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Le parole del ministro Valditara contro la preside fiorentina Annalisa Savino sono di gravità inaudita e dimostrano che in Italia c'è un rischio fascista. Inv


Paolo Ferrero* Ad un anno dal suo inizio, la guerra in Ucraina è arrivata ad un punto di svolta. La guerra in corso, in cui le superpotenze si fronteggiano,


Ucraina vs Russia: tutti i perché di una guerra che viene da lontano


Il 26 maggio 1896, nella Chiesa della Dormizione al Cremlino, veniva incoronato Nicola II Romanov, l’ultimo zar di tutte le Russie. Di Russia non ce n’era infatti una sola, ma, insieme alla Grande Russia, quella per intenderci di Mosca e San Pietroburgo, c’era la Russia Bianca di Minsk e laggiù, più a sud, la Piccola Russia di Kiev. […]

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PODCAST NABLUS. Sale bilancio vittime, raid aerei israeliani su Gaza


Sono aumentati a 11 i morti causati dall'incursione dell'esercito israeliano nella città palestinese. Sciopero generale in Cisgiordania. L'Autorità Nazionale Palestinese sotto pressione per i suoi rapporti con Israele L'articolo PODCAST NABLUS. Sale bila

di Eliana Riva –

Pagine Esteri, 23 febbraio 2023 – Restano negli ospedali decine di feriti palestinesi, alcuni dei quali in condizioni critiche. Uno di loro è spirato nella notte portando a 11 il bilancio provvisorio di vittime del blitz israeliano a Nablus. Da Gaza lanciati nella notte 6 razzi verso il sud d’Israele che ha reagito bombardando l’enclave palestinese. Sciopero generale nei Territori Occupati. La tensione rischia di sfociare in una ulteriore escalation. Ne abbiamo parlato con il direttore di Pagine Esteri, Michele Giorgio.
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Barcellona rompe con Tel Aviv. Israele divide la Spagna


I rapporti con Israele polarizzano il dibattito politico in Spagna. La decisione della sindaca di Barcellona - Ada Colau - di congelare il gemellaggio con Tel Aviv ha suscitato le proteste di Israele, della destra spagnola e anche delle sinistre moderate

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 16 febbraio 2023 – Le diverse opinioni sul rapporto da intrattenere con Israele stanno polarizzando, negli ultimi giorni, il dibattito politico all’interno della Spagna.

Barcellona congela il gemellaggio con Tel Aviv
Era dal 2015 che i movimenti catalani per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni nei confronti di Israelechiedevano alle neoeletta sindaca di Barcellona, l’ex attivista del movimento contro gli sfratti Ada Colau, di interrompere le relazioni istituzionali con Israele.
La richiesta, più volte inevasa, è stata finalmente accolta dalla prima cittadina del capoluogo catalano lo scorso 8 febbraio, a poche settimane dalla convocazione delle prossime elezioni municipali fissate per il prossimo 28 maggio.
Ada Colau ha comunicato di aver congelato le relazioni con Israele e in particolare il gemellaggio tra la Barcellona e Tel Aviv, siglato nel lontano 1998 all’interno di un accordo che include anche Gaza in un improbabile “triangolo della cooperazione”.
«Non possiamo più tacere di fronte alla violazione flagrante e sistematica dei diritti umani» ha scritto la leader dei Comuns in una lettera indirizzata al premier israeliano Benjamin Netanyahu, sottolineando che la misura non intende rappresentare un atto di discriminazione nei confronti della popolazione o della religione ebraica ma una opportuna censura nei confronti del governo del cosiddetto “stato ebraico”.
Nella missiva la sindaca ha ricordato che organizzazioni internazionali come Human Rights Watch e Amnesty International e l’israeliana B’Tselem «hanno denunciato che le pratiche dello stato di Israele contro la popolazione palestinese, come l’apartheid e la persecuzione, possono essere considerati dei crimini contro l’umanità». Già nel giugno dell’anno scorso, del resto, una mozione approvata dal Parlamento catalano con i voti di Erc (centrosinistra indipendentista) e della Cup (sinistra radicale indipendentista), ma anche dei socialisti e dei Comuns equiparava le conseguenze dell’occupazione israeliana all’apartheid.
«Non possiamo (…) chiudere gli occhi di fronte a una violazione ampiamente documentata da decenni dagli organismi internazionali» ha scritto la sindaca annunciando la sospensione delle relazioni istituzionali «finché le autorità israeliane (…) non si atterranno agli obblighi imposti dal diritto internazionale e dalle risoluzioni dell’Onu».
La prima cittadina dei Comuns si è apertamente allacciata alla campagna “Barcellona contro l’apartheid” lanciata dal coordinamento “Basta complicità con Israele”; la sigla riunisce 112 diverse organizzazioni popolari, sociali, politiche, sindacali ed ha raccolto quasi 4000 firme per ottenere che il consiglio comunale della città discutesse le richieste del movimento che si batte per i diritti del popolo palestinese e chiede alle istituzioni di interrompere i rapporti con lo “stato ebraico”.

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Il no della politica
Colau ha però deciso di agire firmando un’ordinanza, senza far passare il provvedimento al vaglio dell’assemblea comunale. La decisione ha suscitato un vespaio – esacerbato dal clima elettorale – non solo all’interno dell’opposizione ma anche della sua maggioranza di centrosinistra.
L’opposizione di destra – Junts, Ciudadanos e PP – hanno chiesto un consiglio straordinario sull’iniziativa della sindaca. Già il Partito Socialista – alleato dei Comuns nel governo cittadino – aveva chiesto che appena possibile l’assemblea comunale discutesse l’ordinanza, giudicata un “grave errore”.
Anche in seno ad Esquerra Republicana, a parte qualche voce isolata, si sono levate forti critiche sia al carattere unilaterale sia alla sostanza del provvedimento che, nella plenaria del 24 febbraio, potrebbe essere quindi bocciato. Anche nello stesso partito della sindaca, del resto, non mancano i contrari all’iniziativa anche se il gruppo consiliare è rimasto compatto ieri mattina, nel corso di una votazione di ricognizione senza conseguenze, che ha detto ‘no’ alla sindaca. A favore di Ada Colau hanno votato solo i Comuns mentre i consiglieri di Esquerra si sono astenuti.

Il sostegno internazionale
A sostegno di Ada Colau, invece, si sono espressi una cinquantina di personalitàdel mondo della cultura, dello spettacolo, dell’arte, della politica. Una dichiarazione internazionale di solidarietà alla sindaca di Barcellona è stata firmata dai premi Nobel Annie Ernaux, Mairead Maguire, George P. Smith e Jody Williams, dagli attori Mark Ruffalo, Miriam Margolyes, Viggo Mortensen, Susan Sarandon, dai registi Fernando Meirelles e Ken Loach, da musicisti come Marianne Faithful, Peter Gabriel e Brian Eno, da intellettuali come Angelas Davis, Arundathi Roy e Naomi Klein. Tra i firmatari anche l’ex vicepresidente del Parlamento Europeo Luisa Morgantini. La dichiarazione critica i governi per non aver reagito alle sistematiche violazione del diritto internazionale e alle violazioni dei diritti del popolo palestinese da parte di Israele. In un messaggio personale l’ex ministro del governo di Nelson Mandela, il sudafricano Ronnie Kasrils, ha affermato di essere entusiasta della decisione di Ada Colau.
Il congelamento dei rapporti con Tel Aviv è stato definito «coraggioso» dall’Associazione catalana degli ebrei e dei palestinesi ed ha ricevuto anche il sostegno dalla European Jewish for Just Justice, una rete dei 12 associazioni pacifiste europee.

