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Il Vietnam osserva l’espansione della Cina in Cambogia


Nel giugno 2022, diversi resoconti dei media hanno annunciato che la Cina stava aprendo una base militare presso la base navale cambogiana di Ream, situata all’estremità meridionale della Cambogia, vicino alle acque contese del Mar Cinese Meridionale. La Cambogia ha già utilizzato i finanziamenti cinesi per modernizzare ed espandere la base navale di Ream. I [...]

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Il progetto di monitoraggio di InformaPirata sulla presenza dei temi digitali nei programmi dei partiti per le elezioni politiche 2022


Si apre oggi un progetto di monitoraggio sulla presenza del tema dei diritti digitali nei programmi elettorali per le #elezioni2022. E, sia chiaro, abbiamo bisogno del vostro aiuto!

Tutti parlano di digitalizzazione, ma cosa c’è all’interno dei programmi delle forze politiche? Ora che sono stati depositati i simboli delle liste che verranno presentate alle elezioni, avvieremo un monitoraggio sui programmi politici. Lo faremo aprendo un post su feddit.it, per fare in modo che tutti possano partecipare con il proprio contributo e attraverso il proprio punto di vista politico.

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in reply to Informa Pirata

ciao, sono nuovo del fediverso ed alcune interazioni tra piattaforme diverse ancora non mi sono chiare. Se ho capito bene posso partecipare da Mastodon al progetto, ma non ho capito come.
Se provo ad interagire da Feddit mi dice che devo fare il login.
in reply to dicaeffe

@dicaeffe puoi copiare questo link < poliverso.org/objects/0477a01e… >nella casella di ricerca di mastodon e "vedere" il post originario.
Da lì puoi commentare

PS: stiamo aggiungendo già i primi i link ai programmi elettorali

in reply to dicaeffe

@dicaeffe e comunque puoi sempre iscriverti a feddit.it anche senza indicare l'email

in reply to Informa Pirata

Il programma sintetico di "Italia Sovrana e Popolare" si trova su questa pagina.

Il relativo pdf si può scaricare da qui.



L’UE e lo scontro con Polonia per lo stato di diritto


Dopo una breve tregua tra la crisi dei rifugiati e gli effetti del conflitto nella vicina Ucraina, Bruxelles e Varsavia sono tornate sulla loro rotta di collisione sull’adesione agli standard della Polonia allo stato di diritto. Il leader del Partito Diritto e Giustizia Jaroslaw Kaczynski ha promesso che il suo partito non intraprenderà ulteriori azioni [...]

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L’invasione russa ha messo in luce i progressi dell’Ucraina nella costruzione della nazione


L’Ucraina ha compiuto enormi progressi durante i suoi tre decenni di stato indipendente. Negli ultimi mesi, la risposta straordinariamente resiliente del Paese all’invasione della Russia è servita a evidenziare quanto lontano sia arrivata l’Ucraina dai caotici primi anni dell’era post-sovietica. Questo progresso sarà sotto i riflettori il 24 agosto, quando gli ucraini celebreranno i trentun [...]

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È ora di preparare gli USA alla guerra con la Cina?


Una politica che metta gli USAe la Cina sulla strada di crescenti tensioni e conflitti diretti, rischia di intraprendere una marcia verso la follia che sarebbe ancora più distruttiva di quella che distrusse l'Europa più di un secolo fa

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Se si vuole governare, si governa dal centro


Se si vuole governare, si governa dal centro. Non dalle posizioni della Squad di Ocasio-Cortez. Il che significa che con i “mostri” - come Manchin, come Sinema, come Renzi, come Calenda - bisogna fare i conti. Perché senza i mostri non c’è nessuna big ten

Prima di lasciarvi all’inedito inizio del campionato, alle gite, alle grigliate e ai pranzi in compagnia di questo strano Ferragosto elettorale, vi dico la mia sulla rottura di Calenda con il Pd e sull’intesa Calenda-Renzi.

Per noi che avevamo promosso l’appello per una nuova alleanza riformista e liberal democratica (ed avevamo organizzato addirittura una “maratona riformista” per spiegarne le ragioni: https://www.linkiesta.it/…/la-maratona-riformista-per…/) la nascita di un Terzo polo con queste caratteristiche è una buona notizia.

In Parlamento sarà rappresentata “una componente liberal riformista ed europeista capace, si vedrà in che misura, di condizionare scelte e inclinazioni politiche in un paese – il nostro – che ha sempre fatto scarso uso di idee liberali e nel quale nuove forme di corporativismo autarchico e di massimalismo socialisteggiante attraversano sia il centrodestra sia il centrosinistra” (https://www.ilfoglio.it/…/nasce-il-terzo-polo-ed-e-una…/). Il che di questi tempi non è poco.

Naturalmente, c’è da augurarsi che non si tratti soltanto di un’alleanza elettorale o di una tregua temporanea tra Matteo Renzi e Carlo Calenda in mancanza di alternative, ma che al contrario sia “il primo passo verso la costruzione di un partito liberlademocratico europeo e atlantico in grado di offrire un’alternativa di governo alla confusione programmatica del Pd e al neo, ex, post fascismo di Fratelli d’Italia e Lega” (https://www.linkiesta.it/…/draghi-elezioni-bipopulismo…/). E ora tocca proprio a Renzi e Calenda dimostrare di saper costruire, a partire da questa alleanza, “qualcosa di nuovo, non solo tattico”.

A ben guardare, quello che è stato subito bollato come il “tradimento di Calenda” era nelle cose. Lo dico terra-terra: il Partito democratico non può diventare una sinistra moderna perché la sua gestione non è davvero contendibile, la minoranza liberal-democratica può avere solo un ruolo ancillare, di condizionamento, ma non può guidarlo. Questo è il problema. E prima o poi bisognerà farsene una ragione.

Lo ha spiegato meglio di me Michele Salvati sul Corriere della Sera (https://www.corriere.it/…/qual-vera-anima-pdil-caso). Secondo Salvati quel che è avvenuto è appunto “un altro segnale di un antico difetto di costruzione del Pd”, che “non è riuscito a creare un senso di comunità, di appartenenza e di identità forte quanto è necessario a consentire la convivenza di inevitabili differenza di opinione. Non è riuscito a creare una identità nuova, di sinistra liberale, e dunque diversa da quella delle forze politiche che confluirono nella formazione del partito: questo era l’auspicio con quale in tanti accompagnammo l’iniziativa di Veltroni” (c’ero e posso confermarlo).

E non c’è riuscito perché le forze contrarie ad un indirizzo di sinistra liberale “sono così ingranate negli equilibri interni del Pd” che prendere quella strada, procedere cioè in direzione di una sinistra liberale, non è possibile. Calenda, sottolinea Salvati, chiedeva infatti molto di più di “un accordo tecnico”: aveva in mente una “alleanza politica” e dunque “scelte che non smentissero in maniera plateale la credibilità di una coalizione politica”. Ma, come il coraggio, una identità di sinistra liberale, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare.

