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#NotiziePerLaScuola

Anno scolastico 2023/2024, il Decreto di determinazione dei prezzi di copertina dei libri di testo della scuola primaria.

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Huwara, il tallone di Achille del dominio dei coloni


Nuovo raid degli estremisti nel villaggio già teatro di una spedizione punitiva il 27 febbraio. Uno dei leader dei coloni ha aperto un "ufficio" ad Huwara dopo il ferimento di alcuni israeliani L'articolo Huwara, il tallone di Achille del dominio dei col

di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 29 marzo 2023 – La Cisgiordana palestinese occupata dal 1967 non è più governata dall’esercito israeliano. Vi dominano ormai le regole dettate dell’ideologo dell’ultradestra religiosa, il rabbino Yitzhak Ginsburg. E i suoi seguaci, i coloni israeliani, fanno il bello e il cattivo tempo. Lunedì sera mentre Benyamin Netanyahu alzava, tatticamente, la bandiera bianca annunciando la sospensione, ma solo per qualche settimana, della riforma giudiziaria avviata dalla maggioranza di destra alla Knesset, i coloni israeliani hanno lanciato senza alcun impedimento un’altra spedizione punitiva contro il villaggio palestinese di Huwara, a sud di Nablus.

Almeno sei palestinesi sono stati aggrediti e feriti, uno dei quali in modo grave alla testa. Il raid non è stato così violento come quello dello scorso 27 febbraio quando circa 500 coloni hanno ucciso un palestinese e dato alle fiamme 30 case e un centinaio di automobili. Ma due giorni fa gli estremisti israeliani comunque hanno distrutto altre auto, un camion e danneggiato abitazioni e negozi dopo il ferimento di alcuni loro compagni. Il capo delle emergenze della Mezzaluna Rossa, Ahmad Jibrin, ha denunciato attacchi alle ambulanze giunte a portare soccorso ai feriti. I soldati israeliani, ha aggiunto, sono rimasti a guardare, anzi, hanno lanciato lacrimogeni e granate stordenti contro i palestinesi e imposto la chiusura dei negozi. Qualche ora dopo è spirato in ospedale a Nablus, Omayr Lolah, rimasto ferito il mese scorso a Nablus durante una incursione dell’esercito israeliano.

Huwara, è il tallone di Achille della determinazione dei coloni israeliani di muoversi ovunque e senza alcuna limitazione nella Cisgiordania occupata. Una volontà che fa i conti con la crescita della militanza armata palestinese. Nelle ultime settimane sono stato compiuti diversi attacchi a colpi d’arma da fuoco contro coloni (due morti e diversi feriti) che transitavano per il villaggio situato a metà strada tra alcuni insediamenti «ideologici» – Elon Moreh, Yizhar, Itamar – e lo svincolo per la superstrada che da quel punto porta a Tel Aviv in meno di trenta minuti. Un ministro israeliano Bezalel Smotrich, tra i leader dell’ultradestra religiosa, ha auspicato che Huwara «venga spazzato via». Poi si è rimangiato questo suo desiderio di fronte alle proteste palestinesi e internazionali. Non è però azzardato affermare che i coloni vedrebbero con grande favore la «rimozione» del villaggio (abitato da migliaia di persone). Ma non è possibile e, in attesa che sia completata una strada alternativa solo per loro, chiedono che tutta l’area, inclusa Nablus (circa 250mila abitanti), siano blindata e «chiusa» dall’esercito che già presidia quella zona con centinaia di soldati.

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Yossi Dagan nel suo “ufficio” a Huwara

Yossi Dagan, capo del cosiddetto Consiglio regionale (delle colonie) della Samaria, domenica mattina ha eretto una tenda nel centro di Huwara a pochi metri dalla strada, affermando che è «il suo nuovo ufficio». «Se non c’è sicurezza per i miei residenti (i coloni, ndr), mi siederò qui. La vita quotidiana del nemico (palestinese) non viene prima della vita dei cittadini israeliani», ha detto circondato da decine di soldati e guardie private. Dagan ha anche chiesto che le Forze armate lancino in Cisgiordania una nuova «Muraglia di Difesa», l’offensiva che nel 2002 su ordine del premier Ariel Sharon portò alla rioccupazione delle città divenute autonome con gli Accordi di Oslo del 1993. I morti furono centinaia.

Sempre lunedì sera a Gerusalemme altri estremisti di destra si sono lanciati in aggressioni a palestinesi e giornalisti israeliani ritenuti «ostili» durante una manifestazione con migliaia di sostenitori del governo e del premier Netanyahu. Tra gli aggressori spiccavano i membri del gruppo La Familia ripresi dalle telecamere di sorveglianza mentre attaccavano i passanti palestinesi e una troupe della tv israeliana Canale 13: un giornalista e un cameraman sono finiti all’ospedale. Un taxista palestinese preso di mira dagli estremisti è sfuggito per miracolo a un linciaggio ma la sua auto è stata completamente distrutta. La caccia al palestinese dell’altra sera ha ricordato quella della primavera del 2021, poche settimane prima delle forti tensioni esplose a Sheikh Jarrah, dove una trentina di famiglie palestinesi erano state minacciate di espulsione dalle loro case a favore di coloni. Pagine Esteri

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PRIVACY DAILY 80/2023


Un nuovo ordine esecutivo del Presidente Biden limiterà l’uso degli spyware commerciali da parte del Governo degli Stati Uniti. Questi strumenti sono stati utilizzati fin ora per sorvegliare una serie di soggetti in tutto il mondo. L’ordine risponde alle crescenti preoccupazioni riguardo ai programmi che possono catturare messaggi di testo e altri dati dei cellulari.... Continue reading →


Fr.#23 / Di affitti e bene comune


Nel frammento di oggi: Espropriazione digitale per il bene comune / Francia 2024, le Olimpiadi della sorveglianza / Chi costruirà le strade nel bitcoin standard? / Meme e citazione del giorno.

Venezia e Milano, a tutta forza verso il Bene Comune


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I Sindaci diventano ingegneri sociali con poteri pressoché illimitati di disporre della proprietà edei loro sudditi, con un solo obiettivo: creare la loro personalissima versione di società perfetta. E non c’è nulla di strano: è proprio così che è nato lo stato sociale.

Il caro sindaco Brugnaro torna a far parlare della Sua città, che ormai è una gabbia (fisica e digitale) a cielo aperto. L’obiettivo è combattere gli affitti anonimi e centralizzare il controllo dei flussi turistici con piattaforme per la registrazione. Sì, anche i tuorenti da fuori sono turisti:

“Ci sarà un sistema centralizzato per registrare posti letto, vani e presenze. […]La città non può essere prenotabile all’infinito attraverso canali che sfuggono ad ogni verifica. Non possiamo più permetterlo. Riprendere il controllo delle presenze nelle case private diventa inevitabile […]<z

Non è più tempo di furberie, chi deciderà di affittare solo per 120 giorni deve sapere che in tutti gli altri 245 giorni avrà Polizia locale e Guardia di finanza alla porta. A controllare.”

Agli ingegneri sociali non piace Privacy Chronicles. A te?

A Venezia quindi le persone potranno affittare solo per 120 giorni all’anno. Qualcuno potrebbe dire: perché 120 e non 131 o 47? Non c’è alcun motivo razionale: al sindaco piace il numero 120, sia fatta la Sua volontà.

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Anche l’amico Beppe Sala, invidioso del potere Divino che è stato conferito a Brugnaro, chiede che gli venga concesso. È risaputo: chi affitta ai turisti toglie posti letto a chi a Milano ci vorrebbe vivere. Perché sì: la casa non è di chi la possiede, ma dello Stato, che decide qual è la migliore allocazione delle risorse.

È una lotta ideologica per un nuovo tipo di espropriazione digitale della proprietà privata. Non con poco eleganti e obsoleti atti di confisca, ma tramite sorveglianza di massa, leggi assurde e quel pizzico (q.b.) di ideologia collettivista che possa spingere le persone ad accettare ogni tipo di sacrificio per il bene comune.

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I Sindaci diventano ingegneri sociali con poteri pressoché illimitati di disporre della proprietà dei loro sudditi, con un solo obiettivo: creare la loro personalissima visione di società perfetta. E non c’è nulla di strano: è proprio così che è nato lo stato sociale.

