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Le parole del ministro Valditara contro la preside fiorentina Annalisa Savino sono di gravità inaudita e dimostrano che in Italia c'è un rischio fascista. Inv


Paolo Ferrero* Ad un anno dal suo inizio, la guerra in Ucraina è arrivata ad un punto di svolta. La guerra in corso, in cui le superpotenze si fronteggiano,


Ucraina vs Russia: tutti i perché di una guerra che viene da lontano


Il 26 maggio 1896, nella Chiesa della Dormizione al Cremlino, veniva incoronato Nicola II Romanov, l’ultimo zar di tutte le Russie. Di Russia non ce n’era infatti una sola, ma, insieme alla Grande Russia, quella per intenderci di Mosca e San Pietroburgo, c’era la Russia Bianca di Minsk e laggiù, più a sud, la Piccola Russia di Kiev. […]

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PODCAST NABLUS. Sale bilancio vittime, raid aerei israeliani su Gaza


Sono aumentati a 11 i morti causati dall'incursione dell'esercito israeliano nella città palestinese. Sciopero generale in Cisgiordania. L'Autorità Nazionale Palestinese sotto pressione per i suoi rapporti con Israele L'articolo PODCAST NABLUS. Sale bila

di Eliana Riva –

Pagine Esteri, 23 febbraio 2023 – Restano negli ospedali decine di feriti palestinesi, alcuni dei quali in condizioni critiche. Uno di loro è spirato nella notte portando a 11 il bilancio provvisorio di vittime del blitz israeliano a Nablus. Da Gaza lanciati nella notte 6 razzi verso il sud d’Israele che ha reagito bombardando l’enclave palestinese. Sciopero generale nei Territori Occupati. La tensione rischia di sfociare in una ulteriore escalation. Ne abbiamo parlato con il direttore di Pagine Esteri, Michele Giorgio.
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Barcellona rompe con Tel Aviv. Israele divide la Spagna


I rapporti con Israele polarizzano il dibattito politico in Spagna. La decisione della sindaca di Barcellona - Ada Colau - di congelare il gemellaggio con Tel Aviv ha suscitato le proteste di Israele, della destra spagnola e anche delle sinistre moderate

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 16 febbraio 2023 – Le diverse opinioni sul rapporto da intrattenere con Israele stanno polarizzando, negli ultimi giorni, il dibattito politico all’interno della Spagna.

Barcellona congela il gemellaggio con Tel Aviv
Era dal 2015 che i movimenti catalani per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni nei confronti di Israelechiedevano alle neoeletta sindaca di Barcellona, l’ex attivista del movimento contro gli sfratti Ada Colau, di interrompere le relazioni istituzionali con Israele.
La richiesta, più volte inevasa, è stata finalmente accolta dalla prima cittadina del capoluogo catalano lo scorso 8 febbraio, a poche settimane dalla convocazione delle prossime elezioni municipali fissate per il prossimo 28 maggio.
Ada Colau ha comunicato di aver congelato le relazioni con Israele e in particolare il gemellaggio tra la Barcellona e Tel Aviv, siglato nel lontano 1998 all’interno di un accordo che include anche Gaza in un improbabile “triangolo della cooperazione”.
«Non possiamo più tacere di fronte alla violazione flagrante e sistematica dei diritti umani» ha scritto la leader dei Comuns in una lettera indirizzata al premier israeliano Benjamin Netanyahu, sottolineando che la misura non intende rappresentare un atto di discriminazione nei confronti della popolazione o della religione ebraica ma una opportuna censura nei confronti del governo del cosiddetto “stato ebraico”.
Nella missiva la sindaca ha ricordato che organizzazioni internazionali come Human Rights Watch e Amnesty International e l’israeliana B’Tselem «hanno denunciato che le pratiche dello stato di Israele contro la popolazione palestinese, come l’apartheid e la persecuzione, possono essere considerati dei crimini contro l’umanità». Già nel giugno dell’anno scorso, del resto, una mozione approvata dal Parlamento catalano con i voti di Erc (centrosinistra indipendentista) e della Cup (sinistra radicale indipendentista), ma anche dei socialisti e dei Comuns equiparava le conseguenze dell’occupazione israeliana all’apartheid.
«Non possiamo (…) chiudere gli occhi di fronte a una violazione ampiamente documentata da decenni dagli organismi internazionali» ha scritto la sindaca annunciando la sospensione delle relazioni istituzionali «finché le autorità israeliane (…) non si atterranno agli obblighi imposti dal diritto internazionale e dalle risoluzioni dell’Onu».
La prima cittadina dei Comuns si è apertamente allacciata alla campagna “Barcellona contro l’apartheid” lanciata dal coordinamento “Basta complicità con Israele”; la sigla riunisce 112 diverse organizzazioni popolari, sociali, politiche, sindacali ed ha raccolto quasi 4000 firme per ottenere che il consiglio comunale della città discutesse le richieste del movimento che si batte per i diritti del popolo palestinese e chiede alle istituzioni di interrompere i rapporti con lo “stato ebraico”.

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Il no della politica
Colau ha però deciso di agire firmando un’ordinanza, senza far passare il provvedimento al vaglio dell’assemblea comunale. La decisione ha suscitato un vespaio – esacerbato dal clima elettorale – non solo all’interno dell’opposizione ma anche della sua maggioranza di centrosinistra.
L’opposizione di destra – Junts, Ciudadanos e PP – hanno chiesto un consiglio straordinario sull’iniziativa della sindaca. Già il Partito Socialista – alleato dei Comuns nel governo cittadino – aveva chiesto che appena possibile l’assemblea comunale discutesse l’ordinanza, giudicata un “grave errore”.
Anche in seno ad Esquerra Republicana, a parte qualche voce isolata, si sono levate forti critiche sia al carattere unilaterale sia alla sostanza del provvedimento che, nella plenaria del 24 febbraio, potrebbe essere quindi bocciato. Anche nello stesso partito della sindaca, del resto, non mancano i contrari all’iniziativa anche se il gruppo consiliare è rimasto compatto ieri mattina, nel corso di una votazione di ricognizione senza conseguenze, che ha detto ‘no’ alla sindaca. A favore di Ada Colau hanno votato solo i Comuns mentre i consiglieri di Esquerra si sono astenuti.

Il sostegno internazionale
A sostegno di Ada Colau, invece, si sono espressi una cinquantina di personalitàdel mondo della cultura, dello spettacolo, dell’arte, della politica. Una dichiarazione internazionale di solidarietà alla sindaca di Barcellona è stata firmata dai premi Nobel Annie Ernaux, Mairead Maguire, George P. Smith e Jody Williams, dagli attori Mark Ruffalo, Miriam Margolyes, Viggo Mortensen, Susan Sarandon, dai registi Fernando Meirelles e Ken Loach, da musicisti come Marianne Faithful, Peter Gabriel e Brian Eno, da intellettuali come Angelas Davis, Arundathi Roy e Naomi Klein. Tra i firmatari anche l’ex vicepresidente del Parlamento Europeo Luisa Morgantini. La dichiarazione critica i governi per non aver reagito alle sistematiche violazione del diritto internazionale e alle violazioni dei diritti del popolo palestinese da parte di Israele. In un messaggio personale l’ex ministro del governo di Nelson Mandela, il sudafricano Ronnie Kasrils, ha affermato di essere entusiasta della decisione di Ada Colau.
Il congelamento dei rapporti con Tel Aviv è stato definito «coraggioso» dall’Associazione catalana degli ebrei e dei palestinesi ed ha ricevuto anche il sostegno dalla European Jewish for Just Justice, una rete dei 12 associazioni pacifiste europee.

La condanna della destra e di Israele
Immediata ed inappellabile, invece, è stata la condanna da parte del Ministero degli Esteri israeliano e della Federazione delle comunità ebraiche spagnole. Quest’ultima ha definito quella di Ada Colau una forma di «sofisticato antisemitismo».
Anche la destra spagnola è andata subito all’attacco, accusando la sindaca di Barcellona di antisemitismo. Il sindaco di Madrid José Luis Martínez Almeida, del Partito Popolare, ha invitato il primo cittadino di Tel Aviv a stringere un gemellaggio tra le due città.
La presidente della Comunità di Madrid (anch’essa del PP) Isabel Díaz Ayuso ha compiuto, il 12 e 13 febbaio, una visita istituzionale di due giorni in Israele, fissata prima dell’annuncio della Colau. Per sua stessa ammissione, il viaggio è servito per ampliare le relazioni economiche con le imprese e le istituzioni israeliane ed attirare nuovi investimenti. Ideologicamente, negli ultimi anni, anche la destra radicale di Vox si è distinta per il sostegno incondizionato a Israele.

L’ambiguità di Pedro Sanchez
Da parte sua il premier Pedro Sànchez ha evitato di incontrare i dirigenti israeliani, cosa che però hanno fatto più volte alcuni dei suoi ministri socialisti. Inoltre il primo ministro aveva promesso, nel 2015, che se avesse avuto accesso al governo avrebbe riconosciuto lo Stato palestinese. Lo ha ribadito nel 2017 e l’impegno è stato inserito all’interno del programma elettorale del Partito Socialista per le elezioni del 2019. Al momento, però, nonostante le pressioni di Unidas Podemos e dei partiti indipendentisti baschi e catalani che sostengono la sua maggioranza dall’esterno, la promessa non è stata ancora onorata e nulla fa pensare che Sanchez voglia dar seguito all’impegno preso nel prossimo futuro.