Messe così le cose, Calenda non poteva che imitare Guido Cavalcanti e, con un salto, andarsene. Mi è tornato infatti in mente il salto del poeta Cavalcanti, protagonista di un episodio del Decameron di Boccaccio. Per Italo Calvino, che sceglie l’agile salto improvviso del poeta-filosofo come “un simbolo augurale per l’affacciarsi al nuovo millennio”, nulla illustra meglio la sua idea che una necessaria leggerezza deve sapersi iscrivere nella vita e nella letteratura: “Guido, da lor veggendosi chiuso, prestamente disse: – Signori, voi mi potete dire a casa vostra ciò che vi piace – ;e posta la mano sopra una di quelle arche, che grandi erano, sì come colui che leggerissimo era, prese un salto e fussi gittato dall’altra parte, e sviluppatosi da loro se n’andò”.

Ma vengo ad un esempio dei nostri giorni. Per l’ala più radicale dei democratici americani, il senatore Joe Manchin del West Virginia è un rinnegato, la quinta colonna dei repubblicani, un mostro anti-ambiente al soldo delle compagnie di carbone, petrolio e gas. Insomma, peggio di Calenda e di Renzi messi insieme.

Si sa che al Senato i democratici e i repubblicani controllano 50 seggi a testa. Certo, la maggioranza ce l’hanno i democratici perché in caso di pareggio può votare anche la vicepresidente Kamala Harris. Ma serve il voto di tutti i senatori del partito, compreso Manchin.

Joe Manchin ha 74 anni, è in carica dal 2010 ed è considerato il più conservatore fra i senatori democratici. Da anni insiste sul fatto che le principali riforme devono essere concordate fra i membri di entrambi i partiti. Ma non è così facile. Gli analisti sottolineano da tempo la “polarizzazione” della politica americana e i due partiti incarnano ormai uno scontro aspro e inconciliabile fra due visioni del mondo incompatibili, che mette in discussione le normali regole democratiche. Lo stesso Trump è solo il sintomo più evidente della frattura profonda che attraversa il paese, che si è ampliata fino a diventare una minaccia per la stabilità democratica che generazioni di americani avevano dato per scontata.

Eppure, come ha sottolineato nei giorni scorsi Fareed Zakaria (https://edition.cnn.com/…/exp-gps-0731-fareeds-take), sembra proprio che, in barba ai media e sfidando l’incredulità degli esperti, Joe Biden stia riuscendo nell’impresa di “governare dal centro”, come aveva promesso in campagna elettorale (e a dire il vero fin dalla competizione tra l’ala “moderata” e quella di “sinistra”, che ha caratterizzato le primarie democratiche e ha segnato la fine, in questa stagione, del tentativo del leader radicale Bernie Sanders di spostare l’asse del partito a sinistra, su posizioni che anche in passato non hanno mai portato alla Casa bianca il partito dell’asinello).

Le prove si stanno accumulando. Il compromesso raggiunto al Senato tra il leader della maggioranza Charles E. Schumer e Joe Manchin è passato (con il sostegno dell’altra pecora nera della famiglia, la senatrice Kyrsten Sinema, fermamente posizionata nell’ala più a destra del partito) ed ora attende il via libera della Camera controllata dai democratici. Si tratta del più grande investimento federale in energia pulita mai realizzato negli Stati Uniti e, allo stesso tempo, del più grande pacchetto di riduzione del disavanzo in un decennio (secondo il Congressional Budget Office ridurrà di deficit di oltre 300 miliardi di dollari in una decina d’anni).

L’accordo si aggiunge al Chips and Science Act, che prevede enormi investimenti nella ricerca di base e nelle tecnologie essenziali (e un investimento senza precedenti per aumentare la produzione di semiconduttori e affrontare le vulnerabilità della catena di approvvigionamento); al primo intervento legislativo bipartisan sul controllo delle armi e al progetto di legge sulle infrastrutture da trilioni di dollari: una delle (mancate) promesse elettorali di Donald Trump.

Non per caso, J. Bradford DeLong, su Project Syndicate, ha parlato di una “estate dell’amore”, sul piano legislativo, per Biden: “Presi insieme questi provvedimenti sono più che sufficienti per capovolgere la narrazione relativa ai primi due anni in carica di Biden. Improvvisamente, i risultati legislativi dell’amministrazione sono passati da ‘deludenti’ a ‘oltre ogni aspettativa’”.

Insomma, Biden sta dimostrando che si può “governare dal centro”. Non come prima, ovviamente. Zakaria ricorda che quando, negli anni ’80 e ’90, il Congresso discuteva grandi progetti di legge bipartisan sulla Social Security, per riformare le tasse, aiutare gli americani con disabilità o ridurre l’inquinamento atmosferico, gli autori dei progetti di legge venivano acclamati dai media e all’interno dei loro stessi partiti. Oggi invece non si fa che ripetere che non bisogna scendere a compromessi; e resistere al “nemico” permette di raccogliere più fondi e guadagnare il sostengo degli elementi più radicali del proprio schieramento.

Infatti, nei primi anni del 2000 un grande sforzo bipartisan per affrontare la riforma dell’immigrazione si è arenato sotto i colpi degli estremisti di entrambe le parti. Il Dream Act, racconta il giornalista americano, era sostenuto da due senatori lontani ideologicamente, che tuttavia erano anche buoni amici: il democratico Edward Kennedy e il repubblicano Orrin G. Hatch. Erano tra i membri più anziani del Senato e incarnavano un vecchio modo di fare politica non più in sintonia con i tempi. La rivoluzione di Gingrich degli anni ’90 ha infatti cambiato il Partito repubblicano e la stessa Washington. E da allora il compromesso è considerato un tradimento.

Cercando di far rivivere quel vecchio modo di far politica e di governare, Biden sta andando controcorrente. Ma sorprendentemente, a piccoli (significativi) passi, sembra riuscirci. Il che rappresenterebbe davvero una rivoluzione in grado di cambiare la struttura degli incentivi e ridurre la tossicità a Washington.

Per i democratici americani c’è, inoltre, un reale spazio di crescita. Perché sono in una posizione migliore dei repubblicani per diventare un grande tent party. Come ha dimostrato uno studio di Brookings, nel 2020 “la vittoria di Biden è arrivata dai sobborghi” e quegli elettori sono verosimilmente più moderati e centristi rispetto alla base democratica. Gli elettori suburbani sembrano essere sempre più distanti dalle posizioni repubblicane su questioni come l’aborto e le armi. E sull’onda del ribaltamento della storica sentenza Roe v. Wade da parte della Corte Suprema, i sondaggi in vista delle elezioni di medio termine che prima favorivano i repubblicani sembrano ora indicare un pareggio.

Ma (e veniamo al punto che riguarda anche noi) essere un grande tent party, un partito pigliatutto, è difficile. Significa avere a che fare anche con persone con cui sei profondamente in disaccordo. Ma, spiega Zakaria, in un paese grande e diversificato con oltre 330 milioni di persone, è l’unico modo per governare. Alcuni dei più grandi successi dei democratici si sono concretizzati con quello spirito. Franklin D. Roosevelt ha rinviato l’intervento sui diritti civili per poter approvare il New Deal. Lyndon B. Johnson ha arruolato il sud segregazionista per sostenere gran parte della sua legislazione sulla Great Society. Bill Clinton dovette governare principalmente con un Congresso controllato dai repubblicani. E anche quando Barack Obama aveva la maggioranza al Congresso, ha scelto di dare la priorità all’assistenza sanitaria universale rispetto a molte altre importanti questioni sociali, incluso il matrimonio tra persone dello stesso sesso. A volte, inoltre, il compromesso può portare a risultati migliori. Ad esempio, spiega il columnist, il disegno di legge sull’immigrazione era un progetto migliore di quello che entrambe le parti avrebbero approvato in modo autonomo perché teneva conto delle preoccupazioni legittime e delle argomentazioni valide di entrambe le parti.

