Il rapporto ‘imperfetto’ di Amnesty rischia di consentire più crimini di guerra russi in Ucraina
Oksana Pokalchuk, che ha trascorso sette anni a documentare e indagare sulle violazioni dei diritti umani in qualità di direttrice di Amnesty International Ucraina, ha rassegnato le dimissioni venerdì a seguito di un controverso rapporto di Amnesty International intitolato ‘Le tattiche di combattimento ucraine mettono in pericolo i civili’. Il rapporto di Amnesty, che accusa [...]
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Stefano Debei: la comunità spaziale mondiale perde uno dei suoi uomini di punta
Un carattere schietto, determinato a arrivare al fuoco del problema che gli veniva posto, ma senza troppe parole. Eppure con un cuore assai grande. Non sarà facile il cammino della scienza spaziale senza di lui
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USA: lobby AIPAC, spendere milioni per le elezioni per non parlare di Israele
La decisione potrebbe essere un sintomo dell'allontanamento del Partito Democratico dal sostegno incondizionato a Israele
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FBI nella tenuta Mar-A-Lago di Trump: perchè non si scherza
Perché perquisire la proprietà di un ex Presidente non è facile: 4 cose importanti da sapere sulla ricerca di Mar-a- Lago da parte dell'FBI
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Pietro Novelli, il grande e solitario artista del ‘600 | www.palermoviva.it
"Si parla poco di Pietro Novelli, pittore e architetto monrealese: le sue opere sono tantissime ma della sua vita solitaria sappiamo davvero pochissimo."
Carceri e suicidi, tragedie invisibili
Niente. Non ce la fanno proprio neppure a pronunciarle le parole ‘giustizia’, e ‘carceri’. Invitano a valutare i programmi, quello che intendono fare, fanno mille promesse, mille assicurazioni; ma sulla madre di tutti i problemi italiani, l’amministrazione della giustizia, e il suo epifenomeno, la situazione nelle carceri, nessuno dice nulla. La questione, per loro, semplicemente [...]
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Brasile. Lula ha la vittoria in pugno, Bolsonaro arranca e già grida ai brogli
di Davide Matrone –
Pagine Esteri, 10 agosto 2022 – Il prossimo 2 ottobre ci sarà il 1° turno delle elezioni presidenziali in Brasile, il paese più grande del Sudamerica che conta una popolazione di oltre 215 milioni d’abitanti (7° al mondo) e con un Prodotto Interno Lordo pari a 3.680.942 di dollari (9^ economia mondiale), secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale del trascorso aprile 2022.
Dopo 4 anni di governo di destra dell’ex militare Jair Bolsonaro, il paese sembra seriamente intenzionato a voltare pagina e a rieleggere Luiz Inácio Lula da Silva, giàpresidente del Brasile dal 2003 al 2010. Secondo quasi tutti i sondaggi, tra i quali quelli della prestigiosa Datafolha, Lula avrebbe al momento la quasi certezza di conquistare la presidenza al 1° turno con un 52% dei voti e la certezza di arrivare al Palacio do Planalto (sede ufficiale della Presidenza della Repubblica del Brasile) dopo il ballottaggio con l’uscente Bolsonaro. In Brasile per vincere al primo turno bisogna conquistare il 50% più 1 voto ma la campagna è ancora lunga e bisogna essere cauti. Un elemento abbastanza certo è l’importante vantaggio di Lula su Bolsonaro che non sembra calare in queste ultime settimane. Per saperne di più ne ho parlato con il giornalista, studioso ed esperto di America Latina Federico Nastasi con cui abbiamo trattato tre temi specifici: l’attualità della campagna elettorale, il ruolo dei militari in questa fase e la strategia comunicativa di Lula.
L’attualità della campagna elettorale
Il paese è fortemente polarizzato, con un dibattito molto forte e violento in termini verbali tra i 2 candidati Lula e Bolsonaro. Inoltre, sui social media si vede una cosa che è già messa in atto nel 2018 e cioè una strategia comunicativa di Bolsonaro basata sull’uso di informazioni false, disinformazione, campagne d’odio organizzate e ben studiate. Una strategia dimostrata e analizzata dalla giornalista brasiliana Patrícia Campos Mello nel suo libro “la macchina dell’odio”. Inoltre, è una campagna elettorale violenta dal punto di vista fisico, il giorno 10 luglio è stato ucciso a colpi di pistola il militante del PT di Lula Marcelo Arruda da un Bolsonarista durante il festeggiamento del suo compleanno. In una fase economica stagnante e difficile (il paese non si è ripreso dagli effetti della pospandemia) il governo Bolsonaro ha approvato una misura economica denominata “Auxilio Brasil” che destina risorse economiche pubbliche per la durata di un anno alle fasce più deboli del paese. Un provvedimento che in molti hanno criticato come una misura solo pre-elettorale. Questa misura governativa è paradossale: Bolsonaro si è presentato come alfiere del libero mercato, con l’appoggio del ministro dell’Economia Paulo Guedes, allievo della scuola di Chicago. E poi, a 80 giorni dal voto, entrambi fanno appello alle casse pubbliche dello stato, ufficialmente per alleviare la povertà.
La conferenza stampa di Bolsonaro con gli ambasciatori.
Il Presidente Bolsonaro ha convocato il 18 luglio tutti gli ambasciatori presenti in Brasile nella sua residenza in Brasilia dichiarando, senza nessuna prova, seri dubbi sulla giustezza del processo elettorale. Critica come i militari l’uso delle urne elettorali e afferma che il processo elettorale è a rischio d’inquinamento. Tuttavia, il giorno 26 luglio il segretario di Difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin, in visita in Brasile per l’incontro dei segretari di difesa del continente, ha dato dei messaggi diretti a Bolsonaro e ai militari. Al primo ha fatto intendere di difendere il processo elettorale in atto e ai secondi di non appoggiare nessun tentativo di golpe di stato militare. In definitiva, quest’uscita di Bolsonaro è sintomatica di una sconfitta quasi sicura e quindi cerca di destabilizzare il processo elettorale.