La domanda sorge spontanea. Vi stancherete mai di farvi trattare come bestie da soma?

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Le Olimpiadi della sorveglianza


Recenti notizie1 ci dicono è passata la proposta per introdurre sistemi di riconoscimento facciale durante le Olimpiadi di Francia 2024. Le Olimpiadi, pare, saranno in realtà un test per vedere come si comportano questi sistemi e usarli poi per ogni evento sportivo, ricreativo o culturale su larga scala.

Alla proposta, che viene dai partiti di destra, si sono opposti i partiti di sinistra e i verdi. Non stupisce che sia così, considerando che destra e sinistra hanno da sempre idee diverse sulla sorveglianza di massa. Dimmi perché vorresti sorvegliare il prossimo e ti dirò da che parte stai.

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A destra risponderanno che è giusto sorvegliare la popolazione per finalità sicurezza, controllo dell'ordine pubblico e per combattere il crimine violento. A sinistra risponderanno che è giusto sorvegliare la popolazione per potenziare lo stato sociale, incentivare comportamenti corretti e affidabili e per proteggere donne e bambini.

Ciò che è certo è che la sorveglianza di massa è sempre un’aggressione alla libertà e identità di ogni persona e che in nessun caso è giustificabile. In questo caso poi è assurdo: quanti francesi e turisti, compresi i bambini, finiranno con la loro faccia nei database della polizia francese, colpevoli di aver assistito a un evento sportivo?

Forse, prima di partecipare alle prossime Olimpiadi, sarà bene leggere questo articolo.

Chi costruirà le strade nel Bitcoin Standard?


Domanda provocatoria con cui il 27 marzo abbiamo aperto le danze insieme a Massimo Musumeci e , in una live YouTube.

Dentro la cornice dell’anarco-capitalismo e di Bitcoin sono tanti i temi affrontati e tante le domande da chi ci ha seguito live: strade, monopoli, sicurezza, giustizia, kalashnikov… e molto altro. Vi consiglio di guardare la live prima che i Poteri Forti la rimuovano!

youtube-nocookie.com/embed/ROc…

Meme del giorno


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Citazione del giorno

"Are not highways public goods, that is, items of necessity which cannot be supplied by the market? This is the common wisdom. I challenge it. I maintain that road socialism is no different in kind than any other type of socialism. It, too, suffers from the calculation problem identified by Mises and Hayek. As in the case of all other goods and services, the private sector can do a better job of providing roads."

Walter Block

Articolo consigliato


Immagine/fotoPrivacy Chronicles

Smart city: sorveglianza ed economia comportamentale, i casi di Venezia e Ivrea

Oggi parliamo di due casi diversi ma uniti dallo stesso filo rosso, quello delle smart cities e dell’improvviso boom di sistemi pervasivi di sorveglianza e controllo del comportamento delle persone. La storia inizia con un tweet del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro…
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a year ago · 14 likes · 3 comments · Matte Galt
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france24.com/en/tv-shows/tech-…



Sinite parvulos! A truly universal suffrage


Our proposal is simple: extend the right to vote to any citizen who is able to walk into a polling booth alone to draw a cross or write a couple of names in block capitals! Let's see why this choice would be convenient and, above all, right ...

The central point of the question is the democratic participation of citizens in the context not only of Italy but also of Europe. Democracy is experiencing a crisis of representation in Europe; every European citizen in fact participates in various elections: those for the European parliament, the national ones, the district ones (in Italy now only for the regions) and the municipal ones...

Source



Il degrado della Russia: come le istituzioni arcaiche ostacolano lo sviluppo


Il comportamento razionale dei diretti beneficiari di qualsiasi regime politico, che controllano il potere statale, è volto ad evitare stati limite di umore pubblico. Nel paradigma della democrazia competitiva, le élite dominanti sono interessate a massimizzare la soddisfazione delle richieste sociali per essere rielette al prossimo mandato. Nelle autocrazie morbide, le élite dominanti ei loro […]

L'articolo Il degrado della Russia: come le istituzioni arcaiche ostacolano lo sviluppo proviene da L'Indro.



Quando finirà la guerra in Yemen?


Lo scorso sabato ha segnato l’ottavo anniversario del lancio dell’operazione Decisive Storm, l’intervento militare a guida saudita nello Yemen. Con l’intelligence e il supporto logistico di Stati Uniti, Regno Unito, Francia e pochi altri stati arabi, i sauditi hanno condotto una campagna aerea indiscriminata a partire dal 26 marzo 2015, prendendo di mira ospedali, scuole […]

L'articolo Quando finirà la guerra in Yemen? proviene da L'Indro.



Russia: la nuova politica estera secondo il Ministro degli Esteri Lavrov


Ripubblichiamo l’articolo scritto dal Ministro degli Esteri Sergey Lavrov per la rivista di notizie Razvedchik *** Viviamo in un momento di storici cambiamenti geopolitici. “Il cambio di epoche è un processo doloroso ma naturale e inevitabile. Un futuro accordo mondiale sta prendendo forma davanti ai nostri occhi”, ha detto il Presidente Vladimir Putin. Oggi il multipolarismo […]

L'articolo Russia: la nuova politica estera secondo il Ministro degli Esteri Lavrov proviene da L'Indro.



di Angelo D’Orsi - Ormai non è più neppure russofobia: siamo al cretinismo. Il 23 marzo sul Corriere un commento di Danilo Taino esemplifica questa fase


L’Ucraina e le lezioni della guerra in Iraq


Lasciando da parte le giustificazioni fabbricate, gli Stati Uniti hanno invaso l’Iraq nel 2003 per riaffermare il potere statunitense in Medio Oriente e ridurre l’influenza dell’Iran. Non è stato il terrorismo o la torta gialla e nemmeno le spaventose violazioni dei diritti umani da parte di Saddam Hussein a motivare uno dei più tragici errori […]

L'articolo L’Ucraina e le lezioni della guerra in Iraq proviene da L'Indro.



Appaltare


Oggi il Consiglio dei ministri dovrebbe licenziare il testo del nuovo codice appalti. Un adempimento previsto dal Pnrr. Una riforma necessaria. Ci sono indicazioni positive e buone intenzioni, ma farle funzionare è cosa diversa. Se è lecito un consiglio n

Oggi il Consiglio dei ministri dovrebbe licenziare il testo del nuovo codice appalti. Un adempimento previsto dal Pnrr. Una riforma necessaria. Ci sono indicazioni positive e buone intenzioni, ma farle funzionare è cosa diversa. Se è lecito un consiglio non richiesto, nell’illustrare il nuovo codice sarebbe meglio non utilizzare concetti come: semplificazione, sveltimento e sblocco. Portano sfortuna, sono stati già ripetutamente spesi in passato, salvo complicare, rallentare e bloccare. Veniamo alla sostanza.

Il 9 marzo scorso, riunendosi a Cutro, il governo varò un decreto legge per la costruzione di nuovi centri dove ospitare gli sbarcati. Più che giusto. Per riuscire a realizzarli, però, il decreto prevede che siano derogate le norme del codice appalti, considerate ostative. Si riferisce alle norme in vigore, non alla riforma, ma siccome si tratta del medesimo governo e dato che da quel 9 marzo a oggi non s’è certo costruito alcun centro, c’è da chiedersi se avevano consapevolezza di sospendere quel che si apprestavano a cambiare o se sapevano che il cambiamento non avrebbe dato effetti immediati, quindi compatibili con l’emergenza.

Molte delle norme che saranno introdotte sono di buon senso, ma ce ne sono anche che fanno alzare il sopracciglio. Perché qualsiasi norma non vive di vita propria, ma dentro un sistema di diritto e se quello si storce anche il buon senso devia. Non è un caso che la Corte dei conti, già con riferimento alle altre “semplificazioni” (vedete che porta male?) ha avuto modo di osservare che si deve stare attenti a non favorire la mafia. Ma come è possibile che, ogni volta che si parla di investimenti e appalti, immediatamente dopo arrivino gli allarmi per il crimine? La spiegazione non sta negli appalti e la soluzione del problema, quindi, sta solo marginalmente nelle regole del gioco – codice degli appalti compreso – ma soprattutto nel modo in cui (non) funziona il nostro sistema di diritto. Qualsiasi testo resterà lettera morta, producendo morte degli investimenti, se non si guarda a quel sistema.