La condanna della destra e di Israele
Immediata ed inappellabile, invece, è stata la condanna da parte del Ministero degli Esteri israeliano e della Federazione delle comunità ebraiche spagnole. Quest’ultima ha definito quella di Ada Colau una forma di «sofisticato antisemitismo».
Anche la destra spagnola è andata subito all’attacco, accusando la sindaca di Barcellona di antisemitismo. Il sindaco di Madrid José Luis Martínez Almeida, del Partito Popolare, ha invitato il primo cittadino di Tel Aviv a stringere un gemellaggio tra le due città.
La presidente della Comunità di Madrid (anch’essa del PP) Isabel Díaz Ayuso ha compiuto, il 12 e 13 febbaio, una visita istituzionale di due giorni in Israele, fissata prima dell’annuncio della Colau. Per sua stessa ammissione, il viaggio è servito per ampliare le relazioni economiche con le imprese e le istituzioni israeliane ed attirare nuovi investimenti. Ideologicamente, negli ultimi anni, anche la destra radicale di Vox si è distinta per il sostegno incondizionato a Israele.

L’ambiguità di Pedro Sanchez
Da parte sua il premier Pedro Sànchez ha evitato di incontrare i dirigenti israeliani, cosa che però hanno fatto più volte alcuni dei suoi ministri socialisti. Inoltre il primo ministro aveva promesso, nel 2015, che se avesse avuto accesso al governo avrebbe riconosciuto lo Stato palestinese. Lo ha ribadito nel 2017 e l’impegno è stato inserito all’interno del programma elettorale del Partito Socialista per le elezioni del 2019. Al momento, però, nonostante le pressioni di Unidas Podemos e dei partiti indipendentisti baschi e catalani che sostengono la sua maggioranza dall’esterno, la promessa non è stata ancora onorata e nulla fa pensare che Sanchez voglia dar seguito all’impegno preso nel prossimo futuro.

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Contestata a Madrid l’ambasciatrice di Israele
Intanto l’8 febbraio, all’interno dell’Università Complutense di Madrid gli organizzatori di una conferenza sugli “Accordi di Oslo” hanno invitato l’ambasciatrice in Spagna dello “stato ebraico”, Rodica Radian-Gordon.
Gli attivisti delle reti di solidarietà con la Palestina ne hanno approfittato per inscenare una contestazione, ricordando che solo nel mese di gennaio l’esercito di occupazione ha ucciso 35 palestinesi.
La reazione degli addetti alla sicurezza dell’ambasciatrice e dell’Università è stata violenta e spropositata. Un uomo, poi riconosciuto come un agente israeliano di scorta alla rappresentante diplomatica, ha addirittura minacciato i manifestanti con una pistola. Mentre l’ambasciatrice abbandonava il convegno, un plotone della Policia Nacional in assetto antisommossa ha aggredito i manifestanti. La giornata si è conclusa con due attiviste fermate e denunciate. – Pagine Esteri

5573047* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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Sonno. - Supervoids


Torniamo con grande gioia a parlare di una delle etichette del sottobosco musicale italiano e più precisamente ligure, ovvero di Musica Orizzontale, una delle parabole più interessanti ed eretiche uscite dall’estremo ponente ligure.

@Musica Agorà #musica #idm #elettronica

iyezine.com/sonno-supervoids

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Il Sacco Wahabita di Karbala (1802)


Se avessimo istantanee del Sacco Wahabita di Karbala del 1802, sarebbero immagini di cataste di cadaveri, fiumi di sangue e dello scempio completo di un’intera città sacra. Le Cause Le cause del Sacco Wahabita di Karbala del 1802 sono complesse e multifattoriali, ma possono essere sintetizzate in tre principali fattori: le tensioni tra i persiani e gli ottomani, la rivalità tra sunniti e sciiti e soprattutto la crescente influenza del movimento wahhabita. La dinastia safavide era al culmine del suo potere nel XVI secolo, quando riuscì a stabilire l’Iran come una potenza regionale e a diffondere l’Islam sciita in tuttoContinue reading

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Masih Alinejad e Hamed Esmaeilion a Roma per parlare di diritti e Iran – laredazione.net


Masih esorta a non diventar complici del regime e di tagliate i rapporti con la Repubblica islamica perché la loro ideologia è pericolosa e «infetta il resto del mondo». Per spiegare questo concetto la giornalista ricorda un fatto successo nel 2016 quando

Masih esorta a non diventar complici del regime e di tagliate i rapporti con la Repubblica islamica perché la loro ideologia è pericolosa e «infetta il resto del mondo». Per spiegare questo concetto la giornalista ricorda un fatto successo nel 2016 quando per la visita in Italia del presidente Hassan Rouhani, “per non offenderlo”, coprirono tutte le statue di nudo presenti nel Museo Capitolino.

Donne, Libertà e Diritti umani in Iran

Ieri, Martedì 21 febbraio 2023, alle ore 15:00 presso il Senato della Repubblica italiana, in Sala Nassirya si è tenuta la conferenza stampaDonne, Libertà e Diritti umani in Iran”. All’incontro hanno partecipato: Masih Alinejad, giornalista e dissidente, in Usa dal 2009, Hamed Esmaeilion, portavoce dell’associazione vittime dei familiari del volo PS752, abbattuto l’8 gennaio 2020 su ordine dei Pasdaran, Hiva Feizi, Co-Fondatrice di “PaykanArtCar”, Andrea Cangini, Segretario Generale Fondazione Luigi Einaudi – FLE, Germano Dottori (Analista) e Francesco Galietti (Analista).

Il dibattito è stato organizzato da Fondazione Luigi Einaudi Onlus per Studi di Politica Economia e Storia e Ministero della Cultura.

La conferenza inizia con i saluti istituzionali di Antonella Zedda e dell’ambasciatore Mark D. Wallace. Wallace nel suo intervento ricorda quanto sia importante la libertà di stampa, una libertà che in Iran non c’è, e dove i giornalisti non possono diffondere notizie critiche e contro il regime, per questo ogni giornalista iraniano dovrebbe essere supportato dai suoi colleghi stranieri e le loro voci venir diffuse.

Hiva Feizi, grazie alla quale si è realizzata questa conferenza, interviene dopo l’ambasciatore. Ovviamente le sue prime parole sono dedicate ai cittadini e alle cittadine iraniane che combattono per la loro libertà, e alle vittime della violenza della Repubblica islamica. Il pensiero di Feizi è rivolto anche alle famiglie delle vittime del volo PS752 abbattuto l’8 gennaio 2020 dal Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC).

Della tragedia del volo PS752, ne avevamo parlato in un precedente articolo, ricordiamo soltanto che poco dopo il decollo, avvenuto con un’ora di ritardo, il Boeing 737-800 dell’Ukraine International Airlines che volava lungo la rotta da Teheran a Kiev è stato abbattuto, uccidendo tutti i 176 passeggeri e l’equipaggio a bordo.

L’intervento di Masih Alinejad

Masih Alinejad inizia il suo discorso partendo da un’esperienza personale. L’attivista racconta che anche lei in Iran era una giornalista parlamentare, ma che le è stato impedito di fare il suo lavoro. Il regime della Repubblica islamica, prosegue Masih, non tollererebbe nessuna delle giornaliste presenti in sala, perché non sono accettate le donne che non si coprono, e coloro che si ribellano rischiano di essere incarcerate; questa «non è solo una questione che riguarda le donne iraniane, ma l’identità e la dignità di tutte noi».

L’intervento di Masih è molto carico e pieno di energia, e con la stessa energia invita i presenti a sostenere la rivoluzione del popolo iraniano che da 5 mesi combatte per la propria libertà; in merito cita una famosa espressione usata spesso nel giornalismo «when it bleeds, it leads», ma, asserisce Masih: «questa frase vale solo per i media, nella realtà non c’è più bisogno di vedere giovani uccisi e il loro sangue versato per le strade». Sollecita anche a non credere alle notizie diffuse dai media di stato iraniani, di non diventar complici del regime e di tagliate i rapporti con la Repubblica islamica, perché la loro ideologia è pericolosa e «infetta il resto del mondo».

Per spiegare questo concetto la giornalista ricorda un fatto successo nel 2016 quando per la visita in Italia del presidente Hassan Rouhani, “per non offenderlo” coprirono tutte le statue di nudo presenti nel Museo Capitolino.

Non inaspettato è il suo appello all’Europa e all’Italia per far designare l’IRGC come gruppo terrorista, perché, ribadisce, non inserire l’IRGC tra i terroristi è comunque come prendere una posizione.

