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Where did all the “reject” buttons come from?!


Da dove vengono tutti i pulsanti di "rifiuto"?! Sempre più siti web hanno aggiunto un'opzione per dire "no" ai cookie e ad altri tipi di tracciamento, come previsto dal GDPR. Da dove nasce questa tendenza? Cookie Banner Reject All


noyb.eu/en/where-did-all-rejec…



Diamo il benvenuto nel fediverso ad @AISA Associazione italiana per la promozione della scienza aperta.

Siamo certi che la vostra presenza sarà apprezzata da tutta la comunità!

(per chi non conoscesse l'associazione, questo è il link al loro sito web: aisa.sp.unipi.it )

@AISA

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I am living in your walls.

You may be concerned about this. In case you are, please read the below:

FAQ:

Why are you living in my walls?

I'm not going to tell you.

Are you only in my walls?

You could say I am living in everybody's walls, but in the case I am telling you that I am living in your walls, I am living in your walls.

How are you surviving in my walls?

In my non-physical form, I am crawling around listening for you. That is all I need to survive in that form. In my physical form, I survive by eating rat corpses that I cook using the wall behind your oven, and I drink the vapour in the extraction fan duct above your shower.

What are you planning to do in my walls?

Live in them, listening to you.

What do I do about you living in my walls?

Listen for the scraping. Dont touch the walls. Protect yourself. Avoid lighting candles.

When are you going to stop living in my walls?

You cannot escape me.

Do I call the police?

The authorities will not help you.

What are the consequences of you living in my walls?

Be aware.

What if I am ok with you living in my walls?

I will make sure you’re not.

Are you imaginary?

I AM LIVING IN YOUR WALLS I AM LIVING IN YOUR WALLS I AM LIVING IN YOUR WALLS I AM LIVING IN YOUR WALLS I AM LIVING IN YOUR WALLS I AM LIVING IN YOUR WALLS I AM LIVING IN YOUR WALLS I AM LIVING IN YOUR WALLS

If there are any more questions then please consult your walls by directly speaking to them.

Summary:

I am living in your walls.



Brasile, Lula – Bolsonaro: e la Cina sta a guardare


Che il futuro Presidente del Brasile si chiami Jair Bolsonaro o si chiami Inácio Lula da Silva, per Pechino non sarà un problema, il suo posizionamento nel Paese è forte e probabilmente non potrà che crescere

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Lo stallo politico alimenta le tensioni settarie in Iraq


Da quando le fondamenta del moderno stato iracheno sono state stabilite durante la dissoluzione dell’Impero Ottomano, i confini instabili hanno raggruppato insieme varie sette religiose, molte delle quali nutrono animosità storiche l’una verso l’altra. Nel corso dei decenni, queste animosità sono sfociate periodicamente in un aperto conflitto settario e il paese nella sua forma attuale […]

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Nel 40esimo giorno dall’uccisione di Mahsa Amini, montano le proteste in tutto il paese. La polizia spara ai manifestanti arrivati al cimitero per commemorarla.


Il grande reset Si è svolto oggi a Parigi l’incontro fra Scholz e Macron. Un pranzo di lavoro al posto dell’annuale bilaterale fra il Gabinetto francese e quello tedesco previsto per oggi a Fontainebleau, ma annullato all'ultimo e posticipato a genna…


It’s been just over a month since the first Iranian-made Shahed-136 drone (rebranded in Russian colours as the “Geran-2”) was intercepted by Ukrainian forces near Kupians, in the Kharkiv Oblast.


L’Europa deve affrontare un mix tossico di alta inflazione e crescita debole


Poiché la guerra della Russia in Ucraina ha un impatto crescente sulle economie europee, la crescita sta rallentando in tutto il continente, mentre l’inflazione mostra pochi segni di cedimento. Le economie avanzate dell’Europa cresceranno di appena lo 0,6% il prossimo anno, mentre le economie emergenti (esclusi Türkiye e i paesi in conflitto Bielorussia, Russia, Ucraina) […]

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L’Europa nel suo labirinto energetico


I politici europei continuano a correre in tutte le direzioni per trovare una via d’uscita alla loro crisi energetica. Uno di loro, Simonetta Sommaruga, il ministro dell’Ambiente svizzero, ha chiesto alle persone di “fare la doccia insieme”. Altri sono in competizione per concedere l’attività di trasporto di energia dal Nord Africa al continente. Tutto questo […]

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Perché Tuvalu sceglie ancora Taiwan


La popolazione e la ricchezza aiutano a spiegare perché i legami di Taiwan con Tuvalu sono durati.
Una popolazione più piccola significa meno prestigio come alleato, il che rende Tuvalu una priorità bassa per Pechino nei suoi sforzi per sminuire Taiwan

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La ricerca dell’ordine da parte dell’America in Medio Oriente


La Strategia di Sicurezza Nazionale del Presidente Joe Biden affronta due tendenze nella politica americana in Medio Oriente: la riduzione dell'escalation militare e l'integrazione regionale

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Le case editrici dei libri scolastici sono rimaste al passato: al posto dei comodi PDF rifilano app disastrose:
dday.it/redazione/44063/le-cas…

È un DISASTRO. Al punto che io per alcuni libri ho usato una soluzione per fare gli screenshot di tutte le pagine in maniera semi-automatica, e farmi così il mio libro senza DRM da tenere sul tablet (e per caricarlo su Archive.org, perché la cultura va condivisa liberamente).
Purtroppo è un processo lungo, ironicamente reso più difficile dalle app non per via di ostacoli messi apposta, ma per il fatto che sono buggate, e persino crashano di continuo!