Le regole possono essere più o meno appropriate e ragionevoli. Corruzione e malaffare, del resto, non possono essere cancellati dalla storia, non c’è alcun modo di debellarli del tutto e infatti esistono ovunque (con i dispotismi imparagonabilmente più corrotti delle democrazie, con la differenza che nelle seconde se ne parla e nei primi è vietato). Il congegno funziona se comunque delle regole sono fissate, possibilmente chiare e rispettabili, talché ove taluno sia sospettato di averle infrante sia condotto davanti a un giudice, il quale assolverà se l’accusa è infondata e condannerà a giusta pena ove sia dimostrata. Concettualmente è un meccanismo facile. Il difficile, da noi, è trovare il giudice. Il giudizio arriva a babbo morto e opera mai realizzata, lungamente bloccata e spesa lievitata. Nel frattempo è andato in scena il solito e incivile spettacolo dell’accusa, i sospettati sono stati indicati al pubblico disprezzo, sicché i soli determinati a concludere comunque l’affare sono i male intenzionati, che del pubblico disprezzo se ne fregano, mentre i bene intenzionati si chiedono per quale ragione debbano giocarsi la reputazione. In questa palude chiunque abbia perso una gara farà ricorso, chiunque debba esprimere un parere lo renderà sgusciante, chiunque debba mettere una firma sarà preso dai crampi. Per rimediare, allora, s’inventano controlli preventivi e autorità etiche che peggiorano la situazione, moltiplicano i ritardi e non prevengono un bel niente.

Se il governo, come ha fatto a Cutro, deroga e sospende, ammette che con le regole esistenti non si può fare nulla. Se inventa scudi per i sindaci che firmano va a finire che favorisce anche i lestofanti, se per loro li esclude allora non si fideranno gli altri. E nessuna regola potrà mai funzionare se mentre la partita è in corso l’arbitro è in bagno. Un Paese senza giustizia non riesce a far le cose giuste. Il nuovo codice, naturalmente, non cambia il sistema e mantiene in vita la pretesa preventiva. La prima cosa non è di sua competenza, la seconda può indurlo a precoce senescenza.

La Ragione

L'articolo Appaltare proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



In volo verso il futuro. Così l’Aeronautica festeggia i suoi cento anni


L’Aeronautica militare ha compiuto i suoi primi cento anni. “Il 28 marzo del 1923 nasceva la Regia aeronautica indipendente, con una propria uniforme e propri distintivi di grado e specialità” ha raccontato il capo di Stato maggiore dell’Arma azzurra, gen

L’Aeronautica militare ha compiuto i suoi primi cento anni. “Il 28 marzo del 1923 nasceva la Regia aeronautica indipendente, con una propria uniforme e propri distintivi di grado e specialità” ha raccontato il capo di Stato maggiore dell’Arma azzurra, generale Luca Goretti, in occasione delle celebrazioni per il Centenario nella cornice della terrazza del Pincio, a Roma. Un evento che ha permesso di festeggiare lo storico traguardo, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, del presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, del ministro della Difesa, Guido Crosetto, del capo di Stato maggiore della Difesa, Giuseppe Cavo Dragone, e degli altri comandanti di Forza armata e autorità civili, militari e religiose. Presenti le bandiere di guerra e d’istituto di tutti i reparti della forza armata e la bandiera di guerra dell’Aeronautica, a cui il Capo dello Stato ha consegnato l’onorificenza di cavaliere dell’Ordine militare d’Italia proprio per il suo impegno secolare sui “cieli d’Italia e del mondo”.

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L’impegno quotidiano dell’Arma azzurra

Una Forza armata centenaria ma che “forte del sui patrimonio, e del supporto delle istituzioni, è sempre riuscita ad anticipare il progresso, oggi anche nei nuovi domini dello spazio e del cyber” ha raccontato ancora Goretti, “sfide del futuro che siamo pronti ad affrontare”. La bandiera, allora, diventa “il simbolo di una storia fatta di valori, passione, attaccamento alle istituzioni e custode del ricordo e della memoria di chi ci ha preceduto e fatto grande l’Aeronautica” ha detto Goretti, che ha voluto ricordare anche coloro che hanno compiuto l’estremo sacrificio tra le fila dell’Aeronautica, fino al recente incidente di Guidoni in cui hanno perso la vita il colonnello Giuseppe Cipriano e il maggiore Marco Menghello. Dal passato arriva la storia di chi ha costruito l’arma aerea, fino a farla diventare oggi “consapevole del suo ruolo, apprezzata nei consessi internazionali, e pronta ad affrontare tutte le sfide che l’aspettano con spirito di squadra”, frutto dell’impegno quotidiano degli uomini e delle donne in uniforme azzurra che quotidianamente “senza mai tirarsi indietro, in silenzio fanno quanto hanno giurato di fare: il proprio dovere, sempre, da cento anni”.

La sicurezza dal cielo

“Una volta che abbiate conosciuto il volo, camminerete sulla terra guardando il cielo, perché là siete stati e là desidererete tornare”. È con questa citazione di Leonardo Da Vinci che il capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Cavo Dragone, ha voluto salutare l’Arma azzurra. Non abbiamo mai metabolizzato la conquista dei cieli, e il volo con finisce mai di sorprenderci. L’Aeronautica, con i suoi uomini e donne, dimostra ogni giorno la padronanza dell’ecosistema con i suoi mezzi e la tecnologia all’avanguardia” ha continuato Cavo Dragone, aggiungendo come “noi cittadini sappiamo che qualcuno veglia su di noi, sui cieli, giorno e notte, in qualunque condizione meteo”. Una squadra di eccezionali italiani, concittadini dei quali essere orgogliosi”.

Cento anni e non sentirli

Per il ministro Crosetto, nonostante i cento anni, l’Aeronautica si mantiene giovane “con lo sguardo sempre in avanti e la passione per l’innovazione”. Il Centenario, allora, “non è un punto di arrivo, ma la capitalizzazione di quanto fatto pronti a raggiungere vette sempre più alte”. Tutto dell’Arma azzurro parla di futuro, “una memoria che non trattiene a terra, ma fa volare sempre più in alto”. Il ministro ha poi voluto ricordare i tanti impegni assunti dalla Forza armata a tutela della sicurezza dei cittadini e degli interessi italiani, dal ponte aereo in Afghanistan agli aiuti in Turchia e Siria, dallo sforzo sui fianchi est e nord dell’Alleanza dopo l’invasione russa dell’Ucraina, passando per il supporto insostituibile nel corso della pandemia, con i voli in biocontenimento. “In cento anni il mondo è cambiato, ma non le qualità migliori dell’Aeronautica” che ha saputo costruirsi in questo secolo “qualcosa di oltre al successo delle missioni: l’affetto degli italiani” con la sua capacità di coniugare umanità e tecnica, ben rappresentato dalle Frecce tricolori “che uniscono tutti gli italiani durante i momenti più significativi della Repubblica”. E allora, l’augurio del ministro è che il motto dell’Arma azzurra, “Con valore verso le stelle” rappresenti anche il cammino dell’Italia, nella sicurezza che, “tra cento anni, l’Aeronautica militare sarà ancora qui, a vigilare sui cieli e nello spazio”.

