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Il Sussurro della Città Silente


Amici miei, devo confessarvi che, sebbene io abbia sempre dieci anni, la mia età è fatta non di primavere, ma di sussurri antichi e di sogni mai svaniti.

E fu proprio un sussurro, flebile come un ricordo quasi dimenticato, a chiamarmi in una mattina che sembrava come tante altre.

Avevo il solito vortice di energie e un desiderio d'avventura che mi pulsava nelle vene. Mi trovavo in una regione poco battuta delle Alpi Marittime, non lontano dal mio amato Viù, ma in un bosco così antico che gli alberi sembravano aver visto il tempo nascere e morire mille volte. Era la “Foresta delle Memorie Perdute”, la chiamavano i pochi valligiani che osavano avventurarsi tra i suoi sentieri intricati.

Quel giorno, però, il richiamo non era visibile né tangibile; era un suono che non era un suono, ma una melodia che vibrava nell'aria. Era un invito, una domanda silenziosa che la mia sete di conoscenza non poteva ignorare. Feci quello che faccio sempre: andai avanti. Il bosco, denso e ombroso, sembrava farsi sempre più silenzioso, quasi stesse trattenendo il respiro. Ogni foglia caduta, ogni rametto spezzato sotto i miei stivali, risuonava con una chiarezza innaturale. Mi sentii più… pesante. Era un po' come la nebbia che mi portò al mio primo passaggio tra i mondi.

Dopo ore di cammino, attraverso rovi e tronchi secolari, la fitta vegetazione si diradò improvvisamente, rivelando uno spettacolo che mi lasciò senza fiato. Non c'era un castello maestoso, né un villaggio incantato. C'erano rovine. Non rovine di una fortezza da cui partire, ma di una città antica, completamente inghiottita dal muschio e dal tempo. Era fatta di pietre grigie, scolpite con simboli che non avevo mai visto, ma che parlavano di storie infinite. E il silenzio... era assoluto. Non un canto d'uccello, non il fruscio di un animale. Sembrava che la città avesse dimenticato come fare rumore.

“Dove sono?” pensai. Era un luogo così estraneo, eppure così familiare, come un sogno che non avevo ancora fatto. Mentre esploravo le vie coperte di vegetazione, notai una strana struttura al centro di ciò che doveva essere stata una piazza. Era una sorta di grande arpa, fatta di cristallo opaco e metallo brunito, con corde sottili che sembravano tessute con ragnatele di luna. Non emanava alcun suono.

Mi avvicinai, la mia curiosità più forte di ogni timore. Le mie avventure mi avevano insegnato che anche le leggende hanno un'anima e che la magia può essere palpabile nell'aria. Con la mano, toccai una delle corde. Era fredda. Niente. Provai con un'altra. Ancora niente. Poi, mi venne un'idea. Io non sono fatto di carne e sangue, ma di pensieri e desideri. Forse, per far risuonare questa “Arpa delle Echi”, dovevo credere abbastanza.

Chiusi gli occhi e mi concentrai. Pensai a tutte le storie che avevo ascoltato, a tutte le avventure che avevo vissuto. Pensai al nonno che leggeva alla luce della lucerna, alla nonna che raccontava storie nel buio. Pensai al Golem che custodiva segreti millenari, alle fate che danzavano tra le luci scintillanti. Pensai a quell'uomo che, incontrandomi, aveva creduto in me.

Fu allora che le corde dell'arpa iniziarono a vibrare. Non con un suono udibile, ma con un'onda che sentii nel cuore. E poi, il silenzio della città si ruppe. Non con un rumore forte, ma con un coro di sussurri. Erano voci lontane, risate di bambini, il tintinnio di attrezzi, un lamento di tristezza, il fruscio di abiti, frammenti di canzoni e discorsi. Era la memoria stessa della città, liberata. Era come se le pareti di pietra fossero imbevute di quelle vite passate.