Il pensiero dell’attivista fa leva sul fatto che ciò che sta succedendo in Iran non è una «faccenda esclusivamente del Medio Oriente», riguarda tutti, il concetto di libertà non ha confini perché i «diritti umani sono globali».

L’intervento di Hamed Esmaeilion

Hamed Esmaeilion, portavoce dell’associazione PS572justice e che in quell’“incidente” ha perso sua figlia e sua moglie, ha esortato l’Ue a non negoziare con la Repubblica islamica «incapace di impegnarsi in alcun accordo», e a non fare alcun compromesso con gli uomini del regime, che imprigionano i cittadini stranieri per usarli come ricatto e perseguita le minoranze.

Anche Esmaeilion, come aveva già fatto Alinejad, ha poi ribadito la richiesta di espellere gli ambasciatori iraniani dalle varie ambasciate e designare l’IRGC come terrorista.

Successivamente, sono intervenuti Andrea Cangini, Germano Dottori e Francesco Galietti, che nel dare la loro analisi geo-politica, hanno sostenuto il movimento “Donna, Vita, Libertà”.

laredazione.net

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Masih Alinejad: “Il velo islamico è come il muro di Berlino, abbattiamolo e cadranno gli ayatollah” – RAI News


Alinejad è, insieme a Esmaelion, la principale oppositrice della Repubblica islamica. Le interviste a Rainews.it in occasione dell’incontro in Senato con gli iraniani della diaspora che chiedono all’Italia sostegno sui diritti violati in Iran Lei è consid

Alinejad è, insieme a Esmaelion, la principale oppositrice della Repubblica islamica. Le interviste a Rainews.it in occasione dell’incontro in Senato con gli iraniani della diaspora che chiedono all’Italia sostegno sui diritti violati in Iran

Lei è considerata una minaccia per la teocrazia al potere nella Repubblica islamica dell’Iran: dagli Stati Uniti Masih Alinejad è arrivata a Roma per incontrare gli iraniani della diaspora e chiedere sostegno all’Italia sui diritti umani e sulle azioni da intraprendere contro Teheran anche in Europa. Accompagnata da un altro attivista simbolo della lotta al regime come Hamed Esmaelion, portavoce del volo 752AFV Teheran/Kiev, caduto per mano dei Pasdaran l’8 gennaio 2020, subito dopo il decollo, in cui si contarono 170 vittime compreso l’equipaggio. I due hanno parlato al Senato italiano, ospite della fondazione Luigi Einaudi.

Masih Alinejad, che vanta milioni di follower sui social media, ai nostri microfoni ricorda la battaglia che l’ha resa celebre nel mondo nella lotta per i diritti delle donne iraniane nel suo Paese e in generale per i diritti umani. Il suo cavallo di battaglia è quello di opporsi all’uso del velo islamico obbligatorio per le donne in Iran (e in Afghanistan ndr), ancor prima della protesta in corso perMasha Amini. Lei che in Iran è stata arrestata e minacciata dagli ayatollah, anche quando nel 2009 è divenuta esule negli Stati Uniti, dove tre settimane fa qualcuno ha cercato di assassinarla.

“Il velo islamico obbligatorio è come il muro di Berlino, se riusciamo ad abbattere questo muro la Repubblica islamica dell’Iran non esisterà più, credo che il velo sia uno dei pilastri principali della dittatura religiosa e che questa rivoluzione guidata dalle donne e sostenuta dagli uomini, sia andata oltre l’hijab”. “Dico di no all’apartheid di genere voluto da questo regime perché le donne sono stufe di sentirsi dire cosa indossare e quale stile di vita adottare, questo è il XXI secolo e le donne vogliono decidere sul proprio corpo”.

Insieme ad Hamed Esmaelion fanno tappa in Italia dopo Bruxelles, dove hanno partecipato, insieme alla numerosa diaspora di iraniani europea, alla marcia di circa 30.000 persone che chiedono all’Europa di inserire l’Irgc (sigla internazionale che indica i Pasdaran ndr) nella lista delle organizzazioni terroristiche europee, cosa già avvenuta negli Stati Uniti. “Non chiediamo molto all’Italia solo di stare dalla parte giusta della storia, chiedo all’opinione pubblica italiana di pensare che una delle rivoluzioni più progressiste del mondo è in atto ora in Iran: donne, adolescenti, uomini innocenti vengono uccisi ingiustamente dal proprio governo, se non sosterrete queste sorelle dovrete affrontare questi terroristi sul suolo italiano, sul suolo europeo”, ha detto Alinejad.

Sulla diaspora iraniana che appare divisa per divergenze interne lancia un appello: “E’ necessario che tutti i gruppi di iraniani in protesta oggi siano uniti contro il nemico comune che è la Repubblica islamica dell’Iran”. “E per questo dico unitevi, stiamo insieme, battiamoci per la democrazia, cerchiamo di salvare anche il resto mondo da uno dei virus più pericolosi al mondo e cioè l’ideologia islamica, non mi riferisco solo alle donne iraniane ma anche alle afgane, non posso credere che le donne vengano uccise in Iran e che vengano cacciate dalle scuole in Afghanistan”.

E conclude con un invito: “E’ arrivato il momento per le donne in Politica, per le sorelle in Italia di essere un esempio per i leader dei Paesi democratici, organizziamoci, si crei una marcia internazionale per le donne, dobbiamo essere uniti e isolare la Repubblica islamica così come è stato fatto per Putin”.

“Accogliamo la sofferenza del popolo iraniano cui due importanti rappresentanti sono in Italia per cercare di risolvereil grave problema legato ai diritti delle donne e in generale a quelli umani nel loro Paese, non è un tema di parte, non è un tema solo religioso e non riguarda solo le donne”, ha detto la Senatrice di Fratelli d’Italia Antonella Zedda promotrice dell’iniziativa.

Hamed Esmaelion, dentista ora residente in Canada, è noto per essere divenuto il portavoce dei familiari delle 170 vittime del volo finito in tragedia due anni fa, in cui perse la moglie e la figlia di 8 anni. Tutti i passeggeri rientravano nei Paesi occidentali dopo la pausa per le vacanze natalizie.

Per Esmaelion la lotta al regime in cui è diventata ragione di vita e soprattutto quella ai Pasdaran, il Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica istituito fin dal 1979 per mantenere l’ordine spirituale e materiale in Iran. Per l’attivista è molto importante che la “Holy guard” venga inserita nella lista delle organizzazioni terroristiche “perchè è questo che sono, terroristi, è la loro vera natura”. Dopo Strasburgo e Bruxelles dove l’emendamento proposto ha ottenuto successo ora è avvertito uno stallo da parte dei vertici europei e, secondo Esmaelion, le principali difficoltà che impedirebbero l’inserimento dei Pasdaran nella lista avrebbero motivazioni economiche e politiche. Di fatto se l’Irgc, essendo così addentro al tessuto istituzionale del Paese, fosse in quella lista nera, costituirebbe un problema per la tenuta del governo di Teheran.

“Alcuni paesi hanno buone relazioni con l’attuale governo iraniano e probabilmente il cambio di regime spaventa alcuni leader europei, ma noi siamo qui per dire che queste non sono paure reali, gli iraniani sanno benissimo ciò che vogliono e ciò che non vogliono, dopo 115 anni per la lotto per la Democrazia ora è il momento per ottenerla”. Secondo l’attivista il nostro Paese potrebbe fare la sua parte: “L’Italia potrebbe inserire i Pasdaran in questa lista, anche con l’espulsione dell’Ambasciatore iraniano a Roma e di tutti gli oligarchi dell’Iran”.

rainews.it

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Sbarco Silente


Secondo i dati forniti dal governo, dall’inizio dell’anno sono sbarcati 12.906 emigranti. Per più di due terzi con mezzi propri o recuperati dalla Guardia Costiera. Nello stesso periodo, l’anno scorso, erano sbarcati in 4.701. L’anno precedente in 3.728.

