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Sale il bilancio delle vittime in Perù negli scontri tra i sostenitori dell’ex presidente Castillo e le forze dell’ordine.



James Webb osserva il suo primo transito di un esopianeta | Astronomia.com

"Puntando il suo gigantesco specchio verso la costellazione dell’ottante, Webb ha osservato la nana rossa LHS 475. Da precedenti osservazioni del satellite cacciatore di pianeti TESS si riteneva che questa stella fosse casa di un pianeta.
Per mezzo dello studio della curva di luce di tale stella, grazie all’efficace tecnica del transito, è stato possibile confermare la presenza del pianeta."

astronomia.com/2023/01/12/jame…



The MED This Week newsletter provides expert analysis and informed insights on the most significant developments in the MENA region, bringing together unique opinions on the topic and reliable foresight on future scenarios.


Frenata globaleGuerra in Ucraina, inflazione elevata e aumento dei tassi di interesse: sono le principali cause del brusco rallentamento della crescita globale che, secondo le ultime proiezioni della Banca mondiale, nel 2023 farà segnare un esiguo +1…


USA, Brasile: Trump e Bolsonaro preferiscono la non-realtà alla reciprocità


Non crediamo mai abbastanza a ciò in cui non crediamo (M. Conte S. 2004) Esattamente che cosa significa fidarsi degli altri o all’opposto sfiduciare ogni forma di comunicazione con gli altri? Dopo il tentato golpe di Trump in America perpetrato il 6 gennaio del 2021, questo nuovo anno l’8 gennaio, mese sfigato, un ulteriore atto terroristico-golpista […]

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#NotiziePerLaScuola

Il Ministero dell'Istruzione e del Merito e il Settore Scuola Educazione del FAI presentano per l'anno scolastico 2022/2023 il progetto "Paesaggio? Cultura!" e il concorso nazionale per le scuole "Paesaggio in movimento", rivo…



Emirati Arabi Uniti: ecco il ‘business as usual’ con Israele


Per gli Emirati Arabi Uniti è tutto come al solito, poiché il nuovo governo del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu non perde tempo nell’attuare politiche intransigenti volte a costringere i palestinesi a rinunciare all’idea di uno stato indipendente e ad accettare il dominio israeliano. Gli Emirati Arabi Uniti lo hanno chiarito accogliendo una delegazione israeliana […]

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Corea del Nord: come risolvere lo stallo sulla denuclearizzazione


Il 19 settembre 2018, dopo aver firmato la Dichiarazione di Pyongyang con l’allora presidente sudcoreano Moon Jae-in, il leader nordcoreano Kim Jong-un dichiarò il suo desiderio che la penisola coreana fosse libera dalle armi nucleari. Nel suo discorso al Rungrado 1st of May Stadium di Pyongyang quella sera, Moon lo ha ribadì. La Corea del Nord ha seguito […]

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Scuola di Liberalismo 2022 – Messina: lezione di Rosa Faraone sul tema “Le origini del totalitarismo”


Sesto appuntamento della XII edizione della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e con la Fondazione Bonino-Pulejo. Il corso, che tratta principa

Sesto appuntamento della XII edizione della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e con la Fondazione Bonino-Pulejo. Il corso, che tratta principalmente delle opere degli autori più rappresentativi del pensiero liberale, si articola in 14 lezioni, di cui 3 in presenza e 11 erogate in modalità telematica.

La sesta lezione si svolgerà giovedì 12 gennaio, dalle ore 17 alle ore 18.30, sulla piattaforma Zoom, e sarà tenuta dalla prof.ssa Rosa Faraone (Ordinario di Storia della Filosofia Moderna e di Storia della Storiografia filosofica presso l’Università di Messina), che relazionerà sull’opera “Le origini del totalitarismo” di Hannah Arendt, saggio universalmente considerato un testo definitivo di teoria politica dei regimi totalitari, con specifico riguardo alle loro incarnazioni storiche del XX secolo, ossia lo stalinismo e il nazismo.

La partecipazione all’incontro è valida ai fini del riconoscimento di crediti formativi per gli avvocati iscritti all’Ordine degli Avvocati di Messina, nonché per gli studenti dell’Università di Messina.

Pippo Rao Direttore Generale Scuola di Liberalismo di Messina

Visita la pagina della Scuola di Liberalismo 2022 – Messina


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L’inutile corsa del gambero dei democratici


Ci sono parole che sono scomparse nel lessico del Pd. Parole su cui è stata fondata la stagione migliore del Governo dell’Ulivo con Prodi, presidente del Consiglio, Ciampi ministro del Tesoro e Bersani all’Industria. Le parole sono in ordine di importanz

Ci sono parole che sono scomparse nel lessico del Pd. Parole su cui è stata fondata la stagione migliore del Governo dell’Ulivo con Prodi, presidente del Consiglio, Ciampi ministro del Tesoro e Bersani all’Industria. Le parole sono in ordine di importanza: crescita, produttività, debito. Crescita prima di tutto per un Paese che non cresce da ormai 20 anni, con rare eccezioni, e senza la quale, questo è l’insegnamento della migliore tradizione socialdemocratica, non vi è nulla da distribuire, le entrate fiscali languono, le famiglie in situazione di povertà aumentano e l’ascensore sociale, la speranza di una vita migliore, che ha fatto grande l’Italia dei nostri padri, si arresta o addirittura regredisce.

La produttività, quella di sistema, è una delle condizioni della crescita e il debito purtroppo ne costituisce un limite che, se non tenuto sotto controllo, costringe lo Stato ad impegnare cifre sempre maggiori del suo bilancio per pagare gli interessi e lo sottopone al rischio spread che solo le politiche interventiste della BEI e della UE hanno fino ad oggi scongiurato. Il differenziale con altri Paesi si misura in decine di miliardi che ogni anno vengono sottratti agli investimenti e alla spesa sociale. Destra e sinistra hanno da questo punto di vista molte cose in comune. Attingere al debito pubblico per accontentare segmenti crescenti del proprio (presunto) elettorato.

Crescita e lavoro vanno insieme, crescita e giustizia sociale vanno insieme, liberando risorse per la contrattazione sindacale e assicurando risorse fiscali per le grandi riforme a cominciare da quella della scuola, vera officina delle pari opportunità. Invece il problema viene affrontato dalla coda. Rivendicare maggiore uguaglianza, concetto per altro superato dalla migliore tradizione socialdemocratica con quello più complesso e realistico delle “pari opportunità”, in un Paese che si impoverisce, è la corsa del gambero. Con una inevitabile conseguenza, evidente nel Pd attuale.

Lo spostamento dell’attenzione sulle politiche assistenziali, che anziché essere usate con la necessaria parsimonia e in modo selettivo, invadono ogni campo. Pensioni, reddito di cittadinanza, bonus di ogni genere (persino quello per acquistare le macchinetta per rendere frizzante l’acqua potabile), nazionalizzazioni di aziende decotte. Così quello che dovrebbe essere il partito del lavoro diventa il partito del lavoro che non c’è, e quindi il partito degli assistiti. La società civile perde ogni autonomia e diventa sempre più dipendente dallo Stato. L’Italia si meridionalizza. Anche il modo scolastico e propagandistico con cui si è affrontata la transizione ecologica senza alcuna approfondita riflessione sull’impatto economico sul Paese e soprattutto sulle classi più deboli, ulteriormente colpite da aumenti di costi con effetti chiaramente regressivi dal punto divista fiscale, mostra più il tentativo di trovare a tutti i costi un nuovo ancoraggio ideologico piuttosto che una ragionata strategia.

È rimasto scolpito nella memoria il tweet di Letta contro il gas poco tempo prima che scoppiasse la crisi ucraina che ci ha ricordato in modo esemplare come si produce energia in Italia e in Europa. Persino i Verdi tedeschi mostrano un tasso di realismo e consapevolezza superiori di quello che dovrebbe essere un grande partito socialdemocratico. L’Italia ha bisogno di un Pd autorevole. Che non ha bisogno di alcuna rifondazione o nuovo inizio. Parole tipiche di chi, come dicono a Milano, cerca di tirarsi su facendo leva sulle proprie bretelle. Operazioni infantili come se fosse possibile rinascere ogni volta che qualche cosa va storto, un sogno adolescenziale, anziché fare un bilancio critico, responsabile e aggiustare il tiro.