Il ruolo dei militari e Bolsonaro
Dal ritorno della democrazia, il governo attuale è stato il principale ad avere una rappresentanza importante di militari all’interno nel Consiglio dei Ministri. Il vicepresidente attuale di Bolsonaro è un militare, il candidato vicepresidente per queste elezioni è un generale dell’esercito. C’è un legame solido, stretto anche perché lo stesso Bolsonaro è un ex capitano dell’esercito. Questo legame tra il candidato e i militari si traduce in due diversi processi. Il primo, un probabile colpo di stato militare, già palesato apertamente dalla stampa, nel caso in cui il risultato non dovesse essere a favore di Bolsonaro. L’altro, quello innescato dalla polemica dei militari contro il Tribunale Supremo Elettorale sull’uso delle urne elettroniche che gli stessi militari vogliono controllare. Lula ha detto che non accetterà interferenze di nessun tipo cercando di evitare polemiche con il corpo dei militari ma riferendosi solo ad alcuni singoli esponenti.
La strategia comunicativa di Lula in queste elezioni.
Lula si presenta come un candidato che può unire il Brasile e sanare le ferite che si sono aperte nei 4 anni passati. Divisioni che si sono incrementate, peggiorando la situazione di alcuni segmenti di società: le donne, gli afrodiscendenti, le popolazioni indigene e le minoranze sessuali. Anche da un punto di vista religioso: Bolsonaro è stato l’alfiere di una delle campagne più oscurantiste dei movimenti evangelici, in particolare neopentecostali, del Brasile. Lula si presenta come un uomo di stato, come un uomo che è già stato presidente in una delle pagine più belle del Brasile. Da un punto di vista politico è colui che può unificare, inoltre, il campo classico della sinistra e del PT. Lula va oltre la sua comunità politica, senza rinnegarla, la allarga con alleanze precise come quella del suo vicepresidente Geraldo Alckmin, l’ex governatore dello stato di Sao Paulo del partito di centro. Un altro aspetto comunicativo importante è che Lula si presenta come colui che ha subito un’ingiutizia riconosciuta a livello nazionale e internazionale e che ha affrontato le avversità a schiena dritta, accettando un processo farsa. Questo gli viene riconosciuto da tutti, anche dalla destra e ultimamente anche la famosa artista brasiliana Anitta, che non è certamente simpatizzante della sinistra, ha dichiarato il suo appoggio per Lula.
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Stefano Debei: la comunità spaziale mondiale perde una sua punta
Si svolgeranno dopodomani i funerali di Stefano Debei, uno degli scienziati più illustri dello spazio italiano, conosciuto e stimato in Europa e nel mondo. Autore dei meccanismi dell’otturatore ad alta precisione e le protezioni mobili del telescopio OSIRIS montato a bordo della missione Rosetta e poi dello strumento JANUS, che volerà a bordo della missione [...]
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Il Tribunale dell'Inquisizione e le Carceri segrete di Palazzo Steri-Chiaramonte a Palermo
Mi è sempre piaciuto camminare per le vie del centro storico della mia Palermo, una città avvolta da tanti misteri, segreti, leggende, ma anche ricca di fatti e storie vere, affascinanti ed intriganti, una città da scoprire o riscoprire ogni volta che mi addentro nei suoi vicoli, una Palermo a volte sconosciuta anche a me che vi sono nato.
Amo le sue tradizioni, le usanze, le credenze popolari, che si tramandano tra le varie generazioni e che restano sempre vive attraverso i ricordi di chi a sua volta è rimasto inevitabilmente affascinato delle storie raccontate da coloro che le hanno vissute in prima persona.
Cammino e mi soffermo ad ammirare le imponenti e meravigliose opere d’arte e penso a un tempo antico, a quanta vita è passata, alle maestranze che hanno realizzato queste maestose strutture, mettendo in campo tutte le tecniche costruttive di quei tempi, anche rudimentali, eseguite da veri maestri d’arte dalle doti ineguagliabili.
Opere che rappresentano per questa città gli evidenti segni del passaggio delle varie dominazioni che si sono susseguite nel tempo.
E c’è un palazzo, nella grande Piazza Marina, è il palazzo Steri-Chiaramonte che, per le storie drammatiche che l’hanno interessato, viene visto dai palermitani, e non solo, come austero e tenebroso. Ma è un palazzo come tanti altri, segnato purtroppo da avvenimenti tragici, che questa volta non appartengono a leggende metropolitane, ma a fatti realmente accaduti durante la dominazione spagnola.
Il palazzo fu costruito all’inizio del 1300 su un edificio arabo, fu la grande dimora di Manfredi di Chiaramonte, esponente di spicco della potente famiglia dei Chiaramonte, conte dell’immenso Feudo di Modica, detto “Regnum in Regno”.
Il potere della famiglia diede presto fastidio agli spagnoli e nel 1392 il re Martino il Giovane, decise di fermare le ambizioni politiche di Andrea di Chiaramonte, discendente ed erede di Manfredi, decapitandolo davanti al suo palazzo e sequestrandogli ogni bene.
Nel 1487 Ferdinando II il Cattolico, Re di Spagna, inviò a Palermo i suoi inquisitori, delegati ad istituire il primo Tribunale dell’Inquisizione in Sicilia.
Il “Santo Uffizio”, così chiamato, inizialmente si stabilì a Palazzo dei Normanni, dove rimase fino al 1551, tuttavia le carceri a disposizione non erano sufficienti e pertanto per questo motivo fu commissionato all’architetto Diego Sànchez la realizzazione di uno spazio carcerario più ampio.
Per la costruzione di tale struttura, venne scelto uno spazio alle spalle di Palazzo Chiaramonte Steri, che dai primi anni del 1600 divenne la nuova sede dell’Inquisizione Spagnola.
È il carcere segreto dell’Inquisizione, il luogo dove per due secoli, dai primi del Seicento al 1782, gli uomini inviati in Sicilia da Torquemada interrogarono e torturarono innocenti in nome di Dio.
Per gli uomini del Sant’Uffizio i carcerati erano eretici, bestemmiatori, streghe, fattucchiere, amici del demonio. In realtà molti erano artisti, intellettuali scomodi, nemici dell’ortodossia politica e religiosa, oppure poveracci finiti negli ingranaggi di una gigantesca macchina di malagiustizia.
Piazza Marina divenne il luogo preferito dove eseguire i roghi e le esecuzioni dei condannati a morte.
Il 16 Marzo 1782 il tribunale del Sant’Uffizio venne ufficialmente abolito ed il viceré Caracciolo, profondamente contrario alle pratiche inquisitorie, non tardò ad ordinare la scarcerazione immediata dei prigionieri, nonchè purtroppo anche il rogo di tutti gli atti del tribunale, al fine di cancellare qualsiasi traccia dei soprusi, delle violenze, degli orrori delle segrete avvenute a Palazzo Steri.
