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Donne, libertà e diritti umani in Iran


Il 21 febbraio 2023 alle ore 15:00, presso la sala Caduti di Nassirya del Senato della Repubblica si terrà la conferenza dal titolo “Donne, libertà e diritti umani in Iran”. Durante l’evento la Fondazione Luigi Einaudi presenterà il suo manifesto “per un

Il 21 febbraio 2023 alle ore 15:00, presso la sala Caduti di Nassirya del Senato della Repubblica si terrà la conferenza dal titolo “Donne, libertà e diritti umani in Iran”. Durante l’evento la Fondazione Luigi Einaudi presenterà il suo manifesto “per un Iran libero”.

Il 13 settembre 2022, la donna curda iraniana Mahsa Amini è stata arrestata dalla polizia “morale” iraniana, che regolarmente arresta, detiene arbitrariamente, tortura e maltratta giovani ragazze e donne, secondo loro colpevoli poiché non rispettano l’obbligo di indossare il velo. Mahsa, picchiata violentemente, è morta dopo tre giorni di coma. Da quel giorno su tutto il territorio del Paese dilagano mobilitazioni della società civile e proteste. Le donne dell’Iran manifestano da più di due mesi in nome dei loro diritti fondamentali, tra tutti quello di essere considerate esseri umani e non oggetti o esseri inferiori, quello di essere protagoniste della loro vita e non figure ancillari, quello di essere libere.

Saluti istituzionaliSen. Giulio Terzi di Sant’Agata
Amb. Mark D. Wallace
CEO e fondatore di “PaykanArtCar”

Dr. Hiva Feizi presenta:Masih Alinejad, giornalista e attivista
Hamed Esmaelion

Andrea Cangini,
Segretario Generale della “Fondazione Luigi Einaudi – FLE”, presenta il Manifesto “Per un Iran libero”

Saranno presenti:
Prof. Germano Dottori, analista
Dr. Francesco Galietti, analista

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Migranti: l’odio gentile della destra come male banale


Non crediamo mai abbastanza a ciò in cui non crediamo (M. Conte S. 2004) Accade che nei contrasti tra persone gli animi si scaldino la sudorazione aumenti come il battito cardiaco e l’emotività faccia alterare il tono della voce. In genere percepiamo l’urlìo quale manifestazione esteriore da rifiutare. Poi c’è uno stile più soft suadente […]

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Cina: riapertura improvvisata


La Cina ha avuto un’esperienza sulle montagne russe nell’affrontare la pandemia di COVID-19 dopo l’allentamento della politica COVID-zero. Mentre la situazione ora è gradualmente tornata alla normalità, le prime settimane dalla riapertura della Cina il 7 dicembre 2022 sono state estremamente difficili per milioni di persone nel Paese. Molte città erano affollate di persone che […]

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Ucraina: ‘come son tristi Parigi e Berlino, soltanto un anno dopo…’


“Macron ha indebolito l’Europa”: così la nostra Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha commentato l’improvvisa e imprevista tappa a Parigi, la sera prima dell’ultimo Consiglio Europeo, del leader ucraino Volodymyr Zelensky, per una cena organizzata in tutta fretta dal Capo dello Stato francese in presenza anche del Cancelliere tedesco Olaf Scholz. Le ricostruzioni più accreditate […]

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Gli Stati Uniti hanno bisogno di una politica ferma sull’Iran


Gli Stati Uniti dovrebbero adottare una politica Iran-Russia più ferma, che affronti adeguatamente la partnership in rapida crescita tra il regime iraniano e Mosca su più fronti, compresi quelli militare, strategico, nucleare ed economico. Sfortunatamente, la politica dell’amministrazione Biden riguardo ai legami Iran-Russia sembra aver incoraggiato, o facilitato, la strada per avvicinare Teheran e Mosca. […]

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La Crimea è una polveriera


La più grande minaccia di catastrofe nucleare che l’umanità abbia mai affrontato è ora centrata sulla penisola di Crimea. Negli ultimi mesi, il governo e l’esercito ucraini hanno ripetutamente promesso di riconquistare questo territorio, che la Russia ha sequestrato e annesso nel 2014. L’establishment russo, e la maggior parte dei russi, da parte loro, ritengono […]

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Dall’Alaska un segnale di profondo malessere dello spazio


Una cosa è certa: in questo momento l’intelligence americana è veramente molto occupata a comprendere che cosa sta accadendo sui suoi cieli. Da poche ore, dopo una consultazione tra la Premier canadese Justin Truedeau e il Presidente americano Joe Biden, due F-22 hanno abbattuto una sorte di aerostato, non si conoscono i dettagli, nei cieli […]

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Un’altra stabilità in Europa è possibile


La Commissione europea, dopo una consultazione durata quasi un anno, ha presentato un progetto sorprendentemente ambizioso e in qualche modo rivoluzionario Questa settimana a Bruxelles inizia la trattativa sul nuovo Patto di stabilità, cioè sulle regole d

La Commissione europea, dopo una consultazione durata quasi un anno, ha presentato un progetto sorprendentemente ambizioso e in qualche modo rivoluzionario


Questa settimana a Bruxelles inizia la trattativa sul nuovo Patto di stabilità, cioè sulle regole di bilancio che dovranno essere re-introdotte in Europa dopo la sospensione — all’inizio della pandemia — della vecchia versione del Patto. In questa trattativa l’Italia sarà rappresentata dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e dal nuovo direttore del Tesoro, Riccardo Barbieri.

Si partirà dalla proposta della Commissione europea la quale, dopo un processo di consultazione durato quasi un anno, lo scorso novembre ha presentato un progetto sorprendentemente ambizioso e in qualche modo rivoluzionario. Viene abbandonato il Patto basato su rigide soglie numeriche, identiche per tutti i Paesi: l’idea è di sostituirlo con piani di riduzione del debito che la Commissione negozierà con ciascun Paese e che saranno valutati chiedendosi se garantirebbero la sostenibilità del debito.

Una seconda innovazione è la proposta di usare, come strumento per garantire la sostenibilità del debito, il percorso della spesa pubblica al netto degli interessi. Mi pare una scelta saggia perché evita che una recessione, e la caduta del gettito fiscale che la accompagna, possano indurre politiche di bilancio pro-cicliche, cioè strette di bilancio che aggravano la recessione. Un approccio fondato su una regola di spesa e su piani a medio termine produce aggiustamenti meno sensibili alle condizioni economiche del Paese.

Infine, l’orizzonte per la riduzione del rapporto debito-Pil, in principio fissato in 4 anni, diventa anch’esso negoziabile. Il vecchio Patto prevedeva che il rapporto scendesse ogni anno di un ventesimo della distanza tra il livello corrente e il 60%. Con le nuove regole gli Stati membri potranno chiedere rientri più graduali, in cambio di riforme e piani di investimento sorvegliati da Bruxelles.

