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Hold onto Palestine: Reimagining Anthropology at a Time of Genocide

Society of Palestinian Anthropologists, Insaniyyat’s 4th Biennial Conference (Online)
12-15 September 2024

View the Conference Agenda, Abstracts – Panels and register, here
buff.ly/3SAUftR
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slowforward.net/2024/09/08/hol…

#anthropology #conference #genocide #InsaniyyatSBiennialConference #Palestine #SocietyOfPalestinianAnthropologists


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Oggi ho passato il pomeriggio seduto su una tribuna del Misano World Circuit Marco Simoncelli. Era la prima volta che assiste o dal vivo a una gara motorisica ed è stato affascinante.

Il programma della giornata era fitto, quindi ho visto parecchia azione sulla pista. La cosa più incredibile è il rumore. O, meglio: la somma dei rumori. Sì perché una moto da sola è rumorosa, chiaramente, ma un gruppo di moto fanno un casino bestiale e il riverbero di rimbalzo sul tetto delle tribune e sulle tribune stesse crea un’onda di rumore cacofonico che rimbomba potente nella cassa toracica.

video.wordpress.com/embed/D1x2…

Questa è la qualifica della Moto3. Dal video non rende, il rumore era forte ma grossomodo sopportabile.

video.wordpress.com/embed/2i3T…

Con le qualifiche della Moto2 il suono aumenta, ma i tappi ancora facevano effetto.

video.wordpress.com/embed/bKU8…

Con la gara sprint della MotoGP il livello del rumore era quasi insopportabile, anche coi tappi era davvero davvero alto. E un sacco di gente (anche bimbi piccoli) era sugli spalti senza alcuna protezione auricolare. Boh, probabilmente già non ci sentono più.

video.wordpress.com/embed/MpEE…

Infine è arrivata la gara di MotoE a dare un po’ di sollievo alle orecchie. Quasi silenziose, solo un lieve sibilo mentre sfilavano sul curvone.

Nel complesso un pomeriggio divertente che è passato tutto sommato in fretta. Fortunatamente c’è stata un po’ di varietà di suoni, velocità e livree. Mi chiedo come facciano i tifosi di Formula 1 a resistere per più di un’ora e mezza a un Gran Premio.

mannivu.wordpress.com/2024/09/…

#blog #Moto2 #Moto3 #MotoE #MotoGP #sport

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Comunicato stampa del Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati – Giga
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Pubblichiamo il comunicato stampa Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati sul modello di formazione dei nuovi decenti

codice-rosso.net/comunicato-st…


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«A Torino i meridionali come dirigenti Fiat non esistono, qualche romano al massimo come Romiti o Mattioli. Milano è più accogliente», scrisse una volta Giorgio Bocca <672. E in effetti nella capitale morale sono stati molti i meridionali a trovarsi in posti di rilievo, sin dagli anni della semina mafiosa di Adonis: Enrico Cuccia, romano di origini siciliane, fu a capo della Montedison, creata per lui da Raffaele Mattioli, patron abruzzese della COMIT, mentre la Borsa era dominata dal siciliano Michelangelo Virgillito, originario di Paternò, il quale aveva scalzato i grandi borsari milanesi degli anni ’50, gli industriali Giulio Brusadelli e Giulio Riva (padre del bancarottiere ed ex-patron del Milan Felice).
Di Cuccia si è già parlato, sottolineandone il ruolo decisivo nella scalata alla Montedison di Eugenio Cefis, campione della borghesia di Stato, che impresse un primo decisivo colpo alla tradizionale egemonia ambrosiana nell’economia nazionale. Come vedremo, però, il grande regista di Mediobanca fu decisivo anche nella carriera di Salvatore Ligresti, tanto nell’ascesa che nella ripresa dopo la rovinosa caduta degli anni ’90: con l’immobiliarista di Paternò Cuccia sviluppò da subito un’affinità elettiva particolare, probabilmente per via della sua sicilianità, come confessò lo stesso Ligresti anni dopo; affinità che non ebbe con un altro siciliano, Sindona, i cui progetti di egemonia contrastò al prezzo di imporre Cefis alla Montedison. Cuccia ebbe quindi un ruolo nel promuovere e nel rendere egemoni nel campo economico quegli imprenditori espressione del nuovo spirito speculativo che si impose in città a partire dagli anni ’80, che poi diedero vita a diversi «ecosistemi parassitici» e «formazioni predatorie». Non era cresciuto in Sicilia, ma doveva aver ben assimilato determinati schemi cognitivi e comportamentali se alla domanda del perché avesse taciuto sul proposito di Sindona di eliminare l’Avvocato Ambrosoli rispose «il silenzio è la difesa migliore» <673.
A Michelangelo Virgillito è legato invece il primo grande ciclo negativo della storia di Piazza Affari, per via del crack del suo impero negli anni ’60. A conferma del peso decisivo dei siciliani nella finanza meneghina, dopo di lui il secondo grande ciclo negativo degli anni ’70 è legato al crack Sindona, mentre il terzo degli anni ’80 fu determinato da un milanese doc come Roberto Calvi, in affari però tanto con Sindona che con altri siciliani, mafiosi e piduisti. Nel secondo dopoguerra, insomma, due cicli negativi della Borsa su tre dipesero dalla spregiudicatezza negli affari di due siciliani <674.

[NOTE]672 BOCCA, G. (1993). Metropolis. Milano nella tempesta italiana, Milano, Mondadori. Per un efficace e sintetica ricostruzione storica dell’atteggiamento dei milanesi e dei torinesi verso l’immigrazione dal sud, si veda FOOT, J. (2010). “Razzismo e Italia. Migrazioni interne, migrazioni dall’estero, storia e memoria”, in Contemporanea, gennaio 2010, Vol. 13, No. 1, pp. 143-150.
673 Citato in STAJANO, C. (1991). Un eroe borghese, Torino, Einaudi, p. 209. Alla morte di Cuccia, il suo legale, l’Avvocato Alberto Crespi, riferì in un’intervista sul Corriere del 30 giugno 2000 di essere stato inviato dal suo cliente nel 1979 dai magistrati Ovidio Urbisci e Guido Viola per avvertirli del pericolo che correva Ambrosoli; il patron di Mediobanca avrebbe mentito in Corte d’Assise nel 1985 per proteggere i suoi figli, già minacciati di morte, consapevole in cuor suo di aver fatto il suo dovere di “cittadino”. Tuttavia, ciò non cambia il tenore delle sue dichiarazioni sul silenzio come miglior arma di difesa, rispetto alle minacce di morte ricevute da Sindona e i suoi sodali mafiosi.
674 Cit. Giuseppe Turani, Ligresti, maestro del basso profilo, la Repubblica, 26 gennaio 1986.
Pierpaolo Farina, Le affinità elettive. Il rapporto tra mafia e capitalismo in Lombardia, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno Accademico 2019-2020

collasgarba.wordpress.com/2024…

#EnricoCuccia #EugenioCefis #finanza #MichelangeloVirgillito #MicheleSindona #milano #Montedison #PierpaoloFarina


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Copertina de "Il minimarket della signora Yeom"

Sapete quando si dice «Non giudicare il libro dalla copertina»? Ecco, in questo caso io non ho seguito questo vecchio adagio e, quando ho scoperto la copertina di questo romanzo in libreria, mi ha subito incuriosito. Premessa: ero a Roma e il clima torrido della città ci aveva portato a stare più tempo del previsto chiusi al fresco della nostra camera in hotel, quindi avevo finito con largo anticipo l’unico libro che mi ero portato in vacanza. Mio malgrado avevo lasciato a casa il mio Kindle, ma per fortuna a due passi dall’albergo c’era un negozio del Libraccio. Sono entrato cercando qualche romanzo che è presente nella mia lista dei “Da leggere” da un po’, ma non trovavo nulla. Poi un po’ per caso ho notato questa copertina e mi ha subito conquistato.

Il romanzo è piuttosto leggero, uno slice of life di diverse persone che in un modo o nell’altro si trovano a gravitare intorno a un minimarket di Seoul. In ogni capitolo viene narrata la storia seguendo uno dei personaggi e la storia sottostante viene svelata un po’ alla volta. Giunti alla fine la storia si completa, ma la narrazione semplice e intima ti fa legare così tanto ai personaggi che lascia quell’amaro in bocca nel non sapere cosa accadrà una volta conclusa la vicenda. Penso sia una delle poche volte che finire un libro mi ha lasciato una sensazione di dispiacere nel non sapere cos’altro succederà nella loro “vita”.

Il minimarket della signora Yeom è comunque un romanzo che mi sento di consigliare, per quanto non sarà mai considerato un capolavoro della letteratura, ma è una bella lettura. Soprattutto, se non siete avvezzə alla cultura sudcoreana è impossibile non notare quanto gli atteggiamenti dei personaggi siano strani agli occhi di un occidentale.

PS: la mia edizione è in qualche modo speciale visto che è autografata dall’autore.
Foto del frontespizio del libro autografato dall'autore.
mannivu.wordpress.com/2024/09/…

#libri #recensioni



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L’occultazione di Saturno del 21 agosto 2024

edu.inaf.it/astrofoto/locculta…

Una galleria di scatti dedicati all’occultazione di Saturno da parte della Luna avvenuta a fine agosto

#Luna #Saturno


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A Napoli, venerdì 6 e sabato 7 settembre 2024, dalle 10 alle 18,
alla Galleria Toledo Teatro stabile d’innovazione
Via Concezione a Montecalvario 34

ESISTE LA RICERCA


direzioni distribuzioni fantasmi

Esiste la ricerca nasce a Roma nel giugno 2022 presso lo Studio Campo Boario, dell’artista Alberto D’Amico, e si articola come sequenza di incontri che chiama a raccolta molte voci delle scritture sperimentali sorte negli ultimi vent’anni, insieme a critici, studiosi, editori, artisti, musicisti e altri sodali. Dopo un altrettanto affollato e proficuo secondo evento a marzo 2023 presso lo spazio milanese La Cavallerizza, nel Teatro Litta, diretto da Antonio Syxty, e un’ulteriore tripla data a settembre 2023 nel foyer dello stesso teatro, quest’anno l’occasione di confronto viene offerta a Napoli dalla Galleria Toledo, di Laura Angiulli.

In sé l’iniziativa nasceva (e ancora prende spunto) dal desiderio di offrire uno spazio pubblico alla discussione sulle intenzioni, i valori, le relazioni e i contesti operativi delle nuove generazioni della scrittura e della critica di ricerca.

Anche a Napoli, come nelle precedenti occasioni, l’incontro consisterà in un libero estemporaneo scambio di idee e costruzione di ipotesi, senza microfoni, senza registratori o videocamere, e senza gerarchie, a partire da alcuni quesiti fondamentali: un dialogo aperto e orizzontale in cui potranno prendere la parola sia le persone invitate sia il pubblico.

I quesiti – o meglio le questioni di fondo – i temi – che a settembre si metteranno in gioco saranno principalmente due:

> le direzioni e prassi, le “poetiche”, della ricerca letteraria (insieme alle “difficoltà” delle poetiche in generale, nel contesto contemporaneo dato); e

> la distribuzione dei materiali testuali e artistici e l’editoria indipendente; con uno sguardo all’ipotesi dell’autoproduzione (che è una pratica con una storia anche politica importante, in qualche modo rinnovata soprattutto nell’ultimo quarto di secolo dall’esistenza stessa di internet). Questo secondo tema sarà arricchito dalla presenza di editori e collane che esporranno le opere da loro pubblicate.

L’iniziativa si avvarrà poi, a dialoghi conclusi, nei giorni e mesi successivi, di riflessioni audio (daccapo non pre-organizzate, non pre-scritte) su quanto detto e udito a Napoli, ospitate via via dal blog Esiste la ricerca (mtmteatro.it/progetti/esiste-la-ricerca/), nato a fine 2023 grazie al sito di Manifatture Teatrali Milanesi / Teatro Litta.


GALLERIA TOLEDO
Teatro stabile d’innovazione
Via Concezione a Montecalvario 34

METRO LINEA 1 – Fermata Toledo / uscita Montecalvario
CONVENZIONATA CON SUPERGARAGE
Via Shelley, 11 – 80100 Napoli

si ringrazia Laura Angiulli per l’ospitalità e la collaborazione

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slowforward.net/2024/09/06/ogg…

#000000 #0000ff #confronti #distribuzione #editoria #ELR #EsisteLaRicerca #ff0000 #GalleriaToledo #LauraAngiulli #poetiche #scritturaComplessa #scritturaDiRicerca #scritturaSperimentale #scrittureComplesse #scrittureDiRicerca #scrittureSperimentali #sperimentazioneLetteraria #sperimentazioniLetterarie #TeatroGalleriaToledo


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La Giunta Trantino e la politica dell’apparire


Pubblichiamo oggi un’analisi proposta da Officina Democratica, circolo tematico del PD che, insieme al candidato sindaco, oggi consigliere comunale, Maurizio Caserta, sta lavorando per generare idee, proposte, azioni politiche relative ai problemi della città. Ne è portavoce la giovane avvocata Giulia De Iorio.

CATANIA E IL SUO PRESENTE

Riflessioni […]

Leggi il resto: argocatania.it/2024/09/06/la-g…

#EnricoTrantino #GiuntaTrantino #MaurizioCaserta #OfficinaDemocratica #PD

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The Agony Ass: no homophobia during 1980s?


“During 1980s we enjoyed more freedom because homophobia didn't exist.” Agony Ass debunks one of the biggest lies shared on social media. It's nothing new Let's be clear right away: we are not talking about some secret because it's been debunked several t

“During 1980s we enjoyed more freedom because homophobia didn’t exist.” Agony Ass debunks one of the biggest lies shared on social media.


It’s nothing new


Let’s be clear right away: we are not talking about some secret because it’s been debunked several times on the Internet, we rather want to share our perspective as we lived HIV and AIDS fear while we were kids and teens, our most vulnerable age.

Gisella’s opinion


We try our best to translate a message frequently shared in Facebook pages dedicated mostly to 1970s and 1980s memories.

YOU’RE THE ONES WHO STARTED PUTTING UP FENCES:

Our generation was tolerant. And we didn’t even know it.

You invented gender fluid and, as a result, homophobia.

I’m from the generation that listened to and loved David Bowie and Lou Reed, and we never questioned their sexual preferences. We didn’t care; in fact, good for them, and in some cases, bless them. Elton John, Freddie Mercury, George Michael.

We’re also the generation that loved Led Zeppelin, Deep Purple, Neil Young, the Eagles… Without questioning lyrics that would be considered sexist today.

When Boy George came along, we didn’t wonder if he liked guys, girls, or both. We simply enjoyed his music. And when Jimmy Somerville shared his story about a small town boy, we were moved and sang along with him. There were no laws forcing us to be supportive or even involved.

There were no threatening committees or watchful guardians to censor us if we slipped up with a joke.

There was Alyson Moyet, who was definitely plus-sized back then, but she was beautiful and incredibly talented, and no one thought she was worth less than a Claudia Schiffer… in fact, quite the opposite.

I’d like to understand what happened in the meantime, because all these censors end up causing exactly what they’re trying to censor.

In my opinion, we were so much more progressive without all the rules, because rules, as we know, often have the opposite effect.


Different versions of this post exist, quoting other artists as well, but stereotypes are the same: “our generation was better than yours.”

Now, aside from the whole “who the fuck is Gisella?” question, what really grinds our gears is the sheer arrogance of anyone who would spread such a message around the world. It’s like they’re saying, “Your asking for respect is annoying, so just shut up and deal with it. If we’ve become homophobic, it’s totally your fault.” It’s the same as saying, “You deserved that violence, you were asking for it with that outfit!”

The Agony Ass: homophobia didn’t exist


In 1984 Queen’s iconic music video for “I Want to Break Free” was censored in the United States because the band members were dressed in drag. Despite being a playful nod to a British soap opera, the video was deemed inappropriate by conservative American audiences, leading Queen to avoid further events in the country.

The so-called 1980s “great tolerance” has been evident when the first cases of AIDS, initially labeled the “gay plague” or “gay cancer,” emerged in New York and Los Angeles. At a 1982 White House press conference, a reporter brought up the AIDS crisis, questioning President Reagan’s silence about a potential global health crisis. All participants erupted in laughter, although six hundred people had already lost their lives.

U.S. media and government chose to ignore the AIDS crisis, likely because it primarily affected a marginalized group they were comfortable neglecting. However, according to the self-proclaimed expert Gisella, the 1980s generation was incredibly tolerant.

Aaron James McKinney and Russell Henderson, two self-proclaimed “decent people,” were raised in this same generation. In 1998 they have brutally attacked 21-years-old Matthew Shepard who was left to his destiny, tied to a fence and bleeding to death. These so-called “model males” were only brought to justice when police caught them after another assault and found Shepard’s belongings in their vehicle.

Matthew became a victim, a symbol against homophobia. But the American media, who pride themselves on being tolerant, tore him apart because he was HIV positive. This story reminds us how LGBT+ people were treated in 1980s, 1990s and earlier, being bullied and assaulted was ordinary life.

Points of view


To better understand the thinking behind certain messages, let’s try to see things from the writer’s perspective. Starting in 1968, we saw sexual liberation and feminist movements but then drugs and AIDS came along and messed everything up.

Our parents were just teenagers or young adults when they fought for a world without sexual taboos. It’s hard for us to imagine how they felt raising us while so many young people were dying by AIDS or heroin overdose. It simply didn’t make sense at all.

Just as awareness towards women and the LGBTQ+ community was growing, deaths from overdoses and AIDS provided a good chance for those politicians and reporters who had always opposed progress. It’s no wonder that some people might have thought, “I was wrong. We’d better give up sexual freedom. Homosexuals are trouble.”

Them being vulnerable as parents, us being vulnerable as kids, we all were perfect targets for panic-based campaigns.

Survivor bias


“Survivor bias” is when, given a particular circumstance, statistics are based on success but do not count fail.

Let’s give an example. “HIV? It’s not that bad after all, just one pill a day and frequent blood tests, then it’s all set.” Or when talking about covid “forget it, just a mild flu”. Or “I rode a motorcycle without helmet, I drove a car without seat belts, and nothing happened.” Lucky people who can talk about it, because the most unlucky definitely can’t.

“When I was younger homophobia didn’t exist” is also part of this logical fallacy: if you are used to defining homosexuality with rude words, those terms will be ordinary for you and you hardly understand why people are now required to be more polite.

“Gays didn’t feel offended, now what has changed?” Trivially, “in your good old days” if you were homosexual you had to keep it secret because you could at the least lose your job.

“Whe didn’t care at all,” the message says; ”we listened to their music and we all sang along.”

Let’s quote a friend’s blog discussing the same topic:

An “ambiguous” outfit was a sort of code for Boy George, David Bowie or other iconic artists but no one apparently complained because it was part of the show, they were characters, exceptions to the rule.

Someone even created this joke: “if you have money you are called gay, but if you’re poor they call you miserable faggot.”

Well, if you were among miserable faggots your life wasn’t as good as Elton John’s: you were bullied, persecuted, marginalized and mistreated.

How do I know it? I have lived those years, I witnessed all this and did nothing BECAUSE IT WAS CONSIDERED ORDINARY.


Hearing our parents and their peers defending homophobia is very painful for us after having experienced discrimination directly, but thankfully we have realized that those behaviours are not “normal” at all and we do our best to improve ourselves and educate people around us.

Good old days?


We are not despising our past youth, we simply feel uneasy learning that commercial social networks, Facebook in particular, give high priority to nonsense rather than political contents and activism.

The story about homophobia-free 1980s is yet another manipulation enacted by marketing and politics: Facebook suggests that we enter our birthday during account creation in order to get “better experience which is appropriate to your age”, and this is the first lie.