Capii. Questa non era una città abbandonata perché morta. Era silente perché aspettava un ascoltatore. Aspettava qualcuno che credesse abbastanza da liberare i suoi ricordi. Ogni sussurro era una storia, un pezzo di vita che la città aveva custodito per secoli. Sentii il peso di quella storia. La città era fatta di storie, proprio come me.

Mi sedetti, ascoltando. Ascoltai le vite degli abitanti, i loro amori e le loro paure, le loro gioie e i loro dolori. Mi sentii un custode di quei misteri antichi. Quando le prime luci del pomeriggio iniziarono a filtrare attraverso le rovine, i sussurri si affievolirono, l'arpa di cristallo tornò silenziosa. La città era tornata al suo riposo, ma non era più muta per me.

Mi alzai, il cuore colmo di nuove esperienze. La Foresta delle Memorie Perdute non era più solo un bosco. Era la custode di una città che viveva attraverso i suoi echi, e io ero diventato il suo testimone.
Quando tornai sui miei passi, il sentiero mi sembrò diverso, come se la magia lo avesse trasformato. Sapevo che, pur non avendo portato con me oro o gioielli, avevo trovato un tesoro ben più prezioso: le voci di un mondo dimenticato. E ora, quella storia, quei sussurri, erano dentro di me, pronti per essere raccontati e condivisi con chiunque avesse il coraggio di credere.

Tenete gli occhi aperti, amici miei. A volte, le storie più belle sono quelle che non fanno rumore, ma che sussurrano nel cuore di chi sa ascoltare. E quando la nebbia arriva, o un sussurro chiama, Bigoulin potrebbe essere vicino.



Il nostro voto può salvare la vita di tanti lavoratori vittime di appalti selvaggi: pensateci e andate ai seggi

globalist.it/economy/2025/06/0…

Pensiamo un istante. E riflettiamo sul fatto che un voto potrebbe salvare la vita a moltissime persone.

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Il Sussurro della Città Silente


Amici miei, devo confessarvi che, sebbene io abbia sempre dieci anni, la mia età è fatta non di primavere, ma di sussurri antichi e di sogni mai svaniti.

E fu proprio un sussurro, flebile come un ricordo quasi dimenticato, a chiamarmi in una mattina che sembrava come tante altre.

Avevo il solito vortice di energie e un desiderio d'avventura che mi pulsava nelle vene. Mi trovavo in una regione poco battuta delle Alpi Marittime, non lontano dal mio amato Viù, ma in un bosco così antico che gli alberi sembravano aver visto il tempo nascere e morire mille volte. Era la “Foresta delle Memorie Perdute”, la chiamavano i pochi valligiani che osavano avventurarsi tra i suoi sentieri intricati.

Quel giorno, però, il richiamo non era visibile né tangibile; era un suono che non era un suono, ma una melodia che vibrava nell'aria. Era un invito, una domanda silenziosa che la mia sete di conoscenza non poteva ignorare. Feci quello che faccio sempre: andai avanti. Il bosco, denso e ombroso, sembrava farsi sempre più silenzioso, quasi stesse trattenendo il respiro. Ogni foglia caduta, ogni rametto spezzato sotto i miei stivali, risuonava con una chiarezza innaturale. Mi sentii più… pesante. Era un po' come la nebbia che mi portò al mio primo passaggio tra i mondi.

Dopo ore di cammino, attraverso rovi e tronchi secolari, la fitta vegetazione si diradò improvvisamente, rivelando uno spettacolo che mi lasciò senza fiato. Non c'era un castello maestoso, né un villaggio incantato. C'erano rovine. Non rovine di una fortezza da cui partire, ma di una città antica, completamente inghiottita dal muschio e dal tempo. Era fatta di pietre grigie, scolpite con simboli che non avevo mai visto, ma che parlavano di storie infinite. E il silenzio... era assoluto. Non un canto d'uccello, non il fruscio di un animale. Sembrava che la città avesse dimenticato come fare rumore.