Capisco, ma ovviamente non condivido la tentazione di auto confinarsi in un recinto identitario e garantirsi così una stentata sopravvivenza. Passando dalla vocazione maggioritaria a quella di rappresentanza di ceti minoritari prevalentemente assistiti. Gli operai, i lavoratori dipendenti guardano al sodo e sono già da un’altra parte con buona pace di Landini e dei 5 Stelle. Per non parlare dei milioni di autonomi, fra cui la migliore gioventù, che sogna l’intrapresa e accetta il rischio. Ma a questa Italia il Pd non guarda più. Non vuole più interpretare lo spirito della nazione che lavora e crea ricchezza. Eppure è quello che fa in molti dei luoghi dove amministra da anni e da decenni e dove questa capacità gli viene riconosciuta. Lo ha detto bene Gori su queste pagine. Forse ricominciare dalla parte positiva della propria storia potrebbe essere il modo giusto. In politica, come in ogni intrapresa umana, si parte dalle idee. E quelle attuali del Pd mi sembrano, in grande parte povere e già (auto)condannate all’irrilevanza.

La Repubblica

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Tutta la matematica del gaming: dalle singole variabili alla teoria di John Nash


Interagire con gli altri cercando di ottenere il più alto guadagno possibile, il tutto mettendo in campo strategie, tattiche, soluzioni diverse. C’è questo al centro della cosiddetta Teoria dei giochi, firmata da John Nash, uno dei più grandi matematici della storia. Premio Nobel per l’economia nel 1994, tra le menti più brillanti e più originali […]

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Quanto il conflitto tra grandi Potenze sta influenzando l’incombente crisi del Caucaso


Il blocco del Nagorno-Karabakh – una regione montuosa riconosciuta a livello internazionale come parte dell’Azerbaigian, ma sotto l’effettivo controllo armeno da tre decenni – sta entrando nella sua quarta settimana. I rapporti evidenziano la rapida diminuzione della fornitura di medicine, generi alimentari e altri beni essenziali senza apparentemente alcuna risoluzione in vista. Preoccupata per la […]

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Ricordando Mariangela Melato, icona della scena e ‘anti-diva’


L’11 gennaio del 2013, il mondo del cinema del teatro e non solo, piangeva la scomparsa di Mariangela Melato. L’attrice, un icona del nostro immaginario collettivo, aveva 71 anni. E, a 10 anni di distanza da quella grande perdita, tutto il mondo dello spettacolo italiano, teatrale e cinematografico, la ricorda con affetto sottolineando le sue […]

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Romeo e Manetta


Alfredo Romeo, imprenditore, fu arrestato nel marzo del 2017, per una faccenda di gare e corruzione. Fu tenuto agli arresti cinque mesi, di cui tre in carcere. Poi la giustizia stabilì, dopo cinque mesi, che non esistevano ragioni di custodia cautelare. N

Alfredo Romeo, imprenditore, fu arrestato nel marzo del 2017, per una faccenda di gare e corruzione. Fu tenuto agli arresti cinque mesi, di cui tre in carcere. Poi la giustizia stabilì, dopo cinque mesi, che non esistevano ragioni di custodia cautelare. Nel frattempo era ogni giorno su tutti i giornali e centinaia di volte al giorno in tele e radiogiornali. Adesso, ancora una volta, è stato assolto. Perché il fatto non sussiste.
Vi propongo l’elenco dei colpevoli:
1. l’informazione che strilla l’accusa e nasconde l’assoluzione, facendo del colpevolismo lo spettacolo per vendere e avanzare;
2. la giustizia in cui fa carriera anche chi fa arrestare innocenti e perde i processi;
3. i cittadini che dicono: ci sono le prove, la prossima volta ci pensi prima. Mentre passa per complice chi dice: se ci sono le prove lo portino a processo, in carcere si va dopo la condanna.
Per non perdere il vizio: Eva Kaili sia processata, ma la carcerazione lontana dalla bambina di 22 mesi è una barbarie inaccettabile.

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FABBRI E’ INFLUENZATO, RINVIATA LA LECTIO MAGISTRALIS IN PROGRAMMA DOMANI PER LA SCUOLA DI LIBERALISMO DELLA FONDAZIONE LUIGI EINAUDI


Tra i tre milioni e mezzo di italiani colpiti, in queste settimane, dall’influenza australiana, c’è anche Dario Fabbri, l’esperto di geopolitica atteso domani a Teramo, per la lectio magistralis prevista nel programma della scuola di Liberalismo della Fon

Tra i tre milioni e mezzo di italiani colpiti, in queste settimane, dall’influenza australiana, c’è anche Dario Fabbri, l’esperto di geopolitica atteso domani a Teramo, per la lectio magistralis prevista nel programma della scuola di Liberalismo della Fondazione Luigi Einaudi. Fabbri ha informato questa sera il responsabile della sede abruzzese della Fondazione, Alfredo Grotta, comunicandogli, con vivo dispiacere, l’impossibilità di partecipare all’incontro previsto per le 17 alla Sala Polifiunzionale. Inevitabile dunque il rinvio della Lectio magistralis sul tema “DOMINO: quale nuovo ordine mondiale?” alla prossima data possibile.

certastampa.it

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Perù: la repressione fa 47 morti. Governo indagato per genocidio


In un mese la repressione delle proteste popolari contro la destituzione dell'ex presidente di sinistra Pedro Castillo ha provocato 47 morti. La Procura Nazionale indaga la presidente Boluarte e il governo per genocidio. Dal carcere Castillo accusa gli Us

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 12 gennaio 2023 – La repressione delle manifestazioni scatenate dall’arresto di Pedro Castillo dopo il fallimento dell’autogolpe tentato dall’ex presidente il 7 dicembre ha provocato un bagno di sangue.
Nell’ultimo mese sono state almeno 47 le vittime della violenza; l’ultima strage, la più sanguinosa, è stata compiuta dalle forze di sicurezza a Juliaca, nel dipartimento di Puno. Il bilancio provvisorio è di 18 vittime, ma potrebbe aumentare visto l’alto numero di feriti gravi.
Gli agenti e i militari incaricati di “ripristinare l’ordine” hanno sparato ad altezza d’uomo, riferiscono i testimoni, contro i manifestanti scesi in piazza per chiedere le dimissioni di Dina Boluarte – la numero due di Castillo designata presidente dopo l’arresto di quest’ultimo – lo scioglimento del parlamento e l’indizione di elezioni anticipate.
Inizialmente, la prima presidente donna del Perù aveva promesso di indire nuove elezioni a dicembre del 2023, ma il Congresso ha respinto la proposta posticipando il voto, forse, al 2024.
Da quel momento le proteste sono riprese con forza – tutti i sondaggi indicano che la stragrande maggioranza della popolazione vuole tornare alle urne il prima possibile – e la repressione sembra farsi sempre più dura. D’altronde, per il governo di Lima, le manifestazioni costituiscono la prosecuzione del «colpo di stato» maldestramente tentato dal leader della sinistra per evitare la destituzione.