La proposta della Commissione, che ha molti elementi in comune con il progetto italo-francese proposto da Draghi e Macron nel dicembre 2021, si ispira all’esperienza del Pnrr il cui disegno è molto diverso dal vecchio Patto di stabilità. Il patto lasciava ai Paesi tutte le scelte economiche strategiche limitandosi ad imporre loro un insieme uniforme di regole. Il Pnrr invece affida ai Paesi e alla Commissione, che decidono insieme, la scelta di obiettivi comuni (transizione verde, digitalizzazione, riduzione delle disuguaglianze), con una forte discrezionalità nella formulazione dei piani nazionali tenendo conto della realtà istituzionale di ciascuno Paese.

Vecchio Patto e nuove regole differiscono anche nelle modalità di esecuzione. Con il Patto eventuali deviazioni dagli obiettivi concordati erano affrontate solo tramite la moral suasion, e questa non ha mai funzionato. Nel Pnrr invece il mancato rispetto degli impegni può essere sanzionato con la sospensione dei finanziamenti, e finora questa minaccia sembra essere efficace.

Ma dietro queste differenze fra il vecchio Patto e la nuova proposta vi è un diverso modo di ottenere la riduzione del rapporto fra debito pubblico e Pil. Un primo approccio consiste nell’agire sul deficit, riducendolo: contraendo, cioè, la spesa pubblica o aumentando la pressione fiscale. Se la contrazione del deficit avviene troppo rapidamente, e con un sostegno limitato della politica monetaria, oppure aumentando le tasse anziché tagliando le spese (perché molta spesa pubblica, in primis pensioni e sanità, è difficile da tagliare), si provocherà una recessione con il risultato paradossale che il rapporto tra debito pubblico e Pil, anziché scendere, salirà. Se poi la recessione è particolarmente grave, può avere effetti sul potenziale di crescita dell’economia — scoraggiando la creazione di imprese, l’innovazione tecnologica e l’apprendimento di tecniche nuove da parte dei lavoratori — e così avere benefici limitati anche nel medio/lungo periodo. Questo tipo di aggiustamento è stato adottato dall’Unione europea negli anni delle crisi di debito sovrano (2010-13), generando un’ondata di austerità, con il risultato che alla fine il rapporto debito-Pil anziché ridursi è aumentato: fra il 2011 e il 2013, un periodo di intensa austerità, il rapporto debito-Pil aumentò in Italia dal 120 al 132,5 per cento.

Diversamente si possono mettere in campo politiche economiche per favorire un elevato tasso di crescita dell’economia, sia stimolando gli investimenti, privati e pubblici, sia con riforme che migliorino l’allocazione delle risorse produttive, in primis il lavoro. Evidentemente questa seconda strada è preferibile, visto che aumentare la crescita economica è sempre positivo, anche ignorando gli effetti collaterali sulla sostenibilità del debito pubblico. È però anche un approccio più fragile: affinché un programma di investimenti pubblici abbia effetti duraturi sulla crescita, la scelta del tipo di investimenti è cruciale. Questo significa che la scelta di quali investimenti pubblici e quali riforme attuare durante un programma di riduzione del debito richiede una valutazione attenta e realistica di quanto possano contribuire alla crescita della capacità produttiva nel lungo periodo e non solo alla crescita della spesa totale nel breve periodo.

Nel complesso il Pnrr offre un esempio incoraggiante di questo secondo approccio. La crescita italiana degli ultimi due anni ha portato a una discesa veloce del rapporto debito/Pil: da 155 a 147 in soli tre anni. Parte di questa rapida crescita è dovuta a un effetto di recupero dopo la recessione molto acuta del 2020, e parte della crescita è crescita «nominale» dovuta all’inflazione. Ma è utile ricordare che dopo la recessione del 2009 non si era avuta una ripresa altrettanto veloce e l’inflazione era stata a lungo al di sotto dell’obiettivo della Banca Centrale Europea. È ragionevole supporre che la diversa performance dell’economia italiana negli ultimi due anni sia dovuta in parte significativa al supporto fiscale che il Pnrr consente. Non è certo che gli investimenti pubblici fatti grazie ai fondi del Pnrr portino a crescita duratura, ma sicuramente la selezione degli investimenti e delle riforme che li hanno accompagnati è stata guidata da obiettivi di lungo periodo.

L’interesse dell’Italia è tener fermi due punti: restare allineata con la proposta della Commissione, rivendicandone una qualche paternità; insistere su un modello di riduzione del debito fondato su investimenti e crescita. Se il primo richiede capacità di alleanze, il secondo richiede precisi indirizzi di riforme e altrettanto precisi investimenti pubblici, capaci di attivare anche quelli privati, necessari tanto quanto quelli pubblici.

Corriere della Sera

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Coerranti


Bene collaborare, meno nello sbagliare. Si finisce con il trasformare un successo in un regresso. Conta la realtà: nelle ore in cui si concludeva il Consiglio europeo la Russia scatenava un nuovo e massiccio attacco missilistico. Putin non conosce e ricon

Bene collaborare, meno nello sbagliare. Si finisce con il trasformare un successo in un regresso. Conta la realtà: nelle ore in cui si concludeva il Consiglio europeo la Russia scatenava un nuovo e massiccio attacco missilistico. Putin non conosce e riconosce altra strada che quella del massacro, non lascia margini ad alcun negoziato. L’Unione europea ha preso diverse iniziative per aprire una via diplomatica, tutte respinte. Se non c’è la possibilità di negoziare l’Ucraina deve vincere. Questa è la partita. Sono stati commessi tre errori, ci si è trovati a errare insieme, ma insieme si continuerà ad essere erranti, assieme in cammino. I tre errori sono poca cosa rispetto al rinnovato successo: l’Occidente e l’Ue restano compatti, al fianco degli aggrediti.

La decisione di inviare armi all’Ucraina è caldeggiata e condivisa dalle istituzioni dell’Unione, ma è una decisione nazionale. Ciascuno decide per le proprie armi, senza vincoli esterni. Il che comporta delle differenze, anche perché diversi sono i rispettivi arsenali, e può portare a un coordinamento a geometria variabile. E, del resto, quando i leaders di Francia, Germania e Italia andarono assieme a Kiev, in treno, 24 capi di Stato o governo erano assenti. Non per questo “esclusi”. Per Meloni lamentare il mancato invito ad un incontro, all’Eliseo, è stato un errore. Poche ore prima i ministri della difesa di Francia e Italia avevano concordato il da farsi. Se il tedesco si fosse sentito “escluso” avrebbe sbagliato.