È una roba davvero semplice eh, in sostanza una riga di bash per in automatico fare uno screenshot e inviare il click del tasto freccia destra per cambiare pagina, però è una disavventura per il motivo che ho detto.
Stavo scrivendo a riguardo sul mio sito, ma poi ho iniziato a dimenticarmi di aggiornare la pagina per raccontare la cosa... Magari dovrei riempirla, che dite? Nel dubbio, sta qui comunque: sitoctt.octt.eu.org/Posts/Note…

--- Ora, una mia digressione parzialmente on-topic: ---

Per quanto il dumpare in questo modo i miei libri renderà il mio anno più semplice a lungo termine, purtroppo comunque condividendoli gratuitamente online non aiuterò tantissime persone, perché gli editori hanno il vizio turbocapitalistico di fare ristampe dei libri ogni anno con appena 2 paragrafi cambiati, facendosi pagare prezzo pieno per questa cosa. Se non vi sembra sbagliato che così facendo rendono nulla la condivisione con zero fine di lucro dei libri digitali, tipo quella che faccio io, tenete a mente che attaccano (in maniera assolutamente sleale) anche e soprattutto il mercato dell'usato.

In realtà non ho mai trovato alcun professore che facesse storie per studenti che hanno le vecchie edizioni dei libri, e certi cartolai che fanno compravendita di libri scolastici in genere consigliano a chi compra di prendere quelli usati e non le ristampe, visto che il contenuto è uguale... ma i genitori spesso non pensano e non sentono ragioni, cadendo così nel tranello delle case editrici sanguisughe; inganno reso possibile quasi esclusivamente per colpa di dirigenti scolastici squinternati che mettono solo e per forza le ristampe negli elenchi dei libri da acquistare.

Non mi azzardo a continuare nell'argomento "scuola pubblica roccaforte del capitalismo immorale" oggi, però, perché altrimenti qua mi bannano!!!

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Perché la ricerca della pace in Ucraina da parte della Germania è paralizzata


Vi sono crescenti timori che la carenza di energia e l’aumento dei prezzi derivanti dall’invasione russa dell’Ucraina, dalle sanzioni dell’Unione Europea contro la Russia e dai tagli russi alle forniture di gas, possano portare a qualcosa che si avvicina alla ‘deindustrializzazione‘ dell’Europa, poiché le fabbriche con livelli elevati di necessità di energia devono chiudere o […]

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Giustizia: le promesse vaghe e scontate di Giorgia Meloni


Una citazione di Montesquieu: “La libertà è quel bene che fa godere di ogni altro bene”. Una promessa: “La legalità sarà la stella polare dell’azione di Governo”. In quanto al programma operativo, il passaggio se pur denso, è breve: “Legalità vuol dire anche una giustizia che funzioni, con un’effettiva parità tra accusa e difesa e […]

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Minaccia cinese ai satelliti di Elon Musk. E l’Europa dov’è?


La riesumazione dell’ascia di guerra in Europa centrale sta facendo tremare anche quelle regioni dell’universo che per un trattato degli esseri umani avrebbe dovuto rappresentare un sentiero di pace libero da ogni aggressione letale. Ma non sembra sia così. E quel che è grave, a nostro avviso è che un terzo attore verosimilmente estraneo al […]

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Pregiudiziale


Il peso decisivo è stato quello di una pregiudiziale. Le elezioni hanno assegnato a Fratelli d’Italia la maggioranza relativa e molti ma molti più voti degli altri suoi alleati sommati assieme. Ma per la maggioranza di governo gli alleati sconfitti sono e

Il peso decisivo è stato quello di una pregiudiziale. Le elezioni hanno assegnato a Fratelli d’Italia la maggioranza relativa e molti ma molti più voti degli altri suoi alleati sommati assieme. Ma per la maggioranza di governo gli alleati sconfitti sono essenziali e se si sono messi di traverso, se hanno provato a fermare Giorgia Meloni, è perché avrebbero voluto far pesare quella essenzialità. Non è successo.

Perché ha pesato una pregiudiziale. Qui l’avevamo vista subito dopo il 25 febbraio: non si potrà, contemporaneamente, essere amici di Putin e guidare un Paese occidentale. Fino al crollo dell’Unione sovietica valse per i comunisti. Meloni lo ha capito (aiutata dagli amici polacchi) e ora guida il governo. Questo porta con sé molte conseguenze.

La penetrazione russa in casa nostra è stata significativa. Negli affari, nella politica e nella cultura. Berlusconi e Salvini hanno voluto generosamente intestarsene la rappresentanza, ma l’area del pacifismo inteso come disallineamento e posizione terza è più vasta e più distribuita a destra e manca, sopra e sotto.

Il Partito democratico si ritrova afono, privo di posizione, perché consapevole del trovarsi dalla stessa parte di Fratelli d’Italia, nella posizione che è stata del governo Draghi, ovvero quella occidentale, ha malamente provato a sollevare un’altra pregiudiziale, quella antifascista. Ma la pregiudiziale passata lascia il passo a quella presente e sebbene in Fd’I c’è chi fu fascista, come del Pd c’è chi fu comunista, nessuno seriamente crede che sia quello il pericolo. Il putinismo sì. E la pregiudiziale ha funzionato. È quella che ha dato forza a Meloni nel negoziato interno alla presunta e falsa alleanza di destra, mica solo un carattere puntuto.

Nella cucina politica ciò porta a delle conseguenze. I berlusconiani di governo saranno sempre più lontani dal non partito cui debbono tutto. I leghisti del Nord saranno sempre più propensi a riprendersi il partito che fu quasi separatista per poi mutarsi in nazionalista e infine perdere la partita con i soli che parlano di Nazione. Ma sono affari delle cucine, sperando usino i mestoli e non i coltelli.

