Taiwan, l’alternativa democratica alla Cina di Xi
Dalle spiagge rocciose di Taiwan, davvero una Ilha Formosa come la descrissero i mercanti portoghesi nel diciassettesimo secolo, si possono osservare in queste ore tutti i movimenti della più grande esercitazione militare che la Repubblica Popolare Cinese abbia mai avviato. Caccia d’assalto, portaerei, droni, missili balistici. E tanto fumo nel cielo.
La causa di tutto questo angosciante spettacolo non è, come Xi Jinping e i suoi diplomatici vogliono far credere, la visita della Speaker americana Nancy Pelosi. Quest’ultima è soltanto un alibi, c’è qualcosa di più. Un’arroganza nazionalistica che si ostina a considerare l’isola come una provincia ribelle, un territorio da domare, che ritiene che i cittadini cinesi e taiwanesi siano sotto una stessa grande bandiera, quella della Cina Unica.
La Repubblica Popolare ha mal digerito la visita di Nancy Pelosi in quanto essa rappresenta una conferma della sovranità dello Stato taiwanese, indipendente e democratico, libero da ogni vincolo con la Cina e anzi, sempre più vicino all’America, al Giappone e all’Australia, sia economicamente che culturalmente parlando. La Cina di oggi ha la presunzione di dichiarare che Taiwan non sia sovrano – non sia quindi uno Stato – e che, pertanto, non abbia libertà di scelta nelle sue politiche, interne o estere che siano.
Pesa la storica umiliazione che Taiwan fece alla Cina di Mao, quando nel 1949 l’isola si dichiarò indipendente, e fu rifugio di più di 2 milioni di dissidenti, contrari alla deriva comunista della madrepatria. Pesa ancora di più, dagli anni ’90, la svolta liberal-democratica che Formosa ha vissuto, oggi una solida democrazia con Presidente eletto mediante voto popolare. Chiaramente un sistema politico distante da quello totalitario cinese.
Un altro grande oltraggio è il rapporto privilegiato che Formosa ha con gli Stati Uniti, i quali, nonostante qualche tentennamento, sono di fatto dal 1945 la prima superpotenza mondiale. Un primo posto che Xi Jinping brama raggiungere entro il suo pensionamento, previsto per il 2032. L’America, nonostante l’ambiguità strategica, ha continuato a coltivare intensi rapporti economici, militari e commerciali con l’isola.
Oggi Taiwan è uno stato democratico indipendente, con una economia capitalista e liberale, con un popolo profondamente convinto delle libertà che possiede, e ancor più convinto delle tante divergenze che vi sono tra il modello taiwanese e quello cinese. Basti pensare che Taiwan è classificato nella top 10 mondiale secondo gli indici di libertà economica e democrazia.
L’isola rappresenta davvero l’alternativa democratica alla Cina autoritaria della terraferma. E ciò per Xi Jinping non può che essere una ulteriore umiliazione. Ecco allora spiegate le continue incursioni aeree nel territorio taiwanese, la propaganda sfrenata architettata con il chiaro obiettivo di destabilizzare il sistema politico dell’isola, le restrizioni economiche mirate a colpire i settori trainanti di Formosa, o le costanti minacce, l’ultima di pochi giorni fa prima dell’atterraggio della Pelosi: “Chi gioca col fuoco si brucia”.
Nessuno si augura che tutto ciò porti ad una pericolosa escalation. Sicuramente questo continuo mostrare i muscoli, to show off the muscles, come gli studiosi americani dicono, è sintomo di un atteggiamento cinese prepotente e dittatoriale. Nessun paese libero può tollerare tale comportamento. Quello che sta accadendo in queste ore non può e non deve essere dimenticato. Pechino, con la sua politica aggressiva, va fermata. È d’obbligo oramai ripensare il quadro geopolitico mondiale, fondamentale rivederne i suoi equilibri.
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Ucraina, accordo sui cereali del Mar Nero: chi sono i vincitori e perchè
Gli esperti di Crisis Group analizzano dettagliatamente i guadagni derivanti da questo accordo per tutte le parti in causa. Ucraina, Russia, Turchia, ONU, consumatori: tutti guadagnano qualcosa, ma per tutti c'è poco
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Anche con Al Qaeda a terra ma non fuori gioco, l’uccisione di al-Zawahiri è simbolica
Il Presidente Joe Biden non aveva torto quando ha dichiarato che “la giustizia è stata servita” con l’uccisione del leader di Al Qaeda, Ayman al-Zawahiri, in un attacco di droni statunitensi. Il problema è che è solo metà della verità; l’altra metà è che al-Zawahiri era più un passato che un potere da non sottovalutare [...]
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La crisi energetica mette nei guai la Libia
La Libia siede sulle più grandi riserve petrolifere conosciute in Africa ed è fortemente dipendente dai ricavi delle esportazioni di petrolio e gas. In anni più recenti è stata controllata in vari punti dai ribelli e dal gruppo dello Stato Islamico (IS). Di conseguenza, petrolio e gas sono diminuiti del 50% nel 2022 a 145.000 [...]
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Venduta
Tutti possono commettere degli errori. Meglio se riconoscendoli. Ma che tutti commettano sempre lo stesso errore è maniacale. Per evitare che si caschi anche solo in tentazione sarebbe saggio lasciare al governo in carica, nell’esercizio degli affari correnti, la possibilità di chiudere alcuni problemi aperti. Invece sembra che si voglia il contrario, commettendo un errore pericoloso.
Ita Airways è una compagnia aerea il cui capitale è totalmente in mano pubblica. È nata per non disperdere totalmente il patrimonio distrutto da Alitalia, condotta al fallimento più e più volte. La Sora Cesira e il Sor Augusto, come tanti altri contribuenti italiani, non hanno mai volato o non hanno volato con Alitalia, eppure hanno dovuto pagare una parte del biglietto a quelli che lo facevano.
Chi volava Alitalia, del resto, come con altre compagnie di bandiera fino a quanto il mercato non s’è veramente aperto alla concorrenza, pagava cifre spropositate: un Roma-Milano-Roma quotava uno stipendio mensile. E comunque Alitalia è fallita e rifallita. Per far nascere Ita la Sor&Sor, il contribuente, ha messo mano al portafoglio e ha tirato fuori altri 720 milioni.
Ma non bastano, né era pensabile si potesse andare subito in attivo, sicché ora è richiesto un aumento di capitale per altri 400 milioni. L’intera operazione, però, era finalizzata, fin dal primo momento, alla vendita delle azioni. Alla privatizzazione. Anche perché il contrario è proibito dalle norme europee. Che non sono i “burocrati di Bruxelles”, ma le regole che hanno consentito a tutti di comprare un biglietto aereo, facendo scendere le tariffe. Di moltissimo.