Durante alcuni lavori di recupero e di restauro del palazzo, Giuseppe Pitrè, famosissimo etnografo palermitano, tra il 1906 e il 1907, dopo aver scavato per oltre sei mesi negli intonaci che avevano coperto tutte le possibili tracce, scoprì i Graffiti dello Steri, disegni e scritte lasciati dai prigionieri.
Un breve video che ho realizzato, molto suggestivo, ricostruisce, proprio attraverso la visione di quelle scritte e dei graffiti, la sofferenza di quei penitenziati ingiustamente detenuti la cui sola speranza di uscirne vivi, ritrovando la propria libertà, era solo la fede in Dio.
Israele: ammazzamenti elettoralistici
Dovrebbe fare una certa orribile impressione che si organizzi l’ammazzamento di gente al solo, o quasi, fine elettorale
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Ecco come @kenforflorida è diventato l'unico buon politico di #TikTok. L'articolo di @violastefanello è sul @DailyDot
ECCO COME KEN RUSSELL È DIVENTATO L'UNICO BUON POLITICO DI TIKTOK
Uno dei TikTok più importanti pubblicati da Ken Russell, pubblicato a giugno, inizia come molti altri sull'app di condivisione video: con una donna accovacciata sul pavimento per cambiarsi con un vestito succinto su una canzone di Megan Thee Stallion.
Le migliaia di utenti che sono rimasti in giro per guardare la fine del video, tuttavia, sono state colpite da una svolta inaspettata degli eventi: invece di cambiare l'abito di un creatore di contenuti, hanno visto il democratico della Florida Ken Russell cadere sul pavimento al ritmo della canzone prima di guardare vicino alla telecamera e chiedendo: “Ehi, sei registrato per votare? Ci sono le primarie il 23 agosto e le elezioni generali l'8 novembre!
Di Viola #Stefanello su #DailyDot
dailydot.com/debug/ken-russell…
How Ken Russell became TikTok’s only good politician
Ken Russell routinely goes viral on TikTok. But will his efforts give him enough of a bump to win a Florida primary race?Viola Stefanello (The Daily Dot)
Brasile: sarà un ottobre rosa marchiato Lula?
Se eletto, Lula avrà la capacità di ripetere il 'miracolo' a condizioni di partenza molto peggiori rispetto al passato? E se fosse solo nostalgia quella dei brasiliani per Lula, o necrofilia ideologica?
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Calenda di sera, la sinistra si dispera (e intanto si allea)
Non crediamo mai abbastanza a ciò in cui non crediamo (M. Conte S. 2004) Evviva, vittoria, è fatta! Finalmente le forze di progresso, che fa fine più del concreto “di sinistra”, si sono alleate, no associate, forse incrociate. Prima l’asse strategico-politico a due con il Calenda che avrebbe voluto, e vorrebbe ad ogni piè sospinto [...]
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"Ambiente, Mercato, Comunità: spunti per l'educazione alla Ragione", disponibili tutti i materiali del seminario nazionale che si è tenuto al Ministero il 21 giugno.
Li trovate qui ▶️ miur.gov.
L’Azerbaigian, l’Unione Europea e il partenariato strategico nel settore energetico
Il 18 luglio la Commissione Europea ha firmato il nuovo Memorandum of Understanding su un partenariato strategico nel campo dell’energia con l’Azerbaigian per aumentare le importazioni di gas naturale azero in Europa di almeno 20 miliardi di metri cubi (bcm) all’anno entro il 2027. “Oggi… apriamo un nuovo capitolo nella cooperazione energetica con l’Azerbaigian, un partner [...]
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Invadere Taiwan non è un compito facile per la Cina
Le tensioni nello Stretto di Taiwan hanno raggiunto un livello che non si vedeva dai primi anni della Guerra Fredda sulla scia della visita di stato di Nancy Pelosi a Taipei. Il Partito Comunista Cinese ha intensificato la retorica militaristica nei confronti degli Stati Uniti e di Taiwan, che considera una ‘provincia ribelle’. Eppure, nonostante [...]
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Ucraina: si è aperta una finestra per porre fine alla guerra
Un cessate il fuoco ora, seguito da una rigorosa diplomazia potrebbe impedire che il conflitto prosegua indefinitamente
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Aumenta l'occupazione? Sì, quella avvelenata | La Fionda
«Di nuovo, in realtà, in queste forme di occupazione c’è l’espulsione del lavoro contrattato, regolamentato, stabile. Apparentemente fuori dal rapporto produttivo, appaltati per compiere una piccola mansione in un breve tempo, “prestati” a chi formalmente non è il datore di lavoro, senza relazioni sociali, politiche, sindacali, perennemente affacciati sul baratro, i cosiddetti “soci” o “collaboratori” assistono soli e impotenti all’assottigliamento di salari e tutele e i cosiddetti “imprenditori” all’evaporazione del reddito, senza riuscire a capirne le ragioni. [...]
Ci sorprende tutto questo? Ciò che talvolta non si considera è che nelle pieghe di questo massacro del lavoro ci sono anche le ceneri della sinistra. Della finta sinistra, la maggiore responsabile di questo massacro, assimilabile in tutto e per tutto alla destra filo-capitalista e liberista, ma anche di quella sinistra cinica e ondivaga, rimasta senza bussola e senza punti di riferimento. Quando manca il punto di riferimento fondamentale ogni nuovo tentativo è un vagare senza meta, sempre più fiacco, una sorta di truccata riproposizione di giochi di ruolo e di formule alchemiche senza prospettiva.
ll nodo centrale di qualsiasi piattaforma di sinistra non può che essere la riapertura della conflittualità, in virtù del riconoscimento e con esso del rovesciamento del lavoro salariato, ricattato, umiliato, sottopagato, precarizzato, pena il confinamento all’impotenza, determinata dall’impossibilità di spostare i rapporti di forza.»
Gaza: l’insostenibilità del conflitto perpetuo
Tra morte e distruzione, l'ultimo conflitto a Gaza mette in luce la profondità della sua crisi umanitaria
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Putin ha costretto gli ucraini a considerare la cultura russa un’arma di guerra
L’invasione russa dell’Ucraina ha amplificato il dibattito in corso sulla presenza culturale della Russia nella società ucraina e ha accelerato gli sforzi per rimuovere le vestigia del passato imperiale. Alcuni intellettuali russi hanno espresso preoccupazione per la presa di mira della cultura russa in Ucraina, con l’autore Mikhail Shishkin che è arrivato al punto di [...]