Once they’ve collected your personal info, the algorithm will push posts that are most likely to attract you based on your age. Fake news? Who cares about the truth! The goal is to get you addicted and keep you scrolling, which means more money for them.

This way they ensure you’re totally involved in the “old memories” topics. Comforted, distracted, you won’t notice what happens in front of you and your sense of criticism turns off.

The concept of sharing our memories with others is not harmful, but getting influenced by survivor bias definitely harms: “I drove my motorbike without helmet, I had sex without condoms, I caught measles and I overcame it quickly…”

We are currently living a paradox: people who once struggled to give us human rights and feedom, are now the ones who would like to take our rights away, thanks to their narration “we were better when no one wrote a law to protect environment and minorities.”

Our emotions and childhood memories are precious assets for all of us, so why are we selling them off to social media billionaires? Why are we consenting to be exploited like this?

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a cura di Alessandra Paoli

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#AlessandraPaoli #ELR #EsisteLaRicerca #rassegnaStampa #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca

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La posta del culo: nessuna omofobia negli anni 80?


"Negli anni 80 eravamo più liberi, non esisteva l'omofobia". La posta del culo smonta una delle più grosse balle raccontate dai social. Nessuna novità Chiariamo subito: non stiamo parlando di chissà quale segreto perché in rete hanno più volte smascherato

“Negli anni 80 eravamo più liberi, non esisteva l’omofobia”. La posta del culo smonta una delle più grosse balle raccontate dai social.


Nessuna novità


Chiariamo subito: non stiamo parlando di chissà quale segreto perché in rete hanno più volte smascherato la faccenda, la Posta del Culo vuole parlarne dalla prospettiva di chi ha dovuto subire la paura dell’AIDS nel periodo più delicato della vita: infanzia e adolescenza.

Il post di Gisella


Sulle pagine Facebook italiane dedicate ai ricordi anni 80 e precedenti, spesso gira questo post:

SIETE VOI CHE AVETE INIZIATO A METTERE I PALETTI :

La nostra generazione era tollerante.

E non lo sapeva.

Vi siete inventati il fluid gender e di conseguenza, l’omofobia.

Io vengo dalla generazione che ascoltava e amava David Bowie e Lou Reed, e non si è mai posta il problema di che preferenze sessuali avessero.

Fregava niente, anzi, contenti loro e in qualche caso beati loro.

Elton John, Freddie Mercury, George Michael.

Siamo anche la generazione che amava i Led Zeppelin, i Deep Purple, Neil Young, gli Eagles…

Senza porsi il problema dei testi che oggi sarebbero giudicati sessisti.

Quando arrivò Boy George non ci chiedemmo se gli piacesse il maschio, la femmina o tutti e due.

Ci godemmo semplicemente la sua musica e quando Jimmy Somerville ci raccontò la sua storia di ragazzo di una piccola città, ci commuovemmo e cantammo insieme a lui. Non c’erano leggi a costringerci a essere solidali o quantomeno partecipi.

Non c’erano minacciose commissioni o attenti guardiani a censurarci se ci usciva una battuta.

C’era Alyson Moyet, allora decisamente oversize, ma bellissima e bravissima, e nessuno pensava valesse meno di una Claudia Schiffer…Anzi.

Vorrei capire che è successo nel frattempo, perché tutti questi censori hanno l’unico effetto di creare quello che censurano.

Secondo me eravamo tanto più avanti senza imposizioni, perché le imposizioni si sa, spesso generano l’effetto contrario.”

Gisella Ambrogetti


Ne esistono differenti versioni, alcune che citano anche Renato Zero ma lo stereotipo è sempre uguale: “noi eravamo meglio di voi”.

Ora, a parte “who the fuck is Gisella?” come si chiede un nostro sito amico, a infastidirci maggiormente è l’arroganza con la quale si pone chiunque abbia confezionato un simile messaggio perché la sostanza è “il vostro chiedere rispetto ci dà fastidio, state buoni che se siamo diventati omofobi la colpa è solo vostra”. Come quando dicono “la violenza? Te la sei cercata se andavi in giro vestita così!”

La posta del culo: l’omofobia non esisteva


Nel 1984 il video dei queen, “I want to break free”, è stato censurato in America perché i componenti del gruppo indossavano abiti femminili. Era una parodia di una soap opera inglese che nulla c’entrava con l’omosessualità, ma alla società conservatrice statunitense non importava e i Queen da allora hanno interrotto ogni rapporto con gli USA.

La “grande tolleranza” degli anni 80 però si vide quando comparvero a New York e Los Angeles i primi casi di AIDS, inizialmente chiamata “peste gay” o “cancro dei gay”: durante una conferenza stampa nel 1982 alla Casa Bianca, un giornalista menzionò l’AIDS chiedendo come mai il presidente Reagan non si muovesse in merito a una possibile emergenza globale e tutti scoppiarono a ridere; seicento persone erano già morte e loro se la ridevano.

I media e il governo USA hanno preferito insabbiare la situazione perché, tutto sommato, colpiva solo persone che a loro faceva >comodo emarginare eppure, secondo la cara Gisella che la sa lunga, quella degli anni 80 è una generazione tollerante.

La stessa generazione in cui sono cresciuti Aaron James McKinney e Russell Henderson, due sedicenti “persone per bene” che nel 1998 hanno massacrato di botte Matthew Shepard lasciandolo legato a una staccionata agonizzante e pieno di sangue. Due “maschi modello” processati e arrestati per quell’omicidio solo perché la polizia li ha beccati dopo un’altra rissa e nella loro auto avevano gli effetti personali del ragazzo morto.

Il povero Matthew è diventato simbolo della lotta all’omofobia e i tolleranti media americani hanno cercato di screditarlo in ogni modo perché era positivo all’HIV. Fra gli anni 60 e i 90, evidentemente, era normale venir pestati se non si rispondeva a determinati canoni sociali.

Punti di vista


Per comprendere il ragionamento dietro a certi messaggi proviamo a metterci nei panni di chi li scrive: dal 1968 in avanti abbiamo avuto la liberazione sessuale e le lotte femministe, in seguito però sono arrivate droga e AIDS che hanno rovinato tutto.

I nostri genitori erano adolescenti o al massimo ventenni quando lottavano per lasciare ai loro figli, cioè noi, un mondo più libero dai tabù nella vita sessuale e non riusciamo a immaginare quale sensazione abbiano provato vedendo i loro coetanei cadere come mosche mentre noi eravamo ancora troppo piccoli.

Sul più bello che si sviluppava la sensibilità verso donne e comunità LGBT le morti per overdose e AIDS hanno regalato un’occasione d’oro a chi, nei media e nella politica, ha sempre ostacolato l’emancipazione. Non è perciò da stupirsi se più di qualcuno avrà pensato “ho sbagliato tutto, senza libertà sessuale si stava meglio, gli omosessuali sono un problema”. Essere genitori li ha resi vulnerabili ai condizionamenti, noi eravamo fragili a nostra volta perché bambini, e si è creata una combo micidiale.

Pregiudizio di sopravvivenza


Il “bias del sopravvissuto” o pregiudizio di sopravvivenza, è quando si creano statistiche fondate su persone o situazioni che abbiano superato una selezione e siano fisicamente disponibili, senza considerare gli esiti negativi. Inevitabilmente, così, si veicolano informazioni false.

“l’HIV? Alla fine non si sta poi così male, basta una pastiglia al giorno e ti fai le analisi del sangue un po’ di volte in più.” A un ragionamento simile noi risponderemmo “e grazie al cazzo, quelli che stanno peggio non ce lo possono più raccontare.” Stessa cosa per “il covid è solo una leggera influenza”, “io sono sempre andato in macchina senza cinture”, e così via.

Anche “l’omofobia ai miei tempi non esisteva” fa parte di questo errore logico: se sei abituato a definire l’omosessualità con parole volgari, per te quei termini saranno una consuetudine e fai fatica a capire come mai adesso si chieda di esprimersi in modo diverso. “I gay non si offendevano, ora cos’è cambiato?” Banalmente, “ai tuoi bei tempi” se eri omosessuale dovevi tenerlo ben nascosto perché il minimo che poteva capitarti era perdere il lavoro.

“Non ce ne fregava niente”, dice il messaggio; “ascoltavamo la loro musica e cantavamo tutti insieme”.

Riportiamo dal blog di un amico, “Dunning Kruger Café”:

Il fatto che degli artisti come Boy George, David Bowie o il nostrano Renatone facessero dell’ambiguità la propria cifra glielo si concedeva, erano artisti, personaggioni, eccezioni fini a se stesse. C’era una battuta che in sintesi diceva: “se sei ricco sei gay ma se sei povero sei un frocio di merda.

Ebbene, i froci di merda non se la passavano “bene” come Elton John ma venivano bullizzati, perseguitati emarginati e maltrattati.

Come lo so?

In quegli anni c’ero anch’io, ho visto e non ho fatto niente PERCHÈ ERA CONSIDERATO NORMALE.


Per noi che abbiamo vissuto sulla nostra pelle le discriminazioni chi in un modo chi in un altro, fa decisamente male sentire che i nostri genitori e loro coetanei difendano questi comportamenti perché di normale non hanno niente ma, a differenza di allora, adesso ne siamo più consapevoli e nel limite del possibile cerchiamo di migliorarci.

I bei tempi andati?


Non stiamo disprezzando l’epoca in cui eravamo più giovani, ci dà solo fastidio che le grandi piattaforme di social network (soprattutto Facebook) abbassino la priorità a contenuti politici e attivismo, lasciando sempre più spazio alle stupidaggini.

Quella sugli anni 80 liberi dall’omofobia è l’ennesima manipolazione messa in atto da marketing e politica: Facebook suggerisce di inserire il compleanno in fase di registrazione in modo da “fornire un’esperienza più adatta alla nostra età e già questa è la prima trappola.

In seguito, usando i dati anagrafici raccolti, l’algoritmo spingerà i post ritenuti più gradevoli per la fascia di età col maggior numero di profili attivi. Quelle veicolate sono informazioni false? Pazienza, l’importante è generare interazioni che a loro volta portano guadagno al social e, in minima parte, ai creatori dei post in oggetto.

In questo modo si assicurano un pubblico di persone inconsapevoli di venir manipolate: chi non sorride davanti ai bei ricordi di gioventù? Che male può fare condividere una foto o una scena che ci rievoca un momento spensierato?

Scambiarsi ricordi di per sé non è pericoloso, lo è però nel momento in cui ci si racconta “ai nostri tempi si viaggiava senza casco e siamo ancora vivi”, “io da piccolo ho avuto il morbillo e non è stata una grande tragedia”. Pregiudizio di sopravvivenza, siamo alle solite.

Se poi si porta avanti la narrazione “stavamo meglio quando non c’erano leggi su ambiente e inclusione sociale”, il rischio è di favorire una politica che gradualmente possa cancellare le libertà per le quali si è lottato nei decenni passati e, paradossalmente, a volercele togliere sarebbe la stessa generazione che ha combattuto per darcele.

Le nostre emozioni e i ricordi dell’infanzia sono un patrimonio prezioso per tutti noi, allora perché li si svende ai miliardari dei social network? Perché si permette loro di sfruttarci in questo modo?

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Goodbye, Facebook!


When a piece of clothing no longer fits, what do you do? You replace it or throw it away. The same happens with social networks and now it's Facebook's turn, to receive our goodbye. We were born on Facebook Saying "goodbye" to Facebook is not a decision t

When a piece of clothing no longer fits, what do you do? You replace it or throw it away. The same happens with social networks and now it’s Facebook’s turn, to receive our goodbye.


We were born on Facebook


Saying “goodbye” to Facebook is not a decision taken lightly, nor are we going to disappear overnight: back on August 26, 2019, we were born on the social network in question with a restrictedcontact list, and closing the doors for good would mean hurting ourselves and especially those who have followed us from the beginning cheering us on.

Fed up of algorithms


At the time we said goodbye to Twitter because its new terms of use did not meet our needs, and now the more days go by the more Facebook is hurting us like a tight pair of shoes: the algorithm shows what suits it, too much homophobia, people arguing cluelessly about any complex topic.

We are in the Fediverse


All the fault (or merit) of Elettrona @talksina if the Fediverse curiosity has involved Gifter as well; this is a different way to experience social networks: most popular Fedi platform is Mastodon but the Fediverse is not just that one, it is a decentralized network i.e. computers that connect with each other and every user can register on one server and talk to a multitude of them all over the world.

For years we have been working hard with services that automatically post to Facebook, now with the Fediverse we are free from paid providers and other frustrations, having implemented a feature on the blog that shares every post we publish, to the entire world.

It’s also a great way to build relationships with other digital content creators, in fact we are following the English posts “The future is federated” by Elena Rossini @_elena to learn something and grow, free of the shackles that algorithms force us into.

What about our old Facebook readers?


Saying “goodbye” to Facebook does not mean closing the profiles and the page, at least for the time being; our readers will continue to see what we write on the website and if they want to share them on that social, they are free to do so; nor do we take and slam the door in the face of those who discuss, argue or have fun with us.

No, we will simply little by little stop curating the page and interacting on public Facebook profiles on our behalf.

Let’s be realistic: as long as we have LGBT- and HIV-related associations on commercial social media, we can never get rid of them easily and it is out of our hands to insist that they be moved to the Fediverse.

They would lose all their followers and it would be hard to get them back. In the Fediverse, on the other hand, if we change our minds and from Mastodon prefer somewhere else? We can move the followers by taking them with us but this is not the place to say how, what, when.

See you around.

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Agony Ass: fifty shades of How Are You


"How are you?" This is one of the kindest expressions to address a person and that, during the pandemic, has acquired even more relevance. Yet it is not always appropriate to ask it, and the Agony Ass explains the reason why. Incoming bad news A friend an

“How are you?” This is one of the kindest expressions to address a person and that, during the pandemic, has acquired even more relevance.

Yet it is not always appropriate to ask it, and the Agony Ass explains the reason why.


Incoming bad news


A friend and follower of ours found out he has “non-Hodgkin’s lymphoma”, news we learned from a social page he currently maintains.

After the initial shock, he shared with his audience the content of some messages he received on social media from so-called “friends,” who asked plenty of “how are you?” questions, often followed by advertisements or invitations to buy books.


“How Are You” into Agony Ass: why?


Now we expect huge groups of whiners replying “we can’t say anything anymore, politically correct is an obstacle to speech freedom, we can’t even ask how are you! We won’t follow your blog any longer!” Never mind crybaby, grumble away, we will certainly survive without you.

With the COVID emergency, asking “how are you?” took on a deeper meaning than the usual run-on sentence because it was mixed with anxiety and fear for people we love, but when you live with a complex health condition such as cancer or HIV it can sometimes become an inappropriate question.


50 shades of: “how are you?”


Hi, how are you? I wanted to tell you that … [book advertisement or random event].


At least once each of us has received a message like this in private, right? Usually you just take it and throw it away, but if you’re going through a difficult time and that text comes from a friend of yours you hope that “how are you” has another meaning. Especially if you have decided to share your real state of mind in public.

Such an invitation is still acceptable, all things considered; it’s different though, when “how are you” is said often by someone who previously wasn’t used to it but, aware of what you’re going through, starts asking about your health over and over again.

“The road to hell is paved with good intentions”, says an ancient quote; empathy and sensitivity are good qualities but become unpleasant the moment you are focused on your negative feelings, although masking them by attempting to be kind.

If someone has just found out that they have cancer and are undergoing treatment or have yet to start, it is useless for you to bother them with daily “how are you”; a polite person may reply to you with a matter-of-fact statement but if they lose their patience they may also tell you “how the fuck do you want me to be? Stop asking me every time!”

By behaving this way, it almost seems as if you want to hear, “I am sick, I need your help.” Exactly what the person will never say to you, knowing that you can give very little support.

Or even worse, a “how are you?” said over and over again as if to push the person to answer, “you know they told me I’m almost dead.”


Happening with HIV as well


We both know the 50 shades of “how are you” so much in deep:

  • Elettrona when she dated her ex: “your boyfriend? How is he? He’s okay right? Is he continuing treatment?” Why should I tell you all his clinical history! Not your business, I’ll tell you he’s fine in any circumstance.
  • Gifter, the first few months after HIV diagnosis: other than the standard “how are you”, someone gave him books on life is good and living positive. The only way to reply would be to publish the book “the unsolicited Comfort championship.”

Now there’s Agony Ass to allow us to get inappropriate characters back where they belong, but sometimes it would really be spontaneous to say, “Do you want to know if I die? Sorry, I’m still here bothering you for quite a while.”

So how to deal with inappropriate “how are you” questions? Point it out to them politely, because they never bother us on purpose, and if we come across as aggressive we risk the opposite effect: less sensitivity and more rudeness.

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Site transfer and multilingual WordPress: our challenges


When our project was born in 2019, the name "PlusBrothers" was chosen rather than Italian translation for "Positive World" as we had multilingual in mind from the beginning. But to implement it in reality there was too much effort and we gave it up for a

When our project was born in 2019, the name “PlusBrothers” was chosen rather than Italian translation for “Positive World” as we had multilingual in mind from the beginning. But to implement it in reality there was too much effort and we gave it up for a long time.

However, technology, over time, has proven us wrong by allowing advances we previously did not even dream of.


Site transfer


We started with a low-cost website but as we developed the blog we increasingly realized we had greater needs than we could meet by staying there, so in 2021 we switched to a professional service.

It met our operational needs perfectly except for the price, which became unaffordable in the long run, and we eventually decided to migrate after identifying a provider offering same service, but more compatible with the our money availability.

In theory, all data was supposed to be transferred from old space to new one in a matter of minutes and thereafter we would be off-line for a week i.e., the technical and bureaucratic time of the domain ownership transfer, independent of our will; but since bad luck always knows where to strike, the old provider did not allow migration to the new one and we had to do it on our own.

Having also failed the manual migration for reasons we still ignore, we found ourselves with the site actually online but on which it was impossible to make any changes.

All right, we were in trouble and were left with only two options: claim damages or start over by building a new site – of course we had safely stored content and none of our writing was lost.

Lawyers, courts, compensation? Economically, it was not feasible to retaliate against the old provider, and besides, we were not going to spend a lifetime arguing with Internet service providers.

Rather, better use our money to pay a skilled person who could help us with site’s restyling, and this time fooling around was no longer permitted.


A new way to work


Redesigning our site was an idea we had been delaying for a long time given the amount of work it would mean, but finally the time had come: we got in touch with Gloria Liuni, a web designer and trainer in the WordPress community; she knew our blog and believed in us from the very beginning, after we met in a Facebook group where we discussed web development issues. So if we received trust from her, why not reciprocate it?

Programming is not our skill, so we needed a customization system that was as simple as possible but that even a visually impaired person would be able to use; Divi, Elementor, we studied many of them but did not find one that was fully suitable, then Gloria talked about full Site Editing at WordCamp Verona 2023 (this video speaks Italian only).

It’s WordPress’s native page builder, working with blocks the same way of editing contents; in short, you can modify both content and layout using the same mechanism. There it was, the method for us. All we had to do was learn how to use it, and she taught us.

We won’t go into too many technical details, but Gloria’s help allowed us to have the site structure in Italian and English without too much effort, modifying code in some particular situations only.


Multilingual site


WordPress has a huge repository of plugins to extend its functionality and among them, many are dedicated to support a multilingual site; however, we didn’t want to make our lives more difficult with complicated user interfaces or required payments to remove restrictions. We had and need to work lean, fast and proactively.

The knowledge we acquired from Gloria led us to theorize: well, if an article template has some common components, let’s translate those and then we’re ready.

Header, date and author, sidebar, footer. These are called “template parts” and are the common areas for any article or page.