Secondo i dati forniti dal governo, dall’inizio dell’anno sono sbarcati 12.906 emigranti. Per più di due terzi con mezzi propri o recuperati dalla Guardia Costiera. Nello stesso periodo, l’anno scorso, erano sbarcati in 4.701. L’anno precedente in 3.728.
Supporre che il numero degli sbarchi abbia a che vedere con il colore o le intenzioni del governo in quel momento in carica è una pura sciocchezza. Supporre che i decreti legge tonitruanti bloccheranno il fenomeno è la sua gemella. Allora perché si temeva l’invasione e si gridava alla complicità prima, mentre ora che sono quasi il triplo e più del triplo tutto tace? Perché la differenza non la fanno i fatti reali, ma il modo in cui vengono comunicati e la speculazione con cui sono adoperati. Ed essendo al governo quanti sostennero che fermare tutto era solo questione di volontà, ora la faccenda ha perso sponsor della paura. Ma il problema resta e si dovrà pur cominciare ad affrontarlo senza le retoriche dell’abbracciare o del bloccare.

La Ragione

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Nelle scuole romane un bambino su cinque non sa scrivere in corsivo. La ricerca condotta da un gruppo di studiosi della Sapienza, dell'Umberto I e del Bambin Gesù.


Il 21,6% dei bambini iscritti alle scuole primarie di Roma, ha problemi a scrivere in corsivo. È quanto emerge da una ricerca condotta da Carlo Di Brina (dirigente di Neuropsichiatria infantile dell'Umberto I), Barbara Caravale (del Dipartimento di «Psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione» della Sapienza) e Nadia Mirante (Unità di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza del Bambino Gesù), e pubblicata sulla rivista Children nel febbraio del 2023.

@Notizie dall'Italia e dal mondo

In questo 21,6% rientrano anche bambini disgrafici o con disturbi più ampi, come per esempio il disturbo di coordinazione motoria.

La tanto citata tecnologia - tablet, smartphone e computer - ha invece un ruolo limitato nello sviluppo della capacità di scrivere in corsivo: "L'uso massiccio e continuato di dispositivi elettronici può certamente condurre allo sviluppo di disturbi come deficit d'attenzione, ma ha molta meno attinenza con la scrittura".

cc @Scuola - Gruppo Forum @Maria Chiara Pievatolo @Andrea Mariuzzo @Bibliogadda

romatoday.it/attualita/corsivo…

in reply to Franc Mac

Certo mettere in mezzo persone DSA in mezzo a uno studio di questo tipo significa che sei proprio in mala fede e che vuoi fare il titolone

Scuola - Gruppo Forum reshared this.

in reply to super_user_do

@super_user_do non direi: la percentuale di alunni con DSA nella scuola primaria è piuttosto irrisoria. Parliamo di una media pari al 3,2% di cui solo una parte è costituita da alunni con una disgrafia diagnosticata. Le percentuali riscontrate invece nei bambini che hanno difficoltà a scrivere in corsivo sono sette volte maggiori quindi il "titolone" ci sta tutto

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Oggi alle 10.30, nella Sala Koch di Palazzo Madama, prende il via l'iniziativa “L'Ora di Costituzione”.

Tema della lezione, i principi fondamentali della Costituzione italiana (artt. 1 - 12).

Poliverso & Poliversity reshared this.



L’Elettronica della Difesa nel Golfo Persico. In arrivo l’hub Ew di Elt


L’Elettronica per la Difesa made in Italy stringe partnership strategiche sempre più strette nel Golfo Persico. È questo il contesto in cui è stato siglato il nuovo accordo di partenariato tra Elettronica (Elt), azienda italiana che si occupa di sistemi p

L’Elettronica per la Difesa made in Italy stringe partnership strategiche sempre più strette nel Golfo Persico. È questo il contesto in cui è stato siglato il nuovo accordo di partenariato tra Elettronica (Elt), azienda italiana che si occupa di sistemi per il settore della Difesa, ed Etimad holding Llc (Eh), player internazionale nelle soluzioni tecnologiche per la sicurezza, per istituire un hub Ils negli Emirati Arabi Uniti dedicato ai sistemi di Electronic warfare (Ew). Un’opportunità per condividere le reciproche capacità in materia di sorveglianza e protezione. Nel frattempo, Elt si è aggiudicata anche il ruolo di partner di Abu Dhabi Ship Building per la fornitura del sistema EW per la corvetta della Marina Militare dell’Angola.

L’accordo

Con la firma di questo accordo, Elt collaborerà infatti con Etimad Holding e le sue consociate per stabilire negli Emirati Arabi Uniti un hub logistico integrato per i sistemi Ew. Eh, e le sue controllate, forniranno la riparazione e la manutenzione del sistema Ew di Elt su base esclusiva e supporteranno dunque Elt nella vendita dei propri prodotti. La sinergia di capabilities mira a fornire servizi ad hoc in base alle richieste ed esigenze degli utenti

Collaborazioni più strette nel Golfo Persico

“Il nostro rapporto con gli Emirati Arabi Uniti è molto profondo e continuiamo a lavorare per renderlo più forte”, ha spiegato il presidente e amministratore delegato di Elettronica, Enzo Benigni. L’accordo, infatti, rappresenta a detta del presidente “un passo avanti”, ed Elt continuerà a “collaborare, a condividere e ad arricchire le sue capacità”. Alle sue parole fanno eco quelle del ceo di Etiman holding, Khalid Al-Ali: “Con la firma di tale accordo, Etimad espande la sua partnership strategica con l’obiettivo di aggiungere valore all’interno del Paese negli Emirati Arabi Uniti. Questo accordo è la prima pietra miliare di una cooperazione strategica a lungo termine tra Elettronica ed Etimad”.

Elettronica della Difesa per la Marina angolana

Nel frattempo, Elt ha consolidato la sua intesa anche con Adsb-Abu Dhabi ship building (Edge group) e la Marina militare dell’Angola per la fornitura di Corvette, nell’ambito di un accordo annunciato in occasione di Idex, la grande esposizione che si tiene in questi giorni ad Abu Dhabi. Elt è infatti stata scelta per fornire il Sistema Ew alla Forza armata del Paese africano. L’integrazione delle reciproche capacità è già stata sperimentata in passato e tale accordo indica la volontà di proseguire nella medesima direzione. “Questa importante operazione di export riconosce la maturità e l’eccellenza raggiunta in campo industriale e tecnologico da ADSB. Questo accordo rende Elettronica particolarmente orgogliosa di questa collaborazione e fiduciosa sugli obiettivi ancora più sfidanti che potranno essere raggiunti insieme in futuro, garantendo al Paese la resilienza e la sovranità necessarie in un momento di profonda complessità geopolitica”, ha commentato l’accordo il presidente Benigni.


formiche.net/2023/02/elettroni…



In Cina e Asia –  Wang Yi incontra Putin


In Cina e Asia –  Wang Yi incontra Putin putin
Wang Yi incontra Putin
Il congedo matrimoniale può frenare il calo demografico in Cina?
Punite per aver distribuito bandiere arcobaleno, fanno causa al ministero dell’Istruzione cinese
Niente più visto di Hong Kong per lo scienziato Jiankui He
Crollo delle nascite in Corea del Sud

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#uncaffèconLuigiEinaudi ☕ – Lo Stato liberale è…


Lo Stato liberale è antiplutocratico ed antiugualitario da Lineamenti di una politica economica liberale, Movimento Liberale Italiano, 1943 L'articolo #uncaffèconLuigiEinaudi ☕ – Lo Stato liberale è… proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fon
Lo Stato liberale è antiplutocratico ed antiugualitario


da Lineamenti di una politica economica liberale, Movimento Liberale Italiano, 1943

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fondazioneluigieinaudi.it/unca…



Guerra in Ucraina, la strage ‘utile’ a Biden


Come di rado accade, in uno stesso giorno si sono verificati tre avvenimenti, che, se ci si fosse organizzati per farli avvenire contemporaneamente, non ci si sarebbe riusciti, dato che si intrecciano perfettamente. Mi riferisco al discorso del Presidente Putin a Mosca, a quello del Presidente Biden a Varsavia e all’incontro del Ministro degli esteri […]

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Test da Friendica senza titolo
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Asia centrale: il ‘Corridoio di mezzo’ tra commercio e ambizioni di influenza


Il ‘Corridoio di mezzo’, una rotta commerciale vagamente definita che attraversa la steppa dell’Asia centrale, il Mar Caspio e le montagne del Caucaso, ha generato eccitazione e delusione per quasi due decenni. Conosciuto anche come Corridoio Cina-Asia centrale-Asia occidentale, collega la Cina ei mercati dell’Asia orientale con la Georgia, la Turchia ei mercati europei. I […]

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🚦Le evidenze scientifiche sono tutte a favore del #NutriScore. Di @MDfreerider sul @fattoalimentare


NUTRI-SCORE CONTRO NUTRINFORM BATTERY: COSA DICE LA SCIENZA?