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Il mito di Marilyn Monroe
60 anni fa, la notte fra il 4 e il 5 agosto del 1962, nel suo bungalow di Brentwood (Los Angeles) veniva scoperto il corpo inerte di Norma Jeane Mortenson, nome d’arte Marilyn Monroe, attrice, cantante, modella e produttrice cinematografica statunitense, tra le più celebri attrici della storia del cinema. Un mito allora, un mito ancora [...]
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Gaza: “con le armi falciamo il prato, con la burocrazia li teniamo al guinzaglio”
di Eliana Riva –
Pagine Esteri, 9 agosto 2022 – “Penso che la parte più significativa dell’occupazione [israeliana] sia l’oppressione burocratica, quella con cui hai a che fare quando hai bisogno dei permessi di costruzione, quella che te lo toglie il permesso, e ciò significa che la tua casa verrà distrutta. Oppure che ti vieta di vedere la tua famiglia perché il permesso non è quello giusto. È una forma di oppressione burocratica. Non voglio dire che sia il lato peggiore dell’occupazione, ma fa parte dell’occupazione, dell’oppressione burocratica e io ho visto quanto sia ridicolo tutto questo. […] Perché neghiamo [ai palestinesi] i permessi? Perché gli stiamo rendendo così difficile ottenere medicine? Perché gli stiamo rendendo difficile procurarsi il cibo?”
Lunedì 1 agosto l’organizzazione israeliana Breaking the silence, ha pubblicato il fascicolo dal titolo Military Rule. Testimonianze di militari dell’Amministrazione Civile. Al suo interno una numerosa raccolta di esperienze di soldati israeliani impiegati nella Civil Administration, un organo militare israeliano che controlla ogni aspetto della vita civile dei palestinesi dei Territori Occupati della Cisgiordania.
Insieme al Gaza District Coordination e al Liaison Office, tutti subordinati al COGAT (l’Ente di coordinamento delle attività di governo nei Territori Palestinesi), la Civil Administration gestisce e controlla, tra le altre cose, il rilascio dei permessi di spostamento (per motivi di lavoro, salute e altro) dei palestinesi, l’import e l’export dei beni (inclusi quelli di prima necessità), l’utilizzo delle risorse naturali, i permessi di costruzione delle infrastrutture civili.
Il fascicolo richiama l’interesse sulle dinamiche interne agli uffici e ai regolamenti dell’Amministrazione Civile dei Territori, dinamiche che hanno un fortissimo impatto sulla vita quotidiana dei palestinesi e che replicano i principi di subalternità, discriminazione, umiliazione e controllo tipici delle situazioni di dominio di un popolo su un altro.
Breaking the silence si occupa di raccogliere le esperienze dei soldati israeliani che, spesso giovanissimi, si trovano a gestire e controllare ogni aspetto della vita quotidiana di un’intera popolazione. ONG istituita da veterani dell’IDF (le forze armate israeliane), per quasi 20 anni ha dato ai soldati congedati l’opportunità di raccontare le loro esperienzemantenendo l’anonimato, mostrando all’opinione pubblica israeliana un’immagine cruda della gestione quotidiana dell’occupazione. In Military Rule per la prima volta sono state raccolte le testimonianze di ex militari che hanno prestato servizio, negli ultimi dieci anni, negli uffici del COGAT.
Raccontano le umiliazioni continue subite dai palestinesi risucchiati dal vortice delle richieste dei continui e numerosi permessi, il potere assoluto e arbitrario dei soldati agli sportelli, la subalternità spesso mortificante delle forze di sicurezza palestinesi, l’autorità suprema del movimento dei coloni, il sistema generale di oppressione.
C’è un ragazzo che si chiama Nijam. È palestinese. La sua casa è praticamente in mezzo al nulla ma si è trovata, ad un certo punto, sul lato israeliano [della barriera di separazione], che è vicino a Giv’on (un insediamento israeliano). Questo tizio per entrare in casa deve chiamare il centro operativo [israeliano] che deve aprire il cancello per farlo entrare. Non ha alcun controllo sul cancello che apre e chiude la sua casa. Deve chiamare il centro operativo.
Cosa intendi?
La sua casa è dalla parte israeliana. La sua casa è recintata.
Ok.
Non se ne è andato da lì. È stata costruita la recinzione e quindi hanno recintato anche lui. Invece di dargli semplicemente la cittadinanza, o lasciarlo stare. Nijam Faqia, mi pare sia questo il suo nome. Quindi chiama il centro operativo ogni mattina e dice “Ciao, sono Nijam, voglio entrare a casa mia”. Il centro operativo chiama poi gli agenti di polizia di frontiera della zona che gli aprono il cancello. Pazzesco.
Quante volte?
Una, due volte al giorno.
La gestione dell’amministrazione dei distretti dei Territori Occupati e Gaza dimostra piena coerenza con la gestione militare dell’occupazione. “È impossibile comprendere l’occupazione israeliana senza mettere sotto i riflettori queste unità governative – spiega Breaking the silence – e nonostante ciò ricevono pochissima attenzione pubblica, sia dentro che fuori da Israele e la loro attività raramente è stata oggetto di inchieste indipendenti”.
Coda per accedere allo sportello del DCL
Il regime dei permessi
Il DCL (District Coordination and Liaison office) è l’ente di coordinamento e collegamento distrettuale. I suoi uffici sono sparsi in tutta la Cisgiordania. Le responsabilità del DCL includono il coordinamento e il collegamento con l’Autorità Nazionale Palestinese, il rilascio di permessi per la popolazione palestinese, il controllo delle forze dell’ordine e la supervisione delle costruzioni e delle infrastrutture (acqua, elettricità, strade, ecc.) nella regione di competenza. Nella maggior parte dei casi, lo sportello al quale si rivolgono i palestinesi per presentare domande e richiedere permessi si trova all’interno delle strutture del DCL. I permessi di ingresso in Israele servono per poter lavorare, per poter vedere le proprie famiglie, per poter visitare i luoghi sacri in occasione delle festività religiose e per tanto altro.