Senza contare che alcuni degli argomenti di Manchin erano fondati: “Sul clima, il suo punto di vista secondo cui non dovremmo porre fine definitivamente all’uso dei combustibili fossili prima di avere abbastanza tecnologie verdi su larga scala per sostituirli può darsi sia un atteggiamento interessato del senatore del West Virginia, ma è anche una lettura accurata di dove ci troviamo oggi”.

Oltretutto, è la sua risolutezza che dovrebbe sorprendere. Non sarebbe male tenere a mente infatti che Manchin rappresenta uno Stato che Trump, nel 2020, ha vinto con circa 40 punti di distacco. Bisogna pensare a Manchin come a una cartina di tornasole, dice Zakaria. Se i democratici sono in grado di tenere Manchin con loro, per definizione stanno costruendo un grande tent party, che potrebbe comprendere la maggioranza degli americani.

Del resto, anche il Pd di casa nostra nasce (ricordate?) sul presupposto che il centrosinistra, anziché limitarsi unicamente ad allargare l’alleanza mettendo insieme sigle e partiti, doveva puntare a conquistare nuovi elettori ed ampliare l’area del radicamento, scommettendo sul fatto che le propensioni degli elettori potevano mutare. Ma siamo sempre lì: per conquistare nuovi elettori bisogna cambiare. E oggi quel che occorre non è il ritorno alle antiche certezze, ma il dichiarato superamento di vecchi atteggiamenti e vecchie posizioni.

Se i democratici di casa nostra non sono in grado di tenere con loro neppure Calenda e Renzi, come possono costruire una big tent aperta alla maggioranza degli italiani? Se si vuole governare, si governa dal centro. Non dalle posizioni della Squad di Ocasio-Cortez. Il che significa che con i “mostri” – come Manchin, come Sinema, come Renzi, come Calenda – bisogna fare i conti. Perché senza i mostri non c’è nessuna big tent, c’è la vecchia sinistra di sempre. E che ciascuno vada per la propria strada è inevitabile.
Buon Ferragosto!

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Perché non possiamo fare affidamento sulla NATO per rendere di nuovo l’Europa intera


Un'Europa pericolosamente divisa e instabile, costantemente soggetta a un'escalation verso uno scontro diretto -e possibilmente nucleare- con la Russia, sarebbe un pessimo ambiente

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La sicurezza marittima nel Golfo del Bengala


L’anno 2022 segna il 30° anniversario della partnership strategica tra l’ASEAN e l’India, ma ci sono nuove opportunità per una cooperazione reciprocamente vantaggiosa. Gli stati del sud-est asiatico dovrebbero rafforzare la loro sicurezza marittima regionale cooperando con l’Iniziativa del Golfo del Bengala per la cooperazione tecnica ed economica multisettoriale (BIMSTEC), un’organizzazione internazionale che sostiene la [...]

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Afghanistan un anno dopo: l’’oltre l’orizzonte’ normalizzerà le guerre infinite?


Quando il 31 agosto 2021 il Presidente Joe Biden ha annunciato che la guerra in Afghanistan era finita, ha anche sottolineato che l’uso della forza da parte degli Stati Uniti nella regione sarebbe continuato. “Semplicemente non abbiamo bisogno di combattere una guerra di terra per farlo”, ha spiegato. “Abbiamo quelle che vengono chiamate capacità oltre [...]

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Piero Angela e la ‘scienza per tutti’ in tv


Tutto quello che ho per difendermi è l’alfabeto; è quanto mi hanno dato al posto di un fucile (Philip Roth) “Mi spiace non essere più con voi, ma anche la natura ha i suoi ritmi”. Che cosa puoi argomentare di un uomo la cui profondità e sensibilità rileva da queste poche parole scritte al rintoccare [...]

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Nicola Chiaromonte – Lo spettatore critico


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La cultura è l’unica cosa che ci salverà.


Per tutti quelli che si scandalizzano per Roberto Fiore (dichiarato fascista) candidato per Forza Nuova alle #elezionipolitiche2022 lo può fare perché siamo in uno stato…

Per tutti quelli che si scandalizzano per Roberto Fiore (dichiarato fascista) candidato per Forza Nuova alle #elezionipolitiche2022 lo può fare perché siamo in uno stato democratico.
Fascista Roberto Fiore - candidato elezioni 2022 per Forza NuovaFascista Roberto Fiore – candidato elezioni 2022 per Forza Nuova
Anche se nel 1985 è stato condannato per il reato di associazione sovversiva e banda armata e rifugiato politico a Londra affiliato al MI6 confutato dalla Commissione Europea d’inchiesta su razzismo e xenofobia, oggi sta scontando quelle pene per cui era stato condannato per l’assalto alla CGIL di Roma.

Ci riempiamo di sempre nuove sovrastrutture (normative, ideologiche, giudiziarie) per cercare di mettere un filtro, fermare, combattere, bloccare la frangia (neo) fascista.

Mentre dall’altra parte ci sono personaggi che sanno che per il sistema democratico possono permettersi di esprimere la “propria opinione” facendo il gioco di un certo tipo di propaganda.

Ricordiamo su questo la #matrice della Meloni come esempio su tutti.

Quelle sovrastrutture non hanno senso d’esistere se non complementari all’unica vera soluzione: lavorare sulla cultura, sul lato culturale. Senza la conoscenza e la sua condivisione, la propaganda (il ripetere un concetto fino a renderlo vero) attecchirà sempre nonostante tutti gli escamotage creati.

Un esempio? La legge sull’apologia di fascismo, sentenze, assoluzioni e fatti che non sussistono. (fonte: it.wikipedia.org/wiki/Apologia… )

Questo si allinea anche sull’andamento di un’Italia che vede un degrado culturale in crescita sia dal punto di vista prettamente individuale (quanti libri legge una persona anche solo per diletto? quanti si fermano solo al titolo di un articolo di giornale?) o che si parli di strutture e centri di cultura martoriati da una governance sempre più propensa al capitalismo, al benessere come obiettivi elettorali da regalare ai votanti sgretolando le realtà che promuovono la cultura (da qualche parte bisogna prendere le risorse, nulla si crea, nulla si distrugge… è fisica)

Se le campagne elettorali sono sempre più estreme, a partire dai loghi elettorali, alzano sempre più slogan dalle parole più simili a televendite che a proposte potenzialmente realiste, è perché nella corsa spasmodica della ricerca di consenso, anche fosse per un unico voto in più, ormai si è compromesso anche quel poco di integrità morale che si poteva mantenere fino a qualche tempo fa.

Un esempio? Non è colpa della pandemia se va tutto male.

Altro che “andrà tutto bene”, saremo migliori dopo, impareremo dai nostri errori… la storia si ripete smepre se mai nessuno prende consapevolezza che bisogna aprrire gli occhi, nessuno escluso: se non c’è volontà di cambiamento e crescita, di maturare da parte del singolo individuo, la società sì, si strasformerà in qualcosa che non sarà più sostenibile e naturale. Gli effetti continuiamo a vederli.

