Fr.#24 / Di affitti e bene comune
Venezia e Milano, a tutta forza verso il Bene Comune
I Sindaci diventano ingegneri sociali con poteri pressoché illimitati di disporre della proprietà e dei loro sudditi, con un solo obiettivo: creare la loro personalissima versione di società perfetta. E non c’è nulla di strano: è proprio così che è nato lo stato sociale.
Il caro sindaco Brugnaro torna a far parlare della Sua città, che ormai è una gabbia (fisica e digitale) a cielo aperto. L’obiettivo è combattere gli affitti anonimi e centralizzare il controllo dei flussi turistici con piattaforme per la registrazione. Sì, anche i parenti da fuori sono turisti:
“Ci sarà un sistema centralizzato per registrare posti letto, vani e presenze. […]La città non può essere prenotabile all’infinito attraverso canali che sfuggono ad ogni verifica. Non possiamo più permetterlo. Riprendere il controllo delle presenze nelle case private diventa inevitabile […]Non è più tempo di furberie, chi deciderà di affittare solo per 120 giorni deve sapere che in tutti gli altri 245 giorni avrà Polizia locale e Guardia di finanza alla porta. A controllare.”
Agli ingegneri sociali non piace Privacy Chronicles. A te?
A Venezia quindi le persone potranno affittare solo per 120 giorni all’anno. Qualcuno potrebbe dire: perché 120 e non 131 o 47? Non c’è alcun motivo razionale: al sindaco piace il numero 120, sia fatta la Sua volontà.
Anche l’amico Beppe Sala, invidioso del potere Divino che è stato conferito a Brugnaro, chiede che gli venga concesso. È risaputo: chi affitta ai turisti toglie posti letto a chi a Milano ci vorrebbe vivere. Perché sì: la casa non è di chi la possiede, ma dello Stato, che decide qual è la migliore allocazione delle risorse.
È una lotta ideologica per un nuovo tipo di espropriazione digitale della proprietà privata. Non con poco eleganti e obsoleti atti di confisca, ma tramite sorveglianza di massa, leggi assurde e quel pizzico (q.b.) di ideologia collettivista che possa spingere le persone ad accettare ogni tipo di sacrificio per il bene comune.
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I Sindaci diventano ingegneri sociali con poteri pressoché illimitati di disporre della proprietà dei loro sudditi, con un solo obiettivo: creare la loro personalissima visione di società perfetta. E non c’è nulla di strano: è proprio così che è nato lo stato sociale.
La domanda sorge spontanea. Vi stancherete mai di farvi trattare come bestie da soma?
Le Olimpiadi della sorveglianza
Recenti notizie1 ci dicono è passata la proposta per introdurre sistemi di riconoscimento facciale durante le Olimpiadi di Francia 2024. Le Olimpiadi, pare, saranno in realtà un test per vedere come si comportano questi sistemi e usarli poi per ogni evento sportivo, ricreativo o culturale su larga scala.
Alla proposta, che viene dai partiti di destra, si sono opposti i partiti di sinistra e i verdi. Non stupisce che sia così, considerando che destra e sinistra hanno da sempre idee diverse sulla sorveglianza di massa. Dimmi perché vorresti sorvegliare il prossimo e ti dirò da che parte stai.
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A destra risponderanno che è giusto sorvegliare la popolazione per finalità sicurezza, controllo dell'ordine pubblico e per combattere il crimine violento. A sinistra risponderanno che è giusto sorvegliare la popolazione per potenziare lo stato sociale, incentivare comportamenti corretti e per proteggere donne e bambini.
Ciò che è certo è che la sorveglianza di massa è sempre un’aggressione alla libertà e identità di ogni persona e che in nessun caso è giustificabile. In questo caso poi è assurdo: quanti francesi e turisti, compresi i bambini, finiranno con la loro faccia nei database della polizia francese, colpevoli di aver assistito a un evento sportivo?
Forse, prima di partecipare alle prossime Olimpiadi, sarà bene leggere questo articolo.
Chi costruirà le strade nel Bitcoin Standard?
Domanda provocatoria con cui il 27 marzo abbiamo aperto le danze insieme a Massimo Musumeci e , in una live YouTube.
Dentro la cornice dell’anarco-capitalismo e di Bitcoin sono tanti i temi affrontati e tante le domande da chi ci ha seguito live: strade, monopoli, sicurezza, giustizia, kalashnikov… e molto altro. Vi consiglio di guardare la live prima che i Poteri Forti la rimuovano!
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Meme del giorno
Citazione del giorno
"Are not highways public goods, that is, items of necessity which cannot be supplied by the market? This is the common wisdom. I challenge it. I maintain that road socialism is no different in kind than any other type of socialism. It, too, suffers from the calculation problem identified by Mises and Hayek. As in the case of all other goods and services, the private sector can do a better job of providing roads."
Walter Block
Articolo consigliato
Smart city: sorveglianza ed economia comportamentale, i casi di Venezia e Ivrea
Oggi parliamo di due casi diversi ma uniti dallo stesso filo rosso, quello delle smart cities e dell’improvviso boom di sistemi pervasivi di sorveglianza e controllo del comportamento delle persone. La storia inizia con un tweet del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro…
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a year ago · 14 likes · 3 comments · Matte Galt
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USA: l’arresto (non) arresterà Trump
Con l’emissione del mandato di arresto a carico di Donald Trump, i nodi che si sono stretti nelle ultime settimane intorno alla figura dell’ex presidente vengono finalmente al pettine. La decisione della procura distrettuale di Manhattan, infatti, non solo mette in moto la procedura legale che l’emissione del mandato comporta, ma rilancia dentro e fuori […]
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Perché l’autonomia strategica dell’UE senza gli Stati Uniti è attualmente impossibile
Tra le macerie che le rivolte che hanno sconvolto Parigi potrebbero lasciarsi dietro includono la riforma delle pensioni del Presidente Emmanuel Macron; la capacità di Macron di governare efficacemente per i prossimi quattro anni; e, molto probabilmente, la stessa Quinta Repubblica. Come riportato a marzo dal New York Times , i manifestanti sono stati sentiti […]
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Perché l’Ucraina è sempre più un rompicapo nucleare per le potenze mondiali
Il 20 marzo 2023, il governo britannico ha confermato che fornirà alle forze ucraine proiettili di carri armati realizzati con uranio impoverito, che può “penetrare più facilmente carri armati e armature a causa della sua densità e di altre proprietà fisiche”. La vicenda ha rapidamente riacceso gli sforzi occidentali e russi per plasmare la narrativa globale […]
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Il botolo
Si alimenta la discussione pubblica con una continua ansia della punizione, salvo poi invocare il condono innanzi a eccessi punitivi. Partiamo dall’ennesimo “scudo”, che nell’oscillare fra pena e perdono anche il vocabolario è divenuto monotono. L’ultimo ha a che vedere con il fisco, che in quanto a condoni è talmente aduso da togliere significato e credibilità alle punizioni.