Un errore lo ha commesso anche il presidente francese, Macron. Era ragionevole che Zelensky vedesse separatamente il capo del governo britannico, essendo un importante fornitore di aiuti ed esterno all’Ue. Era anche ragionevole che incontrasse le guide di Francia e Germania, che forniscono armi che altri non inviano. Ma non è ragionevole che a un rilievo (sbagliato) Macron risponda che c’è un ruolo speciale di Francia e Germania, perché conosciamo la storia, conosciamo i numeri, ma dentro l’Ue non sono previste specialità. E siccome Macron è fra i più europeisti dei governanti europei, non gli sarà difficile riconoscere l’errore.

Un terzo errore lo ha commesso Zelensky, che in quanto invitato poteva tenersi fuori dalla polemica sugli inviti, ma ha voluto dire che con Macron e Scholz sono stati discussi temi di cui non si può parlare. Allora non lo dire. Perché questo non sposterà di un capello la posizione italiana o di altri europei, ma rischi e costi li corriamo e sosteniamo tutti, sicché ci sono le sedi adatte per parlare senza comiziare.

Questo tris è stato mal giocato, ma resta roba da poco rispetto allo scenario: fin qui si è aiutata l’Ucraina a resistere all’invasione e le armi sono servite ad evitare una vittoria russa (che per ciò stesso ha perso) e lasciare lo spazio ai negoziati, ma se i negoziati vengono esclusi dall’aggressore allora le armi non serviranno più solo a difendersi, ma a vincere. Lo ha capito bene un vecchio conoscitore del mondo, Kissinger, che stupisce sempre per la lucidità e non si smentisce mai in quanto a realismo. Ma questo porta anche a potere considerare l’attacco ucraino alla Crimea, cosa di cui scrive Lenzi a pagina quattro. Stiamo parlando di un passaggio destinato a segnare la storia dei decenni a venire. Chi se ne frega dell’invito, dell’errore e della replica.

Non c’è alternativa sensata al procedere assieme, come europei. C’è una convenienza politica ed economica a farlo integrando le difese e le industrie per la difesa. Non ci sono schieramenti alternativi in Ue (non i Paesi di Visegrad, visto che Polonia e Ungheria sono agli antipodi). Può esserci il rattrappimento nelle propagande vernacolari, fatte da crestuti che credono d’essere galli e sono invece polli.

Ciascuno rappresenta idee e interessi. È normale. I guai cominciano quando ciascuno vuol far vedere che sta rappresentando determinate idee o interessi. A quel punto non mira più al risultato, ma alla rappresentazione. Che sarà quella di un fallimento.

La Ragione

L'articolo Coerranti proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Giudici e pm: la norma attuale è ipocrita. La separazione delle carriere serve subito – Gazzetta di Reggio


L'articolo Giudici e pm: la norma attuale è ipocrita. La separazione delle carriere serve subito – Gazzetta di Reggio proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/giudici-e-pm-la-norma-attuale-e-ipocrita-la-separazione-dell


#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



In Cina e Asia – Anche la Cina minaccia di abbattere un UFO


In Cina e Asia – Anche la Cina minaccia di abbattere un UFO pallone
I titoli di oggi:

Anche la Cina minaccia di abbattere un UFO
Rapporti Cina-Ue: tra sanzioni e accordi congelati
Energie rinnovabili: l'Ue contro i sussidi cinesi alle imprese

Xi e il leader cambogiano contro "l'egemonia" degli Stati Uniti
Gli effetti della guerra dei chip sulla società cinesi
L'e-commerce cinese punta a espandersi in Europa e Nord America
Indonesia: gravi violazioni nelle fabbriche cinesi

L'articolo In Cina e Asia – Anche la Cina minaccia di abbattere un UFO proviene da China Files.



Lavorare per conusmare di più | Comune-info

"Non è una teoria complottista quella che vede i consumatori ultimi ingranaggi di un meccanismo che punta a massimizzare produzione e profitti (per pochi) impoverendo la maggior parte di noi. L’esplosione di servizi finanziari, anche particolarmente rischiosi, per rateizzare in ogni modo i pagamenti ne rappresentano il suggello."

comune-info.net/lavorare-di-pi…



Meno festa, più guerra. La Danimarca dice “no”


Il governo della Danimarca, impegnato nel sostegno militare a Kiev, vuole cancellare una festività per aumentare le spese militari e pensa alla leva obbligatoria femminile. Sindacati e sinistre scendono in piazza L'articolo Meno festa, più guerra. La Dan

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 13 febbraio 2023 – Ormai, ovunque, la parola d’ordine è aumentare le spese militari, e per trovare risorse aggiuntive molti governi non si fanno scrupoli a saccheggiare i bilanci dell’istruzione, della sanità, del welfare. Alcuni esecutivi, poi, pur di fare cassa orchestrano soluzioni “creative”.

Via il “Grande giorno della preghiera”
È il caso del nuovo governo danese che, pur di rastrellare fondi da destinare al bilancio della Difesa, ha deciso di abolire lo “store bededag”, il “Grande giorno della preghiera”.
La premier socialdemocratica Mette Frederiksen – che a dicembre ha formato una coalizione con Liberali e Moderati, due formazioni rispettivamente di centrodestra e di centro – ha inserito la cancellazione della festività nel programma di governo, insieme ai tagli fiscali per i redditi più alti e a una riforma della sanità che premia i gruppi privati.
L’esecutivo assicura che la misura porterebbe a maggiori introiti per lo stato di 430 milioni di euro, che permetterebbero al paese di portare la spesa militare al 2% del Pil – come richiesto dall’Alleanza Atlantica – già nel 2030, raggiungendo l’obiettivo con tre anni di anticipo rispetto a quanto concordato nel marzo 2022 da socialdemocratici, Partito Socialista-Popolare, Liberali e Conservatori.
Per l’esecutivo i quasi 4 miliardi di euro che il paese ha speso per la Difesa nel 2022 – l’1% del Pil – sono troppo pochi per far fronte alla “minaccia russa” e per continuare a sostenere militarmente l’Ucraina. A gennaio, tra l’altro, un rapporto semestrale della NATO criticava la Danimarca per non aver investito sufficienti risorse nelle sue forze armate.

La Danimarca dice no
Ma il disegno di legge presentato dalla coalizione di governo ha scatenato nel piccolo paese nordico una levata di scudi generalizzata. Secondo un recente sondaggio ben il 75% dei danesi sarebbe contrario al provvedimento che pretende di eliminare, già dal 2024, la festa tradizionale che cade il quarto venerdì successivo alla domenica di Pasqua, istituita nel lontano 1686.
Sul piede di guerra ci sono sia le chiese protestanti sia i sindacati che, per motivi in parte diversi, nel paese nordico hanno dato vita ad una mobilitazione senza precedenti.
Una petizione online ha raccolto in pochi giorni quasi 500 mila firme, e domenica 5 febbraio quasi 50 mila persone provenienti da tutta la Danimarca hanno protestato nella piazza del palazzo di Christiansborg a Copenaghen, sede del Parlamento, per chiedere all’esecutivo di ritirare il provvedimento. Era da almeno un decennio che in Danimarca non si assisteva a una manifestazione così partecipata.