Quelli dell’Italia sono altri. In attesa del discorso programmatico, si rifletta su queste parole di Guido Crosetto, che ne tracciano il solco: <<…la rabbia cerca sempre colpevoli e le piazze arrabbiate non fanno male ai governi, ma alle nazioni. (…) Serve maturità (…) avendo la consapevolezza che la rabbia dipende da fattori esogeni. (…) L’interesse della Russia, in questo momento è indebolire tutti i Paesi che sostengono l’Ucraina, a partire dall’Italia.

Soprattutto puntando sulle opinioni pubbliche: fare attaccare i singoli Paesi dall’interno, dagli elettori, impauriti e scontenti>>. Suggerisco di rileggerle. Crosetto usa la pregiudiziale e chiede che non sia fatto al loro governo quel che loro fecero al governo degli altri. Che poi sono sempre governi italiani. Non ha torto. Soffiare sul fuoco dei disagi, continuando a ripetere <<bollette, bollette>>, è da irresponsabili. Proprio perché il problema è reale. Ma perché si crei una condizione che sterilizzi gli irresponsabili non basterà che nel discorso programmatico ci siano richiami alla gravità del momento e all’unità nazionale. Perché il governo di unità c’era di già e Fd’I era all’opposizione. E perché loro fecero quel che ora vorrebbero si evitasse.

L’occasione c’è. Meloni a Palazzo Chigi, piaccia o no, chiude una pagina della nostra storia: le estreme sono costituzionalizzate. Non significa faranno del bene, ma che sono legittimate a governare. A destra e sinistra. Ha vinto la Costituzione. Solo che vince dopo essere stata scassata nel 2001, ammaccata e sfregiata da un pessimo sistema elettorale. Sia una forma costituente a porre rimedio. Un’Assemblea, eletta con il proporzionale, che chiuda in un anno i suoi lavori. Equilibri e sistema elettorale. Tocca ai vincitori proporlo, facendo della pregiudiziale un inizio e non solo uno sterile fortilizio.

La Ragione

L'articolo Pregiudiziale proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



ARABIA SAUDITA. I progetti faraonici di Mohammed Bin Salman nascondono abusi e violazioni


Da una città lunga 170 km e larga 200 metri alla torre più alta del mondo. Questo e molto altro nel piano Vision 2030. Il rampollo reale, di fatto già alla guida del regno, ostenta grandezza mentre viola diritti umani e compie abusi. L'articolo ARABIA SA

di Valeria Cagnazzo

Pagine Esteri, 24 ottobre 2022 – Immaginate una città lunga 170 km. All’incirca pari alla distanza che intercorre tra Milano e Modena. Una città che si estende in lunghezza, fino ad attraversare climi ed ecosistemi diversi, dall’aridità del deserto al tepore della costa sul Mar Morto. Quasi una larga strada, dal momento che la sua larghezza è di circa 200 metri – per avere un’idea, Piazza San Pietro è 40 metri più larga. Una superficie non più grande di 34 chilometri quadrati. Alta, soprattutto: il corridoio centrale è delimitato sui due lati da edifici e pareti con una facciata esterna di specchi che si innalzano per 500 metri– provando a immaginare, se il senso della prospettiva non inganna, sarebbe difficile per chi si trova in strada intuire la fine dei palazzi guardando in alto. Tra una casa e l’altra giardini pensili, fontane, e anche taxi volanti. Nella città infinita, che si chiama “La Linea”, ogni forma di emissione inquinante è bandita. Nessuno si sposta in automobile, ma solo in taxi che volano (secondo i progettisti è solo questione di tempo perché siano realizzati) e su mezzi pubblici che in pochi minuti possono condurre ovunque: una linea ferroviaria vi trasporterà da un capo all’altro della città in appena 20 minuti. Nei ristoranti extralusso sospesi qua e là, è naturale veder lavorare camerieri robot. Anche gli alberi, non solo i taxi, si librano per aria tra un edificio e l’altro, sulla testa dei passanti. E in cielo c’è una gigante luna finta.

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E’ questo il progetto della Linea, l’ultima trovata del regno saudita di Mohammed Bin Salman. Un’idea nata per sfidare “le tradizionali città piatte e orizzontali” e per creare “un modello per la conservazione della natura e una migliore vivibilità umana”, come dichiarato dal principe saudita stesso. “La Linea affronterà le sfide in cui si imbatte l’umanità nella vita urbana odierna e farà luce su modi di vivere alternativi”. I suoi progettatori parlano di “Urbanismo a gravità zero”.

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Più che una città, “La Linea”, che dovrebbe ospitare 9 milioni di abitanti, è ufficialmente il progetto di un immenso grattacielo – diventerebbe il dodicesimo più alto del pianeta e senza dubbio il più lungo. Il progetto è stato definito da più osservatori “distopico” e molti si sono interrogati sulla sua effettiva fattibilità e vivibilità, data la prospettiva di vivere in un corridoio circondato da mura alte mezzo chilometro, oltre che sulla presunta sostenibilità.

El que tiene petrodolares hace lo que quiere: En 50 años y después de un billon de dólares estaría terminado "The Line", el edificio de 500 metros de alto y 170km de largo.

Años de estudios, teoría y práctica puestas en jaque, but hey, a New, big and shiny building. pic.twitter.com/myAWGnQAT8

— Bauhasaurus (@alejandrocsome) October 19, 2022

Il grattacielo infinito della Linea dovrebbe sorgere all’interno dell’ancor più vasto progetto della città di Neom. Inaugurata nel 2017, Neom è un cantiere urbanistico che dovrebbe estendersi su un’area di 26.500 chilometri quadrati nella provincia di Tabukm a nord-ovest del Paese.

