Mi si nota di più se… La Russia e il patto nucleare secondo Secci
Nella settimana in cui ricorre l’anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina, il Cremlino ha sventolato più volte la bandiera dei rischi legati a un escalation nucleare.
L’iniziativa più importante è stata quella annunciata martedì 21 febbraio dal presidente russo Vladimir Putin in occasione del discorso tenuto all’Assemblea Federale, ossia la sospensione della partecipazione russa al Trattato Start. L’accordo, rinnovato più volte, venne siglato da Stati Uniti e Unione Sovietica nel 1991 e rappresentò il culmine della distensione strategica tra le due superpotenze. Esso veniva a compimento di un periodo di importanti accordi sul disarmo e controllo degli armamenti (si pensi ai Trattati sulla non proliferazione nucleare o agli Accordi Salt); inoltre, fissando precisi limiti al numero di testate e vettori, prevedeva la distruzione di ordigni e dispositivi nucleari a lungo raggio già operativi, comportando con ciò una drastica riduzione dei rischi connessi allo schieramento di queste armi.
E ieri, in occasione delle celebrazioni per la Giornata dei difensori della patria, il leader russo ha annunciato il potenziamento di tutto l’arsenale russo. In particolare, Putin ha anticipato la piena operatività entro l’anno dei primi missili intercontinentali con testate nucleari Sarmat, il proseguimento della produzione a pieno regime del missile ipersonico aviotrasportato capace di trasportare ordigni atomici Khinzal e l’avvio dello schieramento in massa sulle unità della Marina russa del missile, anch’esso ipersonico e con capacità di carico nucleare, Zircon.
Per quanto roboanti, in realtà queste dichiarazioni andrebbero ridimensionate nella loro effettiva portata. E per farlo basterebbe soffermarsi su alcuni dettagli fatti emergere e sottolineati dal Cremlino stesso. Nel momento in cui annunciava la sospensione della partecipazione al Trattato Start, infatti, il presidente russo ha avuto premura di rimarcare il fatto che si trattava di una sospensione e non di un ritiro. Con ciò, sembrerebbe voler dire che sebbene non acconsentirà le ispezioni ai siti e dispositivi strategici russi, previste in regime di reciprocità con gli Stati Uniti dall’accordo stesso, si impegnerà a rispettare il limite massimo di vettori e testate nucleari previste. In sostanza, non vi sarà alcun mutamento nell’equilibrio strategico con Washington. A conferma di ciò, e per non lasciar spazio ad alcun (pericoloso) dubbio, il giorno stesso in cui Putin comunicava la sospensione del Trattato, il ministero degli Esteri rilasciava una nota con la quale, “per mantenere i necessari livelli di trasparenza e stabilità nel campo dei missili dotati di capacità nucleare”, assicurava che Mosca avrebbe “continuato a rispettare rigorosamente le limitazioni imposte dal Trattato” sino alla durata dello stesso (febbraio 2026).
A questo punto, è ragionevole chiedersi perché il Cremlino stia optando per questa postura, diplomatica e strategica. Le armi oggetto delle limitazioni previste dall’Accordo sono quelle di lungo raggio e con le maggiori capacità distruttive (da alcune centinaia di kilotoni a decine di megatoni), concepite soprattutto per un ipotetico scontro con gli Stati Uniti. Di certo, non sono armamenti pensati per un impiego in Europa (salvo ovviamente il lancio dalle basi missilistiche nelle regioni più remote a Est degli Urali o da eventuali sommergibili in navigazione negli oceani), sulla quale, invece, sempre nell’ambito delle ipotesi, potrebbero essere lanciate delle atomiche tattiche o di teatro. Ma la crisi internazionale più importante, degenerata nel conflitto di cui oggi ricorre l’anniversario, sta in Ucraina e, quindi, in Europa. Per questo, non sembrerebbe esserci alcun nesso diretto tra l’andamento dello scontro con Kyiv e la sospensione del Trattato Start.
Una possibile interpretazione di queste iniziative russe potrebbe essere quella per cui, il complesso gioco di irrigidimento diplomatico e rassicurazioni sul piano strategico faccia parte della più ampia serie di misure attive che il Cremlino sembrerebbe stia impiegando per cercare di creare fratture interne sia alla Nato, sia tra i singoli governi dell’Alleanza e le rispettive opinioni pubbliche, certamente sensibili allo spettro dell’escalation atomica, con il fine ultimo di indebolire, se non sovvertire del tutto, il sostegno politico e militare all’Ucraina.
Dei rischi di guerra nucleare e degli effetti della disinformazione e delle misure attive russe sulla politica estera e di difesa atlantica si parlerà nel corso del Convegno organizzato dall’Istituto di Scienze Sociali e Studi Strategici “Gino Germani”, con Formiche.net in qualità di media partner, in programma nel pomeriggio del 27 febbraio 2023 a Roma, presso la Casa dell’Aviatore.
Nablus, storie non raccontate di civili palestinesi uccisi
di Michele Giorgio –
Pagine Esteri, 24 febbraio 2023 – «Questo è mio padre, mio padre». Elias Al Ashqar ha ripetuto più volte queste parole dopo che i suoi colleghi all’ospedale avevano girato il corpo senza vita di un uomo colpito da un proiettile durante la sanguinosa operazione di esercito e polizia di Israele due giorni a Nablus. Quindi è crollato in un pianto disperato. Al Ashqar, infermiere del pronto soccorso dell’ospedale Al Najah, il più attrezzato della città, aveva terminato il suo turno da qualche ora. All’improvviso è stato richiamato d’urgenza assieme all’amico e collega Ahmed Aswad per l’afflusso, in meno di due ore, di decine delle 102 di persone ferite da proiettili durante il raid israeliano che ha ucciso 11 palestinesi. Ad un certo punto sono arrivati cinque feriti. Tra questi un uomo di 61 anni giunto in condizioni critiche: un proiettile lo aveva centrato in pieno petto mentre era in strada. Elias ha provato a rianimarlo, senza guardarlo in faccia. I suoi tentativi sono stati inutili, come quelli di un chirurgo. Il ferito è stato dichiarato morto poco dopo. In quel momento Elias lo ha guardato e ha esclamato: «Questo è mio padre!». Il suo collega Ahmed Aswad, mostrandogli la carta d’identità del deceduto, gli ha chiesto «Vuoi dire che questa persona è tuo padre?». Elias con la disperazione scolpita sul volto ha risposto «Si chiama Abdel Hadi Al Ashqar ed è mio padre».
Un video suoi social mostra alcuni momenti del dolore provato da Elias. Ieri i media palestinesi raccontavano la storia dell’infermiere che ha tentato invano di rianimare un ferito scoprendo poi che si trattava del padre che aveva salutato appena qualche ora prima a casa. Come quella di un altro infermiere, Mohammad Baara, impiegato sulle ambulanze della Mezzaluna Rossa che per prime giungono sui luoghi degli scontri esponendosi a rischi enormi per portare soccorso ai feriti. Nell’ospedale dove aveva trasportato due feriti, Baara ha scorto tra gli uccisi il corpo dello zio Adnan, 71 anni.
Storie che restano confinate nei Territori occupati. I palestinesi uccisi durante i raid dell’esercito israeliano nelle città della Cisgiordania, anche quando sono civili innocenti, pesano poco per la stampa internazionale. Non fanno notizia. Un tempo almeno sarebbero stati definiti «danni collaterali». Oggi neppure quello. Sono solo numeri che indicano una tendenza che dall’inizio dell’anno punta sempre verso l’alto: sono oltre 60 i palestinesi uccisi dall’inizio del 2023. I giornali israeliani legati alla destra descrivono tutti i palestinesi, uccisi o feriti nelle incursioni dell’esercito, come «terroristi». Anche il 16enne Mohammed Shaaban, tra gli 11 uccisi di due giorni fa. E nelle ultime ore sono deceduti altri due giovani. Uno, un combattente, era stato ferito una settimana fa a Jenin durante un raid dell’esercito. L’altro, un 24enne di Gaza, non è sopravvissuto alle ferite gravi all’addome subite nel 2018 durante la Marcia del Ritorno lungo le linee di demarcazione con Israele.