Uno dei compiti del DCL è il rilascio delle carte magnetiche ai palestinesi. Ne hanno bisogno per passare attraverso i valichi e per richiedere un permesso di ingresso in Israele. Sono stato allo sportello per un mese e in questo mese è capitato un sacco di volte che le stampanti non funzionavano, un sacco di volte che i computer si sono fermati. Non è una cosa importante per i soldati. Ci sono 100 palestinesi seduti in una stanza, le stampanti hanno smesso di funzionare ma non c’è nervosismo. Se funziona funziona, se non funziona la gente torna domani. Una o due volte è capitato che, dopo alcuni problemi con le stampanti, i soldati hanno detto a tutti: “Chiudiamo alle quattro e mezza” non alle cinque, che è la solita ora. Cosa importa? Le persone possono tornare domani. Alcune volte le persone vengono e aspettano dalle due alle tre ore per ottenere la carta magnetica, e alla fine non la ottengono e gli viene semplicemente detto: “Torna domani alle otto e mezza”. A volte arrivi alle 100 persone, e basta, “Abbiamo raggiunto le 100”, non è importante fare molto di più. Non esiste un limite massimo, ma 100 è l’obiettivo minimo quindi se lo raggiungono pensano che hanno già fatto tutto quello che dovevano fare.
All’interno del fascicolo sono riportate alcune delle testimonianze dei residenti di Gazaraccolte da Gisha, una organizzazione israeliana senza scopo di lucro che si occupa di misurare la libertà di movimento dei palestinesi nei Territori Occupati e a Gaza. Gisha ha pubblicato le interviste all’interno di un resoconto dal titolo “Il regime dei permessi”, in cui i residenti della Striscia raccontano episodi di violenza e sopraffazione legati al rilascio delle autorizzazioni da parte dello stato occupante.
Solo pochi giorni fa una ricerca di un’altra organizzazione israeliana, Physicians for Human Rights– Israele, ha dimostrato la dipendenza quasi totale della sanità a Gaza dal regime dei permessi in Israele. Mentre Save the Children denunciava nel 2020 le morti causate dal ritardo del rilascio dei permessi di spostamento per malattie per i bambini e le bambine palestinesi.
Una testimonianza soprattutto, tra le centinaia, assume un significato macabro, che diventa particolarmente raccapricciante in questi giorni in cui si sta ancora dando sepoltura ai morti palestinesi determinati da un nuovo attacco militare israeliano (l’operazione denominata Breaking dawn) sulla Striscia di Gaza. Il tenente intervistato ammette di aver provato sollievo alla notizia di essere stato assegnato agli uffici amministrativi, perché avrebbe così evitato di partecipare a operazioni militari sul campo. Ma dopo alcuni mesi si accorge che quella violenza da cui credeva di essere fuggito in realtà lo circondava, diversa di aspetto ma profondamente affine.
Ero felice [di lavorare al COGAT], di non essere coinvolto in qualcosa che mi costringesse a combattere. Non volevo essere violento.
E la vedi diversamente oggi?
Assolutamente sì. Penso che sia diversa dalla violenza di cui siamo abituati a sentire parlare, la violenza al posto di blocco o i soldati che abusano dei palestinesi. Ma è un diverso tipo di violenza. È violenza burocratica. Usiamo molta violenza contro Gaza. Durante gli attacchi usiamo molta violenza, seminiamo distruzione e questo fa parte della stessa strategia. Ora vedo [quegli attacchi] come se servissero a “falciare il prato” ogni pochi anni, e nel frattempo gli abitanti di Gaza devono essere tenuti a guinzaglio molto corto, non dobbiamo permettere loro troppe uscite ed entrate, non è loro permesso di fare molte cose che noi diamo per scontate, come poter pescare dove vogliamo, o essere in grado di volare. È una prigione”.
Le testimonianze rilasciate a Breaking the silence dai soldati occupati a raccogliere agli sportelli le richieste dei palestinesi, rivelano che la revoca dei permessi di spostamento viene spesso utilizzata dagli organi preposti come misura di punizione collettiva. Che gli stessi soldati possono decidere in maniera soggettiva e capricciosa a chi concedere i permessi e a chi no. Che se arrestano un palestinese che vive nel tuo stesso palazzo, il permesso ti viene revocato.
Gli israeliani agli sportelli quasi mai parlano l’arabo, se non quello base appreso al corso di preparazione. E i palestinesi, anche anziani e anziane, che non conoscono l’ebraico o l’inglese sono non di rado umiliati e a volte mandati via nonostante abbiano atteso ore per essere ascoltati.
E poi lui (il soldato) gli dice (al palestinese), “va bene, vattene da qui, prendi un nuovo numero, non voglio parlarti”, nella speranza che alla fine finiscano con qualcun altro. Sì, ci sono soldati molto crudeli allo sportello. Come ho detto, è potere, ed è ciò che il potere fa a una persona. In questo caso è divertente, perché in altre situazioni non hai alcun potere. Quando arrivi in un posto dove i coloni hanno bruciato il campo di qualcuno, non hai potere lì. Ma allo sportello sì.
I veterani hanno testimoniato che i permessi vengono utilizzati anche per mettere fine agli scioperi della fame, elemento di cui ha scritto lungamente il quotidiano israeliano Hareetz.
Coda all’entrata del checkpoint
Le forze di sicurezza palestinesi
Le forze di sicurezza palestinesi devono concordare ogni più piccolo movimento con il COGAT. Il loro stesso equipaggiamento, la quantità di armi che indossano viene decisa da Israele, i cui organi amministrativi devono firmarne i permessi. Non solo. Prima di un attacco ad un’abitazione palestinese, prima che i militari israeliani irrompano in una civile abitazione nei Territori Occupati, viene fatta comunicazione alle forze di sicurezza palestinesi: i poliziotti hanno pochi minuti per lasciare le strade e la zona circostante e ritirarsi nelle proprie caserme. “La realtà – in cui i poliziotti palestinesi si affrettano a nascondersi nelle loro roccaforti poco prima che i soldati israeliani irrompano nella casa di una famiglia, puntando fucili contro donne e bambini che si sono appena svegliati – è umiliante. Mortalmente umiliante è vietare alla sicurezza palestinese di difendere il proprio popolonon solo dai soldati ma anche dai civili israeliani che attaccano i palestinesi nei loro campi e frutteti, nelle lore case e quando sono fuori a pascolare le proprie mandrie. Il rispetto da parte dell’Autorità Palestinese di questo divieto è umiliante. Non si fanno vedere se non siamo noi a dirglielo… Anche se non si ha a che fare con i coloni, anche se sono senza uniformi e senza armi, anche se devono indagare solo su un incidente d’auto: devono comunque coordinarlo con Israele” (Haaretz).