Ita ha fatto il suo dovere. (Racconto fra parentesi: ero su uno dei suoi aerei, qualche giorno addietro, e il personale di bordo passava con il carrello delle bevande; avendo quasi terminato il servizio e richiedendo un passeggero un bicchiere di succo di frutta, la hostess di un carrello si è ricolta alla collega: ne hai ancora? perché dovrei aprirne uno e sarebbe uno spreco. Brava.
Non so se parsimoniosa lei o buone le istruzioni ricevute, comunque è anche così che non si fallisce). Il governo resiste all’aumento di capitale ed è avanti con i negoziati per la vendita. Due le cordate: una (pare in vantaggio) di MSC, compagnia di navigazione marittima italiana, e Lufthansa, tedesca; l’altra Certares – Air France – Delta, statunitense. Giorgia Meloni ha detto, però, che a decidere saranno loro, una volta al governo.
È vero che la cessione sarà firmata dal nuovo governo, ma se pensano anche di “decidere” va tutto a ramengo. Ora, a parte il fatto che la faccenda è stata gestita anche dal ministro dello sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, leghista e alleato di Meloni, sicché smentirlo sarebbe conferma che non concordano su nulla, salvo che sul sommarsi per vincere, a parte questo: se salta il negoziato resta tutto in mano statale e abbiamo rifatto Alitalia. Ovvero ci mettiamo sulla strada per rifallire e la Sor&Sor su quella di tornare a pagarne il conto.
Chi va dicendo “noi non aumenteremo le tasse” dovrebbe spiegare come pensa di ridurre le spese. Ma qui siamo al farle crescere, sicché le tasse aumenteranno per forza. Ha straragione Meloni quando invita a non fare promesse che non si possano mantenere, ma la compagnia di bandiera statale e in attivo rientra proprio in quella categoria. E se, invece, per “decidere” s’intende a quale filiera vendere, ovvero dare indirizzo politico a quel che dovrebbe essere un confronto di mercato, allora già si sente un fremito di commistione fra affari e politica.
Non conviene. Se ne rendano conto. Cento volte meglio lasciare che le cose facciano il loro naturale corso, impegnare il futuro governo al controllo severo che il lavoro svolto dal predecessore sia stato fatto bene e correttamente, ergo chiudere in quel senso la partita. Venduta. Ogni altra ipotesi, a parte i pericoli interni, sconta una drammatica perdita di credibilità esterna.
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La Via della seta sanitaria della Cina conquista il Medio Oriente
In un momento critico della pandemia di COVID-19, la Cina ha preso l'iniziativa di offrire assistenza medica e vaccini ai Paesi in via di sviluppo. Così Pechino ha colto l'occasione per acquisire maggiore influenza in Medio Oriente e in Africa
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Le armi di Putin: grano, gas ed elezioni
Mentre l’invasione russa dell’Ucraina entra nel suo sesto mese, influenti personaggi a Mosca hanno continuato le loro minacce apocalittiche riguardo alle armi nucleari, echeggiate dalle dichiarazioni dei membri della Duma e della cerchia ristretta di Putin, in particolare Dmitry Medvedev. Nonostante ciò, lo stesso Putin non ha parlato molto delle armi di distruzione di massa [...]
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Libano: due anni dall’esplosione nel Porto di Beirut
Il 4 agosto 2020, una massiccia esplosione ha colpito la capitale libanese Beirut, uccidendo oltre 200 persone e 6.500 feriti e intere comunità sono state distrutte. L’esplosione è stata innescata dall’accensione di 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio che erano state conservate in un deposito nel porto di Beirut per oltre sei anni in condizioni [...]
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L’Ucraina rivuole il Sud, la Russia alza la posta
La guerra in Ucraina sta guadagnando slancio poiché nessuna delle parti è pronta per la riconciliazione, mentre il conflitto continua a intensificarsi. Il 29 luglio, il Cremlino ha affermato che 53 prigionieri di guerra ucraini (POW), compresi quelli catturati nell’acciaieria Azovstal a Mariupol, sono stati uccisi e dozzine sono state ferite dai bombardamenti dalla parte [...]
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Meglio un seggio oggi che il polo domani
Giuseppe Benedetto, il presidente della Fondazione Luigi Einaudi che è un fior di galantuomo, pur consapevole che in un’Italia dove le alleanze sono sempre contro qualcuno, è comunque deluso dalla decisione di Carlo Calenda di mettersi sotto l’ala del Partito Democratico: “Poteva costruire un terzo polo liberale” dice in un’intervista a Paolo Bracalini su Il Giornale, “invece ha preferito qualche seggio”. Giuseppe Benedetto non ha tenuto conto della natura propria di Calenda, ovvero quella dell’idealista. Nell’accezione propria dell’idea-lista, ossia, colui il quale ha solo l’idea della lista.
La card di Pietrangelo Buttafuoco su Il Quotidiano del Sud
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Gli Stati Uniti hanno aiutato la Tunisia a diventare ‘la più grande delusione della Primavera araba’
Al centro degli errori compiuti dagli USA, alcune decisioni di finanziamento che Washington ha preso prima e dopo la Primavera Araba
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Frammenti #01
Quote Co2, identità digitale, social scoring…
Barbara Baarsma, CEO di Rabobank (banca olandese) ha recentemente dichiarato che dovrebbero essere istituiti dei “carbon wallets” con poter cui conservare scambiare carbon credits (quote CO2). In questo modo, secondo lei, i più ricchi potrebbero acquistare crediti CO2 dai meno abbienti, così da poter mantenere il loro stile di vita più inquinante.
Ad esempio io potrei vendere i miei crediti CO2 a un ricco imprenditore di Montecarlo che ne ha bisogno per coprire la quota CO2 della sua vacanza in yacht ai Caraibi. Tanto io non potrei permettermela, no?
Privacy Chronicles - Privacy & Libertà
La stessa banca il 22 aprile 2022 ha attivato un servizio innovativo in beta test per qualche migliaio di fortunati clienti per monitorare l’emissione di CO2 delle loro transazioni. L’idea è di rendere il servizio disponibile per tutti entro la fine dell’estate.
rabobank.com/en/press/search/2…
Neanche a farlo apposta un utente su Twitter scriveva un paio di giorni fa: “Ma voi vi rendete conto? Il mio conto corrente su Intesa, lo rendo pubblico per far capire ai più in che direzione stiamo andando! Lo calcolano su tutto anche su una scrittura su conto corrente!”
Quote CO2, identità digitale, carbon wallets, social scoring...Quando tutto ciò che facciamo verrà monitorato e collegato alla nostra identità , le quote CO2 diventeranno un token della nostra libertà (di movimento, di parola, economica, ecc.) concesso dallo Stato. Un gioco a somma zero.