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La protesta dei sindacati
In piazza sono scesi, soprattutto, i militanti della FH, la Confederazione dei Sindacati, un’organizzazione che riunisce 79 organizzazioni e conta 1,3 milioni di affiliati in un paese di appena 6 milioni di abitanti. In prima fila nella protesta anche tutti i partiti di sinistra, dall’Alleanza rosso-verde fino ai comunisti passando per il Partito Socialista Popolare e formazioni ecologiste.
La Chiesa Evangelico-Luterana, ovviamente, è nettamente schierata contro la decisione di Frederiksen, ma l’opinione contraria è sorretta nella maggioranza dei casi da considerazioni di ordine politico e sociale piuttosto che religiose.
Genera indignazione il fatto che l’esecutivo abbia scelto di penalizzare la classe lavoratrice per recuperare risorse da destinare alla spesa bellica.
«Non credo sia un problema dover lavorare un giorno in più. Stiamo affrontando enormi spese per la difesa e la sicurezza» ha detto Mette Frederiksen presentando al parlamento il proprio programma di governo. Ma i sindacati insistono nel difendere un giorno di riposo, per quanto la Danimarca sia tra i paesi europei in cui si lavora meno ore. «Abbiamo bisogno di tempo per riprenderci fisicamente e mentalmente, e per concentrarci sulle nostre famiglie e su noi stessi» ha spiegato all’emittente pubblica danese DR un educatore che partecipava alla manifestazione.
Inoltre, ha accusato la segretaria generale della Confederazione dei Sindacati Lizette Risgaard, la decisione del governo attacca il “modello danese”, nel quale la retribuzione e l’orario di lavoro vengono regolati da accordi bilaterali negoziati dalle organizzazioni dei lavoratori e da quelle degli imprenditori, senza l’intervento dello stato. Anche i sindacati dei dipendenti del settore militare hanno protestato contro il provvedimento.

Il no all’escalation
Non mancano poi gli economisti che contestano gli studi governativi, secondo i quali l’aggiunta di una giornata lavorativa permetterebbe di generare maggiori introiti per 3,2 miliardi di corone, attraverso l’aumento delle entrate fiscali e la riduzione dei sussidi. Le risorse rastrellate, secondo alcuni studi, sarebbero assai più contenute, rendendo la misura inutile, oltre che ingiusta. Oltretutto nelle scorse settimane, nel tentativo di ammorbidire i sindacati, l’esecutivo ha offerto un aumento dei salari dello 0,45% come compensazione per la perdita di un giorno di ferie pagate.
Una parte dell’opinione pubblica, poi, sia per motivi etici sia politici, rimane contraria all’aumento della spesa militare, anche se alcuni dei partiti della sinistra l’hanno sostenuto nella precedente legislatura e, assieme alle opposizioni di destra, hanno presentato per gonfiare comunque il budget della Difesa che non prevede l’abolizione di una delle undici festività annuali.
Molti manifestanti, domenica scorsa, portavano cartelli che recitavano «Dì no alla guerra».
Il quotidiano Politiken, il più prestigioso del Paese e con una linea editoriale di centrosinistra, ha definito un “autogol incomprensibile” il piano della premier, che però sembra non voler tener conto delle proteste, anche se secondo i sondaggi il suo partito ha subito un tracollo nelle intenzioni di voto.
Già dieci anni fa un altro governo, sempre a guida socialdemocratica, tentò di eliminare lo “store bededag” ma dovette rinunciare a causa delle forti proteste.

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Militari dell’esercito danese

Sostegno a Kiev e coscrizione obbligatoria per le donne
Nelle ultime settimane, intanto, l’esecutivo ha deciso di inviare a Kiev un certo numero di tank Leopard1, dopo aver già ceduto all’Ucraina 19 sistemi Caesar di fabbricazione francese, degli obici montati su camion che possono colpire bersagli anche a sei chilometri di distanza.
Come se non bastasse, in un’intervista alla tv pubblica danese, il ministro della Difesa e vicepremier di Copenaghen Jakob Ellemann-Jensen ha affermato che il governo intende imporre la coscrizione militare obbligatoria a sorteggio anche per le donne, al fine di aumentare le dimensioni e l’efficienza delle proprie forze armate.
Attualmente, le donne possono entrare nell’esercito solo su base volontaria mentre se vengono scelti tramite un sistema a sorteggio, gli uomini sono obbligati a prestare il servizio militare; normalmente la naia dura quattro mesi, ma in alcune circostanze può arrivare fino a dodici. Nei fatti, sebbene la legge consenta alle forze armate di imporre il servizio militare, attualmente solo l’1% degli effettivi delle forze armate del paese nordico viene arruolato in questo modo. Evidentemente l’esecutivo sta pensando di aumentare questa quota.
In Europa solo due paesi prevedono la coscrizione militare obbligatoria per le donne: la Norvegia dal 2013 e la Svezia dal 2018. – Pagine Esteri

5374085* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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Italia ‘retrocessa’: il flop di Meloni in Europa


Al di là delle chiacchiere che ci ha imbonito nella ormai usuale conferenza stampa monstre, la nostra ‘Signor Presidente del Consiglio on.le Giorgia Meloni’ ha mostrato on chiarezza estrema e preoccupante due cose, poi ampiamente strombazzate dai suoi. Incidentalmente, non che sia importante, l’ho vista parlare ad un palchetto dinanzi al quale troneggia una sorta […]

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UE: l’Italia paga le conseguenze dell’assenza di Draghi


Di tutta evidenza che la gara è a chi la spara più grossa. Giorgia Meloni fa flop in Europa: il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden chiarisce in modo inequivocabile che la politica di aiuti pubblici del governo alle imprese che operano nel territorio americano non si discute. Dal suo punto di vista si comprende: […]

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Hellripper - Warlocks grim & withered hags


Terzo disco per lo scozzese James McBain aka Hellripper la sua devastante creatura musicale votata allo speed metal e al black metal senza alcun compromesso.

iyezine.com/hellripper-warlock…




Discorso di Roger Waters al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Roger Waters, cofondatore dei Pink Floyd, è intervenuto alla riunione del Consiglio di Sicurezz


Il giardino dei Finzi Contini di Giorgio Bassani


Saranno le leggi razziali fasciste emanate in Italia dal 1938 in poi, ad avvicinare i tre giovani che, spesso, s’incontreranno nel vasto e magnifico giardino di casa Finzi-Contini, centro pulsante del libro.