Il governo ha in animo una complessiva e radicale riforma fiscale, puntando a tre le aliquote per i redditi delle persone fisiche (attualmente sono quattro), salvo moltiplicarle con delle false flat tax che sono differenziali regimi forfettari. Che una maggioranza di centrodestra già votò una legge delega per portare le aliquote a due e poi fece cadere la delega trasformando la rivoluzione nell’eterna restaurazione, neanche se lo ricorda più nessuno. In ogni caso, avendo aperto quel cantiere sarebbe ragionevole portarci ogni altra questione fiscale, rendendo omaggio alla coerenza e all’organicità. Niente da fare, lo “scudo” ha preso forma in un articolo che si trova dentro a un decreto intitolato alle “bollette”. Cosa c’entri lo sa il cielo.
Neanche il tempo di emanarlo e già c’è chi strilla all’“ennesimo condono”. Che fra gli strillanti vi siano i condonatori della volta precedente è gustosa osservazione a cura dell’estrema minoranza che ancora rende omaggio alla memoria. Ma non è un condono. A questo giro è buon senso. Se ho fatto una regolare dichiarazione ma poi non ho versato il dovuto sono sicuramente un evasore fiscale, il che innesca un procedimento penale. Li si definisce anche “evasori per necessità”, senza neanche apprezzare il ridicolo che se la necessità può giustificare l’irregolarità è segno che la regola ha necessità d’essere rivista. No, sono soggetti che hanno usato diversamente i soldi. Colpevoli, quindi. Ma se riconoscono la colpa e si dispongono a pagare (con ammenda) è evidente che il procedimento penale debba fermarsi e poi estinguersi all’estinzione del debito. Altrimenti casca anche l’interesse a saldarlo.
Diversi i casi – che pure si era provato a inserire (e vedrete che qualche emendamento ci riproverà) – di chi la dichiarazione non l’ha proprio presentata o l’ha presentata falsa. Nei quali casi la punizione non può essere estinta dal pagare dopo essere stati beccati: punizione più pagamento, non pagamento al posto della punizione.
Strilli si sentono anche sul fronte del codice appalti, di cui ci siamo già occupati. In questo caso gli strillanti ritengono che si sia semplificato troppo, mentre a me pare non lo si sia fatto abbastanza. Senza le vecchie regole e limiti, dice anche l’autorevole Autorità contro la corruzione, gli appalti andranno a parenti e amici. Come se, vigente e vigilante la citata Autorità, non capiti di già. Qui il punto non è scambiare velocità con onestà, anche perché l’esperienza c’insegna che il malaffare prospera nella lentezza. Servono la (prevista) digitalizzazione, la tracciabilità e leggibilità di tutti gli affidamenti e la corrispondenza fra potere e responsabilità (nel senso sia di “colpa” che di “merito”).
Pensare che il male del mondo si elimini ispezionando le anime è metodo sicuro per far affermare quelle dannate. Il disincentivo a delinquere deriva da regole chiare e punizione assai probabile, in caso di devianza (XVIII secolo, Cesare Beccaria op. cit.). Posto che le regole non devono essere spaventose, è sano che il fisco e la giustizia mettano una certa strizza, talché fregare gli altri induca la paura d’essere fregati. Epperò i due esempi citati hanno una cosa in comune: non ci crede nessuno – né alla regola né alla punizione – se la giustizia è inesistente o in gara con i bradipi. Il nodo è quello e si tende a non occuparsene. Che fine hanno fatto i propositi di Carlo Nordio? Perché se lo si costringe addirittura a difendere l’idea che chi tortura sia punito, è solare che resteremo vittime del supplizio imposto dalla severità orale condita con l’insipienza reale. Il “bau bau” del botolo.
L'articolo Il botolo proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Quando i dipendenti diventano ‘padroni’
Leggendo i quotidiani economici e le pagine economiche dei giornali nonché vedendo alcune trasmissioni televisive e i social si nota una sorta di ‘peana’ dei risultati positivi delle imprese. E’ notizia quotidiana leggere o sentire di incrementi di fatturati, di dividendi con un EBITDA (Erning Before Interest Taxes DEpreciation and Amortisation-Margine Operativo Lordo) sempre positivo. Mentre tutto […]
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La censura di YouTube a Martino e alla Fle è inquietante, siamo alla dittatura dell’algoritmo
Intervista al professor Salvatore Sica
Quella dell’algoritmo, oltre ad essere una rivoluzione, rischia di trasformarsi in una “dittatura” se non regolamentata adeguatamente. Qualche giorno fa ha suscitato scalpore la decisione del canale YouTube di oscurare per una settimana la pagina della Fondazione Einaudi, che non può certo essere definita una organizzazione sovversiva. Il motivo? La pubblicazione di una lezione di Antonio Martino (accademico ed esponente di spicco di Forza Italia, scomparso lo scorso anno) alla “Scuola di liberalismo”. Nel video l’ex ministro si esprime sulla gestione della pandemia da parte del governo. Di qui l’iniziativa della piattaforma online, che, come ha comunicato la stessa Fondazione Einaudi, «non ammette affermazioni relative ai vaccini per il Covid-19 che contraddicono il parere di esperti appartenenti ad autorità sanitarie locali o all’Oms». Abbiamo approfondito la vicenda con Salvatore Sica, avvocato e ordinario di Diritto privato nell’Università di Salerno. «Ogni giorno in più – dice –, quando mettiamo contenuti, diventiamo proporzionalmente e parallelamente schiavi della rete»
Professor Sica, prende corpo una nuova forma di censura? Chi diffonde idee non gradite ai gestori dei social viene messo alla porta?