“Dove sono?” pensai. Era un luogo così estraneo, eppure così familiare, come un sogno che non avevo ancora fatto. Mentre esploravo le vie coperte di vegetazione, notai una strana struttura al centro di ciò che doveva essere stata una piazza. Era una sorta di grande arpa, fatta di cristallo opaco e metallo brunito, con corde sottili che sembravano tessute con ragnatele di luna. Non emanava alcun suono.

Mi avvicinai, la mia curiosità più forte di ogni timore. Le mie avventure mi avevano insegnato che anche le leggende hanno un'anima e che la magia può essere palpabile nell'aria. Con la mano, toccai una delle corde. Era fredda. Niente. Provai con un'altra. Ancora niente. Poi, mi venne un'idea. Io non sono fatto di carne e sangue, ma di pensieri e desideri. Forse, per far risuonare questa “Arpa delle Echi”, dovevo credere abbastanza.

Chiusi gli occhi e mi concentrai. Pensai a tutte le storie che avevo ascoltato, a tutte le avventure che avevo vissuto. Pensai al nonno che leggeva alla luce della lucerna, alla nonna che raccontava storie nel buio. Pensai al Golem che custodiva segreti millenari, alle fate che danzavano tra le luci scintillanti. Pensai a quell'uomo che, incontrandomi, aveva creduto in me.

Fu allora che le corde dell'arpa iniziarono a vibrare. Non con un suono udibile, ma con un'onda che sentii nel cuore. E poi, il silenzio della città si ruppe. Non con un rumore forte, ma con un coro di sussurri. Erano voci lontane, risate di bambini, il tintinnio di attrezzi, un lamento di tristezza, il fruscio di abiti, frammenti di canzoni e discorsi. Era la memoria stessa della città, liberata. Era come se le pareti di pietra fossero imbevute di quelle vite passate.

Capii. Questa non era una città abbandonata perché morta. Era silente perché aspettava un ascoltatore. Aspettava qualcuno che credesse abbastanza da liberare i suoi ricordi. Ogni sussurro era una storia, un pezzo di vita che la città aveva custodito per secoli. Sentii il peso di quella storia. La città era fatta di storie, proprio come me.

Mi sedetti, ascoltando. Ascoltai le vite degli abitanti, i loro amori e le loro paure, le loro gioie e i loro dolori. Mi sentii un custode di quei misteri antichi. Quando le prime luci del pomeriggio iniziarono a filtrare attraverso le rovine, i sussurri si affievolirono, l'arpa di cristallo tornò silenziosa. La città era tornata al suo riposo, ma non era più muta per me.

Mi alzai, il cuore colmo di nuove esperienze. La Foresta delle Memorie Perdute non era più solo un bosco. Era la custode di una città che viveva attraverso i suoi echi, e io ero diventato il suo testimone. Quando tornai sui miei passi, il sentiero mi sembrò diverso, come se la magia lo avesse trasformato. Sapevo che, pur non avendo portato con me oro o gioielli, avevo trovato un tesoro ben più prezioso: le voci di un mondo dimenticato. E ora, quella storia, quei sussurri, erano dentro di me, pronti per essere raccontati e condivisi con chiunque avesse il coraggio di credere.

Tenete gli occhi aperti, amici miei. A volte, le storie più belle sono quelle che non fanno rumore, ma che sussurrano nel cuore di chi sa ascoltare. E quando la nebbia arriva, o un sussurro chiama, Bigoulin potrebbe essere vicino.


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Il cielo di Torino.

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# Bigoulin e la Porta della Nebbia

noblogo.org/i-viaggi-di-bigoul…


Bigoulin e la Porta della Nebbia


(Il primo passaggio tra i mondi)

Amici miei,

se davvero volete sapere quando tutto è cominciato, devo portarvi indietro — non solo nel tempo, ma anche nel sogno. Avevo dieci anni, come sempre, e quel giorno il bosco sembrava diverso. Non c’era un lupo da salvare, né una strega da ingannare. C’era solo una strana nebbia che non avevo mai visto prima.

