YO LA TENGO – THIS STUPID WORLD
iyezine.com/yo-la-tengo-this-s…
Questa prima parte di 2023, per fortuna, non ci sta riservando soltanto addii dolorosi a musicisti amati (Van Conner, Tom Verlaine e altri) ma anche eccellenti ritorni discografici, e uno di questi, senza dubbio, è rappresentato dal nuovo disco degli statunitensi Yo La Tengo, ormai veterani indie rockers sulle scene da quasi quattro decadi, che hanno dato alla luce il loro diciassettesimo album ufficiale, “This stupid world“. @Musica Agorà
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Ministero dell'Istruzione
Il Consiglio dei Ministri ha approvato oggi il decreto che ridisegna in parte la governance del #PNRR, presentato dal Ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto.Telegram
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Innovarmy, come le tecnologie robotiche sono al servizio dell’Esercito
Sistemi robotici e innovazione al servizio dell’Esercito italiano per contrastare le minacce nucleari, biologiche e chimiche (Nbc). Così la Forza armata, nell’ambito della Campagna di sperimentazione concettuale Robotics and autonomous system (Ras), ha svolto l’addestramento conclusivo dell’Italian army robotic experiment (Iare). A ospitare l’iniziativa è stata la Scuola interforze per la Difesa Nbc di Rieti, presso la sua area addestrativa Nubich, dotata di diversi scenari attrezzati per poter eseguire molteplici attività pratiche di diverso tipo, da quelle biologiche a quelle radiologiche, oltre che del Cbrn Area control center (Acc), che costituisce la struttura di vertice della Rete nazionale militare di osservazione e segnalazione degli eventi Cbrn (chimica, biologica, radiologica e nucleare). Chiuso il primo ciclo di sperimentazione, ora l’Esercito guarda alla logistica distribuita attraverso il modello Innovarmy, che alimenterà le prossime attività nel settore delle tecnologie all’avanguardia.
Un polo dedicato al contrasto delle minacce Cbrn
La Scuola interforze di Rieti, che costituisce il Polo interforze per la Difesa Nbc, ha ospitato dunque un vero e proprio Open day multistakeholder, coinvolgendo l’industria, le università e i centri di ricerca in cui l’Esercito ha presentato i risultati del primo ciclo di sperimentazione sui Ras. Il Polo, infatti, ha lo scopo di formare il personale delle Forze armate e delle organizzazioni civili coinvolto nel settore Cbrn, fornire pareri e consulenze in questo campo, promuovere seminari e conferenze tematiche, oltre che partecipare con i propri rappresentanti ai gruppi di lavoro della Nato che si occupano di questioni Cbrn.
Tecnologie emergenti a servizio del terrestre
La campagna di sperimentazione sui Ras, implementata dalla Forza armata, è nata per rispondere al bisogno crescente di affrontare le minacce Cbrn crescenti e ha preso il via dall’analisi delle tecnologie emergenti e disruptive, così come dell’impatto che il loro utilizzo può avere sulla modalità di condurre le operazioni militari sul campo. Tale ciclo di sperimentazioni è iniziato l’anno scorso, con lo scopo di approfondire come poter trarre il miglior vantaggio dall’impiego delle tecnologie innovative nell’eseguire i diversi compiti demandati all’Esercito.
La sperimentazione
Nel corso del 2022, le sperimentazioni hanno visto il supporto dell’azienda Milrem robotics, che ha condotto numerosi studi ed esercitazioni, anche sfruttando simulazioni virtuali. Con l’obiettivo di valutare i potenziali benefici derivanti dall’impiego della tecnologia Ras nel condurre attività tattiche in un ambiente urbano. I risultati ottenuti dagli studi hanno permesso sia di sviluppare concetti di impiego sia di acquisire una gran mole di dati e informazioni utili per diverse applicazioni, dall’orientare la strategia di introduzione in servizio dei Ras al supportare il processo generale di sviluppo delle capacità e capabilities della Forza armata terrestre. Seguendo lo sviluppo tracciato dal capo di Stato maggiore dell’Esercito, il generale Pietro Serino, nel report “Esercito 4.0 Proiettati nel futuro”, il prossimo ciclo di sperimentazioni sarà incentrato sulla capacità dei Ras di assolvere compiti di logistica distribuita, oltre che sull’opportunità di utilizzare piattaforme robotiche in quello che viene chiamato “l’ultimo miglio” del campo di battaglia.
Innovarmy
La giornata è stata inoltre l’occasione per presentare Innovarmy. Si tratta del modello di innovazione che l’Esercito applicherà nel corso del prossimo ciclo di sperimentazione. Grazie alla pubblicazione periodica di call tecnologiche, la Forza terrestre conta così di intercettare le nuove tecnologie innovative che possano essere impiegate per essere funzionali alla soluzione di problemi operativi.
(Immagine: Esercito italiano)
ZEROGROOVE – EVERYDAY- KACZYNSKI EDITIONS 2023
Torniamo ad esplorare il fantastico mondo della Kaczynski Editions, un’etichetta davvero altera nel panorama underground italiano e lo facciamo con il disco di Zerogroove intitolato “Everyday”. Zerogroove è il progetto solista di uno dei due fondatori dell’etichetta, Giuseppe Fantini. @Musica Agorà
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La fine della guerra russo-ucraina è in vista?
L’invasione russa dell’Ucraina è iniziata il 24 febbraio 2022. Un anno dopo l’inizio della guerra, il mistero che circonda il suo corso è più intenso che mai. Nei primi sei mesi di guerra la Russia ha avuto l’iniziativa e le domande chiave erano quando, dove e che tipo di successo avrebbe ottenuto negli attacchi alla […]
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Ucraina: CEDU, l’invasione russa è iniziata nel 2014
Il 25 gennaio la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha stabilito che le cause intentate da Ucraina e Paesi Bassi contro la Russia erano ammissibili. Questa decisione intermedia è un’importante pietra miliare legale nella ricerca di giustizia sull’aggressione russa contro l’Ucraina, in quanto riconosce che parti dell’Ucraina orientale sequestrate dai cosiddetti separatisti nella primavera […]
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Primati e record. A Firenze si celebrano i primi 100 anni dell’Arma azzurra
Studiare il passato permette di guardare al presente e di immaginare il futuro. Così il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, generale Luca Goretti, ha aperto le celebrazioni per i cento anni dell’Arma azzurra, nel corso del Simposio storico per il Centenario presso il Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, a Firenze. Un iniziativa che ha ripercorso insieme a esperti del mondo militare, accademico e giornalistico i passaggi più importanti della storia del volo e, soprattutto, dell’evoluzione della Forza armata, dalla sua fase pionieristica alla nascita a seguito dell’impiego durante la Grande guerra, passando per i primati del primo dopoguerra e i sacrifici della Seconda guerra mondiale, fino alle missioni internazionali di oggi, con uno sguardo rivolto alla dimensione aerospaziale e cyber.