La parabola dell’ex maestro di sinistra
Il 7 dicembre Castillo ordinò lo scioglimento del Congresso e la formazione di un “governo di emergenza”, con l’idea di chiamare il paese a elezioni anticipate e di forzare una riforma radicale del potere giudiziario. Quest’ultimo, controllato dagli ambienti conservatori e reazionari, ha sistematicamente boicottato la presidenza provocando non pochi problemi ad una compagine comunque raffazzonata. Anche il tentativo di Castillo di sottrarsi all’ennesimo tentativo di destituzione da parte dell’opposizione parlamentare è apparso improvvisato e privo dei necessari sostegni. Dopo la rinuncia e la condanna dei suoi stessi ministri, Castillo si è diretto all’ambasciata messicana a Lima per chiedere asilo, ma è stato arrestato dalla sua stessa scorta.
La vittoria del maestro rurale di origini indigene a capo di una coalizione di sinistra nel 2021 aveva bloccato l’elezione di Keiko Fujimori – figlia dell’ex dittatore di origini giapponesi Alberto Fujimori, tuttora in carcere per crimini contro l’umanità – e aveva destato grandi aspettative tra i movimenti indigeni e popolari da sempre ai margini della vita politica del paese. La sua promessa di una riforma radicale del sistema politico ed economico del Perù gli aveva garantito la vittoria, per quanto di misura, sui candidati della destra, ma il suo mandato si è rivelato un fallimento, sia per le contraddizioni e le divisioni interne alla sua compagine sia per l’impossibilità di governare un paese dominato da una élite allergica ad ogni cambiamento. Non solo i media (per lo più di proprietà del gruppo privato El Comercio) e i massimi organi giudiziari hanno mosso contro Castillo un’implacabile guerra, ma pezzi consistenti della sua stessa maggioranza parlamentare hanno portato avanti un sistematico ostruzionismo – compreso il suo partito, “Perù Libre”, che lo ha addirittura espulso – impedendo alla presidenza di varare almeno alcune delle riforme sociali ed economiche promesse. L’incompetenza e la discutibilità morale del personale politico scelto da Castillo per governare il paese e le trappole disseminate dalla destra hanno fatto il resto, provocando una crisi di governo permanente e le dimissioni di decine tra premier e ministri nel giro di poco più di un anno.

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La piazza vuole l’Assemblea Costituente
Appare indicativo il fatto che a guidare la svolta reazionaria e la repressione sia ora, dopo l’arresto di Castillo, la sua ex vice, Dina Boluarte, un’avvocatessa sessantenne con scarsa esperienza politica ed eletta nelle fila del partito di sinistra “Perù Libre”, ma che ora sembra offrirsi all’oligarchia peruviana come il baluardo della restaurazione politica.
Ma, dopo la relativa pausa in occasione delle feste di fine anno, le proteste popolari sono riprese con vigore il 4 gennaio, con l’indizione di uno sciopero generale ad oltranza che sta paralizzando soprattutto il sud del paese dove più forte è la presenza delle popolazioni aymara e dove più massiccio era stato il voto per Castillo. Blocchi stradali, occupazioni e scontri sono segnalati in diversi dipartimenti, soprattutto a Puno, Arequipa e Tacna. Particolarmente forti sono stati gli scontri registrati ieri tra indigeni che tentavano di occupare l’aeroporto di Cuzco e la polizia. Se non basterà, avvisano i manifestanti, verrà organizzata una grande marcia su Lima per assediare il governo e le sedi istituzionali.
Le organizzazioni popolari e parte delle sinistre continuano a chiedere la rinuncia di Boluarte e l’elezione di un’Assemblea Costituente che riscriva una Magna Charta che blinda il neoliberismo. Una richiesta fatta propria dal governatore del dipartimento di Puno, Richard Hancco, che dopo la strage di lunedì ha indetto tre giorni di lutto. Da parte sua il primo ministro Alberto Otárola ha imposto nel dipartimento andino tre giorni di coprifuoco notturno.

La strage di Juliaca
Nel frattempo però la conta dei morti e dei feriti aumenta, mentre ogni giorno si contano centinaia di arresti. La vittima più giovane è un’adolescente di soli 17 anni, Yamileth Aroquipa, studentessa di psicologia e volontaria in un rifugio per animali abbandonati. È stata uccisa a Juliaca, città nel sudest alla frontiera con la Bolivia. Tra le vittime ci sono Marco Antonio Samillan, un neurochirurgo colpito alla testa mentre tentava di soccorrere un ferito; Gabriel Omar López, 35 anni, venditore ambulante di gelati; Roger Cayo, 22 anni, studente di meccanica.
Contro i circa 9000 manifestanti disarmati che lunedì sera assediavano il locale aeroporto, raccontano i media locali, la Polizia Nazionale ha usato addirittura dei proiettili esplosivi. Il dottor Enrique Sotomayor, responsabile della terapia intensiva dell’ospedale Carlos Monge Medrano di Juliaca, ha riferito ai media locali che quasi tutti i cadaveri e i feriti arrivati nel nosocomio erano stati colpiti da proiettili di armi da fuoco abbastanza potenti da danneggiare gravemente gli organi interni.
Inferociti dalla caccia all’uomo seguita alla strage, alcuni manifestanti hanno incendiato una volante della polizia, causando la morte di un agente.

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Presidente e governo indagati per strage
Dopo le proteste e le denunce contro la brutalità della polizia e dell’esercito, mobilitato grazie allo stato d’emergenza proclamato dalle autorità, la Procura Generale di Lima ha aperto un’indagine per “genocidio” (strage), omicidio e lesioni gravi contro la presidente, il premier Otárola – che ha appena ottenuto la fiducia con 73 voti a favore e 43 contro – e i ministri degli Interni Victor Rojas e della Difesa Jorge Chavez. L’indagine coinvolge anche il primo premier incaricato da Boluarte, Pedro Angulo e l’ex ministro dell’Interno, Cesar Cervantes, e alcuni alti funzionari di polizia, fra cui il capo della regione di Ayacucho, Antero Mejia Escajadillo ed il comandante della seconda brigata di fanteria militare di Ayacucho, Jesus Vera Ipenza.
Gli indagati si difendono accusando Castillo, condannato a 18 mesi di carcere preventivo per cospirazione e ribellione, di manipolare i manifestanti, additati come terroristi e delinquenti. Boluarte, in particolare, ha denunciato la “sinistra radicale” come istigatrice alla sovversione violenta dell’ordine costituzionale. La stampa di destra e alcuni esponenti del governo hanno anche puntato il dito contro il narcotraffico e contro l’ex presidente socialista boliviano Evo Morales, al quale lunedì scorso Lima ha vietato l’ingresso nel paese e che ora viene accusato di essere tra gli organizzatori occulti delle proteste.

Castillo accusa Washington
Dal carcere l’ex presidente Castillo accusa il governo di «massacrare la popolazione indifesa», attribuendo la repressione agli Stati Uniti, interessati a riconquistare il controllo delle risorse minerarie del paese. Scrive l’ex maestro in una lettera scritta a mano: «La visita dell’ambasciatrice degli Stati Uniti (Lisa Kenna) al Palazzo non è gratis, e neanche a favore del Paese. È stata compiuta per dare l’ordine di portare l’esercito nelle strade e massacrare il mio popolo indifeso». Poco dopo la pubblicazione del messaggio dell’ex presidente, l’Ambasciata di Washington a Lima ha pubblicato una breve nota nella quale ribadiva il «rispetto» della Casa Bianca per le «istituzioni democratiche del Perù» rilanciando «un appello alla pace e all’unità».

Sulla situazione in Perù è intervenuto anche il primo presidente di sinistra della Colombia. «Ciò che sta avvenendo in Perù è un massacro contro la popolazione. Una soluzione politica e pacifica è essenziale. Fermare la morte e sedersi a parlare. Il sistema interamericano dei diritti umani deve agire con urgenza» ha scritto Gustavo Petro in un tweet.