Politici e intellettuali del climate change stanno creando i presupposti per creare un mercato della libertà mediato dallo Stato. La direzione è segnata da tante piccole finestre di Overton per bollire le rane. Piano piano.
Gli immigrati chiedono i documenti, ma sbagliano
A Saluzzo in questi giorni ci sono alcuni scioperi di braccianti immigrati che protestano chiedendo documenti per tutti così da poter avere contratti regolari e tutele.
Un tipico esempio di barriera artificiale creata dallo Stato, che ha la necessità di schedare e controllare ogni persona presente sul suo suolo. Ma perché chiedere documenti?
Dovremmo invece unirci ai braccianti per chiedere l’abolizione di ogni documento d’identità, perché siamo persone con una dignità e non codici a barre da schedare in un database anagrafico.
Noi italiani siamo fissati coi documenti. La carta d’identità è quasi un rito di passaggio per i bambini. Peccato che sia uno schema di sorveglianza e controllo di massa; motivo per cui nel Regno Unito - paese più civile di noi - furono aboliti i documenti d’identità e distrutti i relativi database nel 2011. Motivo? L’esagerata ingerenza dello Stato nella vita privata delle persone.
Una cabina per suicidarsi
In un mondo di progressisti, woke e attivisti “Ultima Generazione”, che non fanno altro che raccontarci di come l’essere umano non sia altro che uno schifoso parassita che inquina, distrugge e uccide il prossimo, il mercato sopperisce a un nuovo bisogno: quello di ammazzarsi.
L’ideologia statalista, che esalta la collettività, diventa facilmente ideologia del sacrificio come unico valore morale. Ecco allora che non sembra poi così fuori di testa pensare a un futuro prossimo in cui chiunque potrà essere libero di acquistare un servizio per ammazzarsi comodamente, come le cabine per i suicidi di Futurama.
La responsabilità della libertà di pensiero
Vi ricordate quando Calenda parlava della libertà che non libera e della “responsabilità” della libertà di pensiero? Molto bene, pare che qualcuno stia iniziando a mettere in pratica il verbo.
In UK un uomo è stato arrestato dalla polizia per aver postato online un meme “offensivo” raffigurante la bandiera LGBT sotto forma di svastica. La motivazione dell’arresto è che il meme avrebbe causato uno “stato di ansia” ad alcuni utenti.
La prossima volta che qualcuno vi parla di responsabilità della libertà ricordatevi che in realtà vi sta dicendo che non vede l’ora di potervi denunciare e rendere la vostra vita un inferno a causa delle opinioni diverse dalle sue.
In periodo di vacanze estive ho pensato di sperimentare una nuova rubrica, in cui commento le ultime notizie in modo conciso. Mi piacerebbe usare questa rubrica per stimolare il dibattito e riunire la community di Privacy Chronicles, che ormai ha abbondantemente superato il migliaio di persone.
Non esitate quindi a commentare e magari condividere notizie e temi che vorreste affrontare insieme in questa rubrica!
P.S. sono stato qualche giorno a Cagliari per lavoro: città fantastica, ottimo cibo, mare stupendo, caldo pazzesco. C’è qualche cagliaritano/a tra noi?
Sono disponibili sul sito del Ministero tutte le informazioni su come presentare le istanze per l’assegnazione delle supplenze a tempo determinato per l’anno scolastico 2022/2023.
Qui la pagina ▶️ istruzione.
“Poteva costruire un terzo polo liberale Invece ha preferito qualche seggio” intervista di Giuseppe Benedetto su Il Giornale
Il presidente della Fondazione Luigi Einaudi: “Non mi ero mai illuso su Calenda. Dubito che adesso gli elettori di centrodestra lo votino”
La prevedibile ammucchiata a sinistra, con spartizione di seggi, ha lasciato con un palmo di naso chi puntava su Calenda per un terzo polo di ispirazione lib-dem (liberaldemocratica). All’inizio di luglio la Fondazione Luigi Einaudi, proprio con Calenda, aveva presentato il «Comitato di garanzia dei Liberali Democratici Repubblicani Europei». Ma il presidente della Fondazione, Giuseppe Benedetto, non è deluso più di tanto dall’ex manager Ferrari, per un motivo semplice. «Non mi ero mai illuso su Calenda».
Insomma si aspettava che tra i liberali e i seggi col Pd, avrebbe scelto i secondi.
«È chiaro che con una operazione al centro, costi quel che costi, ci avrebbe rimesso tutti i collegi uninominali».
Meglio allearsi con Fratoianni, Di Maio, Orfini, Speranza, noti liberali.
«Immaginavamo un percorso di iniziative culturali per mettere assieme tutta l’area liberal-democratica in questo paese. Però pensavamo ancora che le elezioni fossero lontane».
Invece si vota tra neanche due mesi. Il liberalismo può attendere, ci sono altre priorità per Calenda e soci.
«In coerenza con quanto ho detto per tutta la mia vita di liberal non vado certo a fare alleanze con il Pd. Le alleanze pre-elettorali sono una peculiarità italiana. In tutta Europa ci si presenta alle elezioni con la propria identità, e poi il giorno dopo si ragiona su maggioranze e governi. Invece da noi si fanno alleanze contro qualcuno, ma così è il Paese che ci rimette».
Un’alleanza per non far vincere il centrodestra.
«Invece quello che serviva era un terzo polo che si richiamasse alla famiglia liberal europea. Siccome Azione e +Europa e anche Italia Viva fanno parte del gruppo Renew Europe, che si richiama appunto a quei valori, come Fondazione Luigi Einaudi abbiamo pensato di poter collaborare per dare una rappresentanza anche nel Parlamento italiano a questa area politica. Ma con una alleanza con il Pd mi pare difficile».
Secondo lei Calenda ci guadagna o ci perde con questo mossa?
«Ci perde senza dubbio. Poteva essere una occasione unica per avere una percentuale a doppia cifra. Tutti gli indicatori che avevamo dicevano che questo rassemblement, con Azione e Renzi, avrebbe raccolto un numero di voti importante. Pescando anche ovviamente dagli elettori moderati di centrodestra. Così invece dubito che un elettore del centrodestra possa votare un partito alleato con il Pd e la sinistra massimalista».
C’è sempre Renzi, che è rimasto da solo.
«Renzi se farà veramente una battaglia da solo recupererà una parte dell’elettorato di Calenda. Si sono aperte delle praterie, che gli possono permettere di superare la soglia di sbarramento. Ah, guardi mi ha appena risposto Calenda su Twitter».
E che le dice?