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Contestata a Madrid l’ambasciatrice di Israele
Intanto l’8 febbraio, all’interno dell’Università Complutense di Madrid gli organizzatori di una conferenza sugli “Accordi di Oslo” hanno invitato l’ambasciatrice in Spagna dello “stato ebraico”, Rodica Radian-Gordon.
Gli attivisti delle reti di solidarietà con la Palestina ne hanno approfittato per inscenare una contestazione, ricordando che solo nel mese di gennaio l’esercito di occupazione ha ucciso 35 palestinesi.
La reazione degli addetti alla sicurezza dell’ambasciatrice e dell’Università è stata violenta e spropositata. Un uomo, poi riconosciuto come un agente israeliano di scorta alla rappresentante diplomatica, ha addirittura minacciato i manifestanti con una pistola. Mentre l’ambasciatrice abbandonava il convegno, un plotone della Policia Nacional in assetto antisommossa ha aggredito i manifestanti. La giornata si è conclusa con due attiviste fermate e denunciate. – Pagine Esteri

5573047* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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Sonno. - Supervoids


Torniamo con grande gioia a parlare di una delle etichette del sottobosco musicale italiano e più precisamente ligure, ovvero di Musica Orizzontale, una delle parabole più interessanti ed eretiche uscite dall’estremo ponente ligure.

@Musica Agorà #musica #idm #elettronica

iyezine.com/sonno-supervoids

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Il Sacco Wahabita di Karbala (1802)


Se avessimo istantanee del Sacco Wahabita di Karbala del 1802, sarebbero immagini di cataste di cadaveri, fiumi di sangue e dello scempio completo di un’intera città sacra. Le Cause Le cause del Sacco Wahabita di Karbala del 1802 sono complesse e multifattoriali, ma possono essere sintetizzate in tre principali fattori: le tensioni tra i persiani e gli ottomani, la rivalità tra sunniti e sciiti e soprattutto la crescente influenza del movimento wahhabita. La dinastia safavide era al culmine del suo potere nel XVI secolo, quando riuscì a stabilire l’Iran come una potenza regionale e a diffondere l’Islam sciita in tuttoContinue reading

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Masih Alinejad e Hamed Esmaeilion a Roma per parlare di diritti e Iran – laredazione.net


Masih esorta a non diventar complici del regime e di tagliate i rapporti con la Repubblica islamica perché la loro ideologia è pericolosa e «infetta il resto del mondo». Per spiegare questo concetto la giornalista ricorda un fatto successo nel 2016 quando

Masih esorta a non diventar complici del regime e di tagliate i rapporti con la Repubblica islamica perché la loro ideologia è pericolosa e «infetta il resto del mondo». Per spiegare questo concetto la giornalista ricorda un fatto successo nel 2016 quando per la visita in Italia del presidente Hassan Rouhani, “per non offenderlo”, coprirono tutte le statue di nudo presenti nel Museo Capitolino.

Donne, Libertà e Diritti umani in Iran

Ieri, Martedì 21 febbraio 2023, alle ore 15:00 presso il Senato della Repubblica italiana, in Sala Nassirya si è tenuta la conferenza stampaDonne, Libertà e Diritti umani in Iran”. All’incontro hanno partecipato: Masih Alinejad, giornalista e dissidente, in Usa dal 2009, Hamed Esmaeilion, portavoce dell’associazione vittime dei familiari del volo PS752, abbattuto l’8 gennaio 2020 su ordine dei Pasdaran, Hiva Feizi, Co-Fondatrice di “PaykanArtCar”, Andrea Cangini, Segretario Generale Fondazione Luigi Einaudi – FLE, Germano Dottori (Analista) e Francesco Galietti (Analista).

Il dibattito è stato organizzato da Fondazione Luigi Einaudi Onlus per Studi di Politica Economia e Storia e Ministero della Cultura.

La conferenza inizia con i saluti istituzionali di Antonella Zedda e dell’ambasciatore Mark D. Wallace. Wallace nel suo intervento ricorda quanto sia importante la libertà di stampa, una libertà che in Iran non c’è, e dove i giornalisti non possono diffondere notizie critiche e contro il regime, per questo ogni giornalista iraniano dovrebbe essere supportato dai suoi colleghi stranieri e le loro voci venir diffuse.

Hiva Feizi, grazie alla quale si è realizzata questa conferenza, interviene dopo l’ambasciatore. Ovviamente le sue prime parole sono dedicate ai cittadini e alle cittadine iraniane che combattono per la loro libertà, e alle vittime della violenza della Repubblica islamica. Il pensiero di Feizi è rivolto anche alle famiglie delle vittime del volo PS752 abbattuto l’8 gennaio 2020 dal Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC).

Della tragedia del volo PS752, ne avevamo parlato in un precedente articolo, ricordiamo soltanto che poco dopo il decollo, avvenuto con un’ora di ritardo, il Boeing 737-800 dell’Ukraine International Airlines che volava lungo la rotta da Teheran a Kiev è stato abbattuto, uccidendo tutti i 176 passeggeri e l’equipaggio a bordo.

L’intervento di Masih Alinejad

Masih Alinejad inizia il suo discorso partendo da un’esperienza personale. L’attivista racconta che anche lei in Iran era una giornalista parlamentare, ma che le è stato impedito di fare il suo lavoro. Il regime della Repubblica islamica, prosegue Masih, non tollererebbe nessuna delle giornaliste presenti in sala, perché non sono accettate le donne che non si coprono, e coloro che si ribellano rischiano di essere incarcerate; questa «non è solo una questione che riguarda le donne iraniane, ma l’identità e la dignità di tutte noi».

L’intervento di Masih è molto carico e pieno di energia, e con la stessa energia invita i presenti a sostenere la rivoluzione del popolo iraniano che da 5 mesi combatte per la propria libertà; in merito cita una famosa espressione usata spesso nel giornalismo «when it bleeds, it leads», ma, asserisce Masih: «questa frase vale solo per i media, nella realtà non c’è più bisogno di vedere giovani uccisi e il loro sangue versato per le strade». Sollecita anche a non credere alle notizie diffuse dai media di stato iraniani, di non diventar complici del regime e di tagliate i rapporti con la Repubblica islamica, perché la loro ideologia è pericolosa e «infetta il resto del mondo».

Per spiegare questo concetto la giornalista ricorda un fatto successo nel 2016 quando per la visita in Italia del presidente Hassan Rouhani, “per non offenderlo” coprirono tutte le statue di nudo presenti nel Museo Capitolino.

Non inaspettato è il suo appello all’Europa e all’Italia per far designare l’IRGC come gruppo terrorista, perché, ribadisce, non inserire l’IRGC tra i terroristi è comunque come prendere una posizione.

Il pensiero dell’attivista fa leva sul fatto che ciò che sta succedendo in Iran non è una «faccenda esclusivamente del Medio Oriente», riguarda tutti, il concetto di libertà non ha confini perché i «diritti umani sono globali».

L’intervento di Hamed Esmaeilion

Hamed Esmaeilion, portavoce dell’associazione PS572justice e che in quell’“incidente” ha perso sua figlia e sua moglie, ha esortato l’Ue a non negoziare con la Repubblica islamica «incapace di impegnarsi in alcun accordo», e a non fare alcun compromesso con gli uomini del regime, che imprigionano i cittadini stranieri per usarli come ricatto e perseguita le minoranze.

Anche Esmaeilion, come aveva già fatto Alinejad, ha poi ribadito la richiesta di espellere gli ambasciatori iraniani dalle varie ambasciate e designare l’IRGC come terrorista.

Successivamente, sono intervenuti Andrea Cangini, Germano Dottori e Francesco Galietti, che nel dare la loro analisi geo-politica, hanno sostenuto il movimento “Donna, Vita, Libertà”.

laredazione.net

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Masih Alinejad: “Il velo islamico è come il muro di Berlino, abbattiamolo e cadranno gli ayatollah” – RAI News


Alinejad è, insieme a Esmaelion, la principale oppositrice della Repubblica islamica. Le interviste a Rainews.it in occasione dell’incontro in Senato con gli iraniani della diaspora che chiedono all’Italia sostegno sui diritti violati in Iran Lei è consid

Alinejad è, insieme a Esmaelion, la principale oppositrice della Repubblica islamica. Le interviste a Rainews.it in occasione dell’incontro in Senato con gli iraniani della diaspora che chiedono all’Italia sostegno sui diritti violati in Iran

Lei è considerata una minaccia per la teocrazia al potere nella Repubblica islamica dell’Iran: dagli Stati Uniti Masih Alinejad è arrivata a Roma per incontrare gli iraniani della diaspora e chiedere sostegno all’Italia sui diritti umani e sulle azioni da intraprendere contro Teheran anche in Europa. Accompagnata da un altro attivista simbolo della lotta al regime come Hamed Esmaelion, portavoce del volo 752AFV Teheran/Kiev, caduto per mano dei Pasdaran l’8 gennaio 2020, subito dopo il decollo, in cui si contarono 170 vittime compreso l’equipaggio. I due hanno parlato al Senato italiano, ospite della fondazione Luigi Einaudi.

Masih Alinejad, che vanta milioni di follower sui social media, ai nostri microfoni ricorda la battaglia che l’ha resa celebre nel mondo nella lotta per i diritti delle donne iraniane nel suo Paese e in generale per i diritti umani. Il suo cavallo di battaglia è quello di opporsi all’uso del velo islamico obbligatorio per le donne in Iran (e in Afghanistan ndr), ancor prima della protesta in corso perMasha Amini. Lei che in Iran è stata arrestata e minacciata dagli ayatollah, anche quando nel 2009 è divenuta esule negli Stati Uniti, dove tre settimane fa qualcuno ha cercato di assassinarla.