Intanto, la concessione dell’asilo politico da parte del Messico a Lilia Paredes, moglie di Castillo, e i suoi due figli Arnold e Alondra, ha reso tesi i rapporti tra Lima e Città del Messico. Il governo peruviano ha dichiarato persona non grata l’ambasciatore messicano Pablo Monroy a causa delle «continue ingerenze della missione diplomatica negli affari interni del paese». – Pagine Esteri

4782361* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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#uncaffèconLuigiEinaudi☕ – Cadde infatti la Francia monarchica…


Cadde infatti la Francia monarchica, che tutta si incentrava a Versailles, come prima era caduto l’impero romano che tutto si incentrava in Cesare, come rovineranno in futuro tutte le società che si diano interamente ad un uomo o ad un idolo. da Liberal
Cadde infatti la Francia monarchica, che tutta si incentrava a Versailles, come prima era caduto l’impero romano che tutto si incentrava in Cesare, come rovineranno in futuro tutte le società che si diano interamente ad un uomo o ad un idolo.


da Liberalismo, “L’Italia e il secondo Risorgimento”, 29 luglio 1944

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fondazioneluigieinaudi.it/unca…



Quando la Storia divide anziché unire


Colpisce, a proposito di certi avvenimenti intorno alla fine dell’anno l’abisso culturale in cui accadono, ma specialmente la distanza siderale dalla realtà che rivelano nel loro ‘avvenire’. Mi riferisco ad un episodio in particolare: la richiesta del Governo egiziano a quello inglese di restituzione della ‘Stele di Rosetta’. Si tratta, come tutti ben sanno, di […]

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AFGHANISTAN. Ancora un attentato kamikaze a Kabul: 5 morti e decine di feriti


Oltre 40 ricoverati nell’ospedale di Emergency, che allestisce anche cucine e sala mensa per accoglierli. L’esplosione non è stata ancora rivendicata da nessuna organizzazione. L'articolo AFGHANISTAN. Ancora un attentato kamikaze a Kabul: 5 morti e decin

di Valeria Cagnazzo

Pagine Esteri, 11 gennaio 2022 – E’ di almeno 5 morti e decine di feriti il bilancio dell’attentato kamikaze che nel pomeriggio dell’11 gennaio, alle ore 16.00 afghane, ha colpito Kabul, a pochi passi dal Ministero degli Esteri. Secondo l’agenzia di notizie Reuters, Ustad Fareedun, un funzionario del ministero della comunicazione del governo dei talebani, avrebbe parlato addirittura di 20 morti, numero rilanciato pochi minuti dopo anche da Al Jazeera. Il funzionario avrebbe, inoltre, dichiarato che l’obiettivo iniziale dell’attentatore suicida sarebbe stato quello di introdursi direttamente nella sede del Ministero.

Il centro chirurgico per vittime di guerra di Emergency, l’ONG fondata nel 1994 da Gino Strada e Teresa Sarti e attiva da oltre 20 anni nel Paese, ha ricevuto finora 40 feriti. “Fino ad ora abbiamo ricevuto oltre 40 pazienti in ospedale, difficile stilare un bilancio, le attività sono ancora in corso – ha dichiarato Stefano Sozza nel comunicato diffuso sui canali ufficiali dell’organizzazione – Si tratta della prima mass casualty del 2023, ma di certo da inizio 2022 una di quelle con più pazienti. Tanto che abbiamo dovuto predisporre letti anche nelle cucine e nella sala mensa”. Nel 2022, le mass casualties gestite nell’ospedale erano state 29, per un totale di 380 pazienti.

🔴 #Kabul #Esplosione vicino al Ministero degli Affari Esteri, oltre 40 feriti ricevuti finora nel nostro ospedale. “Bilancio delle vittime ancora in divenire, predisposti letti anche nelle cucine e nella sala mensa” Leggi ⬇️ t.co/Vu9UqXqw57

— EMERGENCY (@emergency_ong) January 11, 2023


Nonostante la propaganda talebana rivendichi una maggiore sicurezza nel Paese e una riduzione del numero degli attentati dall’agosto 2021 ovvero dalla partenza delle truppe alleate, gli atti terroristici continuano a mietere vittime in Afghanistan. Decine di attacchi armati sono stati rivendicati dallo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isil).

Nel mese di dicembre, cinque uomini d’affari cinesi erano stati feriti in un agguato di uomini armati in un rinomato hotel di Kabul. Nello stesso mese, un attentato aveva colpito l’ambasciata del Pakistan, un episodio che le autorità pakistane avevano denunciato come un “tentato omicidio” del loro ambasciatore. Si tratta solo degli ultimi attentati rivendicati dall’Isil. Anche il Ministero degli interni di Kabul e l’ambasciata russa erano stati colpiti nei mesi precedenti.

Secondo il rapporto sulla protezione dei civili nei conflitti armati pubblicato nel luglio 2022 da UNAMA, la Missione di Soccorso delle Nazioni Unite in Afghanistan, in dieci mesi, tra la metà di agosto 2021 e la metà di giugno 2022, le vittime civili di attacchi terroristici nel Paese sarebbero state 2106, delle quali 700 morti. La maggior parte degli attentati, anche secondo UNAMA, sarebbero attribuibili all’Isil e molto frequentemente rivolti contro stranieri o contro minoranze etniche.

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VIDEO. Scarcerato dopo 40 anni Karim Younis. Ministro chiede revoca cittadinanza israeliana


Era il detenuto palestinese da più tempo in prigione. Aveva ucciso nel 1980 un soldato. Il ministro dell'interno Arie Deri vuole revocargli la cittadinanza, provvedimento che potrebbe poi portare all'espulsione. Intanto ieri a Balata ucciso un altro adole

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 5 gennaio 2022 – Accolto da decine di parenti e conoscenti, Karim Younis questa mattina poco dopo le 5 è stato scarcerato e, dopo 40 anni, è tornato a casa ad Arara in Galilea e si è poi recato a far visita alla tomba della madre scomparsa nei mesi passati.

Cittadino israeliano, Younis assieme a due parenti – Maher e Sami Younis – nel 1980 uccise un soldato israeliano, Avraham Bromberg. Condannato a morte, pena poi commutata in 40 anni di carcere, Karim Younis è stato spesso negli elenchi di detenuti politici palestinesi da liberare sulla base di accordi con Israele per lo scambio di prigionieri. Le autorità israeliane hanno sempre respinto la possibilità di una sua scarcerazione anticipata. Considerato un simbolo da tanti palestinesi per la sua lunga prigionia, Younis potrebbe vedersi revocata la sua cittadinanza israeliana se sarà accolta dai giudici la richiesta in quella direzione formulata dal neo-ministro dell’interno Arie Deri.

Intanto la scorsa notte è salito a quattro il bilancio dall’inizio dell’anno di palestinesi uccisi durante incursioni dell’esercito israeliano nei centri abitati cisgiordani. Nel campo profughi di Balata (Nablus) un ragazzo di 16 anni, Amer Abu Zaitun, è stato colpito alla testa da un proiettile sparato, denunciano i palestinesi, da soldati israeliani. Secondo la versione dell’esercito invece l’adolescente sarebbe stato ucciso da un colpo vagante nel fuoco incrociato tra forze israeliane e combattenti palestinesi “durante l’arresto di un ricercato”.

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Si è concluso oggi il viaggio istituzionale del Ministero dell’Istruzione e del Merito a Cracovia, in Polonia, in vista della Giornata della Memoria. Hanno partecipato anche le studentesse e gli studenti dell’Istituto “Giovanni Bertacchi” di Lecco.


@Friendica Support Good evening everyone! I just noticed an anomaly that I haven't been able to fix. In fact, I noticed that friendica's posts are displayed on mastodon with a different visibility depending on whether they are written with the title/subject or if they are written as simple messages.
In the first case, Mastodon (which can only display the title/subject and the link to the original message) decodes them as "Unlisted"; in the second case, Mastodon (besides reading them completely) classifies them as "Public"!
Is there a way to force display "Public" for all messages?

PS: obviously in the "Security and Privacy Settings" settings in "/settings" the Make public posts unlisted box (Your public posts will not appear on the community pages or in search results, nor be sent to relay servers. However they can still appear on public feeds on remote servers) is not selected

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Signor Amministratore ⁂
@Michael Vogel Can you tell me why Lemmy posts (which have a title/subject) appear as "Public" and not as "Unlisted"

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Unknown parent

friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
Signor Amministratore ⁂

@Michael Vogel Sorry for the delay in answering you, but I did a series of tests and these tests didn't give me the results I expected. Thus, by dint of doing other tests, I finally understood what was the problem that determined "untitled" visibility in my Friendica posts with title/subject.

Clue

Almost all of the posts with title/subject that I produce are intended for publication on Lemmy and upon closer inspection, I found that ONLY the posts intended for Lemmy have this visibility problem...

Discovery

Well, I understand that the problem lies in the mention of the Lemmy community! As I should have expected based on Friendica conventions (which in the meantime I had completely forgotten) the mention of a group/forum is considered "Public" if done with the @ at sign, while it is considered "Unlisted" if done with the exclamation mark !

Since the mention of the Lemmy communities usually takes place with the exclamation point, this is the reason why the posts did not result in "public" mode but only in "unlisted" mode.

