Le sanzioni alla Russia stanno stimolando una nuova Via della Seta
Le iniziative per rafforzare l'Asia centrale come nodo critico nei corridoi di trasporto est-ovest e nord
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All’ombra di Taiwan, le Filippine affrontano scelte esistenziali
Il governo Marcos non deve scegliere tra Usa o Cina, nelle tensioni su Taiwan. Si trova di fronte a una scelta tra potenziamento militare o sviluppo economico, in mezzo a prospettive economiche globali in calo. Durante il suo recente incontro con il Presidente Marcos Jr., il segretario di Stato Antony Blinken ha affermato che l'”alleanza” [...]
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Guadagnare soldi dalla guerra… basta!
Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), nel 2021 il mondo ha speso 2.113 trilioni di dollari in armamenti. Di questa somma di denaro quasi incomprensibile, gli Stati Uniti hanno speso quasi la metà del totale, 801 miliardi di dollari. Forse una delle ragioni della spesa sproporzionatamente elevata per le armi degli Stati Uniti [...]
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Siria: la nuova offensiva di Erdogan
Il Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che sta pianificando una nuova offensiva militare nel nord della Siria diretta contro i curdi. Se un leader autoritario può sfidare l’opinione mondiale, invadere il territorio di uno Stato sovrano e incorrere solo in piccole conseguenze, perché non un altro? Questo potrebbe essere stato il ragionamento [...]
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L’assassinio di Al-Zawahiri potrebbe non essere stata una buona idea
È probabile che il recente assassinio di Ayman Al-Zawahiri di Al-Qaeda crei una serie di effetti ramificati. Al-Zawahiri è stato assassinato da due missili Hellfire R9-X di un drone MQ9 Reaper, che aveva sorvolato o era originario di un Paese terzo, nel cuore di Kabul, da cui gli Stati Uniti hanno evacuato nell’agosto dello scorso [...]
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Esercito israeliano fa irruzione e chiude le 6 ong palestinesi che accusa di “terrorismo”
AGGIORNAMENTO 18 AGOSTO 2022
L’esercito israeliano ha fatto irruzione negli uffici delle 6 ong palestinesi per i diritti umani – tra cui Al Haq, Addameer e Bisan – che aveva dichiarato illegali ad ottobre per presunti “legami con il terrorismo”. I soldati hanno lasciato un ordine militare che dichiara le ong illegali e chiuse, sigillando le porte dei loro uffici in Cisgiordania. Qualche giorno fa il ministro della difesa israeliano Gantz aveva ratificato in via definitiva il suo provvedimento sulle ong nonostante le critiche registrate a livello internazionale.
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PER APPROFONDIRE IL TEMA VI INVITIAMO A LEGGERE L’ARTICOLO CHE PAGINE ESTERI PUBBLICO’ LO SCORSO OTTOBRE DOPO LA DECISIONE PRESA DAL MINISTRO DELLA DIFESA ISRAELIANO.
della redazione
Pagine Esteri, 23 ottobre 2021 – Attacco frontale alle ong palestinesi per la tutela dei diritti umani, alcune delle quali operano da decenni e godono di ampio riconoscimento internazionale. Ieri il ministro della difesa israeliano, Benny Gantz, ha proclamato ufficialmente sei di queste ong “organizzazioni terroristiche” poiché, a suo dire, sono espressione del Fronte popolare per la liberazione della Palestina – un partito di sinistra, di orientamento marxista, presente con tre deputati nel Consiglio legislativo palestinese – che Israele considera un gruppo terroristico.
Spiccano i nomi di Addameer, che assiste i prigionieri politici palestinesi, e di Al-Haq, un’organizzazione che lavora da decenni con le Nazioni Unite. Nell’elenco sono incluse anche Defense for Children International-Palestine, Union of Agricultural Workers, Bisan Center for Research and Development, Union of Palestinian Women Committees. Nei mesi scorsi con la stessa motivazione era stata ugualmente descritta come una “organizzazione terroristica” anche l’associazione Samidoun che diffonde informazioni sui detenuti politici.