“Il velo islamico obbligatorio è come il muro di Berlino, se riusciamo ad abbattere questo muro la Repubblica islamica dell’Iran non esisterà più, credo che il velo sia uno dei pilastri principali della dittatura religiosa e che questa rivoluzione guidata dalle donne e sostenuta dagli uomini, sia andata oltre l’hijab”. “Dico di no all’apartheid di genere voluto da questo regime perché le donne sono stufe di sentirsi dire cosa indossare e quale stile di vita adottare, questo è il XXI secolo e le donne vogliono decidere sul proprio corpo”.

Insieme ad Hamed Esmaelion fanno tappa in Italia dopo Bruxelles, dove hanno partecipato, insieme alla numerosa diaspora di iraniani europea, alla marcia di circa 30.000 persone che chiedono all’Europa di inserire l’Irgc (sigla internazionale che indica i Pasdaran ndr) nella lista delle organizzazioni terroristiche europee, cosa già avvenuta negli Stati Uniti. “Non chiediamo molto all’Italia solo di stare dalla parte giusta della storia, chiedo all’opinione pubblica italiana di pensare che una delle rivoluzioni più progressiste del mondo è in atto ora in Iran: donne, adolescenti, uomini innocenti vengono uccisi ingiustamente dal proprio governo, se non sosterrete queste sorelle dovrete affrontare questi terroristi sul suolo italiano, sul suolo europeo”, ha detto Alinejad.

Sulla diaspora iraniana che appare divisa per divergenze interne lancia un appello: “E’ necessario che tutti i gruppi di iraniani in protesta oggi siano uniti contro il nemico comune che è la Repubblica islamica dell’Iran”. “E per questo dico unitevi, stiamo insieme, battiamoci per la democrazia, cerchiamo di salvare anche il resto mondo da uno dei virus più pericolosi al mondo e cioè l’ideologia islamica, non mi riferisco solo alle donne iraniane ma anche alle afgane, non posso credere che le donne vengano uccise in Iran e che vengano cacciate dalle scuole in Afghanistan”.

E conclude con un invito: “E’ arrivato il momento per le donne in Politica, per le sorelle in Italia di essere un esempio per i leader dei Paesi democratici, organizziamoci, si crei una marcia internazionale per le donne, dobbiamo essere uniti e isolare la Repubblica islamica così come è stato fatto per Putin”.

“Accogliamo la sofferenza del popolo iraniano cui due importanti rappresentanti sono in Italia per cercare di risolvereil grave problema legato ai diritti delle donne e in generale a quelli umani nel loro Paese, non è un tema di parte, non è un tema solo religioso e non riguarda solo le donne”, ha detto la Senatrice di Fratelli d’Italia Antonella Zedda promotrice dell’iniziativa.

Hamed Esmaelion, dentista ora residente in Canada, è noto per essere divenuto il portavoce dei familiari delle 170 vittime del volo finito in tragedia due anni fa, in cui perse la moglie e la figlia di 8 anni. Tutti i passeggeri rientravano nei Paesi occidentali dopo la pausa per le vacanze natalizie.

Per Esmaelion la lotta al regime in cui è diventata ragione di vita e soprattutto quella ai Pasdaran, il Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica istituito fin dal 1979 per mantenere l’ordine spirituale e materiale in Iran. Per l’attivista è molto importante che la “Holy guard” venga inserita nella lista delle organizzazioni terroristiche “perchè è questo che sono, terroristi, è la loro vera natura”. Dopo Strasburgo e Bruxelles dove l’emendamento proposto ha ottenuto successo ora è avvertito uno stallo da parte dei vertici europei e, secondo Esmaelion, le principali difficoltà che impedirebbero l’inserimento dei Pasdaran nella lista avrebbero motivazioni economiche e politiche. Di fatto se l’Irgc, essendo così addentro al tessuto istituzionale del Paese, fosse in quella lista nera, costituirebbe un problema per la tenuta del governo di Teheran.

“Alcuni paesi hanno buone relazioni con l’attuale governo iraniano e probabilmente il cambio di regime spaventa alcuni leader europei, ma noi siamo qui per dire che queste non sono paure reali, gli iraniani sanno benissimo ciò che vogliono e ciò che non vogliono, dopo 115 anni per la lotto per la Democrazia ora è il momento per ottenerla”. Secondo l’attivista il nostro Paese potrebbe fare la sua parte: “L’Italia potrebbe inserire i Pasdaran in questa lista, anche con l’espulsione dell’Ambasciatore iraniano a Roma e di tutti gli oligarchi dell’Iran”.

rainews.it

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Sbarco Silente


Secondo i dati forniti dal governo, dall’inizio dell’anno sono sbarcati 12.906 emigranti. Per più di due terzi con mezzi propri o recuperati dalla Guardia Costiera. Nello stesso periodo, l’anno scorso, erano sbarcati in 4.701. L’anno precedente in 3.728.

Secondo i dati forniti dal governo, dall’inizio dell’anno sono sbarcati 12.906 emigranti. Per più di due terzi con mezzi propri o recuperati dalla Guardia Costiera. Nello stesso periodo, l’anno scorso, erano sbarcati in 4.701. L’anno precedente in 3.728.
Supporre che il numero degli sbarchi abbia a che vedere con il colore o le intenzioni del governo in quel momento in carica è una pura sciocchezza. Supporre che i decreti legge tonitruanti bloccheranno il fenomeno è la sua gemella. Allora perché si temeva l’invasione e si gridava alla complicità prima, mentre ora che sono quasi il triplo e più del triplo tutto tace? Perché la differenza non la fanno i fatti reali, ma il modo in cui vengono comunicati e la speculazione con cui sono adoperati. Ed essendo al governo quanti sostennero che fermare tutto era solo questione di volontà, ora la faccenda ha perso sponsor della paura. Ma il problema resta e si dovrà pur cominciare ad affrontarlo senza le retoriche dell’abbracciare o del bloccare.

La Ragione

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Nelle scuole romane un bambino su cinque non sa scrivere in corsivo. La ricerca condotta da un gruppo di studiosi della Sapienza, dell'Umberto I e del Bambin Gesù.


Il 21,6% dei bambini iscritti alle scuole primarie di Roma, ha problemi a scrivere in corsivo. È quanto emerge da una ricerca condotta da Carlo Di Brina (dirigente di Neuropsichiatria infantile dell'Umberto I), Barbara Caravale (del Dipartimento di «Psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione» della Sapienza) e Nadia Mirante (Unità di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza del Bambino Gesù), e pubblicata sulla rivista Children nel febbraio del 2023.

@Notizie dall'Italia e dal mondo

In questo 21,6% rientrano anche bambini disgrafici o con disturbi più ampi, come per esempio il disturbo di coordinazione motoria.

La tanto citata tecnologia - tablet, smartphone e computer - ha invece un ruolo limitato nello sviluppo della capacità di scrivere in corsivo: "L'uso massiccio e continuato di dispositivi elettronici può certamente condurre allo sviluppo di disturbi come deficit d'attenzione, ma ha molta meno attinenza con la scrittura".

cc @Scuola - Gruppo Forum @Maria Chiara Pievatolo @Andrea Mariuzzo @Bibliogadda

romatoday.it/attualita/corsivo…

in reply to Franc Mac

Certo mettere in mezzo persone DSA in mezzo a uno studio di questo tipo significa che sei proprio in mala fede e che vuoi fare il titolone

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in reply to super_user_do

@super_user_do non direi: la percentuale di alunni con DSA nella scuola primaria è piuttosto irrisoria. Parliamo di una media pari al 3,2% di cui solo una parte è costituita da alunni con una disgrafia diagnosticata. Le percentuali riscontrate invece nei bambini che hanno difficoltà a scrivere in corsivo sono sette volte maggiori quindi il "titolone" ci sta tutto

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Oggi alle 10.30, nella Sala Koch di Palazzo Madama, prende il via l'iniziativa “L'Ora di Costituzione”.

Tema della lezione, i principi fondamentali della Costituzione italiana (artt. 1 - 12).

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L’Elettronica della Difesa nel Golfo Persico. In arrivo l’hub Ew di Elt


L’Elettronica per la Difesa made in Italy stringe partnership strategiche sempre più strette nel Golfo Persico. È questo il contesto in cui è stato siglato il nuovo accordo di partenariato tra Elettronica (Elt), azienda italiana che si occupa di sistemi p

L’Elettronica per la Difesa made in Italy stringe partnership strategiche sempre più strette nel Golfo Persico. È questo il contesto in cui è stato siglato il nuovo accordo di partenariato tra Elettronica (Elt), azienda italiana che si occupa di sistemi per il settore della Difesa, ed Etimad holding Llc (Eh), player internazionale nelle soluzioni tecnologiche per la sicurezza, per istituire un hub Ils negli Emirati Arabi Uniti dedicato ai sistemi di Electronic warfare (Ew). Un’opportunità per condividere le reciproche capacità in materia di sorveglianza e protezione. Nel frattempo, Elt si è aggiudicata anche il ruolo di partner di Abu Dhabi Ship Building per la fornitura del sistema EW per la corvetta della Marina Militare dell’Angola.

L’accordo

Con la firma di questo accordo, Elt collaborerà infatti con Etimad Holding e le sue consociate per stabilire negli Emirati Arabi Uniti un hub logistico integrato per i sistemi Ew. Eh, e le sue controllate, forniranno la riparazione e la manutenzione del sistema Ew di Elt su base esclusiva e supporteranno dunque Elt nella vendita dei propri prodotti. La sinergia di capabilities mira a fornire servizi ad hoc in base alle richieste ed esigenze degli utenti

Collaborazioni più strette nel Golfo Persico

“Il nostro rapporto con gli Emirati Arabi Uniti è molto profondo e continuiamo a lavorare per renderlo più forte”, ha spiegato il presidente e amministratore delegato di Elettronica, Enzo Benigni. L’accordo, infatti, rappresenta a detta del presidente “un passo avanti”, ed Elt continuerà a “collaborare, a condividere e ad arricchire le sue capacità”. Alle sue parole fanno eco quelle del ceo di Etiman holding, Khalid Al-Ali: “Con la firma di tale accordo, Etimad espande la sua partnership strategica con l’obiettivo di aggiungere valore all’interno del Paese negli Emirati Arabi Uniti. Questo accordo è la prima pietra miliare di una cooperazione strategica a lungo termine tra Elettronica ed Etimad”.