In realtà non abbiamo nulla di nuovo. Semplicemente, la vicenda che stiamo commentando è uno degli ultimi atti che si stanno comunque verificando da anni. Vale a dire l’auto-attribuzione che si sono fatte le piattaforme online, soggetti privati, di censurare addirittura le idee. Era immaginabile che si arrivasse a questo. L’ultimo episodio, quello che ha riguardato la Fondazione Einaudi, è abbastanza inquietante. Non stiamo parlando di un politico o di una celebrità dello spettacolo, ma di un professore universitario, che, all’interno di una rispettabilissima organizzazione, manifesta realmente una opinione. La censura applicata segue qualche criterio algoritmico di ricerca della parola chiave. È bastato elaborare, per esempio, la parola “vaccino”, perché l’algoritmo arrivasse a delle conclusioni affrettate.
Un procedimento non esente da gravi errori?
Sicuramente. Nel caso che stiamo commentando non è avvenuta nessuna riflessione sul contesto, sulla autorevolezza e sulle argomentazioni del dichiarante. Le conclusioni, affrettate, alle quali si è giunti sono state quelle di considerare le dichiarazioni espresse incompatibili con la linea di pensiero della piattaforma.
Internet non è solo una “prateria” dove si può correre liberi?
Che non si possa e non si debba correre liberi su internet lo sosteniamo da tempo. L’esigenza di regole è, pertanto, chiara. Il problema è che le regole non possono farle i gestori del meccanismo stesso. Soprattutto, questo controllo non può essere realizzato da parte di soggetti privati con criteri quasi automatici. La mia sensazione è che si proceda ad una ricerca algoritmica dei contenuti da eliminare. Questo, per me, è aberrante.
Lei ha fatto riferimento alle regole. Chi le deve scrivere? I legislatori nazionali che ruolo dovrebbero ricoprire in questo particolare momento storico?
I legislatori nazionali devono, innanzitutto, perdere la timidezza nei confronti delle piattaforme. Devono recuperare il ruolo del diritto che fa le regole e le amministra. Va sconfitta, una volta per tutte, l’idea che la rete sia una arena virtuale libera per un verso, ma per un altro verso l’idea che il controllo sulla rete sia relegato ai privati. Per fare questo occorre un urgente intervento normativo. Meglio se a livello sovranazionale, ma si può anche partire dal livello nazionale.
Il controllo dei contenuti a chi potrebbe essere delegato? Va regolamentato?
Non c’è alternativa: il controllo dovrebbe essere o giudiziale, con carattere di urgenza, o con l’intervento di una autorità indipendente anche una tra quelle già esistenti. Dipende dal tipo di scelta che si compie. Tendenzialmente, sarei favorevole al controllo giudiziale, ma con interventi sul rito perché tutto possa svolgersi con grande rapidità.
Le grandi piattaforme online possono condizionare la libertà d’opinione. La censura nella quale è incappata la Fondazione Einaudi è emblematica. Il cittadino comune è ancora più vulnerabile?
Io affermerei, invece, che condizionano la libertà di opinione. Non ho alcun dubbio su questo tema. D’altra parte se ci spostiamo in un altro ambito, ad esempio, il diritto d’autore, la vicenda del rifiuto della convenzione per la gestione dei diritti d’autore da parte di Meta nei confronti della Siae è emblematica. Assistiamo ad una situazione di abuso di posizione dominante in cui vengono dettate le condizioni per un accordo. In senso inverso il rifiuto dell’accordo è conseguentemente la negazione della messa a disposizione dei prodotti in rete. In sostanza le piattaforme si dichiarano arbitri unilaterali sempre di più, ogni giorno di più, del contenente e del contenuto della rete.
Se da un lato YouTube censura, dall’altro il Big Tech è accusato di aver favorito con il proprio algoritmo la circolazione di messaggi di propaganda del terrorismo islamico. Il riferimento è alla vicenda della famiglia di una delle vittime delle stragi di Parigi del 2015, che ha citato in giudizio Google e la piattaforma di YouTube. Non mancano le contraddizioni nella prateria dei contenuti di internet?
Siamo di fronte contemporaneamente all’arbitrio e ad un controllo che segue soltanto criteri algoritmici. L’intelligenza artificiale fa le maglie della rete con la conseguenza, come è noto, che, se non governata dall’uomo, è quanto di più stupido possa esistere. Si può arrivare, quindi, al paradosso che il professor Antonio Marino venga censurato. Così come si può arrivare al paradosso che il mio stesso nome, magari dopo questa intervista, vada incontro allo stesso destino dei contenuti della Fondazione Einaudi. L’intelligenza artificiale è utile, ma è uno strumento al quale non si può attribuire capacità pensante. Non dimentichiamo che l’immissione dei dati algoritmici viene fatta sempre dagli uomini, da organizzazioni e da imprese. Se non si interviene subito, lo scenario che abbiamo difronte sarà agghiacciante ed inquietante. Ecco perché è importante che le autorità facciano la loro parte ancora di più, sostenendo i giudici con una attività formativa sulle nuove tematiche che ci circondano. Si sostenga la magistratura in questa battaglia di recupero del terreno del diritto.
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I bambini scomparsi dell’Ucraina: indagando i crimini di guerra russi
Dopo aver ascoltato le prove che hanno condannato Adolph Eichmann, Hannah Arendt ha capito non la mostruosità del male ma la sua banalità. Mentre la sua frase potrebbe essere usata oggi per sminuire il criminale, la sua terribile verità è che i partner e i facilitatori dei crimini di guerra incorporano il male nelle vite […]
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L’alto prezzo della relazione Guatemala-Taiwan
La leader di Taiwan, Tsai Ing-wen, si è recata mercoledì 29 marzo in visita negli Stati Uniti, con tappe in Guatemala e Belize, due dei 13 Paesi al mondo che mantengono ancora relazioni diplomatiche con l’isola cinese. Domenica 26 marzo l’Honduras ha annunciato la rottura delle relazioni diplomatiche con Taiwan e ha immediatamente stabilito relazioni con […]
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La Russia affronta un lungo declino economico? L’isolato Putin si rivolge alla Cina
In una rara ammissione pubblica, questa settimana il Presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato ai funzionari del governo di Mosca che le sanzioni imposte per l’invasione dell’Ucraina potrebbero effettivamente avere un ‘impatto negativo’ sull’economia russa. L’avvertimento è in netto contrasto con le solite smentite ottimistiche di Putin, e allude all’oscura prospettiva economica della Russia in mezzo […]
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#laFLEalmassimo – Episodio 87- Intelligenza Artificiale e Luddismo
Fino a quando il conflitto tra Russia e Ucraina non avrà fine con la definitiva sconfitta dell’invasore questa rubrica continuerà a ribadire il proprio sostegno alla nazione invasa
La lettera aperta che richiede sei mesi di moratoria sugli sviluppi dell’intelligenza artificiale non convince. I rischi potenziali legati a questa nuova tecnologia sono concreti e molto rilevanti, potrebbero mettere a repentaglio le fondamenta stesse dalla nostra società e delle istituzioni democratiche influenzando le nostre scelte e inostri comportamenti attraverso informazioni manipolate.