Una parata aerea

Protagonisti della manifestazione, naturalmente, i velivoli dell’Arma azzurra. Hanno infatti attraversato i cieli di Roma, a rappresentare idealmente quelli di tutta la nazione, ben 74 apparecchi della Forza armata, a rappresentare tutte le diverse capacità espresse dall’Aeronautica. Dagli elicotteri multiruolo HH-101 agli arei per il collegamento P-180, passando per i C-130J della Lockheed Martine e i C-27J di Leonardo, velivoli per il trasporto tattico e strategico, fino ai KC767 per il rifornimento in volo. Presenti anche gli assetti per la sorveglianza aerea, come i P-72A per il pattugliamento marittimo, che vede infatti la partecipazione di equipaggi misti Aeronautica-Marina, i G550 CAEW, velivoli all’avanguardia per la sorveglianza con capacità di comando e controllo, in grado di verificare l’impermeabilità dello spazio aereo alleato e di allertare la difesa aerea nel caso di minaccia, e il 350ER per le operazioni Sigint. In volo anche i cosiddetti velivoli bianchi, impiegati per il trasporto delle autorità nazionali e per i voli sanitari d’urgenza, come gli Airbus A319 e i Falcon 50 e 900, e l’addestratore all’avanguardia T-346, realizzato da Leonardo, e utilizzato per formare i piloti destinati ai velivoli di ultima generazione presso la International flight training school di Decimomannu. Non potevano mancare poi i caccia veri e propri, le prime linee della difesa aerea, con i Panavia Tornado, gli Eurofighter, protagonisti dell’Air policing condotta dall’Italia e, naturalmente, gli F-35. A concludere la cerimonia, il passaggio dei nove Aermacchi MB-339PAN delle Frecce tricolori.


formiche.net/2023/03/proiettat…



La complicata e necessaria relazione tra politica e Aeronautica spiegata da Tricarico


Non è una novità che l’Italia sia disattenta ai problemi della sicurezza e della Difesa e che il mondo della politica sia stato e sia fondamentalmente allineato e in sintonia con tale colpevole incultura. Sono pochi i ministri della Difesa che nel secondo

Non è una novità che l’Italia sia disattenta ai problemi della sicurezza e della Difesa e che il mondo della politica sia stato e sia fondamentalmente allineato e in sintonia con tale colpevole incultura. Sono pochi i ministri della Difesa che nel secondo dopoguerra si sono discostati da tale peculiarità socio-politica del nostro Paese, interpretando in maniera più attenta, concreta e professionale il loro mandato.

Pur con una casistica di comportamenti ampia, non è però facile valutare se il generale disinteresse per il mondo militare sia stato un vantaggio o un inconveniente, un peso che abbia influito sulla preparazione e sull’adeguatezza delle Forze armate all’assolvimento della loro missione. Personalmente propendo per la prima ipotesi, ossia che, anche per come il mondo politico è mutato, le Forze armate abbiano potuto agire praticamente “indisturbate”, al riparo dell’attenzione dell’opinione pubblica e della politica.

Immaginiamo, ad esempio, che aiuto avrebbe potuto dare un presidente del Consiglio convinto – come è realmente successo – che i sistemi d’arma siano catalogabili in offensivi e difensivi, e su queste basi approntare lo strumento militare. Sono semplici e pure oscenità che avrebbero segnato la discussione pubblica e impedito un sostanziale processo di allestimento dello strumento militare.

Invece le Forze armate hanno avuto mano libera nelle attività progettuali e operative, pur dovendo tollerare rumori di fondo quali le critiche per fenomeni deleteri interni o scelte messe in sindacato perché in certi momenti era inevitabile che l’opinione pubblica non se ne occupasse.

Fortuna ha voluto che la briglia sia stata lasciata sciolta a servitori dello Stato, a persone perbene che hanno messo l’autonomia loro concessa al servizio del pubblico interesse, impiegando le risorse secondo criteri di buona amministrazione.

L’Aeronautica in particolare si è portata avanti in specifiche capacità pregiate o perfino abilitanti, grazie sia ai criteri di buon management citati, sia all’esperienza sul campo, quando è stata chiamata (praticamente sempre) a integrare missioni internazionali di pace o di guerra. L’armamento di precisione è figlio della prima guerra del Golfo e del ruolo in essa avuto dal generale Mario Arpino, il quale ha promosso e monitorato la crescita nel settore. Anche l’Unmanned è un output della guerra dei Balcani del 1999: il primo vero debutto operativo dei droni allora ancora imperfetti e disarmati, mostrò con estrema chiarezza le loro potenzialità militari. L’Aeronautica militare prese il treno al volo e l’impegno degli anni successivi l’ha portata a essere leader europea nell’utilizzo degli Uav. La guerra dei Balcani ha anche permesso di organizzare meglio le capacità di comando e controllo di operazioni belliche complesse. Le operazioni del 1999 furono un valido banco di prova per professionalizzare gli operatori, mettere a punto le strutture, gli apparati e i collegamenti necessari, individuare le procedure più corrette per gestire con efficacia operazioni militari complesse. Oggi, questo livello di professionalità lo abbiamo noi più di chiunque altro in Europa.

Il caccia di quinta generazione è un rilevante esempio di come la Forza armata sia riuscita a raggiungere traguardi importanti, bruciando sul filo di lana gli altri europei, nonostante la palla al piede di una stampa pessima e di una politica troppo attenta agli umori della gente più che alla Difesa. Quando è scoppiata la polemica sui costi del programma F-35 era ormai tardi per fare dietrofront, i passaggi governativi e parlamentari di autorizzazione al prosieguo nel programma, compiuti nella sonnolenza generale, erano così vincolanti che il treno ha dovuto proseguire senza stop, nonostante un’ipotizzabile paletta rossa della politica e forse anche dell’industria di settore.

Una rassegna delle eccellenze raggiunte dalla nostra Aeronautica negli ultimi anni deve registrare la capacità Caew, che è già ora una componente aggiornata di punta a nostra disposizione e che in prospettiva, con il completamento della flotta di piattaforme airborne, non avrà pari anche dal punto di vista dimensionale, oltre che qualitativo. Oggi però è necessaria un’inversione di tendenza e il quadro politico, anche per le sollecitazioni della guerra in Ucraina, sembra voler accettare un ruolo più attivo. Un’inversione di tendenza in cui la politica può aiutare il mondo militare a portare in Europa le capacità così faticosamente messe a punto, affinché le eccellenze acquisite siano i pilastri su cui edificare uno strumento militare comune.

Sarebbe imperdonabile – ma non incredibile, dati i nostri trascorsi – che l’Italia si presentasse al laboratorio di una Difesa comune come portatrice d’acqua e non come elemento trainante in uno scenario in cui è in grado di esprimere il meglio a livello internazionale. Perché questa è la fine che si farebbe se la politica non comprendesse le prospettive nazionali nell’impresa comune e non rivendicasse un ruolo-guida. Ma per farlo serve un cambio radicale di registro, per acquisire consapevolezza di quanto le nostre Forze armate siano avanti rispetto ad altri Paesi. Pretendendo giustamente di indicare la strada ad altri rimasti più indietro, mediante un ruolo-guida, quando (si spera presto) si comincerà a costruire un dispositivo europeo di Difesa comune e quando le responsabilità andranno suddivise secondo le capacità e non altri parametri in cui il nostro Paese potrebbe ancora essere tenuto fuori dal salotto buono.


formiche.net/2023/03/relazione…



La proiezione globale dell’Aeronautica militare secondo Camporini


In un quadro internazionale che appariva cristallizzato, scosso da un’inattesa, grave emergenza pandemica, ma con rapporti tra Paesi, nazioni e alleanze che apparivano consolidati, certezze date per scontate si sono polverizzate con l’aggressione russa al

In un quadro internazionale che appariva cristallizzato, scosso da un’inattesa, grave emergenza pandemica, ma con rapporti tra Paesi, nazioni e alleanze che apparivano consolidati, certezze date per scontate si sono polverizzate con l’aggressione russa all’Ucraina. Questo evento ha spazzato l’idea che il futuro delle operazioni militari fosse limitato sostanzialmente a quelle di polizia internazionale, con esiti non sempre positivi, come si è visto in Afghanistan, ma che comunque avrebbero utilizzato forze leggere, in ambienti anche ostili ma senza la necessità di capacità di alta valenza.

Erano situazioni di crisi in cui i sistemi dei singoli Paesi avrebbero operato facendo riferimento a un quadro cooperativo che si sarebbe evoluto in una sorta di specializzazione non pianificata, in cui ci si attendeva che strategie, informazioni, Intelligence e comunicazioni fossero uno sfondo predeterminato, cui dare un contributo in termini di capacità operative.

Questa ipotesi, frutto di un ottimismo ontologico, avrebbe potuto portare lo strumento militare italiano a un’evoluzione monodimensionale, evoluzione cui però l’Aeronautica militare ha saputo sfuggire.