Elettronica della Difesa per la Marina angolana

Nel frattempo, Elt ha consolidato la sua intesa anche con Adsb-Abu Dhabi ship building (Edge group) e la Marina militare dell’Angola per la fornitura di Corvette, nell’ambito di un accordo annunciato in occasione di Idex, la grande esposizione che si tiene in questi giorni ad Abu Dhabi. Elt è infatti stata scelta per fornire il Sistema Ew alla Forza armata del Paese africano. L’integrazione delle reciproche capacità è già stata sperimentata in passato e tale accordo indica la volontà di proseguire nella medesima direzione. “Questa importante operazione di export riconosce la maturità e l’eccellenza raggiunta in campo industriale e tecnologico da ADSB. Questo accordo rende Elettronica particolarmente orgogliosa di questa collaborazione e fiduciosa sugli obiettivi ancora più sfidanti che potranno essere raggiunti insieme in futuro, garantendo al Paese la resilienza e la sovranità necessarie in un momento di profonda complessità geopolitica”, ha commentato l’accordo il presidente Benigni.


formiche.net/2023/02/elettroni…



In Cina e Asia –  Wang Yi incontra Putin


In Cina e Asia –  Wang Yi incontra Putin putin
Wang Yi incontra Putin
Il congedo matrimoniale può frenare il calo demografico in Cina?
Punite per aver distribuito bandiere arcobaleno, fanno causa al ministero dell’Istruzione cinese
Niente più visto di Hong Kong per lo scienziato Jiankui He
Crollo delle nascite in Corea del Sud

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Guerra in Ucraina, la strage ‘utile’ a Biden


Come di rado accade, in uno stesso giorno si sono verificati tre avvenimenti, che, se ci si fosse organizzati per farli avvenire contemporaneamente, non ci si sarebbe riusciti, dato che si intrecciano perfettamente. Mi riferisco al discorso del Presidente Putin a Mosca, a quello del Presidente Biden a Varsavia e all’incontro del Ministro degli esteri […]

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Test da Friendica senza titolo
@test
Testo testo testo
@test

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🚦Le evidenze scientifiche sono tutte a favore del #NutriScore. Di @MDfreerider sul @fattoalimentare


NUTRI-SCORE CONTRO NUTRINFORM BATTERY: COSA DICE LA SCIENZA?

@Scienza e innovazione

Lo Stato Italiano ha già fatto una scelta di campo: tutelare gli interessi dell’industria a discapito della promozione della salute, della prevenzione del sovrappeso-obesità, malattie cardiovascolari e tumori. In Italia grazie alla massiccia propaganda sono tutti (tranne Il Fatto Alimentare e qualche associazione di consumatori) contro il Nutri-Score. L’industria alimentare per mantenere lo status quo vuole un consumatore disinformato, manipolabile e manipolato dalla pubblicità che in Italia non ha alcun limite (gli alimenti spazzatura vengono pubblicizzati in tutte le ore del giorno e in programmi per bambini).

L'articolo di Antonio Pratesi sul Fatto Alimentare

Kilgore Trout doesn't like this.



#NotiziePerLaScuola

Giovedì 23 febbraio il secondo e ultimo webinar del ciclo "Let's debate in English", dedicato all'approfondimento della metodologia didattica del debate in lingua inglese.

Info ▶️ indire.

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Si è tenuta domenica 19 febbraio una riunione, in gran parte in presenza, del Coordinamento provvisorio UP. In un clima in cui si sono registrate molte converg

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Dal 23 febbraio iniziano gli appuntamenti con L'Ora di Costituzione!

L'iniziativa sostenuta dal Senato prevede un ciclo di incontri, una volta al mese, con alcuni costituzionalisti che illustreranno i principali articoli della Carta agli studenti.



Al Presidente La Russa rispondiamo: un figlio gay non è un avversario in un derby calcistico. La dichiarazione fintamente ironica del Presidente del Senato La


Messina Denaro, borghesia mafiosa e 41 bis | Comune-info

«Un’ampia conversazione con Umberto Santino, fondatore e direttore dello straordinario Centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato”. Santino – tra i primi, già negli anni Settanta, ad approfondire il concetto di borghesia mafiosa, oggi al centro delle attenzioni con l’arresto di Matteo Messina Denaro – ragiona delle trasformazioni della lotta a Cosa nostra, riprende il significato dell’espressione “mafia finanziaria” e spiega il suo punto di vista sul 41 bis e sul caso di Alfredo Cospito.»

comune-info.net/messina-denaro…




Torna dall’8 al 10 marzo 2023 Fiera Didacta Italia, il più importante appuntamento fieristico della scuola italiana!

Quest’anno il Ministero dell’Istruzione e del Merito aumenta la propria partecipazione attraverso un grande stand che mette al centr…

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Carnevale


I tempi cambiano e dalle sfilate sono quasi del tutto scomparse le maschere di zorro, pierrot, arlecchino, indiani e cowboy (se da bambini ci avessero rivelato che cowboy significava "mandriano", ci saremmo rifiutati anche noi di vestirci con lo Stetson in testa, il gilet e il cinturone). I punk sono stati sostituiti dai maranza. Resiste qualche pagliaccio, i darth fener, gli harry potter e le tartarughe ninja, ma solo perché i costumi sono stati conservati nell'armadio per farli indossare ai fratelli più piccoli. Le principesse e i supereroi rimangono sempre i più gettonati. Oggi che è martedì grasso va forte la maschera di Mercoledì.


Giorgia Meloni va a Kiev in missione di guerra per accreditarsi a livello internazionale. È lì per assicurare a Zelensky la prosecuzione della fornitura di ar


La vicenda dei giornalisti italiani cui è stato revocato l'accredito o semplicemente è stato impedito di entrare in Ucraina. Di @Vincenzo_vita su @art_ventuno


Una triste coltre di silenzio avvolge la vicenda dei giornalisti italiani cui è stato impedito di entrare in Ucraina o è stato revocato l’accredito per poter svolgere la propria attività professionale. Vi è l’ordine di non parlarne?

@Giornalismo e disordine informativo

La prevista conferenza stampa di Giorgia Meloni, attesa in queste ore a Kiev dopo la visita di Biden, sarà l’occasione per sollevare il problema: quali sono le accuse mosse dai servizi segreti nei riguardi di chi non fa propaganda, bensì informazione sulla guerra? Vale anche in tale circostanza la solita terribile strategia del segreto, in base alla quale i misfatti e le atrocità non devono venire a conoscenza dell’opinione pubblica?

Il post di Vincenzo Vita è stato pubblicato su Articolo21



#Risentiamoli Cypress Hill - Black Sunday


“Black sunday” è stato il secondo disco del gruppo hip hop americano Cypress Hill, pubblicato il 20 luglio del 1993 da Ruffhouse e Columbia Records. Grande successo commerciale, “Black sunday” è un gigante dell’hip-hop, un monolite che diverte ancora a trent’anni esatti di distanza.

iyezine.com/risentiamoli-cypre…



La sinistra liberal progressista cancella l'idea stessa di sinistra | Kulturjam

«C’è oggi una sinistra liberal progressista che non ha niente a che fare con quella tradizione nel suo complesso, una sinistra neoliberale che tutta la sinistra, in tutte le sue varianti, ha sempre combattuto e che ha chiamato “destra”.

Ad accomunarla è l’odio con tutto ciò che è storia e ha storia, un odio verso la vita che nelle tradizioni prende forme, evolve, cresce. Il disprezzo verso le comunità, il tentativo di imporre un individualismo è isola, pensando che esista una sola forma di legame, quello che produce il consumo.»

kulturjam.it/costume-e-societa…



Oggi, alle 12.00, si terrà al Ministero dell’Istruzione e del Merito la presentazione del programma della sesta edizione di Fiera Didacta Italia, il più importante appuntamento fieristico dedicato all’istruzione e all’innovazione scolastica.


the men


Tutte caratteristiche che ho ritrovato in "New York City", nuovo album dei garage rockers statunitensi Men, sulle scene da ormai tre lustri e giunti oggi al nono album ufficiale, uscito a inizio mese su Fuzz Club Records (e che segna il debutto del quartetto di Brooklyn sull'etichetta inglese) e arrivato a tre anni dall'ultima fatica discografica "Mercy".
iyezine.com/the-men-new-york-c…

@Musica Agorà

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La scoperta di Antonio Gramsci - Giovanni D'Anna


Sin dai primissimi giorni del suo rientro in Italia, Togliatti iniziò una incessante opera di “divulgazione” della figura gramsciana

gramscionline.org/2020/09/29/g…

#gramsci



I falsari di André Gide


Primo e unico vero romanzo di André Gide, “I falsari” (1925) è un atto d’accusa nei confronti della letteratura per la mancanza di coraggio, lo scarso approfondimento e l’essere complice nella costruzione della menzogna; sorprendente e affascinante, diverso da qualsiasi altra cosa, mette in scena le vicende di un gruppo di personaggi disparati, moltiplicando i punti di vista, i generi e le linee narrative secondarie, distaccandosi così dalla tradizionale narrazione lineare.

iyezine.com/i-falsari-di-andre…

@L’angolo del lettore

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HO PERSO IL GUSTO, NON HA SAPORE


A scoppio ritardato scrivo anche io qualcosa di non-necessario su Sanremo.
Quest’anno non c’è stata una canzone che mi ha colpito particolarmente. È vero che a più riprese mi sono addormentato davanti alla TV, ma le esibizioni che perdevo, le recuperavo il giorno dopo su RaiPlay.
Ho visto qualche gag simpatica (gli interventi del solito immarcescibile Fiorello) e qualche piacevole sorpresa (Paola Egonu è stata la co-conduttrice più spontanea, paradossalmente anche quando leggeva). In generale però lo spettacolo mi è sembrato un po’ troppo costruito e in alcuni momenti anche un po’ stucchevole. Sarà che con il passare degli anni trovo sempre più noiose le confessioni e le prediche televisive fatte da chi ha il cXXo al caldo.
Per attirare l’attenzione su di sé, qualche artista ha azzardato – o “ha simulato” – uno scandaloso passionale colpo di testa: prendere a calci le rose, allungare il brodo all'infinito obbligando il pubblico a cantare un ritornello che non conosce, strusciarsi e baciarsi con l’influencer di turno, ecc... Ma dopo decenni di TV spazzatura oramai siamo tutti vaccinati (compreso i bambini) e la provocazione è diventata “Mission: impossible”.