«Mi scrive che nel programma con Letta ha sempre il no alle tasse il si ai rigassificatori, l’atlantismo, e che non vuole regalare collegi alla destra putinista per purezza ideologica»
E lei cosa gli risponde?
«Che per me il problema non sono i collegi. Il nostro progetto era quello di riavere in Italia dopo 30 anni un movimento autenticamente liberale, non quello di ottenere 5 o 10 seggi in più in Parlamento».
Intervista di Paolo Bracalini su Il Giornale
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Da al-Zawahiri a Taiwan: la solita America in campo
La 'visita' di Pelosi a Taiwan segna l’apertura ufficiale del 'confronto' USA-Cina su uno dei punti più delicati di pretesa USA di imporre le proprie regole
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Come fare più follower su TikTok?
TikTok è un social network basato esclusivamente sui video (e in parte sulle dirette) divenuto molto popolare nel corso del 2020 e del 2021. Gli utenti di TikTok possono interagire coi loro creator preferiti iscrivendosi, lasciando like e commenti oppure condividendo su altri social, tra cui Instagram e Whatsapp. Come in qualunque altro social, l’aumento [...]
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Al-Zawahiri è morto, al-Qaeda non sta bene
La morte di al-Zawahiri può destabilizzare i talebani e certamente è un ulteriore colpo basso per al-Qaeda
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Lo sformato
Cosa fare ora
Le coalizioni stanno prendendo forma. A destra hanno usato lo stampo del 1994, il tradizionale della casa, con la sua storia di divisioni e con il suo presente di frontali contrapposizioni. Il suo significato è uno solo: prima si vince e poi si vede.
A sinistra anche hanno uno stampo di famiglia, intitolato a unioni o frantoi, ma ogni volta che lo usano il risultato è tutto tranne che una forma compatta e convincente, ogni volta che scodellano il risultato poi gli si sfascia in mano, senza contare che il solo servirsene significa avere subito l’egemonia culturale e politica del berlusconismo.
Quindi giurano sempre che non lo tireranno mai più fuori, ma, non avendo altro, si rassegnano allo sformato di carne, pesce e verdure. Il suo significato è uno solo: prima si impedisce che vincano, poi si vede.
Non c’è alcuna ragione per supporre che, a questo giro, le cose vadano diversamente da come sono fin qui andate, dal 1994 in poi. Chi, come Azione e l’ardita sortita di Carlo Calenda, aveva detto e ribadito di credere nella necessità di abbandonare gli stampi, alla fine non ci ha creduto abbastanza.
A correre in solitaria resta Italia Viva, ma con un Matteo Renzi che, funambolico artista della politica, condivide solo metà della sorte della Sora Camilla: quella “tutti la vogliono e nessuno se la piglia”, qui non è detto sia fondata la prima parte.
A decidere vittorie, sconfitte, pareggi e squalifiche saranno gli elettori. Da qui al giorno delle elezioni avremo modo di tornarci. Quel che vedo, da subito, è una nuova legislatura che nasce già vecchia, l’ennesimo girone di ritorno di un campionato sempre meno interessante, con giocatori che passano da una parte all’altra e pubblico che rimane a casa e spegne la televisione.
Siccome, però, il futuro corre comunque, le cose accadono e cambiare è necessario, proviamo a immaginare cosa sarebbe utile fare, cosa è ancora possibile fare in questa partita giocata al passato.
La parte sconfitta capirà di avere sbagliato a mettere in scena una falsa coalizione. Lo capirà non tanto perché avrà appena perso le elezioni, ma perché quell’errore le impedirà di fare politica nell’immediato futuro. Si assisterà ancora alla nascita di “nuovi”, che già solo per questo sono vecchi rattrappiti.
La parte vincitrice si accorgerà che avere la maggioranza non significa avere in consenso, né interno alla coalizione né nel Paese, per governare convincentemente e durevolmente. Il peggio delle false coalizioni, insomma, non lo vediamo da qui al 25 settembre, ma da quel giorno in poi.
Posto ciò, se è rimasto un briciolo si senso di responsabilità e delle istituzioni, considerata la straordinaria propensione al compromesso e all’accomodamento, varrebbe la pena di stendere un accordo comune, fin da subito.
Chiunque vinca e perda l’attuale sistema elettorale è una schifezza (e la si finisca con la pagliacciata delle firme, per lo più false, cui si costringono le nuove formazione per presentare delle liste, si usi il sistema inglese: depositi una somma o firmi una garanzia, se totalizzi più dell’1%, anche se sconfitto, ti riprendi i soldi, altrimenti sei un disturbatore e li perdi).
Il sistema elettorale può essere di diversa natura, ma funziona solo se in armonia con l’architettura costituzionale. Le riforme costituzionali fatte gli uni contro gli altri o abortiscono e scodellano aborti, come quella del Titolo quinto (2001) e del numero dei parlamentari (2019).
Non essendo possibile fare accordi sul merito delle modifiche, li si faccia sul metodo: serve una apposita assemblea elettiva, con un anno di vita e senza privilegi o vitalizi. Infine: gli impegni presi per il Pnrr, chiunque vinca o perda, essendo stati presi largamente assieme, dovranno essere rispettati.
Non è poco. È moltissimo. E, a occhio, è più di quello di cui questo mondo politico è capace. Ma è il minimo necessario. Siccome il solo punto su cui gli incapaci convergono è il desiderio di sopravvivere, quelle sono le condizioni. Conviene a tutti. A chi vincerà e a chi perderà. E si può fare subito, non costando altro che la fatica di usare la testa.
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Il Kosovo si riaccende
Non molti telegiornali hanno parlato di cosa sta succedendo in Kosovo, e chi ne ha parlato ha parlato semplicemente di tensioni, senza spiegare realmente quanto avviene. In realtà il motivo delle attuali tensioni è sempre lo stesso, ovvero il problema delle targhe e dei documenti della ormai minoranza serba che vive in Kosovo. In Kosovo [...]
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Germania: geopolitica ad un bivio
Da una prospettiva a lungo termine, anche se l’istituzione formale della Germania come Stato nazionale è un fenomeno abbastanza recente, i suoi precursori e le sue entità precedenti hanno svolto per secoli un ruolo significativo negli affari europei. Nella battaglia della foresta di Teotoburg, una coalizione di tribù germaniche sconfisse i legionari romani professionisti, schiacciando [...]
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Fermare la diffusione autocratica nel Sud-Est asiatico
Accanto al declino globale della democratizzazione, la diffusione dell’autoritarismo e il deterioramento dei diritti umani nel sud-est asiatico continuano a ritmo accelerato. La regione sembra essere su una traiettoria verso l’autocrazia, con i Paesi che annullano i loro progressi verso la democrazia. L’Indonesia, la più grande democrazia elettorale della regione, è stata testimone del deterioramento [...]