Qualcuno avrebbe potuto nutrire delle perplessità di fronte a decisioni che sembravano non privilegiare la punta di lancia, i velivoli da combattimento, reparti con denominazioni gloriose, che sono giustamente da salvaguardare. Decisioni come quella di puntare, primi in Europa, sui sistemi a pilotaggio remoto, cui conferire la coccarda della Strega del 28° Gruppo, oppure quella di investire risorse molto importanti nella guerra elettronica, nella capacità airborne early warning (Aew) e nelle conseguenti capacità di comando e controllo aeroportato hanno forse fatto storcere il naso a chi guardava al passato. Ma i fatti di questi mesi ci dimostrano che chi rimane ancorato alle concezioni del secolo scorso rischia di avere amare sorprese, cui non si può rimediare se non in tempi incompatibili con le urgenze del momento.

Ecco dunque l’Aeronautica militare ben consapevole di avere un ruolo che non si esaurisce nelle classiche missioni di intercettazione, contraerea e supporto aereo ravvicinato, ma operi con successo in un ambiente multidimensionale, dove i rapporti con le altre componenti non si possono limitare a uno scambio di compiti e di mission report, ma devono fondersi in un sistema integrato in cui lo scambio di informazioni avvenga con un flusso continuo multi-direzionale, opportunamente strutturato e filtrato, in modo da fornire ai decisori strategici tutte, e sole, le informazioni necessarie a prendere le decisioni.

Si tratta dunque di una nuova cultura operativa. Acquisirla permette poi di misurarsi e integrarsi in un più ampio ambito multinazionale, che sia quello strutturato dell’Alleanza Atlantica oppure dell’Unione europea, nella sua ancora embrionale capacità militare integrata, oppure quello a volte problematico delle coalizioni di volenterosi che hanno caratterizzato la storia degli ultimi decenni.

È una cultura che sta diventando patrimonio comune e condiviso della Forza armata e sta coinvolgendo anche altre componenti dello strumento militare nazionale. Ma al di là degli aspetti funzionali, per trasformarsi in capacità che possano risultare determinanti serve anche una valenza dimensionale, che può essere assicurata solo da risorse finanziarie superiori a quelle attualmente disponibili e soprattutto garantite nel tempo.

Queste considerazioni valgono per tutte le componenti dello strumento militare ma per l’Aeronautica, attesa l’importanza delle risorse economiche necessarie, hanno una valenza particolare, che non deve essere sottaciuta.

In buona sostanza, oggi l’Aeronautica dispone di tutte, o quasi, le capacità necessarie a dare un contributo alle operazioni delle Alleanze e delle coalizioni cui i decisori politici decidono di partecipare, ma certo non nelle dimensioni quantitative che possano renderla determinante, come invece potrebbe risultare, attese le capacità esprimibili.

È chiaro che i progressi in questa direzione dipendono da fattori in primo luogo politici, ma che necessariamente investono anche la dimensione industriale in un’ottica che non può, né deve, essere limitata all’ambito nazionale. C’è la necessità di un concreto dialogo nel quadro della Nato e in quello dell’Ue, possibilmente allargato alle altre potenze like-minded, per identificare obiettivi cui dare il necessario contributo nazionale, in un quadro armonico di concreta sostenibilità, così da rendere efficace l’azione politica.

La Forza armata in questi decenni ha acquisito una piena consapevolezza delle capacità che deve esprimere per essere uno strumento adeguato della politica di Difesa e in generale della politica estera nazionale. È necessario che tale consapevolezza e questa cultura ormai radicata si consolidino, in modo che il nostro Paese possa agire da protagonista sulla scena internazionale.

Intervista apparsa sul numero 142 della rivista Airpress


formiche.net/2023/03/proiezion…



YouTube il censore, l’analisi dei prof. Bassini e Mula


L’oscuramento delle pagine Facebook delle organizzazioni di estrema destra, il bando di Donald Trump da Twitter (prima dell’avvento di Elon Musk) e ora lo stop, per una settimana, al canale YouTube della fondazione Einaudi dopo la pubblicazione di un vide

L’oscuramento delle pagine Facebook delle organizzazioni di estrema destra, il bando di Donald Trump da Twitter (prima dell’avvento di Elon Musk) e ora lo stop, per una settimana, al canale YouTube della fondazione Einaudi dopo la pubblicazione di un video di un intervento di Antonio Martino, morto il 5 marzo 2022, in cui – come racconta qui Andrea Cangini – si esprimeva contro l’uso del green pass e l’obbligo vaccinale. Tre episodi molto diversi tra loro che però attengono all’utilizzo pubblico dei social e, soprattutto, alla difficoltà nel compiere, sulle piattaforme online, quello che in qualsiasi altro luogo (fisico) sarebbe considerato il legittimo esercizio della libertà di esprimere un’opinione. Giusta o sbagliata, condivisibile o deprecabile, che sia. I tre episodi raccontano – o meglio, ricordano – una questione irrisolta: come si articola il rapporto tra i colossi (privati, naturalmente) del web – i grandi social network in questo caso – e la libertà di pensiero, sancita da tutte le costituzioni democratiche? La domanda ha molteplici risposte. Nessuna definitiva.

Come ha spiegato in questa intervista ad HuffPost il professor Luciano Floridi, i social network fanno parte di una terra di mezzo – né pubblica, né privata – che è l’infosfera. Necessiterebbero di regole nuove, partendo dal presupposto che non possono essere ingabbiati in quelle due categorie classiche. Ma fino a quando continueremo a ragionare in termini di pubblico e privato – leggi alla mano, non possiamo fare diversamente – degli interrogativi resteranno aperti. Di questi abbiamo parlato con Marco Bassini, docente di Fundamental Rights and Artificial Intelligence all’Università di Tilburg, nei Paesi Bassi e con Davide Mula, avvocato e professore aggiunto dell’InnoLawLab dell’Università europea di Roma.

“L’equilibrio è difficile da trovare – spiega ad HuffPost Bassini, – perché tutte le piattaforme nascono come soggetti privati, con l’idea di poter stabilire autonomamente le ‘regole della casa’. La situazione è diventata più complessa quando si è passati da un cyberspazio popolato da una moltitudine di piccole comunità virtuali a un ‘ecosistema’ di (pochi) giganti del web, che hanno una crescente dominanza economica ma anche influenza giuridica”. E, verrebbe da aggiungere, portano con sé una contraddizione: “Restano – argomenta il docente – ancora piattaforme private, ma questa connotazione è sempre più stretta rispetto alla realtà dei fatti. Perché, è evidente, se una grande piattaforma digitale esclude un utente o un contenuto dalla propria comunità al giorno d’oggi incide sull’esercizio della libertà di espressione”.

Per il ruolo che hanno assunto le piattaforme digitali nel quotidiano di ogni cittadino, ma anche delle istituzioni pubbliche, si tende spesso a dimenticarsi della loro natura privatistica: “Li usiamo come luoghi pubblici ai quali abbiamo la necessità di accedere per dire la nostra. In alcuni casi, addirittura, li usiamo come piattaforme di lavoro. Il problema, però, è che pur sempre di luoghi privati si tratta. O meglio, di uno spazio vissuto come sostanzialmente pubblico, ma regolato da meccanismi privati”, spiega invece Mula.