@Scienza e innovazione

Lo Stato Italiano ha già fatto una scelta di campo: tutelare gli interessi dell’industria a discapito della promozione della salute, della prevenzione del sovrappeso-obesità, malattie cardiovascolari e tumori. In Italia grazie alla massiccia propaganda sono tutti (tranne Il Fatto Alimentare e qualche associazione di consumatori) contro il Nutri-Score. L’industria alimentare per mantenere lo status quo vuole un consumatore disinformato, manipolabile e manipolato dalla pubblicità che in Italia non ha alcun limite (gli alimenti spazzatura vengono pubblicizzati in tutte le ore del giorno e in programmi per bambini).

L'articolo di Antonio Pratesi sul Fatto Alimentare

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Solo un vero partito liberal democratico può contrastare le ambizioni conservatrici di Meloni


La premier non ha competitor nel suo campo e nell’opposizione attuale. L’unico ostacolo alla sua idea di costruire una formazione politica paragonabile a quella della destra britannica è la nascita di una forza moderata, ancorata alla famiglia liberale eu

La premier non ha competitor nel suo campo e nell’opposizione attuale. L’unico ostacolo alla sua idea di costruire una formazione politica paragonabile a quella della destra britannica è la nascita di una forza moderata, ancorata alla famiglia liberale europea, in grado di farle concorrenza

Alcune considerazioni sull’evoluzione di Giorgia Meloni nello scenario politico italiano e internazionale. Appare di lampante evidenza la strategia della presidente che sta sempre più attorniandosi nella sua esperienza a Palazzo Chigi da personaggi eterodossi, non provenienti dalla sua storia e dalla storia del suo partito.

Ormai i casi sono così numerosi da non poter essere ricondotti a coincidenze. Per lo più coloro che sono chiamati a collaborare con lei provengono da un’area che potremmo definire moderata-liberale.

Il più noto è il ministro di punta del suo governo, Carlo Nordio, che è anche il più lontano da lei per cultura politica di provenienza. Ma tanti altri non riconducibili direttamente alla destra, soprattutto tra i collaboratori più stretti, sono nel frattempo approdati alla sua corte. Non può essere una scelta casuale.

Il suo partito, invece, resta al momento del tutto impermeabile a questa evoluzione. Potrebbe essere una strategia o, più semplicemente, la circostanza che un premier che sia anche leader di partito, naturalmente riconduce la sua leadership e anche le sue politiche al ruolo istituzionale, facendo passare in secondo piano (nel caso di Meloni oscurando del tutto) le attività proprie del partito di cui è incontestata leader.

È di tutta evidenza che Giorgia Meloni dà un orizzonte di legislatura alla sua esperienza e fa bene a farlo. Anche questa fortunata condizione la pone nell’ottica di “accantonare” almeno per i prossimi anni il partito.

Analizziamo gli obiettivi e gli eventuali ostacoli nel raggiungerli. A me pare che il presidente del Consiglio (come ama essere chiamata) si sia posto un obiettivo ambiziosissimo: dar vita in Italia a un moderno partito conservatore, che si ispiri a un’esperienza precisa, il conservatorismo inglese.

Tutto si muove in tal senso. A cominciare dalla collocazione internazionale e dalle conseguenti posizioni senza oscillazioni sulla guerra, dalla continuità con l’esperienza di Mario Draghi in tanti settori della vita economica e sociale, dalle nuove – per lei – posizioni garantiste sul delicato tema della Giustizia. Queste ultime, per la verità, sinora solo declamate.

Anche il suo attivismo sul terreno delle istituzioni dell’Unione europea e i suoi rapporti in Europa lasciano prefigurare l’intenzione di porsi alla testa dei vari conservatorismi europei, piuttosto che lasciarsi trascinare da essi. Ricordiamo che lei è già presidente del gruppo parlamentare europeo Ecr, quello, appunto, dei conservatori europei. Insomma, tutto torna.

Ma qui cominciano i problemi per lei e le riflessioni per chi non vuole lasciarsi coinvolgere in tale pur originale progetto.

Innanzi tutto il suo partito, ancor più della sua storia personale. Quest’ultima può ben seguire un’evoluzione, mentre il partito a me pare la sua principale palla al piede. Non credo che possa facilmente farne a meno: ricordiamo che la Meloni proviene dalla storia antica del suo partito, prima ancora che da una sua storia personale. Non sarà facile riformarlo e tanto meno staccarsi da esso. Come vorrà gestire la rupture, inevitabile anche sul piano dei rapporti personali, è tutto da vedere. Soprattutto è tutta da farsi e sarà tutt’altro che semplice.

La lezione di Winston Churchill, e i suoi passaggi dai liberali ai conservatori, a me pare troppo ambiziosa e mal si attaglia alla situazione data.

Il quadro dei partiti oggi in campo potrà favorirla. Non ha competitor nel suo campo. Non lo è Matteo Salvini, che con il suo partito viene da tutt’altra storia. Non lo è Forza Italia, il cui declino potrà anzi favorire il suo progetto. Non è un problema l’opposizione, che fa di tutto per favorirla. E continuerà a farlo. La coazione a ripetere gli errori è una maledizione del Partito democratico di cui bisognerà finalmente prendere atto.

Non la favorisce invece la deep culture di questo Paese. Quanto di più lontano dal conservatorismo reaganiano o tatcheriano. Tutta rivolta alle rendite di posizione, alla bonusmania e al “manettarismo” militante a cui la presidente del Consiglio ha già dovuto inchinarsi, rallentando non poco e rischiando di compromettere il suo pur ambizioso progetto. Dai balneari, ai tassisti, da ITA alle pulsioni securitarie del 41-bis, tanti sono gli indicatori che segnano inesorabilmente le difficoltà del percorso.

Vi è infine quello che potrebbe essere l’avversario più insidioso sulla sua strada: la nascita di un partito autenticamente liberale che su alcuni temi possa farle concorrenza, essendo tale forza più credibile per storia e per cultura – e su altri temi, penso ai diritti civili, a politiche non ideologiche sull’immigrazione, alle iniziative per un Europa federale e tanto altro ancora – potrebbe e dovrebbe essere più attrattiva dei settori più vivaci della nostra società.

Certo se questo nascente partito, che non può identificarsi sic et simpliciter nel cosiddetto Terzo Polo come è ora configurato, ma che da quella esperienza può trarre spunti importanti (anche per evitare gli errori commessi), continuerà a guardare al Partito democratico come interlocutore preferenziale o addirittura obbligato, allora sgombrerà il campo alla Meloni che potrà esondare anche in un campo che non le è proprio.

Occorre farla finita con pseudo complessi di superiorità, frutto di una minorità politica e spesso anche personale. La Meloni si sfida senza rancori, con rispetto e senza complessi. Insomma, solo un vero Partito liberaldemocratico, ancorato alla famiglia liberale europea, potrà contrastare e competere con un moderno partito conservatore. Liberal-socialisti, liberal-progressisti, liberal di ogni ordine e specie, lascerebbero campo libero alla Meloni.

Certo le necessarie riforme istituzionali e una indilazionabile riforma elettorale saranno necessarie per lo sviluppo del progetto. Ma questa è un’altra storia.