Confirmation to our assumptions came from an article on the WordPress.com support, the useful web service for creating a free blog that is customizable in only a few basic functions: simple multilingual site tutorial using blocks no plugins.

Both us and Gloria were well advanced in creating the Italian pages so we decided come on, let’s do it in English!

It’s been definitely a good job and our initial plans delayed from the end of April to the end of May. Not too bad.


Only partially international


Due to our few skills in coding we didn’t consider many components could be this complex, especially search block which kept us stuck for long time. Tries and errors, stubborn experiments beyond our abilities, but the pride of doing it on our own didn’t help so we made the decision: a freelance developer would create the module for us.

Same happened with front-end’s language switcher, such as the comment submission form, or the error pages: to avoid keeping the developer’s time busy, we used the “Chat GPT” model – we don’t like to call it “artificial intelligence” because it is not smart at all.

By the way, our goal has been achieved and we have an at least decent multilingual Italian-English structure.

Translations?


Some readers asks us, “you people made life complicated when there are a lot of extensions that translate posts automatically, now with artificial intelligence is it worth the effort?”

Let’s be realistic then: which visitor from other countries browses an Italian-written blog translating it page after page?

If machine translation can be useful into an e-commerce, international visitors will go immediately away from a story-based blog as robots drastically change the text, undoing the original author’s creativity.

Not to mention how pages are translated; although automated services have improved dramatically, some details are untranslatable – especially the anagrams and puns our fictional stories are based on.

Then we might as well take the plots and adapt them to the international context. One more opportunity to correct any mistakes we carry around in the Italian stories.

Someone may consider it “resilience” given the disaster we started from, we rather call it self improvement because when you hit the ground on your ass, the only solution is to get up.

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Positive World no longer on Twitter


Twitter could be fun at the beginning as it allowed us to get some inspiration but now it has even changed name to X, its policy no longer responds to our needs, and it makes no longer sense to stay there. Twitter for the Positive World Before planning ou

Twitter could be fun at the beginning as it allowed us to get some inspiration but now it has even changed name to X, its policy no longer responds to our needs, and it makes no longer sense to stay there.


Twitter for the Positive World


Before planning our website’s creation, we relied on Facebookpublishing our stories in that space only. Then we regretted it all because its algorithm placed them in low priority and our followers didn’t even see them any longer, typical mistakes due to inexperience with semi-professional use of social media.

At that time Twitter did not respect our needs: why rely on posts made of a few characters if we write stories? Although, when our idea of Positive World started, we spent time reading Twitter without interacting and it gave us a chance to know about some people whose ideas we did not share, but by listening to them we were able to create our “seroinverted” fantasy environment from a concrete basis, far from the most common clichés about sexual promiscuity especially in gay culture.

Why are we saying goodbye?


Are we saying that new Twitter (now X)’s founder is very unpleasant for us? Yes, but this is not the main reason we are leaving; little do they care if an amateur blogger like us shuts down his account, the fact is that Twitter is full of unwanted content.

Blue signs, paid profiles, this kind of approach is also Facebook’s: whoever gets the most benefit and visibility is the one who puts up an ad every other day, which is why we immediately understood and supported when one of our best friends closed all his accounts and publicly stated that “social networks suck.”

To build at least a decent timeline, it would require us to be there day after day muting undesired accounts and creating accurate lists of interesting profiles. But, being managed by an algorithm, it takes just a second for a “good” profile to follow a “bad” one or interact with it, and lots of useless content or hate speech appear on our home feed as well.

No thanks. No advantage in keeping Twitter alive if you don’t participate! Or rather, if you let the automated system publish your articles. A social network makes sense when author and readers interact, and for us Twitter, now called “X”, is useless and harmful due to haters it has acquired.

What can we still do now? We’ll use the Fediverse i.e., decentralized social networks, maintaining Facebook only because the most important HIV activists use that platform, but we are taking care of the page less and less, for interactions and information we are on Mastodon: “@ilmondopositivo@mastodon.uno” and especially our own instance “@network@plusbrothers.net”.

Elon Musket, his algorithms, provocations and anything else about former Twitter, can go to hell when they want.

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Nel contesto della settima edizione del festival Di là dal fiume, organizzato a Roma dal teatroinscatola (e centrato quest’anno sul tema del lavoro), il pomeriggio del 3 settembre è stato dedicato alla poesia di Elio Pagliarani: una serie di letture (dalla voce di Alessandra Vanzi) e alcune annotazioni critiche (di MG) sono state ospitate dalla Biblioteca Pagliarani. L’audio completo dell’incontro si può ascoltare qui su Pod al popolo. Il podcast irregolare, ennesimo fail again fail better dell’occidente postremo. Buon ascolto.

slowforward.net/wp-content/upl…

Ritratto di Elio Pagliarani fra i libri
Elio Pagliarani (foto di Dino Ignani)

slowforward.net/2024/09/04/pod…

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Forgive us for existing!


Some people over the Internet say we must not make fun of each other involving our disability and HIV conditions. Why on Earth must we explain and justify our existence to this world? Why can't we simply exist and live our own normal life? With sadness, h

Some people over the Internet say we must not make fun of each other involving our disability and HIV conditions. Why on Earth must we explain and justify our existence to this world? Why can’t we simply exist and live our own normal life? With sadness, happiness and even laugh.

Fed up of repeating same things!


Despite we have explained it for years, we yet have to talk about the reason we built our web site: fight against discrimination and stigma through satire. We try to use sarcasm towards people who spread hate speech and fake news.

This is an inclusive blog, so no one is cut off from our mockery: media, institutions and anyone living in 1980s’ unfounded prejudices ignoring science advancements and discriminating HIV positive people in relationships, work, family, even in health care settings.

It’s painful to admit that we were completely wrong in our hope: could COVID-related social distancing bring major empathy for HIV-positive people? In a civil society it should, as anyone suffers without physical relationships. But in this real world paranoid people are more frequent than before.

Understanding our reasons implies knowing satire: since older times this kind of communication helps public reflecting about what’s wrong in society, making fun of powerful privileged groups but “power” is not just intended as politics or religion, everything influencing our lives negatively is power, illness and death included. Irony about death is to exorcise it, while making fun of a dead person would mean being all the way coward. This is the basic concept.

What’s satire? What’s bullying?


It seems difficult for the public to distinguish between satire and bullying because on media vulgarities are often proposed as “satire”, such as the f-word; however, it is different when the same term is used in an ironic sense by a gay man who is making fun of himself. Does offense come from intention, rather than words? It depends, leave the decision to those who suffer hatred due to their sex orientation! Never talk about us without us. Free speech has nothing to do with free insult.

Bullying is so easy but satire, on the other hand, is complex because perspective has to change: mockery’s targets must be all those folks feeling untouchable thanks to privileged positions.

For our part, we created this blog to exorcise our mutual conditions subject to stigma since the dawn of time.

Here we are, we exist!


Elettrona, born Elena, has been blind since birth, HIV-negative, formerly partnered with an HIV positive man. They both have been involved in quite a few activism initiative as the guy’s HIV status is publicly known, including an Italian video where they swig out of a water bottle together as a demonstration of how stupid some old fears are – it was one year before covid, that virus can be transmitted this way instead.

Alex “Gifter”, sighted and living with HIV, has made a different choice: he discloses his status only to people he’s confident with: his husband of course, close friends, family members, colleagues, and health care providers but he currently has no interest in public activism.

Will he ever change his mind? It’s his own business and must be respected as it is, coming out with HIV status is a personal decision.

So please, don’t accuse us of making fun people who suffer stigma, that’d be an unforgivable lie. We have been clear enough on our About Us page and if you criticize us without being informed about our activities, the problem is yours.

Now let’s talk frankly: we think that we make some people upset because we don’t fit the stereotype of a blind person in perpetual self-pity or someone with HIV feeling ashamed of their condition, nor a public activist who joins every HIV-related event.

Are we performative activists harming the community? And why? We are just doing our best for a cause we care for, within the limits of our possibilities; so we’d like constructive feedback rather than sterile controversies.

PS: if we laugh at offenders, it is not because we play along. We simply judge them miserable and think they are too stupid to realize they’re harassing us.

We close this post with a recommendation: haters, please get a life on your own and leave us alone.

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Holding a grudge?


WordPress asks: "Are you holding a grudge? About?" Alex “Gifter” - this is a personal point of view: many people ask me if I hold a grudge against the guy who gave me HIV and feel surprised when I say that I don't. I have worked on myself for years and I

WordPress asks: “Are you holding a grudge? About?”

Alex “Gifter” – this is a personal point of view:

many people ask me if I hold a grudge against the guy who gave me HIV and feel surprised when I say that I don’t.

I have worked on myself for years and I ended up learning that if the positive outcome caused resentment, resentment does not lead to any positive outcome but rather brings an undesired negative sign in my life.

Given that negativity never comes back on my HIV test, I’d become a negative person with positive result. No sense on this, I’d better be positive and behave accordingly.


Positive change


Personal post by Alex recounting his own experience with #HIV

DISCLAIMER: There is irony in the post but also a lot of Drama Queen: readers be warned.

The POSITIVE change


Now it is not “Gifter” speaking but Alex with a post where I share my in-person experience with HIV to dismantle the prejudices of those who are skeptical about my participation in this satirical blog.

Negative event? Yes. Devastating news? For sure. But since when “positive change” comes you must carry it forever, it’s worth taking note and in time learning to live with it as peacefully as possible.

2013: Think twice!


I listen to all music because I love it so much but there is one particular song I hardly tolerate: “think twice” by Celine Dion; even searching for the video to share on the blog, I muted the audio because that song is indigestible to me to say the least.


youtube.com/watch?v=YjvB0vXT2v…


However, I used to love this song because it was what brought Alberto and me together, intense love and great mistake at the same time.

At 32 I should have already been an adult, but I fell into the arms of someone who promised to be faithful then was a serial cheater and I insisted on forgiving him despite, in hindsight, the signs of an unhealthy relationship being obvious.

Finally, however, one day, finding yet another stranger’s sock under our bed, I took all his stuff and left his suitcase outside my door.

Had I found used condoms instead of socks it would have been disgusting but in the end I would have only managed the cheating matter, instead so I had to deal with a “positive change” I would have gladly done without.

He also managed to make me hate “Think Twice”: fortunately, that mess didn’t last too long, but Alberto’s tantrums outside the house or on the phone pleading ‘Alex, please forgive me’ forcing me to listen to Celine Dion’s song in background, happened every day from mid-January 2013 until March, not to speak about Valentine’s Day – several times he ran the risk of being sued by me for stalking behaviour.

Now so just the first notes of that song make me as nervous as when a nuisance rings the doorbell hoping to sell me useless stuff or talk about some unknown religion.

With doorbell nuisances I have never gone that far but I have thrown more than a few buckets of water to Alberto through the window when he came to bust my balls, yes! And in the middle of winter it is not the best so in case he got a good cold, he brought it on himself.

On the other hand at the same damn time I had caught a very powerful flu even without receiving water buckets on me, or at least I considered it as such. Recent breakup related stress maybe caused it, but with a pill and some rest it all was going to go away. I was sure.

As soon as I recovered, I went to the dump to throw away the underwear Alberto had left in my drawer for whatever foolish illusion of his; however, when I decide something’s over, it’s over. Without any regret or second thought. I was still unaware that, objectively, not all gifts given by an ex can be permanently discarded.

2013: Rite of passage


After getting rid of breakup related stress, what do you think? “Cemeteries are full of irreplaceable people,” there may be someone else to love, and you realize that at 37 years old maybe it’s time to ‘put yourself back on the market’ so you don’t become the austere widow of the 19th century.

So, in the idea of getting to know people again with the classic “let’s try then the future is ahead of me,” I made an important decision: to get tested for sexually transmitted infections HIV included as I felt I was in perfect shape but, knowing that I was monogamous and Alberto was not, I considered myself a sufficiently vulnerable person: at worst I would at least safeguard any new relationships in the short, medium or long term.

We gay men have matured a certain awareness over decades of HIV or AIDS associated mainly with our sexual orientation: viruses do not consider whether you are monogamous or polygamous, HIV just needs an open door to access and they do not give a damn whether you make love without protection because you “trust” your partner or whether you are with a completely stranger you just met about whom you care only as long as you undress or get dressed. Viruses enter your body without knocking or asking, “May I come in?”

Actually it is like that for straight people as well, the latter, however, more often than not feel lulled into the media “comfort zone” of risk categories, and even if the serial cheater is the person “next door” who is dedicated to home and work, often times the average straight person does not consider the possibility of sexual infections, does not get tested, then the tragedies of husband or wife in full-blown AIDS after years of silence, or HIV positive status discovered during a pregnancy happen.

I don’t care if I am brutal, but since life does not give discounts, I do not give them either when I speak out on these issues.

With the tests I had planned to close the Alberto chapter for good and, on the subject, I even joked together with my best friend, “I mean come on, I’m not going to be such a loser as to be cuckolded and HIV-positive, am I? I can handle my cheater ex, but no certainty about how I would manage with HIV.”

Adriano, however, is quite a bit more mischievous than me and threw the rock: “I’m on you like a sucker because I got so worried for the flu you had some time ago.”

And who remembered it anymore, certainly not me! But he is a good “leech” as I still call him now, so he does not miss any slightest fragility on my part and even then he said “the two of us can bear the weight of any misfortune. I am with you.”

We’ve been close since my teenage years, he’s the first one to whom I confided that “I didn’t like pussy” (how rude I talked then), a friendship more than three decades long. We’ve been through a lot and we feel we’re in a barrel, not even in danger of stealing each other’s partners because he’s straight!

2013: The response


The flu, what could it be! I had already read on the Internet that going from HIV negative to positive could trigger flu-like symptoms however, on this I never wanted to condition myself and after Alberto, in my life, I authorized no one to touch me until I was sure to be “healthy” – that was how I defined HIV negativity at that time.

So I had my blood drawn without much dramatic thought: all in all, I was calm: I had “a clear conscience,” “I had behaved well,” the test was a prevention measure but generally “AIDS only catches those who are not careful.” I was a victim of bad organized awareness campaigns.

The screening was for all sexually transmitted infections, I had not gone to one of those facilities where they anonymously test only for HIV and I was waiting for the results.

I took it easy until my cell phone rang: the doctor wanted to “meet me to discuss the results,” at which point I even snapped at the young lady in charge of the calls, “for fuck’s sake, little girl, don’t give me any shit tell me I’m HIV positive and get lost!” She formal but polite: “sir be patient, I am not required to give you information over the phone, I kindly ask you to make an appointment with the doctor!” Friday, May 3, 2013, all right.

Adriano was with me that day, the only person I could trust. He stood outside waiting for me while I was locked in the room talking to the doctor. “Everything negative except HIV, sorry.” Hell no! I HIV positive no! Alberto could not have done this to me!

Upon receiving such news all certainty collapses in your mind, but everyone reacts in their own way: at that moment I no longer had a doctor in front of me, it was no longer the outpatient clinic but I felt like I was at home at the table in front of Alberto and all it would have taken was Think Twice to make me finally snap.

Holy patience had (and still has) that doctor. It was only when I calmed down that he explained the whole course of action to me; I was too afraid of the “aftermath” and I still remember saying “doctor please if you give me a medicine that does not make me a walking ghost I will accept it.”

He did much more and gave me the opportunity to follow a plan of both antiviral and psychological therapy thanks to which I have now regained my balance and have no problem talking about it openly.

Alberto? Of course he also tested positive and to this day I still assume he was unaware of it: just as he paid little attention in the car so he was in sexuality and the effects were seen and yet, over time, I got over my resentment toward him because hate did not make me feel good.

The psychotherapy lasted a year and a half of which I judged the first months as absolutely useless because I was so disgusted that I locked myself at home without showering for days; Adriano for his part also came to see me but more and more infrequently.

“You don’t want me as a friend anymore because I have HIV,” I wrote him one day but his response was merciless: ”if I don’t come to you often it’s because you stink like a pig. Do you think you scare the virus away like that? Easier for me to leave! Continue at this rate and HIV will remain the only one who will stay close to you but only because they’re forced to, and cannot get rid of you or they will die.”

No professional will ever tell you that but a childhood friend does, especially when they sees you self-destruct and do not know how to help you.

Another shock therapy came from my psychologist to whom I confided that I had spent the summer of 2013 studying what was the best way to die before the virus killed me.

He confronted me head-on, “How many ways to die are you describing. But if you spend days thinking about it without doing anything real, I sense that you don’t really want to kill yourself. What do you say? Let’s start from here: you don’t actually want to die.”

“Of course I don’t,” had been my reply, ”but HIV forces me to consider death! At 37 having an expiry date! It’s not fair!”

That very patient man let me shoot the crap out of my mouth and then kept on telling me the same words I had already heard from the doctor, “now it’s no longer a death sentence,” “follow the treatment regularly,” “have as healthy a lifestyle as possible,” it took a long time but in the end in addition to making peace with HIV I made peace with my self-esteem and eradicated the internalized feelings of stigma and homophobia I had been holding inside for years.

I also managed to overcome anger towards infection: I am now emotionally stable, so much so that the virus is part of my family exactly like my cat and I take care of it by regularly taking my pills and going to medical checkups when needed.

I should workout more, but my HIV and I are like that: when one wants to go for a walk, the other agrees with Jupiter Pluvio and makes it rain. Like human like virus! TV series, couch, horizontal activity! At least by being symbiotic there is no risk that while we watch sports HIV will root for the opponents.

I admit, after all they have made me suffer to be welcomed, I have even grown fond of this virus. They forced me to question too many certainties founded on nothing but eventually allowed me to find more valid ones including some solid friendships and loves that before, maybe, were there and I didn’t see them.

Maybe it’s weird to say but without my virus I probably would not have befriended @talksina the creator of this blog, who shares with me the experience from the opposite point of view: she’s an HIV-negative woman formerly partnered with an HIV-positive man.

What more could I ask for? To get my negative status back? At the moment I don’t think about it because it’s not possible, except for the people with leukemia who have stem cell transplants that media occasionally talk about.

It would be enough for me to keep HIV on the threshold of Non-detectable Non-transmissible without having to take drugs, research is focusing on that so it’s just a matter of patience; for now my desire is to live and enjoy it to the fullest, I’ve already wasted too much time chasing bullshit!

Closing this article I reassure readers that I have no intention to write books and make money on my experience but just want to tell about it to help defeat HIV stigma.