Si tratterà di una enorme città del futuro, una “megalopoli intelligente”, che “ospiterà aree dedicate alle tecnologie future in 16 settori tra cui biotecnologia, cibo, produzione e tecnologia”, come ha rivelato il principe saudita cinque anni fa. I finanziamenti per il progetto ammontano per il momento a 500 miliardi di dollari, stanziati dalle casse del governo saudita, dal Saudi Arabian Public Investment Fund (PIF), un fondo sovrano presieduto da bin Salman, e da altri investitori privati, locali e internazionali.

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(da Neom.com neom.com/en-us/about)

Tra i partner commerciali e nel settore della comunicazione del progetto Neom ci sarebbero anche multinazionali americane. Nel 2020, inoltre, Neom è diventata partner commerciale di Mercedes-EQ Formula E, l’anno dopo ha firmato un contratto quadriennale di sponsorizzazione della confederazione calcistica asiatica, e quest’anno è diventato sponsor ufficiale della McLaren per la sezione di sport motoristici elettrici (ribattezzata Neom McLaren Electric Racing).

Per fare spazio a questa megalopoli del futuro, che comprenderà, oltre alla Linea, una spiaggia, un aeroporto, una zona industriale, ettari di terreni coltivabili, la principale meta sciistica saudita (il progetto Trojena), sarà necessario l’allontanamento dei residenti attuali nella regione. Oltre 20.000 abitanti, di diversi gruppi tribali, sono stati sfrattati o sono a rischio sfratto – nessuna opposizione è lecita.

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Il sito della stazione sciistica di Trojena, da Neom.com

E’ del 17 ottobre la notizia, riportata dall’organizzazione per i diritti umani ALQST, che tre uomini forzatamente sfrattati dal sito in cui deve sorgere Neom sarebbero stati condannati a morte. Il motivo della sentenza, dopo due anni di carcere, sarebbe l’opposizione dei tre prigionieri all’allontanamento coatto dalle loro abitazioni nella regione per fare spazio alla costruzione della nuova città.

Per un rallentamento nei lavori è difficile che la città veda la luce entro il 2025 com’era stato inizialmente promesso, ma alla scadenza del 2030 dovrebbe sbalordire il mondo con la sua grandezza e innovatività.

La Linea e la città di Neom sono soltanto due esempi dei monumentali “mega-progetti” di edilizia e ripianificazione degli spazi pubblici lanciati dal principe Mohammed Bin Salman compresi nel piano Vision 2030: tutti questi avveniristici piani architettonici dovrebbero rendere l’Arabia Saudita indipendente dal consumo di carbonio entro i prossimi 8 anni e diversificare l’economia e l’ambiente. La cosiddetta “diversificazione post-petrolifera” voluta dal principe potrebbe rendere il suo Paese, bandito dalla comunità internazionale dopo l’omicidio del giornalista Kashoggi nel 2018, un modello non solo di futurismo ma anche di ecologia: una buona opportunità per una riabilitazione anche sul piano morale, in nome del “green”. I nuovi progetti, però, a ben vedere, potrebbero far pensare più a una poco sana mania di grandezza e di onnipotenza che al “verde”.

Come il parco di Qiddiya, alla periferia di Riyadh, un polo di oltre 3000 attrazioni tra campi sportivi e cinema, centri benessere e negozi, un circuito di Formula 1 e uno stadio in cima a una scogliera. Un progetto in costruzione dall’inizio del 2019 e che dovrebbe essere inaugurato nel 2023 per “battere molti record mondiali” con le sue giostre spettacolari e i suoi palazzi imponenti: una superficie di 330 chilometri quadrati, superiore a quella di Milano e Torino messe insieme.

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Intorno a Riyadh sorgerà anche un altro gioiello del turismo. Ad Diriyah è il cuore storico della dinastia Al Saud regnante nel Paese e comprende il sito archeologico e patrimonio dell’UNESCO di At-Turaif, una città di fango e mattoni risalente al XV secolo e centro fondativo delle dinastie regnanti in Arabia Saudita da quell’epoca a oggi. Con un progetto di riqualificazione eccezionale che dovrebbe attirare migliaia di facoltosi da tutto il mondo in quella che è conosciuta come “la perla dell’Arabia Saudita”, il progetto spettacolare di Ad Diriyah comprenderà centinaia di ristoranti, attrazioni e hotel lussuosi, anche di marchi internazionali.

Nel 2030 dovrebbe essere ultimato, inoltre, il progetto faraonico del Mar Rosso (Red Sea Project). Un resort di lusso tra le città costiere di Umluj e Al Wajh, su una regione di 30.000 chilometri quadrati e 200 chilometri di costa: comprenderà un vero e proprio arcipelago naturale di isole incontaminate e un vasto paesaggio desertico al cui interno sorge un vulcano dormiente, oltre a diversi siti archeologici. Almeno 8.000 camere d’albergo in un resort “sostenibile”: non si utilizzerà plastica monouso e l’energia sarà completamente carbonio-free.

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(King Salman Park project, da redvertex.com)

Per non parlare del King Salman Park: linee dell’autobus e della metropolitana convergeranno sul sito del vecchio aeroporto che sarà trasformato in un parco naturale unico nel suo genere, da far invidia a quelli del resto del mondo per la sua estensione. Basti pensare che arriverà a essere quattro volte più grande del Central Park di New York. Labirinti fiabeschi, giardini verticali, allevamenti di farfalle e di uccelli, ma anche due teatri con oltre 10.000 posti in tutto, musei e accademie d’arte da fare invidia alla National Mall di Washington, edifici residenziali e alberghi, campi sportivi e piscine e molto altro.