Cento anni di storia
La nascita dell’Aeronautica militare è stata “un articolato processo di trasformazione scaturito dall’importanza dell’impiego del mezzo aereo nella Prima guerra mondiale”, ha infatti ricordato Goretti, segnalando come l’Italia sia stata tra le prime nazioni al mondo, insieme a Regno Unito, Australia e Polonia, a organizzare una Forza armata aera autonoma da Esercito e Marina. “Un secolo di storia, dai primordi dell’aviazione fino all’esplorazione dell’aerospazio” durante il quale l’Aeronautica è sempre stata protagonista delle vicende del Paese, dai conflitti del Novecento, alle missioni di pace del dopoguerra, “fino alla difesa dei cieli dell’Alleanza fin dalla prima notte dello scoppio della guerra in Ucraina”. La storia, come ha ribadito ancora Goretti “non può essere dimenticata”, e dall’Ucraina arriva un chiaro esempio della sua importanza. “Come mi ha raccontato un collega polacco – ha descritto Goretti – gli ucraini vogliono vincere la guerra perché, a differenza degli occidentali, hanno visto il muro di Berlino anche dall’altra parte, e non vogliono tornarci”. Questo esempio, per il comandante dell’Arma azzurra, deve essere un elemento di riflessione sull’impegno che tutte le Forze armate danno per difendere le libertà delle nostre società.
I primordi del volo
Dopo un primo panel dedicato alla storia antica del volo, dagli studi di Leonardo da Vinci all’invenzione dell’aeroplano vero e proprio dei fratelli Wright, durante il quale si sono confrontati Alessandro Barbero, professore presso l’università del Piemonte orientale, Alberto Angela, naturalista, paleontologo ed uno dei più noti divulgatori scientifici del Paese, Roberta Barsanti, direttrice del Museo e della Biblioteca leonardiani di Vinci e il primo maresciallo Michele Palumbo, del Reparto sperimentale di volo di Pratica di Mare, si è entrati nel vivo delle celebrazioni del Centenario ricordando i primissimi passi dell’Arma azzurra.
Una nuova Forza armata
“Per noi il 28 marzo del 1923 (data ufficiale della nascita dell’allora Regia aeronautica) è una data di inizio, allora la vedevano probabilmente come la fine del periodo pionieristico, iniziato in Libia nel 1911 e sviluppato durante la Prima guerra mondiale”. Così lo storico e giornalista Gregory Alegi ha raccontato i primi momenti dell’Aeronautica quale Forza armata indipendente nel secondo panel della giornata moderato dal direttore delle riviste Formiche e Airpress, Flavia Giacobbe. Un momento cruciale nella vita dell’Arma azzurra, dove bisogna ancora costruire tutto. “Costruire una Forza armata vuol dire organizzare in maniera strutturata mezzi, uomini, procedure, materiali in maniera completamente nuova” ha infatti spiegato il generale Alberto Rosso, già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica fino al 2021, ricordando come “i primi anni della Regia aeronautica non sono rose e fiori”. Serviranno infatti sette mesi per nominare un comandante generale (che diventerà poi il capo di Stato maggiore) e la Bandiera di guerra verrà consegnata solo a novembre.
Record e primati
Oltre alle difficoltà, è però anche l’epoca dei grandi primati e dei record. “L’Italia, e l’Aeronautica, sono protagoniste dei quotidiani, dei periodici nazionali e internazionali” ha raccontato Vincenzo Grienti, giornalista e storico, ricordando il fervore e l’ammirazione che le imprese aviatorie suscitano sull’opinione pubblica. La vittoria del capitano Mario de Bernardi nella coppa Schneider del 1926, il primato di velocità del maresciallo Francesco Agello, quello d’altezza del tenente colonnello Mario Pezzi, fino ad arrivare alle trasvolate di massa di Italo Balbo. Una stagione straordinaria, che si attutirà solo quando le necessità operative sposteranno l’attenzione sui conflitti, dall’Etiopia, alla Spagna, fino alla guerra mondiale “Budget e risorse limitate spostano l’attenzione sulle operazioni”, ha spiegato infatti Rosso. Le esperienze fatte con i primati, però forniranno la base per la formazione e l’impiego dei piloti militari anche dopo il termine di quella stagione, ha raccontato ancora Alegi, ma purtroppo la guerra interromperà uno sviluppo armonico della Forza armata presa dalle esigenze della guerra.
Il Brasile di Lula si allontanerà dall’Occidente?
Joe Biden ha promesso di avvicinare Brasile e America. “Entrambe le nostre democrazie sono state messe alla prova negli ultimi tempi”, ha detto Biden ai giornalisti la scorsa settimana incontrando per la prima volta il presidente Lula da Silva. I due leader erano sulla “stessa linea”, ha detto Biden. Ma quel sentimento non è del […]
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Sentenza Berlusconi: ‘Ruby ter’, un processo che non si doveva fare
‘Il fatto non sussiste’. Queste parole si ripetono con sempre maggiore frequenza nelle aule di tribunale. Già sarebbe poco accettabile se queste quattro parole fossero contenute in sentenze rapide, emesse dopo qualche giorno, dopo qualche settimana dal presunto ‘fattaccio’ che origina indagine e processo. No invece: tocca attendere mesi, anni, quando si è fortunati non […]
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Pubblicata #ThePETGuide, la guida dell' ONU sulle tecnologie di miglioramento della #privacy per operare statistiche ufficiali
Agli Uffici nazionali di statistica (NSO) sono affidati dati che hanno il potenziale per guidare l'innovazione e migliorare i servizi nazionali, la ricerca e i benefici sociali. Tuttavia, c'è stato un aumento delle minacce informatiche sostenute, reti complesse di intermediari motivati a procurarsi dati sensibili e progressi nei metodi per reidentificare e collegare i dati a individui e tra più fonti di dati. Le violazioni dei dati erodono la fiducia del pubblico e possono avere gravi conseguenze negative per individui, gruppi e comunità.