La dichiarazione di Gantz è volta a mettere al bando queste ong palestinesi e autorizza l’esercito a chiudere i loro uffici, a sequestrare i loro beni e ad arrestare e incarcerare il loro personale. Infine, vieta il finanziamento alle loro attività. Quest’ultimo aspetto ha una particolare importanza per i rapporti internazionali di queste ong palestinesi. Con ogni probabilità il passo del ministro israeliano spingerà varie istituzioni e ong internazionali, in particolare quelle occidentali, a cessare qualsiasi sostegno ad Addameer, al Haq e alle altre ong colpite dal provvedimento. “È un attacco sfacciato, una pericolosa escalation che minaccia di paralizzare completamente il lavoro della società civile palestinese nell’opporsi all’abuso dei diritti umani”, ha commentato Omar Shakir, responsabile di Israele e Palestina per Human Rights Watch. Anche Amnesty International ha protestato con forza e condannato la decisione di Gantz.
Addameer fornisce assistenza gratuita e consulenza legale ai prigionieri palestinesi, centinaia dei quali sono detenuti nelle carceri israeliane senza processo e senza accuse formali. Documenta anche altre violazioni e mette in evidenza i maltrattamenti dei minori palestinesi. Al-Haq, ong storica della società civile palestinese, ricerca e documenta violazioni del diritto internazionale umanitario nella Cisgiordania occupata, a Gerusalemme Est e nella Striscia di Gaza. Il gruppo afferma di documentare le violazioni “indipendentemente dall’identità dell’autore”.
La dichiarazione di Gantz è stata denunciata anche dal gruppo israeliano per i diritti umani B’Tselem. “E’ una mossa che caratterizza i regimi totalitari” – ha scritto B’Tselem in un comunicato – “Ma la guerra non è pace, l’ignoranza non è potere e l’attuale governo (israeliano) non è un governo di cambiamento bensì un governo di continuazione del violento regime di apartheid che è in vigore da molti anni tra il mare e il fiume Giordano. B’Tselem è solidale con i nostri colleghi palestinesi, orgoglioso del nostro lavoro congiunto con loro nel corso degli anni e continuerà a farlo”.
Una reazione è giunta anche Dipartimento di Stato degli Stati Uniti che, ha dichiarato, richiederà maggiori informazioni sulla designazione di “organizzazione terroristica” per le ong palestinesi decise dal ministro Gantz. “Il governo israeliano non ci ha avvertito in anticipo”, ha precisato il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price. “Crediamo che il rispetto dei diritti umani, le libertà fondamentali e una società civile forte siano di fondamentale importanza per una governance responsabile e reattiva”, ha aggiunto. Parole che possono essere interpretate come un raro rimprovero statunitense al governo israeliano. Pagine Esteri
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Pugno di ferro di Israele e crollo dell’Anp di Abu Mazen. La Cisgiordania in fiamme
di Michele Giorgio –
(nella foto da twitter Ibrahim Nabulsi)
Pagine Esteri, 12 agosto 2022 – Martedì, mentre nella notte una calma carica di tensione regnava lungo le linee tra Israele e Gaza, l’esercito israeliano di fatto trasformava Ibrahim Nabulsi, 26 anni, in un eroe nazionale palestinese. Quando le unità scelte dell’esercito hanno circondato il suo rifugio nella casbah di Nablus, in Cisgiordania, il giovane palestinese, ricercato da Israele, ha scelto di non arrendersi. Ha resistito, risposto al fuoco, poi ha compreso che per lui era finita. Prima di essere ucciso, è riuscito a registrare un messaggio vocale su WhatsApp e l’ha inviato alla madre, per salutarla e per spiegare la sua decisione di morire da martire e di non arrendersi. L’audio ha girato girava su tutta la rete. Quindi ha esortato i suoi compagni di lotta a resistere all’occupazione. Pochi secondi dopo i militari israeliani hanno lanciato un razzo contro l’edificio in cui si era barricato. L’esplosione ha ucciso tutti quelli che erano all’interno. Oltre a Nabulsi, sono morti altri due palestinesi, Islam Sabbouh, e un adolescente di 17 anni. Intanto sale il bilancio dei palestinesi uccisi nei giorni scorsi dai bombardamenti a Gaza è salito a 49.