Tuttavia è un rischio anche cercare di limitare lo sviluppo di quella che potrebbe essere la più grande rivoluzione tecnologica nella storia dell’umanità: quali istituzioni politiche sono sufficientemente indipendenti da poterla regolare? Quali esperti sono abbastanza competenti da poterne comprendere i limiti e intervenire?
Non lo sappiamo e non possiamo saperlo. La storia dell’evoluzione umana a livello tanto biologico quanto sociale si è sviluppata attraverso errori e correzioni, tentativi e fallimenti e anche in questa fase delicata affidarsi sacrificare la libertà di scelta e di sviluppo della ricerca scenica non sembra una strategia giustificata da motivazioni convincenti.
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‘Dottrina Mitterrand’: anche all’ Italia, in fondo, andava bene
Ma certo che lascia l’amaro in bocca la decisione della Corte di Cassazione francese, il suo negare l’estradizione a una decina di terroristi alcuni dei quali si sono macchiati di gravi reati di sangue negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, e da loro non una mezza parola di scusa. Ma certo che i […]
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La guerra delle sorprese in Ucraina
Alcune guerre acquisiscono nomi che rimangono. I clan Lancaster e York combatterono la Guerra delle Rose dal 1455 al 1485 per rivendicare il trono britannico. La Guerra dei Cent’anni contrappose l’Inghilterra alla Francia dal 1337 al 1453. Nella Guerra dei Trent’anni, 1618-1648, molti paesi europei si scontrarono, mentre Gran Bretagna e Francia intrapresero la Guerra […]
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BRASILE. Il ritorno di Bolsonaro: 20 indagini in corso ma resta il leader dell’opposizione
di Glória Paiva –
Pagine Esteri, 31 marzo 2023 – Jair Bolsonaro è tornato in Brasile ieri (30/03) dopo aver trascorso tre mesi negli Stati Uniti. L’ex presidente ha lasciato il suo paese d’origine il 30 dicembre, due giorni prima della fine del suo mandato, rifiutandosi a seguire la tradizione di consegnare la fascia presidenziale al suo successore, Luis Inácio Lula da Silva, la cui vittoria Bolsonaro non ha mai riconosciuto pubblicamente. Ora dovrà affrontare almeno 20 indagini in corso contro di lui ed è già stato citato a testimoniare in uno dei casi. Allo stesso tempo, viene accolto nel suo partito come il principale nome dell’opposizione al governo attuale e un importante sostegno per la destra e l’estrema destra nelle elezioni comunali del 2024.
Bolsonaro ha più volte rimandato il suo ritorno in Brasile, in un soggiorno prolungato che alcuni esponenti dell’opposizione, internauti e giornalisti hanno considerato una sorta di fuga. Come riportato da CNN Brasil, i piani dell’ex presidente, al suo arrivo, prevedevano un corteo per le srtade di Brasília e un discorso ai suoi sostenitori già in aeroporto, ma il forte schema di sicurezza messo in atto dalla Polizia Federale non lo hanno permesso. Né sono stati consentiti manifestazioni e accampamenti come quelli visti tra dicembre e gennaio di quest’anno. La piazza Três Poderes – scenario di violente manifestazioni golpiste l’8 gennaio – ha avuto la sicurezza rafforzata.
L’accoglienza dell’esponente dell’estrema destra è stata tutt’altro che i gruppi bolsonaristi su Telegram e Whatsapp avevano promesso: che “la terra avrebbe tremato” al suo ritorno. Al contrario, poco più di 100 persone lo stavano aspettando nell’area arrivi dell’aeroporto di Brasilia, dove il suo volo commerciale è arrivato prima delle 7 del mattino. Tuttavia, l’ex presidente ha utilizzato un’altra uscita e si è recato nella sede del Partito Liberale (PL), dove ha incontrato l’ex first lady, Michelle Bolsonaro, il presidente del PL, Valdemar Costa Neto, diversi membri del suo governo e sostenitori.
Ora, Costa Neto intenderebbe utilizzare l’immagine dell’ex presidente e di sua moglie Michelle durante le elezioni comunali del 2024, in particolare per aprire spazio nelle grandi città come Rio de Janeiro e São Paulo e nella regione nord-est, dove il forte elettorato di Lula tende ad essere decisivo nelle elezioni presidenziali. Alcuni esperti sottolineano inoltre che la coppia potrebbe sostenere il PL nel diffondere ulteriormente il bolsonarismo tra il pubblico evangelico e le donne. Durante il ricevimento presso la sede del partito, Bolsonaro ha affermato il suo obiettivo di fare sì che il PL e i suoi alleati conquistino, insieme, il 60% delle amministrazioni comunali in tutto il paese nel 2024.
In un video ottenuto dalla CNN Brasil, Costa Neto definisce Bolsonaro il “leader di un movimento che è qui per restare” – non a caso Bolsonaro ha affittato una casa a Brasilia e ha già una squadra di guardie di sicurezza, autisti e auto ufficiali, normalmente destinate per gli ex presidenti. Tra pochi giorni Bolsonaro assumerà anche la carica di presidente onorario del partito, con uno stipendio di 40mila reais (circa 7mila euro).