Le statistiche ufficiali sono una fonte attendibile di informazioni per i governi di tutto il mondo per prendere decisioni informate e basate sui dati. Pertanto, l'ampiezza delle informazioni viene raccolta da una serie di fonti di dati come indagini sulle famiglie e sulle imprese, censimenti della popolazione, economici o agricoli, una varietà di registri amministrativi o persino dati del settore privato. Tali fonti di dati sono gli input per la compilazione di statistiche e indicatori sull'economia, l'ambiente e la società. In molti modi, le statistiche ufficiali offrono un'istantanea dello sviluppo e del tasso di progresso di un paese. Naturalmente, quanto più dettagliato è il livello dei dati di input, tanto più sfumate possono essere le statistiche ufficiali. Tuttavia, la raccolta, il trattamento e la diffusione di dati spesso sensibili devono proteggere la privacy delle persone e delle imprese. Inoltre, considerando gli uffici nazionali di statistica (NSO) come parte degli ecosistemi di dati nazionali e internazionali, gli NSO potrebbero potenzialmente condividere molti più dati se in grado di proteggere la loro privacy. Questo inevitabile compromesso è il fulcro di questo documento, o più concisamente: come possiamo utilizzare la tecnologia per mitigare i rischi per la privacy e fornire garanzie dimostrabili sulla privacy durante l'intero ciclo di raccolta, elaborazione, analisi e distribuzione di informazioni potenzialmente sensibili.Questo documento esplora gli attuali approcci alla protezione dei dati (ad esempio, l'anonimizzazione dei dati, il calcolo delle parti di input, i controlli e gli accordi contrattuali) e le relative limitazioni. Al fine di facilitare la sperimentazione su progetti pilota e una collaborazione efficace su casi d'uso del "mondo reale", il Task Team delle tecniche di tutela della privacy delle Nazioni Unite ha fondato il laboratorio PET delle Nazioni Unite.
Vengono introdotte due grandi categorie di PET (ad es. privacy di input, privacy di output), tra cui calcolo multipartitico sicuro, crittografia omomorfica, privacy differenziale, dati sintetici, apprendimento distribuito, zero-knowledge proof e ambienti di esecuzione attendibili.
Vengono presentati studi di casi dettagliati che comprendono una vasta gamma di casi d'uso in tutti i settori, sfruttano combinazioni di PET e coinvolgono la collaborazione tra le parti (come più NSO che lavorano insieme, NSO che lavorano con altre agenzie governative e NSO che lavorano con organizzazioni del settore privato). Quindici casi di studio descrivono implementazioni che si trovano nella fase concettuale o pilota e tre che sono state implementate in ambienti di produzione.
Questo documento fornisce una panoramica delle attività di definizione degli standard e identifica diversi nuovi standard rilevanti per il trattamento dei set di dati, compresi gli standard in fase di sviluppo e alcuni che sono un prodotto del principio di precauzione applicato alla definizione degli standard per l'intelligenza artificiale (IA).
Data l'espansione dell'attività che si occupa di PET e il contesto in cui possono essere applicati, gli standard sono presentati in due parti. La prima identifica gli standard essenziali con sezioni sulla crittografia e sulle tecniche di sicurezza. Il secondo considera gli standard indirettamente correlati che potrebbero influenzare l'ambiente - tecnico e organizzativo - in cui i PET possono essere implementati, con argomenti secondari su cloud computing, big data, governance, intelligenza artificiale e qualità dei dati. Per coloro che sono interessati al "quadro più ampio", è disponibile una sezione aggiuntiva sugli standard correlati.
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Ruby ter e la differenza tra Stato etico e Stato di diritto
Mi incarico, a beneficio del povero lettore perduto fra Ruby, Ruby bis e Ruby ter, nemmeno fosse una delle saghe tribunalizie attorno alle molte stragi della nostra storia, di offrire una sintesi ruvida ed estrema: l’amore mercenario non è reato. E processare un uomo perché paga per il proprio soddisfacimento, è iniziativa da giustizia di ispirazione iraniana, dove il peccato si confonde col delitto. Ne è seguita una decina abbondante di anni saturi di ridicolo, fra nipoti di Mubarak, cene eleganti, sicurezza nazionale, scandalo internazionale, in cui tutti, a destra e a sinistra, hanno trasformato un affare di Stato in un cinepanettone. O un cinepanettone in un affare di Stato, vedete voi.
Ma c’è un punto sul quale tocca soffermarsi: il cavillo. Molti ieri hanno parlato e scritto di un’assoluzione per vizio di forma, dimenticando una volta di più che la forma è sostanza, e soprattutto se si parla d’amministrazione della giustizia. E cioè, Silvio Berlusconi è stato assolto poiché non si sono potuti utilizzare i verbali delle ragazze, sentite da testimoni anziché da indagate, come invece era necessario. Ora questo viene chiamato cavillo. Ma un testimone se mente rende falsa testimonianza, un indagato invece no, gli è permesso mentire (i codici non sono moralisti, a differenza di chi spesso li governa). Inoltre un testimone è considerato pubblico ufficiale, e la corruzione c’è se c’è un pubblico ufficiale. Se non è testimone ma indagato, niente pubblico ufficiale, niente corruzione. Un cavillo che non cambierà in nessuno di noi il giudizio su Berlusconi, ma stabilisce la differenza fra Stato etico e Stato di diritto.
L'articolo Ruby ter e la differenza tra Stato etico e Stato di diritto proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Presentata la proposta di ASAS per le piccole e medie imprese spaziali
«A differenza del resto del mondo, in Italia le piccole e medie imprese spaziali stanno crescendo, ma in modo pigro». Così il presidente di ASAS Silvano Casini ha aperto ieri il seminario “Proposte di indirizzo per una strategia nazionale di posizionamento e sviluppo delle PMI del settore aerospaziale”. Un attacco molto forte da parte del capo […]
L'articolo Presentata la proposta di ASAS per le piccole e medie imprese spaziali proviene da L'Indro.