Camminavo lungo il sentiero che scende verso il ruscello delle trote parlanti — sì, quelle che ti raccontano i segreti dell’acqua, ma solo se porti loro delle briciole di pane. Quel giorno, però, non parlava nessuno. Il bosco taceva. La nebbia era ovunque, densa e argentea come la pelliccia di un gatto invisibile.

Istintivamente, feci quello che faccio sempre: andai avanti. E dopo qualche passo… il mondo cambiò.

Fu come entrare in un sogno che non avevo ancora fatto. La luce era diversa, più calda e gialla, come l’alba che si posa sulle colline. Gli alberi erano più alti, più silenziosi. Gli uccelli… non parlavano. Questo mi sorprese più di ogni altra cosa. Perché ogni creatura del mio mondo ha voce, anche le rocce se sai ascoltarle.

“Dove sono?” pensai.

Mi guardai le mani. Erano sempre le mie, ma mi parevano più… pesanti. Il cuore batteva più forte. Avevo freddo e caldo insieme. E poi — questo non lo dimenticherò mai — vidi un uomo. Un vero uomo. Uno che non mi sembrava parte di nessuna fiaba.

Era seduto su una pietra, con uno zaino e una mappa. Parlava da solo, o forse registrava la sua voce su un piccolo aggeggio che mai avevo visto prima. Diceva cose strane: “Foresta del Vallone, escursione del 15 maggio. Sentiero poco visibile, nebbia in aumento. Strane forme tra gli alberi.” E poi, si voltò. E mi vide.

Restammo fermi, a guardarci. Io, un personaggio nato dal racconto di una nonna. Lui, un uomo vero, di quelli che hanno bollette da pagare e scarponi sporchi di fango.

“Chi sei?” mi chiese.

“Io sono Bigoulin,” risposi, come se fosse la cosa più normale del mondo.

E lui, anziché ridere o spaventarsi, sgranò gli occhi. “Sei… sei il personaggio della storia che mi raccontava mia nonna quando ero piccolo.” Lo disse con una voce tremante, come se avesse appena visto un ricordo prendere vita.

Capite, amici? In quel momento, tutto si fece chiaro. Io non ero solo un personaggio di fantasia. Io vivevo nei cuori di chi mi aveva immaginato. E quando la fantasia è abbastanza forte, quando qualcuno crede davvero, allora il confine tra i mondi si dissolve. Come quella nebbia.

Dopo pochi istanti, tutto svanì. L’uomo, la luce dorata, il peso strano del corpo. Ero di nuovo nel mio bosco, con le trote che si lamentavano perché il pane era finito.

Da allora, ho imparato a cercare quella nebbia. A volte appare tra le pagine di un libro dimenticato, altre volte nell’ombra sotto un letto, quando un bambino spera che io venga a salvarlo dai mostri. Ma ora so chi sono. E so che il mio viaggio non ha fine.

E voi… tenete gli occhi aperti, perché quando la nebbia arriva, Bigoulin potrebbe essere vicino.


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Bigoulin e la Porta della Nebbia


(Il primo passaggio tra i mondi)

Amici miei,

se davvero volete sapere quando tutto è cominciato, devo portarvi indietro — non solo nel tempo, ma anche nel sogno. Avevo dieci anni, come sempre, e quel giorno il bosco sembrava diverso. Non c’era un lupo da salvare, né una strega da ingannare. C’era solo una strana nebbia che non avevo mai visto prima.

Camminavo lungo il sentiero che scende verso il ruscello delle trote parlanti — sì, quelle che ti raccontano i segreti dell’acqua, ma solo se porti loro delle briciole di pane. Quel giorno, però, non parlava nessuno. Il bosco taceva. La nebbia era ovunque, densa e argentea come la pelliccia di un gatto invisibile.