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Borsa e investimenti: quali scenari nei prossimi mesi per i mercati finanziari?
Sono tempi difficili per chi investe in borsa: i mercati finanziari sono fortemente condizionati da tutti quegli eventi che stanno caratterizzando questo particolare momento storico. Paura ed incertezza sono le parole che meglio descrivono la prima metà del 2022: pandemia, guerra, crisi geopolitiche ed inflazione fanno da sfondo ad uno scenario mai visto prima. Eppure [...]
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Sardegna che vieni, Sardegna che vai
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La corsa di cavalli presidenziali in Kenya
È una corsa molto ristretta quest'anno con solo quattro candidati presidenziali autorizzati a partecipare
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Ucraina: la società civile può svolgere un ruolo chiave nell’assicurare la vittoria sulla Russia
Da quando l’aggressione militare russa contro l’Ucraina è iniziata nella primavera del 2014, il vivace settore della società civile ucraina è stato in prima linea negli sforzi del Paese per contrattaccare. Il supporto fornito dalla società civile ha spaziato dalle basi come barattoli di marmellata e forniture di biancheria intima pulita per le truppe a [...]
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Pelosi difende la visita a Taiwan nel mezzo di una dimostrazione di forza cinese
Dopo settimane di speculazioni, la Presidente della Camera Nancy Pelosi è atterrata a Taiwan, per incontrare il Presidente Tsai Ing-wen. A seguito delle affermazioni secondo cui i suoi militari “non sarebbero rimasti a guardare” durante il viaggio di Pelosi, Pechino ha annunciato che condurrà “esercitazioni a fuoco vivo” nelle acque intorno a Taiwan a partire [...]
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Elezioni politiche 2022: carceri e giustizia grandi assenti
Pesa le parole, scandite con lentezza il garante dei detenuti del Lazio Stefano Anastasia: “Sono brutte giornate, queste, per il sistema penitenziario della regione: la notizia di un suicidio a Rebibbia femminile, una donna con problemi di dipendenza e che aveva manifestato insofferenza e aggressività nei confronti degli operatori penitenziari, ma mai di sé stessa. [...]
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Elezioni 2022, come sopravvivere alla grande fiera delle illusioni | La Fionda
"In altre parole, mentre ci affanniamo a selezionare l’autista da mettere al volante del paese, non ci accorgiamo che la nostra macchina è stata sostituita con un’auto giocattolo, senza ruote e senza motore. Uno Stato di plastica, un guscio vuoto che nemmeno il conducente più formidabile potrebbe mettere in moto.
Da tempo, infatti, le leve della politica economica sono state sottratte alla politica nazionale e spostate a Bruxelles e Francoforte. Significativo in questo senso il disinteresse di Mario Draghi per le vicende elettorali del 2013, quando da Presidente della BCE ci informò che quand’anche fossero giunti al potere i populisti le riforme sarebbero proseguite «come se fosse inserito il pilota automatico»."
Etiopia, il conflitto che alimenta la violenza sessuale in Tigray
MEKELLE, Tigray – “Abbiamo cercato di fuggire sul retro di un camion, ma ci hanno beccato. Mi hanno portato via, violentata e lasciata nella boscaglia”. Mahlet* aveva solo 17 anni quando è fuggita di casa nel novembre 2021 per sfuggire al conflitto in corso nella regione del Tigray settentrionale, in Etiopia.
Non ha ripreso conoscenza fino al giorno successivo. Sola, terrorizzata e sofferente, ha detto:
“Non c’era nessuno in giro ad aiutarmi”.
Il conflitto stridente e l’insicurezza in Etiopia hanno decimato il sistema sanitario, con la maggior parte degli ospedali e dei centri medici saccheggiati o distrutti durante i combattimenti. Senza accesso all’assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva, o altro, quando ha scelto di parlare con l’UNFPA, Mahlet era incinta di sette mesi dal suo stupratore.
“L’ho tenuto segreto perché se uno dei leader della comunità lo avesse scoperto, sarebbe rimasto scioccato e io sarei stata discriminata”, ha detto.
Il reato di violenza sessuale è ampiamente sottostimato su scala globale, ma nei conflitti gli ostacoli alla ricerca e all’accoglienza possono diventare insormontabili. Pochi sopravvissuti parlano mai del loro calvario, per paura di essere stigmatizzati dalle loro famiglie e comunità – e nella pungente consapevolezza che la giustizia comunque probabilmente sfuggirà loro. Costretti da una cultura del silenzio, non osano chiedere l’assistenza umanitaria per cui dovrebbero avere la priorità, poiché molti hanno paura di essere scoperti se cercano di chiedere aiuto.
Una crisi nascosta in bella vista
Mahlet ha trovato da sola la strada per il campo Sabacre 4 a Mekelle per sfollati interni, dopo aver perso la sua famiglia nel caos delle ostilità. Malnutrita, esausta e consumata dall’ansia per il futuro che ora le attende, ha detto di essere sollevata di poter raccontare la sua storia a un consulente in uno spazio amichevole per donne e ragazze supportato dall’UNFPA.
Gli spazi amichevoli sono centri in cui i sopravvissuti possono accedere a supporto psicosociale, kit di dignità contenenti articoli sanitari e sanitari e rinvii a rifugi sicuri. I centri offrono cibo, cure mediche, consulenza legale, supporto psicosociale e formazione professionale, oltre a uno spazio in cui i sopravvissuti possono guarire e iniziare il lungo processo di ricostruzione delle loro vite.
Mahlet è solo una di un numero imprecisato di ragazze che cercano disperatamente di affrontare una situazione che non hanno contribuito a creare, costrette a mettere in pericolo la propria vita per sopravvivere. “Questo isolamento è comune tra i sopravvissuti alla violenza sessuale”, ha affermato il Senait Geber, che gestisce i casi di violenza di genere in uno degli spazi amichevoli. “Diventano invisibili nel campo e ricorrono al sesso commerciale e ad altre attività solo per sopravvivere”.
Quasi 4 milioni di persone nel Tigray e circa 10 milioni nella regione di Amhara hanno bisogno di servizi sanitari salvavita, compreso il supporto sessuale e riproduttivo: oltre l’80% delle restanti strutture sanitarie nel Tigray non ha capacità di salute materna, mentre nel Nella regione di Afar solo 1 struttura su 5 è attualmente funzionante. L’ufficio di coordinamento umanitario delle Nazioni Unite riferisce che la protezione dalla violenza di genere è quasi inesistente, con le vittime di stupro che hanno poco o nessun accesso alla gestione clinica dello stupro o ad altri servizi fondamentali.