First parliamentary amendments on EU Child Sexual Abuse Regulation: Some poison teeth are pulled, but indiscriminate chat control still looming
This week, the Social Democrat rapporteur of the opinion-giving Internal Market Committee in the European Parliament, Alex Saliba, proposed first amendments to the draft EU Child Sexual Abuse Regulation (CSAR), also known as chat control proposal.
[1]Pirate Party MEP and Greens/EFA shadow rapporteur in the lead Home Affairs Committee (LIBE), Patrick Breyer, has a mixed assessment of the proposals:
“Colleague Saliba wants to pull various poison teeth from Commissioner Johansson‘s extreme proposal: The proposed deletion of mandatory age verification safeguards the right to anonymous communication, on which whistleblowers, among others, depend. The deletion of appstore censorship for young people safeguards their right to free and protected communication.
However, ineffective netblocks with collateral damage for many legitimate contents could still be imposed. Above all, indiscriminate chat control would still be implemented: Excluding encrypted communication and telephony, leaving AI algorithms out of it – all this would not change the fact that the end of digital secrecy of correspondence for most emails and chats is imminent. Digital privacy of correspondence does not only apply to encrypted communication!
Meta already indiscriminately searches all Facebook and Instagram private messages “only” for known material, but it is precisely this flood of mostly criminally irrelevant reports that drains law enforcement capacities that are missing for undercover investigations against abusers. This chat control leads to the mass accusation of innocent people (in 80-90% of all cases) and to the criminalisation of thousands of minors. To target law-abiding users without suspicion and indiscriminately violates fundamental rights and would not stand up in court.
Only a few days ago, the Social Democrats in the European Parliament promised in a digital strategy that the CSA regulation should not “lead to any form of mass surveillance” [2]. This commitment needs to be honoured!”
Marcel Kolaja, Pirate MEP and shadow rapporteur in IMCO and in the Committee on Culture and Education (CULT), comments:
“Although I am pleased that the opinion proposes some changes to the problematic parts of the Commission proposal, I believe it still approaches the problem from the wrong direction.
The proposal as well as the draft aims to protect children from sexual abuse. However, the proposed legislation will not achieve this. Instead of focusing on real protection, it wants to unleash mass surveillance.
Europe should rather choose the path of prevention and real protection, not snooping. Prevention is something we need to get better at. As the Commission found out, several countries have not even properly implemented the child sexual abuse directive from 2011, including Spain which will chair the upcoming Council presidency.”
Until 7 March, the other political groups can now propose amendments to the draft report of the Internal Market Committee (IMCO), which is to be finalised by the summer break. The leading LIBE Committee wants to finalise its position by September. The conservative Spanish rapporteur Zarzalejos then wants to strike a deal by the end of the year under the Council Presidency of his home country Spain and quickly adopt the regulation.
La povertà educativa in Italia è un problema, ma si potrebbe risolvere | L'Indipendente
"In un Paese con disparità territoriali profonde, un forte multiculturalismo di seconda generazione (sono circa 1,3 milioni i bambini stranieri o italiani per acquisizione) si auspica un intervento puntuale e ottimizzato, su strutture, personale e approcci. Non si tratta solo di risanare il giovane patrimonio umano in contesti periferici e creare un nuovo ecosistema di servizi per l’infanzia, adeguato alle nuove generazioni; occorre, come individuato dall’Osservatorio, considerare i giovani come risorse e non solo fasce da tutelare, attuare un cambiamento partecipativo e di ascolto, indirizzando i fondi alle reali necessità che chiede il nostro futuro."
«Il pm non cerchi più le prove a favore dell’indagato…»
LA PROVOCAZIONE DEL CELEBRE AVVOCATO: «IO NON HO MAI VISTO UN PUBBLICO MINISTERO CHE TI INTERROMPE PER DIRTI CHE HA FATTO DELLE INDAGINI E INTEGRA LA TESI DIFENSIVA»
IL SOTTOSEGRETARIO OSTELLARI, HA DATO INCARICO AGLI UFFICI PREPOSTI PER TROVARE CASI DI PM CHE HANNO AGITO PER RICERCARE PROVE A SOSTEGNO DELL’INDAGATO
L’avvocato Giuseppe Benedetto è autore del libro “Non diamoci del tu. La separazione delle carriere” (ed. Rubbettino, pp. 134, euro 16).
Il presidente della “Fondazione Einaudi” pone all’attenzione dei lettori un tema di strettissima attualità, al centro dell’agenda politica, e da sempre oggetto di un’attenta analisi da parte di Carlo Nordio, che firma la prefazione, ben prima che l’ex magistrato diventasse ministro della Giustizia.
«Le idee sulla separazione delle carriere del ministro Nordio – dice al Dubbio Giuseppe Benedetto -, al di là di quanto scrive nel mio libro, sono nette e chiare da sempre. Una riforma di questo genere, però, passa più che dal governo dal Parlamento. Il timore del pantano parlamentare, comunque, è forte».
Avvocato Benedetto, il suo libro è un manifesto a sostegno della separazione delle carriere?
È una deduzione logica e cronologica. Cronologica perché facciamo una ricostruzione storica della vicenda. Partiamo dal Codice di procedura penale riformato nel 1989 e dalla susseguente riforma costituzionale di dieci anni dopo. Nel libro si sostiene che sono state due riforme che hanno introdotto cambiamenti profondi nel nostro sistema processuale e costituzionale, ma mancano dell’ultimo tassello: il giudice terzo.
Questo non è effettivamente terzo se non c’è una reale separazione della magistratura inquirente da quella giudicante. È un passaggio non di poco conto. La deduzione logica si basa sul fatto che abbiamo cercato di dimostrare alcune tesi non con argomenti da politique politicienne, ma con argomenti politici nel migliore senso del termine, perché la politica alta ci appartiene, anche come Fondazione Einaudi. Ma, soprattutto, con argomenti che evidenziano che il sistema odierno non regge e ci pone al di fuori dalle liberal-democrazie occidentali, sia quelle europee che quelle anglosassoni.
Il Parlamento si sta muovendo. Alla Camera sono state presentate delle proposte di legge per separare giudici e pm. Il Terzo Polo, la Lega e Forza Italia vanno nella stessa direzione. Al momento è assente su questo fronte Fratelli d’Italia. Il legislatore è più determinato rispetto al passato? Il traguardo della separazione è alla portata?