Nonostante lo abbia negato negli ultimi giorni, il ritorno di Bolsonaro in Brasile rappresenta, per la destra e l’estrema destra, la più grande opposizione nel cammino del governo Lula, che deve affrontare sfide importanti in ambito sociale ed economico. L’attuale presidente, per mettere in opera le sue promesse elettorali, ha bisogno del sostegno di un parlamento che finora si è dimostrato ostile e turbolento, con tendenze conservatrici e sedute segnate da offese, dissapori e fake news. Attualmente, il presidente della Camera dei Deputati Arthur Lira è in contenzioso con il Senato e il governo per approvare misure economiche, fiscali e sociali che interessano il Planalto. Un altro scontro politico difficile per Lula in questo momento è con la Banca Centrale, che il presidente critica costantemente a causa degli alti tassi di interesse, fattore che incide direttamente sulla crescita del paese.
Resa dei conti con la Giustizia
Mentre si trovava a Orlando, Bolsonaro passava il tempo a criticare il governo Lula e a difendersi dalle accuse a lui rivolte, in particolare il suo ruolo nella crisi umanitaria che ha decimato parte della popolazione indigena Yanomami e la crisi dei gioielli ricevuti da Bolsonaro – e non dichiarati – durante la sua visita in Arabia Saudita mentre era il capo dello Stato.
Il 5 aprile Bolsonaro dovrà testimoniare sul caso e spiegare alla polizia federale perché ha cercato di tenere per se armi, collane, orologi e altri oggetti ricoperti di diamanti, per un valore di 17 milioni di reais (3 milioni di euro), ricevuti in dono dal regno dell’Arabia Saudita nel 2021. Secondo una determinazione del 2016, i regali ricevuti dai capi dello Stato brasiliano in viaggio devono essere incorporati nel patrimonio pubblico, a meno che non si tratti di oggetti di carattere personale.
Gli articoli di lusso sono stati sequestrati dal Fisco dopo che un consigliere di Bolsonaro, il colonnello Mauro Cid, ha tentato di entrare in Brasile senza dichiararne l’ingresso. Per mesi il governo Bolsonaro ha cercato di recuperare i gioielli, muovendosi attraverso tre ministeri, militari di alto rango e facendo pressioni anche sul capo dell’agenzia delle entrate, ma senza successo.
Bolsonaro è anche oggetto di sei inchieste presso il Supremo Tribunale Federale in casi come la sua condotta negazionista e la diffusione di notizie false durante la pandemia di Covid-19, l’esistenza di milizie digitali antidemocratiche e il ruolo dell’ex presidente nell’organizzazione degli atti golpisti a Brasilia l’8 gennaio.
Nell’ambito della Giustizia Elettorale, Bolsonaro è oggetto di indagine in 16 procedimenti, il più emblematico e recente dei quali è stato l’incontro tenutosi con gli ambasciatori brasiliani, nel luglio 2022, durante il quale Bolsonaro ha ripetuto disinformazione sul sistema elettorale del paese e ha diffuso dubbi sulla sicurezza del sistema di voto elettronico. Altre richieste di indagine in analisi includono anche l’omissione dello Stato nel caso degli Yanomami e l’uso della struttura presidenziale per articolare campagne di disinformazione. Queste e altre procedure potrebbero, come minimo, rendere Bolsonaro inammissibile alla presidenza nel 2026.BRASILE. Il ritorno di Bolsonaro: 20 indagini in corso ma resta il leader dell’opposizione.BRASILE. Il ritorno di Bolsonaro: 20 indagini in corso ma resta il leader dell’opposizione.
Le indagini devono ancora andare in primo grado e un’eventuale condanna definitiva di Bolsonaro per i suoi crimini richiederebbe anni. Finora, i giuristi stimano che Bolsonaro sia riuscito a proteggersi da accuse formali facendo nominare nel 2019 un suo alleato come procuratore generale della repubblica, Ricardo Aras. L’anno scorso, Aras ha archiviato più di 100 richieste di indagine contro il presidente. Nel 2021, l’ONG Transparência Internacional ha denunciato “l’allineamento sistematico della Procura Generale della Repubblica con il governo Bolsonaro” come uno dei fattori di rischio per la democrazia brasiliana. Il mandato di Aras dura fino a settembre di quest’anno.
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Sarebbe fallimento collettivo
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Bussolin e Bonriposi (Lega): "Moschea, sfratto 27 aprile sia attuato senza rinvii. Il Comune nel frattempo chiarisca sue intenzioni"
Un comunicato stampa sul sito del Comune di #Firenze informa le gazzette che la #Lega di Firenze è contenta del fatto che qualcuno possa sfrattare qualcun altro: finalmente si rispetta la legge, dicono i due signori qui sopra, che si chiamano entrambi Federico e hanno entrambi l'aria di persone ben nutrite.
Ora, la loro legge impone che la stessa cosa venga fatta con diverse Famiglie.
La maiuscola è a titolo di scherno, dal momento che l'agenda politica dell'esecutivo in carica nello stato che occupa la penisola italiana è per intero degna di essere schernita.
Comunque, nei confronti delle Famiglie i due Federico paiono assai più comprensivi.
Poi dicono:
"Come Lega annunciamo per Sabato 15 aprile un #Gazebo in piazza dei #Ciompi per un'intera "giornata di ascolto e informazione" sul Caso #Moschea. Intendiamo aggiornare i cittadini sia sullo sfratto imminente (e vicende legali annesse) oltre che sulla nuova possibile location negli ex locali #Banca Toscana. Parleremo noi ai residenti. Visto che la Giunta #Nardella si nasconde".
Il borgomastro ha appena organizzato un incontro [per martedi 4 aprile 2023] sull'emergenza abitativa a Firenze, perché la povertà e la morosità incolpevole sono in procinto di assicurare moltissime soddisfazioni agli estimatori della legge; accusarlo di nascondersi non ha molta logica. L'auspicio è che i residenti accolgano numerosi la tendina della Lega e che dimostrino ai protagonisti dell'iniziativa di non avere nessun bisogno di essere ascoltati e informati da individui di questa risma.
Sperabilmente senza passare a vie di fatto.
PODCAST. FRANCIA, contro la riforma delle pensioni un movimento radicale e trasversale
di Marco Santopadre
Pagine Esteri, 31 marzo 2023 – Contro la riforma delle pensioni decisa dal governo Macron-Borne che sposta in avanti di due anni l’età pensionabile, martedì scorso in Francia sono di nuovo scese in piazza circa due milioni di persone nel corso della decima giornata di sciopero e di mobilitazioneindetta finora dai sindacati.