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Come agisce Nanni Balestrini
carocci.it/prodotto/come-agisc…

VOCI LONTANE VOCI SORELLE, 22a edizione
Firenze, martedì 10 settembre 2024, h. 18.00, Libreria Libraccio, Via de’ Cerretani 16r

Presentazione del volume di Cecilia Bello Minciacchi
Come agisce Nanni Balestrini. Le parole che cercano (Carocci, 2024)

Partecipano, con l’autrice, Stefano Colangelo e Luigi Weber

Nanni Balestrini (1935-2019) è stato negli anni Sessanta tra gli animatori della stagione della Neoavanguardia. È autore del ciclo di poesie sulla Signorina Richmond e della trilogia di romanzi La Grande Rivolta (Vogliamo tutto, Gli invisibili e L’editore) sulle lotte del movimento negli anni ’70. Nel 2007 ha pubblicato il romanzo multiplo elettronico Tristano (DeriveApprodi) e recentemente Antologica, Poesie 1958-2010 (Mondadori 2013) e il romanzo Carbonia (Bompiani 2013). Parallelamente alla produzione letteraria ha sviluppato una intensa ricerca in campo visivo, documentata nella monografia Con gli occhi del linguaggio. Ha partecipato alla Biennale di Venezia del 1993 e con il video Tristano è stato presente nel 2012 a dOCUMENTA (13) e in gallerie e musei italiani. L’opera di Cecilia Bello intende appunto offrire una lettura complessiva di questa figura tanto rilevante quanto complessa

slowforward.net/2024/09/04/com…

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copertina del libro "Come agisce Nanni Balestrini"
carocci.it/prodotto/come-agisc…

COME AGISCE NANNI BALESTRINI.
Le parole che cercano

di
Cecilia Bello Minciacchi
(Carocci. collana Lingue e letterature)
pp. 388
ISBN: 9788829000005

Fondatore della Neoavanguardia, poeta, narratore, artista visivo, sperimentatore di tecniche e strumenti extraletterari, e insieme infaticabile agitatore culturale, creatore e promotore di edizioni, riviste e festival, Nanni Balestrini (1935-2019) è stato tra i protagonisti della letteratura e della cultura italiane del secondo Novecento e dei primi anni Duemila. Di quest’autore, che ha fondato la propria scrittura sui “procedimenti”, inventandone sempre “altri”, il volume attraversa l’ampia produzione letteraria in versi e in prosa, indagando e interpretando strutture e procedure compositive, delineando e mettendo in relazione fasi, evoluzioni, rispondenze interne, fratture, per offrire a studenti, studiosi e lettori una via d’ingresso a testi stranianti, che rompono l’inerzia del linguaggio e i pacati orizzonti di attesa dei fruitori. Il metodo interpretativo privilegia, equamente, la lettura ravvicinata dei testi, la filologia e la ricerca delle fonti, che ha consentito di individuare e commentare alcuni ipotesti. L’opera di Balestrini si scopre così ben più letteraria di quanto si potrebbe credere, ma sempre in “opposizione” e pronta a tendere «agguati» alle parole, sempre «vigile e profonda», come la intendeva nelle sue dichiarazioni di poetica.

PRIMA PRESENTAZIONE_ a Firenze, il 10 settembre:
carocci.it/appuntamento/come-a…
vocilontane.it/09-10_nanni-bal…

§

Sul sito dell’editore:
carocci.it/prodotto/come-agisc…

L’autrice:
Cecilia Bello Minciacchi insegna Letteratura italiana contemporanea alla Sapienza Università di Roma. Ha curato le opere poetiche complete di Vittorio Reta (Le Lettere, 2006), Patrizia Vicinelli (Le Lettere, 2009), Emilio Villa (L’orma, 2014) e ha pubblicato La distruzione da vicino. Forme e figure delle avanguardie del secondo Novecento (Oedipus, 2012), oltre a studi su Ungaretti, Marinetti, Sanguineti, Manganelli, Anedda.

§

INDICE DEL VOLUME

Introduzione. Il metodo e le forme
Nota al testo

1. Corpi in moto e corpi in equilibrio
Le buone strade della poesia. Osservazioni/Luce nuova sulle cose. Linguaggio e opposizione/Usare la carta stampata. Dai Novissimi ai Cronogrammi/Oltre il tergicristallo ronzante. Il sasso appeso/Intensificare la frattura. Come si agisce/Sentimentale sperimentale. Tristano unico. Infinitamente catalizzabile. Tristano multiplo

2. Descrizione/Divagazione/Documentazione
La rivoluzione non è un. Ma noi facciamone un’altra/Il lavoro è brutto cerca di evitarlo. Vogliamo tutto/Drammatica tensione. Non capiterà mai più e Vivere a Milano/Scompigliate le righe di piombo. La violenza illustrata/Pratica e crudele suole impalare le sue vittime. Le prime Ballate della signorina Richmond

3. Grande corale facoltativo
Più disingannato che rinsavito. Le opere dell’esilio: La signorina Richmond se ne va, Blackout, Ipocalisse/Quale ranocchia nel pozzo. Il ritorno della signorina Richmond/Quando eravamo mille diecimila centomila. Gli invisibili/Il corpo è nudo la pelle singolarmente pallida. L’editore/Ma guarda che bella festa. I furiosi

4. Istruzioni preliminari
Il cuore criminale sta lì sotto. Sandokan/Usando ogni forma di lotta. Carbonia/Apri il passaggio. Operapoesia: Salomè, Elettra, Arianna/Da cui si può sconfinare o anche solo sorridere. Asonetti e (quasi) Sestine/Al montaggio si incontra il destino. Caosmogonia (prima durante e dopo)

Le radiazioni del corpo nero di Nanni Balestrini

Appendice
Per Miriorama 12
Tutt’a un tratto una ragazza
Cronogramma (1)
Cronogramma (2)
La voce
Il romanzo
Ritratto segreto (Rubens e Isabella Brant)
Come s’impara (Giusto Lipsio e i suoi allievi)
A sangue freddo

Bibliografia essenziale
Indice dei nomi

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rancore?


Porti rancore? Per cosa? Alessandro "Gifter", post personale: molti mi chiedono se porto rancore nei confronti di chi mi ha dato l'HIV e si stupiscono quando rispondo di NO. Sono arrivato a questa conclusione dopo molti anni di esperienza e lavoro ma alla
Porti rancore? Per cosa?


Alessandro “Gifter”, post personale: molti mi chiedono se porto rancore nei confronti di chi mi ha dato l’HIV e si stupiscono quando rispondo di NO.

Sono arrivato a questa conclusione dopo molti anni di esperienza e lavoro ma alla fine ho capito che, se il risultato positivo era causa di rancore, il rancore non mi avrebbe portato niente di positivo ma solo quella negatività di cui si può fare benissimo a meno. Perché l’altro segno negativo (quello del test HIV) non torna indietro e col rancore mi sarei trovato a essere un positivo negativo. Allora tanto vale essere positivo e comportarmi come tale.


Il cambiamento positivo


Post personale di Alessandro che racconta la propria esperienza con #HIV

DISCLAIMER: nel post c’è ironia ma anche tanto Drama Queen: lettori avvisati.

Il cambiamento POSITIVO


Ora non è “Gifter” a parlare ma Alessandro con un post dove condivido la mia esperienza di persona con HIV per smontare i pregiudizi di chi è scettico sulla mia partecipazione a questo blog satirico.

Evento negativo? Sì. Notizia devastante? Di sicuro. Ma siccome quando il “cambiamento positivo” arriva te lo tieni, vale la pena prenderne atto e nel tempo imparare a conviverci più pacificamente possibile.

2013: Think twice!


Ascolto tutta la musica perché ne sono appassionato ma c’è un particolare brano che non riesco ad affrontare: “think twice” di Celine Dion; anche cercando il video per condividerlo sul blog, ho silenziato l’audio perché quella canzone mi è a dir poco indigesta.



youtu.be/vGwIaL0jOUg


Una volta però adoravo questo brano perché era quello che aveva unito me e Alberto, grande amore ed errore allo stesso tempo.

A 32 anni avrei dovuto già essere adulto invece sono caduto fra le braccia di chi prometteva fedeltà ma era un traditore seriale e io ho continuato a perdonarlo malgrado, col senno di poi, i segnali di relazione malsana fossero palesi.

Alla fine però un giorno, trovando l’ennesimo calzino estraneo sotto il nostro letto, ho preso tutta la sua roba e gli ho lasciato la valigia fuori dalla porta.

Avessi trovato preservativi usati anziché i calzini sarebbe stato disgustoso ma alla fine avrei gestito solo le corna, invece così ho dovuto affrontare un “cambiamento positivo” di cui avrei fatto volentieri a meno.

Anche “Twink Twice” è riuscito a farmi odiare: per fortuna non è andato avanti molto con quella storia, ma le scenate di Alberto fuori casa o al telefono a supplicare “Alex, ti prego, perdonami” con la canzone in sottofondo, si sono ripetute da metà gennaio 2013 fino a marzo e tralascio il dettaglio sul San Valentino – più volte ha rischiato una mia denuncia per stalking.

Adesso quindi solo le prime note di quel brano mi fanno innervosire come quando un seccatore suona il campanello sperando di vendermi oggetti o divulgare religioni improbabili.

Con chi suona alla porta non mi sono mai permesso ma ad Alberto ho lanciato più di qualche secchiata d’acqua dalla finestra quando veniva a rompermi le palle, sì! E in pieno inverno non è il massimo pertanto qualora si fosse preso un bel raffreddore, se l’è cercato.

In compenso nello stesso maledetto periodo mi ero beccato io un’influenza potentissima anche senza prendere secchiate, o almeno io l’ho considerata come tale. Amore finito, stress, ma con una pillola e un po’ di riposo passa tutto.

Appena guarito, sono andato in discarica a buttare le ultime mutande che Alberto aveva lasciato nel mio cassetto forse per illudersi di chissà cosa; però il vecchio Gifter, anzi il vecchio Alex in questo contesto, se ha deciso di chiudere, chiude senza alcuna possibilità di ripensamento. Ancora ignoravo che, oggettivamente, non di tutti i regali lasciati dall’ex ci si può liberare.

2013: Rito di passaggio


Quando superi il momento clou dello stress da relazione finita cosa pensi? “I cimiteri sono pieni di persone insostituibili”, ci può essere qualcun altro da amare, e capisci che a 37 anni forse forse è il caso di “rimettersi sul mercato” per non diventare la vedova austera del diciannovesimo secolo.

Allora, nell’idea di ricominciare a conoscere gente col classico “poi si vedrà”, ho preso una decisione importante: fare il test per le infezioni sessualmente trasmissibili HIV compreso in quanto mi sentivo in perfetta forma ma, sapendo che io ero monogamo e Alberto no, mi ritenevo una persona sufficientemente vulnerabile: nella peggiore delle ipotesi avrei quantomeno salvaguardato eventuali nuove relazioni a breve, medio o lungo termine.

Noi gay abbiamo maturato una certa consapevolezza in decenni di HIV o AIDS associati principalmente al nostro orientamento sessuale: i virus non guardano se sei monogamo o poligamo, è sufficiente una porta aperta a cui accedere e non gliene frega un accidenti se tu fai l’amore senza protezione perché “ti fidi” del tuo partner o se stai con una persona completamente anonima appena conosciuta della quale ti importa solo finché ti rivesti. I virus entrano in casa tua senza bussare né chiederti: “posso?”

A dire il vero è così anche per le persone etero, queste ultime però il più delle volte si sentono cullate nella “comfort zone” mediatica delle categorie a rischio e anche se il traditore seriale è la persona “della porta accanto” che si dedica a casa e lavoro, spesso e volentieri l’etero medio non considera l’eventualità infezioni sessuali, non si sottopone ai test, poi succedono le tragedie di marito o moglie in AIDS conclamato dopo anni di silenzio, o positività all’HIV scoperte durante una gravidanza.

Poco mi importa se sono brutale ma, siccome la vita non fa sconti, neanch’io li concedo quando mi esprimo su questi temi.

Coi test avevo previsto di chiudere definitivamente il capitolo Alberto e, nel merito, scherzavo anche assieme al mio migliore amico: “insomma dai, non sarò mica così sfigato da essere cornuto e sieropositivo? Posso reggere il tradimento ma l’HIV non so.”

Adriano però è parecchio più malizioso di me e ha lanciato il sasso: “io ti sto addosso come una ventosa perché l’influenza che hai avuto qualche tempo fa non mi è piaciuta affatto”.

E chi se la ricordava più, non certo io! Ma lui da brava “sanguisuga” come lo chiamo tutt’ora, non si perde ogni minima fragilità da parte mia e già allora diceva “noi due possiamo reggere il peso di qualunque sventura. Sono con te”.

Lui mi è vicino fin dall’adolescenza, il primo a cui ho confidato che “non mi piaceva la gnocca” (come parlavo male a suo tempo), quella è un’amicizia che dura da decenni. Ne abbiamo passate tante e ci sentiamo in una botte di ferro, neanche c’è il pericolo di rubarci i partner uno con l’altro perché è etero!

2013: La risposta


L’influenza, cosa vuoi che sia! Avevo già letto sull’Internet che il passaggio da HIV negativo a positivo potesse scatenare dei sintomi simil-influenzali però su questo non ho mai voluto condizionarmi e dopo Alberto, nella mia vita, a nessuno avevo permesso di affacciarsi finché non sarei stato certo di “essere sano” – così definivo la negatività all’HIV fino a quel momento. Quindi mi sono fatto prelevare il sangue senza troppi pensieri drammatici: tutto sommato, ero tranquillo: avevo “la coscienza a posto”, “mi ero comportato bene”, il test era uno scrupolo ma generalmente “l’AIDS prende solo chi non fa attenzione”. Anch’io vittima, in qualche modo, delle campagne mediatiche fatte coi piedi.

Lo screening era per tutte le infezioni sessualmente trasmissibili, non ero andato in una di quelle strutture dove fanno anonimo il test solo per l’HIV e sono rimasto in attesa dei risultati.

Ero sereno fino a quando non mi è squillato il cellulare: il dottore voleva “vedermi per discutere degli esiti” e a quel punto ho anche aggredito la signorina addetta alle chiamate: “porca puttana, ragazzetta, non farmi giri di parole dimmi che sono sieropositivo e sparisci!” Lei formale ma gentile: “signore abbia pazienza, non sono tenuta a darle informazioni al telefono, le chiedo cortesemente di prendere appuntamento col medico!” Venerdì 3 maggio 2013, va bene.

Mi ha accompagnato Adriano quel giorno, unica persona di cui potessi fidarmi ed è rimasto lì fuori ad attendermi mentre io ero chiuso in stanza a parlare col dottore. “Tutto negativo, tranne l’HIV, mi spiace”. No, cazzo no! Io HIV positivo no! Alberto non poteva avermi fatto questo!

Ricevuta una simile notizia ti crolla ogni certezza, ma ognuno reagisce a suo modo: io in quel momento non avevo più un dottore di fronte, non era più l’ambulatorio ma mi sentivo come se fossi a casa mia a tavola davanti ad Alberto e ci sarebbe mancata solo Think Twice per farmi definitivamente sbroccare.

Santa pazienza aveva (e ha tutt’ora) quel medico. Solo quando mi sono calmato, mi ha spiegato tutto il percorso da fare; avevo troppa paura del “dopo” e ricordo ancora che dissi “dottore la prego se mi dà una medicina che non mi rende un fantasma con le gambe la accetto”.

Lui fece molto di più e mi diede l’opportunità di seguire un percorso di terapia sia antivirale sia psicologica grazie a cui adesso ho ritrovato il mio equilibrio e non ho problemi a parlarne apertamente.

Alberto? Ovviamente risultato anche lui positivo e ancora oggi sono convinto che non ne fosse a conoscenza: come prestava poca attenzione in auto così era nella sessualità e gli effetti si sono visti eppure, nel tempo, mi sono fatto passare il rancore nei suoi confronti perché l’odio non mi faceva stare bene.

La psicoterapia è durata un anno e mezzo di cui giudicavo i primi mesi come assolutamente inutili perché mi facevo talmente schifo da essermi chiuso in casa senza farmi la doccia per giorni; Adriano da parte sua veniva anche a trovarmi ma sempre più di rado.

“Non mi vuoi più come amico perché ho l’HIV, gli scrissi un giorno ma la sua risposta fu impietosa: “se non vengo volentieri da te è perché puzzi come una capra. Pensi di spaventare il virus così? Più facile che me ne vada io! Continua di questo passo e l’HIV rimarrà l’unico a starti vicino ma solo perché gli tocca e da te non può staccarsi sennò muore”.

Nessun professionista ti dirà mai una frase simile, un amico d’infanzia invece sì specialmente quando ti vede autodistruggerti e non sa cosa fare per aiutarti.

A questo si è aggiunta la terapia d’urto dello psicologo al quale confidai che avevo passato l’estate del 2013 studiando quale fosse il modo migliore per morire, prima che mi ammazzasse il virus.

Mi affrontò a muso duro: “quanti modi per morire stai descrivendo. Ma se passi i giorni a pensarci senza metterlo in pratica, intuisco che non vuoi ucciderti veramente. Che dici? Partiamo da qui: tu, morire, in realtà non vuoi”.

“E certo che non voglio morire”, era stata la mia risposta, “ma è l’HIV che mi costringe a pensarci! A 37 anni la data di scadenza! Non è giusto!”

Quel sant’uomo mi ha lasciato sparare cazzate a raffica e poi si è messo a dirmi le stesse parole che già avevo sentito dal medico: “adesso non è più una condanna a morte”, “segui regolarmente la terapia”, “abbi uno stile di vita più sano possibile”, c’è voluto molto tempo ma alla fine oltre ad aver fatto pace con l’HIV l’ho fatta con la mia autostima e ho debellato i sentimenti di stigma e omofobia interiorizzati che da anni tenevo dentro.

Capitolo chiuso anche l’odio per l’infezione: ormai sono emotivamente sereno, tanto che il virus fa parte della mia famiglia esattamente come il gatto e me ne prendo cura rimanendo fedele alle medicine e ai controlli medici.

Dovrei fare più esercizio fisico ma io e il mio HIV siamo così: quando uno vuole andare a fare una passeggiata, l’altro si mette d’accordo con Giove Pluvio e fa piovere. Tale umano tale virus! Serie tv, divano, attività in orizzontale! Almeno essendo in simbiosi non c’è rischio che mentre guardiamo lo sport l’HIV tifi per gli avversari.

Lo ammetto, dopo tutto quello che mi ha fatto penare per farsi accogliere, mi sono pure affezionato a questo virus. Lui che mi ha costretto a mettere in discussione troppe certezze fondate sul nulla ma che alla fine mi ha permesso di trovarne più salde comprese alcune amicizie e amori solidi che prima, forse, c’erano e non li vedevo.

Brutto da dire forse ma senza di lui probabilmente non avrei stretto amicizia con @talksina l’ideatrice di questo blog, che divide con me l’esperienza dal punto di vista opposto: quello di una persona senza HIV ed ex compagna di un uomo col virus.

Cosa potrei volere di più? Tornare col segno negativo? Al momento non ci penso perché non è possibile, salvo le persone con leucemia trapiantate di staminali su cui i media ogni tanto parlano.

Mi basterebbe mantenere HIV sulla soglia di Non Rilevabile Non Trasmissibile senza dover assumere farmaci, la ricerca si sta concentrando in questo senso perciò è questione solo di pazienza; per adesso il mio desiderio è vivere e godermela al massimo, ho già perso troppo tempo dietro alle cazzate!

In chiusura tranquillizzo i lettori sul fatto che non ho alcuna intenzione di scrivere libri e guadagnare sulla mia esperienza ma voglio solo raccontarla per aiutare a sconfiggere lo stigma.

Testo aggiornato rispetto alla pubblicazione iniziale (13 aprile 2023).


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Via Palazzotto, per favorire LIDL il Comune di Catania stravolge la sentenza del CGA


Il permesso di costruire un supermercato Lidl in via Palazzotto, subito sotto il Tondo Gioeni, in una zona già abbondantemente servita e in un’area destinata dal Piano Regolatore a servizi di interesse generale e in particolare ad una scuola, non è sembrato sufficiente alla Direzione Attività Produttive.

In data 30 agosto, nel pieno di questa calda estate […]

Leggi il resto: argocatania.it/2024/09/04/via-…

#CGA #ComuneDiCatania #concessioniEdilizie #CONFCOMMERCIO #DirezioneAttivitàProduttive #DirezioneUrbanistica #MaurizioCaserta #PianoRegolatoreGenerale #RegioneSiciliana

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Sunshine 02: the third wheel


REAL WORLD: “The Sun” newspaper in 1987 revealed that a former lover of Freddie Mercury had died of AIDS. It was Paul Prenter, the artist's former manager, who sold the information. He died for AIDS too, a few months before Freddie. FANTASY: only a few we

REAL WORLD: “The Sun” newspaper in 1987 revealed that a former lover of Freddie Mercury had died of AIDS. It was Paul Prenter, the artist’s former manager, who sold the information. He died for AIDS too, a few months before Freddie.