Non me la sento di dire che il traguardo è alla portata. Sarei troppo ottimista. Lo stesso presidente della Commissione Affari Costituzionali ha detto martedì che, se tutto va ve bene, ci vorrebbero almeno due anni e mezzo. In politica due anni e mezzo sono due vite e mezza. Il fatto, però, che ci si muova è positivo. Io ho paura del pantano parlamentare, ma ovviamente bisognerà passare dal Parlamento. Ci potrebbe però essere una alternativa.
A cosa si riferisce?
Il Parlamento potrebbe tenere conto di alcune indicazioni della Fondazione Einaudi: una rapida Assemblea Costituente per rivedere complessivamente la seconda parte della Costituzione. Potrebbe esserci in questo caso una riforma complessiva della giustizia. Siccome si è avviato l’iter parlamentare, mi hanno già chiesto in Parlamento di intervenire in audizione. Porterò le tesi della Fondazione Einaudi. Spero che anche Fratelli d’Italia e il Pd possano fare una riflessione sul tema. Dei quattro progetti presentati sulla separazione delle carriere tre sono esattamente la riproduzione di quello che la Fondazione Einaudi e l’Unione Camere penali hanno presentato sei anni fa, raccogliendo oltre 60mila firme. È un disegno di legge costituzionale, come ricorda l’avvocato Migliucci, nell’introduzione al mio libro. L’altra proposta di Forza Italia si discosta di poco da quanto suggeriamo. Spero che non si avviino varie forme di ostruzionismo da parte di potenti forze politiche e della società presenti nel nostro paese.
Pochi giorni fa lei ha sostenuto che il pm deve sostenere l’accusa nel nostro sistema processuale non ricercare le prove a favore dell’indagato.
Una proposta concreta, ben più di una provocazione, per mettere mano al nostro sistema giudiziario?
È una provocazione. Io non ho mai visto un pubblico ministero che ti interrompe per dirti che ha fatto delle indagini e integra la tesi difensiva. Se poi vogliamo passare dal momento empirico alla teoria, questo è un retaggio classico del sistema inquisitorio. Con il sistema accusatorio le cose vanno diversamente. Dunque, non giriamo attorno al problema. La mia provocazione è stata fatta alla luce del sole, alla
presenza del sottosegretario alla Giustizia Ostellari, il quale ha apprezzato la mia proposta, dando incarico agli uffici preposti per una serie di approfondimenti. A partire dai casi di pm che hanno agito per ricercare prove a sostegno dell’indagato.
Nel suo libro lei dimostra un amore profondo per la toga. Quanto è cambiata la professione forense negli ultimi vent’anni?
La professione forense è completamente cambiata già rispetto a pochi anni fa. Possiamo fare un semplice esempio, prendendo in considerazione la fase antecedente al Covid e quella successiva alla pandemia. Nel post Covid ho difficoltà a relazionarmi con i sistemi informatici che oggi reggono anche il penale. Ma questo è solo un aspetto. I giovani che si avviano alla professione sono favoriti su questo
fronte. È come quando la mia generazione ha iniziato la professione con il nuovo Codice di procedura penale. Ai colleghi che si affacciano alla professione consiglio di utilizzare il “metodo laico”, quello del dubbio. Leonardo Sciascia, lo scrivo pure nel mio libro, lo richiama chiaramente.
L'articolo «Il pm non cerchi più le prove a favore dell’indagato…» proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
La coscienza morta
Si applica anche a noi, adesso.
"From the accumulated evidence one can only conclude that conscience as such had apparently got lost in Germany, and this to a point where people hardly remembered it and had ceased to realize that the surprising "new set of German values" was not shared by the outside world. This, to be sure, is not the entire truth. For there were individuals in Germany who from the very beginning of the regime and without ever wavering were opposed to Hitler; no one knows how many there were of them — perhaps a hundred thousand, perhaps many more, perhaps many fewer — or their voices were never heard. They could be found everywhere, in all strata of society, among the simple people as well as among the educated, in all parties, perhaps even in the ranks of the N.S.D.A.P."
---
"E tutto sta a dimostrare che la coscienza in quanto tale era morta, in Germania, al punto che la gente non si ricordava più di averla e non si rendeva conto che il “nuovo sistema di valori” tedesco non era condiviso dal mondo esterno. Naturalmente, questo non vale per tutti
i tedeschi: ché ci furono anche individui che fin dall'inizio si opposero senza esitazione a Hitler e al suo regime. Nessuno sa quanti fossero (forse centomila, forse molti di piu, forse molti di meno) poiché non riuscirono mai a far sentire la loro voce. Potevano trovarsi dappertutto, in tutti gli strati della popolazione, tra la gente semplice come tra la gente colta, in tutti i partiti e forse anche nelle file del partito nazista."
#uncaffèconLuigiEinaudi ☕ – La politica del panem et circenses…
La politica del panem et circenses repugna profondamente allo spirito liberale.
da Lineamenti di una politica economica liberale, Movimento Liberale Italiano, 1943
L'articolo #uncaffèconLuigiEinaudi ☕ – La politica del panem et circenses… proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Fr.#20 / Di artiste e prostitute digitali
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Artiste di strada, ma digitali
In questi giorni sono venuto a conoscenza di un fenomeno peculiare che ha preso piede in Cina. Non saprei esattamente come definirlo, quindi faccio prima a farvelo vedere:
Cosa sta succedendo? Quelle sono delle ragazze che stanno cantando, scherzando e chattando coi loro fan online. In streaming, sul marciapiede.
Perché? Beh, pare che sia merito di un nuovo algoritmo.
Non farti fregare dall’algoritmo, iscriviti a Privacy Chronicles.
La piattaforma cinese di streaming che usano queste ragazze infatti è dotata di un sistema di localizzazione che permette agli utenti di cercare streamer nelle loro vicinanze. Questo significa che chi fa streaming in zone più ricche avrà evidentemente una probabilità più alta di ricevere donazioni cospicue rispetto a chi invece si limita a streamare da casa sua, magari in un quartiere povero.
Ecco allora spiegato il motivo per cui decine di ragazze decidono di lavorare in strada piuttosto che nella comodità delle loro stanze.