#libro

iyezine.com/il-giardino-dei-fi…



23.831 morti. Dopo oltre 100 ore dal devastante terremoto in Turchia, Kurdistan e Siria, si sta ancora scavando tra le macerie, spesso a mani nude, per tentare


di Predrag Matvejević, Novi List, 12 febbraio 2005 Titolo originale: "Foibe" su fašistički izum - Queste righe sono state scritte nel Giorno del ricordo i




- Cina con malware
- Facebook servitore di +padroni
- Cavi amari per la Cina
- #Privacy e Stato dell'Unione (Europea): Biden come @giacomotesio?
- i #Pirati su E-ID
- Dati personali + ISEE = niente paywall. Le buone intenzioni e la privacy
- Carnevale per #Assange

Buon week end!





In questo numero:
- Attacco all'Italia, ma anche no
- Le API di #Twitter non impollineranno più
- #Mastodon è morto. E se lo dicono gli stessi che non lo conoscevano prima di tre mesi fa, c'è da crederci…
- Feddit.it si aggiorna e il fediverso italiano ci guadagna




Mentre @carolafrediani sfreccia per le piste di Ovindoli, gustandosi gli ultimi scampoli di settimana bianca, noi ci facciamo in quattro per approntare una finta @GuerrediRete che aiuterà a non sentirne troppo la mancanza: #TregueDiRete
informapirata.it/2023/02/11/tre…

Immagine/foto





Indo-Pacifico: USA, priorità alla sicurezza rispetto all’economia


Sotto il Presidente Joe Biden, gli Stati Uniti hanno intensificato la loro campagna per costruire ed espandere la propria posizione geostrategica nell’Indo-Pacifico. La recente visita alla Casa Bianca del Primo Ministro giapponese Fumio Kishida è stata una ricompensa significativa per questa strategia. La visita è stata preceduta dagli annunci del Giappone nel dicembre 2022 di […]

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Kazakistan sotto la giurisdizione russa?


Secondo ogni stima, il 2022 è stato un anno molto buono per coloro che hanno favorito e continuano a favorire il mantenimento del russo come, di fatto, la prima, se non l’unica lingua ufficiale della Repubblica del Kazakistan, sebbene non sia stabilito dalla Costituzione kazaka, e che erano e sono ancora intenzionati a rendere il […]

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USA – Cina: pallone-spia, acqua al mulino dei ‘falchi’


La vicenda del ‘pallone-spia’ cinese intercettato la scorsa settimana nei cieli degli Stati Uniti e successivamente abbattuto sopra l’oceano Atlantico apre un nuovo fronte caldo nelle già complesse relazioni fra Washington e Pechino. I contorni della vicenda non sono ancora del tutto chiari. Nell’annunciare l’individuazione del dispositivo, fonti militari statunitensi hanno dichiarato di averne seguito […]

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La sanità della Chiesa lombarda: il ‘sacro’ dell’umanizzazione e il ‘profano’ della tecnica


Tutti sanno che l’offerta sanitaria della Chiesa, nella lingua d’uso la ‘sanità religiosa’, ha avuto periodi di grande sviluppo ed è stata in molti territori antesignana riguardo all’assistenza socio sanitaria. La risposta degli ordini religiosi ai bisogni della gente è proverbiale per la sua prossimità e per i servizi sanitari che ha offerto sia in emergenza […]

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Chiude l'istanza mastodon.lol a causa dei #SJW di #HogwartsLegacy


L'istanza mastodon.lol, un server da 18.000 utenti chiuderà a breve. Troppe polemiche scatenate dalla campagna spoiler di #HogwartsLegacy

@Che succede nel Fediverso?

Questo è lo sfogo dell'amministratore

Mastodon.lol chiuderà il 9 maggio 2023, 3 mesi da oggi.
Informazioni su come migrare su un server diverso: docs.joinmastodon.org/user/mov…

Non lo farò più. Non ne vale la pena. Attacchi personali che mi chiamano tra tutte le persone un nazista, un TERF, un antisemita...
Congratulazioni per aver distrutto qualcosa a cui tenevo così profondamente. Spero tu sia felice.
Un ultimo messaggio prima che qualcuno cerchi di assassinare ulteriormente il mio personaggio: Fanculo i nazisti. Fanculo i TERF. JK Rowling può morire in un incendio per quello che mi interessa.

L'autore non voleva dare spazio ai Social Justice Warrior che hanno deciso di spoilerare l'ultimo videogioco basato sulla saga di Harry Potter e di distruggere l'ambiente di un'istanza mastodon gestita per amore e piacere. E loro l'hanno accusato di essere un nazista.
Perché? ma naturalmente... "per un bene superiore"!


Mastodon.lol will shut down on May 9, 2023, 3 months from today.

Information on how to migrate to a different server: docs.joinmastodon.org/user/mov…

I'm not doing this anymore. It's not worth it. Personal attacks calling me of all people a Nazi, a TERF, an antisemite...

Congrats on destroying something I cared so deeply about. I hope you're happy.

One last message before anyone tries to further assassinate my character:

Fuck Nazis.
Fuck TERFs.
J.K. Rowling can die in a fire for all I care.


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L’interesse


L’Italia è una sola. L’occasione dei fondi europei Ngeu e del connesso piano Pnrr è una sola. Il governo italiano è uno solo e quello in carica non so se durerà un’intera legislatura (che poi il problema non è durare, bensì operare), ma è sicuramente in c

L’Italia è una sola. L’occasione dei fondi europei Ngeu e del connesso piano Pnrr è una sola. Il governo italiano è uno solo e quello in carica non so se durerà un’intera legislatura (che poi il problema non è durare, bensì operare), ma è sicuramente in carica nel tempo determinante perché quei vitali investimenti siano realizzati. Uno solo è l’interesse dell’Italia, sicché sperare, per faziosità, che fallisca è una follia autolesionista. Non di meno che fallisca è possibile e alcune avvisaglie ci sono. Di questo dovrebbe occuparsi chi non vive solo di rivalse del passato e di tifo nel presente.

Gli interessi dell’Italia non sono gli interessi di una parte. Sbagliano gli oppositori che rimproverano al governo l’assenza a una cena. Sbaglia il governo a ingrugnirsi per l’assenza. Quel che conta è che Zelensky viene a consolidare la via d’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea e che quella fu idea che nessuno più del governo italiano caldeggiò, lavorandoci concretamente. Non un “altro” governo, ma “il” governo. Il solo esistente. Patriottismo è questo, non la fanfara, il dir “Nazione” o il far spettacolo della Costituzione.

Nella convivenza europea il problema non è la farina di grilli o la classe energetica delle case, che son cretinate demagogiche messe in giro fidandosi del fatto che chi ascolta non sappia di che si tratta, nel mentre mangia lumache e controlla il bollino blu della caldaia. Il nostro problema è il debito. E non lo si gestisce salmodiando “elasticità, elasticità”. Se si hanno delle idee, devono essere europee.