Demolizione di una struttura agricola
Il potere dei coloni
Dalle testimonianze emerge che non solo alle forze di sicurezza palestinesi è vietato intervenire (o anche solo essere presenti) all’occupazione di terre palestinesi da parte dei coloni israeliani e dei movimenti politici a loro collegati. Persino ai militari israeliani è spesso vietata la presenza. E quando ci sono non hanno il permesso di alzare un dito contro i coloni. Seguendo lo stesso principio di annessione, le amministrazioni civili sono ben propense ad accettare lo spostamento di risorse naturali, come l’acqua, togliendole ai villaggi palestinesi per darle alle colonie israeliane.
Persino la scelta di quali case palestinesi demolire è guidata dalle pressioni del movimento dei coloni, seppure gli insediamenti israeliani nei Territori Palestinesi Occupati (lo ricordiamo per dovere di cronaca nonostante la storia ne abbia purtroppo decretato l’inutilità in assenza di regime punitivo) siano illegali per il diritto internazionale.
Come si decide cosa demolire?Ci sono così tante costruzioni abusive, perché demolire una casa e non un’altra?
Guarda una mappa delle demolizioni e potrai constatare che demoliscono le case vicine a un insediamento. Ci sono molti Khirbes (piccoli villaggi palestinesi) sulle colline meridionali di Hebron, ci sono così tanti villaggi illegali nell’Area C tra le colline meridionali di Hebron ma vengono demolite a Susiya o al-Tuwani. È una questione politica.
Raccolta e accesso ai dati riservati
Nella sua testimonianza rilasciata a Breaking the silence, una ex ufficiale addetta al COGAT scrive quanto fosse per gli israeliani importante ottenere notizie e dati sui palestinesi e quanto fosse facile accedervi:
Ci sono dei software che raccolgono diversi tipi di informazioni sui residenti palestinesi, in modo che possiamo tenere traccia dei loro movimenti. Quando digiti il numero d’identità o il nome di qualcuno, hai immediatamente richiamato tutto il suo privato. Posso scansionare il viso della persona o il codice a barre che si trova sulla smartcard. Basta questo per recuperare le informazioni. I loro nomi completi, i parenti – fratelli, sorelle, mamma, papà, nonno, nonna, cugini, cugini di secondo grado, luogo di residenza, il tipo di permesso che hanno in base al settore in cui lavorano, che checkpoint possono attraversare, quali hanno attraversato, qual è stato il loro ultimo viaggio – significa l’ultima volta che hanno attraversato un posto di blocco e in che direzione stavano andando – e se gli è stato rifiutato l’ingresso, e la causa dei rifiuti che hanno ricevuto. E poi, ovviamente, tutto ciò che è legato alla loro storia. Durante il corso ci hanno anche insegnato come si può bloccare il permesso. E questo può accadere per molti motivi. Può essere bloccato dalla polizia israeliana o dallo Shin Bet. L’ingresso può essere rifiutato se si è coinvolti in attività criminali, se si è ricercati dall’Autorità Palestinese, dalla polizia israeliana. Ma anche se si hanno familiari che sono criminali o sospetti terroristi. Persino se si vive nello stesso edificio di qualcuno che è stato condannato o sospettato di essere coinvolto in attività terroristiche: questo è un altro modo in cui i palestinesi vengono puniti collettivamente dall’esercito israeliano. È completamente fuori dal loro controllo, basta solo che si trovino in una situazione in cui un membro della famiglia o un amico o qualcuno nel loro edificio sia coinvolto in attività che Israele considera terroristiche. In che modo a palestinesi innocenti è stata cambiata la vita: negandogli la libertà di movimento.
***
A volte in ufficio mi annoiavo, quindi scrivevo un numero a caso nella ricerca degli ID dei palestinesi e guardavo cosa usciva fuori. Potevo vedere tutto delle loro vite: famiglie, dettagli degli spostamenti, del loro lavoro.
La pubblicazione delle testimonianze ha avuto una certa eco sulla stampa israeliana e internazionale. Il quotidiano israeliano Haaretz ha scritto che “il fattore dell’umiliazione è un altro dei mezzi utilizzati dal governo ostile di una giunta militare. Si legge dentro e tra le righe del fascicolo [di Breaking the silence], nell’arabo stentato pronunciato dai soldati agli sportelli di accoglienza per i palestinesi, il trattamento sprezzante anche nei confronti di chi è vecchio quanto i loro nonni e le loro nonne: nell’assegnare acqua ai coloni a spese di una comunità palestinese, nella revoca all’ingrosso dei permessi di movimento. L’umiliazione dell’altro è parte inseparabile della violenza burocratica – assassina dell’anima, del tempo e della speranza – che noi ebrei israeliani, essendo gli espropriatori di un popolo della sua terra, abbiamo trasformato in una forma d’arte. Usiamo il potere degli editti che abbiamo composto, le leggi, le procedure e le sentenze di onorevoli giudici per abusare continuamente delle altre persone. L’Amministrazione Civile non ha inventato il sistema, ma è la punta di diamante e la lancia di questa violenza burocratica”.
Il quotidiano inglese The Guardian ha scritto che “il sistema tentacolare del governo militare creato dall’occupazione israeliana della Cisgiordania e della Striscia di Gaza è un mondo che israeliani stanno conoscendo per la prima volta, dopo la pubblicazione di testimonianze di veterani che denunciano il regime dei permessi che governa il popolo e la terra palestinesi”.
In un comunicato stampa il COGAT ha risposto alle testimonianze raccolte da Breaking the silence affermando che non esistono dubbi sull’integrità dell’organizzazione e del suo staff e che casi di violazione delle procedure sono delle eccezioni e non riflettono le pratiche della Civil Administration. Pagine Esteri
L'articolo Gaza: “con le armi falciamo il prato, con la burocrazia li teniamo al guinzaglio” proviene da Pagine Esteri.
Ucciso da droni Usa il capo di Al Qaeda Ayman al Zawahiri
della redazione
(Ayman al Zawahiri e Osama bin Laden nella foto di Wikimedia Commons)
Pagine Esteri, 2 agosto 2022 – Il leader di Al Qaeda, Ayman al Zawahiri, è stato ucciso durante un raid aereo condotto dalla Cia con alcuni droni a Kabul, in Afghanistan, domenica 31 luglio. La notizia data inizialmente dai media Usa è stata confermata dal portavoce dei Talebani al potere in Afghanistan, Zabiullah Mujahid. Il raid è avvenuto nel quartiere di Sherpur, nel centro della capitale afghana e ha avuto come bersaglio una abitazione residenziale. Zawahiri, egiziano, medico e uno dei capi del Jihad nel suo paese durante gli anni ’80, aveva preso la guida di Al Qaeda in seguito all’assassinio di Osama bin Laden il 2 maggio 2011 ad Abbottabad, in Pakistan, sempre da parte degli Usa. Con ogni probabilità sarà sostituito da Saif al-Adel, uno dei leader di Al Qaeda sin dai suoi primi giorni.