Fornire un rifugio sicuro per il recupero e la guarigione
La violenza sessuale può portare a una vita di angoscia per la salute fisica e mentale. Chi rimane incinta e partorisce spesso deve affrontare l’esclusione sociale, l’abbandono e la povertà. “Molti sopravvissuti affermano che preferirebbero morire piuttosto che sopportare un simile trauma”, ha detto un’infermiera in un centro unico sostenuto dall’UNFPA, un altro tipo di struttura che riunisce varie forme di salute riproduttiva, assistenza medica e di altro tipo.
Circa il 70% delle donne in contesti umanitari dichiara di aver subito violenze sessuali, rispetto a circa il 30% a livello globale. In quanto adolescente sfollata e non accompagnata, Mahlet è tra le più vulnerabili in questa crisi pericolosa e devastante.
In tutto il nord dell’Etiopia, l’UNFPA sostiene 11 spazi amichevoli, che hanno assistito più di 15.000 donne e ragazze finora quest’anno, e 20 centri unici. Nelle regioni del Tigray e dell’Amhara, l’UNFPA lavora anche con tre centri di accoglienza per consentire ai sopravvissuti di riprendersi attraverso un’intensa consulenza e supporto. Ad oggi, quasi 25.000 persone nelle aree colpite dal conflitto dell’Etiopia settentrionale sono state raggiunte attraverso programmi di consulenza psicosociale sostenuti dall’UNFPA.
Ci sono circa 130 bambini che vivono nel campo di Sabacre 4 senza famiglia: la maggior parte sono adolescenti come Mahlet. Come ha indicato la signora Senait, alcuni ricorrono al sesso transazionale in cambio di cibo o di una magra somma di denaro. “Come posso andare avanti con questo bambino quando devo mendicare solo per vestiti e cibo?” disse Mahlet. “Non riesco nemmeno a soddisfare i miei bisogni quotidiani.”
Dei 26 milioni di persone in Etiopia che necessitano di assistenza umanitaria urgente, quasi tre quarti sono donne e ragazze. L’ Appello 2022 dell’UNFPA per la risposta umanitaria chiede quasi 30 milioni di dollari per rispondere alle urgenti esigenze di protezione e salute di donne e ragazze in otto regioni colpite dalla crisi in Etiopia.
*Nome cambiato per motivi di protezione.
FONTE: unfpa.org/news/conflict-fuelli…
Ecuador: Il 25 luglio viene dichiarato giorno nazionale della Donna Afro. Evento storico.
Mishell Mantuano* –
(Traduzione Davide Matrone)
Pagine Esteri, 3 agosto 2022 – Le donne afroecuadoriane, in data 21 luglio, hanno raggiunto un risultato storico in Ecuador: il riconoscimento del giorno nazionale della donna afroecuadoriana, nera e afrodiscendente. Questo obiettivo segna un precedente storico nelle rivendicazioni dei diritti delle donne afro e dà continuità alla lotta e alla resistenza contro il razzismo strutturale che esiste nel paese e in tutto il continente.
Sin dalla mattina del 21 luglio, circa 150 donne afroecuadoriane provenienti da tutto il paese si sono riunite all’esterno dell’Assemblea Nazionale dell’Ecuador per esigere tale riconoscimento come un passo in più per la costruzione di una società giusta. All’esterno del perimentro dell’Assemblea Legislativa si sono realizzate una serie di cerimonie ancestrali con l’uso della croce della Lalibela, o meglio conosciuta come Etiope, che rappresenta le persone della diaspora africana. Per circa un’ora le donne hanno messo in atto un suggestivo e impressionante rituale danzante a ritmo di tamburi utilizzato tradizionalmente per difendere e preservare l’essenza dei quattro elementi naturali del Pianeta: il fuoco, l’acqua, l’aria e la terra. Elementi che i popoli afrodiscendenti dell’Ecuador cercano di salvaguardare ogni giorno per il benessere di tutti gli ecuadoriani afro del paese. In Ecuador, secondo l’ultimo censimento del 2020 il 7.2% della popolazione totale è afrodiscendente e conta con quasi 1 milione e centomila abitanti in tutte le 24 regioni del paese ma con una presenza importante in 9 di esse: Esmeraldas, Imbabura, Carchi, Loja, Guayas, Pichincha, El Oro, Los Rios e Manabí.
Fonte: afros.wordpress.com/quienes-so…
Le Organizzazioni Afro Donne dell’Ecuador per anni hanno lottato per questo riconoscimento richiamando l’attenzione delle Istituzioni sul fatto che dal 25 luglio del 1992 si celebra il giorno internazionale della Donna AfroLatina, dei Caraibi e della Diaspora, ma non esiste ancora alcun riconoscimento istituzionale a livello nazionale.
Questo atto celebrativo e di resistenza nasce all’indomani dell’incontro di 400 donne afrodiscendenti realizzatosi nella Repubblica Domenicana che, in occasione dei 500 anni di conquista spagnola dell’America Latina, si riunirono per esporre e denunciare le problematiche delle donne afrodiscendenti: la discriminazione razziale, il sessimo, lo sfruttamento lavorativo, la povertà, l’esclusione nel sistema educativo, la disuguaglianza economica, l’emarginazione e la violenza di genere.
Così, dopo le cerimonie e i rituali, le donne afroecuadoriane hanno ricevuto l’autorizzazione per accedere nella parte alta della sala Nela Martínez dell’Assemblea Nazionale dell’Ecuador per assistere al dibattito parlamentare in programma per le ore 12.30. Il Presidente dell’Assemblea, Virgilio Saquisela, ha dovuto modificare il calendario delle attività parlamentari vista la pressione e determinazione delle organizzazioni afro all’esterno del Parlamento. L’ordine del giorno per tale riconoscimento era previsto per il pomeriggio dopo le ore 15. Le 150 donne afroecuadoriane hanno seguito con molta attenzione gli interventi dei parlamentari in un’Assemblea mezza vuota. Durante il dibattito c’era la preoccupazione che non si raggiungesse il quorum al momento del voto finale e tutto sarebbe sfumato nel nulla.
Foto di Michelle Mantuano
Il dibattito si è aperto con le parole di Ines Morales Lastra, donna storica del movimento femminile afro dell’Ecuador in nome della Confederazione Comarca del Nord di Esmeraldas che dato risalto alla lotta delle donne e degli uomini neri del paese per la salvaguardia e la difesa dei boschi tropicali e delle mangrovie di questa regione del paese riconosciuti patrimonio ambientale e intangibile della nazione. La difesa dell’ambiente è fondamentale per la difesa della vita di ognuno di noi. “Da oltre 30 anni continuamo la nostra lotta come donne afrodiscendenti dell’Ecuador per la costruzione di un paese giusto ed uguale. E ispirandomi alle parole della Neo Vicepresidente della Colombia Francia Márquez, dobbiamo continuare per vivere in modo equilibrato la nostra esistenza collettiva”. In seguito, le parole di Irma Bautista, Coordinatrice delle Donne Negre dell’Ecuador che ha posto l’accento sul contributo degli afroecuadoriani e delle afroecuadoriane nella lotta d’indipendenza e nella costruzione della nazione ecuadoriana nei secoli trascorsi. Inoltre, ha dichiarato che questo riconoscimento è assolutamente necessario per combattere dalle Istituzioni il razzismo strutturale presente in tutti gli spazi della società.