Con questo non voglio dire che il Sanremo che ho visto sia tutto da buttare. Ci mancherebbe. Si sono esibiti anche dei bravi artisti. Qualcuno si è impegnato e ha fatto anche bene, tuttavia a distanza di una settimana dalla chiusura di Sanremo Venti23 (chiamarlo duemilaventitré non è più di moda) ricordo soprattutto due cose: la sanguigna “American Woman” di Elodie e Big Mama (per la cronaca: alla fine della canzone si sono baciate anche loro, ma nessuno ha montato polemiche) e la superba “Quello che non c’è” di Manuel Agnelli e gIANMARIA.
Lo so che sono di parte, perché adoro quella canzone e quel disco. E’ vero che gIANMARIA sembrava un pulcino bagnato, ma la performance di Manuel Agnelli e di Fabio Rondanini, batterista dei Calibro 35, è stata strepitosa.
Ma questo è camminare alto sull’acqua e su quello che non c’è.



Siamo tutti supereroi


Quando le masse, la stampa e il mondo intero ti dicono di muoverti, il tuo compito è di piantarti come un albero accanto al fiume della verità e dire a tutto il mondo - 'No, muovetevi voi.’

Tra il 2006 e il 2007 uscì uno degli archi narrativi più belli, secondo me, dell’universo Marvel: Civil War. Qualcuno magari avrà visto l’omonimo film, che però non c’entra niente.

Oggi voglio raccontarvi questa storia perché ha molto a che fare con la realtà che ci circonda e con l’attualissima diatriba tra chi vorrebbe incatenarci tra mille algoritmi e sistemi di sorveglianza di massa e chi invece preferirebbe semplicemente essere libero. C’è molto da imparare anche dai fumetti.

Civil War è una storia che parla di libertà, di privacy e dell’ingerenza arbitraria del governo. Potremmo dire che Civil War descrive ciò di cui parliamo ogni settimana su Privacy Chronicles.

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I veri supereroi sono iscritti a Privacy Chronicles

Civil War, la storia


Tutto iniziò con una squadra di giovani supereroi, i New Warriors. I sei si trovavano a Stamford, in Connecticut, per girare un reality-show chiamato “Superhuman High”. Durante le riprese vennero a sapere che nella città si trovava anche un gruppo di super-criminali, la Skeletal League, che proprio in quei giorni stavano progettando di rapinare una banca. L’occasione sembrò ghiotta per aumentare il rating televisivo del reality-show, così i New Warriors decisero di attaccare e cercare di catturare la Skeletal League in diretta TV.

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Purtroppo le cose non andarono come previsto. Durante i combattimenti uno dei supercriminali — Nitro — provocò un’esplosione proprio nel mezzo della città, che distrusse diversi quartieri e anche una scuola, uccidendo più di 600 persone — tra cui molti bambini.

Il drammatico episodio fu presto strumentalizzato dalla politica per attaccare tutti i supereroi che fino a quel momento agivano in modo indisturbato e spesso anonimo nel territorio degli Stati Uniti. Nel giro di pochissimo tempo il governo presentò un nuovo disegno di legge, chiamato Superhuman Registration Act.

L’atto, se approvato, avrebbe obbligato ogni “superumano” a registrarsi presso il governo e rendere nota la sua identità. Questo avrebbe consentito alle autorità di regolamentare le attività dei “supereroi”, supervisionarli, e — se necessario — sanzionarli. Il dibattito fu subito infuocato.

Da una parte c’era chi, come Tony Stark (Iron Man), prese subito le parti del governo. Secondo lui il Registration Act era semplicemente un atto dovuto. Un gesto di civiltà. La legge e la supervisione del governo avrebbero responsabilizzato tutti i supereroi, che quindi avrebbero smesso di agire in modo indipendente e al di fuori della legge.

Stark voleva evitare a tutti i costi il ripetersi di incidenti come quelli di Stamford ed era convinto che questo sarebbe stato possibile grazie a una forte legislazione per delimitare e regolamentare il campo d’azione dei supereroi.

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Dall’altra c’erano invece persone convinte che il Registration Act non fosse altro che un modo per violare le libertà fondamentali dei superumani, costringendoli a rivelare le loro identità segrete e rinunciare a ogni indipendenza.

Il principale sostenitore di questa tesi era Steve Rogers (Captain America). Secondo lui i supereroi avevano il dovere di agire moralmente e responsabilmente, ma come individui e non come macchine controllate dallo Stato. Steve credeva che il Registration Act avrebbe tolto ogni libertà di autodeterminazione ai supereroi, consegnando invece al governo il potere di manipolarli per finalità politiche.

I mass media, il pubblico e diversi gruppi di supereroi si divisero presto in due fazioni: da una parte quella pro-governo, capitanata pubblicamente da Tony Stark; dall’altra quella “ribelle”, condotta da Steve Rogers.

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Le due forze in campo divennero sempre più violente, fino a sfociare in una violenta guerra civile tra alcuni gruppi di supereroi fedeli a Tony Stark o Steve Rogers. La battaglia finale, che vide diversi feriti e morti, portò alla sconfitta di Captain America, che venne catturato e arrestato in quanto leader della fazione ribelle e anti-governativa.

L’arco narrativo si chiude con l’emblematica morte di Captain America, ucciso da un cecchino mentre veniva accompagnato in manette sulla scalinata del tribunale dove avrebbe dovuto essere giudicato per i suoi crimini durante la guerra civile.

Insieme a lui, morivano anche le speranze di libertà dei superumani, ormai condannati alla schedatura governativa.

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Qualche anno dopo gli eventi di Civil War si scoprì che il governo degli Stati Uniti da molto tempo era infiltrato fino alle sue posizioni apicali da agenti HYDRA (i nazisti dell’universo Marvel), e che il Superhuman Registration Act fu in verità un piano dei nazisti per sorvegliare e controllare i supereroi — unico vero ostacolo ai loro piani.

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Tony Stark o Steve Rogers?


Il mondo è in piena guerra civile. Proprio come raccontavano i fumetti Marvel 17 anni fa, anche oggi siamo circondati da due fazioni capitanate da vari Tony Stark e Steve Rogers. E come in Civil War, anche oggi la fazione vincente è quella dei Tony Stark.

Noi non abbiamo un Superhuman Registration Act, ma sistemi e leggi che Steve Rogers non avrebbe mai immaginato nel 2007. Schemi globali di identità digitale; sorveglianza totale delle comunicazioni; progetti per lo sviluppo di monete digitali di Stato e sorveglianza finanziaria; sistemi decisionali automatizzati e social scoring ; scatole nere obbligatorie sulle nostre auto…

L’effetto è lo stesso, anzi peggiore: sorveglianza totale delle nostre identità e delle nostre azioni. Per il “bene comune”.

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I Tony Stark del mondo ci dicono che l’anonimato e la privacy devono essere combattuti, perché deresponsabilizzano le persone. Essere anonimi è pericoloso; la libertà è pericolosa. Tenere alla propria privacy significa avere qualcosa da nascondere, o essere dei criminali.

Questi sono convinti di essere circondati da imbecilli senza alcuna moralità né principi. Il prossimo è un potenziale criminale o qualcuno talmente inaffidabile da non poter neanche gestire la sua stessa vita. E come Tony Stark, credono di essere tra i pochi illuminati a poter guidare il gregge con quel bastone chiamato governo. La legge è uno strumento di dominio per la creazione di una “società migliore”, a loro immagine e somiglianza.

E poi ci sono gli Steve Rogers. Loro sono convinti che l’essere umano abbia in sé tutti gli strumenti per agire moralmente, in modo autonomo e libero — senza per questo essere perseguito. Queste persone sanno che per agire moralmente, bisogna prima essere liberi. Che ogni individuo ha il diritto di creare la sua strada e agire secondo i suoi principi; che non può esserci alcuna libertà senza privacy, e che il governo non è altro che uno strumento di controllo delle persone per fini politici (di specifici gruppi di potere). Sì, la libertà è sporca. È caotica. A volte, pericolosa. Ma non importa.

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Paradimatico di questo pensiero è il celebre discorso di Steve Rogers a Peter Parker proprio durante la Civil War. Probabilmente uno dei migliori di tutto l’universo Marvel:

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Non importa ciò che dice la stampa. Non importa ciò che dicono i politici o le masse.