Sulla costa del Mar sorgerà poi Amaala, ribattezzata “La riviera del Medio Oriente”. 1.800 camere d’hotel e 900 ville private per turisti benestanti che potranno approdare direttamente nell’aeroporto costruito all’interno del sito. Secondo le autorità, il progetto, che sarà completato nel 2028 e per il quale non è noto ancora quanto i privati investiranno in aggiunta a quanto già stanziato dalle casse del regno, potrà generare circa 22.000 posti di lavoro.

Anche La Mecca cambierà volto, espandendosi per oltre 40 ettari al costo di oltre 4,4 miliardi di dollari con il nuovo progetto di Jamal Omar. Fino a 40 torri alberghiere, tra le quali una struttura a sette stelle, e sconfinate aree per la preghiera: oltre 100.000 pellegrini potranno essere ospitati nella nuova area edificata nella stagione dell’haji (il pellegrinaggio a La Mecca che ogni musulmano deve compiere almeno una volta nella vita).

3244010E cosa dire della Jeddah Tower, destinata a diventare l’edificio più alto del mondo? Per il momento i lavori, avviati più di sette anni fa con un finanziamento di 1,4 miliardi di dollari, sono fermi a 250 m circa d’altezza, ma la torre dovrebbe sollevarsi in cielo a un chilometro dalla terraferma.

Ci sono poi progetti che rispetto agli altri sembrano quasi più sobri, come la costruzione di nuove linee della metropolitana nelle città più importanti, dei parchi a tema (come i parchi storici definiti come “musei viventi”) o dei più grandi centri per lo shopping al mondo.

Ogni progetto prevede una realizzazione high-tech e sostenibile, ma guardandoli tutti insieme non è tanto il futuro che si vede quanto un’unica maestosa e ingombrante figura: quella di Bin Salman. Che con i suoi progetti grandiosi da biliardi di dollari pare voler realizzare una sua nuova narrazione a partire dalla topografia e dall’architettura del Paese.

Bandita dalla comunità internazionale, l’Arabia Saudita è sotto i riflettori di tutte le organizzazioni per i diritti umani per la violazione dei diritti di espressione e di pensiero, per la repressione dei diritti delle donne, per gli omicidi politici, gli arresti degli oppositori del principe, le centinaia o migliaia di prigionieri torturati nelle carceri.

La macchina futurista del principe, però, non si arresta. Bin Salman distrugge il vecchio e ricostruisce mirando ai primati mondiali: è nel suo Paese che gli edifici sono più alti, che i parchi sono più estesi, che il lusso è più sfrenato. Tutto nel suo Paese è spettacolare simbolo di onnipotenza. I suoi sudditi e gli spettatori del mondo intero, di fronte a tanta magnificenza, non potranno che rifarsi un’opinione su di lui, emendare le idee e cancellare le proteste per le violazioni dei diritti e della libertà, finché non sarà rimasto soltanto un unico aggettivo nella loro testa, uno solo: “grandioso”.

L'articolo ARABIA SAUDITA. I progetti faraonici di Mohammed Bin Salman nascondono abusi e violazioni proviene da Pagine Esteri.



CISGIORDANIA. Morto ragazzo palestinese ferito, ucciso Odai Tamimi


E' spirato Mohammed Nouri, 16 anni, colpito dall'addome durante proteste contro l'occupazione a Betounia. Ieri invece è stato ucciso al posto di blocco della colonia di Maale Adumin, Odai Tamimi, ricercato dopo l'uccisione di una soldatessa a Shuafat. L'

di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 20 ottobre 2022 – Si allunga l’elenco di adolescenti palestinesi uccisi dall’inizio del 2022 dalle forze armate israeliane in Cisgiordania. Nella notte è spirato Mohammed Nouri, 16 anni, colpito dall’addome circa un mese fa da proiettili sparati da soldati israeliani durante proteste contro l’occupazione a Betounia (Ramallah). Domenica un altro palestinese era stato ucciso, sempre durante proteste, a Qarawat Bani Hassan nel nord della Cisgiordania. Ieri sera invece è stato ucciso al posto di blocco di Maale Adumin (Gerusalemme Est), il più grande degli insediamenti coloniali israeliani nei Territori palestinesi occupati, Odai Tamimi, il 22enne palestinese ricercato da Israele perché ritenuto il responsabile dell’uccisione due settimane fa circa di una soldatessa al posto di blocco del campo profughi di Shuafat (Gerusalemme). Tamimi, che si riteneva nascosto nel campo di Shuafat, ieri sera, secondo le autorità israeliane e un filmato che circola sui social, ha attaccato a colpi di pistola i militari all’ingresso di Maale Adumin, ferendone uno, ed è stato poi colpito a morte.

GUARDA IL VIDEO

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Sono circa 110 i palestinesi uccisi da Israele in Cisgiordania dall’inizio dell’anno. Molti erano combattenti armati, molti altri civili e adolescenti. Gran parte delle morti palestinesi sono avvenute dopo gli attacchi armati compiuti da giovani della Cisgiordania che hanno provocato la scorsa primavera 18 morti in Israele. Da allora l’esercito israeliano è impegnato in una operazione fatta di incursioni quotidiane nei centri abitati palestinesi. Operazione che nelle intenzioni dichiarate dai comandi israeliani dovrebbe “mettere fine al terrorismo”. Sul terreno però l’elevato numero di morti palestinesi e i ripetuti raid hanno innescato una reazione sempre più armata da parte di giovani palestinesi che dichiarano di voler combattere l’occupazione israeliana che dura da 55 anni.

La crescita significativa della resistenza armata – che raccoglie entusiasmo tra la popolazione dei Territori occupati – preoccupa l’Autorità nazionale palestinese (Anp) del presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen), oggetto di dure critiche da parte dell’opinione pubblica in Cisgiordania anche per la sua cooperazione di sicurezza con le autorità israeliane. I suoi dirigenti stanno provando, con scarsi risultati, a dare una immagine migliore e più nazionalista dell’Anp.

