi qualche decina di minuti dopo qualcuno ha chiuso almeno quelle che stavano direttamente dietro di me, però intanto il vento è entrato prepotente a rompere ancora di più l’anima; in qualche modo demoniaco e fisicamente incomprensibile riuscendo a soffiarmi pure all’altezza delle caviglie!!! 😭

Tra l’altro, stamattina mi sono pure svegliata con una gola atrocemente secca, non so perché. Durante la giornata poi mi è salito a tutti gli effetti proprio il mal di gola, con ogni tanto pure il coff coff… solo nella sera mi è sembrato un po’ meglio, ma sento comunque la gola fatta di carta vetrata fine (oh, poteva essere molto peggio… a granula grossa…). E durante il pranzo mi è venuto pure il raffreddore, o comunque qualunque cosa porti a far uscire il muco dal naso, e che palle veramente… già in primavera devo stare con questi porca puttana di fazzoletti per l’allergia; se ora a inizio ottobre già riesce fuori la merdata del muco divento una bestia. 🤧

E ok, un (1) fattore quantomeno l’ho decodificato per bene, ma non ci posso fare granché; se mi vestissi invernale già ora, sarebbero problemi. Il resto rimane poco chiaro, invece… Mi distrugge così tanto andare 5 giorni su 7 in culandia a semplicemente sentire sciroccati yappare? Perché stress vero e proprio non ne ho… o almeno, non ho motivi per pensare di starne subendo un’accumulazione; non ho esami di mezzo, sto prendendo tutto per i cazzi miei, alla fine la verità è che comunque ‘sto nel chill. Quindi, 2 e oltre: ancora boh, per ora. 😑

L’unica cosa buona della giornata, almeno, è che ho detto vaffanculo e sono andata al ristorante a pranzare (anche perché oggi in giro a quell’ora non ho intravisto nessuna persona che non mi detesta, quindi sarei stata piantata lì per niente), dunque a pranzo ho certamente goduto, e non indifferentemente… ma l’ho fatto perché già con soli 2 giorni di fila a mangiare solo pane e acqua fino a quando non arriva la cena, che è ben 7-8 ore dopo, finisco a casa che un altro po’ cado per terra — non subito, a dire il vero, ma appena cala il sole e arriva il freddo di cui sopra si — 3 volte una dietro l’altra mi sa mi sa che sono proprio un suicidio, manco fossi detenuta in un campo di lavoro forzato di uno qualsiasi dei tanti famosi paesi poco democratici esistenti nel nostro mondo… quindi bene spendere dei soldini per sopravvivere. 😇

Comunque, anche in questo c’è una cosa bizzarra: bono e saziante il pranzo, con primo e secondo, e ho speso appena 15 euro in totale, quindi non posso proprio lamentarmi… ma comunque dopo un po’ mi è salito quell'”aaaaa” di stanchezza di mezza giornata… no, non è abbiocco post-pranzo, perché quello in genere non mi viene, almeno non quando pranzo per bene. Ho fatto tutto con estrema calma, godendomi i momenti della goduria, quindi ho passato più di 1 ora al ristorante, muovendo i piedini con pazienza nell’andare e tornare, e prendendo il caffè al bar dell’università (e non alle macchinette, stavolta, vaffanculo agli stronzi ladri criminali!!!) pur di perdere altro tempo… però alla fine dei conti mi sono trovata comunque con mezz’ora bucata e nulla di particolarmente infognante da fare sul PC nel restante spicchio di pomeriggio, quindi mi è salito comunque quel sentimento di vuoto di stomaco misto a vuoto dell’anima… 😬

Inspiegabile, tutto ciò, davvero. Almeno, ora che sono a casina (cioè, da ore, come l’altra volta, poi ho avuto altro da fare), comunque la differenza con il fatto che ho pranzato veramente si vede, perché non mi sento sul punto di morte… evviva!? E in realtà, tra scrivere questo stesso post e finirne altri per il blog della stufa, ho smesso di sentirmi cacata come a prima… Aspe… miiinchia… ma vuoi vedere che, sotto sotto, il professore con l’accento siciliano ha ragione, e l’aria dell’università è realmente viziata (in tutte le aule, non solo quella di stamattina) e peggiora magicamente l’umore??? Si vede che sarebbe probabilmente il caso di abbatterli proprio, ‘sti palazzi schifosi, e fare direttamente lezione all’aperto, a questo punto, basta. 👻
Lore update:I have officially lost the plot. Idkwhat's happening anymore…Comunque, questo fatto è sempre più vero!!!
#giornate #paturnie #pensieri #problemi

Questa voce è stata modificata (2 settimane fa)

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Economia del genocidio: aziende complici, rapporti ONU e boicottaggio dei prodotti israeliani

Indice dei contenuti

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Il dibattito sulla complicità aziendale nel conflitto israelo-palestinese ha ricevuto un nuovo impulso con la pubblicazione del rapporto From the Economy of Occupation to the Economy of Genocide (2025), redatto da Francesca Albanese, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati.

Questo rapporto, chiave per la comprensione di chi finanzia la guerra a Gaza, ha delineato la transizione da una semplice economia dell’occupazione a una vera e propria economia del genocidio. Il rapporto analizza in dettaglio le aziende coinvolte nel genocidio a Gaza, evidenziando come i flussi economici globali contribuiscano al mantenimento dell’assedio e alla distruzione delle infrastrutture civili palestinesi.

Parallelamente, il database indipendente Who Profits e il movimento BDS – Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni hanno documentato i legami di numerose aziende globali con l’occupazione israeliana e gli insediamenti illegali.

Questa lista aggiornata di aziende complici dell’occupazione israeliana incrocia i dati fondamentali per il consumo critico e consapevole in Italia:

  • Rapporto Albanese (ONU, 2025)Economia del genocidio, analisi
  • Database Who ProfitsAziende e occupazione
  • Campagne BDS internazionaliMarchi da evitare secondo il movimento BDS

L’obiettivo è offrire una panoramica verificata delle aziende complici dell’occupazione israeliana, permettendo ai cittadini di orientare le proprie scelte economiche e adottare un consumo realmente consapevole.


⚠️ Avvertenza importante:

La presenza di un’azienda in queste fonti non implica una condanna legale, ma indica segnalazioni o campagne pubbliche basate su analisi indipendenti, inchieste giornalistiche o rapporti di ONG. Molte aziende contestano le accuse o hanno modificato le proprie politiche.


Settore alimentare e beni di consumo


In questa sezione si concentrano i marchi di largo consumo e i prodotti più facilmente individuabili nei supermercati italiani, al centro del boicottaggio alimentare etico.

Azienda / MarcaProdotti e Marchi in ItaliaLegame ContestatoFonte
NestléBaci Perugina, KitKat, Nescafé, S.Pellegrino, Levissima, Buitoni, PurinaDetiene una quota di controllo (>50%) del gruppo israeliano Osem, attivo anche nei Territori Occupati.Who Profits – Osem Group
PepsiCoLay’s, Gatorade, 7Up, Quaker, TropicanaJoint venture con Strauss Group (israeliana), accusata di sostegno economico all’esercito israeliano.BDS Movement – Sabra
McDonald’s / Coca-ColaFast food / BevandeLe filiali israeliane hanno fornito pasti e supporto logistico alle forze armate.Al Jazeera
SodaStreamMacchine per bibite gassateEx fabbrica in insediamento in Cisgiordania (chiusa nel 2015, ma simbolo storico del boicottaggio).Who Profits – SodaStream
Prodotti agricoli israeliani (Jaffa, Carmel)Datteri, avocado, agrumiProduzioni provenienti da insediamenti nella Valle del Giordano.Who Profits – Agricultural Exports

Le aziende italiane e la Difesa


Sebbene in misura minore rispetto ai colossi internazionali, esistono aziende italiane coinvolte nel conflitto israelo-palestinese, sia per collaborazioni industriali sia per progetti di difesa congiunti. Il loro ruolo è stato oggetto di indagine nel Rapporto ONU Francesca Albanese (2025).

Azienda ItalianaSettoreSegnalazione / Coinvolgimento
Leonardo S.p.A.Aerospazio e difesaCitata nel Rapporto Albanese per partnership con Elbit Systems e programmi congiunti di difesa (droni e radar).
BarillaAlimentareNon risulta citata né in Who Profits né tra i target BDS.

Tecnologia, logistica e sponsorizzazioni


Molte aziende che finanziano Israele lo fanno attraverso partnership tecnologiche, servizi cloud o infrastrutture di sicurezza, rendendo il boicottaggio tecnologico una delle aree più discusse del movimento BDS.

AziendaTipo di CoinvolgimentoFonte
Microsoft, Amazon Web Services, Google (Alphabet)Fornitura di servizi cloud e AI per il Progetto Nimbus, a supporto delle infrastrutture militari israeliane.The Intercept
Hewlett-Packard (HP)Servizi IT per database e sistemi biometrici nei checkpoint.Who Profits – HP
CaterpillarFornitura di bulldozer usati nella demolizione di case palestinesi.Who Profits – Caterpillar
Puma e ReebokSponsorizzazione della Israel Football Association (IFA), che include squadre in insediamenti illegali.BDS Movement – Puma
Airbnb, Booking.comPromozione di strutture turistiche negli insediamenti.Who Profits – Tourism
Teva PharmaceuticalsMultinazionale israeliana boicottata per il suo ruolo economico nei territori occupati.Who Profits – Teva

Infrastrutture, energia e finanza B2B


Questa sezione include aziende essenziali per l’infrastruttura israeliana e gli investimenti nelle colonie, menzionate nel Rapporto ONU 2025 di Francesca Albanese per il loro ruolo nel sostegno strutturale all’occupazione.