A pesare è il contenuto della misura che penalizza soprattutto le fasce più deboli del mondo del lavoro. Ha suscitato rabbia la decisione, da parte dell’esecutivo, di approvare il pacchetto legislativo ricorrendo all’articolo 49.3 della Costituzione, che consente il varo di provvedimenti senza il voto dell’Assemblea Nazionale, dove la maggioranza avrebbe faticato non poco a trovare i numeri.
Nuove iniziative di protesta sono state già proclamate per la prossima settimana. Si moltiplicano intanto gli episodi di violenza da parte delle forze dell’ordine nei confronti dei manifestanti ma anche dei giornalisti che documentano le mobilitazioni.
Ne abbiamo parlato con Marco Cesario, giornalista italiano che vive e lavora a Parigi.
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Giornalista professionista e autore di numerosi tra saggi e romanzi, da Parigi Marco Cesario scrive per numerose testate, tra le quali Micromega, Linkiesta, Pagina99 e The Post Internazionale.
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In Cina e Asia – Von der Leyen: "Rapporto con la Cina tra i più intricati e importanti al mondo”
Ue, von der Leyen: "Rapporto con la Cina tra i più intricati e importanti al mondo"
Chip war, iniziano a diminuire le apparecchiature destinate alla Cina
Cina potenza mediatrice? Secondo Kuleba Pechino non ha ancora deciso
Alibaba, Zhang spiega i dettagli della scissione del gruppo
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Il caso dell’intervento umanitario internazionale in Ucraina
Mentre l’Ucraina ha superato le aspettative iniziali di molti esperti di guerra e sembra destinata a rimanere in prima linea contro le forze russe che hanno invaso il paese, con questo ottimismo in gran parte attribuibile al continuo sostegno che sta ricevendo dall’Occidente e a causa dell’elevato morale mostrato dalle truppe ucraine, i prossimi mesi […]
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Allarme
Adesso l’allarme è forte e non servirà a nulla affrontarlo con lo scaricabarile. L’appuntamento con i fondi europei Next Generation EU e con il piano italiano Pnrr è decisivo per il futuro e ha implicazioni delicatissime, relative anche alla sicurezza nazionale. Fallirlo è un’ipotesi neanche contemplabile. Esibirsi quotidianamente nel dare per scontati ritardi e impossibilità è da incoscienti. Supporre di potere raccontare che la colpa è del governo precedente non è solo inutile, è anche autolesionista: due dei tre partiti che compongono l’attuale governo ne facevano parte; chi governa oggi conosceva la situazione; i controlli confermarono che non c’erano ritardi; mentre ora, purtroppo, sono anche relativi alle riforme, quindi privi di qualsiasi giustificazione. E neanche serve farne oggetto di polemiche contro il governo Meloni. Un fallimento sarebbe di tutti.
Sarebbe un disastro per diverse ragioni, dalle quali ometto l’ovvia perdita dei quattrini.
1. Risulterebbe evidente che quando l’Italia chiede di potere fare più deficit non lo indirizza agli investimenti, di cui non è capace, ma alla spesa corrente, alla dilapidazione, sicché sarebbe facile e doveroso rispondere seccamente: No.
2. Ogni richiesta di ulteriore debito comune, con destinazioni nobilissime, verrebbe ridicolizzata dall’avere sprecato l’opportunità del debito comune esistente.
3. Ogni lamentela relativa all’essere stati “lasciati da soli” susciterebbe impietosita ilarità, visto che il Paese cui i contribuenti europei volevano regalare più soldi e prestarne a tassi agevolati ha declinato l’offerta e stabilito di non saperli usare.
4. Alla prossima speculazione sui debiti sovrani, essendo il nostro il più grosso, saremo da soli e abbracciati a quello, perché saremmo stati noi a volerlo tenere alto deprimendo la crescita del prodotto interno e respingendo gli investimenti.
È talmente evidente la dimensione della tragedia da avere portato ad una inversione delle parti: governanti italiani che ripetono di non potercela fare e controllori europei che smorzano e incoraggiano. I primi cercano scuse, i secondi capiscono la gravità delle conseguenze. Se non si riesce, come si dice con linguaggio da zappatori, “a mettere a terra” quegli investimenti finirà campata per aria ogni altra pretesa.
Quindi: testa bassa e pedalare. La si faccia finita con le parole a vanvera. Si negozi quel che serve, sempre che lo abbiano capito. E, per la miseria, il codice appalti che parte da luglio è già tardi, ma la legge concorrenza che si rinvia per gli ambulanti e le svendite, non avendo il coraggio di occuparsi dei balneari, è un segno evidente di rincretinimento da demagogia elettorale: un interesse miserrimo che ferma un gigantesco interesse generale. È impressionante che non si capisca quanto la concorrenza serva non alla gioia delle gare, ma a favorire investimenti e crescita. Che se si proteggono le sacche delle piccole rendite si penalizzano le grandi innovazioni. Che se corteggi quattro corporativi portatori di voti gli italiani che possono vanno in vacanza e a lavorare all’estero. Anti nazionale è proprio questa politica cieca al futuro e tronfia di parole dal significato sconosciuto. È impressionante non si capisca che un sistema appalti funziona se funziona la giustizia, non se si mettono un centinaio di guardiani della morale. Che costano, rallentano e producono immoralità. Il ponte di Genova è stato realizzato usando le regole europee. Almeno copiate.
E se l’opposizione spera di cavarsela assistendo al fallimento governativo si sbaglia. Dall’opposizione si fanno proposte, si reclama giustizia funzionante, separazione delle carriere, si tallona il governo perché renda fatti le parole del suo ministro della giustizia, si chiede più mercato aperto e più formazione, non ci si mette a difendere le arretratezze che troncano le gambe al governo, non si difendono le corporazioni che dal governo non possono più coprire. Perché in quel modo si è uguali. E ugualmente fallimentari.