1. Abbiamo il debito pubblico più alto, in rapporto al prodotto interno lordo, con la sola e non esaltate eccezione della Grecia. 2. Ma il club che supera il 100% si allarga e il nostro debito complessivo, pubblico più privato, è in linea con quello degli altri grandi europei. 3. Il debito complessivo, nel mondo, è oggi pari ad uno spaventoso 420% del prodotto globale. 4. I tassi d’interesse crescono e quello sarà un problema di tutti. Allora non mi metto a dire che se i tedeschi spendono di più per sostenere le loro aziende allora io devo potere indebitarmi di più, perché quel maggiore debito diventerà un peso per le mie, mica per le loro aziende. Non spero che tutto il debito italiano sia posseduto da italiani, perché è come dire che i risparmi degli italiani servono ad alimentare la spesa pubblica corrente, impoverendosi e perdendo occasioni di crescita nel mondo. Provo a pensare europeo e proporre una strada.

A. L’euro e il mercato comune europeo sono un vantaggio competitivo, una parte considerevole dei debiti nazionali è posseduto dalla Banca centrale europea, che se ne disfaccia è un bene, che finisca sul mercato può essere un problema, la cosa migliore sarebbe disporre di un’agenzia Ue del debito. B. Quei debiti non saranno mai cancellati (salvo che non si vada in bancarotta, nel qual caso averli venduti solo ai propri cittadini sarebbe una brutale fregatura) o ripagati, ma vanno assorbiti. C. Per farlo l’agenzia del debito aiuta a tenere i tassi reali bassi. D. L’Italia ha interesse, ma nessuna credibilità a proporlo se non ci sbrighiamo almeno a ratificare la riforma del Mes.

Non basta. Ha ragione Meloni a dire che il modo per tenere in equilibrio il debito è crescere. Per crescere serve competitività, che è data da innovazione e concorrenza. Ma se vedo il governo inchiodato sui balneari ne deduco che non cresceranno mai. In tutti i sensi.

Il pubblico di casa può essere intrattenuto in vario modo, ma alla fine conta il risultato. Meloni (e con lei Giorgetti) hanno assimilato la lezione impartita dal disastro del primo governo Conte, con i Salvini e i Di Maio che volevano dar lezioni all’“Europa”. L’odierna consapevolezza della delicatezza dei conti è molto apprezzabile. Si perde tempo, però, se si pensa di rappresentare gli interessi italiani in Ue, laddove si devono indirizzare gli interessi Ue a essere coerenti con quelli nazionali. Fa tenerezza sentir reclamare più Europa e più unità, da chi ha predicato meno integrazione e più nazionalità. Pensare europeo o non pesare nazionale.

La Ragione

L'articolo L’interesse proviene da Fondazione Luigi Einaudi.

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Si chiamava Alberto Motta il giovane operaio di 29 è morto stamani all’alba mentre lavorava nel porto di Civitavecchia; Quest’ennesimo delitto si consuma a


Un nuovo laboratorio di analisi letteraria – Gazzetta del Sud


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Ucraina: la globalizzazione illegale è il principale ‘alleato’ della Russia contro l’Occidente


Il 24 febbraio 2023 sarà un anno da quando la Russia ha invaso il territorio dell’Ucraina indipendente e ha dato il via a una guerra su vasta scala. Allo scoppio della guerra, la prima risposta dell’Occidente fu annunciare sanzioni economiche alla Russia. Questo può essere interpretato come l’inizio di una guerra fredda , introdotta dall’Occidente […]

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Biden accelera sulla Nato asiatica e accusa la Cina


Nel discorso sullo "stato dell'Unione" Biden ha tuonato contro la Cina. Washington si rivolge sempre più anche all’Asia-Pacifico, dove la rivalità strategica tra Pechino e Washington potrebbe scatenare prima o poi una guerra tra le prime due economie del

di Michelangelo Cocco*
Pagine Esteri, 9 febbraio 2023 – I pochi minuti del suo “Discorso sullo stato dell’unione” che ieri Joe Biden ha riservato alla politica estera sono quasi tutti indirizzati all’avversario con il quale gli Stati Uniti sono ormai entrati in rotta di collisione, quella che l’ultima Strategia di sicurezza nazionale ha definito «la sfida geopolitica più significativa per l’America»: la Repubblica popolare cinese.

«Non mi scuserò per il fatto che stiamo investendo per rendere forte l’America – ha affermato il presidente degli Stati Uniti -, nell’innovazione americana, nelle industrie che definiranno il futuro e che il governo cinese intende dominare». Con un evidente riferimento alla vicenda del pallone aerostatico cinese, Biden ha ammonito Pechino: «Non commettete errori: come abbiamo chiarito la scorsa settimana, se la Cina minaccia la nostra sovranità, agiremo per proteggere il nostro Paese. E lo abbiamo fatto!».

Biden ha rappresentato ancora una volta quella con la Cina una “competizione” tra democrazie e autoritarismi, sostenendo che – grazie ai provvedimenti della sua amministrazione – le prime, guidate da Washington, si sono rafforzate rispetto alle seconde. La narrazione di Washington, ampiamente condivisa dai repubblicani, raffigura uno scontro tra il bene e il male, come ai tempi della Guerra fredda. Biden ha insistito sulla necessità di «modernizzare il nostro esercito per difendere la stabilità e impedire aggressioni» e di «lavorare assieme ai nostri alleati per proteggere le nostre tecnologie avanzate in modo che non possano essere utilizzate contro di noi».

Il discorso annuale dell’inquilino della Casa bianca è stato preceduto di qualche giorno dalle ultime mosse della Nato, la cui attenzione – mentre in Ucraina è in corso un’escalation bellica, con l’impiego di armi più letali da una parte e dall’altra – si rivolge sempre più anche all’Asia-Pacifico, dove la rivalità strategica tra Pechino e Washington potrebbe scatenare prima o poi una guerra tra le prime due economie del pianeta, entrambe potenze nucleari.

L’Alleanza Atlantica – che con il conflitto tra Mosca e Kiev ha riguadagnato protagonismo politico e militare (si pensi, ad esempio, al prossimo ingresso di Svezia e Finlandia e alla candidatura dell’Ucraina, all’incremento delle spese per la difesa negli stati membri e all’aumento previsto, da 40.000 a 300.000, delle sue truppe pronte a combattere) sta spingendo per un coordinamento più stretto con i paesi partner dell’Asia orientale, con l’obiettivo di contenere la Repubblica popolare nell’area che Washington vuole evitare che divenga il “cortile di casa” di Pechino. È in questo scenario che s’inquadra la missione di Jens Stoltenberg in Corea del sud e Giappone (29 gennaio-1° febbraio).