Con questo intento, scortato da decine di agenti dei reparti di massima sicurezza, il primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Muhammad Shtayyeh, domenica ha raggiunto Jenin, città simbolo della resistenza armata, e nel campo profughi locale ha preso parte ai riti funebri per Muhammad Turkman responsabile di un attacco contro un autobus di soldati nella Valle del Giordano. Shtayyeh è apparso accanto a Fathi Khazem, padre dei fratelli Raad e Abdel Rahman Khazem, entrambi uccisi da Israele (il secondo è stato autore di una sparatoria a Tel Aviv che ha fatto tre morti). Il premier ha pronunciato un discorso come se fosse il capo della lotta armata in corso da settimane contro l’esercito israeliano. «L’occupazione militare non vuole la pace» ha proclamato, «piuttosto ogni giorno alimenta la campagna elettorale (israeliana) con il sangue palestinese…ma il sangue dei nostri martiri non sarà vano. L’oscurità delle prigioni che pagano i nostri prigionieri non sarà vana. Questa lotta è un lungo percorso e Jenin guida l’unità sul campo». Parole che hanno attirato l’attenzione di alcuni commentatori israeliani, tra cui Elor Levy del quotidiano di destra Maariv. «Non ricordo una foto di un primo ministro palestinese al fianco di combattenti», ha scritto, aggiungendo con sarcasmo «questa è la migliore ricetta per calmare la piazza».

Levy guarda le cose dal punto di vista israeliano ma, a conti fatti, non è lontano dalla realtà. L’Anp del presidente Abu Mazen, anche attraverso performance ultranazionaliste come quella messa in atto da Shtayyeh a Jenin, sta facendo il possibile per calmare la situazione e tenere a freno il Battaglione Jenin e «Areen al Aswad» (Fossa dei Leoni), le due principali organizzazioni che, con l’approvazione della maggioranza dei palestinesi, si oppongono, mitra in pugno, alle incursioni dell’esercito israeliano in Cisgiordania. In questi giorni hanno rivendicato attacchi contro postazioni militari e l’uccisione di un soldato. Non è un caso che sia sparito dai riflettori il numero due (di fatto) dell’Anp, Hussein Sheikh, considerato troppo coinvolto in rapporti con Israele per dialogare con i comandanti dei gruppi armati. Nell’Anp pensano di poter gestire la situazione evitando che sfoci in una ampia Intifada armata contro l’occupazione israeliana che finirebbe per allargarsi a tutta la Cisgiordania.

Pochi però credono al successo del tentativo dell’Anp, fragile e, da anni, contestata anche per la cooperazione di sicurezza con Israele. Un fallimento potrebbe aprire la strada all’operazione militare israeliana più ampia da venti anni a questa parte – sul modello di Muraglia di difesa del 2002 – con la rioccupazione della old city e Balata a Nablus e del campo profughi a Jenin, le basi dei combattenti palestinesi. Il primo ministro israeliano Yair Lapid ha tenuto un incontro di emergenza su «Areen al Aswad», durante il quale ha discusso con i capi della sicurezza e il ministro della difesa Gantz le prossime mosse da compiere a Nablus e Jenin. Pagine Esteri

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stefania maurizi
grazie!


Meloni, the day after


Analisi del discorso programmatico di Meloni, che non ha tradotto le linee progettuali in programma, mentre cerca un equilibrio di continuismo

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Etiopia – Tigray: colloqui di pace ‘capitali’


Colloqui di pace tra le forze governative etiopi e il TPLF del Tigray in Sudafrica sul filo del rasoio. Molti i fattori di rischio che gravano sul tentativo di fermare le violenze

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È giunto il momento di negoziare la pace in Ucraina


Sebbene alcune persone considerino difficile o addirittura impossibile per gli ucraini e i russi fare la pace in questo momento, questo è in realtà un ottimo momento per negoziati urgenti per porre fine a questa guerra estremamente distruttiva e sempre più pericolosa. Gli esperti nella risoluzione dei conflitti capiscono che, in molti casi, il momento […]

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Russia – Ucraina: il ruolo del cyber nel conflitto


Dalla rivoluzione di Maidan nel 2014, l’Ucraina è stata oggetto di una raffica senza precedenti di attacchi informatici. Gli hacker legati al governo russo si sono infiltrati nell’infrastruttura elettrica dell’Ucraina, interrompendo le forniture in un attacco unico nel suo genere. Nel 2017 hanno anche preso di mira il paese con sofisticati malware, che si sono […]

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Meeting burnoutQuarto incontro straordinario da settembre dei Ministri dell'energia dell'Unione Europea.


Il Senatore Andrea Cangini è il nuovo Segretario Generale della Fondazione Luigi Einaudi


“Ricoprire la funzione di Segretario generale della Fondazione Luigi Einaudi sarà per me un grande onore e al tempo stesso una grande responsabilità. Mai come oggi si avverte la penuria di quei fattori che fecero di Einaudi l’indimenticato “Presidente del

“Ricoprire la funzione di Segretario generale della Fondazione Luigi Einaudi sarà per me un grande onore e al tempo stesso una grande responsabilità. Mai come oggi si avverte la penuria di quei fattori che fecero di Einaudi l’indimenticato “Presidente della ricostruzione”: il realismo, la competenza, l’equilibrio, la naturale predisposizione al confronto, il senso profondo delle Istituzioni.

L’Italia è alle prese con colossali problemi interni ed internazionali. Problemi destinati ad aggravarsi se affrontati con superficialità o con demagogia o sopravvalutando il ruolo dello Stato. Sarà cura della Fondazione incoraggiare alla realtà il dibattito pubblico secondo il “metodo liberale”, attingendo dalla cassetta degli attrezzi einaudiani gli strumenti di volta in volta più utili e sviluppando quella vocazione alla ricerca che le è propria.