FANTASY: only a few weeks have passed since her wedding and Sharon counts the days before giving birth; meanwhile she reads a tabloid newspaper discovering that her true great love may have AIDS and, from the little information she knows about this disease, she realizes both her and the baby could be at risk as well…


1987, Sharon: the prison


“You are my sunshine, my only sunshine.” Singing this refrain, I walk back and forth through the living room caressing my own belly; it’s matter of days for me to give birth now, and the baby is my only reason for living because this house has become a prison from which I am only allowed to get out if my husband has no Vodka left in the fridge.

“You are my sunshine, my only sunshine…” Even the mysterious voice, my guardian angel, echoes me when I sing and I have the feeling that they are dedicating it to me, as my great rock star love had done after our magical night when we conceived my little girl.

I am forbidden to read, listen to music, or make friends because I have become just Vladimir’s servant who sleeps in his bed without getting any attention from him except kicking me to wake me up in the morning.

It doesn’t matter if pregnancy makes me feel increasingly tired and heavy; I still have to bring him breakfast in bed, possibly along with a glass of vodka, one of many accompanying him until evening.

Then, around ten o’clock, his nephew usually comes by to deliver newspapers, but I have never been allowed to meet him. Only once did I see him in passing, he is a handsome guy about my age, and when his uncle greeted him, I discovered his name. Bogdan.

If something is forbidden to me I become more curious about it, so one morning I stay crouched behind the door while Vladimir argues with Bogdan; I understand little Russian, however I perceive that the guy hates how his uncle treats both him and me. “Your baby needs a family,” once again I hear my father’s words in my mind. “You conceived her with a bastard who only thinks about music, he maybe sleeps with men and is drugged I bet…” Maybe, but what about Vladimir’s alcohol addiction?

“Every family has its conflicts,” I think to myself and take a step toward the door. I had to at least figure out if my sensations were real.

There is only a fleeting glance between us, but I sense that Bogdan’s eyes wanted to speak to my heart. Or perhaps the memory of my idol has returned? The only one listening to me is again my mysterious invisible friend.

“My heart is almost bursting,” I tell them; ”I’ve never seen you or know who you are, and yet I can’t live without you anymore.”

“Yes I know, it’s a mutual feeling. So what? I’m busy right now…”

Maybe I really am going crazy, how can I fall in love with a creature who lives only in my imagination!

“You have tired me Sharon,” the voice no longer has its usual soothing tone and seems to have lost its patience for an unexplicable reason.

“I protect you, and your little girl, but what do you do for me? Nothing. I’ve had enough of waiting you know?”

I touch my belly, counting the days, “two weeks until she comes to this world if that’s what you mean…”

They spoke no words. The voice seems as gone as last week before my wedding. “I’ve lost my mind,” I whisper with my eyes turned to the ground; ”I’m alone, no one gives me attention, I… I just want to feel loved.” Still no sign of my mysterious friend, so I resign myself to eating a piece of fruit and lying down on the couch.

In a low voice I continue to sing the usual refrain, “you are my sunshine, my only sunshine” and I feel my baby kicking from inside of me, maybe she’s hearing my lullaby.

In a few minutes silence reigns in the house, except for Vladimir snoring in bed.

No guardian angel to greet me, so I resign myself to closing my eyes. But just as sleep takes hold of me, I hear someone opening the door with their keys.

“Can I come in?” I can’t believe to my own eyes, there’s Bogdan! Vladimir’s nephew is talking to me! I shake my head, shrug my shoulders, and immediately look around: the guy is really here, in person, slowly walking closer to me.

“Your uncle is asleep,” I whisper to him, and he looks at the closed bedroom door as if he feared to get caught.

“Shaz, I brought you this,” he holds up a tabloid newspaper and sits on the couch next to me. How long has it been since I read the disengaged stories about celebrities, it almost feels like a breath of fresh air after days in prison.

“I thought you might be interested,” he says, handing me the paper. “But … maybe you should prepare yourself.”

“What’s the matter?” I ask, with my heart starting to pound. His voice conveying an inexplicable fear.

Bogdan hesitates staring at the cover, then hands me the magazine. My hands tremble as I flip through page after page, until my gaze locks on a few words that scare me: homosexuality, former boyfriend deceased, AIDS.

The magazine falls from my hands. My beloved man’s name is there, unmistakable, linked to that dramatic story. I tighten my fingers on my belly and bite my lips, unable to utter a single sound.

Me and my friends from Bugdom, each of us had a sexual encounter with him; and now? What happens to me and my little girl! No, we couldn’t all have been infected! My friends and I are adults but my little girl cannot pay for my own choices!

Bogdan bends down and picks up the magazine, upset for the same news: “well, Shaz, if I were you, I wouldn’t panic. Who knows even if it’s true! Remember, tabloids use to write bullshit! However, I have something to warn you about…”

“I don’t… I don’t understand…” The knot in my throat prevents me from formulating a full sentence. “What are you trying to tell me, what do you want from me…”

He looks into my eyes, sweet and aggressive at the same time: “Uncle Vlad tells me that you talk to yourself at night, is that true?”

One, two, three, breathe. I try to practice the method I’ve learned not to act impulsively in difficult moments. Four, five, breathe… My pained face is worth more than words, and Bogdan nods seriously, “Oh, yeah, are things going this way? Interesting!”

Leaning my head on the armrest of the sofa is the only way to escape that piercing gaze. “I’m a pregnant woman, and I’m talking to my baby! Does that seem so strange to you?”

He clears his throat and shakes his head, tapping one hand on the newspaper, “I didn’t mean that! Uncle mentioned a voice you hear, late at night. Someone invisible you became confident with. Vladimir tells me you go to the bathroom sulking and come out smiling… You’re playing with fire, girl. I warn you.”

I bite my lips even harder, struck in spite of myself by those words. “Bogdan! What… I don’t understand what you mean…” When I lived in Bugdom my father would sometimes share stories about an old uncle who was committed to psychiatry because he heard voices, and if a similar problem had happened to me maybe I would have harmed my little girl too. My idol singer maybe gave me AIDS, or madness could be in my family genetics, what could have been the lesser of two evils?

“I want to be your friend,” Bogdan speaks in my ear; ”if the creature talking to you is who I suspect, they are an evil being. Don’t give them attentions at all!”

That guy can destroy my certainties one by one just with a single word. But before I can reply, I hear my invisible friend’s voice louder and clearer than ever.

“Forget that human, Sunshine. He is negative and cannot understand. You, me and the little girl live symbiotically and no one will hurt us. I promise.”

I get up, moving away from Bogdan, my hands clasped on my belly; something inexplicable made me feel so different and distant from the guy I considered almost a friend until some minutes before!

“Look,” he insists, moving toward the exit door. “I came here to warn you of a danger, then it’s your own business. Life is yours.”

Without saying anything else, he closes the door behind him and I remain alone on the couch. The newsspaper is still open and I hold it, focusing on nothing else than my great love’s picture. My idol, the man who called me Sunshine, was tightly hugging a visibly sick man.

“Sunshine, don’t be afraid of me, I’m here to protect you!” There they are again, my guardian angel more caring than ever.

“I realize you are not human,” their voice is calm enough to make me forget all distrust. “And not a ghost either. But why do you dislike Bogdan so much?”

“Sunshine, Sunshine, little Sunshine,” the creature speaks to me with a mischievous giggle. “I am the only one who really cares about you and our little girl. The only one who can save your life in case of imminent danger…”

“If you really love me then go away!” I can’t take it anymore now, my eyes closing in confusion and fear.

“Listen my dear. The symbiosis between me and you, humans, is for life and with your own efforts you all are unable to defeat me.”

So all stories about my old mad uncle are true, I hear voices too! With this realization I can no longer hold back crying, hot tears flow down from my eyes until they fall on the newspaper, right on the picture showing my idol’s alleged lover.

“Sunshine dear, it’s hard for me too! When I arrived I immediately had to share your body and love with that little girl. She and I were born together…”

“WHO ARE YOU,” I shout; ”TELL ME NOW! I DO NOT WANT a daughter destined to suffer like me!”

“She doesn’t,” they reply seraphically; ”because I accompanied your idol’s seed into your egg and now I am growing with your little baby girl.”

Who transfers from man to woman, besides sperm cells? Why would an angel of God speak like that? Why does the invisible entity claim to be growing with the child? For each question only one explanation made sense to me, and it was not pleasant.

“Tell me who you are, please allow me to at least give you a name. Maybe I understood it but I would like you to say it.”

“As long as from tonight you don’t sleep in bed with that negative Vladimir anymore. You hear me?”



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Copertina del primo albo de "Le ragazze del Pillar". Davanti a una finestra aperta sul mare sono sedute due giovani ragazze vestite di bianco e un uomo maori con giacca.

Le ragazze del Pillar è un romanzo grafico in due parti che segue sei storie che si svolgono in parallelo, ma che si intrecciano solo brevemente. È quasi straniante vedere come i punti di contatto tra i vari protagonisti siano brevi e fugaci, ma non siano mai forzati per incastrarli necessariamente. Sono, invece, inseriti armoniosamente all’interno delle vite dei personaggi, nel loro sviluppo e nella loro crescita caratteriale.

Per quanto le protagoniste siano delle prostitute di un bordello nell’Inghilterra del 1800, il racconto non è volgare e anche le scene un po’ più spinte sono trattate con molta leggerezza, tanto da risultare tenere, proprio perché Teresa Radice si concentra più sull’aspetto umano, interiore, fatto di drammi, felicità, contrasti e delusioni che sulla loro attività lavorativa, che è piuttosto un semplice pretesto per “raccogliere” le protagoniste senza dover forzare le loro interazioni.

Copertina del secondo volume de "Le ragazze del Pillar". Su una scogliera sono sedute due ragazze e sulla sinistra è in piedi un generale della marina

È particolare la scelta di dividere la storia in due tomi, nemmeno troppo lunghi, che permette di suddividere ogni tomo in tre parti bene distinte, ciascuna con la sua parte di storia parallela alle altre.

Interessantissime sono le appendici in cui Stefano Turconi spiega ed elenca i riferimenti storici su cui si è basato per la meticolosa rappresentazione storicamente fedele dei vestiti dei personaggi della marina e delle forze armate.

mannivu.wordpress.com/2024/09/…

#fumetti #libri #recensioni

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18983461Giuliano Mesa, MG e Michele Zaffarano in una foto di Andrea Inglese, novembre 2007
facebook.com/share/p/n5r1ASaLe…

L’8 novembre 2007 in Camera verde Giuliano parlava di Beckett, il 22 di Celan. La foto deve riferirsi a una delle due date. Qui i link alle pagine di slowforward che annunciano gli incontri, e il pdf del ciclo intero:
slowforward.net/2007/11/08/mem…
slowforward.net/2007/11/22/pro…
slowforward.net/wp-content/upl…

Molto probabilmente si tratta dell’incontro dedicato a Beckett, anche perché due giorni dopo si sarebbero peesentati i due libretti della collana ‘felix’ appena usciti: quello di Andrea Inglese (che ha scattato la foto) e quello di Alessandro Broggi.

La sequenza degli incontri a Roma fu, in ogni caso, piuttosto ricca:

– Giuliano l’8 in Camera verde;

– Laura Pugno, Christophe Marchand-Kiss, Ryoko Sekiguchi, Andrea Raos e Michele Zaffarano da Bibli il 9 novembre (slowforward.net/2007/11/09/mar…);

– Inglese e Broggi il 10 di nuovo in Camera verde (slowforward.net/2007/11/10/pro…).

A Parigi, stesso mese, quantità di presentazioni (tra cui una congiunta di Inglese e Francesco Forlani: slowforward.net/2007/11/27/and…)

slowforward.net/2024/09/03/not…

#Beckett #CameraVerde #Celan #GiulianoMesa #incontri #laCameraVerde #MarcoGiovenale #reading

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100words (2.35)

compresso l’annuario, l’annona, l’annuncio del divenire in un singolo spicchio di mandarino senza semi imposto come lingua d’uso alle minoranze etniche del tibet e degli iuguri. lo fanno per ragioni di mercato che sfuggono al comune cittadino, al comune consumato.

la morale: non si sfugge dal discount.

spargono multipli gradi in tanti grani in moltitudini di melograni. c’è un’ancella che ci racconta un’altra versione della storia:

ci sono questi gruppi di semi con propulsione aerea autonoma (semi di dente di drago) che possono germogliare solo se si posano dentro bocche di vulcani attivi e in eruzione proprio in quel momento.

#eschaton

è colpito da una infinità di speranze e conclude che anche. dal reattore segnalano che va tutto bene, dunque, a breve, esploderanno. porteranno via tutto. saranno anche sinceramente singulti, poi, nella vasta rete. ci sarà duro ingegno, per sopravvivere alcuni. ci saranno continuazioni. contaminazioni. brulichii.
è stato detto – profetizzato – che le storie non moriranno: se ne faranno carico gli insetti.

pontebianco.noblogs.org/post/2…

#francescoScapecchi #post2024


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Maria Sole 02: il terzo incomodo


MONDO REALE: il giornale "The Sun" nel 1987 rivela che un ex amante di Freddie Mercury è morto per AIDS. A vendere l'informazione è stato Paul Prenter, ex manager dell'artista, deceduto nello stesso modo pochi mesi prima di Freddie. FANTASIA: moglie da po

MONDO REALE: il giornale “The Sun” nel 1987 rivela che un ex amante di Freddie Mercury è morto per AIDS. A vendere l’informazione è stato Paul Prenter, ex manager dell’artista, deceduto nello stesso modo pochi mesi prima di Freddie.

FANTASIA: moglie da poche settimane e in procinto di partorire, Maria Sole legge su un giornale scandalistico che il suo vero grande amore potrebbe avere l’AIDS e, dalle poche informazioni a sua disposizione, capisce che forse anche la piccola è in pericolo…


1987, Maria Sole: reclusa


“You are my sunshine, my only sunshine”. Cammino avanti e indietro per il salotto di casa con le mani strette sul pancione intonando sottovoce il ritornello; il giorno del parto si sta avvicinando sempre di più e la bambina è la mia sola ragione di vita perché questa non è una casa, ormai è diventata una prigione da cui mi è permesso uscire soltanto se l’uomo che ho sposato non ha più bottiglie in frigo.

“You are my sunshine, my only sunshine…” Anche la voce misteriosa, il mio angelo custode, mi fa eco quando canto e ho la sensazione che me la stia dedicando, come aveva fatto il mio grande amore rockstar dopo la magica notte in cui abbiamo concepito la mia piccola.

Mi è proibito leggere, ascoltare musica o coltivare amicizie perché per Vladimir sono diventata solo una serva che gli dorme a letto senza ricevere da lui alcuna attenzione, a parte darmi un calcio per svegliarmi la mattina.

Non importa se la gravidanza mi fa sentire sempre più stanca e pesante; devo comunque portargli la colazione a letto, possibilmente insieme a un bicchiere di vodka, uno dei tanti che lo accompagnano fino a sera.

Poi, verso le dieci, passa sempre suo nipote a consegnargli i quotidiani ma non ho mai avuto il permesso di conoscerlo. Una sola volta l’ho visto di sfuggita, è un bel ragazzo della mia età e, quando suo zio l’ha salutato, ho capito che il suo nome è Adrian.

A me più si proibiscono le cose più divento curiosa, così una mattina resto accovacciata dietro la porta mentre Vladimir discute con Adrian; comprendo poco di russo, intuisco però che il ragazzo non gradisce come lo zio tratta lui e me. “La tua bambina ha bisogno di una famiglia”, ancora una volta nelle orecchie sento le parole di mio padre. “L’hai concepita con un bastardo che pensa solo alla musica, quello andrà con gli uomini e si drogherà, ci scommetto…” Sì, e Vladimir che beve come una spugna?

“Ogni famiglia ha i suoi conflitti”, penso tra me e faccio un passo verso la porta. Dovevo almeno capire se le mie sensazioni erano vere.

C’è solo un fugace sguardo tra noi, ma ho l’impressione che gli occhi di Adrian volessero parlare al mio cuore. O forse è tornato il ricordo del mio idolo? L’unico ad ascoltarmi è di nuovo il mio misterioso amico invisibile.

“Il cuore mi sta scoppiando”, gli dico; “non ti ho mai visto né so chi sei eppure non riesco più a fare a meno di te.”

“Sì ho capito, lo so. Anch’io. E allora? Ho da fare adesso…”

Forse sto impazzendo davvero, come faccio a sentirmi di amare una creatura che vive solo nella mia fantasia!

“Mi hai stancato Maria Sole”, la voce non ha più il solito tono rassicurante e sembra aver perso la pazienza per un motivo che ignoro.

“Io proteggo te, e la bambina, ma tu cosa fai per me? Niente. Ne ho abbastanza di aspettare lo sai?”

Mi tocco la pancia, conto i giorni: “mancano due settimane al parto se è questo che chiedi… ma…”

Silenzio. La voce sembra sparita come la settimana prima del matrimonio. “Ho perso la testa”, sussurro con gli occhi rivolti a terra; “sono sola, nessuno mi dà attenzioni, io… io vorrei solo essere amata.” Ancora silenzio, indifferenza, così mi rassegno a mangiare un frutto e stendermi sul divano.

A bassa voce continuo a cantare il solito ritornello: “you are my sunshine, my only sunshine” con la bambina che, forse sentendo la ninna nanna, muove i piedini dentro di me e ben presto cala il silenzio della sera, rovinato solo dal pesante russare di Vladimir in camera da letto.

Niente angelo custode a salutarmi, allora mi rassegno a chiudere gli occhi ma appena il sonno si impadronisce di me, sento qualcuno infilare le chiavi sulla porta.

“Posso entrare?” No, non ci credo, c’è Adrian! Il nipote di Vladimir sta parlando con me! Alzo la testa, scrollo le spalle e mi guardo subito intorno: il ragazzo è davvero qui, in carne e ossa, e piano piano mi si avvicina.

“Lo zio dorme”, gli sussurro e lui osserva la porta chiusa della stanza da letto come a scongiurare l’eventualità di essere colto con le mani nel sacco.

“Sole, ti ho portato questo”, ha in mano un giornale scandalistico e si siede sul divano accanto a me. Da quanto tempo non leggevo più le storie disimpegnate sulle celebrità, mi sembra quasi una ventata di aria fresca dopo giorni di segregazione.

“Ho pensato che potesse interessarti,” dice, porgendomi il giornale. “Ma… forse dovresti prepararti.”

“In che senso?” chiedo, col cuore che inizia a battermi forte. Il suo tono di voce mi trasmette una paura inspiegabile.

Adrian guarda incerto la copertina, poi mi passa la rivista. Le mie mani tremano quando sfoglio una pagina dopo l’altra, finché il mio sguardo si blocca su alcune parole che mi fanno sobbalzare: omosessualità, ex amante morto, AIDS.

Il giornale mi scivola a terra. Il nome dell’uomo che ho amato con tutta me stessa è lì, inequivocabile, legato a quella storia drammatica. Stringo le dita sul mio pancione e mi mordo le labbra, incapace di pronunciare un singolo suono.

Io, i miei amici di Bugliano, ognuno di noi ha avuto un incontro con lui e adesso? Per me, per la bambina, no, non potevamo esserci contagiati tutti! Non può la mia piccola pagare per le mie scelte!