Nel discorso pronunciato il 1° febbraio alla Keio University di Tokyo il segretario generale della Nato ha sostenuto che «l’idea che la Cina – che ha definito una “potenza sempre più autoritaria” – non abbia importanza per la Nato non funziona» e che «siamo prontissimi a rafforzare ulteriormente ed espandere la partnership con questa regione». Il giorno prima, incontrando il premier Fumio Kishida, aveva accusato Pechino di «prevaricare i suoi vicini e minacciare Taiwan», sottolineando che «sta guardando da vicino la guerra in Ucraina, imparando lezioni che potrebbero influenzare le sue decisioni future. Ciò che sta accadendo in Europa oggi potrebbe succedere in Asia orientale domani». A Tokyo, come nei giorni precedenti a Seul, l’ex premier laburista norvegese ha usato toni durissimi.

Siamo già entrati nella fase della preparazione di una nuova campagna bellica? La Nbc ha rivelato il memo con il quale, il 27 gennaio scorso, il generale Mike Minihan, a capo dello Air Mobility Command (circa 50 mila uomini e 500 aerei) ha previsto una guerra tra Stati Uniti e Cina nel 2025, innescata da uno scontro nel Pacifico, su Taiwan.

Pechino osserva con preoccupazione questa escalation retorica: «La Nato continua a oltrepassare le sue zone e aree di difesa tradizionali ed esagera la minaccia della Cina», ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning.

Il decennale “Strategic Concept” approvato dal vertice Nato di Madrid (29-30 giugno 2022) ha identificato la Cina come «sfida sistemica alla sicurezza euro-atlantica». Stoltenberg ha elogiato i piani recentemente varati d Tokyo che spalancano le porte al raddoppio delle spese per la difesa, perché «la deterrenza (la corsa agli armamenti, ndr) è un modo di difendere la pace e prevenire le aggressioni». Il premier Fumio Kishida ha annunciato «il rafforzamento dell’attuale cooperazione Giappone-Nato a nuovi livelli che riflettano le sfide di una nuova era», attraverso l’apertura quest’anno di una rappresentanza diplomatica presso il quartier generale della Nato a Bruxelles e la partecipazione di funzionari nipponici ai vertici del Consiglio nordatlantico e dei ministri della difesa della Nato.

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Il Giappone (dove sono di stanza circa 50.000 soldati Usa) ha un ruolo fondamentale nel dispositivo militare statunitense nel Pacifico. Assieme a Taiwan (sempre più massicciamente armata da Washington, e dove – come confermato dalla presidente Tsai Ing-wen – sono presenti da anni istruttori militari Usa) e alle Filippine, che il 3 febbraio hanno concesso l’utilizzo agli Stati Uniti di altre quattro basi militari per monitorare Taiwan e il Mar cinese meridionale (portandone a nove il numero complessivo), fanno parte della “Prima catena di isole” il cui controllo nel 1951 (durante la Guerra di Corea) fu individuato dal diplomatico e futuro segretario di stato repubblicano John Foster Dulles come essenziale per “contenere” l’Unione Sovietica e la Cina. E negli ultimi giorni i media giapponesi hanno rilanciato indiscrezioni su un possibile accordo Tokyo-Washington per il dispiegamento di missili balistici Usa a medio raggio nell’isola giapponese di Kyushu, vicino a Taiwan.

«Non c’è alcuna giustificazione per le minacce della Cina contro Taiwan», ha sostenuto Stoltenberg dopo lo scoop della Nbc sul documento del generale Minihan. Sull’isola che Xi Jinping ha promesso di “riunificare” alla Rpc intende recarsi in primavera Kevin McCarthy, replicando il viaggio (la “provocazione”, secondo Pechino) del 2 agosto scorso della sua predecessora, Nancy Pelosi, che indusse l’Esercito popolare di liberazione a inscenare le più grandi esercitazioni militari mai condotte intorno all’Isola. Secondo i media Usa, il Pentagono si sta già preparando ad affrontare le ripercussioni della mossa del nuovo speaker della Camera.

Stoltenberg ha sottolineato che «noi vediamo come la Cina e la Russia si muovono sempre più assieme» e che «siamo sicuri che con la presidenza del G7 il Giappone continuerà a concentrarsi sull’importanza delle sanzioni economiche contro la Russia». Il giorno prima a Seul (dove si trovava anche il ministro della difesa Usa Lloyd Austin) aveva invitato il governo a fornire sostegno militare diretto all’Ucraina, superando la politica sudcoreana di non vendere armi ai paesi in guerra. Secondo i media Usa, a Kiev potrebbero arrivare – venendo prima acquistati da un paese terzo – i tank “K2 Panther” e centinaia di migliaia di munizioni d’artiglieria prodotte in Corea del sud. Sotto la supervisione dello U.S. Indo-Pacific Command, gli USA hanno circa 25 mila militari in Corea del sud.

Secondo Cho Han-bum, ricercatore del sudcoreano Korea Institute for National Unification, la combinazione della cooperazione trilaterale Stati Uniti-Corea del sud-Giappone con l’accordo di sicurezza Aukus (Australia, Regno Uniti, Stati Uniti) crea di fatto una Nato asiatica che mira a contrastare la Cina.

Il pallone aerostatico cinese che il Pentagono ha seguito dal 1° febbraio scorso e che per giorni ha sorvolato lo spazio aereo statunitense – passando anche sul Montana, dove sono custoditi i missili balistici intercontinentali “Minuteman III” – è stato avvistato poco dopo l’ufficializzazione di queste ultime “grandi manovre” di contenimento della Cina, che non sono soltanto di carattere militare.

Negli ultimi giorni gli Stati Uniti hanno convinto i governi di Giappone e Olanda – sedi dei colossi Tokyo Electron e Asml – a imporre restrizioni all’esportazione in Cina di macchinari per la fabbricazione di microchip, i cervelli dell’industria e della difesa moderne. Il Dipartimento del Commercio ha spiegato che «i controlli multilaterali sono più efficaci dei controlli unilaterali, e l’impegno straniero su questi controlli è una priorità». Lo stesso ministero ha esteso il divieto di export Usa a Huawei a ulteriori tecnologie (meno avanzate di quelle già proibite): il colosso cinese sta accusando un colpo dopo l’altro.

È in questo contesto più ampio che va inquadrato l’annullamento della visita a Pechino (prevista per domenica scorsa) del segretario di stato Usa, Antony Blinken, rispetto al quale l’incidente di quello che per il ministero della difesa Usa è “sicuramente” un pallone-spia rappresenta solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Una controversia che non è ancora chiaro quanto Washington sia tentata di trasformare in un caso internazionale, provando a mettere sotto accusa Pechino (dal Pentagono sono filtrate notizie secondo cui i “palloni-spia” cinesi spierebbero tutti e cinque i continenti).