Non importa se l'intero Paese decide che qualcosa di sbagliato è qualcosa di giusto.

Questa nazione è stata fondata su un principio sopra ogni altro: la necessità di difendere ciò in cui crediamo, senza tener conto delle probabilità o delle conseguenze. Quando le masse, la stampa e il mondo intero ti dicono di muoverti, il tuo compito è di piantarti come un albero accanto al fiume della verità e dire a tutto il mondo -

'No, muovetevi voi.’

Tu, da che parte stai?





Mentre in UE l'identità digitale è tra i temi nodali, l'Italia sta facendo morire #SPID, la conquista più importante per la nostra cittadinanza digitale.
Perché da noi l'unica #eutanasialegale è quella sui nostri diritti...
Di @Luke_like su @wireditalia
wired.it/article/spid-c…

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I due Hotel Francfort di David Leavitt


Dopo sei anni di silenzio, nel 2013 Leavitt torna con “I due Hotel Francfort”, un romanzo ambientato nel giugno del 1940, sui modi in cui le persone possono cambiare in circostanze eccezionali e non essere più le stesse.

È la fotografia di un’Europa alla viglia del disastro, che fa fatica a tenere in vita gli ultimi equilibri mentre dai confini di molte nazioni risuonano colpi di mortaio; una storia immersa nell’atmosfera tanto precaria quanto seducente del neutrale porto di Lisbona, città affollata di espatriati preoccupati di quello che stanno per perdere, in attesa di essere portati in salvo a New York dalla nave SS Manhattan. @L’angolo del lettore

iyezine.com/i-due-hotel-francf…

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Firenze: le foibe furono una vendetta


A #Firenze hanno intitolato ai "#martiri delle #foibe" uno slargo con un muro sbrecciato lordo di #graffiti, usato come parcheggio e come ricettacolo per i cassonetti della spazzatura.
Un gesto più di scherno che di omaggio.
Ogni tanto qualcuno spezza o danneggia in altro modo la targa con il nome, che nel febbraio 2023 è stato sostituita per la terza volta almeno.
Giusto in tempo perché venisse corretta con la scritta "#Vendetta".
Una valutazione gelida e realistica. Imporre a Firenze i piagnistei della propaganda difficilmente avrebbe portato a risultati diversi: in città è diffusa da decenni, specie tra le persone serie, la propensione a non sentire alcuna appartenenza per lo stato che occupa la penisola italiana e a comportarsi di conseguenza nei confronti dei suoi propagandisti.



Pubblicata #ThePETGuide, la guida dell' ONU sulle tecnologie di miglioramento della #privacy per operare statistiche ufficiali


Il task team UNCEBD Privacy Enhancing Techinques ha pubblicato un pamphlet con metodologie e approcci per mitigare i rischi per la privacy quando si utilizzano dati sensibili o riservati, che sono collettivamente indicati come tecnologie di miglioramento della privacy (PET).

@Etica Digitale

Agli Uffici nazionali di statistica (NSO) sono affidati dati che hanno il potenziale per guidare l'innovazione e migliorare i servizi nazionali, la ricerca e i benefici sociali. Tuttavia, c'è stato un aumento delle minacce informatiche sostenute, reti complesse di intermediari motivati ​​a procurarsi dati sensibili e progressi nei metodi per reidentificare e collegare i dati a individui e tra più fonti di dati. Le violazioni dei dati erodono la fiducia del pubblico e possono avere gravi conseguenze negative per individui, gruppi e comunità.

Le statistiche ufficiali sono una fonte attendibile di informazioni per i governi di tutto il mondo per prendere decisioni informate e basate sui dati. Pertanto, l'ampiezza delle informazioni viene raccolta da una serie di fonti di dati come indagini sulle famiglie e sulle imprese, censimenti della popolazione, economici o agricoli, una varietà di registri amministrativi o persino dati del settore privato. Tali fonti di dati sono gli input per la compilazione di statistiche e indicatori sull'economia, l'ambiente e la società. In molti modi, le statistiche ufficiali offrono un'istantanea dello sviluppo e del tasso di progresso di un paese. Naturalmente, quanto più dettagliato è il livello dei dati di input, tanto più sfumate possono essere le statistiche ufficiali. Tuttavia, la raccolta, il trattamento e la diffusione di dati spesso sensibili devono proteggere la privacy delle persone e delle imprese. Inoltre, considerando gli uffici nazionali di statistica (NSO) come parte degli ecosistemi di dati nazionali e internazionali, gli NSO potrebbero potenzialmente condividere molti più dati se in grado di proteggere la loro privacy. Questo inevitabile compromesso è il fulcro di questo documento, o più concisamente: come possiamo utilizzare la tecnologia per mitigare i rischi per la privacy e fornire garanzie dimostrabili sulla privacy durante l'intero ciclo di raccolta, elaborazione, analisi e distribuzione di informazioni potenzialmente sensibili.

Questo documento esplora gli attuali approcci alla protezione dei dati (ad esempio, l'anonimizzazione dei dati, il calcolo delle parti di input, i controlli e gli accordi contrattuali) e le relative limitazioni. Al fine di facilitare la sperimentazione su progetti pilota e una collaborazione efficace su casi d'uso del "mondo reale", il Task Team delle tecniche di tutela della privacy delle Nazioni Unite ha fondato il laboratorio PET delle Nazioni Unite.

Vengono introdotte due grandi categorie di PET (ad es. privacy di input, privacy di output), tra cui calcolo multipartitico sicuro, crittografia omomorfica, privacy differenziale, dati sintetici, apprendimento distribuito, zero-knowledge proof e ambienti di esecuzione attendibili.

Vengono presentati studi di casi dettagliati che comprendono una vasta gamma di casi d'uso in tutti i settori, sfruttano combinazioni di PET e coinvolgono la collaborazione tra le parti (come più NSO che lavorano insieme, NSO che lavorano con altre agenzie governative e NSO che lavorano con organizzazioni del settore privato). Quindici casi di studio descrivono implementazioni che si trovano nella fase concettuale o pilota e tre che sono state implementate in ambienti di produzione.

Questo documento fornisce una panoramica delle attività di definizione degli standard e identifica diversi nuovi standard rilevanti per il trattamento dei set di dati, compresi gli standard in fase di sviluppo e alcuni che sono un prodotto del principio di precauzione applicato alla definizione degli standard per l'intelligenza artificiale (IA).

Data l'espansione dell'attività che si occupa di PET e il contesto in cui possono essere applicati, gli standard sono presentati in due parti. La prima identifica gli standard essenziali con sezioni sulla crittografia e sulle tecniche di sicurezza. Il secondo considera gli standard indirettamente correlati che potrebbero influenzare l'ambiente - tecnico e organizzativo - in cui i PET possono essere implementati, con argomenti secondari su cloud computing, big data, governance, intelligenza artificiale e qualità dei dati. Per coloro che sono interessati al "quadro più ampio", è disponibile una sezione aggiuntiva sugli standard correlati.

Qui il link per scaricare la guida

Scarica la guida



La povertà educativa in Italia è un problema, ma si potrebbe risolvere | L'Indipendente

"In un Paese con disparità territoriali profonde, un forte multiculturalismo di seconda generazione (sono circa 1,3 milioni i bambini stranieri o italiani per acquisizione) si auspica un intervento puntuale e ottimizzato, su strutture, personale e approcci. Non si tratta solo di risanare il giovane patrimonio umano in contesti periferici e creare un nuovo ecosistema di servizi per l’infanzia, adeguato alle nuove generazioni; occorre, come individuato dall’Osservatorio, considerare i giovani come risorse e non solo fasce da tutelare, attuare un cambiamento partecipativo e di ascolto, indirizzando i fondi alle reali necessità che chiede il nostro futuro."

lindipendente.online/2023/02/1…



La coscienza morta


Si applica anche a noi, adesso.

"From the accumulated evidence one can only conclude that conscience as such had apparently got lost in Germany, and this to a point where people hardly remembered it and had ceased to realize that the surprising "new set of German values" was not shared by the outside world. This, to be sure, is not the entire truth. For there were individuals in Germany who from the very beginning of the regime and without ever wavering were opposed to Hitler; no one knows how many there were of them — perhaps a hundred thousand, perhaps many more, perhaps many fewer — or their voices were never heard. They could be found everywhere, in all strata of society, among the simple people as well as among the educated, in all parties, perhaps even in the ranks of the N.S.D.A.P."
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"E tutto sta a dimostrare che la coscienza in quanto tale era morta, in Germania, al punto che la gente non si ricordava più di averla e non si rendeva conto che il “nuovo sistema di valori” tedesco non era condiviso dal mondo esterno. Naturalmente, questo non vale per tutti
i tedeschi: ché ci furono anche individui che fin dall'inizio si opposero senza esitazione a Hitler e al suo regime. Nessuno sa quanti fossero (forse centomila, forse molti di piu, forse molti di meno) poiché non riuscirono mai a far sentire la loro voce. Potevano trovarsi dappertutto, in tutti gli strati della popolazione, tra la gente semplice come tra la gente colta, in tutti i partiti e forse anche nelle file del partito nazista."



Fr.#20 / Di artiste e prostitute digitali


Nel frammento di oggi: nuove professioni digitali, con conseguenze reali / Meme e citazione del giorno.

Aspetta un attimo!


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Artiste di strada, ma digitali


In questi giorni sono venuto a conoscenza di un fenomeno peculiare che ha preso piede in Cina. Non saprei esattamente come definirlo, quindi faccio prima a farvelo vedere:

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Cosa sta succedendo? Quelle sono delle ragazze che stanno cantando, scherzando e chattando coi loro fan online. In streaming, sul marciapiede.