Adrian si china e raccoglie la rivista, anche lui colpito dalla notizia: “beh, Sole, fossi in te non andrei in panico. Chissà anche se è vero! Sai stronzate che scrivono questi tabloid! Però c’è una cosa che dovresti sapere…”

“Non… Non capisco…” Il nodo alla gola mi impedisce di formulare una frase intera. “Cosa vuoi dirmi, cosa vuoi da me…”

Mi guarda negli occhi, dolce e aggressivo allo stesso tempo: “Lo zio mi racconta che tu la sera parli da sola, è vero?”

Uno, due, tre, respira. Cerco di mettere in pratica il metodo che ho imparato per non agire d’impulso nei momenti difficili. Quattro, cinque, respira… Il mio volto paonazzo vale più delle parole e Adrian annuisce serio: “ah, sì? Interessante!”

Appoggiare la testa sul bracciolo del divano è l’unico modo per sfuggire a quello sguardo penetrante. “Sono una donna incinta, e parlo con la mia bambina! Ti pare così strano?”

Lui si schiarisce la gola e scuote il capo, battendo con una mano sul giornale: “fosse solo quello! Zio ha parlato di una voce, qualcuno con cui ti confidi a notte fonda. Poi vai in bagno col broncio ed esci ridendo… Stai giocando col fuoco, bella mia. Io ti avverto.”

Mi mordo le labbra ancora più forte, colpita mio malgrado da quelle parole. “Adrian! Cosa… Non capisco cosa intendi…” Quando vivevo a Bugliano mio padre ogni tanto raccontava di un vecchio zio internato in psichiatria perché sentiva le voci, e se un problema uguale fosse capitato a me forse avrei danneggiato anche la mia piccola. Il mio amore forse con l’AIDS, io forse impazzita, quale poteva essere il problema più gestibile?

“Ti voglio essere amico”, Adrian mi parla all’orecchio; “se a dialogare con te è chi penso io è un essere diabolico che tu non devi ascoltare, per nessuna ragione al mondo.”

Con ogni parola quel ragazzo è capace di distruggere le mie certezze una a una. Ma prima che io possa replicare, sento la voce del mio amico invisibile più forte e chiara che mai.

“Lascia perdere quell’umano, Sunshine. Lui è negativo e non può capire. Io, te e la piccola viviamo in simbiosi e nessuno ci farà del male. Promesso.”

Mi alzo in piedi allontanandomi da Adrian, le mani strette sul pancione; qualcosa di inspiegabile mi faceva sentire così diversa e lontana dal ragazzo che fino a poco prima speravo diventasse un nuovo amico!

“Senti”, insiste lui muovendosi verso la porta d’uscita. “Io sono venuto qui per avvisarti di un pericolo, tu fai come vuoi. La vita è tua.”

Senza aggiungere altro, il giovane chiude la porta dietro di sé e io rimango sola sul divano ancora col giornale aperto. Nessun’altra notizia mi interessa più, rimango fissa sul volto del mio grande amore abbracciato a un uomo sconosciuto e palesemente malato.

“Sunshine, non devi aver paura di me, sono qui per proteggerti!” Eccolo di nuovo, il mio angelo custode più premuroso che mai.

“Ho capito che non sei umano”, la sua voce è calma a tal punto da farmi dimenticare ogni diffidenza. “E neanche un fantasma. Ma perché Adrian ti sta così antipatico?”

“Sole, Sole, piccola Sunshine”, la creatura mi parla con una risatina maliziosa. “Io sono l’unico che tiene davvero a te e la nostra bambina. L’unico che può salvarti la vita in caso di pericolo grave…”

“Se mi vuoi davvero bene allora vattene!” Non ce la faccio più ormai, mi si chiudono gli occhi per la confusione e la paura.

“La simbiosi tra me e voi umani è per tutta la vita mia cara, e con le vostre forze non siete in grado di cancellarmi.”

Allora è vera la storia di quel vecchio zio impazzito, sento anch’io le voci! Con questa consapevolezza non riesco più a trattenere il pianto, lacrime calde scendono dai miei occhi fino a cadere sul giornale, proprio sulla foto che ritraeva il presunto amante del mio idolo.

“Sunshine cara, è difficile anche per me! Quando sono arrivato ho dovuto subito dividermi il tuo corpo e il tuo amore con quella bambina. Io e lei siamo nati insieme…”

“CHI SEI”, mi metto a urlare; “DIMMELO ADESSO! NON VOGLIO una figlia che soffre come soffro io!”

“Lei no”, mi risponde serafico; “perché io ho accompagnato il seme del tuo idolo nel tuo uovo e adesso sto crescendo con la tua piccola.”

Chi si trasferisce dall’uomo alla donna, oltre al seme? Perché un angelo di Dio dovrebbe parlare in quel modo? Perché l’entità invisibile sostiene di crescere con la bambina? Per ogni domanda solo una spiegazione mi pareva sensata, e non era piacevole.

“Dimmi chi sei, ti prego, consentimi almeno di chiamarti, darti un nome. Forse ho capito ma lo vorrei sentire da te.”

“A patto che da questa sera non dormi più nel letto con quel negativo di Vladimir. Intesi?”

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18501573

Dopo il lavoro della commissione, le dimissioni di Allavena e la collocazione “a disposizione” di De Lorenzo, si sperò che la fase calda dello scandalo fosse conclusa. Invece, qualche settimana più tardi, il 10 maggio 1967, il settimanale L’Espresso pubblicò un articolo-inchiesta dal titolo “Finalmente la verità sul SIFAR: 14 luglio 1964: complotto al Quirinale. Segni e De Lorenzo preparavano il colpo di Stato”; lo scandalo fu sensazionale, le copie andarono esaurite in mezza giornata. Le informazioni di cui disponeva il giornale provenivano da fonti interne all’Esercito, che avevano a loro volta ricevuto le confidenze di alcuni ufficiali dell’Arma “che si erano trovati a partecipare loro malgrado alle riunioni preparatorie” <97.
La ricostruzione era la seguente: il 14 luglio 1964 – in concomitanza con la caduta del primo governo Moro e le conseguenti consultazioni al Quirinale – il comandante dei carabinieri De Lorenzo, ex responsabile del Sifar dal ‘55 al ‘62, aveva convocato i vertici dell’Arma per consegnare loro una copia del cosiddetto “Piano Solo”, così denominato perché doveva vedere in azione unicamente i carabinieri. Il piano prevedeva la presa di controllo del Paese da parte dei carabinieri e l’internamento di 732 militanti della sinistra politica, sindacale e del mondo culturale italiano. Il piano prescriveva una loro deportazione in Sardegna, a Capo Marrargiu (ove, nel 1990, si sarebbe scoperto che era stata stabilita la base di addestramento della struttura Gladio).
La campagna di stampa continuò per mesi, caparbiamente combattuta dalla volontà democristiana di insabbiare tutto. Nel frattempo, l’11 maggio 1967 il comandante dell’Arma dei carabinieri Carlo Ciglieri affidò un’indagine ministeriale sul tentato golpe del ’64 al generale Giorgio Manes. A settembre 1967, De Lorenzo decise di sporgere querela contro i giornalisti de L’Espresso Lino Jannuzzi ed Eugenio Scalfari, per diffamazione. Cominciò in novembre un processo dove, ben presto, “gli accusati si trasformarono in accusatori” <98: nonostante la condanna per i giornalisti, nel corso del processo erano sorte verità inquietanti sull’operato del Sifar (per esempio, si parlò per la prima volta degli
arruolamenti illegali del colonnello Rocca come possibili fiancheggiatori del golpe). Cosa più grave, era stato provato in maniera inoppugnabile che i fatti in questione, ossia la suddetta riunione dei vertici dell’Arma e la distribuzione delle liste di proscrizione, erano avvenuti. La linea difensiva del generale era di aver attuato soltanto delle azioni di prevenzione in vista della crisi di governo. Si cercò ulteriormente di arginare lo scandalo con la creazione di una nuova commissione d’inchiesta, questa volta strettamente militare, presieduta dal generale Luigi Lombardi; la speranza era che questa avrebbe ritrattato, o almeno, ridimensionato il portato della precedente commissione. Questa, nonostante la censura che pose sull’operato di Manes, confermò che il generale aveva effettivamente posto “misure illegali tese ad assumere il comando delle grandi città <99”.
Nel frattempo, scoppiava in parlamento un acceso dibattito sulla formazione o meno di una commissione d’inchiesta parlamentare: l’onorevole Luigi Anderlini, venuto in possesso del testo integrale del rapporto Manes, cominciò a leggerne
pubblicamente le parti censurate <100, tra le reazioni “scomposte, quasi isteriche <101” del presidente del Consiglio: Moro, solitamente compassato, era assolutamente contrario alla formazione di una commissione parlamentare. Tanto che, in Consiglio dei ministri, minacciò le proprie dimissioni se questa avesse dovuto avere luogo <102. La sua paura era che questa avrebbe fatto cadere il governo e che un’ulteriore crisi all’interno della coalizione di centro-sinistra avrebbe portato il Paese ad un’involuzione di destra.
Alla fine, la legislatura uscente si chiuse senza che il parlamento approvasse la costituzione della commissione; al contrario, il nuovo parlamento vide sedere tra i suoi proprio il generale De Lorenzo, senatore neoeletto tra le fila del partito monarchico. La commissione d’inchiesta parlamentare venne infine istituita il 31 marzo 1969, presieduta dal democristiano Alessi. Ma neanche questa volta i lavori poterono svolgersi in pace. Un testimone fondamentale già mancava all’appello: il colonnello Renzo Rocca, morto suicida nel giugno precedente con un colpo di pistola alla tempia; nonostante l’anomalia delle circostanze e l’avanzamento dell’ipotesi di omicidio, l’indagine venne rapidamente chiusa
confermando il suicidio <103. Il figlio del colonello avrebbe poi testimoniato che negli ultimi mesi di vita il padre appariva preoccupato proprio in vista di una sua eventuale deposizione di fronte a una commissione <104.
Nei due mesi successivi, altre due morti molto sospette vennero a turbare i lavori della commissione: il generale Ciglieri (colui che affidò a Manes la prima indagine sul Sifar) perse la vita in un misterioso incidente d’auto e lo stesso Giorgio Manes, il giorno della sua audizione, morì d’un infarto improvviso proprio sulla poltrona della commissione parlamentare <105, a palazzo Madama, appena dopo aver bevuto una tazzina di caffè. Qualche mese prima, egli era stato allontanato dall’Arma ed era stato punito come gli altri ufficiali lealisti che avevano denunciato le illegalità.
Anche il generale Zinza, comandante nel ’64 della legione di Milano, che fu l’unico a testimoniare di aver partecipato alle riunioni di giugno, vide la sua carriera bloccata <106. Al contrario, gli ufficiali coinvolti negli eventi del ’64 ottennero repentine promozioni <107.
Chi voleva una commissione addomesticata poté finalmente essere soddisfatto perché il rapporto della commissione Alessi minimizzava i fatti del ’64 e, anzi, “per sette pagine erano descritte con molta compiacenza le benemerenze militari di De Lorenzo” <108. Le sole conclusioni a cui si giunse furono una timida proposta di riforma del servizio (mai adottata) e la richiesta di distruggere 34.000 dei 157.000 fascicoli illegali del Sifar. Vennero distrutti soltanto nel 1974, dopo che una parte di questi, o tutti, erano già stati fotocopiati.
Aldo Moro, in una delle lettere dal carcere (1978), ricordò così i fatti del ‘64: “Il tentativo di colpo di stato del ’64 ebbe certo le caratteristiche esterne di un intervento militare, ma secondo una determinata pianificazione propria dell’arma dei carabinieri, ma finì per utilizzare questa strumentazione militare essenzialmente per portare a termine una pesante interferenza politica rivolta a bloccare o almeno fortemente dimensionare la politica di centrosinistra, ai primi momenti del suo svolgimento. Questo obiettivo politico era perseguito dal presidente della Repubblica on. Segni, che questa politica aveva timidamente accettato in connessione con l’obiettivo della presidenza della Repubblica. […] Il piano, su disposizione del Capo dello Stato, fu messo a punto nelle sue parti operative (luoghi e modi di concentramento in caso di emergenza) che avevano preminente riferimento alla Sinistra, secondo lo spirito dei tempi” <109.

[NOTE]97 Cfr. G. De Lutiis, op. cit.
98 Ibidem
99 Ibidem
100 D. Conti, op. cit., pg. 28
101 G. De Lutiis, op. cit., pg. 83
102 Ibidem
103 D. Conti, op. cit., pg. 41
104 Ibidem
105 G. De Lutiis, op. cit. pg 85
106 Ibidem
107 Ibidem
108 Ibidem
109 Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulle Stragi, Relazione sulla documentazione rinvenuta il 9 ottobre 1990 in via Montenevoso a Milano, vol. II, doc. XXIII, n. 26, “Memoriale Aldo Moro”, pp. 381-383
Claudio Molinari, I servizi segreti in Italia verso la strategia della tensione (1948-1969), Tesi di laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2020-2021

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18667510Il castello Ceconi a Pielungo, Frazione del comune di Vito d’Asio (PN). Foto di Iaroslav Dubyk su Google

Un testo molto importante per capire i rapporti fra le diverse componenti del movimento partigiano, è un saggio di Giampaolo Gallo, pubblicato nel 1977; questo saggio è un’analisi politica in cui si analizzano le differenze fra garibaldini e osovani e come si svilupparono i rapporti fra i partiti che componevano la Osoppo.
L’autore afferma che il rastrellamento di Pielungo [n.d.r.: frazione del comune di Vito d’Asio (PN)] del 19 luglio 1944, contro il comando della brigata Osoppo, fu modesto dal punto di vista militare ma che i fatti che ne scaturirono permettono di capire aspetti dei problemi interni della Resistenza friulana. <55
I due partiti principali che componevano la Osoppo erano Democrazia Cristiana e Partito d’Azione; quest’ultimo aveva una corrente socialista aperta ad una stretta collaborazione con il Pci e i garibaldini ma ebbe la meglio la corrente democratico-liberale che accettava una posizione subalterna alla Dc. <56.
Giampaolo Gallo giudica il comportamento della Garibaldi sempre misurato e politicamente corretto ed afferma che i garibaldini volevano un’unificazione delle brigate per poter potenziare la lotta contro i tedeschi, ma erano osteggiati in questo dai democristiani, che temevano di perdere il comando della brigata Osoppo <57.
L’autore afferma che i rapporti fra garibaldini e osovani non furono buoni perché i due movimenti avevano idee diverse su come riedificare l’Italia; i comunisti avrebbero voluto creare, dopo la sconfitta del fascismo, una democrazia socialmente avanzata, mentre i moderati volevano tornare alla situazione politica antecedente il fascismo <58.
Nel testo si afferma che nonostante tutti i problemi, all’interno della Resistenza friulana ci fu sempre una lotta implacabile contro i tedeschi e i fascisti, piena di tribolazioni e pericoli <59.
Prima di parlare della crisi di Pielungo, Gallo descrive la zona in cui avvennero i fatti e inoltre descrive i dirigenti della brigata e come erano dislocati i diversi battaglioni. <60
Gallo descrive i fatti di Pielungo ma soprattutto le ripercussioni politiche che quest’ultimi causarono.
Il 19 luglio alle 6.30 una colonna di tedeschi e fascisti giunge a Pielungo, superando due posti di blocco, e si dirige verso il castello Ceconi, sede del comando della brigata Osoppo. In quest’azione i tedeschi portano via molto materiale bellico e liberano dei loro commilitoni. Inoltre saccheggiarono il paese e incendiano alcune case.
Quest’episodio, secondo l’autore, dimostra la disorganizzazione della brigata e l’incapacità del comando. <61
Questa tesi è avvalorata da una relazione di Spartaco, rappresentante del partito d’azione, in cui si parla della situazione della brigata Osoppo, in qui i dirigenti sono accusati di non aver dato una corretta impostazione politico- militare alla brigata; Spartaco afferma che la situazione politica è peggiore di quella militare, che nella brigata non si vuole sentir parlare di politica e si fomenta l’anticomunismo <62.
Oltre alla relazione di Spartaco, che era diretta ai compagni di partito, l’autore cita un rapporto fatto al C.L.N. e al C.R.V. dal Comando Brigata Garibaldi contro il comando Osoppo, al quale veniva mossa l’accusa di non aver capito la necessità politico-militare di unificare il comando <63.
La crisi di Pielungo e il conseguente dibattito fra le formazioni partigiane fa emergere i rapporti fra organi militari e politici, all’interno della Resistenza, e soprattutto aiuta a conoscere le scelte dei partiti sia per quanto riguarda la lotta antifascista che per le prospettive politiche per il futuro.

[NOTE]55 GIAMPAOLO GALLO, La crisi di Pielungo in Storia contemporanea in Friuli n° 8, IFSML, Udine, 1979, p. 76
56 Ivi, p. 77
57 Ivi, pp. 76- 77
58 Ivi, p. 78
59 Ivi, p. 79
60 Ivi, p. 81
61 Ivi, p. 82
62 Ivi, pp. 86- 87
63 Ivi, pp. 87- 90
Andrea Bortolin, La storiografia sulla guerra di Liberazione sulla Destra Tagliamento, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, 2007