Come si gestisce, però, questo dato di fatto? La soluzione è tutt’altro che semplice: “Come per ogni diritto, il rispetto della libertà di espressione si impone in primo luogo in capo agli Stati – spiega Bassini – un soggetto privato, invece, agisce in base a un contratto e quindi, in teoria, secondo regole proprie, anche quando limita la libertà di espressione, per esempio moderando i contenuti pubblicati dai suoi utenti (che quelle regole hanno precedentemente accettato). Dal momento che, però, parliamo di mezzi così importanti si pone un tema: le piattaforme online vanno considerate fornitori di servizi pubblici? Sono degli attori parastatali? Se fossero soggetti o servizi pubblici dovrebbero sottostare ai vincoli che si applicano agli altri attori pubblici. E, quindi, ad esempio, dovrebbero prendere atto del fatto che un discorso critico, un’opinione anche discutibile, non vìola alcuna disposizione di legge. E così come lo Stato non può impedire l’espressione di quell’opinione, non potrebbe farlo neanche la piattaforma”. Allora stato, però, non è così. Perché, argomenta Bassini: “Per la loro conformazione, le piattaforme possono riservarsi il diritto di moderare contenuti secondo i propri termini di servizio, per esempio rimuovendo contenuti non necessariamente illeciti secondo l’ordinamento ma contrari ai propri termini d’uso. Detto ciò, i social sono ben consapevoli di quanto sia importante assicurare agli utenti uno spazio libero e aperto, e tendono a promuovere il pluralismo delle idee”. Ma come fanno a garantirlo? Il docente spiega: “È lo stesso legislatore, in Europa, a richiedere che le piattaforme che mettono a disposizione la loro infrastruttura per la condivisione dei contenuti non siano gravate da un obbligo di selezione alla fonte. In questo modo si tiene fede alla distinzione tra il lavoro degli editori e quello degli intermediari; ciò posto, le piattaforme sono tenute a valutare le segnalazioni di violazioni che ricevono rispetto ai contenuti dei loro utenti”.

Il caso emblematico della censura alla Fondazione Einaudi

Secondo Mula, si dovrebbe agire a monte: “Le policy non sono così chiare, non prevedono meccanismi di reclamo efficaci. Prendiamo il caso della fondazione Einaudi: se anche un singolo video avesse davvero violato le politiche anti Covid della piattaforma, ciò non avrebbe comunque giustificato la sospensione dell’intero canale”. E, invece, è proprio quello che è accaduto: per una settimana il canale YouTube della Fondazione Einaudi è stato inaccessibile. Oscurato, come se avesse contenuti universalmente riconosciuti come inaccettabili: “Nella moderazione delle segnalazioni – spiega ancora l’avvocato – non si dovrebbe dare troppo spazio all’Intelligenza artificiale”. Perché, prosegue l’esperto, il processo è il seguente: “Quando arriva la segnalazione di un contenuto che non corrisponde la policy della piattaforma, l’intelligenza artificiale legge il messaggio, se rileva la ricorrenza di determinate parole viene disposta la rimozione. Bisognerebbe prevedere una sorta di ‘appello’, per impugnare la decisione e fare in modo che il caso fosse valutato da una persona in carne e ossa e non dall’intelligenza artificiale”.

Insomma: un essere umano è in grado di valutare il contesto, di capire, ad esempio, che la frase pronunciata dal prof. Martino altro non era che un’opinione liberamente espressa. L’intelligenza artificiale si limita a bannare il post intercetta una frase che, per usare le parole che YouTube ha scritto alla Fondazione Einaudi, contraddice “il parere di esperti appartenenti ad autorità sanitarie locali o all’Oms”. Con buona pace dell’articolo 21 della Costituzione. Peraltro, aggiunge Mula, “ci troviamo in un contesto in cui quel messaggio (l’opinione di Martino, ndr) non è più attuale, dal momento che non ci troviamo più nella fase in cui i vaccini erano obbligatori o caldamente consigliati”. La decisione di YouTube, insomma, è discutibile da qualunque versante la si guardi. Anche perché, è l’altro spunto che offre Mula, “così una piattaforma digitale interviene nella dinamica della ricostruzione storica di un dibattito pubblico”.

Il caso della fondazione Einaudi, argomenta ancora Bassini, è emblematico: “È un segnale preoccupante. Non parliamo di un quisque de populo ma di un intellettuale (che perdipiù è stato titolare di rilevantissime cariche pubbliche) che ha espresso un’opinione. Una decisione come quella che ha preso Youtube è una deriva pericolosa”. Secondo il docente, bisogna chiedersi se non sia insanabile il conflitto tra due visioni della rete internet: da un lato, un web più democratico e trasparente , dall’altro un web più ordinato. “Possiamo immaginare – continua Bassini – che ci sia un web che funziona, almeno nella moderazione dei contenuti, come un soggetto pubblico. A questo punto, solo i contenuti illeciti finirebbero per essere rimossi dal web. In altri termini: gli standard applicabili ai social sarebbero gli stessi degli attori pubblici. Sarebbe certo il risultato più desiderabile a garanzia della libertà di espressione (espressivo forse di una sfiducia verso la capacità di autoregolazione delle piattaforme). Dall’altra parte, però, c’è forse l’opzione di un web più ordinato ma meno “democratico” e trasparente, in cui per esempio una maggiore moderazione nei contenuti aiuterebbe a combattere la disinformazione. Certo, se poi a essere silenziato è un soggetto come la Fondazione Einaudi, c’è un problema…”.

Da tempo si discute di come normare i social, proprio per evitare che possa essere limitata la libertà di espressione degli utenti. Per ora è stata trovata una strada europea: il Digital services act. “Si tratta – spiega ancora Bassini – di un regolamento approvato a ottobre 2022, le cui previsioni entreranno progressivamente a regime e avranno efficacia dal febbraio 2024. Il Digital services act non cancella l’idea che la piattaforma non sia un editore e non elimina la libertà di moderazione dei contenuti. Quello che fa, invece, è affrontare soprattutto la dimensione della trasparenza. Si chiede, quindi, alle piattaforme di assolvere alcuni obblighi di diligenza rispetto al modo in cui gestiscono i contenuti. In questo modo, per esempio, non si impedisce la rimozione di contenuti ma si insiste sulla motivazione e sulla giustificazione di queste scelte””.

Ma il fatto che le piattaforme del web siano multinazionali, pone problemi per l’applicazione della legge italiana? Per Bassini non è esattamente così: “Le piattaforme sono nate negli Stati Uniti e, almeno culturalmente, in linea di principio, si dovrebbero ispirare al primo emendamento della Costituzione Usa e non dovrebbero interferire nel libero confronto delle idee. Al giudice italiano non è impedito di intervenire, come abbiamo visto in alcuni casi che hanno riguardato l’oscuramento delle pagine social di alcune formazioni di estrema destra. Anche lì, però, le decisioni non sono state univoche: si è spaziati da provvedimenti che hanno affermato che i social hanno una ‘speciale responsabilità’ di garantire la libertà di espressione degli utenti, dovendosi così astenere dal rimuovere contenuti non previamente dichiarati illeciti da un giudice a pronunce che hanno invece sottolineato la doverosità di un intervento dei social per eliminare dal web contenuti ritenuti illeciti, silenziando alcuni attori politici. Insomma, una gran confusione. Ma la vera domanda è: è ancora libero un mercato in cui il potere di moderazione è affidato più alle piattaforme che ai giudici?”. La domanda, al momento, è destinata a rimanere con una pluralità di risposte. Ad ogni modo, secondo il docente, il regolamento europeo va nel verso giusto: “Imporre l’osservanza una serie di misure, anche di carattere procedimentale, soprattutto alle piattaforme online di grandi dimensioni (che possono avere un impatto molto significativo sull’opinione pubblica, favorendo la circolazione di contenuti virali) è un primo strumento per rendere valutabile e più trasparente l’operato dei social. Anche all’esterno”.

Posto che rendere le piattaforme online soggetti pubblici è impresa persa in partenza, c’è una terza via? Per l’avvocato Mula, l’Unione europea dovrebbe fare da sé: un social made in Ue. “Bisognerebbe pensare formule alternative ai social americani. Se è così vivida l’esigenza di un social su cui confrontarsi, potrebbe rendere gli utenti più tranquilli l’idea di agire su una piattaforma posta sotto lo sguardo attento dell’Ue”.

Huffington Post

L'articolo YouTube il censore, l’analisi dei prof. Bassini e Mula proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Sinite parvulos! Un suffragio veramente universale


La nostra proposta è semplice: estendere il diritto di voto a qualsiasi cittadino sia in grado di entrare da solo in una cabina elettorale per tracciare una croce o scrivere un paio di nomi in stampatello! Vediamo perché questa scelta sarebbe conveniente

Il punto centrale della questione è la partecipazione democratica dei cittadini nel quadro non solo italiano ma anche europeo. La democrazia vive in Europa una crisi di rappresentanza; ogni cittadino europeo partecipa infatti a diverse elezioni: quelle per il parlamento Europeo, quelle nazionali, quelle distrettuali (in Italia ormai solo per le regioni) e quelle municipali...