Azienda / SettoreTipo di CoinvolgimentoFonte
Glencore / Drummond CompanyEnergia e carbone: principali fornitori di carbone per Israele.UN Report, 2025 – A/HRC/59/23
ChevronEstrazione di gas naturale dai giacimenti di Leviathan e Tamar.UN Report, 2025 – A/HRC/59/23
SiemensCoinvolta in progetti elettrici come l’Interconnettore Euro-Asia.BDS Movement
Banche e Fondi d’InvestimentoInvestimenti in aziende attive negli insediamenti.UN Report, 2025 – A/HRC/59/23
CAF (Spagna)Costruzione della ferrovia leggera di Gerusalemme.Who Profits – CAF

Energia e logistica marittima

Azienda / SettoreTipo di CoinvolgimentoFonte
Eni S.p.A. (Italia)Esplorazione Gas: Ha ottenuto licenze per l’esplorazione di gas (Blocco 9/Alon D) nel Mediterraneo orientale, per conto di Israele, vicino alle aree marittime contese.[Rapporto Greenpeace / Stampa Italiana]
ZIM Integrated Shipping (Israele)Logistica Marittima: Principale compagnia di navigazione israeliana, considerata vitale per l’economia israeliana e obiettivo primario del boicottaggio logistico per le sue operazioni globali.[BDS Movement]
APL, ZIM, OOCL (Logistica Container)Assicurazione/Riasicurazione: Molte compagnie marittime e assicurative sono citate per il trasporto di merci da/per insediamenti o per la copertura di rischi di infrastrutture militari.[Who Profits / Rapporto Albanese]
Axon Enterprise (Taser)Sicurezza/Polizia: Fornitura di bodycam e armi non letali utilizzate dalle forze di sicurezza israeliane (Polizia, IDF, Amministrazione Penitenziaria).[Who Profits]
Guida al consumo critico e consapevole


Il boicottaggio etico dei prodotti israeliani è oggi uno strumento di pressione civile sempre più utilizzato.

Per i consumatori che cercano di agire tramite il consumo consapevole, queste indicazioni pratiche possono essere d’aiuto:

  • 🔍 Verificare l’origine: evitare prodotti etichettati “Israele” o marchi agricoli noti (Jaffa, Carmel, Jordan River).
  • 📦 Codice a barre 729: è l’identificativo dei prodotti israeliani.
  • 📱 App utili: Boycat e No Thanks permettono di scansionare i prodotti e verificare se sono tra gli obiettivi BDS.
  • 🌍 Database ufficiali: consultare WhoProfits.org e il Rapporto ONU di Francesca Albanese per approfondire i legami economici e di investimento.

#boicottaggio #controinformazione #Israele #Palestina

Questa voce è stata modificata (3 settimane fa)

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la prima ristampa delle “carte della casa” (edizioni volatili)


prima ristampa de "Le carte della casa" (Edizioni volatili)una delle sequenze in prosa a cui più tengo è Le carte della casa, nata nel 2005 tra il centro e il margine delle pagine di quello che sarebbe poi stato il libro La casa esposta (Le Lettere, 2007), e rimasta inedita.

nel 2019-20 Giuditta Chiaraluce e Giorgiomaria Cornelio mi chiedono un testo per il loro progetto esoeditoriale Edizioni volatili. la plaquette esce nel 2020, e ha – nonostante il periodo non facile – qualche riscontro che ho raccolto qui: slowforward.net/2021/01/17/le-…

il libretto era esaurito da un po’, e sono ora assai felice che ne esca una prima ristampa. la foto si riferisce a questa.

invito chi lo desiderasse a scrivermi (non prima di una decina di giorni da oggi) per sapere come averne copia.

#carteCasa #carteDellaCasa #disegni #EdizioniVolatili #GiorgioCegna #GiorgiomariaCornelio #GiudittaChiaraluce #ICerviVolanti #LeCarteDellaCasa #linkEMateriali #MarcoGiovenale #MG #prosa #prose #scrittureDiRicerca

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oggi, 9 ottobre, a milano: presentazione del n. 21 de ‘la scuola delle cose’, “il teatro di nanni balestrini con franco brambilla”


a Milano, oggi, 9 ottobre 2025, alle ore 18:00,
presso la Fondazione Mudima, Via Tadino 26

presentazione del n. 21 della rivista
‘La scuola delle cose’
– fascicolo dedicato al Teatro di Nanni Balestrini con Franco Brambilla

Intervengono Franco Brambilla e il prof. Carlo Fanelli

In esposizione l’opera di Nada Pivetta
Le terre immerse: sorgente, 2025,
ceramica, 200 x 165 x 4 cm

il teatro di nanni balestrini con franco brambilla
cliccare per ingrandire

FONDAZIONE MUDIMA
Via Tadino 26 – 20124 Milano
t. 02.29409633
info@mudima.net
mudima.net


#Balestrini #CarloFanelli #FrancoBrambilla #NadaPivetta #NanniBalestrini #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #teatro

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oggi, 9 ottobre, a roma, sic12 artstudio: “costellazioni infinite”, di christine jean – capitolo ii
SIC 12 artstudio


via Francesco Negri, 65 – Roma

è lieta di invitare la S.V. all’inaugurazione di:

Christine Jean
COSTELLAZIONI INFINITE

capitolo II
Oggi, giovedì 9 ottobre – dalle ore 17:30
sic12.org/about-5

Christine Jean_ Orizzonte di cristallo, 2025
Jean, “Orizzonte di cristallo” (dettaglio, 2025; inchiostro di china su carta, 90 x 380 cm)

In continuità con la prima mostra tenutasi nel giugno 2025, Christine Jean (Sainte Adresse, Francia, 1957), presenta il secondo episodio di Costellazioni infinite. Questo nuovo capitolo nasce dalle sue esplorazioni durante la residenza Pietre, muri, texture del tempo, sviluppata tra Roma e Parigi. Quest’estate, Christine Jean ha creato una serie di grandi disegni a inchiostro dal titolo La vita sognata degli astri. Per queste opere ha utilizzato frammenti di vetro infranto come matrici. L’aspetto cristallino e minerale di quelle schegge le ha ricordato gli assemblaggi di marmo e alabastro scoperti nella basilica di San Paolo fuori le Mura.

L’artista ha arricchito questa serie con le impronte raccolte a Roma: sui muri di Porta San Paolo, lungo le mura esterne del cimitero acattolico e sulle antiche Mura Aureliane.

In questa nuova mostra le opere di Christine Jean dialogano con alcune opere della collezione di art brut e di arte contemporanea di Gustavo Giacosa e Fausto Ferraiuolo.


Evento speciale:
11 ottobre alle 18:00
Strage fruit, performance collettiva ispirata ai quaderni di lavoro di Christine Jean. Con Fausto Ferraiuolo al pianoforte

La mostra, patrocinata dal VIII Municipio di Roma, sarà visitabile su prenotazione fino al 9 novembre 2025

Christine Jean

#alabastro #art #arte #ChristineJean #CostellazioniInfinite #FaustoFerraiuolo #GustavoGiacosa #marmo #PietreMuriTextureDelTempo

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trovate di pazzia tra i rifiuti della mia esistenza (dalla mia tastiera esce di tutto)


Nell’arco di pochi giorni, qualche settimana scarsa, le mie giornate sono diventate così tanto credo noiose che iniziano a spuntarmi fuori riflessioni assurde… vorrei stare infinitamente nel lettino a dormire, perché fa freddo e fa buio prima, e tutto ciò fa un pochino male all’anima (soprattutto il freddo, sto ferma e ho freddo, mi muovo in casa e il vento che creo muovendo l’aria mi fa freddo, non ce la posso fare), e le altre cose rimangono difficilmente in primo piano… ma, se questo mi porterà ad andare a dormire prima per stare in coma più a lungo, forse è meglio, tanto non è che ho molto da fare la sera… ben 2 post di recupero per i miei manga li ho scritti, e tanto domani mattina mi piazzo col PC a lezione e programmo come se fossi a casa, e tutto si ripeterà così all’infinito… 😤

Ah ma, attenzione, ho divagato; le riflessioni assurde di questa sera non sono quelle di cui sopra, che tutto sommato non penso si possano nemmeno tanto etichettare come anormali, bensì… che minchia di roba esce dalla tastiera (a membrana, maledetta, mannaggia alla miseria) del PC? No, non è un pensiero che non c’entra assolutamente nulla con tutto il suddetto, perché in effetti usando meno il PC fisso ultimamente — ma in realtà, stando meno alla scrivania in generale, visto che troppi giorni sto fuori — dovrebbe accumularsi meno roba strana, e invece… scuotendola tra ieri sera e poco fa è uscito tutto questo bel tesoretto di roba (almeno, bello per chi apprezza il discarica-core, credo)… 🤢
La scena della schifezza come sotto descritta.
…Peli minuscoli che mi tiro dalla faccia mentre faccio altro ed evidentemente ogni tanto finiscono anche lì in mezzo, quelli che sembrano pezzetti di unghia forse finiti lì dentro quando le ho sistemate l’ultima volta… e il resto, di colore marrone, a parte qualche microplastica sparsa e appena visibile, credo sia tutta pelle morta che rilascio gradualmente nell’ambiente anziché fare la muta ordinatamente come i serpenti… Va a finire tutto in questa specie di griglia nera di buchi (che non è come un buco nero, purtroppo, perché in quello la roba sparirebbe, invece qui girando o soffiando riesce tutta fuori, e che schifo) e boh, mi fa sembrare un mostro in decomposizione. 🧟‍♀️

A parte tutto, non ricordo precisamente da quanto non la scuotevo così per pulirla, ma è stato non troppo tempo fa, credo… eppure, si riempie sempre di roba, e io non me ne capacito. Ma ci sarà un fottuto modo per evitare in primo luogo che diventi abitualmente una discarica? A parte i vari frammenti solidi di cheratina che vabbé, a me sembra di fare attenzione a non farli finire lì, ma evidentemente ho problemi di skill… come stramaledizione faccio a non farci finire almeno la pelle morta??? Io non sono Asmongold, le mani e la faccia me le lavo, quindi, veramente, sono esterrefatta! (NON toccate mai la mia tastiera, che sennò vi prendete 10 malattie, di questo ne sono alquanto sicura.) 😾

#sporco #tastiera


impressioni con le unghie smolecolate in parti incontabili (non mi so tagliare le unghie e faccio i casinetti)


Anche oggi è sabato, e quindi nuovamente non c’è nulla di interessante da dire qui. (Ma seriamente eh, non so perché i miei sabati sono così maledetti, solo in questo giorno sono così inispirata…) Per fortuna, di argomenti noiosi ne ho sempre qualcuno da parte, quindi per stavolta non soccomberò… magra consolazione. Beh, tra tante cose inutili mi stavo in realtà chiedendo come mai quando mi taglio le unghie devo fare sempre un grosso casino; e ok, forse questa sotto sotto è un po’ divertente. 💥