Solution

Actually, it is also possible to mention Lemmy communities with the @ sign, and in this way the produced posts are displayed as "public"

Example:

1) Standard visibility on Mastodon of titled posts posted by Friendica

2) Standard visibility on Mastodon of titled posts posted by Friendica (with mention on Lemmy)

3) Standard visibility on Mastodon of titled posts posted by Friendica (with mention @ on Lemmy)

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@:fedora: filippodb :BLM: :gnu: 🔗 mastodon.uno/users/filippodb/s…


Esattamente 10 anni fa, l'11 gernnaio 2013 Aaron Swartz si toglieva la vita.

In sua memoria fu creato il FIlm documentario "Il figlio di internet: Storia di #AaronSwartz" (The Internet's Own Boy).
Un'opera che dovrebbe essere vista in tutte le scuole e condivisa da tutti (è rilasciata su licenza libera #creativecommons):

:peertube: peertube.uno/w/t4Uft32TfUGk6bm…

Qua il suo manifesto di Guerilla Open Access nel sito dei @Devol :fediverso::

:opensource: devol.it/it/guerrilla-open-acc…

da condividere il più possibile.


Esattamente 10 anni fa, l'11 gernnaio 2013 Aaron Swartz si toglieva la vita.

In sua memoria fu creato il FIlm documentario "Il figlio di internet: Storia di #AaronSwartz" (The Internet's Own Boy).
Un'opera che dovrebbe essere vista in tutte le scuole e condivisa da tutti (è rilasciata su licenza libera #creativecommons):

:peertube: peertube.uno/w/t4Uft32TfUGk6bm…

Qua il suo manifesto di Guerilla Open Access nel sito dei @devol:

:opensource: devol.it/it/guerrilla-open-acc…

da condividere ❤️




A Soledar si combatte strada per strada: è la battaglia più sanguinosa dall’inizio del conflitto. Zelensky: “Ecco come appare la follia”. L’esercito russo è vicino, ma non ha ancora preso il controllo della città di Soledar, nell’Ucraina orientale.


Grand TourIeri Thierry Breton era a Madrid per presentare al Primo ministro spagnolo Pedro Sánchez la sua nuova proposta: il Clean Tech Act.


Le sanzioni contro la Russia funzioneranno, ma lentamente


In risposta all’invasione russa dell’Ucraina, il G7 e circa altri 50 paesi hanno imposto sanzioni economiche alla Russia. Si suddividono in due grandi categorie: reali e finanziarie. Le vere sanzioni includono restrizioni al commercio con la Russia e la revoca del suo status di nazione più favorita. Quelli finanziari comportano il congelamento dei beni russi […]

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Gli armeni cancellati dalla guerra che nessuno vuole vedere


La scrittrice: «Nel Nagorno-Karabakh un popolo invaso viene torturato nel silenzio» Le bugie hanno le gambe corte. Ma a volte, come nel caso della lettera del prof. Daniel Pommier Vincelli a La Stampa del 22 dicembre, pubblicata col titolo L’Azerbaigian r

La scrittrice: «Nel Nagorno-Karabakh un popolo invaso viene torturato nel silenzio»


Le bugie hanno le gambe corte. Ma a volte, come nel caso della lettera del prof. Daniel Pommier Vincelli a La Stampa del 22 dicembre, pubblicata col titolo L’Azerbaigian rivendica i propri confini legittimi. Sono le interferenze russe a peggiorare la situazione, non le hanno affatto. Vorrei segnalare le affermazioni e omissioni più eclatanti di questa lettera. In risposta all’affermazione che «l’espulsione della popolazione civile» azera dal Nagorno-Karabakh negli Anni 90 è «stata tecnicamente la più grande pulizia etnica del XX secolo», vorremmo sommessamente ricordare al prof. Vincelli che nel XX secolo ci sono stati numerosi – e ben noti – genocidi e pulizie etniche, riguardanti – in primis – armeni ed ebrei e poi l’Holodomor ucraino (su cui, nel 2019, è uscito il bel film Mr. Jones), il Ruanda, la Cambogia, i Balcani…

Quanto alla “pulizia etnica” dell’Azerbaijan, ricordiamo che di profughi armeni ce ne furono circa 400.000. Secondo l’European Commission against Racism and Intolerance, gli armeni erano «il gruppo più vulnerabile in Azerbaijan nel campo del razzismo e della discriminazione razziale» (2006). All’affermazione che «l’Armenia … [ha strappato] all’Azerbaigian non solo la regione del Karabakh» e alla descrizione della prima guerra del Nagorno-Karabakh come «l’invasione armena dei territori azerbaigiani», faremmo notare che solitamente non si definiscono come “invasori” le popolazioni autoctone o indigene. Gli “invasori” vengono dal di fuori. Gli armeni, invece, vengono dal di dentro: sono autoctoni di quelle terre. Tanto è vero che la lingua ufficiale della regione autonoma (oblast) del Nagorno-Karabakh, dotata anche di un Soviet autonomo, era l’armeno. Infine: bene il richiamo al l’Onu del Vincelli: «Diritto all’autodifesa come da articolo 51 dellacarta delle Nazioni Unite». Male invece non aver citato l’altro fondamentale diritto riconosciuto dall’Onu: il diritto all’autodeterminazione dei popoli (Risoluzione 1514 (XV), 14 dicembre 1960).

E arriviamo alle omissioni. Ciò che è più incredibile della lettera di Vincelli è il voler «spazzare sotto il tappeto», come si dice in inglese, il pericolo corso dal popolo autoctono armeno del Nagorno Karabakh (tenuto a bada dall’Unione Sovietica, finché è durata). Come ricorda Sohrab Ahmari nel suo magistrale articolo sui fatti dell’Artsakh (del 22 dicembre scorso), finché c’era il Soviet gli armeni del Karabakh riuscirono a coesistere coi non armeni. Ma con il suo indebolimento, essi rividero lo spettro dei pogrom del XX secolo. Per loro combattere divenne una questione di sopravvivenza.

Vergognoso poi è il silenzio sulle decapitazioni da parte azera di abitanti dell’Artsakh, sulle torture su civili armeni e sui prigionieri di guerra, sui video (da loro diffusi sui social) di donnearmene mutilate, sul vergognoso Parco della Vittoria creato da Aliyev a Baku alla fine della guerra; per non parlare dell’assassinio dell’ufficiale armeno Gurgen Markaryan durante il sonno, colpito 16 volte con un’ascia dall”ufficiale azero Ramil Safarov a Budapest, durante le esercitazioni Nato del gennaio 2004. Condannato all’ergastolo, Safarov venne rimpatriato dopo una trattativa segreta col governo ungherese, e festeggiato in patria come un eroe nazionale. Tutte questo cose sono state ampiamente documentate e riportate dai giornali.

E che dire del “caso Akram Aylisli”? Questo scrittore ottantacinquenne, uno dei più noti e celebrati autori azeri, ha scritto un breve romanzo, Sogni di pietra (2013), pubblicato anche in Italia da Guerini, con la prefazione di Gian Antonio Stella. Una piccola storia incantevole di fratellanza e di pace ambientata a Baku, in cui un vecchio attore azero finisce in ospedale per aver difeso un armeno da un linciaggio, e nel delirio ricorda la pacifica convivenza nel villaggio natio. Aylisli è diventato un reietto: è stato dichiarato apostata, espulso dall’Unione degli scrittori azeri, privato della pensione, gli è stato impedito di uscire dal Paese. E infine, perché parlare di «una premessa storica, che assume un valore etico-politico»? Vogliamo proprio parlare di etica, prof. Vincelli? Perché non cominciamo con il parlare di verità? Come ricorda Kant, le bugie sono in sé cosa non etica: mendacium est falsiloquium in praeiudicium alterius.