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in reply to ❄️ freezr ❄️

@❄️ freezr ❄️ sono d'accordo ed esistono già progetti interessanti come "politici per caso" che costutuirebbero una sperimentazione imprescindibile per avere un riscontro su queste iniziative di potenziamento democratico

politicipercaso.it/

in reply to Informa Pirata

non solo ci risparmiamo un sacco di soldi, prebende e contributi, ma soprattutto di pensioni d'orate.


Rileggendo il discorso di Haile Selassie I alla Società delle Nazioni Considerando il genocidio del Tigray


Dalla dottoressa Charlotte Touati su TGHAT.com “Non c’è nessun esempio di un governo che stermini sistematicamente un popolo con mezzi barbari”, disse l’imperatore Haile Selassie Il 21 marzo, la comunità tigrina e i difensori dei diritti umani si sono riu

Dalla dottoressa Charlotte Touati su TGHAT.com

“Non c’è nessun esempio di un governo che stermini sistematicamente un popolo con mezzi barbari”, disse l’imperatore Haile Selassie

Il 21 marzo, la comunità tigrina e i difensori dei diritti umani si sono riuniti davanti al Palazzo delle Nazioni, dove siedono i delegati delle Nazioni Unite a Ginevra, per protestare contro la minaccia all’esistenza della Commissione internazionale degli esperti dei diritti umani in Etiopia (ICHREE) , su mandato del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, con sede a Ginevra.

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L’ONU è nata dalla promessa “Mai più”, quindi i manifestanti di martedì chiedevano solo una cosa: far rispettare questa promessa, per tutti.

Il luogo e le circostanze mi hanno ispirato a fare alcune riflessioni.

Un genocidio qualificato basato sul suprematismo razziale


Per lo storico che sono, quello che si è svolto in Tigray negli ultimi 2 anni è un genocidio caratterizzato, nel senso etimologico della parola latina coniata da gens “ nazione ” + oc-cidere”uccidere”. Abiy Ahmed e Isayas Afeworqi hanno deciso a sangue freddo di eliminare l’intero popolo tigrino seguendo un piano di vecchia data. Il primo ministro etiope Abiy Ahmed, che dovrebbe proteggere i suoi cittadini, ha infatti dotato il suo Paese degli strumenti strategici, logistici e legali per raggiungere i suoi fini. Inoltre, ciò che è molto importante sottolineare nel caratterizzare un genocidio è l’ideologia che lo sottende, basata sul suprematismo razziale. In questo caso, Abiy Ahmed si è rivolto agli intransigenti nazionalisti Amhara, la nazione che tradizionalmente ha fornito gli imperatori e soggiogato le altre nazioni che compongono oggi l’Etiopia.

Se la comunità internazionale non è riuscita a fermare questa pulizia etnica, deve rendere giustizia ai sopravvissuti e, affinché ciò avvenga, deve essere condotta un’indagine indipendente . Questo è il mandato della Commissione internazionale di esperti in diritti umani sull’Etiopia. Le manovre del governo etiope per fermare i lavori della commissione sono illegittime. Uno Stato sospettato di crimini di guerra non può interferire nel processo che lo prende di mira, non può essere giudice e partito! Se oggi il Consiglio per i diritti umani si piega davanti all’Etiopia di Abiy Ahmed, apre il vaso di Pandora. Qualsiasi regime potrà bloccare indagini e responsabilità, è la fine della giustizia internazionale!

Questa guerra ha già visto violazioni senza precedenti del DIU – Diritto internazionale umanitario. La strumentalizzazione dell’aiuto umanitario per scopi politici e il suo utilizzo come merce di scambio nella negoziazione dell’accordo di cessazione delle ostilità dovrebbe mettere in guardia tutti i partner del governo di Abiy Ahmed che sta usando metodi sporchi. Questo si aggiunge al fatto che è inaffidabile, che è stato verificato più e più volte.

Chi si presenta come il settimo re, il nuovo imperatore, dovrebbe considerare che l’imperatore Haile Selassie era qui al Palazzo delle Nazioni di Ginevra per portare l’Etiopia nella Società delle Nazioni, primo paese africano ad entrare nel concerto delle nazioni nel 1923. Fu qui anche per fondare l’ONU nel 1948 dopo il disastro della seconda guerra mondiale. La lotta al genocidio è iscritta qui nel frontespizio delle istituzioni internazionali e infatti l’Etiopia è stata tra i primi paesi a firmare la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio nel 1948.

Un tragico colpo di scena: il governo etiope fa ciò che l’imperatore è venuto a denunciare


Molti etiopi non si riconoscono nel Re dei re, che simboleggia per loro l’imperialismo amhara. L’Etiopia è l’unico paese africano che non è stato colonizzato, ma è esso stesso un impero. Ma prendiamo gli ultranazionalisti Amhara al loro stesso gioco!

Il 30 giugno 1936, Haile Selassie fece un discorso alla Società delle Nazioni chiedendo aiuto contro l’aggressione italiana. Oggi, coloro che rivendicano la sua eredità commettono essi stessi gli stessi crimini. L’imperatore ha formulato il suo appello all’Occidente in amarico, una lingua che da qualche anno è diventata la lingua dell’incitamento all’odio contro i tigrini e del movimento No More diretto proprio contro l’Occidente.

Ecco la traduzione di alcuni estratti che metterò in parallelo con le azioni del governo etiope e dei suoi alleati durante la guerra del Tigray quasi 87 anni dopo. Basta invertire i ruoli, l’Italia fascista è il governo di oggi e l’Etiopia di allora è il Tigray in preda al genocidio.

L’imperatore Amhara inizia con queste parole: “È certamente senza esempio che un popolo sia stato vittima di una tale iniquità e sia abbandonato al suo aggressore. Né vi è alcun esempio di un governo che stermina sistematicamente un popolo con mezzi barbari, in violazione delle promesse più solenni. »

L’imperatore descrive poi l’uso dell’aviazione contro i civili e l’uso di armi non convenzionali, in particolare durante l’“accerchiamento di Mekelle”. Dai primi giorni di guerra, nel novembre 2020, il governo etiope ha bombardato civili, compresi i bambini di un asilo , ha utilizzato droni e ha diffuso malattie sessualmente trasmissibili utilizzando lo stupro come arma di guerra (che può essere considerata un’arma biologica).

Haile Selassie denuncia poi la doppia faccia del governo italiano, che ha firmato trattati di pace solo per distogliere l’attenzione della comunità internazionale (parla addirittura di accordi segreti) mentre preparava l’invasione dell’Etiopia. Il parallelo è sorprendente con il trattato di pace del 2018 tra Abiy Ahmed e Isayas Afeworqi, le cui clausole segrete includevano l’invasione del Tigray. Ma gli europei non volevano vedere che si trattava in realtà di un patto di sangue e hanno persino assegnato il premio Nobel per la pace ad Abiy Ahmed nel 2019, un anno dopo il cosiddetto accordo di pace. Di fronte alla cecità occidentale, non posso fare a meno di pensare al dottorato honoris causa conferito a Benito Mussolini dall’Università di Losanna nel 1937, un anno dopo il discorso di Haile Selassie.

L’imperatore spiegò così l’inazione dell’Europa: “Purtroppo per l’Etiopia, questo era il momento in cui alcuni governi ritenevano che la situazione europea richiedesse di ottenere, a tutti i costi, l’amicizia dell’Italia”. Oggi, la realtà politica avvantaggia il governo etiope perché è dimostrato che, nel contesto della guerra in Ucraina, i capi di stato occidentali in perdita di popolarità nel continente africano, risparmiano Abiy Ahmed per radunare l’Etiopia contro la Russia . Secondo Reuters, gli Stati Uniti e l’UE hanno raggiunto un accordo con il governo etiope che porterebbe alla prevista fine del mandato dell’ICHREE.

La fine del mandato dell’ICHREE sarà la fine del diritto internazionale


Conclude Haile Selassie: “Ho il dovere di informare i governi riuniti a Ginevra, responsabili della vita di milioni di uomini, donne e bambini, del pericolo mortale che li minaccia, descrivendo loro la sorte che hanno subìto Etiopia […] Ho deciso di venire io stesso per testimoniare il crimine perpetrato contro il mio popolo e per dare all’Europa un monito del destino che l’attende se si inchinerà al fatto compiuto.”