Perché? Beh, pare che sia merito di un nuovo algoritmo.

Non farti fregare dall’algoritmo, iscriviti a Privacy Chronicles.

La piattaforma cinese di streaming che usano queste ragazze infatti è dotata di un sistema di localizzazione che permette agli utenti di cercare streamer nelle loro vicinanze. Questo significa che chi fa streaming in zone più ricche avrà evidentemente una probabilità più alta di ricevere donazioni cospicue rispetto a chi invece si limita a streamare da casa sua, magari in un quartiere povero.

Ecco allora spiegato il motivo per cui decine di ragazze decidono di lavorare in strada piuttosto che nella comodità delle loro stanze.

La peculiarità è che molte di loro, come spiegato da Naomi Wu, non sono in condizioni di povertà. Anzi, spesso hanno un lavoro normale che fanno durante il giorno. D’altronde, l’attrezzatura che alcune si portano dietro è anche abbastanza costosa.

Insomma, non bisogna fare confusione: queste ragazze sono più vicine a delle artiste di strada che a delle mendicanti. La differenza, rispetto agli artisti di strada tradizionali, è che le loro performance vengono viste e apprezzate da remoto, da persone a 500 metri da loro o dall’altra parte della Cina.

Questo caso peculiare può insegnarci una cosa: gli incentivi funzionano. Funzionano così bene che una professione nata grazie al digitale si sta trasformando in uno strano ibrido phygital che incentiva decine di ragazze a mettersi in strada con luci e strumenti per lo streaming.

Forse bisognerebbe iniziare a riflettere sul potere diretto e indiretto che questi algoritmi hanno sulla nostra vita, e soprattutto ponderare sulle attuali e future capacità dei nostri governi di influenzare il comportamento di milioni di persone semplicemente attraverso sistemi di economia comportamentale e ingegneria sociale — come quelli già sperimentati anche in Italia.

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Prostitute digitali, conseguenze reali


Sempre rimanendo nel tema delle nuove professioni digitali, vale la pena riportare una notizia di questi giorni che arriva dagli Stati Uniti: pare che a una ragazza, modella su OnlyFans, sia stata negata la Visa per l’accesso agli Stati Uniti.

La Visa è in pratica un’autorizzazione che deve avere chiunque voglia viaggiare verso gli Stati Uniti e che viene allegata al passaporto. In alcuni casi, quando sussistono situazioni particolari, la Visa può essere negata. Ad esempio nel caso in cui la persona abbia ricevuto condanne o sia accusata di altre attività illecite, come il contrabbando.

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Oppure, come successo per la ragazza in questione, se la persona ha realizzato attività di prostituzione durante i 10 anni precedenti alla richiesta di Visa o se il suo viaggio sia in qualche modo finalizzato a compiere atti di prostituzione.

Non voglio entrare nella diatriba infinita sul considerare o meno l’attività su OnlyFans al pari della prostituzione, ma a quanto pare le autorità degli Stati Uniti la considerano tale. Ciò che conta qui è la capacità delle autorità governative di sorvegliare e analizzare i motivi del viaggio di una persona straniera, le sue attività professionali (magari anche secondarie) e il suo passato — fino a dieci anni prima!

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Non mi stupisce che gli Stati Uniti facciano tali discriminazioni: è noto che i collettivisti-statalisti confondono sempre (volontariamente) il piano della moralità con quello della legalità. E questo impatta la libertà delle persone.

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Questo caso dovrebbe esserci d’esempio per comprendere i rischi derivanti proprio da queste capacità di sorveglianza dei nostri governi. I nostri dati saranno usati contro di noi. Sempre. E questo è anche il motivo per cui bisogna rigettare con forza qualsiasi proposta di identità digitale. Se ci riescono ora, figuriamoci cosa potranno fare con un sistema di identità digitale connesso a tutto ciò che siamo e facciamo.

Insomma, se proprio vuoi fare la modella su OnlyFans sappi che potresti essere considerata una prostituta a tutti gli effetti. Nulla in contrario, ma forse sarebbe il caso di imparare il valore dello pseudoanonimato e provare a considerare piattaforme e sistemi di pagamento alternativi che lasciano poche tracce, come Bitcoin. È chiaro che intermediari fiat come OnlyFans o come le piattaforme di pagamento non hanno assolutamente a cuore la riservatezza dei loro clienti.

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Meme del giorno


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Citazione del giorno

"Every form of happiness is private. Our greatest moments are personal, self-motivated, not to be touched. The things which are sacred or precious to us are the things we withdraw from promiscuous sharing.”

Ayn Rand

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Articolo consigliato


Immagine/fotoPrivacy Chronicles

La moralità dell'anonimato

Anonymity is dead, long live the anonimous! L’anonimato è morto, la privacy è morta. E anche noi, nel lungo periodo, siamo tutti morti. Se siete d’accordo, oggi inizierei così per parlare di un tema che stranamente non avevo ancora trattato su queste pagine: la moralità dell’anonimato…
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6 days ago · 5 likes · 2 comments · Matte Galt



Twitter Files: dalla censura politica al ban di Trump


Comunicazioni e documenti riservati per scoprire il sistema di censura e di sorveglianza segreta dentro Twitter - tra manager con deliri di onnipotenza e agenti dell'FBI.

Nelle scorse settimane Elon Musk ha distribuito ad alcuni giornalisti migliaia di documenti e comunicazioni riservate di Twitter. L’analisi di questi documenti ha dato vita a un piccolo cataclisma.

Le prime notizie che arrivano dai “Twitter Files” raccontano di inquietanti scoperte sui meccanismi di “moderazione” della piattaforma, tra top manager e team di moderazione palesemente politicizzati e sistematiche ingerenze da parte delle agenzie di intelligence. La storia raccontata finora dai giornalisti che hanno messo mano ai Twitter Files, attraverso dei lunghi thread pubblicati proprio su Twitter, parte dal 2020 e arriva fino ai giorni nostri.

Il materiale pare sia molto, e c’è sicuramente ancora tanto da raccontare, ma oggi voglio dare la possibilità ai lettori di farsi un’idea, ripercorrendo insieme le parti più rilevanti di tutta la vicenda.

Iniziamo.

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Gli strumenti di Twitter


Come racconta Matt Taibbi nel primo thread sui Twitter Files, nel corso del tempo Twitter fu costretta a sviluppare e costruire degli strumenti di censura che durante i primi anni di vita della piattaforma erano invece assenti.

Presto molte persone si resero conto della potenza di questi strumenti, e pian piano furono messi a disposizione di autorità governative ed esponenti di partiti politici che di volta in volta chiedevano alla piattaforma di rimuovere contenuti sgraditi. Nel 2020 le richieste di questo tipo erano praticamente una prassi consolidata.

Questi strumenti di “moderazione” erano a disposizione, in teoria, di ogni parte politica. Il problema è che sembra che non ci fossero dei canali ufficiali a cui fare riferimento, ma che fosse invece un’attività che veniva fatta attraverso contatti personali con dipendenti interni di Twitter.

Perché dico che è un problema? Dovete sapere che prima dell’arrivo di Elon Musk e dei licenziamenti collettivi, più del 98% dei dipendenti di Twitter erano dichiaratamente Democratici (cioè progressisti di sinistra) — come mostrano dai dati riportati da Matt Taibbi nel suo primo thread.

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Per un mero dato statistico, i Democratici avevano quindi molte più possibilità di ottenere la rimozione di contenuti rispetto ai Repubblicani.

Prima di continuare…

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La censura arbitraria dei progressisti


La giornalista Bari Weiss, nel secondo thread dedicato ai Twitter Files conferma poi ciò che molti “complottisti” dicevano da tempo, nonostante le dichiarazioni pubbliche contrarie da parte di Vijaya Gadde: sì, lo shadow ban esiste.

Il team di moderazione di Twitter aveva infatti l’abitudine di creare delle vere e proprie blacklist di utenti a cui limitare la visibilità e la reach dei contenuti.

Il gruppo interno che gestiva questo tipo di censura era chiamato “Strategic Response Team - Global Escalation Team”. Nel gruppo, dice Bari Weiss, c’erano Vijaya Gadde (Legal, Policy, and Trust) e Yoel Roth (Trust & Safety), oltre ai CEO — prima Jack Dorsey e poi Parag Agrawal.

Gli account più colpiti da queste blacklist e shadowban erano quelli di persone della destra conservatrice e in generale account con opinioni contrarie a quelle progressiste in merito a questioni riguardanti LGBT o sulle elezioni presidenziali del 2020.

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Un esempio paradigmatico fu quello di Chaya Raichik, “Libs of TikTok” (che seguo con molto piacere, anche su substack), che solo all’inizio del 2022 fu bannata per ben sei volte. Nel suo caso il pregiudizio politico era evidente: non solo l’account veniva sospeso arbitrariamente, ma Twitter non fece nulla per bannare le persone che doxxarono l’indirizzo di residenza di Chaya e che regolarmente la minacciavano di morte. Se non sbaglio, qualcuno di quei post è ancora online.

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Le motivazioni che sostenevano la maggior parte delle censure di post e sospensione degli account erano puramente politiche, in base alle idee dei team di moderazione e dei manager come Yoel Roth.

Proprio lui scrisse nel 2021: “The hypothesis underlying much of what we’ve implemented is that if exposure to, e.g., misinformation directly causes harm, we should use remediations that reduce exposure, and limiting the spread/virality of content is a good way to do that”.

Cosa si intende Roth per “misinformation”? Ovviamente, tutto ciò che è contrario alla narrativa Dem e alle sue personalissime idee.