Abdel Hadi Al Ashqar
Poche auto sulle strade e negozi chiusi ovunque ieri in Cisgiordania e in parte anche a Gaza e a Gerusalemme Est. Lo sciopero di protesta e lutto per le 11 vittime di Nablus ha paralizzato anche scuole, università e banche. Le formazioni politiche palestinesi hanno lanciato nuovi appelli a resistere all’occupazione miliatre mentre le continue uccisioni infoltiscono ulteriormente i gruppi armati. Ieri sera la Fossa dei Leoni, a cui appartenevano tre dei ricercati uccisi da Israele mercoledì a Nablus, ha annunciato che altri 50 palestinesi si sono uniti ai suoi ranghi. «Coloro che scommettono sulla fine dei gruppi (armati) delirano…i colpi che riceviamo ci rendono solo più determinati» ha scritto il gruppo armato in un comunicato invitando a popolazione di Nablus a partecipare oggi ai riti in ricordo delle ultime vittime. Israele ieri all’alba ha bombardato Gaza dopo il lancio di sei razzi, cinque dei quali abbattuti. Colpiti presunti edifici del movimento islamico Hamas.
Gli uomini della Fossa dei Leoni nel comunicato si sono anche rivolti, senza nominarla, all’Autorità nazionale palestinese (Anp) messa sotto pressione proprio dall’ultima cruenta incursione israeliana nella città vecchia di Nablus. «Questo raid è capitato in un momento critico in cui l’Anp è sotto accusa da più parti per aver ritirato, su insistenza americana, la sua proposta al Consiglio di Sicurezza dell’Onu di condanna della colonizzazione israeliana» spiegava ieri al manifestoGhassan Khatib, analista e docente di scienze politiche all’Università di Bir Zeit. «L’Anp – ha aggiunto – sa bene che il ruolo degli Stati uniti non favorisce l’attuazione di leggi e risoluzioni internazionali riguardanti la questione palestinese. Eppure, non riesce e non può a fare a meno di Washington, perché non ha un’altra parte alla quale appoggiarsi. Si sente sola e debole e senza gli Usa crede di finire alla mercè delle politiche di Israele. Ma non è quello che crede e vuole la popolazione palestinese».
Migliaia di palestinesi hanno tenuto marce notturne in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est chiedendo di rispondere all’incursione israeliana a Nablus. Si sono registrati scontri tra manifestanti e forze israeliane in diverse località. Nelle ultime ore è spirato Mohammed Zawabreh, un poliziotto dell’autorità nazionale ferito da Israele ad Al-Aroub. Pagine Esteri
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Leland Did It - Hotel Moderno- Dischi Uappissimi 2023
I Leland Did It sono un gruppo che è incapace di fare qualcosa di predeterminato e felicemente ordinato, “Hotel Moderno” è una bellissima testimonianza di caos musicale, di ricerca sonora e di voglia di fare rumore.
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In Cina e Asia – Ucraina: Pechino invita al dialogo
Ucraina: Pechino invita al dialogo
La Commissione europea vieta Tik Tok
Incidente in una miniera di carbone in Mongolia Interna
Sondaggio: i cittadini cinesi sperano in una fine rapida del conflitto in Ucraina
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Messaggio di prova da #pixelfed a #lemmy: test di scrittura e di verifica della formattazione nel titolo
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Bavaglio e retate di oppositori; Tunisia a un passo dal default
di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 24 febbraio 2023 – La “rivoluzione dei Gelsomini”, che nel 2011 pose fine dopo 24 anni al regime dispotico di Zine Ben Alì, è un ricordo sbiadito. La Tunisia è oggi un paese in profonda crisi gestito con il pugno di ferro dal presidente della Repubblica Kaies Saied.
Il golpe silenzioso
Eletto a furor di popolo nell’ottobre del 2019 come indipendente, due anni dopo Saied ha realizzato un vero e proprio autogolpe. In nome della stabilità, nel 2021 il presidente ha esautorato il governo e congelato il parlamento, attribuendosi pieni poteri. Nel luglio 2022, sfruttando la sua popolarità ma soprattutto la distanza siderale della popolazione dalla politica, Saied è riuscito a far approvare un nuovo testo costituzionale che concede alla Presidenza ampissimi poteri.
Se a pronunciarsi sul nuovo testo fondamentale fu solo il 30% degli elettori, nelle scorse settimane ancora meno cittadini hanno votato nelle due tornate (17 dicembre 2022 e 29 gennaio) delle elezioni legislative: solo l’11% degli aventi diritto ha messo la scheda nell’urna.
La popolarità di Saied è ancora superiore al 50%, dicono i sondaggi, ma è in calo visto soprattutto il rapido deterioramento della situazione economica. Impotente, l’autocrate risponde mettendo il bavaglio all’opposizione e denunciando improbabili complotti. Alle prossime elezioni presidenziali previste nel 2024 – ammesso che si tengano – Saied non vuole problemi, anche se i sondaggi prevedono per ora una sua netta vittoria.
Un’ondata di arresti
Nei giorni scorsi il capo dello Stato ha avviato una vasta campagna di arresti di esponenti politici, di imprenditori, giudici e giornalisti accusati di «aver cospirato contro la sicurezza dello stato». In manette sono finiti soprattutto leader politici della Fratellanza Musulmana come Abelhamid Jlassi, Faouzi Kammoun e Noureddine Bhiri (ex ministro della Giustizia), vicini al partito di opposizione Ennahda. Ma gli arresti sono trasversali: in carcere sono finiti anche Noureddine Boutar, direttore di “Mosaique Fm” – la radio indipendente più ascoltata del paese spesso critica nei confronti del governo – l’imprenditore Kamal Eltaief, all’epoca vicino al despota Ben Ali e legato agli interessi occidentali e Khayam Turki, esponente del partito socialdemocratico Ettakatol. Mercoledì la Procura Nazionale Antiterrorismo ha ordinato l’arresto di Chaima Aissa, leader del Fronte di Salvezza Nazionale, e di Issam Chebbi, leader del Partito Repubblicano.
Contro gli arresti arbitrati si sono espressi in particolare la Germania e gli Stati Uniti, ma anche l’Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Volker Turk, ha espresso preoccupazione per «l’inasprimento della repressione contro gli oppositori politici e i rappresentanti della società civile in Tunisia, soprattutto attraverso le misure adottate dalle autorità, che continuano a minare l’indipendenza della magistratura».
Il portavoce della diplomazia Usa, Ned Price ha affermato che Washington sostiene le aspirazioni del popolo tunisino verso «un sistema giudiziario indipendente e trasparente, in grado di garantire libertà a tutti». «I principi democratici della libertà di espressione, della diversità politica e dello stato di diritto devono essere applicati in un paese democratico come la Tunisia» ha invece sentenziato il portavoce dell’esecutivo tedesco Wolfgang Buechner.
Saied ha risposto per le rime a tutti, soprattutto all’amministrazione Biden. «Che guardino alla loro storia e alla loro realtà, prima di parlare della situazione in Tunisia. Siamo uno stato indipendente e sovrano, non siamo sotto colonizzazione o protettorato. Sappiamo quello che facciamo, gli arrestati sono dei terroristi» ha detto l’uomo forte di Tunisi.
Manifestazione di protesta dei giornalisti
Sindacati in piazza, Tunisi espelle la leader della CES
Contro l’arresto del fondatore di Radio Mosaique a Tunisi hanno manifestato numerosi membri del Sindacato Nazionale dei Giornalisti. «Le autorità vogliono mettere in riga sia i media privati sia quelli pubblici, e l’arresto di Boutar è un tentativo di intimidire l’intero settore» ha denunciato Mahdi Jlassi, presidente del SNJT.
Anche la segretaria generale della Confederazione europea dei sindacati (Ces), Esther Lynch, ha invitato il presidente tunisino a rispettare i diritti umani e a smettere di prendere di mira i sindacati. L’appello è giunto il giorno dopo l’espulsione della sindacalista irlandese dal Paese, motivata dalla sua partecipazione a una protesta antigovernativa organizzata a Sfax dall’Unione generale tunisina del lavoro (Ugtt). Il 18 febbraio Saied ha definito la leader sindacale “persona non grata”, ingiungendole di abbandonare la Tunisia entro 24 ore.