Nabulsi, considerato dagli israeliani un «pericoloso terrorista», in poche ore è diventato una figura leggendaria. Sui social e i giornali palestinesi hanno ricordato le tante volte in cui era sfuggito alla cattura da parte dell’intelligence israeliana – l’ultima due settimane fa – usando rifugi diversi e gallerie sotterranee. Proprio come fece il leader palestinese Yasser Arafat nel 1967 nelle settimane successive all’occupazione israeliana della Cisgiordania prima di rifugiarsi in Giordania. E quasi trent’anni dopo un’altra primula rossa, Ahmad Tabouk, noto come il «Robin Hood» della casbah di Nablus, ricercato dagli israeliani e anche dai servizi palestinesi. Tabouk da un lato combatteva l’occupazione e dall’altro estorceva denaro alla borghesia ricca della città per distribuirlo alle famiglie povere di Nablus. Arrestato dall’Anp e riabilitato come agente di polizia, fu ucciso dall’esercito israeliano durante la seconda Intifada.
Nabulsi non è un simbolo unificante per i palestinesi come la giornalista Shireen Abu Akleh, uccisa a Jenin lo scorso maggio – ora una strada di Ramallah porta il suo nome -, ma la sua figura mette d’accordo un po tutti. Non era del movimento islamico Hamas, non faceva parte di Fatah anche se per qualche tempo aveva militato nelle Brigate di Al Aqsa, l’ala armata del partito del presidente Abu Mazen. Di fatto collaborava con tutti e anche ciò ne aveva fatto un punto di riferimento per tanti giovani a Nablus e Jenin. «In Israele cambiano i governi ma non le politiche nei confronti dei palestinesi – commenta Nasser Abul Hadi, un giornalista cisgiordano – (Israele) usa solo la forza, non analizza i cambiamenti che avvengono nella società palestinese, sul terreno, e non bada alle conseguenze dell’occupazione militare che dura da 55 anni». I proiettili che sparano i soldati, aggiunge, «stanno creando nuovi eroi per milioni di persone stanche dell’occupazione. I giovani palestinesi non accettano di vivere in queste condizioni e non pochi fra loro si uniscono alle organizzazioni armate, specie nei campi profughi di Jenin e Nablus». Quest’anno non meno di 1.720 persone sono state arrestate, sia palestinesi che cittadini arabi di Israele. Sessantasei palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania da gennaio a giugno, rispetto agli 81 dell’intero 2021. La scorsa primavera, in attacchi armati palestinesi, 19 persone a Tel Aviv e altre città.
Sulla stampa in lingua ebraica, o parte di essa, non manca chi sottolinea che qualcosa di rilevante sta avvenendo in Cisgiordania. E non dipende solo dalla crescente influenza di Hamas in quel territorio. La leadership dell’Anp di Abu Mazen sta progressivamente perdendo il controllo. A dimostrarlo sono proprio i continui raid israeliani anche nelle aree A (il 14% della Cisgiordania) che ufficialmente ricadono sotto la piena autorità del governo palestinese. Il quotidiano Haaretz in un articolo di qualche giorno fa lasciava intendere che Tel Aviv non crede più alle possibilità dell’Anp di svolgere azioni di «antiterrorismo». Perciò preferisce lanciare raid in Cisgiordania, scontrandosi spesso con i combattenti palestinesi ed effettuando decine di arresti ogni settimana. Secondo Haaretz, le previsioni fatte dal governo israeliano su cosa accadrà il giorno dopo la morte di Abu Mazen sono già superate: il cambiamento in Cisgiordania è già avvenuto mentre l’anziano rais è ancora al potere. Pagine Esteri
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Il genocidio di Putin in Ucraina è radicato nell’impunità russa per i crimini sovietici
Nell’estate del 1941, quando il mondo esterno iniziò a venire a conoscenza degli omicidi di massa che accompagnarono l’invasione nazista dell’Unione Sovietica, il Primo Ministro britannico Winston Churchill dichiarò in modo memorabile: “Siamo alla presenza di un crimine senza nome”. Questo non è più il caso. Nel 1948, le Nazioni Unite adottarono la Convenzione sul [...]
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AUDIO. La Tunisia tra la nuova costituzione e i giovani che scappano dal paese
di Michele Giorgio –
Pagine Esteri, 18 agosto 2022 – I giovani tunisini guardano alla Germania come la nazione dove vorrebbero vivere e lavorare per costruirsi, lontano dal loro paese, un’esistenza migliore.
Pesano la crisi economica che attanaglia la Tunisia e l’autoritarismo del presidente Kais Saied che non lasciano intravedere un futuro positivo per il paese protagonista del 2011 della primavera araba.
Abbiamo intervistato Carla Pagano, esperta di cooperazione internazionale che vive e lavora a Tunisi.