La peculiarità è che molte di loro, come spiegato da Naomi Wu, non sono in condizioni di povertà. Anzi, spesso hanno un lavoro normale che fanno durante il giorno. D’altronde, l’attrezzatura che alcune si portano dietro è anche abbastanza costosa.
Insomma, non bisogna fare confusione: queste ragazze sono più vicine a delle artiste di strada che a delle mendicanti. La differenza, rispetto agli artisti di strada tradizionali, è che le loro performance vengono viste e apprezzate da remoto, da persone a 500 metri da loro o dall’altra parte della Cina.
Questo caso peculiare può insegnarci una cosa: gli incentivi funzionano. Funzionano così bene che una professione nata grazie al digitale si sta trasformando in uno strano ibrido phygital che incentiva decine di ragazze a mettersi in strada con luci e strumenti per lo streaming.
Forse bisognerebbe iniziare a riflettere sul potere diretto e indiretto che questi algoritmi hanno sulla nostra vita, e soprattutto ponderare sulle attuali e future capacità dei nostri governi di influenzare il comportamento di milioni di persone semplicemente attraverso sistemi di economia comportamentale e ingegneria sociale — come quelli già sperimentati anche in Italia.
Prostitute digitali, conseguenze reali
Sempre rimanendo nel tema delle nuove professioni digitali, vale la pena riportare una notizia di questi giorni che arriva dagli Stati Uniti: pare che a una ragazza, modella su OnlyFans, sia stata negata la Visa per l’accesso agli Stati Uniti.
La Visa è in pratica un’autorizzazione che deve avere chiunque voglia viaggiare verso gli Stati Uniti e che viene allegata al passaporto. In alcuni casi, quando sussistono situazioni particolari, la Visa può essere negata. Ad esempio nel caso in cui la persona abbia ricevuto condanne o sia accusata di altre attività illecite, come il contrabbando.
Oppure, come successo per la ragazza in questione, se la persona ha realizzato attività di prostituzione durante i 10 anni precedenti alla richiesta di Visa o se il suo viaggio sia in qualche modo finalizzato a compiere atti di prostituzione.
Non voglio entrare nella diatriba infinita sul considerare o meno l’attività su OnlyFans al pari della prostituzione, ma a quanto pare le autorità degli Stati Uniti la considerano tale. Ciò che conta qui è la capacità delle autorità governative di sorvegliare e analizzare i motivi del viaggio di una persona straniera, le sue attività professionali (magari anche secondarie) e il suo passato — fino a dieci anni prima!
Non mi stupisce che gli Stati Uniti facciano tali discriminazioni: è noto che i collettivisti-statalisti confondono sempre (volontariamente) il piano della moralità con quello della legalità. E questo impatta la libertà delle persone.
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Questo caso dovrebbe esserci d’esempio per comprendere i rischi derivanti proprio da queste capacità di sorveglianza dei nostri governi. I nostri dati saranno usati contro di noi. Sempre. E questo è anche il motivo per cui bisogna rigettare con forza qualsiasi proposta di identità digitale. Se ci riescono ora, figuriamoci cosa potranno fare con un sistema di identità digitale connesso a tutto ciò che siamo e facciamo.
Insomma, se proprio vuoi fare la modella su OnlyFans sappi che potresti essere considerata una prostituta a tutti gli effetti. Nulla in contrario, ma forse sarebbe il caso di imparare il valore dello pseudoanonimato e provare a considerare piattaforme e sistemi di pagamento alternativi che lasciano poche tracce, come Bitcoin. È chiaro che intermediari fiat come OnlyFans o come le piattaforme di pagamento non hanno assolutamente a cuore la riservatezza dei loro clienti.
Meme del giorno
Citazione del giorno
"Every form of happiness is private. Our greatest moments are personal, self-motivated, not to be touched. The things which are sacred or precious to us are the things we withdraw from promiscuous sharing.”
Ayn Rand
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La moralità dell'anonimato
Anonymity is dead, long live the anonimous! L’anonimato è morto, la privacy è morta. E anche noi, nel lungo periodo, siamo tutti morti. Se siete d’accordo, oggi inizierei così per parlare di un tema che stranamente non avevo ancora trattato su queste pagine: la moralità dell’anonimato…
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6 days ago · 5 likes · 2 comments · Matte Galt
Twitter Files: dalla censura politica al ban di Trump
Nelle scorse settimane Elon Musk ha distribuito ad alcuni giornalisti migliaia di documenti e comunicazioni riservate di Twitter. L’analisi di questi documenti ha dato vita a un piccolo cataclisma.
Le prime notizie che arrivano dai “Twitter Files” raccontano di inquietanti scoperte sui meccanismi di “moderazione” della piattaforma, tra top manager e team di moderazione palesemente politicizzati e sistematiche ingerenze da parte delle agenzie di intelligence. La storia raccontata finora dai giornalisti che hanno messo mano ai Twitter Files, attraverso dei lunghi thread pubblicati proprio su Twitter, parte dal 2020 e arriva fino ai giorni nostri.
Il materiale pare sia molto, e c’è sicuramente ancora tanto da raccontare, ma oggi voglio dare la possibilità ai lettori di farsi un’idea, ripercorrendo insieme le parti più rilevanti di tutta la vicenda.
Iniziamo.
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Gli strumenti di Twitter
Come racconta Matt Taibbi nel primo thread sui Twitter Files, nel corso del tempo Twitter fu costretta a sviluppare e costruire degli strumenti di censura che durante i primi anni di vita della piattaforma erano invece assenti.
Presto molte persone si resero conto della potenza di questi strumenti, e pian piano furono messi a disposizione di autorità governative ed esponenti di partiti politici che di volta in volta chiedevano alla piattaforma di rimuovere contenuti sgraditi. Nel 2020 le richieste di questo tipo erano praticamente una prassi consolidata.
Questi strumenti di “moderazione” erano a disposizione, in teoria, di ogni parte politica. Il problema è che sembra che non ci fossero dei canali ufficiali a cui fare riferimento, ma che fosse invece un’attività che veniva fatta attraverso contatti personali con dipendenti interni di Twitter.
Perché dico che è un problema? Dovete sapere che prima dell’arrivo di Elon Musk e dei licenziamenti collettivi, più del 98% dei dipendenti di Twitter erano dichiaratamente Democratici (cioè progressisti di sinistra) — come mostrano dai dati riportati da Matt Taibbi nel suo primo thread.