Proprio in questi giorni ecco l’ultimo episodio di questa spietata guerra sotterranea, chiaramente intesa a far sloggiare i restanti 120.000 abitanti armeni del Karabakh: il blocco del corridoio di Lachin, l’ultima strada – rimasta operativa sotto il controllo di militari russi – che collega al mondo questa enclave abitata da millenni dal popolo armeno. È una mossa che fa seguito ai bombardamenti del luglio scorso,
in cui furono attaccati diversi villaggi di confine e anche la celebre stazione termale di Jermuk, nel territorio stesso dell’Armenia, con parecchi morti e feriti. Una perversa partita del gatto col topo, il cui scopo è di accrescere l’ansia e l’angoscia di questi poveri e ostinati montanari, attaccati come ostriche allo scoglio alla loro terra natia, dove sono ritornati dopo la guerra dell’autunno 2020, vinta dall’Azerbaigian col supporto dei droni turchi e delle milizie dei jihadisti siriani. Farli diventare miserandi profughi, insomma, come gli sventurati sopravvissuti al genocidio del 1915-1922, che non a caso in Turchia vennero chiamati “i resti della spada”. L’attuale blocco totale del corridoio di Lachin, attuato da sedicenti “ambientalisti” azeri da 18 giorni, sta strangolando gli armeni del Karabakh. Ogni attività si sta fermando.

Nel severo inverno caucasico, manca il petrolio. Mancano o scarseggiano frutta, verdura, zucchero e molte altre cose di quotidiana utilità, che di solito arrivano dall’Armenia. I 612 studenti del complesso educativo italo-armeno(Hamalir Antonia Arslan), istituito dalla Cinf, fondazione italo-americana attiva da qualche anno, che vanno dai 4 ai 27 anni, sono costretti a casa, al freddo. Così hanno passato il Natale e il Capodanno. E il mondo occidentale tace, non guarda fischiettando dall’altra parte.

Ha collaborato SiobhanNash-Marshall.
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La Stampa

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Nigeria: elezioni 2023, democrazia alla prova


Il 2023 è un momento critico per la Nigeria. L’anno determinerà se la Nigeria andrà avanti o andrà nella direzione opposta. È un anno magico per i nigeriani perché l’anno segnerà 24 anni di democrazia ininterrotta. Allo stesso tempo, le elezioni generali sono previste per febbraio. Questo è il più lungo esperimento democratico da quando […]

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Ucraina: l’invasione mette in luce i limiti della propaganda russa


Mentre l’attacco russo all’Ucraina si avvicina al traguardo di un anno, è sempre più chiaro che la decisione di Vladimir Putin di invadere è stata uno dei più grandi errori geopolitici dell’era moderna. Il dittatore russo inizialmente si aspettava una guerra breve e vittoriosa. Invece, la vacillante invasione di Putin lo ha trasformato in un […]

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La guerra con la Cina per Taiwan non finirà bene per nessuno


Come sarebbe se la Cina invadesse Taiwan nel 2026? Questa è la domanda a cui cerca di rispondere un rapporto sul wargame del Center for Strategic and International Studies. Il risultato è piuttosto devastante per tutte le parti, secondo “The First Battle of the Next War: Wargaming a Chinese Invasion of Taiwan”, che è stato […]

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Doppio Falso


Una una nota cantante è finita al centro dell’attenzione per vicende relative ai vaccini: non ha ritenuto di vaccinarsi e questo ha innescato le polemiche. Non faccio il nome, non perché ci sia qualcosa di riservato dato che la notizia è su tutti i giorna

Una una nota cantante è finita al centro dell’attenzione per vicende relative ai vaccini: non ha ritenuto di vaccinarsi e questo ha innescato le polemiche. Non faccio il nome, non perché ci sia qualcosa di riservato dato che la notizia è su tutti i giornali, ma perché non interessa il caso specifico. Credo infatti che sia interesse collettivo quel che presuppone quel modo di ragionare e quello che poi si è espresso. Ad esempio, la cantante ha detto di essere cresciuta in una famiglia che dubita della medicina tradizionale. Punto numero uno: cos’è è la medicina tradizionale? Quale quale sarebbe l’altra medicina? Quella orientale? Perché in tutto il mondo, da Oriente Occidente, da nord a sud, si pratica “la medicina”, della quale esistono diverse scuole di pensiero, che si evolve continuamente, ma praticano tutti la medesima medicina per i malati. Se hai una calcolosi renale, un tumore al pancreas, o qualsiasi altra cosa sia malattia, si pratica “la medicina”, non quella “tradizionale”, “innovativa” o chissà che altro.

Poi ci sono gli altri, cioè quelli che non sono malati fortunatamente, cui vengono ammannite delle cose senza senso, per esempio la stessa persona continuava dicendo :”tranne che in casi eccezionali, ho avuto sempre cure naturali” e quali sono queste cure naturali? No perché la morfina, l’oppio, l’eroina, la cocaina son cose naturali, vengono da piante; sono naturali anche i funghi alcuni dei quali sono sufficienti a mandare una persona al creatore; sono naturali i serpenti a sonagli dei quali non sto a parlarvi, perché immagino che qualcosa avrete capito.

La verità è che è nato tutto un filone industriale che non è neanche corretto chiamare farmaceutico (sono i cosiddetti integratori, la polverina, i tè, la bevanda calda) che, per carità, se uno si sente meglio nell’anima, si sente più leggero e più pulito, che benedicano lui che l’ha preso e quello che glielo ha venduto che ha fatto i soldi, ma questa cosa del naturale è una maxi presa in giro per quelli che ci vogliono credere. Ma ripeto, va benissimo, sempre che non ci si approfitti della debolezza altrui.

Il terzo elemento che è interessante di questa questione che riguarda la cantante è che a un certo punto, siccome la cosa è venuta fuori, ha detto di aver capito che bisogna fidarsi delle persone giuste, che l’ha detto anche ai genitori e che farà i vaccini. Ma le abiuree non si richiedono in un mondo di persone razionali, mentre il pentimento eventualmente è un sentimento personale. Il punto è un altro: non è che siccome io sono convinto che nonostante abbia bevuto molto alcool sono lucidissimo, basta questa mia convinzione per mettermi alla guida e così mettere a rischio la vita degli altri, perché la libertà che molti hanno in mente è una libertà che funziona solo alla prima persona singolare, mentre alla seconda già crolla. La profilassi collettiva è stato un modo per difendere la collettività, basta guardare cosa succede in Cina dove non lo hanno fatto. Se mi sottraggono non è che devo pentirmi o abiurare le idee scientifiche, devo semplicemente riconoscere di avere agito egoisticamente pensando a me e alle mie convinzioni – giuste sbagliate, poi ognuno se la vede con se stesso – ma non mi importava di tutti gli altri, e questo non è un bell’esempio.

Ultimo elemento, decisivo, è che le polemiche non sono nate perché non si è vaccinata. Infatti sono un bel numero, anche se non​ tantissimi​ (il 90% della popolazione che poteva vaccinarsi ha deciso di farlo), quelli che hanno scelto di non vaccinarsi e non sono al centro di nessuna polemica. Il problema è la certificazione falsa, poiché la persona in questione ha falsamente attestato di avere fatto quello che ora dice che secondo lei era moralmente e teoricamente sbagliato e questa sì, è una colpa, anzi, sono due colpe: falso e doppio falso.

youtube.com/embed/zXBIKEk9UE4?…

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Perché proprio ora si torna a parlare di Emanuela Orlandi?