Ringrazio il presidente Giuseppe Benedetto e gli autorevoli membri del Cda per la fiducia che hanno voluto accordarmi. Assieme ai componenti del Comitato scientifico coordinato dalla professoressa Emma Galli terremo alto il nome di Luigi Einaudi attualizzandone gli insegnamenti attraverso studi, convegni, progetti, analisi economiche, politiche e sociali.

Un saluto particolare al mio predecessore, Sergio Boccadutri, che rimarrà un imprescindibile punto di riferimento per la Fondazione”.

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Ucraina: l’Occidente non è preparato per un crollo russo in Eurasia


L'invasione dell'Ucraina e le sue conseguenze per l'Eurasia. L'avventura ucraina ha messo in seria difficoltà i Paesi CSTO e ha messo a repentaglio l'influenza diplomatica e politica russa. Mentre l'attenzione USA per l'area si riaccende

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Quattro scenari per un mondo in disordine


Considerare alcune delle dinamiche fondamentali - deterioramento delle relazioni USA-Cina, guerra della Russia in Ucraina, populismo e inflazione- per costruire alcuni scenari politico-economici per i prossimi due o cinque anni

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Mosca accusa Kiev di voler “usare la bomba sporca”, sale la tensione e Macron chiede al Papa di chiamare Putin e Biden.


La nuova Strategia di Sicurezza Nazionale USA e l’Asia


La nuova strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti: quattro spunti per la politica asiatica. La continua enfasi sull'Indo-Pacifico e sulla Cina in tutto l'NSS sembra essere un segnale che se anche gli USA continueranno a mobilitare sostegno all'Europa, non permetteranno che altre crisi facciano deragliare la priorità strategica dell'Indo-Pacifico e la concorrenza con la Cina

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Russia e Iran: è tempo di rispolverare il vecchio ‘Asse del Male’


E se la politica estera statunitense portasse a un mondo in cui Teheran non volesse inviare armi a Mosca e a quest'ultima non servissero?

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Ucraina: il settore tech in crescita offre speranza in mezzo al danno economico in tempo di guerra


L’invasione scatenata da Vladimir Putin il 24 febbraio ha avuto un impatto devastante sull’economia ucraina, con le ultime previsioni della Banca Mondiale che prevedono una contrazione del PIL ucraino del 35% nel 2022. In mezzo a questa oscurità economica in tempo di guerra, il settore tecnologico ucraino è una rara fonte di ottimismo. Secondo i […]

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Smart working: cosa è cambiato a due anni dal boom


Sono ormai passati un paio d’anni dal boom del ricorso allo smart working, una scelta adottata da molte realtà sia private che pubbliche per ragioni di necessità, ma divenuta col tempo sempre più apprezzata dai lavoratori. Entrata a far parte della quotidianità di aziende e dipendenti, questa nuova modalità lavorativa si è affermata con risultati […]

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Ucraina: il grido di pace di Papa Francesco. Tante le manifestazioni


C’è grande attesa per la chiusura dell’incontro di preghiera organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, dal titolo ‘Il grido della pace’, svoltosi nei giorni scorsi all’Eur e che vede stasera al Colosseo, la presenza di Papa Bergoglio e dei rappresentanti delle grandi religioni mondiali. C’è attesa per le sue parole, sebbene il suo pensiero sia stato espresso […]

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Esplode la Cisgiordania. Israele attacca Nablus con raid e razzi, in migliaia ai funerali


PODCAST. A Nablus la più grossa operazione militare israeliana degli ultimi 20 anni. Centinaia di soldati sono entrati nella città. Uccisi 5 palestinesi tra cui il capo del gruppo armato La Fossa dei Leoni. Ce ne parla Michele Giorgio dai Territori palest

di Eliana Riva –

Pagine Esteri, 25 ottobre 2022 – Non si vedevano scene del genere, a Nablus, dall’occupazione israeliana dell’intera città nel 2002. I soldati israeliani hanno circondato gli edifici e distrutto uno di essi con un razzo anticarro, causando 5 morti.

Ai funerali hanno partecipato migliaia di persone che hanno invaso il centro di Nablus, la seconda città più grande della Cisgiordania. Manifestazioni di protesta, raduni e lanci di pietre contro le postazioni militari israeliane in vari luoghi dei Territori Palestinesi Occupati.
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PODCAST. SUDAN: il golpe militare un anno dopo. Non cessa la resistenza popolare


La repressione ordinata dal generale Burhan Abdel Fattah, a capo del colpo di stato del 2021, non è riuscita a piegare l'opposizione dei sudanesi. Le manifestazioni di protesta vanno avanti. Ne parliamo con Lorenzo Scategni, volontario italiano a Khartoum

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 25 ottobre 2022 – Nonostante i sostegni dietro le quinte ricevuti nella regione e a livello internazionale, i militari golpisti sudanesi un anno dopo non riescono a contenere le proteste popolari.

Il loro potere resta debole. Abbiamo intervistato Lorenzo Scategni, volontario italiano a Khartoum e osservatore della realtà politica e sociale sudanese.
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PODCAST. SUDAN: il golpe militare un anno dopo. Non cessa la resistenza popolare


La repressione ordinata dal generale Burhan Abdel Fattah, a capo del colpo di stato del 2021, non è riuscita a piegare l'opposizione dei sudanesi. Le manifestazioni di protesta vanno avanti. Ne parliamo con Lorenzo Scategni, volontario italiano a Khartoum

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 25 ottobre 2022 – Nonostante i sostegni dietro le quinte ricevuti nella regione e a livello internazionale, i militari golpisti sudanesi un anno dopo non riescono a contenere le proteste popolari.