A presentare la mozione parlamentare per il riconoscimento simbolico e legale del giorno della donna Afro è stata la assembleista afrodiscendente della regione di Esmeraldas, Paola Cabezas del partito UNES (Unione della Speranza) che ha raccolto le istanze territoriali delle organizzazioni delle donne afrodiscendenti dell’Ecuador. Alle ultime elezioni politiche del 2021, sono state elette solo due parlamentari donne afro su 137 in totale.
Una volta terminato il dibattito durato all’incira un’ora, si è giunti alla votazione con la presenza di 120 parlamentari su 137 (87.6%) che hanno votato all’unanimità la mozione e quindi il riconoscimento legale e simbolico richiesto dalla parlamentare Paola Cabezas in rappresentanza delle organizzazioni afrodiscendenti: Confederazione Comarca, CONAMUNE, Movimento delle Donne Nere del Nord di Esmeraldas, Fondazione Doña Ela, Fondazione Ecuadoriana AZUCAR ed Andina Red, tra le altre.
Dopo la vittoria di Francia Márquez in Colombia, si apre una fase di riscatto e di speranza per gli afro e per le afrodiscendenti del continente latinoamericano che sono – secondo gli ultimi dati emanati dalla CEPAL/UNFPA nell’anno 2020 – 134 milioni e rappresentano il 21% della popolazione continentale ma sono la parte maggiormente esclusa di tutta la regione.
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Ucciso da droni Usa il capo di Al Qaeda Ayman al Zawahiri
della redazione
(Ayman al Zawahiri e Osama bin Laden nella foto di Wikimedia Commons)
Pagine Esteri, 2 agosto 2022 – Il leader di Al Qaeda, Ayman al Zawahiri, è stato ucciso durante un raid aereo condotto dalla Cia con alcuni droni a Kabul, in Afghanistan, domenica 31 luglio. La notizia data inizialmente dai media Usa è stata confermata dal portavoce dei Talebani al potere in Afghanistan, Zabiullah Mujahid. Il raid è avvenuto nel quartiere di Sherpur, nel centro della capitale afghana e ha avuto come bersaglio una abitazione residenziale. Zawahiri, egiziano, medico e uno dei capi del Jihad nel suo paese durante gli anni ’80, aveva preso la guida di Al Qaeda in seguito all’assassinio di Osama bin Laden il 2 maggio 2011 ad Abbottabad, in Pakistan, sempre da parte degli Usa. Con ogni probabilità sarà sostituito da Saif al-Adel, uno dei leader di Al Qaeda sin dai suoi primi giorni.
L’attacco di droni è il primo condotto dagli Usa in Afghanistan dopo quello di un anno fa durante il ritiro americano dal Paese in cui furono uccisi 10 civili a Kabul. I Talebani hanno condannato il raid affermando che è una violazione delle intese di Doha firmate con gli Stati Uniti che prevedevano il ritiro di tutte le forze americane dall’Afghanistan. Le intese comprendevano anche l’impegno degli islamisti di impedire ad Al Qaeda di utilizzare di nuovo il suolo afghano per pianificare attacchi ma non l’espulsione di Al Qaeda.
Nel 2001, Zawahiri, come Osama bin Laden, era fuggito dalle forze statunitensi di occupazione dell’Afghanistan e dove si trovasse è rimasto un mistero. Braccio destro di bin Laden ai tempi dell’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, il medico egiziano in tutti questi anni ha continuato nell’ombra a guidare l’organizzazione. Figura meno carismatica di bin Laden, considerato il “teorico” di Al Qaeda, Zawahiri ha dovuto fare i conti non solo con la caccia che gli Usa gli hanno dato per oltre venti anni ma anche con la scissione interna che ha dato vita all’Isis, lo Stato islamico, in sfida diretta alla sua autorità.
Sulla sua uccisione è intervenuto qualche ora fa Joe Biden. “Ora giustizia è fatta – ha detto il presidente americano – e il mondo non dovrà più temere questo pericoloso terrorista: ancora una volta, abbiamo dimostrato di essere capaci e determinati a difendere i nostri cittadini da chi vuole farci del male”. Biden ha spiegato che la Cia aveva localizzato Zawahiri quest’anno, dopo che si era spostato a Kabul, in Afghanistan, per riunirsi con i suoi familiari. “Dopo attente valutazioni e verifiche, ho autorizzato la sua eliminazione: l’operazione è stata un successo, senza vittime tra i suoi familiari o altri civili”, ha detto Biden, aggiungendo che gli Stati uniti continueranno “a vigilare, e a fare tutto il necessario per proteggere i nostri cittadini in patria e in tutto il mondo”. Pagine Esteri
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“Poteva costruire un terzo polo liberale Invece ha preferito qualche seggio” intervista di Giuseppe Benedetto su Il Giornale
Il presidente della Fondazione Luigi Einaudi: “Non mi ero mai illuso su Calenda. Dubito che adesso gli elettori di centrodestra lo votino”
La prevedibile ammucchiata a sinistra, con spartizione di seggi, ha lasciato con un palmo di naso chi puntava su Calenda per un terzo polo di ispirazione lib-dem (liberaldemocratica). All’inizio di luglio la Fondazione Luigi Einaudi, proprio con Calenda, aveva presentato il «Comitato di garanzia dei Liberali Democratici Repubblicani Europei». Ma il presidente della Fondazione, Giuseppe Benedetto, non è deluso più di tanto dall’ex manager Ferrari, per un motivo semplice. «Non mi ero mai illuso su Calenda».
Insomma si aspettava che tra i liberali e i seggi col Pd, avrebbe scelto i secondi.
«È chiaro che con una operazione al centro, costi quel che costi, ci avrebbe rimesso tutti i collegi uninominali».
Meglio allearsi con Fratoianni, Di Maio, Orfini, Speranza, noti liberali.
«Immaginavamo un percorso di iniziative culturali per mettere assieme tutta l’area liberal-democratica in questo paese. Però pensavamo ancora che le elezioni fossero lontane».
Invece si vota tra neanche due mesi. Il liberalismo può attendere, ci sono altre priorità per Calenda e soci.