“Affermo che il problema ora all’esame dell’Assemblea è molto più ampio. Non è solo la liquidazione dell’aggressione italiana: è la sicurezza collettiva; è l’esistenza stessa della Società delle Nazioni; è la fiducia che ogni Stato deve riporre nei trattati internazionali […] A parte il Regno del Signore, non c’è nazione sulla terra che sia superiore all’altra”.

A tutto questo cosa possono ribattere gli ultranazionalisti che si proclamano costantemente il “Re dei re”?

Nel 2023, leggiamo ancora: “non è in gioco solo la risoluzione dell’aggressione etio-eritrea al Tigray, è la sicurezza collettiva; è l’esistenza stessa dell’ONU; è la fiducia che ogni Stato deve riporre nei trattati internazionali e nel diritto umanitario internazionale”.

Nel 1936, oltre a descrivere le sofferenze degli etiopi, l’idea dominante del discorso dell’imperatore etiope era quella di chiedere il rispetto delle regole internazionali. In caso contrario, se tutti i colpi sono consentiti, ciò metterebbe a repentaglio la pace per tutte le nazioni. E questo è quello che è successo. L’Europa, indifferente al dramma etiopico, subì la stessa sorte, devastata dal fascismo e dalla seconda guerra mondiale. Il LN è scomparso. L’ONU è nata dalle sue ceneri. Dobbiamo imparare dai nostri errori e oggi, se l’ONU fa orecchie da mercante alle richieste di protezione e giustizia dei tigrini, non è direttamente in agguato una minaccia militare dall’Etiopia, ma la disintegrazione del diritto internazionale e, in ultima analisi, dell’ONU .

Il discorso del 1936 chiedeva: “Di fronte a un fatto compiuto, gli stati creeranno il formidabile precedente di piegarsi alla forza?” Nel 2023, gli Stati creeranno il precedente di piegarsi al governo etiope sospettato di crimini di guerra e crimini contro l’umanità rinunciando a qualsiasi indagine, inaugurando così l’era dell’impunità?


La dott.ssa Charlotte Touati è una storica e ricercatrice affiliata all’Università di Losanna


FONTE: tghat.com/2023/03/27/rereading…


tommasin.org/blog/2023-03-28/r…



Sinite parvulos! Un suffragio veramente universale


La nostra proposta è semplice: estendere il diritto di voto a qualsiasi cittadino sia in grado di entrare da solo in una cabina elettorale per tracciare una croce o scrivere un paio di nomi in stampatello! Vediamo perché questa scelta sarebbe conveniente

Il punto centrale della questione è la partecipazione democratica dei cittadini nel quadro non solo italiano ma anche europeo. La democrazia vive in Europa una crisi di rappresentanza; ogni cittadino europeo partecipa infatti a diverse elezioni: quelle per il parlamento Europeo, quelle nazionali, quelle distrettuali (in Italia ormai solo per le regioni) e quelle municipali...

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in reply to Informa Pirata

ammetto di aver scritto prima di aver letto l'articolo, ma il mio punto è: un disabile motorio potrebbe non essere in grado di arrivare fino al seggio (barriere architettoniche permettendo), gli impediresti di votare?
in reply to Sabrina Web 📎

@Sabrina Web :privacypride: ah, ok... ora ho capito: la tua obiezione era dovuta a una interpretazione *molto* letterale dell'introduzione all'articolo! 😅
Unknown parent

friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
Informa Pirata
@Maria Chiara Pievatolo grazie! aneddoto interessante e non sono affatto sorpreso che questo pensiero sia avvenuto in mente a una donna, Una donna che, come tutte le donne italiane, fino a quel momento non aveva mai neanche potuto godere del diritto di voto


Sono quasi 2.000 i lavoratori irregolari scoperti dalla guardia di finanza nella cantieristica navale di Venezia retribuiti con paghe misere e privati dei più


Il Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea sostiene l'astensione delle penaliste e dei penalisti proclamata dall'Unione Camere penali italiane pre


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La questione della dimensione spaziale di Internet non è attualmente molto discussa, né sembra essere di particolare interesse. Tuttavia è fondamentale indagarne i concetti chiave per capire il suo enorme impatto, in vista di un discorso sul digitale semp

Quando parliamo di Internet siamo ormai consapevoli del fatto che questo sia un mondo con una cultura, un’economia, un’etica e una politica proprie. Si pensi, ad esempio, alla cybercultura, alle criptomonete, e alle problematiche etiche e politiche che avvolgono tutte queste dimensioni. Chi più chi meno, siamo tutti informati e coscienti, anche grazie al fiorente dibattito contemporaneo...

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Lordi - Screem Writers Guild


In definitiva i Lordi al loro meglio che giocano in casa, magnificando la bellissima stagione dell’horror forse più ingenuo ma più vero.

@Musica Agorà

iyezine.com/lordi-screem-write…

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Concorso nazionale "Matteotti per le scuole": l'ottava edizione è rivolta agli alunni della scuola secondaria di I e II grado, per ricordare Giacomo Matteotti e la sua testimonianza di libertà e di democrazia.



Majority of credit bureau "CRIF" database illegal


La maggior parte del database del credit bureau "CRIF" è illegale Decisione della DPA austriaca sul caso noyb: I dati di milioni di austriaci devono essere cancellati data exchange


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Paolo Vecchi reshared this.



Gianni Minà è stato un fuoriclasse del giornalismo italiano. Era una leggenda vivente e ora si moltiplicheranno i riconoscimenti postumi e un po' ipocriti. Vo


Con la firma da parte del Presidente della Repubblica Mattarella del disegno di legge Calderoli, licenziato tra gli applausi all’unanimità dal Consiglio dei


BONES AND ALL DI LUCA GUADAGNINO


Da vedere per la riuscita commistione dei generi: il teen movie vira in horror, diventa love story, si traveste da road movie, non necessariamente in quest’ordine, anzi senza nessun ordine.

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#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



News da Marte #13 | Coelum Astronomia

"Riprendiamo il filo delle attività di Perseverance e Ingenuity nel cratere Jezero. Seguiamo l'esplorazione con tantissimi video e foto."

coelum.com/news/news-da-marte-…

#13


Il Comando Sud degli Stati Uniti e il colonialismo del XXI secolo | Infoaut

“È singolare che parlino delle ‘risorse’ di luoghi che non abitano; è questa la logica a cui sottendono governanti, ministri e uomini d’affari. Per le comunità l’estrattivismo, l’esproprio e lo sradicamento hanno molteplici volti. Imperialismo e colonialismo interno si alternano. Molti dei territori bramati dagli imperi sono già stati certificati come zone di sacrificio dai governi nazionali e provinciali“

infoaut.org/conflitti-globali/…




Flat tax. Verso uno Stato minimo | La Città Futura

"La delega al governo sul fisco favorisce gli alti redditi, i redditi da capitale, l'evasione e l'elusione fiscale. Il minor gettito sarà a scapito dei lavoratori dipendenti, dei contribuenti onesti, dei bassi redditi e delle prestazioni pubbliche. [...] Ci sarà quindi da aspettarsi uno stato minimo di tipo ottocentesco per tutti e maggiori sofferenze per le zone svantaggiate, mentre prevarrà la differenziazione fra i diritti e sarà incentivato l'egoismo."

lacittafutura.it/editoriali/fl…



INTERVISTIAMO: Alessandro Piccinelli


📣 INTERVISTIAMO: Alessandro Piccinelli

Alessandro Piccinelli è colui che ha raccolto l'eredità del grande Gallieno Ferri, come copertinista di Zagor, "lo spirito con la scure".
#Fumetti
iyezine.com/alessandro-piccine…




Oggi è il Dantedì, la Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri!

Un’occasione per ricordare in tutta Italia e nel mondo il genio di Dante, con tante iniziative organizzate dalle scuole, dagli studenti e dalle istituzioni culturali.

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Il 25 marzo è il #Dantedì, la Giornata dedicata Dante Alighieri, istituita per ricordare in tutta Italia e nel mondo la storia e le opere del Sommo Poeta.