In genere non ci penso, perché faccio direttamente tutto per terra; non nel senso che bacio il pavimento mentre mi taglio le unghie, ma semplicemente faccio cadere tutto per terra, perché è più comodo, perché non ho pezzi da raccogliere per buttare poi, semplicemente passo l’aspirapolvere e tanti saluti… che in effetti è un tipo di casino, ma non quello intrinseco che voglio dire in questo momento. Il vero casino, piuttosto, l’ho visto l’altra sera, perché essendo tardi non potevo aspirare ancora più tardi, e allora ho dovuto fare sulla scrivania, e… 🤪
Unghie e briciole di esse miste sulla mia scrivania e il tappetino del mouse, come descritto; forbicine usate nell'angolo
Caspita, e questo è un casino. Perché fare il tagliamento in modo più o meno preciso con non più di un paio di colpi mi risulta sempre praticamente impossibile, e quindi a furia di fare si ottengono anche queste piccole briciole di unghia, a parte i pezzi grossi. E non sono per niente poche. Però mi chiedo se sia un problema mio, e in quel caso quindi non sarebbe altro che un problema di skill (ormai li colleziono quelli, non c’è un cazzo da fare!), o se la cosa è comune o quantomeno aspettata… anche perché non sono l’unica persona ad avere solo 2 mani in totale di cui solo 1 dominante, quindi potrei aspettarmi di non essere la sola ad avere difficoltà con il tagliare le unghie soprattutto (…ma non unicamente) sull’opposta. 😑

Il colmo, però, a questo punto, è che, nonostante tutta questa fatica, comunque le unghie vengono indecenti alla fine, se non uso anche la limetta… E anche a questo ci ho pensato solo stavolta, perché stavolta avevo dimenticato di farlo, essendo che la limetta la tengo nel cassetto, e quindi avrei dovuto alzarmi dalla scrivania per prenderla subito dopo aver finito con le forbici, ma sul momento mi seccavo, e più tardi mi sono dimenticata; quindi, quando il giorno dopo mi sono risvegliata, ho realizzato per bene. 😵
Alcune mie unghie sulla mano destra (quindi tagliate con la sinistra), con frecce ad indicare i dettagli schifosi come descrittoCon la foto, anche se pochino, si vede… e un’unghia l’ho fatta lievemente concava al centro (non so neanche io come!), e un’altra unghia l’ho fatta poco più corta sulla destra rispetto alla sinistra, e così via, e che fastidio!!! Menomale che la limetta aggiusta… però… mentre anche questo non è chiaro se sia un problema mio o no, il dimenticare passaggi e finire a fare le cose a pezzi metà un giorno e metà un altro è certamente indicazione di skill mancanti. (Morirò con cotanto fregio, si vede.) 💖
#skillissues #unghie


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[libro] La scienza di Guerre Stellari


Autore: Luca Perri
Titolo: La scienza di Guerre Stellari – Dal Millennium Falcon alla spada laser cosa è «fanta» e cosa è «scienza»
Editore: Rizzoli
Altro: ISBN 9788817162050; II ed. 2022; collana BUR varia; p. 304; genere: saggistica, divulgazione scientifica; 17,00€

Voto: 6/10

Non fatevi fuorviare dal mio voto basso, che riflette imperscrutabili valutazioni personali. Il libro, per alcuni lettori, potrebbe essere molto valido. Perri è un bravo divulgatore, simpatico (o almeno ci prova) e in questo volume ha voluto ampliare un quiz della NASA di qualche anno fa: quanto è sensata la saga Star Wars?

Qui ci sono nove domande a tema e il lettore può provare a indovinare le risposte. Per esempio: il parsec è una misura di a) tempo b) forza c) distanza d) potenza. Poi Perri si lancia nel spiegare cose. Cose di astronomia, di astrofisica, di fisica, di economia, di biologia, ma soprattutto prende in giro ingegneri e avvocati e chiunque non abbia una laurea in Fisica. (Immagino che abbia molti amici ingegneri e molti amici avvocati, soprattutto, spero per lui, i secondi.)

A parte le battute, l’occasione non è solo per ripassare qualche cosa di scienza, ma anche per ripassare le numerose libertà artistiche che si sono presi gli sceneggiatori, a volte arrivando a vere e proprie arrampicate sugli specchi per giustificare banali errori di sceneggiatura. Altre volte è invece Perri ad arrampicarsi sugli specchi, come quando cerca di valutare il costo del Millenium Falcon se fosse possibile realizzarlo. A sua discolpa possiamo dire che non è un’idea sua. È una domanda a cui alcune persone, poco avvezze alla vita sociale e con molto tempo libero, hanno cercato di rispondere. Perri non fa altro che riportare le loro valutazioni.

In ogni caso, qualcosa da imparare sicuramente lo trovate, le curiosità tecnico/scientifiche non mancano, e la lettura scorre veloce verso la fine.

Buona lettura!

#laScienzaDiGuerreStellari #libro #lucaPerri #recensione


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10 ottobre, casa della memoria e della storia: “vite, carte, memorie. archivi di donne in toscana”, vol. 1


FIAP – Federazione Italiana Associazioni Partigiane
Venerdì 10 ottobre 2025, ore 16:00
Casa della Memoria e della Storia
Via San Francesco di Sales, 5 – Roma

Presentazione del volume
VITE, CARTE, MEMORIE. ARCHIVI DI DONNE IN TOSCANA, vol. I
curato da
Rosalia Manno, Aurora Savelli, Anna Scattigno, Monica Valentini

Saluti di:
Bianca Cimiotta Lami – Vicepresidente FIAP

Intervengono:
Caterina Del Vivo – già Responsabile del Gabinetto di G.P. Vieusseux, Firenze
Monica Valentini – Responsabile degli Archivi del Consiglio Regionale della Toscana
Patrizia Severi – Direttrice degli Archivi – Associazione Archivia Archivi Biblioteche, Centri di Documentazione delle Donne, Roma

Iniziativa a cura di FIAP in collaborazione con
Archivia – Casa Internazionale delle Donne

Il volume

Il libro, raccoglie i contributi presentati in alcuni incontri promossi dall’Associazione Archivio per la memoria e la scrittura delle donne “Alessandra Contini Bonacossi”, che ha sede in Firenze presso l’Archivio di Stato, incontri on line che si sono svolti tra il marzo e il dicembre del 2022.

Il ciclo, che ha coinvolto diverse istituzioni culturali toscane, ha inaugurato un itinerario a più voci attraverso gli archivi di Gina Gennai (presso la Biblioteca comunale di San Gimignano), di Lara-Vinca Masini (al Centro Pecci di Prato), di Mirella Scriboni (presso la Biblioteca Franco Serantini di Pisa), di Oriana Fallaci (nell’Archivio storico del Consiglio regionale e Biblioteca della Toscana), di Bruna Talluri (nell’Archivio storico del Movimento operaio senese – ASMOS), di Verita Monselles (nell’Archivio Fotografico Toscano a Prato), di Rossana Rossanda (nell’Archivio di Stato di Firenze).

Sono stati affrontati i percorsi di vita e di lavoro di intellettuali che hanno conservato e organizzato le proprie carte, ritenendole meritevoli di memoria e di trasmissione, e che hanno nutrito il proprio archivio delle loro curiosità e della loro intensa attività di studio e lavoro, consapevoli del rilievo culturale del loro operato. L’intreccio di biografie, scritture, carte restituisce anche attraverso un ricco apparato iconografico profili e sguardi inediti, frammenti di vite e di opere.

Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili in sala

L’iniziativa verrà trasmessa in diretta streaming sulla Pagina Facebook della FIAP: facebook.com/FIAPItalia

#AlessandraContiniBonacossi #AnnaScattigno #antifascismo #Archivia #ArchiviaCasaInternazionaleDelleDonne #AuroraSavelli #BiancaCimiottaLami #BrunaTalluri #CasaDellaMemoriaEDellaStoria #CasaInternazionaleDelleDonne #CaterinaDelVivo #FederazioneItalianaAssociazioniPartigiane #FIAM #GinaGennai #LaraVincaMasini #MirellaScriboni #MonicaValentini #OrianaFallaci #PatriziaSeveri #RosaliaManno #RossanaRossanda #VerìtaMonselles

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la scomparsa di philippe pogam (con un’intervista a effeffe, per ricordare)


un altro amico che se ne va: Philippe Pogam, intellettuale, libraio, agitatore culturale, sostenitore attento di “SUD” e delle primissime attività di traduzione di gammm.
aveva fondato a Roma la libreria Cythère-Critique (con il sito omonimo), in via dei Banchi Nuovi, che per diverso tempo è stata un nodo importante per le dérives e le proposte della francofonia, in città.

slowforward, ancora nella sua versione Splinder, ne aveva dato conto e ne seguiva le attività (qualcosa si può leggere qui; oppure qui: sulle immagini di Emmanuel Bonetti, al 16 maggio 2004). (e… aggiungo che sulla Roma di quel periodo, molto ingenuamente, sinteticamente, e malinconicamente – per come poi sono andate le cose – si può leggere pure questo pdf relativo al 2004, o questo relativo al 2005).

slowforward vuole venire incontro alla memoria anche con questa breve intervista a Francesco Forlani (e quindi a “SUD“, di cui il sito di Philippe aveva ospitato generosamente i pdf):
_

Cythère-Critique & Sud: Philippe Pogam intervista Francesco Forlani; pagina uscita inizialmente su www cythere- critique.com/interviewfrancesco htm


Francesco Forlani bonjour,
À vous de même

De ces deux définitions : vous êtes le correspondant à Paris de la revue Sud, ou plutôt un Italien vivant à Paris qui a en charge la rédaction parisienne de la revue Sud, quelle est la plus appropriée ?
Dans un dîner peu mondain il y a trois jours de cela, Peter Handke dans un échange “amical” mettait en touche mon désir de “définir” les choses citant Goethe : “laissons les phénomènes tranquilles”. Mais, par souci de clarté, je vous répondrais que j’ai réalisé en 2002 qu’une revue historique, Sud, pouvait traverser mon destin et celui de mes amis. Je suis Hermès, donc surtout pas de pieds par terre et un profond sens de l’amitié.

Question large qui en appellera des plus précises : D’où vient Sud ?
Le sud peut venir de partout. Du nord-est de l’Italie (Trente, Venise) ou des grandes capitales. De toute banlieue confondue. Ce n’est pas l’espace qui compte mais le temps. Peut-on aujourd’hui se définir moderne ? À quel prix ?

Le format, le titre et ses compléments -nous allons-y revenir-, la liste des collaborateurs en Une semble témoigner d’un souci de visibilité et d’une ambition non déguisée
La spontanéité ce n’est pas le spontanéisme. Je garde précieusement la définition (encore elle) que Luis de Miranda m’avait proposé : « bravo à l’un des rares situationnistes non fielleux de la place parisienne.. ».