La sua partecipazione alle manifestazioni del maggiore sindacato del paese rappresenta, secondo il capo dello Stato, un atto di intollerabile ingerenza negli affari interni del paese. Per il segretario generale dell’Ugtt, Noureddine Taboubi, si sarebbe trattato solo di una dimostrazione di solidarietà.
Il sindacato tunisino, che conta oltre 700 mila iscritti, ha organizzato diverse manifestazioni di lavoratori per protestare contro gli arresti arbitrari. Migliaia di manifestanti sono scesi in piazza in otto diverse città, accusando Saied di soffocare le libertà fondamentali, compresi i diritti sindacali. Il vicesegretario generale dell’Ugtt Taher Barbari ha spiegato che le manifestazioni sono una risposta a una situazione politica marcia, ai “discorsi da caserma” e alla nuova legge finanziaria.
«L’Ugtt non può lasciare il Paese nelle mani di un unico decisore e con una Costituzione redatta dal presidente della Repubblica per costruire una nuova dittatura», ha aggiunto.
Il 31 gennaio un dirigente dell’Ugtt, Anis Kaabi, è stato arrestato a seguito di uno sciopero dei lavoratori dei caselli autostradali. A favore della sua liberazione di sono espressi decine di firmatari di un appello – dal Partito Comunista all’Associazione Tunisina per i Diritti e le Libertà passando per il filosofo e antropologo Youssef Seddik e l’attivista Bochra Belhaj Hmida – che denuncia «i tentativi disperati di criminalizzare il lavoro sindacale».
Crisi economica e complotti
Saied afferma che «la libertà di espressione è garantita e non c’è alcun legame con questi arresti, che piuttosto sono legati al complotto e alla corruzione».
Il giro di vite voluto dal presidente si inserisce però in un contesto dominato dalla preoccupazione della popolazione per una crisi economica sempre più grave. Molti prodotti alimentari di base – come lo zucchero, il latte e il caffè – sono diventati inaccessibili a molti tunisini e comunque risultano spesso introvabili. Il paese è privo di significative risorse naturali, è affetto da una siccità sempre più cronica ed è costretto ad importare dall’estero il grano che serve per fare il pane distribuito alla popolazione a prezzi calmierati.
Anche in questo caso, però, Saied si difende agitando un non meglio precisato “complotto”. I beni alimentari di prima necessità «sono disponibili all’interno del mercato tunisino, ma sono registrate delle carenze allo scopo di aggravare la situazione» ha affermato dopo aver però rimosso, all’inizio di gennaio, la ministra del Commercio Fadhila Rebihi.
Saied incontra la premier tunisina
Lacrime e sangue
Giustificazioni del presidente a parte, la situazione economica in Tunisia non era stata così grave dagli anni ’50 del secolo scorso.
L’economia del paese è stata gravemente colpita prima dalla pandemia e poi dalle conseguenze del conflitto in Ucraina. Preoccupa soprattutto l’aumento record del debito che nel 2021 aveva raggiunto quota 40 miliardi di euro e l’80% del Pil. Le agenzie di rating hanno ulteriormente declassato Tunisi e il Fondo Monetario Internazionale ha deciso di ritardare l’approvazione finale di un prestito di circa 2 miliardi inizialmente previsto il 19 dicembre. A provocare lo stop dell’FMI – che rischia di bloccare i finanziamenti internazionali necessari per evitare il tracollo finanziario del paese – sono stati il ritardo con il quale il governo ha varato la legge Finanziaria e le scarse garanzie fornite.
Se anche a marzo l’istituzione finanziaria gestita da Washington dovesse concedere il prestito, secondo la direttrice generale del Ministero delle Finanze di Tunisi, Ibtisam Ben Aljia, il paese dovrebbe riuscire ad ottenere altri 3 miliardi per mettersi al riparo dal default. Senza la tranche promessa dal FMI anche i creditori europei ed arabi potrebbero tirarsi indietro.
Se il prestito a 48 mesi del FMI non dovesse essere concesso, secondo il vicepresidente della Banca mondiale per il Medio Oriente e il Nord Africa (Mena), Farid Belha, la Tunisia sarebbe costretta a rinegoziare il suo debito con il Club di Parigi, un gruppo informale di organizzazioni finanziarie dei 22 Paesi più ricchi del mondo. Non saranno certo gli strali di Saied – che ha sollecitato i paesi creditori a cancellare i debiti del paese e a restituire i “fondi saccheggiati” – a placare gli appetiti del Fondo e del Club di Parigi, che in cambio di una dilazione delle rate chiederanno un prezzo alto alla Tunisia. A pagarlo, nel caso, non sarebbe certo il presidente Saied.
Per concedere il prestito, al governo di Tunisi il Fondo Monetarioha già preteso l’eliminazione dei sussidi concessi alla popolazione per l’acquisto di cibo e carburante, il taglio della spesa pubblica per la sanità, l’istruzione e la protezione sociale, nonché la privatizzazione delle principali aziende pubbliche. – Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.
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La politica estera di Giorgia Meloni umilia l’Italia
Nel parlare due giorni di ferocia di questo Governo, avevo il timore di avere esagerato nella critica, specie sul piano etico e in particolare dell’etica politica. Ma poi, mentre guardavo sconsolato le gondole quasi in secca nel Canal Grande e in secca nei canali più piccoli di Venezia e rilevo sula stampa la totale indifferenza […]
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Il sacrificio di Carlo Cammeo, ucciso a scuola dai fascisti.
("Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti")
bibliotecabfs.wordpress.com/20…
Per Carlo Cammeo a 100 anni dalla morte
La registrazione dell’incontro sul canale YouTube della Biblioteca Serantini Il 13 aprile 1921 viene assassinato a Pisa Carlo Cammeo (1897-1921), segretario della federazione di Pisa del…Blog della BFS
Cronologia della barbarie in Ucraina in cinque fasi
Un anno dopo l’invasione russa dell’Ucraina, la realtà si sforza di ricordarci la crudeltà della guerra. Da quando il presidente Putin ha dato l’ordine di invadere l’Ucraina, un numero imprecisato di persone (110.000 secondo l’ONU e 200.000 secondo gli Stati Uniti, di cui 40.000 civili) hanno perso la vita in questo conflitto. Il numero di […]
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Servono più navi contro la crescente minaccia russa. L’allarme di Credendino
Una nuova Guerra fredda, ma dai contorni se possibile più preoccupanti, sembra star emergendo nelle acque del mar Mediterraneo. A lanciare l’allarme è stato il capo di Stato maggiore della Marina militare, Enrico Credendino, in audizione al Parlamento, che ha registrato “aumento impressionante dei numeri della flotta russa” tra lo stretto di Gibilterra fino al Mar Nero “a un livello che non si vedeva nemmeno ai tempi della guerra fredda”. Sebbene l’elevato numero di unità di Mosca di per sé “non è una minaccia diretta al territorio nazionale”, questa “aumenta tantissimo la tensione”. I russi, ha spiegato ancora Credendino “hanno un atteggiamento aggressivo che non era usuale”, con un aumento esponenziale del rischio incidente “e quando c’è un incidente di questa natura non si sa mai dove si può andare a finire”.
Tensioni crescenti
A preoccupare il comandante delle forze navali italiane, infatti, sono gli impatti che la tensione crescente potrebbe avere sull’”equilibrio instabile” di un Mediterraneo “molto affollato”. “Non si erano mai visti quattro gruppi portaerei alleati nel Mediterraneo: italiano, francese, americano e la nave anfibio spagnola”, ha spiegato Credendino, con i russi che “fanno puntate verso lo Jonio con un gruppo navale di tre navi moderne” senza problemi. Tra le minacce, tra l’altro, si aggiunge anche quella dell’ipersonica, con Mosca che ha in questo momento la sua unità più moderna, equipaggiata con missili di questo tipo, in Sudafrica. “Non sappiamo se siano efficaci o meno – ha detto l’ammiraglio a riguardo – questo lo vedremo, ma la nave entrerà nel Mediterraneo”.