La cultura è l’unica cosa che adesso dovremmo coltivare tutti, ognuno di noi per capire, comprendere, conoscere in maniera condivisa per il bene comune… e l’educazione come catalizzatrice della cultura, ma un’educazione che non si deve chiamare indottrinamento.

Se no prepariamoci per andare tutti a ramengo.

Pace.


tommasin.org/blog/2022-08-15/l…



Ucraina: guida alla Kiev in tempo di guerra


Un viaggio nell'odierna Kiev offre l'opportunità di assistere alla storia del mondo in divenire fornendo al contempo agli ucraini un significativo supporto morale e materiale

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L’India compie 75 anni: tutto sulla costituzione che guida la democrazia più popolosa del mondo


L’India, oggi, 15 agosto 2022, celebra il suo 75° compleanno La sua indipendenza dal dominio coloniale britannico seguì un processo complesso, inclusa la partizione: la divisione dell’India in Pakistan a maggioranza musulmana e India a maggioranza indù. La partizione ha causato lo sfollamento di decine di milioni di persone e ha causato la perdita di vite [...]

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☀ Buon Ferragosto a tutte e a tutti dal Ministero dell’Istruzione!

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Perché i ‘Versetti satanici’ di Salman Rushdie restano così controversi


L’autore Salman Rushdie è in ospedale con gravi ferite dopo essere stato accoltellato da un uomo a un festival artistico nello Stato di New York il 12 agosto 2022. Il seguente articolo è stato pubblicato nel 30° anniversario dell’uscita di ‘Versetti satanici’. *** Uno dei libri più controversi della storia letteraria recente, ‘Versetti satanici’ di [...]

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Se si vuole governare, si governa dal centro


Prima di lasciarvi all’inedito inizio del campionato, alle gite, alle grigliate e ai pranzi in compagnia di questo strano Ferragosto elettorale, vi dico la mia sulla rottura di Calenda con il Pd e sull’intesa Calenda-Renzi. Per noi che avevamo promosso l’

Prima di lasciarvi all’inedito inizio del campionato, alle gite, alle grigliate e ai pranzi in compagnia di questo strano Ferragosto elettorale, vi dico la mia sulla rottura di Calenda con il Pd e sull’intesa Calenda-Renzi.

Per noi che avevamo promosso l’appello per una nuova alleanza riformista e liberal democratica (ed avevamo organizzato addirittura una “maratona riformista” per spiegarne le ragioni: https://www.linkiesta.it/…/la-maratona-riformista-per…/) la nascita di un Terzo polo con queste caratteristiche è una buona notizia.

In Parlamento sarà rappresentata “una componente liberal riformista ed europeista capace, si vedrà in che misura, di condizionare scelte e inclinazioni politiche in un paese – il nostro – che ha sempre fatto scarso uso di idee liberali e nel quale nuove forme di corporativismo autarchico e di massimalismo socialisteggiante attraversano sia il centrodestra sia il centrosinistra” (https://www.ilfoglio.it/…/nasce-il-terzo-polo-ed-e-una…/). Il che di questi tempi non è poco.

Naturalmente, c’è da augurarsi che non si tratti soltanto di un’alleanza elettorale o di una tregua temporanea tra Matteo Renzi e Carlo Calenda in mancanza di alternative, ma che al contrario sia “il primo passo verso la costruzione di un partito liberlademocratico europeo e atlantico in grado di offrire un’alternativa di governo alla confusione programmatica del Pd e al neo, ex, post fascismo di Fratelli d’Italia e Lega” (https://www.linkiesta.it/…/draghi-elezioni-bipopulismo…/). E ora tocca proprio a Renzi e Calenda dimostrare di saper costruire, a partire da questa alleanza, “qualcosa di nuovo, non solo tattico”.

A ben guardare, quello che è stato subito bollato come il “tradimento di Calenda” era nelle cose. Lo dico terra-terra: il Partito democratico non può diventare una sinistra moderna perché la sua gestione non è davvero contendibile, la minoranza liberal-democratica può avere solo un ruolo ancillare, di condizionamento, ma non può guidarlo. Questo è il problema. E prima o poi bisognerà farsene una ragione.

Lo ha spiegato meglio di me Michele Salvati sul Corriere della Sera (https://www.corriere.it/…/qual-vera-anima-pdil-caso). Secondo Salvati quel che è avvenuto è appunto “un altro segnale di un antico difetto di costruzione del Pd”, che “non è riuscito a creare un senso di comunità, di appartenenza e di identità forte quanto è necessario a consentire la convivenza di inevitabili differenza di opinione. Non è riuscito a creare una identità nuova, di sinistra liberale, e dunque diversa da quella delle forze politiche che confluirono nella formazione del partito: questo era l’auspicio con quale in tanti accompagnammo l’iniziativa di Veltroni” (c’ero e posso confermarlo).

E non c’è riuscito perché le forze contrarie ad un indirizzo di sinistra liberale “sono così ingranate negli equilibri interni del Pd” che prendere quella strada, procedere cioè in direzione di una sinistra liberale, non è possibile. Calenda, sottolinea Salvati, chiedeva infatti molto di più di “un accordo tecnico”: aveva in mente una “alleanza politica” e dunque “scelte che non smentissero in maniera plateale la credibilità di una coalizione politica”. Ma, come il coraggio, una identità di sinistra liberale, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare.

Messe così le cose, Calenda non poteva che imitare Guido Cavalcanti e, con un salto, andarsene. Mi è tornato infatti in mente il salto del poeta Cavalcanti, protagonista di un episodio del Decameron di Boccaccio. Per Italo Calvino, che sceglie l’agile salto improvviso del poeta-filosofo come “un simbolo augurale per l’affacciarsi al nuovo millennio”, nulla illustra meglio la sua idea che una necessaria leggerezza deve sapersi iscrivere nella vita e nella letteratura: “Guido, da lor veggendosi chiuso, prestamente disse: – Signori, voi mi potete dire a casa vostra ciò che vi piace – ;e posta la mano sopra una di quelle arche, che grandi erano, sì come colui che leggerissimo era, prese un salto e fussi gittato dall’altra parte, e sviluppatosi da loro se n’andò”.

Ma vengo ad un esempio dei nostri giorni. Per l’ala più radicale dei democratici americani, il senatore Joe Manchin del West Virginia è un rinnegato, la quinta colonna dei repubblicani, un mostro anti-ambiente al soldo delle compagnie di carbone, petrolio e gas. Insomma, peggio di Calenda e di Renzi messi insieme.

Si sa che al Senato i democratici e i repubblicani controllano 50 seggi a testa. Certo, la maggioranza ce l’hanno i democratici perché in caso di pareggio può votare anche la vicepresidente Kamala Harris. Ma serve il voto di tutti i senatori del partito, compreso Manchin.

Joe Manchin ha 74 anni, è in carica dal 2010 ed è considerato il più conservatore fra i senatori democratici. Da anni insiste sul fatto che le principali riforme devono essere concordate fra i membri di entrambi i partiti. Ma non è così facile. Gli analisti sottolineano da tempo la “polarizzazione” della politica americana e i due partiti incarnano ormai uno scontro aspro e inconciliabile fra due visioni del mondo incompatibili, che mette in discussione le normali regole democratiche. Lo stesso Trump è solo il sintomo più evidente della frattura profonda che attraversa il paese, che si è ampliata fino a diventare una minaccia per la stabilità democratica che generazioni di americani avevano dato per scontata.