A propos des compléments de titre justement, “Revue européenne” déclinée en cinq langues mais les textes ne sont qu’en Italien, vous-même êtes traduit (“Cul-de-sac” pp32)
Cinq, voir plus, ce sont les langues d’origine. Peut-être que dans le futur nous allons avoir une revue Sud on-line qui proposerait les textes d’origine (con testo a fronte). Notre organisation graphique, le grand format (il ne permet pas un nombre important de pages) et les frais de fabrication ne nous permettent pas de répéter les interventions…

Ou encore « Périodique de culture, d’art et de littérature »…. mais à lire le numéro 3, Forza/lavoro, avec une réflexion qui court sur la notion de “métier” n’avez-vous pas oublié le mot politique ?
Ce n’est pas nous qui avons oublié le politique, c’est plutôt le contraire. C’est le politique qui nous a oublié. Cela dit, parler de mortes blanches sur un numéro consacré au travail à travers les images d’Ernest Pignon-Ernest ou le voyage de Calvino dans les usines ou celui d’un écrivain, Roberto Saviano, dans la camorra napolitaine, ça c’est à mon sens de la politique. Un dessin d’Altan parle politique plus que n’importe quel pamphlet confectionné par la nouvelle gauche ou pire la vieille. Nos auteurs politiques, Jean Claude Michéa ou Wu-ming, Antonio Ghirelli ou Lakis Proguidis, Pajak ou Muñoz, ce sont des descripteurs de la polis, d’abord et puis de ses tics. Parfois le contraire et c’est bien quand même

Comment se font les choix des textes, leur liaison à l’iconographie : par des comités éditoriaux, techniques, ou le par le libre jeu des associations entre contributeurs ?
La revue pre-existe. L’idée deleuzienne du rhizomatique s’actualise chaque fois par le biais des passions bonnes. Akusma (projet décennal avec les poètes Giuliano Mesa, Biagio Cepollaro, Andrea Inglese, Marco Giovenale, Mariano Baino, Piero Cademartori, Massimo Rizzante) l’atelier du roman à Paris (Stanko Cerovic, François Taillandier, Beatrice Commengé, Milan Kundera, Lakis Proguidis, Jean Philippe Domecq), Paso doble (Philippe Schlienger, Chantal Nau, Franck Lassalle, Esteban Buch, José Munoz) – et puis les rencontres, qui sont aussi de coups de vent dans des fils d’herbe. Aucun souci de visibilité. C’est de l’amitié et de l’admiration pour certaines visions qui emmènent au bouclage du numéro. Pas de réunion de rédaction mais de textes qui circulent dans une communication préétablie, et très rarement on “refuse” de publier un texte. Celui qui nous parviendra de cythere sera publié, certes, avant qu’on le voit. Et c’est justement parce qu’on l’a déjà vu, entendu, senti, à travers la rencontre avec Philippe (Pogam). Jusqu’ici personne ne nous a contacté pour faire la une…

Pour en revenir à l’internationalisme – avec une forte prépondérance littéraire italo-française – des contributeurs, quel en est le pacte ?
On va s’ouvrir de plus en plus à d’autres réalités, mais la question à poser c’est aussi une autre. Yasmina Khadra, c’est un écrivain français, ou arabe? Et Kundera? Arrabal? Je crois que c’est une fausse question. La littérature ne doit pas avoir de frontières. Thème du prochain numéro.

Comment voyez-vous le développement de Sud
Le mot développement ne suffit pas aujourd’hui à expliquer l’état et surtout le devenir des choses. Pour le sud comme pour le nord, à nos jours on devrait parler de “enveloppement”, s’envelopper (voilà une idée sensuelle et donc politique) à son authenticité. Tout cela pendant que l’ouest et l’est se font la guerre…

[ Cythère-Critique ]


Le faire-part de décès en ligne qui a été créé pour Philippe POGAM est disponible à cette adresse : afairepart.com/fa8gv

#AndreaInglese #BiagioCepollaro #cythèreCritique #FrancescoForlani #francofonia #gammm #GiulianoMesa #MarcoGiovenale #MarianoBaino #MassimoRizzante #PhilippePogam #PieroCademartori #revue #revues #Sud

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oggi, nella serie podcast ‘ndn – niente di nuovo’, a cura di antonio syxty, claudia crocco e gian luca picconi dialogano su “scrittura e a-capo”


open.spotify.com/episode/0SUru…

#AntonioSyxty #ClaudiaCrocco #GianLucaPicconi #ndn #NDNNienteDiNuovo #NienteDiNuovo #poesia #prosa #ProsaInProsa #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca

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“La scienza? Aiuta a risolvere problemi”

edu.inaf.it/approfondimenti/st…

Come prima uscita della rubrica “Space Jobs”, proponiamo una intervista a Lucas Calzà dell’Università di Trento, studente del dottorato nazionale SST, Space Science and Tehcnology.

#dottorato #dottoratoSst #scienza #tecnologia

Lucas Calza Spacejobs Evidenza
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oggi, 8 ottobre, a roma: presentazione di “queer cuisine” (tic, 2025), di marco santarelli


oggi, mercoledì 8 ottobre 2025, alle ore 18:30
@ TRAleVOLTE, Piazza di Porta San Giovanni, 10 Roma

presentazione del libro

presentazione di 'Queer cuisine', di Marco Santarelli (Tic 2025)
cliccare per ingrandire

Queer Cuisine è un ricettario gastronomico che inquadra un periodo significativo della storia della cucina popolare italiana, che ha visto l’adozione di ingredienti e preparazioni che segnano una rottura con la tradizione della cucina regionale di stampo familiare. E lo fa coniugando l’evoluzione della tavola con la più vasta emancipazione culturale e sessuale che vede protagonisti i movimenti omosessuali e il femminismo.

Come siamo passati dalle polpette al sugo al cocktail di scampi? E quando abbiamo imparato che il risotto alla fragola poteva emanciparci da vecchie omofobie e miti patriarcali? Nella straordinaria storia della cucina italiana, è tempo di rinunciare al soffocante provincialismo passatista per approdare con slancio a una libera cucina nouvelle, aperta alla panna dappertutto, alla vodka col pomodoro e all’erotismo della frutta coi carboidrati.

Attraverso una rassegna di ricette che tra gli anni Settanta e Novanta illustrano il compimento felice di una notevole eresia gastronomica, Marco Santarelli ci guida alla comprensione di cosa ha significato in Italia l’ideale di una nouvelle cuisine di massa.

Intervengono:

Giuseppe Garrera storico dell’arte, collezionista e curatore

Antonio Syxty artista, regista di teatro

Michele Zaffarano scrittore e traduttore

Marco Santarelli è studioso di gastronomia. Si occupa principalmente di cucina popolare tra modernità e contemporaneità. Ha svolto una intensa attività giornalistica come critico gastronomico per diverse testate, e in particolare – come titolare della rubrica gastronomica del “Trovaroma” di Repubblica dal 1986 al 2000 – è stato testimone e interlocutore partecipe dei cambiamenti che hanno rivoluzionato la ristorazione a Roma. Collaboratore alla Guida dell’Espresso negli anni iniziali, curatore di eventi e primo autore di una guida della ristorazione a Roma e nel Lazio, ha abbandonato la critica gastronomica per dedicarsi alla ricerca storica (L’apparecchio del gusto, Quodlibet 2008).

Queer Cuisine è uscito per Tic Edizioni, Roma, nella collana Alimentare diretta da Roberto Muzi: ticedizioni.com/collections/al…

Associazione Promozione Sociale TRAleVOLTE
Piazza di Porta San Giovanni, 10 Roma
Web: http://www.tralevolte.com

#78Ricette #Alimentare #AntonioSyxty #cucina #eresiaGastronomica #gastronomia #GiuseppeGarrera #MarcoSantarelli #MicheleZaffarano #nouvelleCuisine #QueerCuisine #recipe #recipes #RobertoMuzi #Tic #TicEdizioni #TraLeVolte #TRAleVOLTE #TRAleVOLTEAPS

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Orti della Susanna a Cibali, un comitato per salvarli


A Catania è nato un nuovo comitato civico. Non un comitato contro, ma un comitato pro.

A mettere insieme cittadini, associazioni, gruppi spontanei, è un obiettivo comune, costruttivo: salvaguardare l’unica grande area verde ancora libera presente in città, tra via Sabato Martelli Castaldi, via dei Piccioni, via Nazario Sauro, via Damiano Chiesa.

Siamo a Cibali, in uno spazio circondato […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/10/08/orti…

#CentroDirezionaleCibali #ComuneDiCatania #OrtiDellaSusanna #Sciara #SoprintendenzaCatania #verdePubblico #verdeUrbano


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scassamento mi bandico, ecco senza cinturino e senza risate


Questa voce fa parte 7 di 7 nella serie Mi Band 9

La notte passata, mentre dormivo, si è avverato quello che negli ultimi giorni presenziava nella mia testa come uno degli incubi più peggiori che sarebbero stati a portata di colpirmi… e quindi palle: si è rotto il cinturino (merdoso, di fabbrica, porca miseria quante schifezze fanno pur di risparmiare) della Mi Band, si è spezzat, e ora insomma sono senza… esattamente come mi successe con la 3 a suo tempo, forse anche con una simile tempistica, quindi questi pezzi di gommacacca non sono minimamente migliorati negli anni. Ovviamente, me ne sono accorta solo quando mi sono svegliata dalla mie infinite eppur finite ore di sonno che non mi bastano, non nel momento preciso, ahah… che da un lato è meglio, perché le bestemmie in piena notte non è il caso, ma dall’altro così mi sono persa l’attimo dello spacc, uffa. 😐
Le due adesso parti dell'orologio, piazzate un po' così sulla mia scrivania; la frattura si nota essere avvenuta proprio alla fine della striscia di buchi, dove aggancio ioAttenzione particolare delle microfratture sulla parte più lunga fratturata della band
Avevo già sringraziato Xiaomi del fatto che con la Band 8 hanno cambiato la forma dei cinturini, quindi con la 9 la mia collezioncina di quelli per la 3 non va bene, e già al tempo sapevo che avrei dovuto fare compere aggiuntive per avere della varietà sfavillante (o quantomeno di base, insomma), ma subito mi seccai e mai comprai, perché non si trovava roba super bella se non a prezzi altini, pure con cinturini non ufficiali (che è il minimo, figuriamoci se do altri soldi a Xiaomi dopo questo tipo di smacco, anche se i cinturuni che loro stessi vendono a parte sono “premium” e non ciofeche). Ormai non ho scelta, però, e se non mi sbrigo a comprare un cinturino rimarrò senza ‘o rilogg, che è grave… 🙀