Per un mero dato statistico, i Democratici avevano quindi molte più possibilità di ottenere la rimozione di contenuti rispetto ai Repubblicani.
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La censura arbitraria dei progressisti
La giornalista Bari Weiss, nel secondo thread dedicato ai Twitter Files conferma poi ciò che molti “complottisti” dicevano da tempo, nonostante le dichiarazioni pubbliche contrarie da parte di Vijaya Gadde: sì, lo shadow ban esiste.
Il team di moderazione di Twitter aveva infatti l’abitudine di creare delle vere e proprie blacklist di utenti a cui limitare la visibilità e la reach dei contenuti.
Il gruppo interno che gestiva questo tipo di censura era chiamato “Strategic Response Team - Global Escalation Team”. Nel gruppo, dice Bari Weiss, c’erano Vijaya Gadde (Legal, Policy, and Trust) e Yoel Roth (Trust & Safety), oltre ai CEO — prima Jack Dorsey e poi Parag Agrawal.
Gli account più colpiti da queste blacklist e shadowban erano quelli di persone della destra conservatrice e in generale account con opinioni contrarie a quelle progressiste in merito a questioni riguardanti LGBT o sulle elezioni presidenziali del 2020.
Un esempio paradigmatico fu quello di Chaya Raichik, “Libs of TikTok” (che seguo con molto piacere, anche su substack), che solo all’inizio del 2022 fu bannata per ben sei volte. Nel suo caso il pregiudizio politico era evidente: non solo l’account veniva sospeso arbitrariamente, ma Twitter non fece nulla per bannare le persone che doxxarono l’indirizzo di residenza di Chaya e che regolarmente la minacciavano di morte. Se non sbaglio, qualcuno di quei post è ancora online.
Le motivazioni che sostenevano la maggior parte delle censure di post e sospensione degli account erano puramente politiche, in base alle idee dei team di moderazione e dei manager come Yoel Roth.
Proprio lui scrisse nel 2021: “The hypothesis underlying much of what we’ve implemented is that if exposure to, e.g., misinformation directly causes harm, we should use remediations that reduce exposure, and limiting the spread/virality of content is a good way to do that”.
Cosa si intende Roth per “misinformation”? Ovviamente, tutto ciò che è contrario alla narrativa Dem e alle sue personalissime idee.
Al contrario di quanto pubblicamente affermato da Twitter nel corso degli anni, molte delle scelte di rimozione di contenuti non erano fatte sulla base di elementi oggettivi, ma in base a interpretazioni personali degli executives e dei team di moderazione, per poi essere giustificate di volta in volta con le policy più adeguate.
Un chiaro esempio dell’arbitrarietà e dei pregiudizi dei team di moderazione viene da uno scambio tra Yoel Roth e un collega il 7 gennaio 2021, in cui discutono su come “moderare” il movimento “#stopthesteal”, che durante l’elezione del 2020 sosteneva ci fossero gravi irregolarità nel processo elettorale, soprattutto per quanto riguarda i voti via posta.
Il movimento, ritenuto fonte di disinformazione, venne presto censurato da Twitter. L’obiettivo in quel caso era duplice: da una parte censurare i post degli esponenti del movimento, e dall’altra lasciare libertà al “counterspeech”, cioè ai post dei progressisti di sinistra che usavano lo stesso hashtag per sostenere tesi contrarie.
Un altro esempio di arbitrarietà e faziosità politica arriva da queste comunicazioni del 7 di gennaio 2021 (24 ore prima del ban di Trump), in cui il team di moderazione si trova a discutere perfino su come punire gli utenti che ripostavano foto dei tweet di Trump senza alcun intento politico, ma per criticare le scelte di moderazione di Twitter, come in questo caso:
Il ban di Trump
La terza, quarta e quinta parte dei Twitter Files affrontano invece gli eventi che portarono l’8 gennaio 2021 al ban di Trump — il caso di deplatforming più famoso e più grave al mondo. La storia prosegue con i contributi di Matt Taibbi e Michael Shellenberger, che offrono uno spaccato sui mesi e giorni precedenti al ban di Trump.
Già dai primi mesi del 2020 Twitter era un insieme scomposto di sistemi di sorveglianza e di censura automatizzati e persone con il potere di censurare arbitrariamente chiunque (beh, non proprio chiunque) sulla base di pregiudizi puramente ideologici e politici.
Come se questo non bastasse, man mano che le elezioni si avvicinavano gli executives di alto livello come Yoel Roth iniziavano ad intrattenere sistematicamente relazioni con FBI e varie altre agenzie federali come l’Homeland Security e la National Intelligence. Era in questi incontri che spesso si decideva come e quali tweet censurare. Principalmente, ça va sans dire, di Trump e altri account Repubblicani — che in quel periodo erano molto attivi per denunciare problemi col processo elettorale.
A conferma della frequenza e normalità degli incontri ci sono alcuni scambi tra il team marketing di Twitter e il Policy Director Nick Pickles. Il team chiedeva se fosse possibile descrivere il processo di moderazione di Twitter come un misto di “machine learning, human review e partnership con esperti”, a cui Nick rispose: “non so se definirei FBI e DHS come esperti”.
La pressione politica fuori e dentro Twitter in quel periodo si poteva tagliare con il coltello.
In questo periodo Trump era già stato sospeso diverse volte. Secondo le policy di Twitter, ci sono una serie di “strike” prima che l’account possa essere bannato definitivamente. A Trump ne rimaneva uno; un’ultima violazione, di una qualsiasi policy interna, avrebbe causato il suo ban definitivo.
Trump però non era una persona qualunque. I suoi tweet avevano un valore “pubblico” non indifferente. La questione era nota anche internamente a Twitter, che infatti ha una “public interest policy” che prevede delle eccezioni in caso di violazioni per tweet e account che abbiano un certo valore nell’interesse pubblico.
Proprio per questo, il 7 gennaio 2021 l’onnipresente Yoel Roth scrive a un collega che nel caso di Trump l’idea era quella di "bypassare le tutele del “public interest e fare in modo che potesse essere bannato alla prima violazione di una qualsiasi policy interna". La decisione ai piani alti era già presa da tempo. Trump doveva essere bannato, bisognava solo trovare una qualsiasi giustificazione.