Aggressività russa
La presenza delle navi russe non è una novità, e secondo l’ammiraglio Ferdinando Sanfelice di Monteforte, esperto militare e docente di Studi strategici “rimarranno nel Mediterraneo abbastanza a lungo”, con almeno due diverse configurazioni: “le navi russe si dividono tra quelle che cercano di intimorire i Paesi europei del Mediterraneo, e quelle che seguono i gruppi portaerei alleati in funzione di contro-deterrenza”. Una condizione che pur ricordando i tempi della Guerra fredda, porta con sé una nuova minaccia: “questa volta c’è il rischio di un uso limitato della forza da parte dei russi, con attacchi ai gasdotti o ai cavi sottomarini per le telecomunicazioni” che attraversano il Mare nostrum. Una novità dovuta al fatto che “i russi sono in maggior difficoltà rispetto all’epoca dell’Unione sovietica”. Una condizione che non facilita nemmeno i rapporti tra le sponde nord e sud del bacino, con in particolare i Paesi meridionali preoccupati “dal rumore di sciabole” avvertito nelle acque mediterranee.
Servono maggiori unità
Di fronte a questo scenario, la Marina militare italiana è chiamata a svolgere un ruolo sempre più cruciale di sorveglianza. Uno sforzo complesso che richiede il possesso nelle necessarie capacità. “Avremmo bisogno da tre a sei fregate antisommergibile in più, due navi antiaerei in più, una seconda portaerei per garantire di avere per tutto l’anno una portaerei disponibile, una nave logistica e due sommergibili”, ha spiegato Credendino. Ulteriori unità senza le quali la Marina avrà sempre maggiori difficoltà a garantire il livello necessario di presenza nelle acque del Mediterraneo. Uno sforzo che già oggi sta usurando navi ed equipaggi: “La Francia – ha detto Credendino – che ha il nostro stesso numero di navi, ha deciso di dotare ogni Fremm e sommergibile di due equipaggi, dal comandante all’ultimo marinaio. Noi non riusciamo a garantire un equipaggio completo per nessuna delle nostre Fremm”.
I gap della Marina
La flotta italiana comprende attualmente 62 unità maggiori più due unità di Intelligence. Una parte di queste “deve essere rinnovata nei prossimi 15 anni”, ma i finanziamenti sono stati individuati “non completamente”. Tra i diversi gap capacitivi individuati dall’ammiraglio, quella italiana risulta l’unica marina d’altura “priva di aerei a pilotaggio remoto, e sprovvista di aereo da pattugliamento marittimo in versione antisommergibile” indispensabile visto l’utilizzo massiccio di queste unità da parte di Mosca. Proprio su quest’ultimo fattore si è soffermato anche Credendino “Di qualsiasi versione volessimo dotarci, italiano o straniero, serviranno 4 o 5 anni per averlo operativo. Quando ne abbiamo l’esigenza chiediamo agli Usa di poter usare uno dei loro stanziati a Sigonella”
Le risorse necessarie
Di fronte a questo scenario, tuttavia, esiste un rimedio. “Tale ritardo capacitivo – ha detto il capo di Stato maggiore – potrebbe ritrovare coerente attuazione ove si concretizzasse l’impegno politico di raggiungere il 2% del Pil per le spese della Difesa”. Ritardi o minori assegnazioni rischiano di non favorire “il tempestivo conseguimento delle capacità individuate”. Le minori risorse assegnate dal Mimit, per esempio, “hanno causato ritardi nei pagamenti delle fregate antisommergibile Fremm 11-12, che rimpiazzano quelle cedute all’Egitto” con rischio di interruzioni su altri programmi della Marina, dal nuovo sommergibile e all’elicottero Nh-90, “spina dorsale della flotta”.
Littu - Accolti da antiche radici - Autoprodotto 2023
I Littu raccontano i giganteschi cicli che vivono la Terra e i suoi abitanti, con i riti che servono per compenetrare e farsi partecipi della natura e viceversa. “Accolti da antiche radici” è un titolo molto azzeccato,
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Manifestazione una luce per l’Ucraina
Domani, venerdì 24 febbraio 2023 alle ore 18.30, ad un anno dall’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia, si terrà una manifestazione dal nome “Una luce per l’Ucraina“.
La Fondazione Luigi Einaudi parteciperà nella persona del suo Segretario Generale, Andrea Cangini, per dimostrare ancora una volta il suo supporto al popolo ucraino e a tutte le vittime della guerra.
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Difendiamo la libertà di impresa da una giustizia penale ipertrofica
Il 22 febbraio 2023 in Fondazione Luigi Einaudi il settore produttivo, le Istituzioni e il mondo professionale si sono confrontati sulle criticità del D.Lgs. 231 del 2001. La disciplina vigente è fonte di incertezze e contraddizioni, che limitano la crescita economica delle imprese, esponendole ai rischi della responsabilità penale.
L’incontro fra le parti sociali ha permesso di evidenziare i nodi cruciali della normativa ed esporre le esigenze di riforma. Come ricordava Von Hayek in Legge, legislazione e libertà, la certezza di regole condivise è il presupposto della libertà, perché non si è liberi quando opachi sono i confini del diritto. È questo lo spirito che ha guidato la Fondazione a promuovere la tavola rotonda, a cui hanno partecipato il Sen. Francesco Urraro, il Direttore Area Legislativa di Confindustria Antonio Matonti, gli Avv. Anna Vittoria Chiusano e Massimiliano Annetta e la Professoressa Rosita Del Coco.
Dal dibattito è emersa una situazione di fatto non più procrastinabile. Per il 60% delle attività produttive i modelli di organizzazione e gestione 231 sono superflui e insufficienti per perseguire efficacemente la finalità di prevenzione dei reati. Non solo, si traducono nella realtà in significative limitazioni della libertà di impresa, perché costringono le aziende di media a grande dimensione ad assumere costi organizzativi spesso superiori alle possibilità economiche. Non deve, allora, meravigliare se il quadro legislativo sia ancora percepito come un costo.
Segnatamente, sono emerse tre questioni fondamentali che il Parlamento dovrebbe affrontare. In primis, è necessario razionalizzare i reati presupposto, che qualora commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente fanno sorgere responsabilità penale in capo all’impresa. La disciplina, in origine pensata per combattere i reati dei colletti bianchi, è stata estesa nel tempo a molti altri illeciti, che poco hanno a che fare con le scelte gestionali e che, soprattutto, paralizzano i processi produttivi.
In secondo luogo, non è chiaro quando i modelli di organizzazione e gestione 231 siano idonei a esonerare l’ente dalla responsabilità penale. Infatti, nonostante la presenza dei modelli, in sede applicativa essi raramente vengono considerati adeguati. Le pronunce giurisprudenziali sono fra loro contraddittorie e le Procure d’Italia ricorrono a criteri disomogenei. Si crea così nel mondo economico un intenso senso di sfiducia, che genera forti ostacoli alla crescita. È necessario che il Parlamento e il Governo intervengano per introdurre delle norme che chiariscano come debbano essere i modelli, perché senza certezza del diritto il settore produttivo è condannato alla paralisi.
Infine, tutti gli intervenuti hanno condiviso l’urgenza di uscire da un’ipocrisia di fondo: la responsabilità ex D.Lgs. 231 del 2001 è responsabilità penale. Basti pensare che l’impresa può essere condannata alla pena dell’interdizione perpetua. Allora, il Parlamento dovrebbe superare l’attuale frode delle etichette. Non si tratta né di responsabilità amministrativa, né di tertium genus, ma di responsabilità penale, da accertare secondo le regole del processo penale. A titolo di esempio, oggi durante il processo si verifica un terribile inversione dell’onere della prova: è l’ente a dover provare che ha fatto quanto possibile e necessario per prevenire il reato. In caso contrario, si giunge alla condanna. Insomma, si è passati dalla presunzione di innocenza alla presunzione di colpevolezza, nonostante l’art. 27, comma 2, della Costituzione sia ancora lì.
In conclusione, si auspica che il Governo posa dare delle risposte che si attendono da anni. La libertà di impresa, già compressa da un sistema fiscale iniquo e da una burocrazia asfissiante, non può essere paralizzata da una giustizia penale iper-invadente. La Fondazione Luigi Einaudi, come sempre, farà la sua parte, anche attraverso la costituzione di un osservatorio permanente sulle libertà economiche, per portare all’attenzione delle Istituzioni le esigenze dei ceti produttivi.
L'articolo Difendiamo la libertà di impresa da una giustizia penale ipertrofica proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Ha preso il via il progetto "Unreal Engine for School", l'iniziativa finanziata dal Piano Nazionale Cinema e Immagini per la scuola promosso dal MIM e dal Ministero della Cultura.