Rotto per rotto sto coso, a dirla tutta, stasera ho provato a riciclarlo in modo simpatico, cucendo un filo di cotone nella parte di gomma spezzata piccola per farne una collanina; che è in realtà una modalità di indosso suggerita dalla casa cinese maledetta, che vende pure l’accessorio collanina a parte i braccialetti… Peccato che no, missione fallita, è un vero troiaio e probabilmente non va bene nemmeno come ripiego per pochi giorni; è quasi meglio niente. A dire il vero, non neanche è scomodo così, ma ho seri dubbi che riesca a contare i passi e tutto quanto (per non parlare di sonno e frequenza cardiaca che lì, ovviamente, non ci stan versi così)… e poi, le notifiche dei messaggi e le chiamate temo non arrivino, visto che già mi sembra non arrivino sempre quando la band non è indossata, ma attivando la modalità collanina dalle impostazioni (esatto, esiste, mamma mia), che sarebbe idealmente da fare, un avviso dice proprio che le notifiche vengono spente. 🥴
Il risultato collanina sulla mia scrivania, con filo di cotone bianco e abbastanza giogo per togliere e rimettere, filtro fotocamera giallo vecchio caldo boh
Vabbé, coperò a riguardo di questa schifezza finché non mi arriverà (ma, prima di ciò, ordinerò, che è la parte difficile) un cinturino metallico rosa o qualcosa del genere, che si spera possa essere più resistente persino della mia anima — oltre che della Mi Band stessa che, almeno quella, non si sta rompendo a caso, almeno per ora. Al di là di tutto, però, a me piacerebbe sapere come mai questo cinturino si è spaccato, fisicamente… la mia teoria è che, essendo io magrissima, e dovendo quindi tenerlo sempre molto stretto (al massimo o quasi), questo stesse particolarmente in tensione rispetto a come starebbe per altre persone, e quindi ops, tutti i microstress subiti nel tempo avranno fatto accumulare microfratture (e alcune si vedono bene in foto)… e però non capisco come mai una di queste sia poi diventata una macrofrattura mentre dormivo. (Non si può veramente riposare in pace…!) 🤥

#MiBand #MiBand9 #spacc


FINALLYXIMI


Caspita, la serata è stata praticamente girata da ìloc a così, perché oggi è arrivata la Mi Band 9, stasera l’ho ritirata!!! Boia vacca che aggiornamento finalmente avveratosi, quello che dovevo fare da anni (nonostante la Band 9 sia di quest’anno) e per cui c’è voluto per forza lo spacc per la mia tirchiaggine. 🤩️

L’avevo finalmente ordinata con (xiao)mi babbo nel fine settimana, dal sito Sciaomì, che ha un sistema di punti giornalieri particolare che alla fine dei conti ci ha fatto risparmiare circa 6 euro; la Band è venuta attorno ai 31, non male. Purtroppo, non viene coi cinturini fighi che si vedono lì in copertina, quelli li vendono a caro prezzo. 😒️ (Forse uno originale ne prenderò, forse ne prenderò una manciata da AliExpress.)

Nel momento in cui stavo per unboxare però, per qualche motivo ho avuto la sensazione che sarebbe successo qualcosa di buffo, dunque ho pensato che registrare un #video sarebbe stato profittevole. E infatti, ringrazio anche stavolta gli spiriti per avermi guidata nella giusta direzione. Potete osservare la scatola che si taglia e io che strugglo a fare tutto. 😚️

youtu.be/rEUzexuLC6U

Solo una parola per descriverla al meglio: GAMING. Ora la sto provando ancora così, che è chiaro che il meglio sarà nei giorni a venire. Stanotte nel lettino vedremo come misurerà il sonno, domani vedremo come misurerà i miei tremila passi in casa, ma intanto ho già adocchiato le centinaia di watchface disponibili, tra cui quelle coi giochi, che sono… meno di 10. 😭️

Ehh si, forse anche per questo quest’anno non hanno pubblicizzato tanto la cosa come l’anno scorso, perché di watchface interattive carine poi non ne hanno fatte altre. E vorrei tanto sapere se c’è modo di far le mie, visto che questo braccialetto ha l’elusivo “HyperOS”, e non ZeppOS (Ximi friendship with Amazfit ended), ma mi sa che me la devo tener così. 👌️

Se non fossi salty dell’attacco per cinturini nuovo, che mi costringe a dire ciaone alla mia amata collezione vecchia, questo #upgrade ha davvero solo vantaggi… la app companion ufficiale non fa schifo, le sveglie qui hanno un senso, ci sono funzioni non-gaming in più, e lo schermo è bello visibile… GRAZIE #XIAOMI QUESTO MAGNIFICO PEZZO DI HARDWARE!!!!! 🙏️🙏️🙏️

#acquisti #HyperOS #MiBand #MiBand9 #smartband #tech #unboxing #upgrade #video #Xiaomi


Questa voce è stata modificata (3 settimane fa)
in reply to minioctt

È successo anche a me 2 volte, ora uso quello in metallo 😁
in reply to Ribby

@ribby @ribby

Si, fai bene… Io per la band 3 avevo preso i cinturini di stoffa invece, e in realtà alla fine anche stavolta per la 9, li ho ordinati ieri sera, idem di stoffa. Dovrò prendermene uno di metallo per sfizio ma per ora che mi servivano rimpiazzi subito ho evitato perché penso possa non essere il top anche per dormirci


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9 ottobre, milano: il n. 21 de ‘la scuola delle cose’, “il teatro di nanni balestrini con franco brambilla”


Milano, 9 ottobre 2025, ore 18:00,
Fondazione Mudima, Via Tadino 26

presentazione del n. 21 della rivista
‘La scuola delle cose’
– fascicolo dedicato al Teatro di Nanni Balestrini con Franco Brambilla

Intervengono Franco Brambilla e il prof. Carlo Fanelli

In esposizione l’opera di Nada Pivetta
Le terre immerse: sorgente, 2025,
ceramica, 200 x 165 x 4 cm

il teatro di nanni balestrini con franco brambilla
cliccare per ingrandire

FONDAZIONE MUDIMA
Via Tadino 26 – 20124 Milano
t. 02.29409633
info@mudima.net
mudima.net


#Balestrini #CarloFanelli #FrancoBrambilla #NadaPivetta #NanniBalestrini #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #teatro

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Treno Regionale Veloce 4127 con ETR621.015 Rock in transito a Bolgheri (25/04/2024)


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oggi, 7 ottobre, a roma: “libro e intelligenza artificiale”, seminario in presenza alla biblioteca pagliarani


Libro e intelligenza artificiale_ incontro alla Biblioteca Pagliarani_ 7 ottobre 2025
cliccare per ingrandire

incontro in presenza, presso lo Spazio Pagliarani in via Bragadin 122b, Roma
partecipano Elisa Davoglio, Antonio Pavolini, Marco Ricciardi, Gino Roncaglia

presso la Biblioteca Pagliarani, oggi, martedì 7 ottobre 2025, ore 18:00

#AI #AntonioPavolini #BibliotecaPagliarani #ElisaDavoglio #GinoRoncaglia #IA #incontro #intelligenzaArtificiale #MarcoRicciardi #seminario #SpazioPagliarani

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ancora oggi (a roma) e domani (a napoli): michael hardt in italia per “i settanta sovversivi” (deriveapprodi)


Roma, 7 ottobre, ore 18, Esc atelier autogestito, via dei Volsci 159 –
Hardt discute il libro con Chiara Giorgi e Roberto Ciccarelli

#ChiaraGiorgi #DeriveApprodi #Esc #EscAtelierAutogestito #MichaelHardt #RobertoCiccarelli

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[Photo] Le nostre due E464 si sono separate!


Le nostre due E464 si sono separate!
E464.125 & E464.146

Poi riattaccate e lasciate sul tronchino.

Foto del 6 ottobre 2025 a Livorno Centrale

Post originale: treni.creeperiano99.it/tg/1474

treni.creeperiano99.it/2025/10…

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“nascenze: riconfigurazioni”, dal 10 ottobre opere visive di marco ariano al teatro del lido di ostia


NASCENZE: RICONFIGURAZIONI
da venerdì 10 ottobre a domenica 23 novembre • mostra di opere di Marco Ariano
al Teatro del Lido di Ostia
via delle Sirene, 22 _ Ostia (Roma)

nascenze:riconfigurazioni _ mostra di opere di marco ariano al teatro del lido di ostia

ingresso gratuito

Una mostra di appunti e tracce grafiche di Marco Ariano, artista transmediale e percussionista, che intreccia gesto visivo e ricerca sonora in un processo di continua metamorfosi. Segnature deposte ai margini di pratiche performative corpo-suono.

Appunti, prescritture, tracce ai margini, connesse nel transito della risonanza a pratiche sonore e performative. Marco Ariano è percussionista, sperimentatore, artista transmediale, la sua ricerca ha un carattere radicale e compositivo caratterizzato dalla tensione a “divenire altre forme d’esistenza”.

*
Marco Ariano
ha collaborato con molti musicisti e artisti della scena contemporanea, tra cui Elio Martusciello, Alvin Curran, Giancarlo Schiaffini, Blixa Bargeld, Okapi, Simone Pappalardo, Marcello Sambati, Alessandra Cristiani, Pietro D’Agostino, Marco Giovenale. Ha dato vita a eterogenei gruppi di scrittura/improvvisazione come Opera Mutica, Xubuxue, K-Mundi, Index 03. È docente dell’Accademia Nazionale di Danza di Roma. Nel 2022 ha fondato DE-STARE – piattaforma ricerca corpo-suono. Collabora con DA.RE.- dance research di Adriana Borriello.

marcoariano.idra.it

teatriincomune.roma.it/events/…

#art #arte #inaugurazione #MarcoAriano #mostra #nascenzeRiconfigurazioni #opereGrafiche #TeatroDelLidoDiOstia #vernissage

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Ed ecco con le clip dell’ultima diretta di Super Mario Party Jamboree in cui la connessione faceva capricci, tanto da mandare in tilt il gioco del par…


Ed ecco con le clip dell’ultima diretta di Super Mario Party Jamboree in cui la connessione faceva capricci, tanto da mandare in tilt il gioco del partner DK!