Al contrario di quanto pubblicamente affermato da Twitter nel corso degli anni, molte delle scelte di rimozione di contenuti non erano fatte sulla base di elementi oggettivi, ma in base a interpretazioni personali degli executives e dei team di moderazione, per poi essere giustificate di volta in volta con le policy più adeguate.

Un chiaro esempio dell’arbitrarietà e dei pregiudizi dei team di moderazione viene da uno scambio tra Yoel Roth e un collega il 7 gennaio 2021, in cui discutono su come “moderare” il movimento “#stopthesteal”, che durante l’elezione del 2020 sosteneva ci fossero gravi irregolarità nel processo elettorale, soprattutto per quanto riguarda i voti via posta.

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Il movimento, ritenuto fonte di disinformazione, venne presto censurato da Twitter. L’obiettivo in quel caso era duplice: da una parte censurare i post degli esponenti del movimento, e dall’altra lasciare libertà al “counterspeech”, cioè ai post dei progressisti di sinistra che usavano lo stesso hashtag per sostenere tesi contrarie.

Un altro esempio di arbitrarietà e faziosità politica arriva da queste comunicazioni del 7 di gennaio 2021 (24 ore prima del ban di Trump), in cui il team di moderazione si trova a discutere perfino su come punire gli utenti che ripostavano foto dei tweet di Trump senza alcun intento politico, ma per criticare le scelte di moderazione di Twitter, come in questo caso:

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Il ban di Trump


La terza, quarta e quinta parte dei Twitter Files affrontano invece gli eventi che portarono l’8 gennaio 2021 al ban di Trump — il caso di deplatforming più famoso e più grave al mondo. La storia prosegue con i contributi di Matt Taibbi e Michael Shellenberger, che offrono uno spaccato sui mesi e giorni precedenti al ban di Trump.

Già dai primi mesi del 2020 Twitter era un insieme scomposto di sistemi di sorveglianza e di censura automatizzati e persone con il potere di censurare arbitrariamente chiunque (beh, non proprio chiunque) sulla base di pregiudizi puramente ideologici e politici.

Come se questo non bastasse, man mano che le elezioni si avvicinavano gli executives di alto livello come Yoel Roth iniziavano ad intrattenere sistematicamente relazioni con FBI e varie altre agenzie federali come l’Homeland Security e la National Intelligence. Era in questi incontri che spesso si decideva come e quali tweet censurare. Principalmente, ça va sans dire, di Trump e altri account Repubblicani — che in quel periodo erano molto attivi per denunciare problemi col processo elettorale.

A conferma della frequenza e normalità degli incontri ci sono alcuni scambi tra il team marketing di Twitter e il Policy Director Nick Pickles. Il team chiedeva se fosse possibile descrivere il processo di moderazione di Twitter come un misto di “machine learning, human review e partnership con esperti”, a cui Nick rispose: “non so se definirei FBI e DHS come esperti”.

La pressione politica fuori e dentro Twitter in quel periodo si poteva tagliare con il coltello.

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In questo periodo Trump era già stato sospeso diverse volte. Secondo le policy di Twitter, ci sono una serie di “strike” prima che l’account possa essere bannato definitivamente. A Trump ne rimaneva uno; un’ultima violazione, di una qualsiasi policy interna, avrebbe causato il suo ban definitivo.

Trump però non era una persona qualunque. I suoi tweet avevano un valore “pubblico” non indifferente. La questione era nota anche internamente a Twitter, che infatti ha una “public interest policy” che prevede delle eccezioni in caso di violazioni per tweet e account che abbiano un certo valore nell’interesse pubblico.

Proprio per questo, il 7 gennaio 2021 l’onnipresente Yoel Roth scrive a un collega che nel caso di Trump l’idea era quella di "bypassare le tutele del “public interest e fare in modo che potesse essere bannato alla prima violazione di una qualsiasi policy interna". La decisione ai piani alti era già presa da tempo. Trump doveva essere bannato, bisognava solo trovare una qualsiasi giustificazione.

La pressione interna in quei giorni era altissima. Vi ricordo che molti dipendenti in Twitter erano progressisti democratici, che dopo gli eventi del 6 gennaio ce l’avevano a morte con Trump e con chiunque la pensasse diversamente da loro (ma questo è ricorrente). Nelle chat interne circolavano affermazioni come queste:

“Non capisco la decisione di non bannare Trump data la sua istigazione alla violenza”

“Dobbiamo fare la cosa giusta e bannare il suo account”

“Ha chiaramente tentato di sovvertire il nostro ordine democratico… se non è questo un buon motivo per bannarlo, non so cosa possa esserlo”

Come riporta di nuovo Bari Weiss nella quinta parte dei Twitter Files, l’8 gennaio 2021 — a poche ore dal ban di Trump — il Washington Post pubblicò perfino una lettera aperta firmata da 300 dipendenti di Twitter che chiedevano a Jack Dorsey di bannare per sempre Trump — a prescindere da qualsiasi valutazione di merito.

Quel giorno Trump postò due volte:

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Poche ore dopo il primo tweet Vijaya Gadde scrisse in una chat interna: “potremmo interpretare ‘American Patriots […] will not disrespected or treated unfairly in any way, shape or form’ come una istigazione alla violenza”.

L’istigazione alla violenza sarebbe stato l’ultimo strike necessario per bannare Trump definitivamente. L’interpretazione però era controversa e neanche Vijaya era sicura di questa strada. Sempre nella stessa chat qualcuno disse che “American Patriot” poteva essere inteso come un chiaro riferimento ai manifestanti violenti di Capitol Hill (6 gennaio 2021) e questo avrebbe causato la violazione della “Glorification of Violence policy”.

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Insomma, non c’era più alcun criterio di valuazione, se non la fantasia dei moderatori nell’interpretare il contesto del tweet di Trump. La tensione era talmente alta che nelle ore successive al tweet Trump venne definito come il leader di un’organizzazione terroristica — comparabile perfino a Hitler.

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Alla fine anche la “leadership” di Twitter dovette cedere alle pressioni, sia interne che esterne, e Trump venne bannato definitivamente a causa della supposta violazione della policy contro l’istigazione alla violenza.

Social Network… o strumento di sorveglianza dell’intelligence?


Il sesto e ultimo (per ora) thread sui Twitter Files, scritto poche ore prima dell’uscita di questa newsletter, mostra come le agenzie di intelligence, in particolare FBI e DHS, avessero da tempo rapporti continuativi, amichevoli e molto stretti con diversi referenti di Twitter. Uno su tutti Yoel Roth, che tra gennaio 2020 e novembre 2022 pare che abbia scambiato più di 150 email con l’FBI.

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Ma l’FBI non si limitava a interagire con Twitter. L’agenzia aveva istituito una vera e propria task force di sorveglianza e analisi di post e account sulla piattaforma. L’ingerenza arrivava a tal punto da chiedere “informalmente” a Twitter i dati di localizzazione degli account flaggati — senza alcun mandato né indagine che giustificasse questa richiesta.

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Contrasto al terrorismo? Indagini su crimini federali? Niente di tutto questo: pura sorveglianza e censura politica in materia elettorale. Venivano colpiti perfino di account satirici. Ma è questo il mandato dell’FBI? E davvero siamo disposti ad accettare un abuso di potere di questo tipo?

Un commento


La storia dei Twitter Files non è ancora finita, e certamente ci sono ancora molte domande che meritano risposta. Che dire di tutta la censura sul covid? Solo da poco Twitter ha annunciato di aver disattivato i filtri automatizzati su quei contenuti. E che dire di tutti gli account che sono stati ingiustamente silenziati e shadow-bannati da gennaio 2021 a oggi? Che ruolo ha avuto l’intelligence americana nella gestione occidentale della pandemia e nel flusso delle informazioni?

Politici e intellettuali, per lo più di sinistra, da anni tentano di persuaderci del bisogno di combattere la disinformazione. Ci dicono che è pericolosa, che bisogna proteggere le persone. Ma da cosa?

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In un mondo dove tutto ormai è relativo e non esiste più alcun criterio oggettivo — in cui un giudice della Corte Suprema è incapace perfino di dare una definizione di donna; in cui per mesi si è detto tutto e il contrario di tutto su COVID e vaccini… cosa significa disinformazione?

La verità è che la lotta alla "disinformazione" non esiste. Esiste però una chiara volontà di censurare opinioni e idee che non siano aderenti all’ideologia dominante. Perché l’informazione è potere. Chi controlla l’informazione controlla le idee, che come sappiamo sono più potenti dei proiettili.

Controllare l’informazione serve per plasmare una narrativa capace di rendere le persone sempre più dipendenti dal sistema; convincerle a subire qualsiasi angheria e limitazione di libertà — per il loro bene. Non c’è nulla di nuovo, è così che i governi creano una massa di zombie pronti ad accettare qualsiasi cosa pur di sentirsi al sicuro.

È il modello cinese, quel modello che fin dal 1997 punisce chiunque diffonda informazioni potenzialmente sovversive dell’ordine stabilito. Il modello che i progressisti di tutto il mondo, da Washington a Bruxelles, vogliono applicare ai social network. Il Digital Services Act — non mi stancherò mai di ripeterlo — è questa cosa qua.

Allora oggi dobbiamo chiederci: perché mai qualcuno dovrebbe avere il potere di decidere fino a che punto può spingersi il pensiero prima di diventare illegale? E che impatto ha la censura (e l’annessa sorveglianza di massa) sul nostro mondo? Quanto di ciò che stiamo vivendo in questi anni è frutto dell’evoluzione naturale degli eventi e quanto invece è conseguenza del controllo e della manipolazione delle informazioni da parte di un nucleo ristretto di persone?

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Leggi la seconda parte dei Twitter Files


Immagine/fotoPrivacy Chronicles

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