Eppure, come ha sottolineato nei giorni scorsi Fareed Zakaria (https://edition.cnn.com/…/exp-gps-0731-fareeds-take), sembra proprio che, in barba ai media e sfidando l’incredulità degli esperti, Joe Biden stia riuscendo nell’impresa di “governare dal centro”, come aveva promesso in campagna elettorale (e a dire il vero fin dalla competizione tra l’ala “moderata” e quella di “sinistra”, che ha caratterizzato le primarie democratiche e ha segnato la fine, in questa stagione, del tentativo del leader radicale Bernie Sanders di spostare l’asse del partito a sinistra, su posizioni che anche in passato non hanno mai portato alla Casa bianca il partito dell’asinello).

Le prove si stanno accumulando. Il compromesso raggiunto al Senato tra il leader della maggioranza Charles E. Schumer e Joe Manchin è passato (con il sostegno dell’altra pecora nera della famiglia, la senatrice Kyrsten Sinema, fermamente posizionata nell’ala più a destra del partito) ed ora attende il via libera della Camera controllata dai democratici. Si tratta del più grande investimento federale in energia pulita mai realizzato negli Stati Uniti e, allo stesso tempo, del più grande pacchetto di riduzione del disavanzo in un decennio (secondo il Congressional Budget Office ridurrà di deficit di oltre 300 miliardi di dollari in una decina d’anni).

L’accordo si aggiunge al Chips and Science Act, che prevede enormi investimenti nella ricerca di base e nelle tecnologie essenziali (e un investimento senza precedenti per aumentare la produzione di semiconduttori e affrontare le vulnerabilità della catena di approvvigionamento); al primo intervento legislativo bipartisan sul controllo delle armi e al progetto di legge sulle infrastrutture da trilioni di dollari: una delle (mancate) promesse elettorali di Donald Trump.

Non per caso, J. Bradford DeLong, su Project Syndicate, ha parlato di una “estate dell’amore”, sul piano legislativo, per Biden: “Presi insieme questi provvedimenti sono più che sufficienti per capovolgere la narrazione relativa ai primi due anni in carica di Biden. Improvvisamente, i risultati legislativi dell’amministrazione sono passati da ‘deludenti’ a ‘oltre ogni aspettativa’”.

Insomma, Biden sta dimostrando che si può “governare dal centro”. Non come prima, ovviamente. Zakaria ricorda che quando, negli anni ’80 e ’90, il Congresso discuteva grandi progetti di legge bipartisan sulla Social Security, per riformare le tasse, aiutare gli americani con disabilità o ridurre l’inquinamento atmosferico, gli autori dei progetti di legge venivano acclamati dai media e all’interno dei loro stessi partiti. Oggi invece non si fa che ripetere che non bisogna scendere a compromessi; e resistere al “nemico” permette di raccogliere più fondi e guadagnare il sostengo degli elementi più radicali del proprio schieramento.

Infatti, nei primi anni del 2000 un grande sforzo bipartisan per affrontare la riforma dell’immigrazione si è arenato sotto i colpi degli estremisti di entrambe le parti. Il Dream Act, racconta il giornalista americano, era sostenuto da due senatori lontani ideologicamente, che tuttavia erano anche buoni amici: il democratico Edward Kennedy e il repubblicano Orrin G. Hatch. Erano tra i membri più anziani del Senato e incarnavano un vecchio modo di fare politica non più in sintonia con i tempi. La rivoluzione di Gingrich degli anni ’90 ha infatti cambiato il Partito repubblicano e la stessa Washington. E da allora il compromesso è considerato un tradimento.

Cercando di far rivivere quel vecchio modo di far politica e di governare, Biden sta andando controcorrente. Ma sorprendentemente, a piccoli (significativi) passi, sembra riuscirci. Il che rappresenterebbe davvero una rivoluzione in grado di cambiare la struttura degli incentivi e ridurre la tossicità a Washington.

Per i democratici americani c’è, inoltre, un reale spazio di crescita. Perché sono in una posizione migliore dei repubblicani per diventare un grande tent party. Come ha dimostrato uno studio di Brookings, nel 2020 “la vittoria di Biden è arrivata dai sobborghi” e quegli elettori sono verosimilmente più moderati e centristi rispetto alla base democratica. Gli elettori suburbani sembrano essere sempre più distanti dalle posizioni repubblicane su questioni come l’aborto e le armi. E sull’onda del ribaltamento della storica sentenza Roe v. Wade da parte della Corte Suprema, i sondaggi in vista delle elezioni di medio termine che prima favorivano i repubblicani sembrano ora indicare un pareggio.

Ma (e veniamo al punto che riguarda anche noi) essere un grande tent party, un partito pigliatutto, è difficile. Significa avere a che fare anche con persone con cui sei profondamente in disaccordo. Ma, spiega Zakaria, in un paese grande e diversificato con oltre 330 milioni di persone, è l’unico modo per governare. Alcuni dei più grandi successi dei democratici si sono concretizzati con quello spirito. Franklin D. Roosevelt ha rinviato l’intervento sui diritti civili per poter approvare il New Deal. Lyndon B. Johnson ha arruolato il sud segregazionista per sostenere gran parte della sua legislazione sulla Great Society. Bill Clinton dovette governare principalmente con un Congresso controllato dai repubblicani. E anche quando Barack Obama aveva la maggioranza al Congresso, ha scelto di dare la priorità all’assistenza sanitaria universale rispetto a molte altre importanti questioni sociali, incluso il matrimonio tra persone dello stesso sesso. A volte, inoltre, il compromesso può portare a risultati migliori. Ad esempio, spiega il columnist, il disegno di legge sull’immigrazione era un progetto migliore di quello che entrambe le parti avrebbero approvato in modo autonomo perché teneva conto delle preoccupazioni legittime e delle argomentazioni valide di entrambe le parti.

Senza contare che alcuni degli argomenti di Manchin erano fondati: “Sul clima, il suo punto di vista secondo cui non dovremmo porre fine definitivamente all’uso dei combustibili fossili prima di avere abbastanza tecnologie verdi su larga scala per sostituirli può darsi sia un atteggiamento interessato del senatore del West Virginia, ma è anche una lettura accurata di dove ci troviamo oggi”.

Oltretutto, è la sua risolutezza che dovrebbe sorprendere. Non sarebbe male tenere a mente infatti che Manchin rappresenta uno Stato che Trump, nel 2020, ha vinto con circa 40 punti di distacco. Bisogna pensare a Manchin come a una cartina di tornasole, dice Zakaria. Se i democratici sono in grado di tenere Manchin con loro, per definizione stanno costruendo un grande tent party, che potrebbe comprendere la maggioranza degli americani.

Del resto, anche il Pd di casa nostra nasce (ricordate?) sul presupposto che il centrosinistra, anziché limitarsi unicamente ad allargare l’alleanza mettendo insieme sigle e partiti, doveva puntare a conquistare nuovi elettori ed ampliare l’area del radicamento, scommettendo sul fatto che le propensioni degli elettori potevano mutare. Ma siamo sempre lì: per conquistare nuovi elettori bisogna cambiare. E oggi quel che occorre non è il ritorno alle antiche certezze, ma il dichiarato superamento di vecchi atteggiamenti e vecchie posizioni.