Info ▶️ https://cinemaperlascuola.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola Ha preso il via il progetto "Unreal Engine for School", l'iniziativa finanziata dal Piano Nazionale Cinema e Immagini per la scuola promosso dal MIM e dal Ministero della Cultura. Info ▶️ https://cinemaperlascuola.Telegram
Sonno. - Supervoids
Torniamo con grande gioia a parlare di una delle etichette del sottobosco musicale italiano e più precisamente ligure, ovvero di Musica Orizzontale, una delle parabole più interessanti ed eretiche uscite dall’estremo ponente ligure.
@Musica Agorà #musica #idm #elettronica
Sonno. - Supervoids - 2023
Torniamo con grande gioia a parlare di una delle etichette del sottobosco musicale italiano e più precisamente ligure, ovvero di Musica Orizzontale, una delle parabole più interessanti ed eretiche uscite dall’estremo ponente ligure. Sonno.Massimo Argo (In Your Eyes ezine)
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Nelle scuole romane un bambino su cinque non sa scrivere in corsivo. La ricerca condotta da un gruppo di studiosi della Sapienza, dell'Umberto I e del Bambin Gesù.
@Notizie dall'Italia e dal mondo
In questo 21,6% rientrano anche bambini disgrafici o con disturbi più ampi, come per esempio il disturbo di coordinazione motoria.
La tanto citata tecnologia - tablet, smartphone e computer - ha invece un ruolo limitato nello sviluppo della capacità di scrivere in corsivo: "L'uso massiccio e continuato di dispositivi elettronici può certamente condurre allo sviluppo di disturbi come deficit d'attenzione, ma ha molta meno attinenza con la scrittura".
cc @Scuola - Gruppo Forum @Maria Chiara Pievatolo @Andrea Mariuzzo @Bibliogadda
romatoday.it/attualita/corsivo…
Un bambino su cinque nelle scuole romane non sa scrivere in corsivo
La ricerca condotta da un gruppo di studiosi della Sapienza, dell'Umberto I e del Bambin Gesù. Nella percentuale rientrano anche piccoli che nascondono disturbi...Andrea Barsanti (RomaToday)
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Oggi alle 10.30, nella Sala Koch di Palazzo Madama, prende il via l'iniziativa “L'Ora di Costituzione”.
Tema della lezione, i principi fondamentali della Costituzione italiana (artt. 1 - 12).
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🚦Le evidenze scientifiche sono tutte a favore del #NutriScore. Di @MDfreerider sul @fattoalimentare
NUTRI-SCORE CONTRO NUTRINFORM BATTERY: COSA DICE LA SCIENZA?
Lo Stato Italiano ha già fatto una scelta di campo: tutelare gli interessi dell’industria a discapito della promozione della salute, della prevenzione del sovrappeso-obesità, malattie cardiovascolari e tumori. In Italia grazie alla massiccia propaganda sono tutti (tranne Il Fatto Alimentare e qualche associazione di consumatori) contro il Nutri-Score. L’industria alimentare per mantenere lo status quo vuole un consumatore disinformato, manipolabile e manipolato dalla pubblicità che in Italia non ha alcun limite (gli alimenti spazzatura vengono pubblicizzati in tutte le ore del giorno e in programmi per bambini).
Giovedì 23 febbraio il secondo e ultimo webinar del ciclo "Let's debate in English", dedicato all'approfondimento della metodologia didattica del debate in lingua inglese.
Info ▶️ indire.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola Giovedì 23 febbraio il secondo e ultimo webinar del ciclo "Let's debate in English", dedicato all'approfondimento della metodologia didattica del debate in lingua inglese. Info ▶️ https://www.indire.Telegram
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Dal 23 febbraio iniziano gli appuntamenti con L'Ora di Costituzione!
L'iniziativa sostenuta dal Senato prevede un ciclo di incontri, una volta al mese, con alcuni costituzionalisti che illustreranno i principali articoli della Carta agli studenti.
Messina Denaro, borghesia mafiosa e 41 bis | Comune-info
«Un’ampia conversazione con Umberto Santino, fondatore e direttore dello straordinario Centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato”. Santino – tra i primi, già negli anni Settanta, ad approfondire il concetto di borghesia mafiosa, oggi al centro delle attenzioni con l’arresto di Matteo Messina Denaro – ragiona delle trasformazioni della lotta a Cosa nostra, riprende il significato dell’espressione “mafia finanziaria” e spiega il suo punto di vista sul 41 bis e sul caso di Alfredo Cospito.»
Torna dall’8 al 10 marzo 2023 Fiera Didacta Italia, il più importante appuntamento fieristico della scuola italiana!
Quest’anno il Ministero dell’Istruzione e del Merito aumenta la propria partecipazione attraverso un grande stand che mette al centr…
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Carnevale
La vicenda dei giornalisti italiani cui è stato revocato l'accredito o semplicemente è stato impedito di entrare in Ucraina. Di @Vincenzo_vita su @art_ventuno
@Giornalismo e disordine informativo
La prevista conferenza stampa di Giorgia Meloni, attesa in queste ore a Kiev dopo la visita di Biden, sarà l’occasione per sollevare il problema: quali sono le accuse mosse dai servizi segreti nei riguardi di chi non fa propaganda, bensì informazione sulla guerra? Vale anche in tale circostanza la solita terribile strategia del segreto, in base alla quale i misfatti e le atrocità non devono venire a conoscenza dell’opinione pubblica?
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#Risentiamoli Cypress Hill - Black Sunday
“Black sunday” è stato il secondo disco del gruppo hip hop americano Cypress Hill, pubblicato il 20 luglio del 1993 da Ruffhouse e Columbia Records. Grande successo commerciale, “Black sunday” è un gigante dell’hip-hop, un monolite che diverte ancora a trent’anni esatti di distanza.
iyezine.com/risentiamoli-cypre…
#Risentiamoli Cypress Hill - Black Sunday - 2023
"Black sunday" è stato il secondo disco del gruppo hip hop americano Cypress Hill, pubblicato il 20 luglio del 1993 da Ruffhouse e Columbia Records.Massimo Argo (In Your Eyes ezine)
La sinistra liberal progressista cancella l'idea stessa di sinistra | Kulturjam
«C’è oggi una sinistra liberal progressista che non ha niente a che fare con quella tradizione nel suo complesso, una sinistra neoliberale che tutta la sinistra, in tutte le sue varianti, ha sempre combattuto e che ha chiamato “destra”.
Ad accomunarla è l’odio con tutto ciò che è storia e ha storia, un odio verso la vita che nelle tradizioni prende forme, evolve, cresce. Il disprezzo verso le comunità, il tentativo di imporre un individualismo è isola, pensando che esista una sola forma di legame, quello che produce il consumo.»
the men
Tutte caratteristiche che ho ritrovato in "New York City", nuovo album dei garage rockers statunitensi Men, sulle scene da ormai tre lustri e giunti oggi al nono album ufficiale, uscito a inizio mese su Fuzz Club Records (e che segna il debutto del quartetto di Brooklyn sull'etichetta inglese) e arrivato a tre anni dall'ultima fatica discografica "Mercy".
iyezine.com/the-men-new-york-c…
THE MEN - NEW YORK CITY - 2023
Tutte caratteristiche che ho ritrovato in "New York City", nuovo album dei garage rockers statunitensi Men, sulle scene da ormai tre lustri e giunti oggi al nono album ufficiale, uscito a inizio mese su Fuzz Club Records (e che segna il debutto del q…Reverend Shit-Man (In Your Eyes ezine)
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La scoperta di Antonio Gramsci - Giovanni D'Anna
Sin dai primissimi giorni del suo rientro in Italia, Togliatti iniziò una incessante opera di “divulgazione” della figura gramsciana
HO PERSO IL GUSTO, NON HA SAPORE
A scoppio ritardato scrivo anche io qualcosa di non-necessario su Sanremo.
Quest’anno non c’è stata una canzone che mi ha colpito particolarmente. È vero che a più riprese mi sono addormentato davanti alla TV, ma le esibizioni che perdevo, le recuperavo il giorno dopo su RaiPlay.