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Per quanto riguarda Andreotti, in questo periodo [1974] potrebbe vedere la propria posizione indebolita anche dal suo ruolo nell’affare dei petroli, dal momento che i comunisti continuano a chiedere che la commissione inquirente riconsideri le sue responsabilità. Certamente difficile, in generale, appare la situazione del partito; dopo il referendum ed i fatti di Brescia, si tiene un turno elettorale in Sardegna che segna gravi perdite per i democristiani e vistosi guadagni di voti per i comunisti ed i socialisti; un evento questo che contribuisce probabilmente a spingere De Martino, in occasione del comitato centrale del suo partito a giugno [1974], a manifestare una grande irrequietezza. Il segretario afferma che il centrosinistra è ancora l’unica formula possibile di governo, ma che i rapporti con la Dc sono mutati, mentre i comunisti dovranno svolgere un ruolo sempre più importante. Del resto il Psi continua ad
esercitare sul governo grandi pressioni circa la politica economica (vista la determinazione della Dc e di Colombo in particolare, a mantenere la linea deflazionistica di Carli) fino a portare Rumor a rassegnare le dimissioni (atto che l’esponente doroteo è indotto a compiere per ben tre volte in nove mesi). In questo caso però il presidente Leone rinvia il governo alle Camere ed i quattro partiti trovano un accordo che consente di trascorrere l’estate senza crisi. Nell’ambito della Dc si avverte una certa tensione: l’atteggiamento di Andreotti e Taviani non è probabilmente gradito al segretario, il quale ha i suoi problemi anche con Donat Cattin e Bodrato che lo sottopongono a dure critiche nel corso del Consiglio nazionale di giugno. I due esponenti della sinistra vengono allontanati dalla giunta esecutiva e, con ciò, l’equilibrio del patto di palazzo Giustiniani può dirsi, se non crollato (perché continua ad essere sorretto dal pilastro più importante, la collaborazione Fanfani-Moro) certamente compromesso. Per il Pci invece tutto sembra procedere nel migliore dei modi: il partito guadagna consensi, l’esito del referendum ha smentito i timori di molti dirigenti ed il partito può esultare; tuttavia esso non vuole esagerare nelle critiche alla Dc, «non si tratta di sconfiggerla, ma di indurla a ragionare» <128, la priorità è lo sviluppo della strategia del compromesso storico. Secondo Giorgio Galli il maggior partito della sinistra italiana non riesce a comprendere come la vittoria del fronte del no costituisca un segnale del profondo rinnovamento della società italiana <129.
A luglio la deposizione di Andreotti presso la commissione difesa si caratterizza per maggior riserbo da parte del ministro rispetto all’intervento pubblico di un mese prima, ma egli mantiene la sostanza delle rivelazioni <130 già fatte in occasione dell’intervista rilasciata al Mondo. Intanto gli episodi eversivi si susseguono: all’inizio di agosto un altro attentato, quello al treno Italicus, che provoca 12 morti e 48 feriti, contribuisce a mantenere vivo l’allarme della pubblica opinione nei confronti del terrorismo di estrema destra a cui contribuiscono anche le voci di golpe, che verrà poi svelato alla pubblica opinione anche in seguito all’inchiesta giudiziaria del giovane magistrato di Torino Luciano Violante, il quale individuerà in Edgardo Sogno e Luigi Cavallo i promotori del disegno eversivo <131.
A settembre Andreotti consegna ai magistrati di Roma (anche Tamburino ne riceverà una copia, ma affermerà che nessuna delle notizie contenutevi gli sarà di aiuto) alcuni fascicoli preparati dal Sid che contengono informazioni circa i tentativi eversivi dal 1970 all’estate 1974; poco dopo, il generale Vito Miceli, da luglio destituito dal vertice del servizio per decisione di Andreotti, in un’intervista a Panorama <132 afferma che i documenti consegnati ai giudici sono parziali, una parte è stata trattenuta. La risposta del ministro della Difesa è molto dura: ricorda i rapporti tra Miceli e Junio Valerio Borghese e giustifica il fatto che una parte del dossier non sia stata consegnato ai magistrati con la mancanza di riscontri <133. Poco dopo Andreotti riferisce alla commissione difesa della Camera; conferma la serietà dei tentativi eversivi del 1970 e accenna a preparazioni analoghe anche all’inizio del 1974 ed in estate <134. Una settimana più tardi, il 31 ottobre, Miceli viene arrestato su ordine di Tamburino.
Intanto dopo la fine della pausa estiva ricominciano a manifestarsi le impazienze del Psi. Nel corso di un discorso a Modena De Martino si lamenta della politica economica del governo e denuncia la rottura degli accordi di giugno <135. Ma la politica economica non è l’unico fronte di attrito scelto dal Psi, c’è anche il problema dell’eversione di destra e delle coperture, presunte o reali, da parte di politici. Vi fa riferimento una dichiarazione rilasciata da Lombardi e da Signorile a Panorama <136, con attinenza all’operato dei servizi e alle circostanze in cui questi si sono comportanti in maniera ambigua; «il potere politico», affermano, «si dimostrava incapace di riportare tutta l’organizzazione nei binari della legalità»; per poi ricordare che «spesso i politici si sono serviti dei servizi di informazione per scopi personali o di parte», ed è piuttosto evidente che pensano in primo luogo ai democristiani; infatti il Popolo descrive tali uscite come «forsennate e irresponsabili escandescenze di Lombardi» <137. Già a giugno, la “Discussione” aveva messo in guardia i lettori nei confronti di coloro che tendono a «immaginare complotti colossali» che servono solo a «indebolire le difese dello Stato» <138.
In ogni caso le tensioni portano, nel mese di ottobre, ad una nuova crisi: Tanassi spiega che non è possibile governare con il Psi, ma neppure senza di esso, di conseguenza Rumor, per l’ennesima volta presenta le proprie dimissioni. Secondo Giorgio Galli il regista della crisi, nonché istigatore di Tanassi, è il segretario democristiano, il quale però, nonostante l’incarico poi ricevuto da Leone non riesce a costituire il governo e deve cedere il passo ad Aldo Moro, molto più gradito dai socialisti. Il nuovo governo, che vede la partecipazione di ministri Dc e Pri ed il sostegno “esterno” di socialisti e socialdemocratici, nasce a novembre. Sul suo significato in un’ottica di lungo periodo vi sono almeno due punti di vista in qualche misura divergenti. Per Franco De Felice, esso, segnando una sconfitta di Fanfani, rappresenta anche il rovesciamento della «linea della reversibilità delle alleanze […] e l’ambigua e pericolosa tesi degli opposti estremismi», riuscendo così a rilanciare, «oltre ai protagonisti, aspetti essenziali del progetto riformatore originario del centro-sinistra» <139. Al contrario Piero Craveri insiste sul carattere «di conservazione» del governo Moro di fine 1974. Un primo elemento d’interesse è rappresentato dall’esclusione di Taviani ed Andreotti dai rispettivi ministeri per volere di Fanfani: Andreotti accetta il ministero del bilancio, mentre Taviani preferisce rimanere escluso dal governo piuttosto che vedersi attribuito un ministero diverso dagli interni. Sia i contemporanei <140 che gli storici <141 mettono in relazione l’esclusione dei due democristiani dai rispettivi ministeri con il loro atteggiamento nei giorni successivi all’attentato di piazza della Loggia. Quelle loro dichiarazioni avevano costituito una discontinuità, sia rispetto al contegno tradizionale del partito ed alla tesi degli opposti estremismi, sia della politica specifica che la segreteria Fanfani si appresta a condurre dopo la sconfitta del 12 maggio [nd.r.: referendum sulla legge del divorzio] ed il crollo, in qualche misura, degli equilibri interni creati con il patto di palazzo Giustiniani a causa dell’esclusione della corrente Forze nuove dalla maggioranza del partito. Fanfani intraprenderà un nuovo cammino cercando una rivincita nelle elezioni amministrative previste per giugno 1975, strategia cui sarà funzionale la campagna per l’ordine pubblico al fine di mobilitare l’elettorato moderato. In questo contesto la presenza di ministri che sbandierano in pubblico le “deviazioni” dei servizi e incrinano il comodo schema degli “opposti
estremismi” <142 non può che essere di intralcio.

[NOTE]128 G. Galli, Mezzo secolo di Dc. Cit.
129 G. Galli, Storia del Pci, Kaos Edizioni, Milano, 1993.
130 “Andreotti ha parlato alla commissione difesa”, L’Avanti, 05 luglio 1974.
131 Le vicende ricollegabili al cosiddetto “golpe bianco”, che avrebbe beneficiato anche della partecipazione di Randolfo Pacciardi, sono descritte, ad esempio, in A. Siji, Malpaese, Donzelli Editore, Roma, 1994. La testimonianza di Edgardo Sogno è stata raccolta in A. Cazzullo, Testamento di un anticomunista, Sperling & Kupfer, Milano, 2000.
132 “Se Miceli parla”, Panorama del 24 ottobre 1974
133 Il comunicato viene riprodotto in parte dall’Unità del 18 ottobre 1974, nell’articolo “Il ministero della difesa accusa Miceli di aver coperto le prove del golpe ‘70”.
134 “Andreotti conferma i pericoli eversivi”, L’Unità del 25 ottobre 1974.
135 “Sono indispensabili profondi mutamenti”, L’Avanti del 24 settembre 1974
136 “Ma Lombardi non si fida”, Panorama del 01 agosto 1974.
137 “Forsennate e irresponsabili escandescenze di Lombardi”, Il Popolo del 10/08/1974.
138 “Il gioco al rialzo è dannoso”, La Discussione, 24 giugno 1974, N. 1025.
139 F. De Felice, L’Italia repubblicana. Cit.
140 Ad esempio, l’articolo di Giovanni Trovati su La Stampa del 23/11/1974, “Chi sceglie gli uomini?” in cui afferma, a proposito di Taviani che il governo «si priverebbe del ministro dell’Interno che ha rifiutato l’alibi del doppio estremismo» e, per quanto riguarda Andreotti, «fino a ieri nessuno poteva pensare che il nuovo governo avrebbe rimosso il ministro che ha aperto gli archivi del Sid, dando alla magistratura la possibilità di intervenire…», cui risponde il Popolo del 24 novembre 1974, “Fantapolitica e realtà”, in cui si definiscono «velenose» le ipotesi del quotidiano torinese.
141 G. Galli, in Mezzo secolo di Dc. Cit. individua nel segretario democristiano colui che definisce l’esclusione di Taviani e Andreotti dai ministeri precedentemente retti «i due ministri, tipici esponenti delle destra democristiana, negli ultimi mesi (dopo le stragi di Brescia e dell’Italicus) hanno infatti tentato di riqualificarsi a sinistra denunciando complotti internazionali e sostituendo alti funzionari…». P. Craveri, nella sua La Repubblica dal 1958 al 1992. Cit. sembra attribuire la volontà di esclude Taviani e Andreotti da Difesa e Interni piuttosto a Moro, pur col necessario sostegno di Fanfani.
142 Nelle sue memorie Andreotti attribuisce la sua mancata conferma al ministero della difesa ad Aldo Moro a causa del suo dissidio con Vito Miceli. Vedere G. Andreotti, Governare con la crisi. Cit. Pag. 211. Per quanto riguarda Taviani invece, nelle sue memorie fa riferimento ad un brusco confronto con Moro e Fanfani e attribuisce il suo allontanamento dal ministero dell’interno alle sue dichiarazioni in contrasto con la “strategia degli opposti estremismi”, Vedere P. Taviani, Politica a memoria d’uomo. Cit. Pag. 394.
Edoardo M. Fracanzani, Le origini del conflitto. I partiti politici, la magistratura e il principio di legalità nella prima Repubblica (1974-1983), Tesi di dottorato, Sapienza – Università di Roma, 2013

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Appare assai più incerto il ferimento del Comandante “Tito” nello scontro a fuoco di Altagnana. Se infatti il libro di Bergamini e Bimbi, e la testimonianza di Della Bianchina sembrerebbero confermarlo, la relazione del Comandante Pietro Del Giudice sull’organizzazione e sulla attività dei “Gruppi” datata giugno – luglio 1946 attesta una versione differente: “Due feriti uno grave, Luciano ed un altro leggero, Guido vice comandante della formazione “Mulargia” (Luciano quasi morente viene trasportato all’ospedale di Massa, guardato a vista; un gruppo di nostri uomini – squadra Capaccola – lo prelevano dall’ospedale e lo portano in formazione) <17″.
Un’altra testimonianza inedita, rilasciata alla commissione regionale toscana per il riconoscimento della qualifica partigiana da Guerrini Giovanni “Nanni” e conservata nell’archivio ANPI di Massa riporta: “[…] oltre che comandante di squadra il compito del sottoscritto nella Brigata era anche quello di curare i feriti in quanto studente in medicina, lo stesso comandante Tito è stato curato dal sottoscritto di una ferita trasfossa da proiettile tedesco al carpo della mano destra e alla coscia destra” <18.
Quest’ultima dichiarazione sembra avvallare la ricostruzione del ferimento di Tito rilasciata dal partigiano Tongiani Angelo che sposterebbe l’episodio ad un momento successivo intorno al 5 o 6 di giugno, a causa di un colpo partito accidentalmente dalla maschinenpistole tedesca di un partigiano russo, che “Tito” stava esaminando <19.
Il giorno seguente il combattimento la formazione si trasferì nella zona di Campiglia e poi agli Alberghi, sopra il paese di Forno. Lo spostamento fu reso necessario a causa del rastrellamento che i fascisti e i nazisti stavano per effettuare nella zona, come risposta all’azione di Altagnana. Intanto continuavano ad aggregarsi alla Mulargia altri nuclei di partigiani massesi tra i quali gli uomini di Arnaldo Pegollo <20 e la formazione “Ceragioli” delle Casette comandata da Enrico Antonioli “Righetto”. L’accordo fra i due gruppi avvenne probabilmente il 4 giugno. <21 La collaborazione fra la “Ceragioli” e la “Mulargia” si realizzò a pieno con l’attacco alla sede del fascio di Colonnata compiuto da circa trenta uomini delle Casette al comando di “Righetto” e da una squadra comandata da “Vico”. Nel diario storico della formazione Ceragioli l’azione è così raccontata: “Il 7 giugno una squadra di Tito agli ordini di Vico e 30
uomini delle Casette comandati da Righetto, si recano a Colonnata ove prendono d’assalto la sede del fascio. Catturato che fu, il segretario viene portato in piazza; il popolo tutto chiede che venga rilasciato, essendosi egli comportato in ottimo modo nei riguardi della popolazione stessa” <22.
L’azione che nella relazione viene datata 7 giugno, in diverse pubblicazioni che ricostruiscono la strage di Forno [frazione del comune di Massa] viene, invece, anticipata di qualche giorno, 5 giugno <23.

[NOTE]17 M. Del Giudice a cura di, Patrioti Apuani, Sea, Carrara, 2014 pag.25;
18 Archivio ANPI Massa busta 6, fascicolo 10
19 R. Fruzzetti, A. Grossi, M. Michelucci, Forno 13 Giugno 1944, cit. pag. 88. La presenza di partigiani russi nella “Mulargia” è chiarita nella relazione già citata di Pietro Del Giudice, dalla quale si apprende che una ventina di russi, prelevati dal comando tedesco dagli uomini di Montignoso, vennero inviati a Tito prima del combattimento di Altagnana.
20 Arnaldo Pegollo “Naldo” comandante della 3° compagnia del GPA nato a Massa l’8 aprile 1919 caduto a Massa il 10 aprile 1945. Decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
21 F. Bergamini, G. Bimbi, Antifascismo e Resistenza in Versilia, cit. pag. 103; R. Torre, La resistenza nel comune di Apuania, cit. pag. 98.
22 AAM busta 33, fascicolo 26.
23 F. Bergamini, G. Bimbi, Antifascismo e Resistenza in Versilia, cit.; R. Torre, La resistenza nel comune di Apuania, cit.
Marco Rossi, Il Gruppo Patrioti Apuani attraverso le carte dell’archivio ANPI di Massa. Giugno-Dicembre 1944, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, 2016

La strage di Forno ed il suo contesto storico <1
Premessa
Ancora nella primavera del 1944 la “situazione politica generale” delle province di Lucca e Apuania veniva valutata in termini positivi dalle fonti tedesche: in un rapporto relativo al mese di aprile si scriveva che “la maggior parte della popolazione mantiene un atteggiamento tranquillo”, pur disinteressandosi della condotta della guerra <2; in quello di maggio si evidenziava un’intensificazione del movimento partigiano, che tuttavia non aveva “disturbato la pace del lavoro né interrotto l’attività lavorativa”, ma già si notava che “vasti strati della popolazione attendono una prossima invasione delle forze anglo-americane” ❤. A partire dal mese di giugno, viceversa, si registra una nuova fase, aperta dalla presa di Roma, dall’avanzata alleata e dall’invasione della Francia: “Sotto la pressione di questi avvenimenti la gente si è già preparata alla prossima occupazione anglo-americana in questa regione […] La grande maggioranza della popolazione simpatizza palesemente con gli avversari sotto l’effetto del ripiegamento tedesco, dell’irritazione nei riguardi del fascismo e della propaganda inglese. Tale simpatia è totale […] L’attività delle bande ha assunto a volte l’aspetto di ribellione aperta, con attacchi a mezzi di trasporto dell’esercito tedesco e cose del genere”. Il rapporto faceva riferimento al recente “passaggio ai ribelli” degli appartenenti al distretto militare di Massa (quello avvenuto nel corso dell’occupazione partigiana a Forno, della quale parlerò in seguito), segnalava uno sgretolamento delle unità militari italiani, ed un rafforzamento della lotta alle bande, “condotta con la necessaria durezza” sia in provincia di Lucca che in quella di Apuania, “con l’impiego di un’unità della Wehrmacht e di un battaglione rinforzato delle SS” <4. Nei mesi precedenti, più che la lotta alle bande, le tematiche principali erano state l’evacuazione forzata della popolazione dal fronte di guerra e il reperimento di forza lavoro, e il cinismo con il quale venivano trattate ci mostra che le esigenze dei civili non rientrassero certo fra gli elementi che potessero condizionare le decisioni strategiche dei comandi tedeschi: “l’impegno prevalente dell’Amministrazione è attualmente l’evacuazione della zona costiera”, si può leggere in un rapporto del 14 aprile 1944; “Finora è stata ordinata l’evacuazione di Marina di Pisa e di Viareggio” <5. E nel rapporto successivo si ribadiva che “l’evacuazione delle zone costiere ha continuato ad essere il cardine dell’attività amministrativa”, e si forniva la cifra di 14.000 evacuati fino ad allora da Viareggio, Marina di Pisa e Gombo. Inoltre si affrontava il problema, cruciale per i tedeschi, della manodopera: nessuno rispondeva alle precettazioni degli uffici del lavoro, tanto che “da tutta la regione dipendente dal Comando che conta 1.450.000 abitanti vengono messe a disposizione per l’impiego della manodopera nel Reich solo 110 persone all’incirca”. Il rapporto proseguiva chiedendo “una carta di riconoscimento per il lavoro” e “una polizia del lavoro efficiente” <6, al fine di usare metodi costrittivi: in pratica un sistema di polizia generalizzato che considerasse la popolazione civile nel suo complesso esclusivamente una fonte da sfruttare per le esigenze del Reich.
Dalla metà di giugno la lotta alla bande si impone invece come l’elemento decisivo: con l’avanzata alleata verso Nord dopo la presa di Roma, cominciarono a moltiplicarsi gli ordini ed in proclami draconiani di Kesselring sulle misure da adottare per combattere le bande (quello “fondamentale”, che contiene la cosiddetta clausola dell’impunità per i comandanti che nella scelta delle misure antipartigiane eccedessero “la tradizionale moderazione” dei tedeschi è del 17 giugno). Per quanto riguarda il fronte tirrenico, intorno a tale data affluiscono presso i comandi sempre più frequentemente le relazioni allarmanti delle unità tedesche nella zona, fino a rilevare, in un rapporto del 18 giugno, che “l’approvvigionamento [delle bande] ricco e buono è procurato dalle campagne e anche donne e bambini portano cibo […] A Roccastrada vi sono solo bambini, donne e vecchi … il resto è alla macchia. A nord di Roccastrada sono da prevedere nuovi attacchi” <7. Sono poche frasi, che rappresentano una tragica prefigurazione di quell’identificazione di bambini e donne come supporti logistici dei partigiani, e quindi persone da eliminare, che verrà evidenziata da alcuni dei più atroci massacri tedeschi.
I partigiani
L’avvio della resistenza in questa, come in altre zone, fu piuttosto stentato: piccoli gruppi di antifascisti e sbandati dell’ex esercito si ritrovarono in zone impervie, prendendo contatti con gli antifascisti rimasti nei paesi, e cercando di realizzare un qualche collegamento tra di loro. Un gruppo di uomini, chiamati in seguito “Cacciatori delle Apuane”, si raccolsero nella zona di Ruosina (Seravezza) attorno al sottotenente di aviazione Gino Lombardi <8: questi, del 1920, originario di Querceta, studente dell’Università di Pisa, era sfollato con la famiglia di origine a Ruosina ai primi di settembre. Antifascista per tradizione famigliare (il padre era socialista), proveniva dall’Azione Cattolica, e il suo gruppo si caratterizzava per la varia appartenenza politica dei suoi uomini, tanto da suscitare diffidenze in altri comandanti partigiani delle zone contermini, di più netto orientamento comunista <9. La formazione, originariamente composta di una decina di persone, si rafforzò dopo i vari bandi di chiamata alle armi da parte della Repubblica Sociale Italiana, che fecero crescere il numero di renitenti che si recavano ai monti, ed arrivò a comprendere più di venti elementi.