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+++ La fuga di notizie sui "file Vulkan" rivela le tattiche di guerra informatica globale e interna di Putin. L'esclusiva del Guardian +++
@Giornalismo e disordine informativo
- Documenti trapelati dall'informatore arrabbiato per la guerra in Ucraina
- Società di consulenza privata di Mosca che sostiene la guerra informatica russa
- Gli strumenti supportano le operazioni di hacking e gli attacchi all'infrastruttura
- Documenti collegati al famigerato gruppo di hacker russi Sandworm
- Il programma russo mira a controllare Internet e diffondere disinformazione
di Luke Harding , Stiliyana Simeonova, Manisha Ganguly e Dan Sabbagh sul Guardian
Link all'articolo del Guardian
‘Vulkan files’ leak reveals Putin’s global and domestic cyberwarfare tactics
Vulkan engineers have worked for Russian military and intelligence agencies to support hacking operations, prepare for attacks on infrastructure and spread disinformationLuke Harding (The Guardian)
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La concretezza che manca al Pnrr
Il rinvio di un mese per il versamento della terza rata da 19 miliardi di euro non farà la differenza, nella storia del Piano di ripresa e resilienza dell’Italia. Se non altro, perché comunque quei fondi non sarebbero stati spesi nei prossimi trenta giorni. Probabilmente neppure nei prossimi sessanta o novanta. Dunque per il momento i 19 miliardi possono restare tranquillamente a Bruxelles per arrivare magari tra qualche settimana. Ci sono già altri 67 miliardi di fondi del Recovery che, in gran parte, attendono ancora sui conti del Tesoro in Italia. La Corte dei conti ha appena certificato che l’assorbimento delle risorse procede a rilento, appena il 12 per cento del totale fra il 2020 e il 2022.
Tuttavia, se siamo onesti, non è questo oggi il principale problema del Pnrr.
Era chiaro dall’inizio che gran parte della spesa sarebbe arrivata a partire da quest’anno, perché prima andavano pensati e sviluppati i progetti, bandite le gare d’appalto, aperti i cantieri. Almeno altri tre problemi oggi sono più urgenti, se l’Italia vuole sperare che il suo più grande programma d’investimenti dal dopoguerra non vada essenzialmente sprecato. Il primo riguarda il merito di alcuni dei piani originari, quelli che il governo di Mario Draghi mandò a Bruxelles nella primavera del 2021. Anche se ora lo si dimentica, quel progetto non nacque in condizioni normali. Dal giorno del giuramento, Draghi e i suoi ebbero non più di un mese per rivedere e riscrivere tutto prima di spedire il loro documento a Bruxelles. Inevitabile dunque che alcune delle incoerenze di oggi riflettano la fretta di allora. Gli stadi di Firenze e Venezia non hanno niente a che fare con la logica del Recovery ed è comprensibile che l’attuale governo si chieda perché la Commissione non abbia mai sollevato il problema prima, mentre lo fa ora.
La sperimentazione del trasporto su gomma all’idrogeno non sembra praticabile. I trattori o treni all’idrogeno, non ne parliamo. Anche i campi eolici off-shore nel Mediterraneo sono idee audaci, non progetti realizzabili a costi competitivi. Dunque il ministro degli Affari europei Raffaele Fitto ha ragione, quando dice che vuole tagliare alcuni piani e sostituirli con altri. Il punto è attuare questo disegno in pratica e questo è il secondo problema: a quanto pare, la Commissione europea non avverte (ancora) molta concretezza da parte italiana nell’indicare nuove direzioni di marcia e nel farle vivere nella realtà. Il governo ha ancora un mese per riscrivere alcune parti del Pnrr, dunque è presto per i processi alle intenzioni. Come fa la Casa Bianca con l’Inflation Reduction Act, l’innovazione digitale e la transizione energetica potrebbero essere affidata in buona parte delle imprese sul mercato tramite ampi crediti d’imposta sugli investimenti, finanziati dai fondi del Pnrr.
Ma qui si innesta la terza questione su cui si gioca il futuro del Piano: come funziona e chi fa funzionare il cervello di questa macchina da (almeno) 191 miliardi di euro? La risposta ufficiale è che un recente decreto ha definitivamente spostato la struttura centrale del Pnrr dal ministero dell’Economia a Palazzo Chigi e presto dovrebbe disporre di 70 funzionari (fra cui quattro dirigenti generali). Manca solo la conversione del decreto e si potrà procedere alle assunzioni. Nella pratica però questa struttura centrale per ora fatica ad assolvere alle funzioni necessarie. Non sempre si trovano funzionari competenti e sì, anche capaci di parlare inglese, che conducano i negoziati a Bruxelles.
Nella Commissione Ue qualcuno si è stupito di vedere Fitto, che come ministro opera a livello politico, trattare direttamente con un’alta funzionaria della struttura europea quale Céline Gauer (la direttrice generale per il Recovery). Quell’incontro dà il senso della solitudine del ministro. A parti invertite, è come se un commissario Ue venisse a Roma per parlare personalmente con uno sconosciuto direttore generale di un ministero. In Italia ci chiederemmo se quel commissario non ha una struttura tecnica che lavori per lui. La solitudine di Fitto spiega anche perché attorno al Recovery regni quella che l’associazione Openpolis — scrive Marco Galluzzo sul Corriere ieri —definisce una «mancanza assoluta di trasparenza». Forse non è il governo a nascondere la realtà ai cittadini. Più probabile che siano alcuni rami dell’amministrazione a evitare accuratamente di condividere i dettagli del loro settore con Palazzo Chigi. Per esempio, il ministero dell’Istruzione sta spiegando quanti Comuni lanciano i bandi per gli asili nido del Pnrr e per quanti posti? Nessuno sembra saperne molto.
Anche per questo servirebbe una struttura tecnica efficace al centro del sistema, per tenere al passo gli uffici decentrati come faceva il sottosegretario Roberto Garofoli sotto Draghi. La partita non è persa, resta tutta da giocare. Lo è soprattutto se si evitano dualismi e gelosie fra strutture dello Stato, che portano alcuni a tifare per il fallimento. Ma a perdere, in quel caso, saremmo tutti.
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Proteste mondiali contro il coinvolgimento in Ucraina: i governi ascolteranno?