Video is too big

Video is too big

Video is too big


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news.creeperiano99.it/2025/10/…

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nuova aggreganza con la goduria integrata: rilascio aggregatore di feed Aggregodo (Aggregoctt v3 ma per bene)


Oggi, considerato lo stato inevitabile dell’assoluto, sono abbastanza sicura che godo… ma, in realtà, un po’ sarà anche da stamattina che godo… per non dire in verità ieri sera tardissimo… Situazione assurda, lo so, ma tutto ciò è per via del fatto che, il nuovissimo software benedettissimo che ho finito or ora (…o ieri sera, appunto, ma sono uscite rognine che ho dovuto sistemare al volo oggi), non si chiama Aggregoctt ennesimo, bensì AGGREGODO!!! E con una premessa così, cazzarola se c’è da goderne pesantemente… 🔥🎆🎇🧨

Alla fine, si: il mio incubo peggiore, ma allo stesso tempo il mio nuovo momento più ricco, si è avverato; ed assurdamente è da una settimana intera che ci sto lavorando… no, non c’è motivo di temere che io abbia acquisito la pericolosa skill della pazienza dal nulla, è solo che ho potuto lavorarci giusto ogni tot a pezzetti, per via delle varie palle personali, ma via avanti così ed alla fine è già uscito fuori circa quello che volevo, che già andrà a sostituire quel ripiego bizzarro che a questo punto è durato due settimane nemmenoma la goduria è appena cominciata. 😈

Chi sempre vuole giusto spiare i miei feed, quindi, adesso può farlo con https://aggregodo.octt.eu.org/, sperando possano essere gradevoli ed evidenti i dettagli bboni… I feed hanno le icone (automatiche, ovviamente), c’è una modalità di lettura integrata (spenta di default per evitare rogne che non sto a spiegare, anche perché è ancora sperimentale e da finire di acconciare; si attiva dal menu), e l’interfaccia è fatta col gradevole bellissimissimo Material Design v1, che fa bella figura su desktop e mobile (…anche se manca la modalità scura, che devo quindi implementare io a breve, mannaggia). Ma queste sono solo le scemenze, tipo… 🙏
Schermata dell'Aggregodo con i miei ultimi post apparsi, vista griglia a sinistra e lista a destra con visible la sidebar dei feed.
Con non poca magia, sono riuscita pure ad implementare un sistema di scraping HTML per generare feed da siti stronzi che non li offrono, maa… non con l’XPath meloso che usano altri aggregatori (non tutti eh, la maggior parte a dire il vero non offrono proprio una mazza), bensì con una sintassi decente e per certi versi più potente… al punto da avermi permesso di creare feed da Facebook e Threads con poche righe di configurazione, e sulla mia istanza infatti già ne seguo qualcuno (e aumenteranno solamente!!!). E, ovviamente, l’aggregatore genera dei suoi feed (Atom) per l’uso con altri lettori, dell’intera libreria o di specifici feed, inclusi questi umma umma… (…Peccato che, al momento, proprio i feed per cui questa cosa più serve appaiono mezzi rotti, perché ho dimenticato delle robe, ma abbiate pazienza e aggiusterò.) 🤯

Non vado troppo nei dettagli tecnici, perché altrimenti lo so che ogni essere umano fa zzzzzzz, ma tanto per tutti i computeristi (e i selfhostisti, semmai ce ne siano) il codice è libero su GitLab e su GitHub… e non è nemmeno spaghettoso! (Inaspettato, visto che ne ho scritto grandi porzioni a stomaco non troppo pieno, quindi mi sarei aspettata che la brama dello gnam potesse prendere più il sopravvento… ma forse in parte è anche grazie al fatto che stavolta ho scelto di usare TypeScript e NodeJS, che giuro, Python di questo passo mi farà venire dei tumori, con tutte le paturnie che mi sta facendo invece subire per Pignio…) 🏗️

Come cose da fare per forza, ce ne sono ancora varie… come ottimizzare la lettura dal database, che al momento su alcune pagine è un troiaio come lentezza… oppure aggiustare la ricerca globale, che ho accidentalmente rotto nel provare a migliorare le prestazioni della pagina principale (e che colmo sarebbe sennò) — ovviamente accorgendomene solo in produzione, e non poco prima durante lo sviluppo (e te pareva che non va sempre così con me!!!) — ma anche implementare tag e/o categorie per i feed (altrimenti, quando ne metterò centinaia saranno dolori), che però attualmente non riesco a decidere come fare… Una cosa è certa, però, almeno: tutte le rogne sono risolvibili, e per ora si deve dunque pensare solo a godere del potere dell’aggregazione acquisito per mezzo dell’Aggregodo… (Ah, e serve pure un logo, mannaggia.) 👻

(Tra l’altro… come si vede, ho implementato 3 viste per gli indici: una griglia di carte, simile al primo Aggregoctt ma più densa, una lista con miniature, che ho copiato spudoratamente dall’RSS-ripiego di cui sopra, ma che ho fatto in modo per me più gradevole, e una che chiamo “a flusso”, che è utile principalmente per i post dei social, che sono corti e da vedere anche senza cliccare… E stavo a proposito di quest’ultima quasi per dire che l’ho copiata accidentalmente dall’RSS-bizzarro, ma a guardare meglio la mia mostra le immagini bene, e invece l’altro le taglia a 16:9, oltre al fatto che la grafica ombreggiata del mio secondo me fa risaltare meglio all’occhio i post… quindi, se non dispiace, con oggi godo veramente infinito.)

#aggregator #aggregatore #Aggregoctt #Aggregodo #Atom #feed #feeds #libre #OpenSource #RSS #webapp #webdev


aggregocttica moria senza soluzioni più spumose (l’Aggregoctt è morto e a fatica trovo alternative)


Settimane fa, o qualcosa del genere, mi era passato di mente il dover segnalare che l’Aggregoctt è fallito. Nel senso, funziona ancoraabbastanza a magia tra l’altro, devo dire, perché è assurdo che non si sia ancora rotto… cioè, in realtà è successo già tipo 2 volte, ma ogni volta ho potuto aggiustarlo senza fare cambiamenti radicali, il che è sorprendente — ma il problema è che, per come l’ho fatto, con questa roba del sito statico che deve compilarsi a partire da infiniti file HTML (ormai credo diverse centinaia di migliaia, al punto che GitHub si rifiuta di indicizzare la repo), prima o poi raggiungerà per forza un tetto pratico… e a quel punto fallirà davvero. 🥴

Certo, potrei implementare la purga periodica di post vecchi, ma io che sono un’accumulatrice seriale mi sentirei proprio male… e poi, questa non è l’unica rogna. Infatti, per giunta, per quanto sia figo che funzioni interamente senza un server di hosting dinamico, aggiornandosi in automatico solo grazie alla CI gratuita di GitHub, un bel problemino che ho visto è che certi feed non si aggiornano lì sopra, perché il sito sfigato di turno sarà stato settato a minchia, con una protezione bot che blocca gli IP non-domestici pure per le richieste del feed… quindi, quella manciata di siti particolari non si aggiorna mai. 💔

Temo allora che la mia paura iniziale, cioè che l’Aggregoctt fatto con Jekyll e uno script Python vibe-codato rischiasse di essere solo un ripiego, si è confermata. In realtà, per chi è a posto con queste limitazioni, il template costruito fino ad ora rimane alquanto valido, e ancora consiglierei di forkarlo a chiunque vorrebbe farsi il proprio sito aggregatore (inserendo i propri URL nel file della lista) senza un server e senza grossi smanettamenti (anche se forse, per evitare che qualcuno si trovi in sorprendenti difficoltà, farei bene ad implementare quella maledetta purga, oltre a maggiori ottimizzazioni per il caricamento dei dati)… però io, avendo il serverino, potrei permettermi di più. 🙄

Problema: non c’è niente di ideale già fatto (altrimenti non avrei certamente speso tempo a creare l’Aggregoctt, avrei direttamente preso quel qualcosa e tanti saluti)… quindi dovrò vedere di fare io qualcosa e bla bla bla, mannaggia al mio tempo che scompare. Però, giusto per non cadere nella più totale disperazione (e in parte anche per assimilare passivamente idee di design simili alle mie ma lievemente diverse, per questo specifico tipo di applicazione), da qualche giorno sto provando un aggregatore trovato cercando nelle liste più improbabili di top aggregatori di feed selfhostabili: RSS. Si, il creatore — che stranamente non è uno scappato di casa, bensì è lo stesso che ha creato BookStack — lo ha veramente chiamato solo “RSS”, con la scusa che è un progetto a bassa manutenzione e creato principalmente per uso personale… vergognoso, ma lasciamo stare. 😕
Schermata del sito, Aggregoctt-v2
Oh, sembrava bellino, e dopo averlo provato devo confermare che effettivamente lo è… ma allo stesso tempo ho percepito una puzza, quindi per ora l’ho messo sul mio classico dominio usa-e-ricicla di ; non si merita (per ora?) un dominio permanente. È simpatico, perché non ha login o permessi, e quindi replica bene la filosofia del primo Aggregoctt per cui il lettore personale funge anche da blogroll (cioè, una cosa del decennio scorso attraverso cui chi segue me può scoprire altre persone da seguire, potendo banalmente vedere una lista di chi seguo io… o, in certi casi non “seguo“, bensì “tengo d’occhio“, lieve differenza), e l’interfaccia è pulita e funzionale. Purtroppo è anche antipatico, visto che per funzionare richiede JavaScript moderno (zio pera, è una maledizione con tutti ‘sti cosi web), e quindi non si può usare sul Kindle (o anche, in generale dispositivi utili da riciclare per leggere, che però hanno browser web antichi); ma non ha neanche la modalità di lettura integrata, quindi comunque su Kindle e compagnia sarebbe un incubo da usare. (Ah e, edit: ho dimenticato di dirlo, la gestione di errori in questo coso è inesistente, e alcuni feed misteriosamente non caricano.) 😴

Vabbè, alla fine il bilancio netto è comunque positivo, perché ora nel mondo esistono tecnicamente ben 2 Aggregoctti, e se non riesco a fare pace con tutto ciò prima o poi ne dovrà uscirà pure un terzo (e speriamo non di più, perché sennò veramente sarebbe la fine… cioè, la tragedia della mancanza di una fine, l’eterno ritorno dell’Aggregoctt)… Il fatto è che, a parte funzionalità improbabili che ora nemmeno vorrei ri-descrivere ma che sarebbe figo implementare, di piccole cose da poter fare per avere un’esperienza davvero epica ce ne sono a bizzeffe… come un’ottimizzazione per i feed dei social in modo che i post si vedano meglio rispetto agli articoli di blog classici, o un’ottimizzazione per i feed di YouTube per cui viene mostrato automaticamente l’embed per i video… ed è tutta roba semplice, ma, avendo il primo Aggregoctt le difficoltà che ho detto, più che spendere tempo a metterle lì farei bene a creare questa v3. (Aiutatemi!!!) 😽

#aggregator #Aggregoctt #feed #RSS


Questa voce è stata modificata (3 settimane fa)
in reply to minioctt

ma quanto scrivi ??? 😆

PS: parlo dei post del feed

Questa voce è stata modificata (3 settimane fa)
in reply to Francesco 🕳️

@francesco ma su sto coso solo 2 sono i miei siti 🤣
quello da cui ho scritto ora questo, e l’altro che cerco nel possibile di non far crollare malamente… tutti gli altri sono siti o profili non miei che semplicemente seguo, attraverso l’aggregatore

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[Photo] Oggi 6 ottobre 2025 invece è capitato un invio a Livorno Centrale di una D445, ovvero la D445.1121 in livrea storica!