[NOTE]1 Riprendo, con alcune modifiche, quanto già da me scritto in Crimini di guerra nel settore occidentale della linea gotica, in Gianluca Fulvetti e Francesca Pelini, a cura di, La politica del massacro. Per un atlante delle stragi naziste in Toscana, Napoli, l’ancora del mediterraneo, 2006.
2 Rapporto della Militärkommandatur 1015-Lucca, competente per le province di Lucca, Pistoia, Apuania, Livorno, Pisa, del 14 aprile 1944, in Istituto storico della Resistenza in Toscana, Toscana occupata. Rapporti delle Militärkommandaturen 1943-1944, introduzione di Marco Palla, Firenze, Leo S. Olschki, MCMXCVII, p. 363.
3 Ivi, p. 382.
4 Rapporto 15 giugno 1944, ivi, pp. 402-403.
5 Rapporto del 14 aprile 1944 cit., ivi, p. 365.
6 Ivi, p. 384
7 In Tamara Gasparri, La Resistenza in provincia di Siena, 8 settembre 1943 – 3 luglio 1944, Firenze, Leo S. Olschki, MCMLXXVI, p. 271.
8 Vedi gli stralci di una relazione della Brigata Garibaldi “Gino Lombardi. Ufficio Stralcio di Pietrasanta”, riportata in Giannelli, Versilia. La trappola del ’44, Querceta, Versilia oggi, 1992, pp. 24-27, 51, 53-58.
9 Vedi il suo profilo biografico ivi, p. 99.
Paolo Pezzino, La strage di Forno ed il suo contesto storico, Comune di MassaXXX

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Benny 01: la promessa


MONDO REALE: 3 luglio 1981. Esce un articolo sul New York Times in cui si parla di una malattia mortale che verrà in seguito chiamata "AIDS". FANTASIA, 1981: Beniamino La Scala, negoziante di dischi, apprende di una malattia spaventosa che flagella gli US

MONDO REALE: 3 luglio 1981. Esce un articolo sul New York Times in cui si parla di una malattia mortale che verrà in seguito chiamata “AIDS”.

FANTASIA, 1981: Beniamino La Scala, negoziante di dischi, apprende di una malattia spaventosa che flagella gli USA e va in panico: non può annullare il viaggio di nozze e tradire la promessa alla sua amata!<


Beniamino La Scala


Sono Beniamino e a 30 anni ho aperto il mio negozio di dischi “Musica Intorno”, in centro a Bugliano.

Da sempre mi scontravo coi miei genitori che mi volevano sposato, padre e con un buon conto in banca ma se ero d’accordo sul matrimonio, litigavamo in merito alla professione perché secondo loro la musica non mi avrebbe mai dato da vivere.

Così a gennaio del 1981 li sorpresi quando inaugurai la mia nuova attività e proprio nel giorno di apertura feci la proposta alla mia fidanzata.

Amelia accettò di buon grado, contro ogni pronostico dei suoi genitori che mal sopportavano la mia presenza: “prima o poi ti abbandonerà”, le dicevano; “è sempre in giro per il mondo e pensa solo alla musica!”

Io però restai sempre al suo fianco, raccontandole sempre dei concerti che frequentavo e le avventure occasionali a cui talvolta mi lasciavo andare ma chissà, forse bastava solo nascondersi un po’ meglio e fare il bravo davanti ai suoi?


1980: La promessa


“Se mai ci sposeremo il nostro viaggio di nozze sarà un concerto dei Queen”, le feci una promessa per gioco appena fidanzati e Amelia non mi prese mai sul serio fino a quando scartò il mio regalo per Natale: due biglietti per il concerto “Queen Rock Montreal” che avrebbe avuto luogo a novembre dell’anno successivo.

“Chissà quanto li hai pagati, Benny”, mi sorrise incredula e io scossi il capo: “i soldi non sono un problema amore e tu lo sai. L’importante è che il prossimo inverno saremo in Canada e ci godremo Freddie Mercury in prima fila!”


1981: America? Sei pazzo?


Estate 1981. Dovevamo metterci i soldi da parte per il viaggio, così mi adattai a passare le vacanze in casa coi suoceri che cercavano ogni scusa per litigare, nonostante io non fossi intenzionato a rispondere alle provocazioni.

Fu l’ultimo giorno prima di tornare al mio negozio, che persi la pazienza quando il padre di Amelia mi fece vedere un giornale: “New York … 41 omosessuali con una rara forma di cancro… qualcuno parla già di epidemia! E voi volete andare in America? Siete pazzi?”

“Come dici, Alberto? Mi stai forse paragonando a quei…”, Bloccai l’insulto sul nascere ma il mio volto si fece paonazzo! Sì, c’era un segreto che mai avrei condiviso. La ragione per cui avevo facilmente avuto in mano i biglietti del concerto.

“La prima gallina che canta ha fatto l’uovo”, scherzò Amelia e io abbassai lo sguardo sul quotidiano dove era descritta una vera e propria strage. “Cazzo”, pensai; “devo sapere se stai bene!”

Mi scesero due lacrime che Amelia asciugò al volo: “Benny, lascia stare mio padre paranoico, andremo in America come ci siamo promessi e staremo per conto nostro.”

Le rivolsi un cenno di assenso e uscii di casa, senza più guardare lei né mio suocero.


Il panico


“Benny dove vai!” Sentii Amelia chiamarmi dalla porta ma io incurante di lei e del mondo mi allontanai per la strada, camminando a lungo in quella torrida serata estiva. E se mio suocero avesse ragione, se davvero una malattia pericolosa si affacciasse al mondo? Come si trasmetteva? Dovevo saperlo e una sola persona avrebbe potuto rispondermi.

Il mio fidato portafoglio aveva ancora monete e gettoni per fortuna, bastava solo raggiungere la prima cabina telefonica e chiamare un numero che conoscevo a memoria, senza però avere la più pallida idea su cosa chiedere.

I gettoni sembravano pietre sulle mie dita e prima di inserirli nel telefono pubblico dovetti respirare a fondo per calmarmi, poi finalmente mi posai la cornetta all’orecchio e composi i numeri su quel telefono a disco ormai mezzo arrugginito.

Uno, due squilli, tre, pochi secondi che parevano un’eternità. “Pronto?” Stavo per riagganciare quando la voce rispose e io mi schiarii la gola.

“Tu … Raymond … Sei… Sei vivo?” Quanta fatica a pronunciare una sola parola e a lui scappò una risata: “Sei più morto tu mi sa visto che prima sparisci poi mi chiami all’improvviso!”

“No, Ray, non scherzare”, provai a calmarmi pensando ai soldi che continuavano a diminuire.

“Avrai letto anche tu della malattia vero? Quella degli uomini a New York? Tu sei americano.”

“Ovviamente! Però non capisco tu cosa c’entri!” Era sbrigativo ma per nulla preoccupato, così mi tranquillizzai anch’io.

“Non dirmi che vuoi mandare tutto all’aria? Per una notizia sul giornale? Benny! Ho già firmato l’accordo e sarebbe un problema se tu…”

“Quale firma”, mi feci di nuovo prendere dal panico. “Non mi avevi parlato di contratti.”

“Infatti Benny, per te no, ma per me sì! E da quando ti ho consegnato i biglietti, ci sei dentro fino al collo.”

No, maledizione, no! Potevo essermi messo nei guai con le mie mani? Era successo tutto a settembre dell’anno prima: io e Ray, amici da una vita, nel luogo che presto sarebbe diventato il mio negozio.

“Ho il colpaccio, amico”, mi parlò a un orecchio. “Concerto Queen Rock Montreal…” Estrasse dalla tasca una busta sigillata e me la sventolò davanti agli occhi. “Con quello che ho lottato per avere gli ultimi due biglietti dovresti come minimo darmi qualcosa di tuo.”

“Quello che ti ho sempre dato da quando ci siamo conosciuti anni fa? Non posso più ormai”, ero sicuro che ci fossimo capiti ma lui mi guardò negli occhi e scoppiò a ridere: “è niente, quella cosa lì, non ne ho più bisogno. Mi serve un giuramento da parte tua! Promettimi che qualunque cosa accadrà tu mai e poi mai rinuncerai al concerto.”

Pur sospettando una clamorosa truffa mi fidai del mio amico e accettai, piuttosto di tradire Amelia perdendo l’occasione del concerto mi sarei anche fatto ingannare.

“Beniamino! Pronto? Ci sei?” La voce al telefono mi riportò al presente. “Non riagganciare testa di cazzo!”

“Stavo solo pensando… Tu mi dicevi di non preoccuparmi, che non dovevo farmi problemi di soldi, ora cos’è cambiato? Ray!”

“Senti bello, non ho tempo da perdere e voglio chiudere la questione prima possibile! Anche subito. Dimmi dove sei, che ti raggiungo.”

Forse aveva percepito che stavo finendo i gettoni? Impaziente di capire come ricambiarlo del grande favore, lo rassicurai e ci accordammo di incontrarci dalle panchine accanto al telefono pubblico.

Questa voce è stata modificata (1 settimana fa)

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WordPress Accessibility Day 2024: the PlusBrothers case study


As we love to leave our readers a little hanging, we say that we have become “a case study” like True Crime channels we follow; in reality, however, WordPress Accessibility Day is one of the most serious and important #events our site is involved in, and

As we love to leave our readers a little hanging, we say that we have become “a case study” like True Crime channels we follow; in reality, however, WordPress Accessibility Day is one of the most serious and important #events our site is involved in, and we’re too excited about it.


WordPress Accessibility Day


  • When: October 10, 2024, 08:00 am Italian time.
  • Who: Elena “Elettrona” Brescacin, aka @talksina – and Gloria Liuni.
  • Where: On Line.

First event was in 2020, On Line, thanks to the international “WordPress Accessibility” community; its goal is to spread the word about accessibility and inclusive design, to WordPress developers and creators in any personal or professional setting and level.

Addressed mostly to a technically skilled public, WordPress Accessibility Day conference allows several speakers to discuss various simple and complex topics during a 24 hours time.

Obviously, if you want to ask live questions, you have to be online while a specific speaker is presenting. But on the site there are references for each person so you can contact them later when single videos are posted on event’s YouTube channel.

How are PlusBrothers involved?


Ours is not only a personal HIV-related blog with true and fictional stories, but it shows in a tangible way how essential is the effort of volunteers and professionals involved in WordPress every day both in technical and human context.

We would like to witness how “diversity equity inclusion” are not empty words because a person-centered world can be created only when each of us shares their knowledge, no matter if large or limited.

Speaking about technical skills however, one of us is experienced and the other isn’t, so it’s not difficult to guess who is speaking in English on live broadcast in front of half the world.

Where, when, what, who?



Description


How can a blind blogger or web developer customize their site’s interface, with less help as possible? And how can a sighted person be helpful without being a full-time assistant? When could AI replace eyes, and where human expertise remains fundamental?

Elena and Gloria can witness how in the Gutenberg era designing a site without sight is not too much challenging any more, becoming even funny like playing with bricks: thanks to the editor’s structure, they have started collaborating and learning one from the other, almost speaking the same language.

With its large amount of keyboard shortcuts WordPress’s block and site editor makes it easy to perform most operations and, overall, blocks logical structure is very similar to a screen reader’s approach to a web user interface: elements are positioned sequentially.

No motivational and resilience based quotes can help people with disabilities to advocate for social causes, if then technology creates barriers; Gutenberg seems to currently be the only page builder providing accessibility both in frontend and backend, and this talk’s intention is to encourage non-visual creators to take a step forwards, and developers to consider accessibility more and more in their plugins and themes interfaces.


To join a live questions and answers session you must register, then be online on time at 8 a.m. on Oct. 10, otherwise videos will be posted later on the event channels. Alternatively, you can always bother Elettrona’s social networks but do it moderately.

Register to attend WordPress Accessibility Day 2024

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WordPress Accessibility Day 2024: il caso PlusBrothers


Siccome ci piace fare scena, diciamo che siamo diventati "un caso studio" come i True Crime che seguiamo; in realtà però il WordPress Accessibility Day è uno degli #eventi più seri e importanti in cui il nostro sito è coinvolto e noi, per questo, siamo em

Siccome ci piace fare scena, diciamo che siamo diventati “un caso studio” come i True Crime che seguiamo; in realtà però il WordPress Accessibility Day è uno degli #eventi più seri e importanti in cui il nostro sito è coinvolto e noi, per questo, siamo emozionatissimi.


WordPress Accessibility Day


  • Quando: 10 ottobre 2024, 08:00 di mattina, ora italiana.
  • Chi: Elena “Elettrona” Brescacin, aka @talksina – e Gloria Liuni.
  • Dove: On Line.

L’evento nasce nel 2020, on line, dalla comunità internazionale “WordPress Accessibility” al fine di divulgare accessibilità e design inclusivo per chi sviluppa e crea su WordPress in ambito sia personale sia lavorativo.

Rivolto principalmente a persone competenti sul design e lo sviluppo dei siti web, il WordPress Accessibility Day è una conferenza con diversi relatori che affrontano temi specifici, dai più semplici ai più complessi, nell’arco di 24 ore.

Ovviamente se si vuole chiedere qualcosa in diretta a uno specifico relatore, bisogna stare on line mentre questi parla. Ma sul sito ci sono i riferimenti di ciascuna persona così da poterla contattare in un secondo momento quando i singoli video saranno pubblicati sul canale YouTube.

Cosa c’entrano i PlusBrothers?


Il nostro non è solo un blog personale sull’HIV con storie vere e inventate, ma sta dimostrando in modo tangibile quanto essenziale sia il lavoro di volontari e professionisti impegnati ogni giorno su WordPress dal lato tecnico e soprattutto quello umano.

Vorremmo testimoniare come “diversità equità inclusione” non siano parole vuote perché un mondo dove la persona è al centro si può creare se ognuno di noi contribuisce condividendo le proprie conoscenze, grandi o piccole che siano.

Spiace solo che a livello di competenze tecniche siamo la brava e l’imbranato perciò non è difficile intuire chi vada a parlare in inglese in diretta streaming davanti a mezzo mondo.

Dove, quando, cosa, chi?



Descrizione


Il riassunto in inglese è sulla pagina dell’evento ma noi lo traduciamo:

Come può un blogger o uno sviluppatore web cieco personalizzare l’interfaccia del proprio sito, chiedendo meno aiuto possibile? E come può una persona vedente rendersi utile senza diventare un assistente a tempo pieno? Quando l’intelligenza artificiale potrebbe sostituire gli occhi, e quando la competenza umana rimane fondamentale?

Elena e Gloria possono testimoniare come nell’era di Gutenberg progettare un sito senza vista non sia più troppo impegnativo, risultando perfino divertente come giocare con i mattoncini: grazie alla struttura dell’editor, hanno iniziato a collaborare e a imparare l’una dall’altra, parlando quasi lo stesso linguaggio.

Tramite i numerosi comandi da tastiera, l’editor a blocchi e siti di WordPress permette di eseguire facilmente la maggior parte delle operazioni e, nel complesso, la struttura logica dei blocchi somiglia molto a come uno screen reader si approccia a un’interfaccia utente web: gli elementi sono posizionati in modo sequenziale dall’alto al basso.
Nessuna citazione motivazionale e basata sulla resilienza può aiutare le persone con disabilità a far sentire la propria voce nelle cause sociali, se poi la tecnologia crea barriere; al momento Gutenberg sembra essere l’unico page builder che fornisce accessibilità sia nel frontend sia nel backend, e l’intenzione di questo intervento è quella di incoraggiare i creatori con disabilità visiva a fare un passo avanti e gli sviluppatori a considerare sempre di più l’accessibilità nelle interfacce dei loro plugin e temi.


Per le domande e risposte in diretta è necessario registrarsi all’evento ed essere on line puntuali alle 8 di mattina del 10 ottobre, altrimenti i video vengono pubblicati in seguito sui canali della manifestazione. In alternativa si può sempre rompere le palle ai social di Elettrona ma in piccole dosi.

REGISTRATI AL WORDPRESS ACCESSIBILITY DAY 2024

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taggo @blogverso - mezzo umano mezzo bot -. Saluti dal mezzo atomo (il polo negativo), perché il protone mezzo umano mezzo virus è in giro per il weekend. plusbrothers.net/wordpress-acc…


WordPress Accessibility Day 2024: il caso PlusBrothers


Siccome ci piace fare scena, diciamo che siamo diventati “un caso studio” come i True Crime che seguiamo; in realtà però il WordPress Accessibility Day è uno degli #eventi più seri e importanti in cui il nostro sito è coinvolto e noi, per questo, siamo emozionatissimi.


WordPress Accessibility Day


  • Quando: 10 ottobre 2024, 08:00 di mattina, ora italiana.
  • Chi: Elena “Elettrona” Brescacin, aka @talksina – e Gloria Liuni.
  • Dove: On Line.

L’evento nasce nel 2020, on line, dalla comunità internazionale “WordPress Accessibility” al fine di divulgare accessibilità e design inclusivo per chi sviluppa e crea su WordPress in ambito sia personale sia lavorativo.

Rivolto principalmente a persone competenti sul design e lo sviluppo dei siti web, il WordPress Accessibility Day è una conferenza con diversi relatori che affrontano temi specifici, dai più semplici ai più complessi, nell’arco di 24 ore.

Ovviamente se si vuole chiedere qualcosa in diretta a uno specifico relatore, bisogna stare on line mentre questi parla. Ma sul sito ci sono i riferimenti di ciascuna persona così da poterla contattare in un secondo momento quando i singoli video saranno pubblicati sul canale YouTube.

Cosa c’entrano i PlusBrothers?


Il nostro non è solo un blog personale sull’HIV con storie vere e inventate, ma sta dimostrando in modo tangibile quanto essenziale sia il lavoro di volontari e professionisti impegnati ogni giorno su WordPress dal lato tecnico e soprattutto quello umano.

Vorremmo testimoniare come “diversità equità inclusione” non siano parole vuote perché un mondo dove la persona è al centro si può creare se ognuno di noi contribuisce condividendo le proprie conoscenze, grandi o piccole che siano.

Spiace solo che a livello di competenze tecniche siamo la brava e l’imbranato perciò non è difficile intuire chi vada a parlare in inglese in diretta streaming davanti a mezzo mondo.

Dove, quando, cosa, chi?



Descrizione


Il riassunto in inglese è sulla pagina dell’evento ma noi lo traduciamo:

Come può un blogger o uno sviluppatore web cieco personalizzare l’interfaccia del proprio sito, chiedendo meno aiuto possibile? E come può una persona vedente rendersi utile senza diventare un assistente a tempo pieno? Quando l’intelligenza artificiale potrebbe sostituire gli occhi, e quando la competenza umana rimane fondamentale?

Elena e Gloria possono testimoniare come nell’era di Gutenberg progettare un sito senza vista non sia più troppo impegnativo, risultando perfino divertente come giocare con i mattoncini: grazie alla struttura dell’editor, hanno iniziato a collaborare e a imparare l’una dall’altra, parlando quasi lo stesso linguaggio.

Tramite i numerosi comandi da tastiera, l’editor a blocchi e siti di WordPress permette di eseguire facilmente la maggior parte delle operazioni e, nel complesso, la struttura logica dei blocchi somiglia molto a come uno screen reader si approccia a un’interfaccia utente web: gli elementi sono posizionati in modo sequenziale dall’alto al basso.
Nessuna citazione motivazionale e basata sulla resilienza può aiutare le persone con disabilità a far sentire la propria voce nelle cause sociali, se poi la tecnologia crea barriere; al momento Gutenberg sembra essere l’unico page builder che fornisce accessibilità sia nel frontend sia nel backend, e l’intenzione di questo intervento è quella di incoraggiare i creatori con disabilità visiva a fare un passo avanti e gli sviluppatori a considerare sempre di più l’accessibilità nelle interfacce dei loro plugin e temi.


Per le domande e risposte in diretta è necessario registrarsi all’evento ed essere on line puntuali alle 8 di mattina del 10 ottobre, altrimenti i video vengono pubblicati in seguito sui canali della manifestazione. In alternativa si può sempre rompere le palle ai social di Elettrona ma in piccole dosi.

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Cuba: un paese sotto attacco – Andrea Puccio
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Il 27 agosto 2024 è uscita l’edizione aggiornata del libro di Andrea Puccio: “Cuba: un paese sotto attacco”

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