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Il genocidio di Putin in Ucraina è radicato nell’impunità russa per i crimini sovietici
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La gestione delle crypto ti sembra complicata? Prova questo
Quando si sente parlare di investimenti in criptovalute il sentimento è spesso contrastante: da una parte c’è un deciso interesse e curiosità verso quello che probabilmente sarà il futuro della finanza. Dall’altra c’è apprensione e dubbio, non solo sulle valute stesse, ma soprattutto sul modo in cui si possono gestire e ‘tradare’. Detto che come [...]
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Cina – Canada: una ‘nuova normalità’
Dopo un periodo tumultuoso, le relazioni sino-canadesi si sono stabilizzate in una ‘nuova normalità’. Nel settembre 2021, Washington ha ritirato la richiesta di estradizione per Meng Wanzhou, Chief Financial Officer di Huawei, detenuta in Canada, con conseguente rilascio. Questo è stato immediatamente seguito dal rilascio dei ‘due Michael’ canadesi detenuti con false accuse di sicurezza [...]
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Ucraina: Lend-Lease, la risposta UE al lungo inverno in vista?
La guerra commerciale tra Russia e NATO parallela alla guerra in Ucraina ha già suscitato serie preoccupazioni per una possibile carenza di energia per il prossimo inverno nell’Europa orientale e in Germania, poiché queste regioni ottengono gran parte, se non la maggior parte dell’energia necessaria non solo per il loro settore industriale ma anche per [...]
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Gli Stati Uniti designeranno la Russia ‘Stato sponsor del terrorismo’?
Mentre l’invasione russa dell’Ucraina si avvicina al traguardo dei sei mesi, cresce la pressione sull’amministrazione Biden per designare la Russia uno stato sponsor del terrorismo. La mossa gode del sostegno bipartisan al Congresso ed è vista dai sostenitori come una risposta proporzionata alle crescenti prove dei crimini di guerra russi in Ucraina. Tuttavia, il Segretario [...]
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Egitto: gli Stati Uniti continuano a chiudere gli occhi sugli abusi di Al-Sisi
Nove anni dopo il massacro di Rabaa, Washington continua a trattare el-Sisi con i guanti, fornendo aiuti al regime dispotico
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Cosa significherebbe la presidenza di William Ruto per l’economia del Kenya?
William Ruto è stato dichiarato vincitore delle elezioni presidenziali del Kenya del 2022. I risultati ravvicinati sono stati messi in discussione, aumentando il rischio di una transizione politica prolungata. Ma, se autorizzato, Ruto erediterà un’economia che non è in gran forma. Ad esempio, la disoccupazione è alle stelle, un fatto che ha alimentato il risentimento [...]
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Chi vuol esser Biliardario
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India, strategica per tenere sotto controllo il potere della Cina
Il 75esimo anniversario dell’indipendenza dell’India dà nuovo peso alla sua pretesa di leadership regionale e globale. L’ascesa dell’India, a differenza della Cina, è stata prevalentemente ben accolta sia dall’Occidente che dall’Oriente, con il preponderante obiettivo di diventare la potenza capace di frenare le crescenti intenzioni di Pechino. La Cina si è trovata di fronte al [...]
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Metaverso e criptovalute: il mondo del futuro
Fino a poco tempo fa ‘abitare’ in un mondo virtuale sembrava impossibile, al limite della fantascienza. Eppure, il Metaverso, lanciato da Mark Zuckerberg, funziona proprio così. Cosa vuol dire ‘Metaverso’ ‘Metaverso’ è una parola composta da ‘meta’, che in greco significa ‘oltre’, e ‘universo’. Questo neologismo è apparso per la prima volta nel 1992 nel [...]
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Il Vietnam osserva l’espansione della Cina in Cambogia
Nel giugno 2022, diversi resoconti dei media hanno annunciato che la Cina stava aprendo una base militare presso la base navale cambogiana di Ream, situata all’estremità meridionale della Cambogia, vicino alle acque contese del Mar Cinese Meridionale. La Cambogia ha già utilizzato i finanziamenti cinesi per modernizzare ed espandere la base navale di Ream. I [...]
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Il progetto di monitoraggio di InformaPirata sulla presenza dei temi digitali nei programmi dei partiti per le elezioni politiche 2022
Tutti parlano di digitalizzazione, ma cosa c’è all’interno dei programmi delle forze politiche? Ora che sono stati depositati i simboli delle liste che verranno presentate alle elezioni, avvieremo un monitoraggio sui programmi politici. Lo faremo aprendo un post su feddit.it, per fare in modo che tutti possano partecipare con il proprio contributo e attraverso il proprio punto di vista politico.