Come che sia, la vicenda del pallone aerostatico cinese è anzitutto la cartina al tornasole che rivela che, dall’insediamento dell’amministrazione Biden, il dialogo tra Pechino e Washington si è limitato soprattutto alla retorica, all’enunciazione – da parte sia di Pechino sia di Washington – di buoni propositi, a fini mediatico-propagandistici. La realtà invece parla di mosse sul terreno e di alleanze che preparano uno scontro, di un “dialogo” prigioniero di una rivalità strategica che rischia di andare fuori controllo a ogni errore o provocazione, di una parte o dell’altra. – Pagine Esteri

5324712*Giornalista professionista, China analyst, scrivo per il quotidiano Domani. Ho pubblicato “Xi, Xi, Xi – Il XX Congresso del Partito comunista e la Cina nel mondo post-pandemia (Carocci, 2022), e “Una Cina perfetta – La Nuova era del Pcc tra ideologia e controllo sociale (Carocci, 2020). Habitué della Repubblica popolare dal 2007, ho vissuto a Pechino nel 2011-2012, corrispondente per il quotidiano il manifesto nello scoppiettante e nebbioso crepuscolo della tecnocrazia di Hu Jintao & Co. Sono rientrato in Cina nel gennaio 2018, anno I della Nuova era di Xi Jinping, quella in cui il Partito-Stato regalerà a tutti “una vita migliore” e costruirà “un grande paese socialista moderno”. Racconto storie, raccolgo dati e cito fatti evitando di proiettare le mie ansie e le mie (in)certezze su un popolo straordinario che se ne farebbe un baffo.

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"Abbiamo provato a gestire un'istanza Mastodon ed è stato terribile!" E no, non stiamo parlando di poliversity.it :-)


Allevare un mastodonte in giardino è pericoloso!

@Che succede nel Fediverso?

FT Alphaville è un servizio quotidiano di notizie e commenti per i professionisti dei mercati finanziari creato dal Financial Times nell'ottobre 2006. A novembre scorso i responsabili del sito hanno pensato di aprire un'istanza Mastodon, ma hanno dovuto confrontarsi con la tipica flessibilità e il leggendario coraggio che contraddistingue gli Inglesi quando il rischio di un'iniziativa non ricade su una société anonyme o una limited company o più semplicemente qualche outsourcer indiano o maltese...
Ecco tutta la storia

Qualche mese fa, FT Alphaville ha pensato che sarebbe stato divertente ospitare un server Mastodon. Ragazzi, abbiamo sbagliato!

È quindi con sollievo e rammarico che annunciamo la chiusura di Alphaville.club, la casa completamente non ufficiale di questo blog sul Fediverso. Le nostre ragioni sono elencate di seguito per intero ma, per riassumere, Mastodon si è rivelato più fastidioso di quanto valesse.

Se ti sei registrato tramite Alphaville.club, il passaggio a un server esistente dovrebbe essere semplice . Intendiamo dare a tutti tre mesi per liberare (come suggerisce il Mastodon Server Covenant ) anche se se il traffico scende a zero ci riserviamo il diritto di staccare la spina prima.

Nel frattempo, a beneficio dei miliardari bisognosi e/o del team Distressed Debt & Special Situations di Morgan Stanley, ecco alcune cose che abbiamo imparato sul perché assumersi la responsabilità di un sito di social media è una cattiva idea:

I rischi di conformità, sicurezza e reputazione sono sostanziali e crescono in modo imprevedibile. Sebbene in gran parte ipotetici, questi rischi sono stati giudicati abbastanza seri da esercitare una gestione ai massimi livelli . Quelle persone hanno cose migliori da fare che ripulire il nostro casino.

Il lato legale è tutto questo ancora una volta mille volte. Prendiamo, ad esempio, lo UK Investigatory Powers Act 2016. Le persone diligenti hanno passato anni a capire come le sue parole imprecise si applicano alle organizzazioni dei media. Queste stesse conclusioni valgono per una sorta di silos di contenuti generati dagli utenti, ma non realmente decentralizzato? Non so. L'unico posto per scoprirlo con certezza sarebbe in tribunale, e preferiremmo proprio di no.

I proprietari dei server Mastodon sono responsabili delle diffamazioni dei loro utenti? È improbabile ma, quando la diffamazione coinvolge i giudici, non impossibile. Ancora una volta, il valore della scoperta è controbilanciato dal costo della scoperta.

Gli amministratori di Mastodon hanno accesso ai messaggi diretti di tutti per impostazione predefinita. FTAV non ha alcun interesse a scivolare senza invito nei DM di nessuno e il modo migliore per dimostrarlo è rimuovere tutte le opportunità.

Tutto quanto sopra è scritto dal punto di vista del Regno Unito, ma gli avvocati sono letteralmente ovunque . Probabilmente ce n'è uno dietro di te in questo momento.

E il GDPR ? Rimozione del Digital Millennium Copyright Act? Normative sul commercio elettronico ? CAN-SPAM? FTAV tratta i dati degli utenti con una combinazione di disinteresse e disinteresse, ma ciò non è sufficiente a garantire il rispetto di tutte le leggi e normative globali pertinenti.

Per ovvi motivi, non possiamo usare il trucco di BigTech di concentrare gli sforzi di lobbying mettendo tutti i nostri server in Lussemburgo o in Irlanda.

La proprietà responsabile di una rete di social media richiede backup giornalieri, memorizzazione nella cache dei livelli, monitoraggio dei tempi di inattività, bilanciamento del carico e un mucchio di cose tecnologiche che probabilmente non darebbero problemi a una persona che non possiede una rete di social media.

Nessuna delle cose appena citate è divertente.

I servizi cloud funzionano secondo il principio del California Hotel: è facile iniziare, ma non appena entri, sei bloccato. Dopo appena un mese la nostra presenza Fediverse appena visibile occupava 160 gigabyte e ogni aggiornamento obbligatorio del server ha avuto un effetto esponenziale sul costo, misurato in contanti o carbonio. Nuclearizzare tutto sembra davvero l'unica via d'uscita.

L'utilizzo di build software e servizi cloud di terze parti significa fidarsi dei loro termini e condizioni, il che richiede di leggerli effettivamente.

Una rata di interessi sul nostro debito sindacato scadrà già alla fine di gennaio e non possiamo licenziare il personale o riconquistare inserzionisti, non avendo nessuno dei due.

Come abbiamo detto a novembre, Alphaville.club era una cosa non ufficiale che sarebbe vissuta o sarebbe morta in base ai propri meriti. Abbiamo scoperto che la risposta è stata "sarebbe morta" - ma per quanto gli esperimenti falliti non siano piacevoli, il nostro non è costato a nessuno $ 44 miliardi. Questo è già qualcosa,

Qui il link al canto funebre di FT alphaville.club è qui...

in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

Accipuffa, dobbiamo lavorare per gestire un server e un'applicazione con utenti. Eccheccazzo: noi mica ci si vuole sbattere, ti pare? Non siamo abituati a lavorare: noi scriviamo su un social e qualcun altro fa il resto. Già scrivere 140 caratteri fa sudare...

🤦🏻‍♂️ Vabbè, meglio perderli che trovarli.
@fediverso @informapirata

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