Ho visto qualche gag simpatica (gli interventi del solito immarcescibile Fiorello) e qualche piacevole sorpresa (Paola Egonu è stata la co-conduttrice più spontanea, paradossalmente anche quando leggeva). In generale però lo spettacolo mi è sembrato un po’ troppo costruito e in alcuni momenti anche un po’ stucchevole. Sarà che con il passare degli anni trovo sempre più noiose le confessioni e le prediche televisive fatte da chi ha il cXXo al caldo.
Per attirare l’attenzione su di sé, qualche artista ha azzardato – o “ha simulato” – uno scandaloso passionale colpo di testa: prendere a calci le rose, allungare il brodo all'infinito obbligando il pubblico a cantare un ritornello che non conosce, strusciarsi e baciarsi con l’influencer di turno, ecc... Ma dopo decenni di TV spazzatura oramai siamo tutti vaccinati (compreso i bambini) e la provocazione è diventata “Mission: impossible”.
Con questo non voglio dire che il Sanremo che ho visto sia tutto da buttare. Ci mancherebbe. Si sono esibiti anche dei bravi artisti. Qualcuno si è impegnato e ha fatto anche bene, tuttavia a distanza di una settimana dalla chiusura di Sanremo Venti23 (chiamarlo duemilaventitré non è più di moda) ricordo soprattutto due cose: la sanguigna “American Woman” di Elodie e Big Mama (per la cronaca: alla fine della canzone si sono baciate anche loro, ma nessuno ha montato polemiche) e la superba “Quello che non c’è” di Manuel Agnelli e gIANMARIA.
Lo so che sono di parte, perché adoro quella canzone e quel disco. E’ vero che gIANMARIA sembrava un pulcino bagnato, ma la performance di Manuel Agnelli e di Fabio Rondanini, batterista dei Calibro 35, è stata strepitosa.
Ma questo è camminare alto sull’acqua e su quello che non c’è.
Siamo tutti supereroi
Tra il 2006 e il 2007 uscì uno degli archi narrativi più belli, secondo me, dell’universo Marvel: Civil War. Qualcuno magari avrà visto l’omonimo film, che però non c’entra niente.
Oggi voglio raccontarvi questa storia perché ha molto a che fare con la realtà che ci circonda e con l’attualissima diatriba tra chi vorrebbe incatenarci tra mille algoritmi e sistemi di sorveglianza di massa e chi invece preferirebbe semplicemente essere libero. C’è molto da imparare anche dai fumetti.
Civil War è una storia che parla di libertà, di privacy e dell’ingerenza arbitraria del governo. Potremmo dire che Civil War descrive ciò di cui parliamo ogni settimana su Privacy Chronicles.
I veri supereroi sono iscritti a Privacy Chronicles
Civil War, la storia
Tutto iniziò con una squadra di giovani supereroi, i New Warriors. I sei si trovavano a Stamford, in Connecticut, per girare un reality-show chiamato “Superhuman High”. Durante le riprese vennero a sapere che nella città si trovava anche un gruppo di super-criminali, la Skeletal League, che proprio in quei giorni stavano progettando di rapinare una banca. L’occasione sembrò ghiotta per aumentare il rating televisivo del reality-show, così i New Warriors decisero di attaccare e cercare di catturare la Skeletal League in diretta TV.
Purtroppo le cose non andarono come previsto. Durante i combattimenti uno dei supercriminali — Nitro — provocò un’esplosione proprio nel mezzo della città, che distrusse diversi quartieri e anche una scuola, uccidendo più di 600 persone — tra cui molti bambini.
Il drammatico episodio fu presto strumentalizzato dalla politica per attaccare tutti i supereroi che fino a quel momento agivano in modo indisturbato e spesso anonimo nel territorio degli Stati Uniti. Nel giro di pochissimo tempo il governo presentò un nuovo disegno di legge, chiamato Superhuman Registration Act.
L’atto, se approvato, avrebbe obbligato ogni “superumano” a registrarsi presso il governo e rendere nota la sua identità. Questo avrebbe consentito alle autorità di regolamentare le attività dei “supereroi”, supervisionarli, e — se necessario — sanzionarli. Il dibattito fu subito infuocato.
Da una parte c’era chi, come Tony Stark (Iron Man), prese subito le parti del governo. Secondo lui il Registration Act era semplicemente un atto dovuto. Un gesto di civiltà. La legge e la supervisione del governo avrebbero responsabilizzato tutti i supereroi, che quindi avrebbero smesso di agire in modo indipendente e al di fuori della legge.
Stark voleva evitare a tutti i costi il ripetersi di incidenti come quelli di Stamford ed era convinto che questo sarebbe stato possibile grazie a una forte legislazione per delimitare e regolamentare il campo d’azione dei supereroi.
Scansiona il QR Code col tuo wallet LN preferito oppure clicca qui!
Dall’altra c’erano invece persone convinte che il Registration Act non fosse altro che un modo per violare le libertà fondamentali dei superumani, costringendoli a rivelare le loro identità segrete e rinunciare a ogni indipendenza.
Il principale sostenitore di questa tesi era Steve Rogers (Captain America). Secondo lui i supereroi avevano il dovere di agire moralmente e responsabilmente, ma come individui e non come macchine controllate dallo Stato. Steve credeva che il Registration Act avrebbe tolto ogni libertà di autodeterminazione ai supereroi, consegnando invece al governo il potere di manipolarli per finalità politiche.
I mass media, il pubblico e diversi gruppi di supereroi si divisero presto in due fazioni: da una parte quella pro-governo, capitanata pubblicamente da Tony Stark; dall’altra quella “ribelle”, condotta da Steve Rogers.
Le due forze in campo divennero sempre più violente, fino a sfociare in una violenta guerra civile tra alcuni gruppi di supereroi fedeli a Tony Stark o Steve Rogers. La battaglia finale, che vide diversi feriti e morti, portò alla sconfitta di Captain America, che venne catturato e arrestato in quanto leader della fazione ribelle e anti-governativa.
L’arco narrativo si chiude con l’emblematica morte di Captain America, ucciso da un cecchino mentre veniva accompagnato in manette sulla scalinata del tribunale dove avrebbe dovuto essere giudicato per i suoi crimini durante la guerra civile.
Insieme a lui, morivano anche le speranze di libertà dei superumani, ormai condannati alla schedatura governativa.
Qualche anno dopo gli eventi di Civil War si scoprì che il governo degli Stati Uniti da molto tempo era infiltrato fino alle sue posizioni apicali da agenti HYDRA (i nazisti dell’universo Marvel), e che il Superhuman Registration Act fu in verità un piano dei nazisti per sorvegliare e controllare i supereroi — unico vero ostacolo ai loro piani.
Tony Stark o Steve Rogers?
Il mondo è in piena guerra civile. Proprio come raccontavano i fumetti Marvel 17 anni fa, anche oggi siamo circondati da due fazioni capitanate da vari Tony Stark e Steve Rogers. E come in Civil War, anche oggi la fazione vincente è quella dei Tony Stark.
Noi non abbiamo un Superhuman Registration Act, ma sistemi e leggi che Steve Rogers non avrebbe mai immaginato nel 2007. Schemi globali di identità digitale; sorveglianza totale delle comunicazioni; progetti per lo sviluppo di monete digitali di Stato e sorveglianza finanziaria; sistemi decisionali automatizzati e social scoring ; scatole nere obbligatorie sulle nostre auto…
L’effetto è lo stesso, anzi peggiore: sorveglianza totale delle nostre identità e delle nostre azioni. Per il “bene comune”.
I Tony Stark del mondo ci dicono che l’anonimato e la privacy devono essere combattuti, perché deresponsabilizzano le persone. Essere anonimi è pericoloso; la libertà è pericolosa. Tenere alla propria privacy significa avere qualcosa da nascondere, o essere dei criminali.
Questi sono convinti di essere circondati da imbecilli senza alcuna moralità né principi. Il prossimo è un potenziale criminale o qualcuno talmente inaffidabile da non poter neanche gestire la sua stessa vita. E come Tony Stark, credono di essere tra i pochi illuminati a poter guidare il gregge con quel bastone chiamato governo. La legge è uno strumento di dominio per la creazione di una “società migliore”, a loro immagine e somiglianza.