Il loro potere resta debole. Abbiamo intervistato Lorenzo Scategni, volontario italiano a Khartoum e osservatore della realtà politica e sociale sudanese.
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SIRIA. All’avanzata di Al Qaeda si aggiunge il colera


Mentre il paese deve fronteggiare l'epidemia che ha già fatto decine di vittime e le sanzioni economiche statunitensi, Ha’yat Tahrir al Sham (Fronte al Nusra), il braccio siriano di Al Qaeda, ha conquistato altro terreno nella provincia di Idlib. L'artic

di Michele Giorgio*

(la foto è di Sara Hoibak/UNHCR)

Pagine Esteri, 24 ottobre 2022 – La Siria non fa notizia in Europa. Eppure, queste ultime settimane hanno visto il paese arabo di nuovo sotto i riflettori per diversi sviluppi, quasi sempre drammatici. Incluso il bombardamento aereo subito venerdì notte da parte di Israele, il primo da un mese a questa parte. Sul piano umanitario, con l’inverno che si avvicina e l’elettricità e il carburante che scarseggiano, la Siria ha dovuto aggiungere il colera ai problemi che affrontano milioni di suoi abitanti, alle prese con le conseguenze della guerra che ha devastato il paese e delle sanzioni statunitensi. Fino a qualche giorno fa erano una cinquantina i decessi causati dall’infezione e almeno 700 i contagiati.

Sul terreno è riapparsa la minaccia dell’Isis che nei giorni scorsi ha colpito un autobus militare uccidendo una quindicina di soldati. Più di tutto, Ha’yat Tahrir al Sham (Hts, in precedenza noto come Fronte al Nusra), il braccio siriano di Al Qaeda, ha conquistato altro terreno nella provincia di Idlib, nella Siria nord-occidentale, approfittando dei conflitti armati tra le formazioni sotto l’ombrello del cosiddetto Esercito nazionale siriano (Ens), pagato e armato dalla Turchia. Hts è entrato nel conflitto che vedeva il Fronte del Levante da un lato e le fazioni del Sultano Suleiman e la divisione Hamza dall’altro. Hts a un certo punto aveva anche preso il controllo della città di Afrin, fino a quel momento nelle mani delle fazioni filo-turche, tanto da spingere truppe e reparti corazzati turchi a schierarsi intorno alla cittadina strategica di Kafr Jana. «La Turchia è intervenuta per fermare il conflitto tra le fazioni del Ens e impedire a Ha’yat Tahrir al-Sham di avanzare ulteriormente», ha riferito l’agenzia Reuters citando un esponente dell’ala politica dell’Ens.

Ad Afrin, i qaedisti avevano immediatamente portato i loro «funzionari amministrativi» mostrandosi pronti a prendere possesso in modo permanente della città. Poi il 18 ottobre, sotto la pressione turca, sono dovuti uscire da Afrin. Nonostante l’apparente ritiro, testimoni denunciano che Hts ha ancora nella città uomini dei suoi servizi di sicurezza oltre a dipendenti civili. Prima di intervenire nei combattimenti, Hts aveva gli occhi puntati sul nord di Aleppo, alla ricerca di territori dove espandere il suo controllo politico e religioso e sfruttare le risorse e il commercio locale. Una strategia ben oliata che sino ad oggi ha portato i qaedisti ad agire indisturbati anche in territori a ridosso di quelli controllati dall’Esn. L’obiettivo primario per Hts resta comunque quello del controllo su tutti i valichi della Siria nordoccidentale, una situazione che lo renderebbe un attore protagonista che la Turchia non potrebbe ignorare nella gestione futura di un territorio che era e resta siriano ma che Ankara non ha alcuna intenzione di restituire a Damasco.

Il Washington Institute for Near East Policyha rivelato gli Stati uniti hanno fatto pressioni sulla Turchia affinché intervenisse e fermasse Hts. «Gli americani hanno minacciato di permettere alle Forze democratiche siriane (SDF) a guida curda di entrare nell’area se i turchi non avessero costretto i qaedisti ad uscire da Afrin», ha scritto l’istituto. Comunque sia andata, gli americani in questi anni non hanno mai mostrato preoccupazioni per il ruolo di Hts in territorio siriano – non l’hanno mai preso di mira a differenza dell’Isis -, anzi, l’hanno perfino considerato utile contro il governo centrale a Damasco. Ma ora temono che l’espansione della formazione qaedista possa rendere più rapido il declino dell’Ens con il rischio che a rappresentare l’opposizione anti-Bashar Assad restino soltanto gruppi jihadisti. E l’imbarazzo per Washington sarebbe notevole.

Nel frattempo, la Turchia e il Libano ripetono di voler rimpatriare al più presto centinaia di migliaia di profughi siriani. L’opposizione turca agita il peso sull’economia nazionale degli oltre tre milioni di rifugiati allo scopo di mettere in difficoltà l’islamista Erdogan in vista delle elezioni del prossimo anno. Beirut, per bocca dello stesso presidente Michel Aoun, annuncia di aver raggiunto un’intesa con Damasco per far rientrare in Siria decine migliaia di profughi già dai prossimi giorni contro il parere dell’Onu e le posizioni di Usa e Ue. Pagine Esteri

*Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre dal quotidiano Il Manifesto

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Non dimentichiamolo mai. Sono fascisti


Conversazione con Domenico Barrilà a distanza di un mese da quel 25 settembre che ha portato a Chigi la destra italiana, e nel giorno in cui Giorgia Meloni si presenta al Parlamento. “Quello appena insediatosi è un governo a forte impronta fascista”, dice lo psicoterapeuta

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