Il 14 gennaio Emanuela Orlandi festeggerebbe, fosse ancora viva, 55 anni. Ne aveva 15, quando, il 22 giugno 1983, è misteriosamente scomparsa. A quarant’anni dalla scomparsa, il Vaticano annuncia ufficialmente di aver deciso di studiare per l’ennesima volta tutto il corposo fascicolo relativo a quest’’affaire’, per cercare di fare piena luce e fugare ogni possibile sospetto e […]

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Meta Advertising Ban - Decision Published


Divieto di pubblicità su Meta - Pubblicata la decisione Ora è possibile leggere i dettagli della decisione del DPC! Sembra che ci siano tempi interessanti per i tribunali! decision published


noyb.eu/en/meta-advertising-ba…



Meno vincoli sui contratti a termine: l'attacco del Governo si intensifica | Senza Tregua

"Aumentare la durata massima di proroga di un contratto a tempo determinato permetterà ai padroni di aumentare tantissimo il tempo in cui quel lavoratore potrà essere sottoposto a ricatto, con la continua pressione del licenziamento, rendendolo di fatto più esposto nel subire le ingiustizie e le richieste di straordinari. Inoltre, senza un contratto a tempo indeterminato, è estremamente difficile, se non impossibile per i proletari, a maggior ragione se stranieri, ottenere un contratto di affitto di un appartamento. Infine, l’incertezza in merito al proprio destino lavorativo andrà ulteriormente a minare la possibilità per i lavoratori di organizzarsi sul piano sindacale, i quali, sotto ricatto costante, saranno ancora più ostacolati nel portare avanti lotte e vertenze all’interno dei luoghi di lavoro per richiedere condizioni migliorative."

senzatregua.it/2023/01/11/meno…



Brasile: ‘illusione’ di colpo di Stato


“Questa è una mattina / del Brasile. Vivo dentro / a un violento diamante, / tutta la trasparenza / della terra / si materializzò / sulla / mia fronte”, scriveva Pablo Neruda. La violenza, domenica scorsa, si è materializzata a Brasilia quando diverse centinaia di persone, molte delle quali avvolti nella bandiera carioca, hanno assaltato […]

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Firenze, non chiamate mai i vigili del fuoco!


Non chiamate mai i vigili del fuoco!

Pubblicato il 11/01/2023 da Miguel Martinez

Ieri abbiamo avuto una lezione di urbanistica molto istruttiva.

Allora, riassunto delle puntate precedenti:

A dicembre, si apre una grossa buca nella nostra trecentesca strada, percorsa quotidianamente da centinaia di autobus.
I residenti dei palazzi vicini iniziano a segnalare crepe preoccupanti anche nei loro palazzi, che tremano a ogni passaggio.
In particolare, una Signora scopre una voragine nella propria cantina di casa, proprio di fronte alla buca appena tappata.
La Signora chiama i vigili del fuoco, che le consigliano la massima allerta, invitandola a tenere sempre pronta una valigia e scappare al minimo scricchiolio.
La polizia municipale, chiamata dai vigili del fuoco, fa piazzare delle transenne davanti a varie case, tra cui quella della signora.
Il traffico su quattro ruote viene bloccato a monte, con altre transenne.

Tutto chiaro?

Ieri mattina, la Signora a cui hanno detto di essere pronta a scappare riceve una telefonata.

“Sono dell’AVR“

“Cosa?”

“Sì, siamo la ditta che fornisce il Global Service al Comune di Firenze, in particolare siamo noi che mettiamo le transenne.

Il Comune ci sta mettendo pressione, vogliono riaprire la strada al traffico, lei ci dà il permesso?“

“Io? Ma è il Comune che ha chiuso la strada, mica io!”

“Ah, un’altra cosa, oggi le mandiamo la fattura.”

“Non ho capito…”

“Sì, ci deve pagare per le transenne. Le abbiamo messe per lei”.

“Ma perché devo pagare io? Io non le ho mai chieste!”

“No, guardi. La polizia municipale ci ha detto che è stata proprio lei a chiamare i vigili del fuoco, quindi ci rivaliamo su di lei.”

“Allora se devo pagare io, posso togliere le transenne davanti casa mia?”

“No. La rimozione deve essere autorizzata dalla polizia municipale, sono loro che ci hanno detto di metterle, non le può mica togliere lei.

Comunque stiamo preparando la fattura, più tardi gliela mandiamo, buona giornata!”

Qualche ora dopo, arriva per davvero la fattura.

Sono 875 (ottocentosettantacinque/00) euro per la “uscita dell’operaio” e per il godimento non richiesto delle suddette transenne per dieci giorni: ovviamente ogni giorno in più si aggiungeranno ulteriori costi, che verranno fatturati successivamente.

Ma per liberarsi da questo tributo alla Ditta Privata AVR, basta che la Signora esegua i necessari lavori per risistemare tutto, che un perito certifichi la perfetta condizione del palazzo, e soprattutto che la Signora si “assuma tutte le Responsabilità”: se il palazzo cade addosso a una famigliola e ne fa schiacciata co’ l’uva, l’assassina sarà la Signora.



IRAN. Proteste. Le idee diverse di cambiamento di conservatori e riformisti


Per preservare lo status quo, i conservatori dovranno forse concedere alcune riforme, ma il loro dibattito continua a concentrarsi sulla questione dell’hijab. Le piazze chiedono riforme radicali. Un’occasione per l’opposizione di disegnare un piano di tra

di Valeria Cagnazzo*

Pagine Esteri, 11 gennaio 2023 – Ci sono due episodi nell’ultima settimana, tra le tante immagini di violenza e di aule di tribunale arrivate dall’Iran, che possono dare un’idea di quanto le proteste che scuotono il Paese stiano anche ferocemente scuotendo le alte sfere della politica, sia dalla parte del governo che da quella dell’opposizione. Al di là dell’opinione pubblica internazionale, delle denunce delle organizzazioni per i diritti umani, delle reazioni più o meno vigorose delle diplomazie occidentali, è all’interno del Paese e nelle sue stanze di governo che si decidono le sorti dell’Iran.

La prima immagine è quella del leader supremo Ali Khamenei che siede su un palchetto rivolto a un’assemblea di donne velate di nero. Lui è ingobbito nei soliti abiti di ordinanza e indossa una mascherina chirurgica che a causa delle barba gli si arriccia e gli risale fino al labbro inferiore. E’ il 4 gennaio, l’incontro si svolge a Teheran, e l’ayatollah afferma che il velo è “una necessità inviolabile della Sharia”. Poi, però, aggiunge: “Coloro che non indossano adeguatamente l’hijab non dovrebbero essere accusate di essere irreligiose o controrivoluzionarie”. E rivolge un invito ai suoi sostenitori: “Evitate di escludere dai circoli islamici e rivoluzionari coloro che indossano male l’hijab” perché anch’esse sono “le nostre mogli e le nostre figlie”.

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La seconda immagine è il volto di Fatemeh Hashemi Rafsanjiani, le rughe le scavano il volto soprattutto intorno alle labbra e sotto alle occhiaie. E’ la figlia maggiore di Akbar Hashemi Rafsanjani, presidente moderato tra il 1989 e il 1997, deceduto nel 2017, deciso durante il suo mandato a migliorare i rapporti con l’Occidente e liberalizzare il mercato. Dal padre, Fatemeh Hashemi ha ereditato la passione per la politica, in un Paese in cui essere riformisti è sempre più difficile e l’opposizione è messa da parte. La sua fedina non è pulita, già nel 2012 è stata allontanata dalla politica e condannata al carcere per la sua propaganda “anti-statale” durante le elezioni del 2009.

Nella mattina di martedì 10 gennaio, il legale di Fatemeh Hashemi ha annunciato la condanna a 5 anni di carcere nei confronti della donna. Le accuse non sono ancora ufficiali, ma il suo attivismo e la sua propaganda contro il regime nell’ultimo anno e in particolare in questi ultimi mesi potrebbero essere la causa del suo ennesimo problema con la giustizia.

Secondo quanto dichiarato dall’agenzia Amwaj.media, Fatemeh Hashemi aveva incontrato nelle ultime settimane Mojtaba Khamenei, il figlio dell’ayatollah Khamenei e tra i suoi più papabili eredi. Al centro dell’incontro, secondo indiscrezioni e informazioni non ufficiali, ci sarebbe stata la richiesta da parte di Hashemi di ascoltare le richieste della popolazione e far imboccare al governo la via della riforma. L’esito non sembra essere stato dei migliori, e poco dopo su Hashemi si è abbattuta la condanna al carcere.

Una delle tante, in un Paese che giorno dopo giorno sentenzia e condanna anche alla pena capitale i leader delle proteste e gli attivisti. Nonostante le richieste provenienti da tutto il mondo di arrestare la macchina della morte e delle repressione messa in azione dal governo, i tribunali continuano a emettere sentenze draconiane. Muoiono per impiccagione manifestanti giovanissimi, colpevoli solo di aver partecipato alle proteste contro il regime o di aver diffuso critiche contro il governo.