Se i democratici di casa nostra non sono in grado di tenere con loro neppure Calenda e Renzi, come possono costruire una big tent aperta alla maggioranza degli italiani? Se si vuole governare, si governa dal centro. Non dalle posizioni della Squad di Ocasio-Cortez. Il che significa che con i “mostri” – come Manchin, come Sinema, come Renzi, come Calenda – bisogna fare i conti. Perché senza i mostri non c’è nessuna big tent, c’è la vecchia sinistra di sempre. E che ciascuno vada per la propria strada è inevitabile.
Buon Ferragosto!

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Il fascio


Non c’è alcun “regime” alle porte, ma questo non significa che siano serrate ai pericoli. La ragione per cui Giorgia Meloni ha dovuto registrare un messaggio multilingua, per esporre il minimo della civiltà, ovvero di non essere fascista e di non essere a

Non c’è alcun “regime” alle porte, ma questo non significa che siano serrate ai pericoli. La ragione per cui Giorgia Meloni ha dovuto registrare un messaggio multilingua, per esporre il minimo della civiltà, ovvero di non essere fascista e di non essere antisemita, non si trova solo nel passato, ma anche nel presente delle sue frequentazioni europee, fra le quali ci sono autoritarismo antidemocratico e antisemitismo. Quella roba non le appartiene, e speriamo non appartenga a nessuno dei dirigenti di Fratelli d’Italia, mentre farebbero bene ad allontanare da sé quelli di cui non si può dire altrettanto. Meloni e i suoi sono democratici, nel senso che hanno vissuto e accettato le regole della democrazia, e ripugnano loro le leggi razziali, non da oggi, ma da quando lo insegnò loro il capo di allora: Gianfranco Fini.

Ma la faccenda non si chiude qui. Intanto perché si può non condividere nulla di quel che uno dice, senza sentire il bisogno di dargli del dittatore, come destra e sinistra hanno ripetutamente fatto, dimostrando povertà di idee.

Inoltre, nel secolo scorso, due fetidi fratelli ammorbarono la storia: il fascismo e il comunismo. Figli dello stesso padre mistico e della stessa madre baldracca. Si mossero il direzioni opposte, ma più per ragioni geopolitiche che ideali e, del resto, nello spartirsi la Polonia furono alleati. L’Italia visse il nazifascismo e siccome quella roba è stata sepolta dall’esito della guerra, abbiamo avuto i nostalgici, fra i quali soggetti che si ritenevano patrioti perché avevano combattuto fra i repubblichini. Non abbiamo avuto il comunismo, in compenso abbiamo avuto tanti comunisti. Non potevano essere nostalgici, ma erano ammiratori, legati e finanziati da una dittatura. Chiunque abbia seguito queste due scuole non ha ragioni d’esserne orgoglioso. Anzi. Ma abbiamo vinto noi, ha vinto l’Occidente, ha vinto la libertà e ha saputo moltiplicare la ricchezza come mai s’era prima visto. Ad oggi non vi è pericolo che il fascismo o il comunismo s’affermino altro che fra gli svalvolati.

Epperò attenti, perché i figli del mistico e della baldracca ci hanno lasciati, ma la geopolitica è rimasta lì. Che è la ragione per cui resta un legame fra chi punta a consolidare i dispotismi e chi punta a demolire le democrazie. Se parte da Mosca non ha alcun bisogno di colorarsi di rosso (leggete Da Empoli e Jangfeldt) e s’acconcia benissimo a colorarsi di verde, di bruno e di nero. Mentre il persistente filone mistico non ha bisogno di colorarsi di nero per sostenere che il mercato e i mercanti commerciano l’anima e la fede di un popolo, può benissimo indossare il rosso, ma anche il giallo.

Quindi ha ragione Meloni ad avere sentito il bisogno di aggiungere la condanna della criminale aggressione russa all’Ucraina e la condivisione delle scelte dell’Occidente, che sostiene e arma gli aggrediti. Ma è qui che il fascio riemerge, perché per vincere si tiene vicino chi è l’espressione dell’opposto. E non sono quattro righe di occidentalismo rituale a cancellare l’inno a Putin cantato sotto il Cremlino, invocandolo quale guida con cui sostituire il nostro mondo democratico. Come non cancellano il mese di silenzio prima di far conoscere il disappunto per una guerra che aveva già mietuto migliaia di vite innocenti e mandato al massacro migliaia di soldati ignoranti.

E il fascio si ritrova pari pari dall’altra parte. Nello schieramento che vede avvinti il ministro della Difesa e chi vota contro la Nato. Può sembrare loro una furbata tattica, invece è una porcheria strategica. Perché dopo il 25 arriva il 26 settembre e chi pensa di potere governare in virtù del fatto che avendo preso un voto in più degli altri affasciati otterrà la loro obbedienza non si sa se s’illude o prova a illudere.

I conti pubblici sono l’altra faccia della collocazione internazionale, non a caso essendoci, in un fascio e nell’altro, chi voleva uscire dall’euro. Ancora una volta, dal 26 settembre, i ragionevoli saranno divisi. Ed è la più grande colpa di questo mondo politico.

La Ragione

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Etiopia Testimonianza del massacro di Mai Kadra – Tigray [VIDEO]


Il massacro di Mai Kadra, città del Tigray, stato regionale settentrionale dell’Etiopia, è stata scenario del massacro di centinaia di civili ad inizio novembre 2020.…

Il massacro di Mai Kadra, città del Tigray, stato regionale settentrionale dell’Etiopia, è stata scenario del massacro di centinaia di civili ad inizio novembre 2020.

Il massacro è stato uno dei primi atti criminosi inseriti nel contesto della guerra scoppiata in Tigray il 4 novembre.

Guerra dai risvolti etnici e genocidi sull popolo tigrino.

Il conflitto è stato confutato con molteplici report di aver prodotto e dutilizzato come armi di guerra fame indotta da scelte politiche, blocco degli aiuti umanitari, distruzione dell’80% degli ospedali tigrini, abusi e stupri su centinaia di migliaia di donne di ogni età di etnia tigrina, deportazioni, arresti di massa e detenzioni illegali (ancora oggi in atto in alcuni campi di detenzione forzata nella regione Afar) su persone di origine tigrina…

La guerra è stata svolta in totale confinamento della regione del Tigray come strategia ben precisa, nel totale blackout elettrico e delle telecomunicazioni. Alcuno poteva entrare o uscire. Giornalisti e media indipendenti non sono potuti accedere per poter documentare a caldo cosa stava accadendo.

Ci sono voluti dei mesi perché riuscissero a trapelare le prime testimonianze, indiscrezioni. Dopo più di venti mesi giunge un video in cui si può ascoltare la testimonianza di una persona, un uomo che racconta quello che ha vissuto durante il massacro di May Cadera, un massacro, appunto per il contesto in cui è inserito, ancora controverso e con punti da approfondire. Questo video, le parole di Atsbeha Embaye (ኣፅብሃ እምባዬ) possono essere spunto di indagine e di approfondimento da quelle realtà, come HRW o Amnesty International, demandate per far luce in tutela del diritto umanitario e degli individui.