Linkiesta

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Putin potrebbe ancora vincere a meno che l’Occidente non acceleri gli sforzi per armare l’Ucraina


Mentre l’invasione russa dell’Ucraina entra nel suo secondo anno, il sostegno occidentale allo sforzo bellico ucraino sta crescendo. I primi due mesi del 2023 hanno visto una serie di decisioni fondamentali per fornire all’Ucraina armi che i leader occidentali erano stati precedentemente riluttanti a consegnare, con l’elenco che comprendeva veicoli corazzati, carri armati moderni e […]

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USA: la Cina è importante, ma la priorità assoluta deve essere fermare la Russia


Una parte significativa dell’establishment della politica estera americana, sia nel ramo esecutivo che in quello legislativo, nonché nella comunità dei think tank, abbraccia una prospettiva ‘China First’ che argomenta contro la priorità della guerra in Ucraina e, più in generale, della NATO e dell’Europa. Le strategie di sicurezza nazionale e di difesa nazionale descrivono la Cina […]

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Come mai la dottrina aerea di Mosca non funziona. La versione di Tricarico


Una premessa è d’obbligo: in un contesto di guerra di propaganda di dimensioni inusitate, abbinata alla carenza di fonti certe od attendibili, ogni valutazione ha carattere concettuale, di principio, e va rapportata a una situazione sul terreno non sempre

Una premessa è d’obbligo: in un contesto di guerra di propaganda di dimensioni inusitate, abbinata alla carenza di fonti certe od attendibili, ogni valutazione ha carattere concettuale, di principio, e va rapportata a una situazione sul terreno non sempre corrispondente alle stime poste alla base dei pur giusti ragionamenti.

È questo certamente il caso dell’impiego delle forze aeree nel conflitto russo-ucraino, un impiego incomprensibile, soprattutto da parte di Mosca, ma certamente errato alla luce dei criteri ormai consolidati – e vincenti – in uso in campo occidentale. Demandando a un approfondimento complessivo una valutazione generale del ruolo delle forze aeree, forse una fotografia idonea all’aggiustamento del tiro nella fase attuale può aiutare a comprendere se, e come, un innesto nel dispositivo militare ucraino di forze aeree fresche e aggiornate, in combinazione con un reset sui criteri di utilizzo delle stesse, possa spostare gli equilibri e le sorti del conflitto.

In questo contesto, non si può pensare ormai a falsi scopi di fronte alla reiterata e perentoria richiesta di aerei da combattimento moderni da parte di Zelensky. Meglio tardi che mai, verrebbe da dire, in considerazione che ormai, qualunque e di qualsivoglia tipo sia il teatro di operazioni, la componente aerotattica di uno strumento militare ha un ruolo derimente nella condotta delle operazioni, soprattutto nelle fasi iniziali quando il primo obiettivo è e resta quello dell’acquisizione della superiorità, e possibilmente il dominio, della dimensione aerea.

Questo in Ucraina non si è visto, non solo per la limitata disponibilità di tecnologie abilitanti nella specifica dimensione, ma anche per una dottrina di impiego obsoleta, retrodatata di cinquanta anni. Al netto, naturalmente, degli sporadici e limitati casi in cui si è visto il ricorso a tecnologia aggiornate, disponibili ai russi in quantità limitata o comunque non utilizzata su vasta scala. Più in particolare al momento, se si vuole legittimare il bizzarro assunto che gli ucraini possano usare le armi solo all’interno del loro territorio, pare ancora a portata di mano l’obiettivo di conseguire il controllo dei propri cieli.

Bisognerebbe far piazza pulita dei sistemi contraerei che i russi dovessero aver portato al seguito, sistemi mobili la cui identificazione anche fisica non dovrebbe essere un problema per le forze speciali nei territori annessi da Putin e non controllati a sufficienza. In tutti gli altri casi andrebbe fatta, con l’aiuto fondamentale dell’Intelligence occidentale, una ricognizione elettronica e fisica dell’esistente ed un piano operativo per neutralizzare le probabilmente scarse postazioni antiaeree.

Fatto questo, l’unica minaccia insidiosa difficilmente neutralizzabile, rimarrebbe l’infrarosso, ossia i missili terra aria di contenute dimensioni, facili da occultare e trasportare, di semplice impiego e di non difficile reperibilità dall’una e dall’altra parte. Un rischio, quello dell’infrarosso, agevolmente aggirabile se non si scende sotto la quota di cinquemila metri, o se si limitano allo stretto necessario le incursioni a quote basse.

Ecco, dunque, che si possono creare le condizioni in cui moderni velivoli aerotattici possono battere obiettivi terrestri di qualunque tipo con precisione metrica e da alta quota, individuare elettronicamente le postazioni di difesa russe e neutralizzarle, attivare circuiti permanenti (o quasi) di vigilanza fermando precocemente le incursioni. Una sorta di plausibile superiorità aerea insomma. Tutto questo sostanzia e dà ragionevolezza, in maniera incontrovertibile, alle richieste pressanti di Zelensky.

Circa i mezzi più idonei ed i tempi di entrata in servizio, la soluzione più efficace sembra quella degli F16. Il velivolo più diffuso nelle aeronautiche moderne, costruito in più di dieci versioni e in quantità inusitata, (circa cinquemila esemplari in una ventina di Paesi), dotato di capacità multiruolo come nessun altro caccia. E con una maturità di sistema che mette al riparo da sorprese o inefficienze e attività manutentive complicate. Molte aeronautiche sono dotate di F16, e tra queste alcune non batterebbero ciglio nel cederne una parte all’Ucraina, come l’Olanda, che tra l’altro li dovrebbe sostituire con gli F-35, o la Polonia.

Molto si è detto anche sui tempi ipotizzabili di entrata in servizio degli eventuali F16 nella forza aerea ucraina, e non sempre a ragion veduta, soprattutto perché spesso non si è tenuto conto che in tempo di guerra tanti passaggi saltano, inclusi quelli attinenti alla sicurezza del volo. Con queste premesse, una personale stima è che per abilitare al volo i piloti ucraini servano poche settimane, due o tre, per abilitarli ad impiegare correttamente i sistemi ne servano altrettante o poco più, per attivare una logistica operativa, incluse la manutenzione e le riparazioni, occorra raddoppiare ancora i tempi totali, ossia qualche mese in tutto. Tutto il resto è disquisizione inutile, parole in libertà, prendere tempo quanto nel caso specifico se ne è perso fin troppo.


formiche.net/2023/02/forze-aer…



#NotiziePerLaScuola

Giovedì 23 febbraio il secondo e ultimo webinar del ciclo "Let's debate in English", dedicato all'approfondimento della metodologia didattica del debate in lingua inglese.

Info ▶️ indire.

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Una nuova speranza – Solo un vero partito liberal democratico può contrastare le ambizioni conservatrici di Meloni


La premier non ha competitor nel suo campo e nell’opposizione attuale. L’unico ostacolo alla sua idea di costruire una formazione politica paragonabile a quella della destra britannica è la nascita di una forza moderata, ancorata alla famiglia liberale eu

La premier non ha competitor nel suo campo e nell’opposizione attuale. L’unico ostacolo alla sua idea di costruire una formazione politica paragonabile a quella della destra britannica è la nascita di una forza moderata, ancorata alla famiglia liberale europea, in grado di farle concorrenza

Alcune considerazioni sull’evoluzione di Giorgia Meloni nello scenario politico italiano e internazionale. Appare di lampante evidenza la strategia della presidente che sta sempre più attorniandosi nella sua esperienza a Palazzo Chigi da personaggi eterodossi, non provenienti dalla sua storia e dalla storia del suo partito.

Ormai i casi sono così numerosi da non poter essere ricondotti a coincidenze. Per lo più coloro che sono chiamati a collaborare con lei provengono da un’area che potremmo definire moderata-liberale.