Le manifestazioni, dal settembre 2022, si sono estese a oltre 160 città, in 31 province del Paese. Si marcia al canto di “Abbasso il dittatore”. La furia dei protestanti si rivolge contro lo status quo e contro la Repubblica islamica, non semplicemente contro la polizia morale o l’imposizione del velo.

Iniziate dopo la morte di Mahsa Amini, hanno convogliato in breve tempo la rabbia di tutto l’Iran. Anni di inflazione altissima, crollo della valuta, disoccupazione alle stelle, in un Paese in cui il dibattito pubblico non esiste e i partiti dell’opposizione sono stati ridotti al silenzio, dovevano inevitabilmente erompere prima o poi in un moto di rabbia. Uno tsunami, che continua a investire l’Iran, nonostante la repressione che il governo continua deliberatamente a operare a suon di condanne al carcere e alla pena capitale.

Mentre la repressione va avanti, però, l’ayatollah Khameini si mostra morbido e accondiscendente sull’obbligo del velo, un padre comprensivo delle “figlie” dell’Iran. Dall’altra parte, una donna dell’opposizione, dopo proteste e incontri clandestini con i suoi collaboratori, arriva a introdursi nelle stanze del Khameini figlio, perché la piazza venga ascoltata, perché qualcosa finalmente succeda. E del fatto che qualcosa debba succedere sembrano essere convinti i politici di entrambe le parti. Quelli che siedono al governo e che sostengono la repubblica islamica come quelli dell’opposizione. Ciascuno sta giocando le sue carte.

Tra i conservatori, si inizia a discutere di riforme. Le insurrezioni popolari non si fermano e il pericolo di una guerra civile è troppo alto per non cercare a questo punto di preservare lo status quo con qualche debole riforma che possa accontentare la popolazione e dare una parvenza di buona volontà.

Diversi politici conservatori ne starebbero discutendo a porte chiuse, ma nelle ultime settimane molti esponenti politici sono arrivati a rilasciare dichiarazioni pubbliche a sostegno di nuove aperture. L’ex relatore parlamentare Ali Larijani, ad esempio, un moderato e attualmente consigliere del leader supremo Ali Khamenei, secondo l’agenzia Amwaj avrebbe sostenuto che la Repubblica islamica dovrebbe ignorare l’applicazione dell’hijab obbligatorio, citando altre leggi che nella realtà dei fatti vengono ampiamente ignorate, come il divieto di utilizzo di antenne paraboliche.

Zarghami, ex capo conservatore della televisione di Stato e attualmente ministro della cultura e del turismo, avrebbe sottolineato che una riforma del sistema politico non significherebbe il suo collasso. Anche l’attuale portavoce del parlamento, Mohammed Baker Qalibaf, si sarebbe dichiarato a favore delle riforme, da operare all’interno del governo.

Alcuni bollettini diffusi a dicembre dal gruppo hacker “Black Reward” e attribuiti all’agenzia semi-ufficiale Fars, vicina all’Islamic Revolutionary Guard Corps (IRGC), sembrano supportare l’idea di un dibattito acceso all’interno della maggioranza dei conservatori. Al centro di esso, però, ci sarebbe ancora la questione del velo.

Nonostante il dibattito in seno alle alee conservatrici meno estremiste, nessun cambiamento potrà, però, effettivamente attuarsi, probabilmente, se non prima ratificato dall’Endurance Front, un gruppo religioso ultra-conservatore che controlla le posizioni più importanti della Repubblica.

Mentre alcuni conservatori, tra l’altro, si nascondono dietro al velo per preservare il loro potere, il cambiamento che i manifestanti chiedono è radicale. A intercettare le loro istanze, dovrebbero essere i riformisti, finalmente con un’occasione di tornare in prima linea – malgrado le ripercussioni e gli arresti previsti per i dissidenti.

Le strategie sembrano essere diverse, non ultima quella di rivolgersi direttamente al governo o ai garanti della Sharia e della Repubblica Islamica. Secondo un altro bollettino segreto diffuso dal gruppo hacker, l’ex presidente riformista Mohammad Khatami avrebbe scritto una lettera direttamente all’ayatollah per chiedere riforme strutturali. Proprio come Fatemeh Ashemi che si sarebbe rivolta direttamente a suo figlio.

I volti dell’opposizione tornano a riemergere e a spaventare l’establishment. A sostenerli, adesso, sarebbero milioni di iraniani insorti. E oltre ai politici noti di professione, i mesi di proteste hanno generato anche altre realtà.

Il 4 dicembre 2022, 30 organizzazioni locali coinvolte nell’organizzazione delle proteste, si sono riunite nella “Neighbourhood Alliance Youth of Iran”. Nel loro manifesto politico si chiede l’instaurazione di una forma di governo democratica e la separazione del potere politico da quello religioso, oltre al rispetto dei diritti universali dell’uomo e della donna.

ما جوانان و وارثان این مرز و بوم مرام‌نامه ای با محوریت سقوط ج.ا جدایی دین از سیاست و تشکیل یک دولت مردم سالار تحت حاکمیت قانون تهیه کرده ایم و بدینوسیله دوستان،گروهها و اصنافی را را که در تمامی هفت بند این مرام نامه با ما هم عقیده اند؛ به همکاری و ائتلاف دعوت میکنیم.#مهسا_امینی pic.twitter.com/x4ul6pyvdy

— اتحاد جوانان محلات ایران (@UYI_fa) January 2, 2023

Ci sono poi gli iraniani della diaspora, che abbandonarono il Paese nel 1979 e il cui supporto è adesso fondamentale per incoraggiare i manifestanti e tenere puntati i riflettori dei loro Paesi ospiti su quello che sta succedendo. Hanno costituito organizzazioni per i diritti umani e reti di professionisti come la coalizione degli avvocati iraniani che potrebbero rivelarsi preziose anche nel sostenere un eventuale periodo di transizione, se mai le proteste dovessero effettivamente esitare in una rivoluzione e portare all’instaurazione di un nuovo governo.

E’ questo, infatti, l’interrogativo che maggioranza e opposizione si pongono ma sul quale si arrovellano ugualmente gli analisti nazionali e internazionali e i principali attori delle proteste che sfilano per le strade. E’ giusto chiamarla rivoluzione, e, soprattutto, potrebbe davvero ribaltare la Repubblica islamica?

Secondo l’avvocato iraniano-australiano Faraz Maghami, sarà possibile solo se le opposizioni ricorderanno la lezione del passato. Anche nel 1979, ha dichiarato alla rivista abc.net, il Paese era travolto da un’ondata di proteste violente e inarrestabili come quelle di oggi, ma il risultato fu una rivoluzione “dirottata”. La causa fu la totale assenza di un progetto. Commentatori, attivisti politici, gruppi diversi si erano riuniti tra loro “in modo molto approssimativo” con l’intento di “rovesciare lo Shah”, ma quando si concretizzò la possibilità di rovesciarlo effettivamente, non esisteva un piano di transizione. E ad approfittarne fu Khomeini.

Si dice ottimista Abbas Milani, direttore della facoltà di Studi iraniani all’Università di Stanford, che crede che l’opposizione e i movimenti emersi negli ultimi mesi nel Paese sarebbero in grado di formulare un piano di transizione efficace. “Sono nella diaspora da 35 anni”, ha dichiarato allo stesso giornale, “e non ho mai, mai visto la comunità iraniana, sia all’interno che all’esterno dell’Iran, tanto dedita quanto organizzata quanto mobilitata per il suo scopo”.

Le proteste potrebbero fallire e i restauratori conservare il loro potere. Gli attivisti e gli iraniani della diaspora per il momento dicono di non volerci pensare, di non poter immaginare questa opzione. Le ripercussioni sarebbero troppo violente, la vendetta si abbatterebbe su un Paese intero con proporzioni senza precedenti. Ormai, ripetono, “Siamo a un punto di non ritorno”.

4762544*Valeria Cagnazzo (Galatina, 1993) è medico pediatra e praticante giornalista. Scrive poesie per le quali ha ottenuto premi e riconoscimenti. Ha collaborato con il Centro di Poesia Contemporanea di Bologna. Il suo libro “Inondazioni” (Capire Editore) nel 2020 è stato selezionato nella triade finalista del premio “Pordenone legge – I poeti di vent’anni”.

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