Istintivamente, feci quello che faccio sempre: andai avanti. E dopo qualche passo… il mondo cambiò.

Fu come entrare in un sogno che non avevo ancora fatto. La luce era diversa, più calda e gialla, come l’alba che si posa sulle colline. Gli alberi erano più alti, più silenziosi. Gli uccelli… non parlavano. Questo mi sorprese più di ogni altra cosa. Perché ogni creatura del mio mondo ha voce, anche le rocce se sai ascoltarle.

“Dove sono?” pensai.

Mi guardai le mani. Erano sempre le mie, ma mi parevano più… pesanti. Il cuore batteva più forte. Avevo freddo e caldo insieme. E poi — questo non lo dimenticherò mai — vidi un uomo. Un vero uomo. Uno che non mi sembrava parte di nessuna fiaba.

Era seduto su una pietra, con uno zaino e una mappa. Parlava da solo, o forse registrava la sua voce su un piccolo aggeggio che mai avevo visto prima. Diceva cose strane: “Foresta del Vallone, escursione del 15 maggio. Sentiero poco visibile, nebbia in aumento. Strane forme tra gli alberi.” E poi, si voltò. E mi vide.

Restammo fermi, a guardarci. Io, un personaggio nato dal racconto di una nonna. Lui, un uomo vero, di quelli che hanno bollette da pagare e scarponi sporchi di fango.

“Chi sei?” mi chiese.

“Io sono Bigoulin,” risposi, come se fosse la cosa più normale del mondo.

E lui, anziché ridere o spaventarsi, sgranò gli occhi. “Sei… sei il personaggio della storia che mi raccontava mia nonna quando ero piccolo.” Lo disse con una voce tremante, come se avesse appena visto un ricordo prendere vita.

Capite, amici? In quel momento, tutto si fece chiaro. Io non ero solo un personaggio di fantasia. Io vivevo nei cuori di chi mi aveva immaginato. E quando la fantasia è abbastanza forte, quando qualcuno crede davvero, allora il confine tra i mondi si dissolve. Come quella nebbia.

Dopo pochi istanti, tutto svanì. L’uomo, la luce dorata, il peso strano del corpo. Ero di nuovo nel mio bosco, con le trote che si lamentavano perché il pane era finito.

Da allora, ho imparato a cercare quella nebbia. A volte appare tra le pagine di un libro dimenticato, altre volte nell’ombra sotto un letto, quando un bambino spera che io venga a salvarlo dai mostri. Ma ora so chi sono. E so che il mio viaggio non ha fine.

E voi… tenete gli occhi aperti, perché quando la nebbia arriva, Bigoulin potrebbe essere vicino.


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🌊✨ **Saint-Tropez: tra storia, fascino e tradizioni** ✨🌊

Situata sulla splendida **Costa Azzurra**, Saint-Tropez è molto più di una destinazione glamour: è un luogo ricco di storia, cultura e tradizioni affascinanti.

🏰 **Un passato leggendario**
Il nome della città deriva da **Torpes**, un ufficiale romano convertito al cristianesimo e martirizzato sotto Nerone. La sua leggenda narra che il suo corpo, trasportato dalle correnti, approdò proprio sulle rive di Saint-Tropez.

🎨 **Un rifugio per artisti**
Nel XIX secolo, Saint-Tropez attirò pittori e intellettuali, tra cui **Paul Signac**, che contribuì a renderla un centro artistico vibrante.

⚓ **Tradizioni e cultura**
La città celebra ogni anno **Les Bravades**, una festa che unisce devozione e orgoglio militare, ricordando il coraggio dei suoi abitanti nel difendere la città.

🏖️ **Oltre le spiagge**
Oltre alle famose spiagge come **Pampelonne**, Saint-Tropez offre tesori culturali come la **Citadelle**, il **Museo di Storia Marittima** e il vivace **mercato provenzale**.