Il più noto è il ministro di punta del suo governo, Carlo Nordio, che è anche il più lontano da lei per cultura politica di provenienza. Ma tanti altri non riconducibili direttamente alla destra, soprattutto tra i collaboratori più stretti, sono nel frattempo approdati alla sua corte. Non può essere una scelta casuale.

Il suo partito, invece, resta al momento del tutto impermeabile a questa evoluzione. Potrebbe essere una strategia o, più semplicemente, la circostanza che un premier che sia anche leader di partito, naturalmente riconduce la sua leadership e anche le sue politiche al ruolo istituzionale, facendo passare in secondo piano (nel caso di Meloni oscurando del tutto) le attività proprie del partito di cui è incontestata leader.

È di tutta evidenza che Giorgia Meloni dà un orizzonte di legislatura alla sua esperienza e fa bene a farlo. Anche questa fortunata condizione la pone nell’ottica di “accantonare” almeno per i prossimi anni il partito.

Analizziamo gli obiettivi e gli eventuali ostacoli nel raggiungerli. A me pare che ilpresidente del Consiglio (come ama essere chiamata) si sia posto un obiettivo ambiziosissimo: dar vita in Italia a un moderno partito conservatore, che si ispiri a un’esperienza precisa, il conservatorismo inglese.

Tutto si muove in tal senso. A cominciare dalla collocazione internazionale e dalle conseguenti posizioni senza oscillazioni sulla guerra, dalla continuità con l’esperienza di Mario Draghi in tanti settori della vita economica e sociale, dalle nuove – per lei – posizioni garantiste sul delicato tema della Giustizia. Queste ultime, per la verità, sinora solo declamate.

Anche il suo attivismo sul terreno delle istituzioni dell’Unione europea e i suoi rapporti in Europa lasciano prefigurare l’intenzione di porsi alla testa dei vari conservatorismi europei, piuttosto che lasciarsi trascinare da essi. Ricordiamo che lei è già presidente del gruppo parlamentare europeo Ecr, quello, appunto, dei conservatori europei. Insomma, tutto torna.

Ma qui cominciano i problemi per lei e le riflessioni per chi non vuole lasciarsi coinvolgere in tale pur originale progetto.

Innanzi tutto il suo partito, ancor più della sua storia personale. Quest’ultima può ben seguire un’evoluzione, mentre il partito a me pare la sua principale palla al piede. Non credo che possa facilmente farne a meno: ricordiamo che la Meloni proviene dalla storia antica del suo partito, prima ancora che da una sua storia personale. Non sarà facile riformarlo e tanto meno staccarsi da esso. Come vorrà gestire la rupture, inevitabile anche sul piano dei rapporti personali, è tutto da vedere. Soprattutto è tutta da farsi e sarà tutt’altro che semplice.

La lezione di Winston Churchill, e i suoi passaggi dai liberali ai conservatori, a me pare troppo ambiziosa e mal si attaglia alla situazione data.

Il quadro dei partiti oggi in campo potrà favorirla. Non ha competitor nel suo campo. Non lo è Matteo Salvini, che con il suo partito viene da tutt’altra storia. Non lo è Forza Italia, il cui declino potrà anzi favorire il suo progetto. Non è un problema l’opposizione, che fa di tutto per favorirla. E continuerà a farlo. La coazione a ripetere gli errori è una maledizione del Partito democratico di cui bisognerà finalmente prendere atto.

Non la favorisce invece la deep culture di questo Paese. Quanto di più lontano dal conservatorismo reaganiano o tatcheriano. Tutta rivolta alle rendite di posizione, alla bonusmania e al “manettarismo” militante a cui la presidente del Consiglio ha già dovuto inchinarsi, rallentando non poco e rischiando di compromettere il suo pur ambizioso progetto. Dai balneari, ai tassisti, da ITA alle pulsioni securitarie del 41-bis, tanti sono gli indicatori che segnano inesorabilmente le difficoltà del percorso.

Vi è infine quello che potrebbe essere l’avversario più insidioso sulla sua strada: la nascita di un partito autenticamente liberale che su alcuni temi possa farle concorrenza, essendo tale forza più credibile per storia e per cultura – e su altri temi, penso ai diritti civili, a politiche non ideologiche sull’immigrazione, alle iniziative per un Europa federale e tanto altro ancora – potrebbe e dovrebbe essere più attrattiva dei settori più vivaci della nostra società.

Certo se questo nascente partito, che non può identificarsi sic et simpliciter nel cosiddetto Terzo Polo come è ora configurato, ma che da quella esperienza può trarre spunti importanti (anche per evitare gli errori commessi), continuerà a guardare al Partito democratico come interlocutore preferenziale o addirittura obbligato, allora sgombrerà il campo alla Meloni che potrà esondare anche in un campo che non le è proprio.

Occorre farla finita con pseudo complessi di superiorità, frutto di una minorità politica e spesso anche personale. La Meloni si sfida senza rancori, con rispetto e senza complessi. Insomma, solo un vero Partito liberaldemocratico, ancorato alla famiglia liberale europea, potrà contrastare e competere con un moderno partito conservatore. Liberal-socialisti, liberal-progressisti, liberal di ogni ordine e specie, lascerebbero campo libero alla Meloni.

Certo le necessarie riforme istituzionali e una indilazionabile riforma elettorale saranno necessarie per lo sviluppo del progetto. Ma questa è un’altra storia.

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La NATO vivrà per sempre, finché potrà


Quali effetti ha avuto la guerra in Ucraina sulla NATO, e quali sono le implicazioni future? Per rispondere a queste domande, vale la pena ricapitolare brevemente come siamo arrivati ​​fin qui. Il senatore Richard Lugar ha notoriamente scherzato dopo che l’Unione Sovietica ha perso la Guerra Fredda che la NATO aveva bisogno di uscire dall’area […]

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Discutere il 41-bis non è un reato


La vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito: non c’è praticamente politico o commentatore di destra, centro, sinistra che affronti la questione senza aver cura di garantire che il 41-bis non si tocca. E’ invece proprio lo strumento che andrebbe discusso, sottoposto ad esame; senza accettare di soggiacere al ricatto di essere ritenuto ‘amico’ della Cosa Nostra e […]

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PODCAST. CINA. Attesa per il “piano di pace” di Xi Jinping per Russia e Ucraina


Il presidente cinese dovrebbe presentarlo in occasione del primo anniversario della guerra. Composta da 12 o 14 punti l’iniziativa non si allontanerà dalla apparente neutralità che Pechino mostra nel conflitto tra Mosca e Kiev sebbene Xi Jinping sia consi

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 22 febbraio 2023 – Sebbene sia considerata un’alleata di Mosca, la Cina cerca di tenersi a distanza dai due blocchi contrapposti Usa-Russia e si prepara il 24 febbraio, ad un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, a presentare un suo “piano di pace”. Il suo ministro degli esteri Wang Yi ha presentato – indirettamente alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco – i punti che negli auspici cinesi potrebbero portare al negoziato tra Kiev e Mosca, sottolineando che per Pechino la sovranità e l’integrità territoriale di tutti i Paesi devono essere tutelate così come le preoccupazioni di sicurezza di tutti i Paesi devono essere considerate. Una guerra nucleare non può essere combattuta o vinta, ha aggiunto Wang Yi. Sull’iniziativa cinese e le posizioni di Pechino abbiamo intervistato il collaboratore di Pagine Esteri Michelangelo Cocco, giornalista a Shanghai, autore di saggi sulla Cina e fondatore del Centro Studi sulla Cina Contemporanea.
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Si è tenuta domenica 19 febbraio una riunione, in gran parte in presenza, del Coordinamento provvisorio UP. In un clima in cui si sono registrate molte converg

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Strage a Nablus, incursione israeliana con morti e feriti


L'esercito israeliano è entrato questa mattina nella città vecchia di Nablus e dopo averla circondata, ha abbattuto una casa uccidendo almeno 6 palestinesi. Violenti gli scontri tra l'esercito e gli abitanti. Il numero dei morti e dei feriti è destinato a

della redazione –

Pagine Esteri, 22 febbraio 2023 – Nella mattinata di oggi l’esercito israeliano ha fatto incursione nella città vecchia di Nablus, in Cisgiordania, circondando un’abitazione in cui si trovavano alcuni palestinesi. L’esercito ha abbattuto la casa uccidendo chi si trovava all’interno. Gli abitanti stanno tirando fuori dalle macerie i corpi senza vita. Al momento ci sono furiosi scontri, all’interno della città, tra l’esercito israeliano e i palestinesi di Nablus. In alcuni video si vedono corpi di palestinesi uccisi per strada. Tra di loro ci sarebbe un bambino. Molti i feriti, tra cui una donna. Al momento si contano 6 palestinesi uccisi e 71 feriti ma il bilancio è destinato ad aggravarsi.