Oggi 6 ottobre 2025 invece è capitato un invio a Livorno Centrale di una D445, ovvero la D445.1121 in livrea storica!
Con in testa la E652.114

Post originale: treni.creeperiano99.it/tg/1472

treni.creeperiano99.it/2025/10…

Questa voce è stata modificata (3 settimane fa)


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Sulla parola “genocidio” e sui genocidi linguistici


Di Antonio Zoppetti

Dietro certe parole non c’è la semplice descrizione della realtà, bensì la sua costruzione e la sua interpretazione, che non è mai neutra, è sempre un atto politico. Anche se non è vero che ne uccide più la lingua (o la penna) che la spada, fuor di metafora ci sono parole che possiedono una connotazione e una capacità evocativa dirompenti. “Genocidio”, per esempio, si carica di una valenza così insopportabile da apparire più importante dei crimini e delle atrocità che descrive, dunque, di fronte a quanto sta succedendo a Gaza è in corso un acceso dibattito per stabilire se tanta inumanità possa essere definita “genocidio” o un “semplice” crimine di guerra, un “normale” sterminio ponderato dei civili come tanti altri.

Alcuni personaggi, per esempio Paolo Mieli (“Mi rifiuto di parlare di genocidio”), Italo Bocchino (“bisogna stare attenti a usare la parola genocidio”, “è una parola sbagliata”) e tanti altri dimostrano una certa ossessione nel negare, e reagiscono ogni volta con veemenza, mentre sul fronte opposto genocidio viene di solito sbandierato e messo in risalto in una polemica senza soluzioni davanti alla quale ogni presentatore televisivo tende ormai a evitare di ricorrere a una parola impronunciabile e divisiva, per non aprire “quella porta” e passare ai fatti.

Davanti ai massacri, davanti alla sistematica distruzione di case, ospedali e infrastrutture, davanti alla strategia di ridurre la popolazione alla fame e di provocare una pianificata carestia con tanto di tiro al piccione per uccidere chi è in fila per un tozzo di pane distribuito a singhiozzo e controllato dagli israeliani… la questione ha assunto dunque un’enorme rilevanza.

Genocidio: sì o no? Il tormentone non è né nuovo né meramente linguistico

Colpisce che in questo animato dibattito i linguisti rimangano in disparte, mediamente, e che per esempio tra le consulenze della Crusca che rispondono ai quesiti dei lettori e ragionano sull’appropriatezza delle parole e sul loro uso, non ci sia una presa di posizione in merito, al contrario di ciò che avviene per altre questioni spinose e tutte politiche, prima che linguistiche, dalla legittimazione di certi anglicismi alle prese di posizione ufficiali sulla femminilizzazione delle cariche.

C’è poi un altro fatto che stupisce. Sembra che nessuno si accorga che le polemiche sulla legittimità di un’etichetta infamante come “genocidio” non sia affatto una novità che emerge oggi a proposito di Israele, ma è un tormentone che riaffiora ogni volta che simili crimini si manifestano.

Anche se certi personaggi dalla memoria di un pesce rosso fanno finta di non ricordarselo, basta scorrere gli archivi storici dei giornali per constatarlo: e già ai tempi del massacro dei Tutsi sulle pagine dei giornali si dibatteva sulla questione e uscivano articoli intitolati “Non chiamatelo genocidio” come predicava il democratico Bill Clinton arrampicandosi sui vetri come fanno oggi Mieli, Bocchino e gli altri.

L’unica cosa certa è come andata a finire: oggi questi massacri sono stati riconosciuti ufficialmente dalla Corte internazionale di giustizia come genocidi – con buona pace dei negazionisti – esattamente come sta accadendo con Gaza: la Commissione internazionale indipendente d’inchiesta delle Nazioni Unite ha concluso che Israele ha commesso ben quattro violazioni della Convenzione sul genocidio.

In queste diatribe è però indispensabile fare un distinguo tra l’accezione tecnica, giuridica e in fondo terminologica di “genocidio” e la sua portata in senso lato che circola nella lingua comune, visto che la lingua è metafora. E ripercorrere la storia della parola aiuta a comprendere come stanno veramente le cose.

Genocidio: etimo e significato

“Genocidio” è un concetto proposto dal giurista ebreo polacco Raphael Lemkin, nel 1944, davanti ai crimini del nazismo, ma in seguito dichiarò che l’idea di coniare quella parola nasceva dallo sterminio degli armeni da parte dell’Impero Ottomano avvenuto all’inizio del secolo. In un articolo del 1945 spiegava che gli orrori dell’olocausto erano in fine dei conti l’incarnazione organizzata più eclatante – nelle modalità di attuazione – di qualcosa di più ampio del contesto storico di allora. E precisava:

“Il crimine del Reich nello sterminare volutamente e deliberatamente interi popoli non è del tutto nuovo nel mondo. È nuovo solo nel mondo civilizzato che siamo giunti a concepire (…). È per questo motivo che mi sono preso la libertà d’inventare la parola ‘genocidio’. Questo termine deriva dalla parola greca ghénos, che significa tribù o razza, e dal latino caedo, che significa uccidere. Il genocidio deve tragicamente trovare posto nel dizionario del futuro accanto ad altre parole tragiche come omicidio e infanticidio. Come suggerito da Von Rundstedt, il termine non significa necessariamente uccisione di massa, ma questa può essere una delle sue accezioni. Più spesso, si riferisce a un piano coordinato volto alla distruzione delle fondamenta essenziali della vita dei gruppi nazionali, affinché tali gruppi avvizziscano e muoiano come piante colpite dalla ruggine.”

Il genocidio nel diritto internazionale

La parola è stata così accolta e ripresa nel 1946 durante il processo di Norimberga contro i crimini del nazismo e due anni dopo l’Onu ha dichiarato il genocidio un reato. Anche se per condannare qualcuno per un crimine è necessario avere parametri oggettivi con cui valutarlo, la definizione giuridica di genocidio dell’Onu del 1948 si presta comunque a diverse interpretazioni, dunque il riconoscimento ufficiale del genocidio è avvenuto per esempio nel caso dello sterminio degli Armeni o, in tempi più recenti, nei massacri etnici avvenuti in Ruanda negli anni Novanta. Ma non tutti sono concordi nel riconoscere certe sentenze, e ancora oggi la Turchia nega il genocidio armeno, non solo per motivi etici e di immagine, ma soprattutto perché sotto la questione legale si celano enormi interessi economici, a partire dalla restituzione dei beni espropriati agli armeni che rappresenta una voce enorme per l’economia turca.

I risvolti economici, per Israele, sono anche maggiori. C’è il disegno di radere al suolo Gaza per ricostruirla come un lussuoso villaggio turistico che prevede una sorta di sostituzione etnica con incentivi (ti pago e te ne vai via dalla tua terra). C’è l’appropriazione di terre ricchissime di risorse da sfruttare e c’è anche la questione dei territori occupati illegalmente nella Cisgiordania. Trasformare il genocidio in una semplice guerra che basta vincere in qualche modo (anche se gli israeliani non hanno alcun esercito contro cui combattere, e a parte qualche sporadica incursione di Hamas stanno operando contro i civili e le loro abitazioni) è fondamentale per questo progetto. Ed è poi essenziale anche dal punto di vista del diritto internazionale, sia per evitare l’arresto di Netanyau per il suo crimine (ma il problema non è solo Netanyau, c’è un intero sistema che lo sostiene) sia per non coinvolgere l’Occidente suo alleato – Europa e Italia inclusi – che invece di applicare sanzioni come nel caso di Putin, si limita a condannarlo a parole – come un “camerata che sbaglia” si potrebbe parafrasare provocatoriamente – e con cui non si smette di fare affari soprattutto nella compravendita di armamenti.

Mentre su piano giuridico e in un certo senso terminologico saranno la storia e le sentenze a decretare se tutto ciò sia o meno genocidio, se si passa alla lingua comune le cose sono più semplici, ed è più difficile negare.

Il genocidio nella lingua comune

Sono stati effettuati vari sondaggi in cui si chiedeva agli italiani – dunque al popolo e alle masse – se consideravano genocidio il massacro dei palestinesi, e per la maggioranza la risposta è stata sì, una convinzione che aumenta di giorno in giorno davanti ai fatti sotto gli occhi di tutti. Visto che certi linguisti e lessicografi che si pongono come “descrittivisti” si riempiono la bocca di sciocchezze per cui la lingua arriverebbe dal basso, seguendo il loro criterio si dovrebbe affermare che Israele si sta macchiando di genocidio, se è l’uso che fa la lingua. Ma si sa che questa presunta “democrazia linguistica” viene invocata solo quando fa comodo; in altri casi si cambia casacca e si può sempre dire, come fanno i negazionisti, che la gente non sa che cosa significhi questa parola, dunque parla a vanvera e non fa testo.

Se però si analizza la letteratura alla ricerca dell’uso della parola genocidio fuor da Gaza, le cose cambiano. Questo vocabolo è frequente per descrivere per esempio lo sterminio dei Catari e degli Albigesi agli inizi del Duecento attraverso una campagna militare durata vent’anni orchestrata dal Re di Francia e da papa Innocenzo III che li aveva bollati come eretici. Si ritrova nel caso del genocidio dei nativi americani, numericamente più consistente di quello dell’olocausto. In questo caso lo sterminio delle popolazioni non è avvenuto solo intenzionalmente attraverso i massacri e il confinamento dei nativi nelle “riserve” che di anno in anno si rimpicciolivano fino a soffocarli. Il numero maggiore di morti è stato causato involontariamente attraverso le malattie che gli europei hanno portato, e che risultavano mortali in quelle popolazioni senza anticorpi davanti alle nostre epidemie. Eppure nessuno si sogna, in casi del genere, di mettere in discussione la parola, nessuno è interessato a cavillare per concludere che quello dei nativi americani o dei catari non era proprio un genocidio ma qualcos’altro. Perché fuori dai tecnicismi giuridici che tagliano fuori i non addetti ai lavori “incompetenti” la parola genocidio coniata da Lemkin è entrata nella lingua comune e nei vocabolari – come da lui auspicato – per esprimere un concetto intuitivo e macroscopico che non ha alcun bisogno di basarsi sulle definizioni giuridiche (peraltro controverse).