L’attacco di droni è il primo condotto dagli Usa in Afghanistan dopo quello di un anno fa durante il ritiro americano dal Paese in cui furono uccisi 10 civili a Kabul. I Talebani hanno condannato il raid affermando che è una violazione delle intese di Doha firmate con gli Stati Uniti che prevedevano il ritiro di tutte le forze americane dall’Afghanistan. Le intese comprendevano anche l’impegno degli islamisti di impedire ad Al Qaeda di utilizzare di nuovo il suolo afghano per pianificare attacchi ma non l’espulsione di Al Qaeda.
Nel 2001, Zawahiri, come Osama bin Laden, era fuggito dalle forze statunitensi di occupazione dell’Afghanistan e dove si trovasse è rimasto un mistero. Braccio destro di bin Laden ai tempi dell’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, il medico egiziano in tutti questi anni ha continuato nell’ombra a guidare l’organizzazione. Figura meno carismatica di bin Laden, considerato il “teorico” di Al Qaeda, Zawahiri ha dovuto fare i conti non solo con la caccia che gli Usa gli hanno dato per oltre venti anni ma anche con la scissione interna che ha dato vita all’Isis, lo Stato islamico, in sfida diretta alla sua autorità.
Sulla sua uccisione è intervenuto qualche ora fa Joe Biden. “Ora giustizia è fatta – ha detto il presidente americano – e il mondo non dovrà più temere questo pericoloso terrorista: ancora una volta, abbiamo dimostrato di essere capaci e determinati a difendere i nostri cittadini da chi vuole farci del male”. Biden ha spiegato che la Cia aveva localizzato Zawahiri quest’anno, dopo che si era spostato a Kabul, in Afghanistan, per riunirsi con i suoi familiari. “Dopo attente valutazioni e verifiche, ho autorizzato la sua eliminazione: l’operazione è stata un successo, senza vittime tra i suoi familiari o altri civili”, ha detto Biden, aggiungendo che gli Stati uniti continueranno “a vigilare, e a fare tutto il necessario per proteggere i nostri cittadini in patria e in tutto il mondo”. Pagine Esteri
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Frammenti #03 - 9 agosto 2022
Roomba e “home as a service”
In questi giorni Amazon ha annunciato di voler acquistare per 1.7 miliardi di dollari iRobot Corp., l’azienda che produce il famoso Roomba, il robottino che da anni pulisce la casa di milioni di persone (e non bisogna neanche pagargli i contributi).
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Perché Amazon vorrebbe spendere una somma così enorme per acquistare un’azienda che produce elettrodomestici? Il motivo possiamo trovarlo in un’affermazione del CEO di iRobot:
“The vacuum cleaners and the other devices are hands and eyes and appendages of the home robot. Ultimately, this smart home of the future isn’t controlled by you cell phone. If you have 200 devices, you’re not going to turn them on by pulling out your cell phone. We need a home that programs itself, and you just live in your home, and the home does the right thing based on understanding what’s going on.”
Il Roomba, e molti altri ingegni della robotica, non sono più semplici elettrodomestici, ma appendici di un ecosistema informativo molto più ampio, che andrà a definire le “smart home” del prossimo futuro: una casa che vive nel Cloud, con aggiornamenti software, bug fixes, e sistemi decisionali automatizzati che - in teoria - dovrebbero renderci la vita più confortevole.
I dati sono ovviamente la linfa vitale di un ecosistema del genere, ed ecco allora che il Roomba (e altri dispositivi) diventano gli occhi e le orecchie di centinaia di aziende che forniscono i servizi necessari a far funzionare il tutto. Il Roomba non si limiterà a pulire, ma fornirà una scansione in tempo reale e sempre aggiornata della nostra casa, che magari poi potrà essere usata per suggerirci e venderci miglioramenti, rinnovamenti e tanto altro. Insomma, un’altra dimensione della profilazione e dell’advertising.
A questo deve aggiungersi poi una questione etica, che si collega al movimento progressista del “Great Reset”: che succede quando la nostra casa diventa un servizio in Cloud? Che succede quando ciò di cui prima potevamo disporre in quanto proprietari di una casa e dei mobili ed elettrodomestici che la compongono diventa invece un agglomerato di servizi ad abbonamento?
You’ll own nothing and you’ll be happy, dicevano.
Quando tutto sarà un servizio in abbonamento, quando anche la casa diventerà “home as a service”, potremo davvero dire di essere proprietari e liberi di disporre dei nostri beni? Il discorso non vale solo per le case, ma anche e soprattutto per le città in cui viviamo, che qualcuno vorrebbe far diventare “smart” allo stesso modo.
Quanti di voi hanno un Roomba?
INPS, INAIL e ISTAT formano una software house
Pare che nel 2023 INPS, INAIL e ISTAT si metteranno insieme con le rispettive competenze (?) per creare una software house che promette di fatturare 1 miliardo di euro fin dal primo anno (facile così).
La software house fornirà servizi ai tre enti, a Palazzo Chigi e al Ministero del Lavoro. Su un articolo di Wired si legge che:
“Ogni servizio che i governi ci chiedono di implementare deve essere progettato guardando all'esperienza utente, che sia cittadino, azienda o intermediario. Puntiamo alla omnicanalità: diamo la possibilità di scegliere le modalità di accesso, digitale, via app o agli sportelli, grazie anche alla forte collaborazione con i patronati e i commercialisti. Con la pandemia ci siamo resi conto di non essere il centro del mondo e che servono sinergie forti per dare le giuste risposte perché il vero servizio digitale non lo può fare una sola amministrazione”.
Lo scopo sarà quindi riunire i sistemi software dei tre enti per migliorare l’efficienza. La principale implicazione di tutto questo è che la neonata software house 3-I sarà un soggetto accentratore e aggregatore di miliardi di dati che oggi viaggiano su binari separati tra INPS, INAIL e ISTAT e spesso vengono trattati da soggetti esterni.
L’accentramento di dati, specie nelle mani dello Stato, non è mai una buona idea; si creano rilevanti asimmetrie informative e (quindi) di potere e aumentano i rischi di utilizzo secondario dei dati, grazie alla maggiore disponibilità degli stessi da parte di un singolo accentratore. È ciò che ha fatto la fortuna di Google e Facebook, ed è il motivo per cui oggi godono di tale potere economico e politico. Non vedo per quale motivo gli stessi principi non debbano valere nei confronti dello Stato.