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Dal 23 febbraio iniziano gli appuntamenti con L'Ora di Costituzione!

L'iniziativa sostenuta dal Senato prevede un ciclo di incontri, una volta al mese, con alcuni costituzionalisti che illustreranno i principali articoli della Carta agli studenti.



Al verde


Dopo l’enorme dilapidazione del bonus 110%, responsabilità del governo Conte 2, prevedibile e prevista fin dall’inizio, si tratta di comprenderne le conseguenze contabili, quelle produttive e le possibili vie d’uscita che minimizzino il danno e creino opp

Dopo l’enorme dilapidazione del bonus 110%, responsabilità del governo Conte 2, prevedibile e prevista fin dall’inizio, si tratta di comprenderne le conseguenze contabili, quelle produttive e le possibili vie d’uscita che minimizzino il danno e creino opportunità. Non la si interpreti come battaglia di bandiera, perché si tratta di un terreno sul quale ci si può fare ancora e più seriamente del male.

Il primo di marzo l’Istat pubblicherà i dati aggiornati sul deficit. Lì la bomba potrebbe deflagrare e, del resto, serve a nulla rimandare. Secondo le regole europee di contabilizzazione, imputando il costo nell’anno in cui nasce, si rischia di fare sballare i conti pubblici e introdurre una pericolosa stonatura nell’armonia dell’equilibrio. Dovessimo contabilizzare un punto o uno e mezzo in più di deficit sarebbero dolori e costi seri. Questa eredità avvelenata fu avvertita, ma non disinnescata dal governo Draghi, nella cui maggioranza era vasta la resistenza (e anche Fratelli d’Italia, allora all’opposizione, era dell’idea che si dovesse aggiustare e non fermare). Una resistenza che ci fu anche sulla riforma del catasto, che non avrebbe comportato aggravi fiscali altri che per gli evasori e che ancora oggi impedisce di distinguere seriamente fra immobili di lusso e popolari.

Ci sono conseguenze anche produttive. Abbiamo qui insistito nel ripetere che le previsioni economiche non segnalavano come imminente una recessione economica che la gran parte delle forze politiche dava già per esistente. Ma si faccia attenzione, perché se le norme in questione cambiano in continuazione (il 110% in media una volta ogni mese e mezzo) e se subito dopo avere emanato il decreto legge il governo già annuncia che sarà cambiato, il caos induce a fermare tutto. A quel punto non è la fine del malobonus, ma il modo in cui la si affronta, sommata ai problemi contabili, che potrebbero sul serio indurre una recessione. Quindi si deve dare una prospettiva. Non dopo e con comodo, ma ora, subito.

Si deve uscire dall’era degli “aiuti” e dei “sostegni”. L’idea che casa mia possa aumentare di valore grazie ai soldi che ci mettono altri è sbagliata in sé. Anzi è, in sé, un incrocio fra un’illusione e una truffa. Servono norme stabili e agevolazioni fiscali oggi che portino a maggiore gettito domani. La possibilità c’è ed è stata giustamente sottolineata dal presidente dell’Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli: la direttiva europea sugli immobili ecocompatibili. Non solo non è una patrimoniale mascherata, ma un’occasione produttiva che aiuterebbe a sostenere il mercato dell’edilizia senza sperperare denari del contribuente.

I lavori che migliorano casa mia e ne aumentano il valore li devo pagare io. Ma siccome si tratta di un’opera collettiva di grande portata, il fisco aiuta non pesando sul loro costo e predisponendone uno scarico ragionevole (quindi meno della totalità e meno del delirio superiore alla totalità). È conveniente per il proprietario, visto che diminuirà i costi di gestione e aumenta il valore dell’immobile. È conveniente per il fisco, perché il mancato introito odierno diventerà maggiore gettito al momento della cessione, dato dal maggiore valore. È conveniente per il sistema che finanzia il lavori, ovvero le banche, perché anziché dovere incassare un credito del cliente (remunerate con congrua e talora alta percentuale) parteciperanno al rischio e allo sforzo a prezzi di mercato. Ed è conveniente per le imprese edili che non siano nate per fatturare lavori in cui il cliente non è interessato al prezzo, dato che a pagare è un altro, giacché il lavoro da farsi, serio e controllato nei risultati, sarà enorme.

Il tutto a condizione che la si pianti con l’opporsi a quel che serve a crescere e migliorare, rivendicando invece come un diritto sovrano perpetuare quel che serve a impoverirsi e affondare. Si può fare, mobilitando competenza e responsabilità al posto della furbizia ottusa fin qui messa in conto ai contribuenti onesti.

La Ragione

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Il fascismo in Italia non è nato con le grande adunate da migliaia di persone. Nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti


La Dirigente scolastica del Liceo Leonardo da Vinci in una lettera a studenti e genitori condanna quanto accaduto fuori dalla scuola di Firenze

@Politica interna, europea e internazionale


La Dirigente, così come altri presidi fiorentini, ha denunciato quanto accaduto sensibilizzando sull’importanza di non sottovalutare certi episodi, termometro di fenomeni di discriminazione spesso frequenti fuori e dentro le mura scolastiche. Nel concludere la circolare la Dott.ssa Savino ha dichiarato: “Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé. Lo pensavano anche tanti italiani per bene cento anni fa, ma non è andata così”.

cc @Scuola - Gruppo Forum

IL POST COMPLETO È QUI



Iran, dalla Fondazione Einaudi un manifesto per valori liberali e parita’ dei diritti – ansa.it


Leggi su ansa.it, click qui L'articolo Iran, dalla Fondazione Einaudi un manifesto per valori liberali e parita’ dei diritti – ansa.it proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/iran-dalla-fondazione-einaudi-un-manifesto


Iran, Cangini (Fond. Einaudi): “Lanciamo manifesto per i valori liberali e parità dei diritti” – alanews


L'articolo Iran, Cangini (Fond. Einaudi): “Lanciamo manifesto per i valori liberali e parità dei diritti” – alanews proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/iran-cangini-fond-einaudi-lanciamo-manifesto-per-i-valori-libe


Le tante anime di Gaetano Martino, grande statista – Gazzetta del Sud


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#uncaffèconLuigiEinaudi☕ – Gli italiani sentono…


Gli italiani sentono di potersi conquistare un posto al sole colla propria attività e non temono di misurarsi in gara con altri. da Lineamenti di una politica economica liberale, Movimento Liberale Italiano, 1943 L'articolo #uncaffèconLuigiEinaudi☕ – G
Gli italiani sentono di potersi conquistare un posto al sole colla propria attività e non temono di misurarsi in gara con altri.

da Lineamenti di una politica economica liberale, Movimento Liberale Italiano, 1943

L'articolo #uncaffèconLuigiEinaudi☕ – Gli italiani sentono… proviene da Fondazione Luigi Einaudi.


fondazioneluigieinaudi.it/unca…



La ferocia al potere


Sarà pure vero che la signora Meloni è molto brava e intelligente, anche se circondata spesso da persone di dubbia capacità, ma certo in queste ultime settimane il comportamento del Governo è a dir poco molto discutibile, ma specialmente preoccupante. Preoccupante perché le mene di destra sempre più decise non sembrano frenabili, ma specialmente non […]

L'articolo La ferocia al potere proviene da L'Indro.



Al Presidente La Russa rispondiamo: un figlio gay non è un avversario in un derby calcistico. La dichiarazione fintamente ironica del Presidente del Senato La