La pressione interna in quei giorni era altissima. Vi ricordo che molti dipendenti in Twitter erano progressisti democratici, che dopo gli eventi del 6 gennaio ce l’avevano a morte con Trump e con chiunque la pensasse diversamente da loro (ma questo è ricorrente). Nelle chat interne circolavano affermazioni come queste:
“Non capisco la decisione di non bannare Trump data la sua istigazione alla violenza”
“Dobbiamo fare la cosa giusta e bannare il suo account”
“Ha chiaramente tentato di sovvertire il nostro ordine democratico… se non è questo un buon motivo per bannarlo, non so cosa possa esserlo”
Come riporta di nuovo Bari Weiss nella quinta parte dei Twitter Files, l’8 gennaio 2021 — a poche ore dal ban di Trump — il Washington Post pubblicò perfino una lettera aperta firmata da 300 dipendenti di Twitter che chiedevano a Jack Dorsey di bannare per sempre Trump — a prescindere da qualsiasi valutazione di merito.
Quel giorno Trump postò due volte:
Poche ore dopo il primo tweet Vijaya Gadde scrisse in una chat interna: “potremmo interpretare ‘American Patriots […] will not disrespected or treated unfairly in any way, shape or form’ come una istigazione alla violenza”.
L’istigazione alla violenza sarebbe stato l’ultimo strike necessario per bannare Trump definitivamente. L’interpretazione però era controversa e neanche Vijaya era sicura di questa strada. Sempre nella stessa chat qualcuno disse che “American Patriot” poteva essere inteso come un chiaro riferimento ai manifestanti violenti di Capitol Hill (6 gennaio 2021) e questo avrebbe causato la violazione della “Glorification of Violence policy”.
Insomma, non c’era più alcun criterio di valuazione, se non la fantasia dei moderatori nell’interpretare il contesto del tweet di Trump. La tensione era talmente alta che nelle ore successive al tweet Trump venne definito come il leader di un’organizzazione terroristica — comparabile perfino a Hitler.
Alla fine anche la “leadership” di Twitter dovette cedere alle pressioni, sia interne che esterne, e Trump venne bannato definitivamente a causa della supposta violazione della policy contro l’istigazione alla violenza.
Social Network… o strumento di sorveglianza dell’intelligence?
Il sesto e ultimo (per ora) thread sui Twitter Files, scritto poche ore prima dell’uscita di questa newsletter, mostra come le agenzie di intelligence, in particolare FBI e DHS, avessero da tempo rapporti continuativi, amichevoli e molto stretti con diversi referenti di Twitter. Uno su tutti Yoel Roth, che tra gennaio 2020 e novembre 2022 pare che abbia scambiato più di 150 email con l’FBI.
Ma l’FBI non si limitava a interagire con Twitter. L’agenzia aveva istituito una vera e propria task force di sorveglianza e analisi di post e account sulla piattaforma. L’ingerenza arrivava a tal punto da chiedere “informalmente” a Twitter i dati di localizzazione degli account flaggati — senza alcun mandato né indagine che giustificasse questa richiesta.
Contrasto al terrorismo? Indagini su crimini federali? Niente di tutto questo: pura sorveglianza e censura politica in materia elettorale. Venivano colpiti perfino di account satirici. Ma è questo il mandato dell’FBI? E davvero siamo disposti ad accettare un abuso di potere di questo tipo?
Un commento
La storia dei Twitter Files non è ancora finita, e certamente ci sono ancora molte domande che meritano risposta. Che dire di tutta la censura sul covid? Solo da poco Twitter ha annunciato di aver disattivato i filtri automatizzati su quei contenuti. E che dire di tutti gli account che sono stati ingiustamente silenziati e shadow-bannati da gennaio 2021 a oggi? Che ruolo ha avuto l’intelligence americana nella gestione occidentale della pandemia e nel flusso delle informazioni?
Politici e intellettuali, per lo più di sinistra, da anni tentano di persuaderci del bisogno di combattere la disinformazione. Ci dicono che è pericolosa, che bisogna proteggere le persone. Ma da cosa?
In un mondo dove tutto ormai è relativo e non esiste più alcun criterio oggettivo — in cui un giudice della Corte Suprema è incapace perfino di dare una definizione di donna; in cui per mesi si è detto tutto e il contrario di tutto su COVID e vaccini… cosa significa disinformazione?
La verità è che la lotta alla "disinformazione" non esiste. Esiste però una chiara volontà di censurare opinioni e idee che non siano aderenti all’ideologia dominante. Perché l’informazione è potere. Chi controlla l’informazione controlla le idee, che come sappiamo sono più potenti dei proiettili.
Controllare l’informazione serve per plasmare una narrativa capace di rendere le persone sempre più dipendenti dal sistema; convincerle a subire qualsiasi angheria e limitazione di libertà — per il loro bene. Non c’è nulla di nuovo, è così che i governi creano una massa di zombie pronti ad accettare qualsiasi cosa pur di sentirsi al sicuro.
È il modello cinese, quel modello che fin dal 1997 punisce chiunque diffonda informazioni potenzialmente sovversive dell’ordine stabilito. Il modello che i progressisti di tutto il mondo, da Washington a Bruxelles, vogliono applicare ai social network. Il Digital Services Act — non mi stancherò mai di ripeterlo — è questa cosa qua.
Allora oggi dobbiamo chiederci: perché mai qualcuno dovrebbe avere il potere di decidere fino a che punto può spingersi il pensiero prima di diventare illegale? E che impatto ha la censura (e l’annessa sorveglianza di massa) sul nostro mondo? Quanto di ciò che stiamo vivendo in questi anni è frutto dell’evoluzione naturale degli eventi e quanto invece è conseguenza del controllo e della manipolazione delle informazioni da parte di un nucleo ristretto di persone?
Leggi la seconda parte dei Twitter Files
Twitter Files: depistaggi politici e psy-ops
In queste settimane numerosi giornalisti sono alle prese con documenti e comunicazioni riservate di Twitter diffusi da Elon Musk. Li chiamano “Twitter Files”. I primi cinque Twitter Files hanno rivelato i meccanismi interni alla moderazione di Twitter, tra manager politicizzati con deliri di onnipotenza e interferenze da parte dell’intelligence. Oggi sc…
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2 months ago · 2 likes · Matte Galt
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