E poi ci sono gli Steve Rogers. Loro sono convinti che l’essere umano abbia in sé tutti gli strumenti per agire moralmente, in modo autonomo e libero — senza per questo essere perseguito. Queste persone sanno che per agire moralmente, bisogna prima essere liberi. Che ogni individuo ha il diritto di creare la sua strada e agire secondo i suoi principi; che non può esserci alcuna libertà senza privacy, e che il governo non è altro che uno strumento di controllo delle persone per fini politici (di specifici gruppi di potere). Sì, la libertà è sporca. È caotica. A volte, pericolosa. Ma non importa.
Paradimatico di questo pensiero è il celebre discorso di Steve Rogers a Peter Parker proprio durante la Civil War. Probabilmente uno dei migliori di tutto l’universo Marvel:
Non importa ciò che dice la stampa. Non importa ciò che dicono i politici o le masse.
Non importa se l'intero Paese decide che qualcosa di sbagliato è qualcosa di giusto.
Questa nazione è stata fondata su un principio sopra ogni altro: la necessità di difendere ciò in cui crediamo, senza tener conto delle probabilità o delle conseguenze. Quando le masse, la stampa e il mondo intero ti dicono di muoverti, il tuo compito è di piantarti come un albero accanto al fiume della verità e dire a tutto il mondo -
'No, muovetevi voi.’
Tu, da che parte stai?
Franc Mac
Unknown parent • •@stefanodazzan sì, lo so. Non sono certo un esperto di didattica e quello finlandese è un modello molto interessante e che (benche sia tuttaltro che perfetto...) costituisce oggettivamente un caso di successo.
Tuttavia questo studio mostrerebbe come l'apprendimento del corsivo, in particolare all'inizio della scolarizzazione, sia fondamentale per acquisire una corretta padronanza della scrittura in generale ma anche dell'ortografia nonché per un miglioramento significativo della capacità di lettura.
Approfitto anche per segnalarti qusta lista di articoli sulla scrittura manuale del corsivo già preparata (con un po' di cherry picking, va detto...) da Stefano Longagnani
@Maria Chiara Pievatolo @Andrea Mariuzzo @Bibliogadda
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Eleonora
in reply to Franc Mac • • •@mcp @MariuzzoAndrea @bibliogadda @stefanodazzan
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Franc Mac
in reply to Eleonora • •@Eleonora sono su friendica, mentre tu sei su mastodon. Io posso creare collegamenti ipertestuali e formattazione, tu invece no (ma puoi comunque vedere i collegamenti ipertestuali)
@Maria Chiara Pievatolo @Andrea Mariuzzo @Bibliogadda @stefanodazzan
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Shamar
in reply to Franc Mac • • •Sono su #QOTO (Mastodon) e posso usare Markdown che tu dovresti vedere correttamente renderizzato.
😝
@treleonora @mcp @MariuzzoAndrea @bibliogadda @stefanodazzan
Daring Fireball: Markdown
daringfireball.netScuola - Gruppo Forum reshared this.
Franc Mac
in reply to Shamar • •Tutto divertentissimo eh... ma mi fa pensare al veicolo nella foto guidato da Maestro Muten... 🤣🤣🤣
@Eleonora @Maria Chiara Pievatolo @Andrea Mariuzzo @Bibliogadda @stefanodazzan
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Eleonora
in reply to Franc Mac • • •la roulopper comunque è molto bella 😍
@Shamar@qoto.org @mcp @MariuzzoAndrea @bibliogadda @stefanodazzan
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Shamar
in reply to Franc Mac • • •È molto che non scambio quattro chiacchere con @freemo, ma in passato sia quando siamo stati d'accordo su un tema, sia quando siamo stati in totale disaccordo, è sempre stato arricchente, fornendomi una prospettiva diversa dalla mia.
Non lo avrei definito però particolarmente "sopra le righe"...
Almeno, non se questo termine viene usato in senso dispregiativo.
Cos'ha combinato?
O il problema è ancora il solito rifiuto di qoto di aderire al group thinking che negli ultimi anni ammorba il Fediverse?
@treleonora @mcp @MariuzzoAndrea @bibliogadda @stefanodazzan
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🎓 Doc Freemo 🇳🇱
in reply to Franc Mac • • •Just to clarify we arent on an old release. Our version doesnt track mastodon, and you are correct we are not a mastodon instance we are a fork. So our version is not an indication of how "up to date" we are.
And yes we have features from many different "standards" and quite a few unique ones as well.
Kinda laughable the over-the-top comment though, would love to see an example of that.
@Shamar @treleonora @mcp @MariuzzoAndrea @bibliogadda @stefanodazzan
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Franc Mac
in reply to 🎓 Doc Freemo 🇳🇱 • •@🎓 Dr. Freemo :jpf: 🇳🇱
Ok, this factually confirms my statement "qoto.org is not a mastodon instance"! at this point, I wonder if it's right or not to still call it mastodon...
I agree: some of the features of qoto.org are really very interesting: some features work even better than they work in Friendica (which I prefer anyway), others are not present even in Friendica. For me, qoto.org remains platypus soup, but it's still a very fun experiment.
Well, let's say that posts like this have left me somewhat perplexed...
@Shamar @Eleonora @Maria Chiara Pievatolo @Andrea Mariuzzo @Bibliogadda @stefanodazzan
🎓 Doc Freemo 🇳🇱
2022-11-23 11:32:46
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Franc Mac
in reply to Shamar • •@Shamar
Non ne sono affatto sorpreso... 🤣
@🎓 Dr. Freemo :jpf: 🇳🇱 @Eleonora @Maria Chiara Pievatolo @Andrea Mariuzzo @Bibliogadda @stefanodazzan
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🎓 Doc Freemo 🇳🇱
in reply to Franc Mac • • •It is not a mastodon instance, it is a fork of mastodon. The proper thing to refer to it as is "a fork of mastodon".
I dont mind you calling it "platypus soup" though i wonder what that is meant to convey... Many of the features we have QOTO was the first to develop, some we were the first to add to mastodon, others we borrowed from other platforms that set the standard.So im not sure QOTO is anymore of a "playpus soup" than any other fediverse software, we chose what features we wanted that were already out there, and added our own, thats all.
What perplexes you about that post, I made sure to clarify and backup any claim I made with evidence and screenshots. Most people are upset about it because Eugen is usually very much the politician, so he generally has a good public image despite repeatidly making many questionable decisions behind the scenes where he has thrown instances under a bus just to appease the crowd. It works well for his agenda actually and usually causes people to come to his defense when someone calls him out.
@Shamar @treleonora @mcp @MariuzzoAndrea @bibliogadda @stefanodazzan
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Franc Mac
in reply to 🎓 Doc Freemo 🇳🇱 • •@🎓 Dr. Freemo :jpf: 🇳🇱
Okay! 😀
The definition "platypus soup" refers to something strange, something evolved in a different way and made up of different pieces.
Some fediverse software is "strange", but qoto.org is "very strange". Maybe only Bonfire is weirder (by the way, nice project... you'd like it!)
To your knowledge, are there any other instances running the same qoto.org fork?
I am the administrator of three small instances of three different software: Friendica and Lemmy above all, but also Mastodon (albeit with a thematic instance: by the way, mine too is aimed at the world of research). You can well understand that I don't appreciate all the Gargron choices and my least favorite is the positioning of Mastodon as the industry standard. However, I believe that your tolerance towards some free speech instances was a gamble that penalized your instance more than it improved its environment.
@Shamar @Eleonora @Maria Chiara Pievatolo @Andrea Mariuzzo @Bibliogadda @stefanodazzan
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🎓 Doc Freemo 🇳🇱
in reply to Franc Mac • • •People have asked about setting up our code before and I know for a time some people did run forks of QOTO,. I dont recall the instances or even they are still up though. That said I do know of many instances that have taken code from QOTO.
As for our choice to let our users decide federation rather than the main admin, I dont disagree it was a gamble and has caused some to throw shade at us. However as I explained it came as adirect response and the at the request of our LGBTQ community. They made a clear argument why that choice was neccesary for their safety, and we decided their safety was the priority over any effect on public opinion. So while you arent wrong about your accessment of that choice I would argue it was still the correct choice.
What is concerning is Gargron basically thought that decision, one in which our LGBTQ communities safety was prioritized over popular opinion, is one he felt punishing exclusively due to popular opinion (he was aware of our stance for years and approved of it right until people started to break out the cancel culture nonsense).