Oltre a questo evidente rischio, la rinnovata efficienza sarà senza dubbio un ottimo pretesto per centralizzare e uniformare tutti i sistemi statali, a partire proprio dai sistemi di erogazione dei bonus e servizi di welfare statale. Colao ne parlava qualche settimana fa, collegandoli alla necessità di sviluppare un sistema di identità digitale nazionale.
Credo quindi che la nuova software house sia una scelta strategica molto precisa per mettere in atto una rivoluzione digitale statale ben più ampia di ciò che passa negli articoli di giornale, che ci porterà sempre più vicini verso identità digitale e poi social scoring.
Meme del giorno
Citazione del giorno
“The smallest minority on earth is the individual. Those who deny individual rights cannot claim to be defenders of minorities.”
― Ayn Rand
Stati Uniti – Israele: accomunati da un insolito vizietto nel nero mare d’agosto
Non accusati, non processati, non condannati: uccisi. E' la fine che da Gaza all'Afghanistan attende i 'nemici' di Washington e Tel Aviv (non Gerusalemme, prego)
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L’infaticabile Emmanuel ZIMMERT ha appena aggiunto due nuove app online ai servizi liberi di La Digitale: si tratta di Digicut e Digitranscode.
Il primo permette di tagliare un estratto da un file audio o video utilizzando il solo browser,
il secondo permette di convertire file audio e video in diversi formati, sempre dal browser.
L’interfaccia è solo in francese, ma i comandi sono talmente semplici che sono comprensibili anche in questa lingua, si parte sempre dalla scelta di un file sul nostro computer (Sélectionner un fichier).
Per festeggiare questa doppia uscita agostana ecco una traduzione a/al caldo delle due brevi guide all’uso. I due documenti sono distribuiti con licenza Creative Commons BY-NC-SA.
I testi originali si trovano qui:
ladigitale.dev/blog/digicut-po…
ladigitale.dev/blog/digitransc… e
È sempre bene ricordare che gli strumenti di La Digitale sono messi a disposizione gratuitamente e sono finanziati in modo partecipativo, è possibile sostenere il progetto utilizzando questa pagina: opencollective.com/ladigitale
Digicut, per tagliare un estratto da un file audio o video
di EZ
5 agosto 2022 - 3 minuti
Digicut è un'applicazione online che permette di tagliare un estratto da un file audio (.mp3, .wav, .m4a, .ogg, .flac, .aac, .wma) o da un video (.wmv, .avi , . webm, .mkv, .ogm, .mp4, .m4v, .mov, .flv) in diversi formati.
I file vengono elaborati localmente nel browser e non vengono caricati sul server La Digitale.
L'operazione è molto semplice: basta navigare all'interno del file e cliccare sui pulsanti Définir début (Imposta inizio) e Définir fin (Imposta fine) negli orari definiti per indicare i punti di inizio e fine dell'estratto.
Per i video sono disponibili due impostazioni aggiuntive:
• la possibilità di effettuare catture in formato jpeg (pulsante con l'icona della fotocamera a destra del pulsante Estrai);
• la possibilità di salvare l'estratto con la massima precisione: l'elaborazione è molto più lenta, ma risolve i problemi di schermata nera all'inizio o alla fine dell'estratto.
Digitranscode, per convertire file audio e video
di EZ
5 agosto 2022 - 3 minuti
Digitranscode è un'applicazione online che converte file audio (.mp3, .wav, .m4a, .ogg, .flac, .aac, .wma) e video (.wmv, .avi, .webm, .mkv, .ogm, .mp4, .m4v, .mov, .flv) in diversi formati.
I file vengono elaborati localmente nel browser e non vengono caricati sul server di La Digitale.
Lo strumento offre anche impostazioni per ottimizzare le dimensioni dei file.
Per l'audio:
• qualità (velocità di trasmissione dati in Kb al secondo): 96 / 128 /192 / 256
• la frequenza di campionamento (in Hz): 22050 / 44100 / 48000
• il numero di canali: mono (1 canale) / stereo (2 canali)
• il formato di uscita: mp3, ogg, aac, m4a
Ad esempio, per ottimizzare un file audio con voce per la pubblicazione online: 96 o 128 kb/s / 44100 Hz / mono / ogg o mp3.
Per il video:
• qualità (bit rate video in Kb al secondo): qualità originale / da 1000 a 3000
• risoluzione (in pixel): risoluzione originale / 640x480 (SD) / 1280x720 (HD) / 1920x1080 (Full HD)
• il formato di uscita: mp4, webm, mkv, mov
Lo strumento consente anche di estrarre da un video la traccia audio in formato mp3 o di rimuovere la traccia audio dal file transcodificato.
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Kenya: al voto per un cambiamento impossibile
Economia al centro dell'attenzione, con i giovani orfani di programmi di lavoro. La voglia di cambiare è svanita
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Lo strano casu del Fiore sardo, il formaggio artigianale prodotto da caseifici industriali
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L’insicurezza energetica e alimentare sopravviverà alla guerra in Ucraina
È molto probabile che un regime di prezzi elevati del petrolio persista nel medio termine (cioè nei prossimi anni) con sanzioni ancora più severe sulla fornitura di petrolio, carbone e prodotti petroliferi russi. Ugualmente colpita dalla guerra è la produzione e la fornitura di grano, mais, orzo e olio commestibile dall’Ucraina. Una prospettiva a lungo [...]
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La visita di Pelosi potrebbe far deragliare il compromesso USA-Cina su Taiwan
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Ucraina, Taiwan e Iran: la crisi a tre fronti che Biden deve evitare
Gli americani sono stanchi, in disaccordo con se stessi e incapaci di gestire più intrecci stranieri, tanto meno la catastrofe su tre fronti che incombe davanti a noi. Eppure eccoci qui, con gli Stati Uniti che potrebbero affrontare una guerra prolungata in Ucraina che rischia di degenerare in un confronto diretto USA-Russia, il crollo dell’accordo [...]
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Purtroppo la sua più grande forza sta nella quantità di utenti ridicolmente alta che possiede. Nom usando instagram a volte me lo scordo, ma è il biglietto da visita/vetrina della maggior parte delle persone, giovani soprattutto.
Quando ci si conosce ci si aggiunge su instagram, se ti piace il tipo/a assedi il suo account e guardi le storie ecc.
Per cui sì, può fare schifo e permettersi di farlo.
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giuglionasi
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