#SaintTropez #CostaAzzurra #Storia #Arte #Tradizioni

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Il Segreto di Bigoulin


Bigoulin.png

Cari amici,

oggi vi racconterò qualcosa che non ho mai detto a nessuno. Non è un’avventura, almeno non nel senso che siete abituati a sentire da me. È, piuttosto, la verità sulla mia natura. La vera origine di Bigoulin.

Come forse avrete intuito, non sono nato in un villaggio, né in una casa col camino acceso. Non ho genitori, fratelli, né un compleanno da festeggiare ogni anno. Sono nato da una storia. Anzi, da una voce.

Una nonna, la prima di tutte, mi ha sussurrato al buio in una notte d’inverno, mentre raccontava una storia per far addormentare il suo nipotino. Da quella voce, da quell’immaginazione piena d’amore, io sono venuto al mondo. E da allora, ogni volta che una nonna o un nonno di Viú siede accanto a un bimbo per raccontare una storia, io torno a vivere.

All’inizio, non sapevo di essere diverso. Correvo nei boschi, parlavo con i lupi, scoprivo grotte segrete e combattere draghi era per me normale come per voi fare merenda. Ma poi ho capito. Ho capito che mentre gli altri crescevano, io rimanevo sempre lo stesso. Dieci anni. Sempre dieci. Il tempo non ha presa su di me, perché non sono fatto di carne e sangue, ma di pensieri e desideri.

Vivo tra due mondi. Nel primo, quello della fantasia, posso attraversare il tempo come un torrente che si diverte a saltare tra le rocce: un giorno sono nella Roma imperiale, il giorno dopo su un’isola dove vivono giganti che parlano con le stelle. Tutto quello che si può immaginare, io posso viverlo. Ma c’è di più.

Nel secondo mondo — il vostro, il reale — posso apparire anch’io, per un tempo breve, quando qualcuno crede abbastanza. Quando un bambino guarda fuori dalla finestra e pensa: “Chissà se là fuori c’è un Bigoulin”, allora io riesco a entrare. Non sempre come mi vedete nei racconti: a volte sono un pensiero, un sogno vivido, un’idea che spinge a partire per un viaggio, o semplicemente il coraggio che non sapevate di avere.

È per questo che le mie storie sono così diverse tra loro. Alcune sembrano fiabe — perché lo sono. Altre vi sembrano racconti di viaggio, e lo sono anche quelle: esploro il mondo reale, ma sempre con un piede nella meraviglia.

Questa è la mia natura: sono nato dalla fantasia, ma vivo quando qualcuno crede. Sono Bigoulin, il viaggiatore tra i mondi, e ogni volta che mi ascoltate, torno a essere reale.

E ora che conoscete il mio segreto… siete pronti per una nuova avventura?


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Lo scioglimento della neve ingrossa i torrenti.

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Non smettere mai di viaggiare!
Con le scarpe o con la mente... non importa.
L'importante è viaggiare. 😉

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Presenze nel bosco...

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🌟 **Antibes, un gioiello della Costa Azzurra** 🌟

Antibes, situata tra Nizza e Cannes, è una città che racchiude secoli di storia e fascino mediterraneo. Fondata dai Greci nel IV secolo a.C. con il nome di Antipolis, il suo nome significa "città opposta", riferendosi alla sua posizione rispetto a Nizza.
Successivamente, Antibes divenne parte dell'Impero Romano, prosperando grazie alla sua posizione strategica sulla Via Aurelia.

Oggi, Antibes è famosa per il suo centro storico pittoresco, il mercato provenzale e il Castello Grimaldi, che ospita il Musée Picasso.
Non dimentichiamo il Fort Carré, una fortezza del XVI secolo che offre viste mozzafiato sulla città e sul mare

Curiosità: Antibes è stata un rifugio per artisti e scrittori, tra cui Picasso e Hemingway, che hanno trovato ispirazione nella sua bellezza senza tempo.