Di seguito la traduzione dal tigrino (lla lingua nazionale è l’amarico) in italiano.

Atsbeha Embaye (ኣፅብሃ እምባዬ) il testimone racconta che il massacro è avvenuto il 1 novembre 2020 (ben diversi giorni prima da quanto riportato nei report da Amnesty Int. e HRW come narrativa ufficiale)

Ho assisto al massacro spietato dei miei fratelli e miei vicini di casa con macete e spacca legna manuale (“fas” come spacca legna).

I miei fratelli e i miei vicini erano: (…qui la persona per quasi tutto il video elenca con nome e cognome uno ad uno tutte le vittime da lui ricordate)

Questo è il massacro avvenuto a Maikadra. Molti sono stati lasciati e sono stati mangiati da vermi (“fhlo”).


Giornalista: quante saranno le vittime?

Il testimone continua:

Saranno 695 e questi sono quelli che ho visto con i miei occhi.

Ci sono zone (in cui lui non ha assistito direttamente) dove molte persone sono state massacrate e ferite. Mi ricordo di una donna che l’hanno portata via in 8/10 e hanno abusato di lei per tutta la notte ed era la figlia di (nome).

Anche dopo hanno continuato ad uccidere, compresi gli animali, e distruggere ogni cosa.

Sono venuti da Gojiam, Gonder e altre zone e hanno saccheggiato tutto compreso i nostri raccolti.

Ho visto rubare 8 macchine di proprietà di (nome). In tutto questo la gente ha iniziato a scappare via, molti sono fuggiti verso il Sudan e questo ha spinto loro (milizia amhara – Fano) a depredare maggiormente.


L’intervista si chiude con la sua presentazione (nome e cognome) e con i ringraziamenti reciproci.

Approfondimenti:

youtube.com/embed/QxluinPhIHg?…


tommasin.org/blog/2022-08-14/e…



USA: come vengono classificati i documenti governativi


I documenti richiesti dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti all’ex presidente Donald Trump potrebbero contenere materiale relativo a quelli che il New York Times ha descritto come “alcuni dei programmi più altamente classificati gestiti dagli Stati Uniti”. Il Washington Post ha riferito che “documenti riservati relativi alle armi nucleari erano tra gli oggetti cercati [...]

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Un infinito grazie a Piero Angela per tutto il lavoro fatto nella diffusione della scienza e della conoscenza. Per la vicinanza alla scuola, ai giovani, a questo Ministero e alla sua missione.


Il pericolo è il falso


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Letture Libertarie


Una lista di letture libertarie che consiglio per chi volesse addentrarsi nella tana del bianconiglio e scoprire il mondo degli anarco-capitalisti.

Visto che sempre più persone mi chiedono consigli su libri e articoli da leggere, ho deciso di creare una lista che poi magari aggiornerò anche nel corso del tempo, divisa per autori. Per ogni libro o articolo cercherò di dare una breve descrizione, per rendervi più facile la scelta!

La lista sarà aggiornata periodicamente, ogni tanto date un occhio.

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Libri

La libertà dei libertari, a cura di Roberta A. Modugno Crocetta


Ho scoperto questo libro casualmente e da poco tempo, ma lo metto per primo perché ritengo faccia un ottimo lavoro nello spiegare in modo sintetico la filosofia politica libertaria, attraverso un’ottima introduzione. La Libertà dei Libertari è un’antologia di Murray N. Rothbard che propone cinque saggi dell’autore, tradotti da Roberta A. Modugno Crocetta: Come smantellare il socialismo, Società senza Stato, La fallacia del settore pubblico, Capitalismo contro Statalismo, Protezionismo e distruzione della prosperità.

Anatomy of the State, Murray N. Rothbard


Un libretto incredibile, in cui in sole 60 pagine Rothbard crea una vera e propria anatomia dello Stato, come se fosse un essere vivente (un parassita?). Rothbard spiega in modo semplice i meccanismi con cui uno Stato nasce e preserva se stesso dalle minacce (il pensiero critico). Un saggio unico nel suo genere di cui non si può fare a meno. Indubbiamente vi darà molti spunti di riflessione, soprattutto data l’esperienza degli ultimi due anni.

Ethics of Liberty, Murray N. Rothbard


Ethics of Liberty è filosofia ed etica libertaria in purezza. Un saggio radicale che fornisce al lettore tutti gli strumenti necessari per capire davvero in cosa consiste l’anarco-capitalismo, partendo dalle basi: il giusnaturalismo (l’esistenza di diritti naturali) e la proprietà. Ogni uomo possiede se stesso, la sua mente, e il frutto del suo lavoro. Questo è l’assioma principale da cui si sviluppa tutta la filosofia libertaria di Rothbard. Lo Stato non è altro che un soggetto violento che possiede il monopolio di aggredire la proprietà (e quindi la libertà) delle persone. Libro complesso da leggere ma fondamentale per comprendere la filosofia ANCAP.

The Progressive Era, Murray N. Rothbard


Un libro che Rothbard iniziò a scrivere nel 1970 ma che non riuscì a finire prima della sua morte. Un discreto mattone che però contiene al suo interno la storia della nascita dei movimenti progressisti che tra il 1820 e i primi anni del ‘900 portarono l’America a scegliere il “terzo polo” tra il libero mercato e laissez-faire che caratterizzò tutto il diciottesimo secolo e il marxismo che dilagava in europa alla fine del 1800. Incredibilmente interessante il capitolo sulla nascita del welfare universale di stato, come strumento religioso usato dai protestanti progressisti per creare la società “perfetta”, quello che portò poi al New Deal e alla trasformazione dell’America verso il connubio welfare-warfare.

Atlas Shrugged, Ayn Rand


Non un saggio ma un romanzo. Anzi, no: un saggio sulla natura umana, sulla metafisica e sull’etica sotto forma di romanzo. A mio avviso l’opera più incredibile del ventesimo secolo. Un mattone di più di 1000 pagine densissime di concetti profondi. Ogni riga del libro, ogni dialogo, ogni dettaglio della narrazione sono pezzetti che vanno a comporre un enorme puzzle che descrive perfettamente l’immoralità di qualsiasi forma di collettivismo e il modo in cui il collettivismo sopprime l’animo umano, prima ancora dell’economia e della civiltà.

Atlas Shrugged è un libro che dà molto fastidio ai collettivisti di ogni tipo e che ammalia individualisti e libertari. È la prova del nove per gli indecisi. In ogni caso, una reazione forte, positiva o negativa che sia, è assicurata. Mises e Rotbhard scrissero due lettere ad Ayn Rand dopo aver letto il libro, elogiando l’opera e definendola tra i migliori libri mai scritti al mondo.

The Virtue of Selfishness, Ayn Rand


La virtù dell’egoismo. Ayn Rand ribalta completamente i canoni morali moderni, che vedono l’altruismo (inteso come sacrificio personale a favore del bene comune) come valore morale superiore. Una collezione di articoli pubblicati originariamente nella “Objectivist newsletter” in cui Ayn sviluppa un nuovo significato di egoismo, diverso da quello a cui siamo abituati: la ricerca della propria felicità, senza sacrificare se stessi o il prossimo. Per Rand questo è l’unico valore morale possibile, poiché un essere umano che non ricerca la propria felicità e il proprio interesse è condannato ad autodistruggersi. L’egoismo randiamo si collega all’idea di ricerca della Verità - la propria verità - senza alcun compromesso e soprattutto senza mai mentire a se stessi. Troppe volte ci troviamo a pensare o agire sulla base di presupposti che non condividiamo, mentendo a noi stessi pur di accettare il sacrificio che ciò richiede. Un tema, quello dell’egoismo etico randiano e della ricerca della verità, ricorrente anche in Atlas Shrugged.