Mentre la guerra in Ucraina si trascina nel suo secondo anno, manifestazioni di protesta hanno avuto luogo nelle principali città europee. Esprimono il sentimento crescente che le persone siano stanche del conflitto prolungato e timorose di ciò che potrebbe accadere se la guerra dovesse continuare ancora più a lungo. I ricordi delle catastrofiche guerre mondiali che hanno […]
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Il piano di Putin per un nuovo impero russo include sia l’Ucraina che la Bielorussia
Nell’ultimo anno, Vladimir Putin si è paragonato allo zar Pietro il Grande, che ha costruito un impero nel XVIII secolo, e ha tentato di annettere intere regioni dell’Ucraina dichiarando che sta “restituendo terre storicamente russe”. Un documento trapelato di recente che presumibilmente dettaglia i piani russi per assorbire la vicina Bielorussia ora fornisce ulteriori informazioni […]
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ChatGPT, la sedicente intelligenza artificiale
“Intelligenza artificiale è un’espressione stupida e falsa” – dice Guido Di Fraia, sociologo, prorettore dell’Università IULM, direttore del laboratorio che studia questa rivoluzione – “l’hanno inventata 50 anni fa per far notizia, ma si dovrebbe solo parlare di Intelligenza aumentata. Oppure definirla correttamente da un punto di vista tecnico, con il nome che ha: Tecnologia […]
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Spiazzati
Ci sono piazze il cui significato trascende la ragione per cui si sono riempite di manifestanti. Piazze diverse e distanti – da Tel Aviv a Parigi, passando per Berlino – non riconducibili a una comune matrice ma che pure pongono un comune problema alle democrazie. Non agli altri, perché in Russia, in Corea del Nord, in Iran non si può manifestare e se lo si fa si finisce ammazzati o deportati. In Israele il governo ha fatto un passo indietro, in Francia s’invita il presidente a negoziare, a Berlino s’attende di capire se resteranno immobili. Prima o dopo anche le nostre piazze torneranno a farsi sentire. E non sono le forze politiche a riempirle, semmai provano a inseguirle. Che peso e ruolo hanno le piazze, in una realtà post ideologica?
Le piazze non sono il “popolo”, come pretendono. Ne sono una parte. Le piazze che manifestano contro i governi si oppongono al responso elettorale, cui tutti i cittadini hanno libero accesso. Nelle democrazie governa chi conquista la maggioranza degli eletti (che non è affatto detto sia la maggioranza dei voti) oppure riesce a coalizzare, dopo il voto, una maggioranza parlamentare. Ma, in democrazia, governare non è sinonimo di comandare. Ed è qui che la piazza trova il suo spazio, è qui che il gioco democratico deve dimostrare equilibrio.
Macron ha vinto le elezioni presidenziali dicendo chiaro e tondo che si sarebbe dovuto riformare il sistema pensionistico, lavorando più a lungo. È necessario e inevitabile. La maggioranza dei francesi lo ha scelto per l’Eliseo. Onorare il mandato significa alzare l’età pensionabile. Lo dicono in molti e in diversi Paesi: sono stato eletto per fare una cosa, ho il diritto e il dovere di farla. Ma nelle democrazie il consenso si conquista ogni giorno, la maggioranza parlamentare si può perderla ben prima delle elezioni (Macron la perse alle elezioni) e se succede il finimondo per appena due anni di posticipo pensionistico significa che la pentola bolliva per altre ragioni. E qui si giunge alla prima conclusione, che si vede a Tel Aviv come a Parigi: in democrazia governa la maggioranza elettorale, ma le istituzioni democratiche sono più importanti della maggioranza elettorale. Nel senso che quest’ultima non deve forzarle.
Non è una questione di buon costume, ma di sostanza. Sono convinto che le mie idee siano migliori di quelle dell’avversario e le mie soluzioni più utili al Paese, ma devo anche sapere che la cosa più importante è che le idee vincenti potrebbero essere domani diverse, quindi non è la presunta bontà di quello in cui credo che possa autorizzarmi a forzare l’equilibrio istituzionale. Netanyahu ci ha provato e il risultato si è visto.
I guai diventano ingestibili in due casi: quando si fronteggiano ideologie opposte e quando gareggiano faziosità vuote. Il primo caso lo vivemmo nel secolo scorso, diventando sempre più ricchi e liberi perché non facemmo mai vincere (dopo la guerra e la sua tragica esperienza) nessuna delle due ideologie. Il secondo lo viviamo oggi. Contro le proposte di Macron non ce ne sono di diverse, razionali, ma il ribellismo “anti”. Gran parte dei populismi nasce dalla critica alle promesse che gli altri non onorarono, ma prende voti grazie a promesse insensate e mirabolanti, che nel migliore dei casi saranno tradite.
Ed è la seconda conclusione: nessuno riesce a governare le democrazie se non pensandosi governante di tutti, non solo della propria parte. E i partiti servono ad avere una visione temporale che superi l’orizzonte del capetto momentaneo. Il che sì, porta a mediare continuamente, tenendo anche un occhio alla piazza, che non è sovversiva proprio perché dentro un sistema di approssimazioni e non di presunte perfezioni. E quando la piazza diventa anti sistema, se anziché reclamare inizia a sfasciare, ove la politica di governo non se la sia fatta sotto dalla spiegazione si passa alla repressione.
Quando la democrazia funziona spiazza estremismi e personalismi. Quando ne resta prigioniera s’ammala.
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Ministero dell'Istruzione
Concorso ordinario per il personale docente della scuola dell'infanzia e primaria: pubblicato il calendario delle prove scritte suppletive. Lo trovate qui ▶ https://www.miur.gov.Telegram
Gianni Minà, grande testimone del nostro tempo
Ora che se n’è andato in silenzio per l’ultimo viaggio, accompagnato dai suoi familiari -la moglie Loredana, e dalle figlie Francesca Paola e Marianna- le ultime immagini di Gianni Minà, della sua presenza qui tra noi sono quelle della Camera ardente allestita in Campidoglio a Roma, della bara su cui è deposta una bandiera color granata […]
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Meta (Facebook, Instagram) switching to "Legitimate Interest" for Ads
Meta (Facebook, Instagram) passa a "Interesse legittimo" per gli annunci Dopo le denunce della noyb, Meta (Facebook e Instragram) sta passando da un contratto illegale a "interessi legittimi" altrettanto illegali per la pubblicità. noyb prenderà provvedimenti immediati.
In Cina e in Asia – Dal Boao Forum la Cina guiderà la ripresa globale
Dal Boao Forum la Cina guiderà la ripresa globale
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La Corea del Nord ha un nuovo ambasciatore cinese
Il leader del Partito del Xinjiang fa affari nel “cortile di casa” della Russia
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Il Regno Unito entra nella CPTTP
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