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Sentiero Litorale di Saint-Raphaël: un gioiello della Costa Azzurra

Se cerchi un angolo autentico della Costa Azzurra, il Sentier du Littoral di Saint-Raphaël è un vero tesoro nascosto. Questo sentiero costiero si snoda lungo scogliere rosse vulcaniche, calette turchesi e tratti di macchia mediterranea profumata, offrendo panorami mozzafiato ad ogni passo.

Curiosità:

Il sentiero segue l’antico tracciato dei doganieri (sentier des douaniers), creato nell’Ottocento per sorvegliare la costa dai contrabbandieri.

Lungo il percorso si incontrano torri saracene, resti storici e piccole spiagge accessibili solo a piedi.

In primavera, i colori dei fiori selvatici contrastano con l’ocra delle rocce dell’Estérel, creando scenari da cartolina.

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Città 15 minuti: qualcuna esiste già e non sempre l’auto è così ‘indispensabile’ come si pensa: per esempio Milano, Copenhagen, Torino…

benzinazero.wordpress.com/2025…

Immagine dalla Stampa La città 15 minuti è una città dove la maggior parte dei servizi utili o essenziali sono facilmente raggiungibili con 15 minuti a piedi o in bicicletta. C’è chi, non ave…

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Pietro Favaro, Gesù con i fanciulli.

- fotografato da originale.
- collezione privata.

#pietrofavaro
#ArteSacra
#dipinti
#art

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📍 **Alla scoperta della Cité Vauban di Briançon** 🌄

Benvenuti nella Cité Vauban, il cuore storico di Briançon, una delle città più alte d'Europa, situata a 1.326 metri di altitudine nelle Hautes-Alpes francesi. Passeggiando per la via centrale, si respira un'atmosfera unica, tra edifici colorati, strade acciottolate e un panorama mozzafiato che abbraccia le montagne circostanti.

La Cité Vauban deve il suo nome al celebre ingegnere militare Sébastien Le Prestre de Vauban, che nel XVII secolo progettò le fortificazioni per proteggere la città dalle invasioni. Queste mura, bastioni e torri sono oggi Patrimonio dell'Umanità UNESCO, testimonianza di un'architettura militare straordinaria.

Ma Briançon non è solo storia! La città è famosa per il suo clima secco e mite, ideale per attività all'aperto tutto l'anno. Le sue strade strette e tortuose, le case dai colori vivaci e i balconi fioriti creano un quadro pittoresco che incanta ogni visitatore. Non mancano negozi, caffè e ristoranti dove gustare prodotti locali e specialità alpine.

Curiosità: la via principale della Cité è attraversata da un canale scoperto, un dettaglio che richiama l'antica presenza romana e aggiunge fascino al luogo. Inoltre, Briançon ospita eventi culturali e festival, come il Festival des Forts, che celebra la sua ricca eredità storica.

La Cité Vauban è un viaggio nel tempo e nella bellezza naturale. Se cercate una meta che unisca storia, cultura e paesaggi da sogno, Briançon vi aspetta! 🏰✨

#Briançon #CitéVauban #Storia #AlpiFrancesi #Viaggi #PatrimonioUNESCO #Scoperta

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Pietro Favaro, fiori di campo, 1975.
- olio su tela.
- fotografato da originale.
- collezione privata.

#pietrofavaro
#naturamorta
#arte
#Pittura.

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Milano, scomparsa Jhoanna Nataly Quintanilla: l’appello per ritrovarla liberoreporter.it/2025/02/cron…

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Pietro Favaro, arance, 1991.
- Olio su tela.
- fotografato da originale.

#pietrofavaro
#naturamorta
#arte
#Pittura

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Sensitive content

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Alternative europee a vari servizi web americani: european-alternatives.eu/
Da esplorare, grazie a @damvfl per la segnalazione

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