Genocidi culturali e linguistici

Ogni genocidio non comporta solo il tentativo di cancellare gli individui di una popolazione, ma coinvolge inevitabilmente la loro stessa cultura e dunque spesso anche la loro lingua. Il genocidio di Albigesi e Catari protetti dai signori della Provenza, per esempio, ha determinato anche la fine della poesia provenzale nella lingua d’oc. Questi poeti sono fuggiti in una diaspora che li ha portati in Spagna, in Italia e altrove, mentre l’annessione del territorio alla Francia ha introdotto ufficialmente l’antico francese – la lingua d’oïl – anche lì.

Uno dei primi a utilizzate la parola in senso lato e a legarla alle questioni linguistiche parlando esplicitamente di “genocidio culturale” o “linguistico”, è stato Pasolini, che negli anni Sessanta, davanti alla compiuta unificazione dell’italiano, notava che il prezzo era un certo “genocidio culturale, dove tutti parlano e consumano allo stesso modo, un genocidio che coinvolge anche i dialetti che vengono rinnegati e ridotti a ‘codici residuali’ marginali”. E su questo uso metaforico di genocidio era tornato anche nel 1974 nell’ultimo suo intervento pubblico prima di venire assassinato. Ma il riferimento al genocidio linguistico si trova in tantissimi autori, soprattutto a proposito dell’estinzione delle lingue in Africa – denunciata con preoccupazione anche dall’Unesco – e il linguista tunisino Claude Hagège rilevava come la distruzione delle culture può avvenire attraverso un genocidio fisico ma anche in altre forme che non prevedono il massacro di una popolazione. Tra i fattori determinanti di questo enorme genocidio linguistico riconosceva all’espansione dell’inglese globale un “ruolo di primo piano” (Morte e rinascita delle lingue. Diversità linguistica come patrimonio dell’umanità, Feltrinelli, Milano 2002, p. 99). Ma anche la ricercatrice finlandese Tove Skutnabb-Kangas tacciava l’Occidente di “linguicismo”: come il razzismo e l’etnicismo discriminano sulla base delle differenze biologiche oppure etnico-culturali, il linguicismo discrimina in base alla lingua madre e determina giudizi sulla competenza o non competenza dei cittadini nelle lingue ufficiali o internazionali, mentre il monolinguismo a base inglese era per lei un “cancro” a cui andrebbe contrapposto il riconoscimento dei diritti linguistici e del pluralismo, se non vogliamo essere complici del genocidio linguistico e culturale nel mondo (“I diritti umani e le ingiustizie linguistiche. Un futuro per la diversità? Teorie, esperienze e strumenti”, in Come si e ristretto il mondo, a cura di Francesco Susi, Amando Editore, Roma 1999, p. 99).

Un effetto collaterale del genocidio palestinese è proprio quello di consolidare e di allargare l’espansione dell’inglese globale, che nessuno in questo momento denuncia, di certo perché ci sono da denunciare cose ben più gravi, ma anche perché in Italia (e non solo da noi) non c’è alcuna sensibilità sulla questione. Quale lingua si parlerà in una futura Gaza ricostruita e concepita come un resort da cui i palestinesi sembrano esclusi? Perché sulla stampa la città di Gaza è diventata Gaza city? Perché c’è chi preferisce parlare di West Bank invece che di Cisgiordania? Come mai sui giornali italiani ricorre solo la sigla Idf (cioè Israel Defense Forces pronunciato in tv all’inglese “AI-DI-EF”) mentre su quelli francesi e spagnoli si usa prevalentemente la propria lingua e si parla della difesa israeliana senza ricorrere all’inglese?

Mentre si consumano le baruffe sull’opportunità di parlare di genocidio palestinese, davanti al genocidio culturale e linguistico provocato dal globalese in tutto il mondo non c’è alcuna preoccupazione. Eppure, se dietro certe parole non c’è la semplice descrizione della realtà, bensì la sua costruzione e la sua interpretazione, anche le scelte lessicali che si appoggiano all’inglese non sono neutrali. Sono anche queste un atto politico e non dovremmo dimenticarcene: l’inglese è la lingua di classe dei popoli dominanti che la stanno imponendo a quelli sottomessi, anche se su questo caso nessuno sembra intenzionato a fare la resistenza. Nemmeno i cosiddetti “propal” che nelle piazze gridano “fri palestàin” come se l’inglese (di Trump e di Netanyau) fosse la lingua di tutti. Invece, per non essere complici dell’attuale genocidio linguistico farebbero meglio a gridare “Palestina libera” in tutte le lingue del mondo.

#colonialismoLinguistico #globalese #globalizzazioneLinguistica #globish #interferenzaLinguistica #linguaItaliana


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11 ottobre, roma: magdalo mussio @ bianco contemporaneo: “il segno dell’essere sulla traccia del tempo”

Il segno dell’essere sulla traccia del tempo
di
Magdalo Mussio


presso la galleria BIANCO CONTEMPORANEO

introduzione al testo di Loredana Finicelli e testo critico di Paola Ballesi

Vernissage 11 ottobre 2025, ore 17:30

la mostra prosegue fino all’ 8 novembre – dal martedì al sabato 16:30 – 19:30
Via Reno 18/a Roma


mostra
cliccare per ingrandire

In mostra una serie di 15 opere dell’artista scomparso nel 2006, che mostrano l’ultima fase della sua ricerca: il periodo nel quale egli sembra trovare tenui indizi di alle sue indagini di una vita. Un’ esistenza finalizzata alla comprensione dell’Umano, utilizzando il segno grafico, sia sotto forma di scrittura che di immagine, come medium privilegiato di ricerca.

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Evento facebook: facebook.com/events/4180873065…

#art #arte #asemic #asemicWriting #BiancoContemporaneo #LoredanaFinicelli #MagdaloMussio #materialiVerbovisivi #PaolaBallesi #scritturaAsemica

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Astronomy for equity and the power of inspiration

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Travel with us to southern California, where we chat with Mike Simmons about Astronomy for Equity projects and the current state of science in the US

#astronomy #equity #MikeSimmons #outreach


Astronomia per l’equità: il potere dell’ispirazione

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Viaggia con noi nel sud della California per chiacchierare con Mike Simmons sui progetti di Astronomy for Equity e sullo stato attuale della scienza negli Stati Uniti.

#astronomia #divulgazione #equità #MikeSimmons

Mike Simmons Universo Mondo Evidenza


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9 ottobre, roma, sic12 artstudio: “costellazioni infinite”, di christine jean – capitolo ii
SIC 12 artstudio


via Francesco Negri, 65 – Roma

è lieta di invitare la S.V. all’inaugurazione di:

Christine Jean
COSTELLAZIONI INFINITE

capitolo II
Giovedì 9 ottobre – dalle ore 17:30
sic12.org/about-5

Christine Jean_ Orizzonte di cristallo, 2025
Jean, “Orizzonte di cristallo” (dettaglio, 2025; inchiostro di china su carta, 90 x 380 cm)

In continuità con la prima mostra tenutasi nel giugno 2025, Christine Jean (Sainte Adresse, Francia, 1957), presenta il secondo episodio di Costellazioni infinite. Questo nuovo capitolo nasce dalle sue esplorazioni durante la residenza Pietre, muri, texture del tempo, sviluppata tra Roma e Parigi. Quest’estate, Christine Jean ha creato una serie di grandi disegni a inchiostro dal titolo La vita sognata degli astri. Per queste opere ha utilizzato frammenti di vetro infranto come matrici. L’aspetto cristallino e minerale di quelle schegge le ha ricordato gli assemblaggi di marmo e alabastro scoperti nella basilica di San Paolo fuori le Mura.

L’artista ha arricchito questa serie con le impronte raccolte a Roma: sui muri di Porta San Paolo, lungo le mura esterne del cimitero acattolico e sulle antiche Mura Aureliane.

In questa nuova mostra le opere di Christine Jean dialogano con alcune opere della collezione di art brut e di arte contemporanea di Gustavo Giacosa e Fausto Ferraiuolo.


Evento speciale:
11 ottobre alle 18:00
Strage fruit, performance collettiva ispirata ai quaderni di lavoro di Christine Jean. Con Fausto Ferraiuolo al pianoforte

La mostra, patrocinata dal VIII Municipio di Roma, sarà visitabile su prenotazione fino al 9 novembre 2025

Christine Jean

#alabastro #art #arte #ChristineJean #CostellazioniInfinite #FaustoFerraiuolo #GustavoGiacosa #marmo #PietreMuriTextureDelTempo

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emitted

60950

Emitted omissions ~


The present collection forms an anthology of six works, a selection of filecasts taken from our ongoing web presence. Each work here reaches its ultimate form as a 24-bit 48k remaster or remix, and also finds its place within a new sequence of thematically connected works. Using everything from whispering radio static and gently lapping waves to undulating feedback and spiraling harmonic pulsations, these works fit into a sequence that for some might express the desolation of our digitally isolated lives, for others a sonic journey soaked in the characterizing ambiences of our times.

album, 6 tracks: /60950/emitted-omissions

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phase

60943

Phase invert


Birds are flying overhead.
Here they have always flown overhead.
If time is a straight line then it is also a spiral. Events that abut one another, either along or across this coil, may up and knock upon the doors of our attention and beg to be compared. This resonance may explain why some memories, and present impressions, are more solid and real than others.

mp3, 8 minutes: /60943/phase-invert

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memory

60901

Memory leak


I ask you, how many tellings, after a pause, begin again with: ‘…and then I remembered…’ ? Now tell me, how many tellings by people simply sharing with each other their everyday happenings, re-begin with: ‘…and now I remember having remembered…’ ? Darosvali Rorosuret

mp3, 4 minutes: /60901/memory-leak

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Ranger Magazine #12 is now live


Ranger Press, an ‘avant garde micro-press specializing in showcasing the best visual and concrete poetry, as well as all hybrid and uncategorizable genres (text + visual),’ has included the tracklist of the album Scattered places in broken time in their current issue.

Ranger Magazine #12

A print issue should be out before the end of the year.

#12 #DarosvaliRorosuret #emittedOmissions #experimentalMusic #memoryLeak #music #nulaCc #phaseInvert #RangerMagazine #RangerPress #sound #Soundscapes

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Archeologia nel territorio di Enna, un volume collettivo per raccontarla


Un volume monografico della rivista ArcheoLogica Data (n.5.1 -2025), curato dall’archeologa Francesca Valbruzzi, raccoglie i contributi sugli esiti scientifici delle principali attività di ricerca archeologica condotte nell’ultimo decennio nel territorio ennese.

Ve lo segnaliamo (lo potete trovare a questo link) perché testimonia l’importanza delle ricerche archeologiche nella […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/10/06/arch…

#archeologia #Enna #FrancescaValbruzzi

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