For the New Intellectual, Ayn Rand

Un vero e proprio manifesto dei nuovi intellettuali oggettivisti, il primo libro non-fiction di Ayn Rand. È una raccolta di estratti di romanzi di Rand con una corposa introduzione che li lega tra loro. Il Nuovo Intellettuale è il pensatore pratico e l’imprenditore filosofo. È qualsiasi persona stanca degli standard culturali collettivisti a cui siamo costretti a conformarci; qualsiasi persona disposta a prendersi la responsabilità della propria vita e delle proprie azioni. Dei Nuovi Intellettuali ne ho parlato in modo più approfondito in questo articolo, con alcuni estratti interessanti presi proprio da questo libro.

Objectivism in One Lesson, Andrew Bernstein


L’oggettivismo è una corrente filosofica nata dal pensiero di Ayn Rand. Tutti i suoi scritti, sia romanzi che saggi e articoli, contengono principi e idee che vanno a formare la sua filosofia. L’oggettivismo è un sistema di valori, un’etica per persone libere stanche degli standard culturali collettivisti e falsi a cui siamo costretti a conformarci. Il pensiero di Ayn Rand fornisce tutti gli elementi di etica e metafisica per affrontare il mondo in modo razionale e perseguire l’unico obiettivo possibile della vita umana: la propria felicità.

Rand descriveva l’oggettivismo come il concetto dell’Uomo come un essere eroico, con la ricerca della propria felicità come unico valore morale, la produttività come la più nobile delle attività, e la ragione come sua unica certezza assoluta. Ayn amava l’america dei padri fondatori e i principi espressi nella Dichiarazione d’Indipendenza: Life, Liberty, Pursuit of Happiness. L’oggettivismo ha tutte le carte in regola per essere il fondamento morale della filosofia politica libertaria.

The Road to Serfdom, Friedrich Hayek


Nel 1943 Hayek finiva di scrivere Road to Serfdom, un libro che molto lucidamente mette in luce i meccanismi statalisti, anche subdoli, che attraverso la pianificazione e l’ingerenza dello stato nell’economia e nella società, portano inevitabilmente alla nascita di regimi collettivisti totalitari come fascismo e nazismo.

Hayek non era un libertario, ma un liberale classico che non condannava in tutto l’esistenza dello Stato. Nonostante questo è chiaro anche nella sua visione che l’abbandono dell’individualismo e del libero mercato genera mostri. Particolarmente interessante la parte in cui parla della percezione di sicurezza economica da parte delle persone e il modo in cui questa viene utilizzata dai pianificatori centrali per creare una spirale che porta le persone stesse a chiedere sempre più controllo e pianificazione.

Democracy: the God that failed, Hans-Herman Hoppe


Premessa: non ho ancora finito di leggerlo. Lo metto comunque perché Hoppe è un campione libertario, allievo di Rothbard e per molti versi ancora più radicale. In questo saggio incredibile mette in discussione - partendo da dati empirici e dimostrabili - la bontà dei sistemi democratici a cui siamo tanto affezionati. La democrazia, sostiene Hoppe, non solo è il sistema di governance meno efficiente della storia umana, ma è anche il più pericoloso per la libertà delle persone. Secondo lui, i sistemi monarchici sono migliori sotto diversi punti di vista, seppur comunque non perfetti (il male minore). Nelle sue parole: la democrazia è una forma lieve di comunismo. La soluzione che Hoppe propone per riparare le storture della democrazia è secessione, decentralizzazione del potere e completa libertà negoziale tra le persone. Una soluzione che sicuramente piacerà a molti Bitcoiner e che in verità è l’assioma della filosofia libertaria: il passaggio dallo statalismo totalitario all’anarco-capitalismo non può che essere attraverso la secessione e la libertà di autodeterminazione dei popoli e degli individui.


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Articoli e temi libertari

Argumentation Ethics, Hans-Hermann Hoppe


Con la sua “argumentation ethics” Hoppe fornisce a ogni libertario gli strumenti razionali per difendere i principali assiomi della filosofia anarco-capitalista, quello del “non aggression principle” e della proprietà di se stessi e (quindi) del proprio lavoro. Il concetto, nei suoi punti principali è abbastanza semplice: quando due soggetti sono in conflitto tra loro, possono risolverlo solo in due modi. Con la violenza o con il confronto onesto. Nel caso in cui scelgano il confronto, Hoppe sostiene che le parti devono aver prima implicitamente accettato l’esistenza dell’assioma di non aggressione. La non violenza è quindi il presupposto di qualsiasi confronto umano. Chiunque suggerisca il contrario sta commettendo una grave contraddizione logica, e come disse anche Ayn Rand, non esistono contraddizioni. Se sei di fronte a una contraddizione, è perché le tue premesse logiche sono errate.

Ad esempio, argomentare che bisognerebbe usare la violenza per risolvere i conflitti è una contraddizione. Non può esserci alcuna argomentazione se infatti prima non si accetta il principio di non-violenza.

Lo stesso può dirsi per la proprietà privata come nucleo fondante di qualsiasi altro diritto. Nessuno può argomentare che la proprietà non sia tale, poiché l’atto stesso di argomentare richiede di disporre di risorse scarse (il proprio corpo, il proprio intelletto). Nessuno può al tempo stesso mettere in dubbio la necessità della proprietà privata per definire la realtà e la capacità di agire e la libertà delle persone senza cadere in contraddizione.

Il tema è complesso e certamente non sono riuscito a fargli giustizia, quindi vi lascio qualche articolo:

Secessione, decentralizzazione del potere


La decentralizzazione del potere e la libertà di autodeterminazione delle persone è uno dei temi principali della filosofia libertaria, anche se forse tra i meno affrontati. Noi europei avremmo molto da imparare dalla nostra storia, considerando che le nostre città-stato e repubbliche marinare furono emblemi di libertà commerciale e benessere.

Ci sono diversi articoli molto interessanti sul tema, uno su tutti quello di Carlo Lottieri che consiglio caldamente:

Anche Rothbard si cimentò sul tema in diverse occasioni, ad esempio in questo bellissimo articolo in cui ripercorre anche un po’ di storia europea, che noi molto spesso dimentichiamo:

Infine sul tema propongo questa breve intervista a Hoppe, in cui parla delle posizioni di Mises in merito al diritto di secessione e libertà di autodeterminazione.

Sicurezza privata vs sicurezza di stato


Un tema ricorrente, secondo solo a quello del “chi costruirebbe le strade senza stato”, è quello della sicurezza delle persone e della loro incolumità fisica. In questo breve saggio Hoppe dimostra sapientemente che non solo è possibile sostituire la sicurezza statale con la sicurezza privata, ma che anzi quest’ultima sarebbe anche evidentemente più efficiente e meno prona ad abusi.

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