@Shamar @treleonora @mcp @MariuzzoAndrea @bibliogadda @stefanodazzan
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Post
in reply to Franc Mac • • •@Shamar
Almeno da Qoto possiamo seguire chi ci pare da qualunque istanza, mentre nel resto del Fediverso ti servirebbe una mappa per districarti, per quanto è frammentato. Ah, ma molti neanche si rendono conto di essere ostaggi dei rispettivi admin e che esistono porzioni del Fediverso che non vedranno mai.
In più si potevano seguire gli hashtag prima che venisse rilasciato Mastodon 4.0 e abbiamo i boosts con citazione che Mastodon sta riconsiderando di introdurre vista la grande richiesta.
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Franc Mac
in reply to Post • •@Post mi dispiace, na questa è un'obiezione fallace basata su un presupposto falso.
Il fediverso è uno solo e non è certo una dark net! Ogni profilo pubblico è raggiungibile da dovunque, senza dover fare login da alcuna parte! Puoi criticare le politiche di blocco e di silenziamento praticate da tutti gli amministratori delle istanze generaliste rivolte al grande pubblico, ma hai l'obbligo di premettere questa informazione fondamentale.
Ciò che tu chiami "frammentato" è la semplice conseguenza di istanze che praticano condotte di moderazione incompatibili con quelle di altre istanze. Oppure pensi che bisognerebbe mantenere il contatto con istanze che non praticano un controllo stretto su hate speech, terrorismo, pedopornografia?
Parlare di ostaggi è un'iperbole assurda. Ci sono utenti di diverso tipo nel fediverso:
- quelli nuovi, spesso si tratta di tweetters, che sono quelli che più rischiano di abbandonare a fronte della maggiore complessità di Mastodon: hanno bisogno di essere guidati e sono accolti molto meglio dalle istanze generaliste piuttosto che da quelle tematiche o identitarie. La mortelità degli utenti del fediverso è inversamente proporzionale al carattere generalista dell'istanza attraverso cui sei entrato
- quelli più scafati o quelli che hanno raggiunto una maggiore maturità: per loro è assolutamente impossibile rimanere "ostaggio" del proprio amministratore, dal momento che sanno di poter
1) migrare su un'altra istanza
2) aprre nuovi account su altre istanze (non solo mastodon)
3) restarsene in un ambiente protetto ma molto diversificato come quello delle istanze generaliste più numerose
- quelli che, o perché fanno parte di istanze identitarie che hanno deciso di "fare la guerra" alle istanze generaliste, o perché, a causa dei loro comportamenti ostili, scorretti, tossici o semplicemente compulsivi sono stati buttati fuori a calci in culo dalle istanze generaliste (dopo diversi avvisi), hanno accumulato un discreto rancore verso le istanze generaliste e quindi parlano di frammentazione del fediverso come se questa fosse colpa degli admin più "protettivi" e come una semplice conseguenza della diversità, e soprattutto pensano alla frammentazione come se fosse una tragedia e non invece uno stimolante incentivo a scoprire la complessità del fediverso
@Shamar
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0ut1°°k
in reply to Franc Mac • • •mi chiedo però senza alcuna polemica se non sia meglio lasciare che siano gli utenti a scegliere chi bloccare? Perché un amministratore di istanza deve decidere che il mio account non può vedere altre istanze o altri account? Mastodon.uno per esempio è la più grande istanza italiana e blocca intere istanze italiane e questo non è corretto verso i propri utenti e verso gli altri amministratori.
@Shamar @post
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Franc Mac
in reply to 0ut1°°k • •@0ut1°°k cerco di risponderti punto per punto, ma ti dico subito che hai commesso un errore grave: infatti mastodon.uno non blocca nessuna istanza italiana. Comunque:
Il discorso è complesso. Ti faccio alcuni esempi e ti parlo mettendomi nei panni di un amministratore di istanza generalista:
1) l'utente di un'altra istanza che stalka insistentemente l'utente della mia istanza: se l'atteggiamento è palesemente persecutorio, quella persona non sarà più un ospite gradito della mia istanza e quindi non basta che sia la vittima a bloccarlo, ma sarò io a silenziarlo o, nei casi più gravi, a bloccarlo. Inoltre, probabilmente, ne parlerò con l'admin della sua istanza chiedendogli di dargli una strigliata, così come io faccio con utenti della mia istanza che rompono le palle a utenti di altre istanze; in questo caso infatti è mio interesse mostrare di saper gestire la comunità che ospito, ed è come se un cittadino italiano andasse a Monaco di Baviera a delinquere: il danno d'immagine per l'Italia è addirittura maggiore rispetto allo stesso illecito.
2) l'istanza che pratica direttamente (o favorisce da parte dei suoi utenti) una campagna denigratoria contro la mia istanza: in questo caso il minimo è silenziare tutta l'istanza. Qusto significa che gli utenti della mia comunità POSSONO ANCORA SEGUIRE gli utenti di quella istanza, solo che i loro post non compariranno nella timeline visibile a chi non li segue!
l'utente che pubblica contenuti disturbanti o vietati o l'istanza che lo permette (che è il caso di qoto.org): in questo caso, siccome gli utenti della mia istanza sono venuti da me proprio perché da me i contenuti disturbanti (nudo, scene di violenza, espressioni volgari, espressioni politicamente scorrette) non sono vietati, ma devono essere protetti da content warning, mentre i contenuti vietati (pornografia, offese x-fobiche, molestie, contenuti illegali) sono, appunto, vietati; se lasciassi completamente aperte queste istanze, mi ritroverei centinaia di segnalazioni al giorno. La soluzione perciò è quella di silenziare l'istanza, cosa che (come ti ho detto prima) non impedisce agli account della mia comunità di seguire e interagire con gli utenti di quell'istanza, ma solo di non far vedere i loro contenuti nella timeline federata di chi non segue quei profili.
l'utente che pubblica contenuti illegali o l'istanza che lo permette (che è il caso di innumerevoli istanze pleroma e misskey): in questo caso, non parliamo di contenuti disturbanti o vietati, ma di contenuti illegali: pedopornografia, terrorismo, istigazione al crimine.
Qual è il problema? Se ti compare in timeline la foto o il video di un bambino che viene stuprato, al di là della situazione orrenda in sé, quella foto o quel video:
1) finisce nella cache del mio server
2) finisce nella cache del tuo computer o del tuo smartphone
Come hai visto prima, i punti 1) e 2) caratterizzano una fattispecie di reato: la memorizzazione di contenuti multimediali pedopornografici (artt. 600 ter e quater del codice penale). Nel caso 1) rischia nel caso peggiore di far mettere sotto sequestro tutto il mio server 2) nel tuo caso, beh... sai che succede se per un qualsiasi motivo quel contenuto viene trovato nella cartella dei tuoi file temporanei?
Ecco perché alcune istanze devono essere bloccate e non solo silenziate e gli utenti della mia istanza non hanno neanche bisogno di saperlo. In alcuni casi ci sono amministratori che per una questione di trasparenza pubblicano tutte le istanze bloccate (cfr qui per esempio puoi vedere le istanze bloccate da Poliverso)
Falso! Mastodon.uno non blocca alcuna istanza italiana. Ne ha silenziate alcune perché la condotta di quelle istanze è stata apertamente ostile verso mastodon.uno al punto da incentivare alcuni utenti di quell'istanza a fare incursioni per molestare gli utenti di mastodon.uno. Il problema è sempre meno frequente e spero che a breve possa venire meno anche questa situazione di silenziamento.
Ad essere bloccati sono alcuni utenti che, pur non avendo mai pubblicato contenuti illegali, si sono contraddistinti per qui comportamenti che ti ho detto sopra. Personalmente spero tanto in un #AmnestyDay del fediverso per questi utenti che, spesso, sono anche stimolanti e interessanti da seguire.
Resta il fatto che, con queste regole, mastodon.uno è una delle istanze che presenta uno dei tassi più bassi di "mortalità" degli utenti, malgrado il grande afflusso di così tanti newbie che, di solito, sono spesso soggetti a questi fenomeni di mortalità.
@Shamar @Post
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in reply to Franc Mac • • •ok ora mi è più chiaro grazie!
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Franc Mac
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