«In coerenza con quanto ho detto per tutta la mia vita di liberal non vado certo a fare alleanze con il Pd. Le alleanze pre-elettorali sono una peculiarità italiana. In tutta Europa ci si presenta alle elezioni con la propria identità, e poi il giorno dopo si ragiona su maggioranze e governi. Invece da noi si fanno alleanze contro qualcuno, ma così è il Paese che ci rimette».
Un’alleanza per non far vincere il centrodestra.
«Invece quello che serviva era un terzo polo che si richiamasse alla famiglia liberal europea. Siccome Azione e +Europa e anche Italia Viva fanno parte del gruppo Renew Europe, che si richiama appunto a quei valori, come Fondazione Luigi Einaudi abbiamo pensato di poter collaborare per dare una rappresentanza anche nel Parlamento italiano a questa area politica. Ma con una alleanza con il Pd mi pare difficile».
Secondo lei Calenda ci guadagna o ci perde con questo mossa?
«Ci perde senza dubbio. Poteva essere una occasione unica per avere una percentuale a doppia cifra. Tutti gli indicatori che avevamo dicevano che questo rassemblement, con Azione e Renzi, avrebbe raccolto un numero di voti importante. Pescando anche ovviamente dagli elettori moderati di centrodestra. Così invece dubito che un elettore del centrodestra possa votare un partito alleato con il Pd e la sinistra massimalista».
C’è sempre Renzi, che è rimasto da solo.
«Renzi se farà veramente una battaglia da solo recupererà una parte dell’elettorato di Calenda. Si sono aperte delle praterie, che gli possono permettere di superare la soglia di sbarramento. Ah, guardi mi ha appena risposto Calenda su Twitter».
E che le dice?
«Mi scrive che nel programma con Letta ha sempre il no alle tasse il si ai rigassificatori, l’atlantismo, e che non vuole regalare collegi alla destra putinista per purezza ideologica»
E lei cosa gli risponde?
«Che per me il problema non sono i collegi. Il nostro progetto era quello di riavere in Italia dopo 30 anni un movimento autenticamente liberale, non quello di ottenere 5 o 10 seggi in più in Parlamento».
Intervista di Paolo Bracalini su Il Giornale
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TSO politico
Prima il Fondo monetario internazionale ha rivisto al rialzo la crescita dell’Italia (unico fra i Paesi sviluppati) per l’anno in corso, fissandola al 3%. Poi sono arrivati i dati Istat, che parlando di una crescita acquisita al 3.4%.
Ieri la stessa fonte ha fatto sapere che è al lavoro il 60.1% delle popolazione attiva (ovvero di quanti possono lavorare), con una crescita di 400mila occupati rispetto all’anno scorso (in cui siano cresciuti molto, ma con un effetto di rimbalzo rispetto al pessimo 2020), 116mila nell’ultimo mese. È sempre significativamente meno della media europea, ma il nostro massimo dal 1977.
Non significa che tutto vada bene, anche perché non è mai possibile. Ma è falso che tutto vada male. Se, nella condizione data, delle occasioni si sono colte e a dei guai s’è provato a porre rimedio, lo si deve a un equilibrio politico e alle scelte fatte. Siccome si attendono le urne, guardiamo alla politica. Che fa venire in mente un acronimo: TSO.
Scorrete interviste e slogan e vi accorgerete che la politica ha in mente un’Italia povera, affamata e in ginocchio. Ancora regge lo stellone, ma non si sa per quanto. Quel che si propongono per il futuro è reggere, ristorare, sussidiare. Chiunque obietti viene coperto d’improperi, accusato di avere le terga protette, d’essere un privilegiato e di vivere in un altro mondo.
Che, detto da taluni, dimostra la persistenza del senso dell’umorismo. Ma l’Italia che produce e porta a casa successi non c’è, in quella visione plumbea. Evidentemente sono convinti che chi sappia cosa fare mai li voterebbe, mentre il mercato del consenso fiorisce ove si conta di ricevere.
La grande differenza fra destra e sinistra consiste nel fatto che a destra sanno chi sono i coalizzati, ma ieri hanno avviato la discussione sul programma, come a dire che trattasi non del collante, ma, semmai, del solvente che potrebbe scioglierli, mentre a sinistra non sanno ancora chi sono, pur sapendo chi non ci sta, avendo in programma di battere la destra e provando a emularne la capacità di mettere assieme non solo i diversi, ma anche gli opposti. Per il resto è una gara al TSO: Tasse, Spese e Omissioni.
Non ce né uno che non voglia sgravare qualche cosa. C’è chi lo dice in inglese (senza curarsi della traduzione), chi in sindacalese, nessuno avendo la grazia di indicare come saranno coperte le mancanze di gettito, o come saranno compensate da diminuzione della spesa.
Sicché sappiamo, ed il guaio è che lo sanno anche i mercati, che tali promesse si tradurranno in maggiore deficit (e, difatti, condividono lo scostamento di bilancio) e maggiore debito. Una parola d’umana pietà per i giovani, che saranno assai meno numerosi e assai più indebitati dei loro cari, nel senso di costosi, genitori.
Sul lato Spese, del resto, è una multicolore fontana: c’è chi ti offre il dentista (e l’ortopedico?), chi vuole aumentare le pensioni e chi i pensionati (che come rappresentanza dell’Italia che lavora la dice lunga), chi già vede il ponte sullo Stretto (senza campate, innovativo perché immaginario) e chi, sapendo che ci sarà da aspettare, pianta alberi per accomodarsi all’ombra, ma c’è anche chi vuol dare la “dote” ai diciottenni (criticato da chi inventò il bonus diciottenni, una gara a chi premia prima e di più chi è eroicamente riuscito a non crepare prima).
Che ci sia una sanità pubblica diseguale, una leva demografica di cui tenere conto e un sistema formativo che nega adeguata preparazione prima della maggiore età, son questioni volentieri demandate al “tavolo” programmatico. E non vorrei essere nei panni del tavolo, che ancora cerca di capire perché talora lo vogliano “aprire” e talaltra pretendono che s’apparecchi da solo.
Andiamo fortissimi in quanto a Omissioni: chi, come, in che tempi e con che soldi? E perché per riuscirci s’è cominciato demolendo la condizione che ha portato i risultati di cui alle prime righe? Chi spera di avere risposte è da TSO. Ma l’altro.
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Elezioni 2022: Calenda – Letta 2 a 0 … e ora palla all”ape Maio’
Tanto di cappello a Calenda, che ha subito capito che Letta era spiazzato, ha dettato le regole del gioco, e alla fine ha stravinto. Ora tocca a Giggino
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Pëtr Arkad'evič Stolypin
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