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Parte oggi il progetto di monitoraggio di @InformaPirata sulla presenza dei temi digitali nei programmi dei partiti per le #elezioni2022
MONITORAGGIO SULLA PRESENZA DEI TEMI DIGITALI NELLE #ELEZIONI2022
Si apre oggi un progetto di monitoraggio sulla presenza del tema dei diritti digitali nei programmi elettorali per le #elezioni2022.
E, sia chiaro, abbiamo bisogno del vostro aiuto!
informapirata.it/2022/08/16/il…
Il progetto di monitoraggio di InformaPirata sulla presenza dei temi digitali nei programmi dei partiti per le elezioni politiche 2022
Si apre oggi un progetto di monitoraggio sulla presenza del tema dei diritti digitali nei programmi elettorali per le #elezioni2022. E, sia chiaro, abbiamo bisogno del vostro aiuto!informapirata
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Il programma sintetico di "Italia Sovrana e Popolare" si trova su questa pagina.
Il relativo pdf si può scaricare da qui.
Programma Italia Sovrana e Popolare
Quello che intendiamo fare è dare voce al dissenso, alla critica e ai tanti che non ce la fanno più materialmente e moralmente a riconoscersi in questo modello di società.italiasovranaepopolare.net
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L’UE e lo scontro con Polonia per lo stato di diritto
Dopo una breve tregua tra la crisi dei rifugiati e gli effetti del conflitto nella vicina Ucraina, Bruxelles e Varsavia sono tornate sulla loro rotta di collisione sull’adesione agli standard della Polonia allo stato di diritto. Il leader del Partito Diritto e Giustizia Jaroslaw Kaczynski ha promesso che il suo partito non intraprenderà ulteriori azioni [...]
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L’invasione russa ha messo in luce i progressi dell’Ucraina nella costruzione della nazione
L’Ucraina ha compiuto enormi progressi durante i suoi tre decenni di stato indipendente. Negli ultimi mesi, la risposta straordinariamente resiliente del Paese all’invasione della Russia è servita a evidenziare quanto lontano sia arrivata l’Ucraina dai caotici primi anni dell’era post-sovietica. Questo progresso sarà sotto i riflettori il 24 agosto, quando gli ucraini celebreranno i trentun [...]
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È ora di preparare gli USA alla guerra con la Cina?
Una politica che metta gli USAe la Cina sulla strada di crescenti tensioni e conflitti diretti, rischia di intraprendere una marcia verso la follia che sarebbe ancora più distruttiva di quella che distrusse l'Europa più di un secolo fa
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Ucraina, lezioni per l’Occidente: i fallimenti militari della Russia
Ecco cosa avrebbe dovuto imparare l'Occidente sulle motivazioni, le tattiche e la strategia della Russia
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Kenya: l’outlier Ruto ha portato alla vittoria gli ‘imbroglioni’ contro le ‘dinastie’
Ecco come il nuovo Presidente del Kenya ha affrontato le potenti dinastie politiche, il tribalismo che pervade la politica e ha vinto
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Se si vuole governare, si governa dal centro
Prima di lasciarvi all’inedito inizio del campionato, alle gite, alle grigliate e ai pranzi in compagnia di questo strano Ferragosto elettorale, vi dico la mia sulla rottura di Calenda con il Pd e sull’intesa Calenda-Renzi.
Per noi che avevamo promosso l’appello per una nuova alleanza riformista e liberal democratica (ed avevamo organizzato addirittura una “maratona riformista” per spiegarne le ragioni: https://www.linkiesta.it/…/la-maratona-riformista-per…/) la nascita di un Terzo polo con queste caratteristiche è una buona notizia.
In Parlamento sarà rappresentata “una componente liberal riformista ed europeista capace, si vedrà in che misura, di condizionare scelte e inclinazioni politiche in un paese – il nostro – che ha sempre fatto scarso uso di idee liberali e nel quale nuove forme di corporativismo autarchico e di massimalismo socialisteggiante attraversano sia il centrodestra sia il centrosinistra” (https://www.ilfoglio.it/…/nasce-il-terzo-polo-ed-e-una…/). Il che di questi tempi non è poco.
Naturalmente, c’è da augurarsi che non si tratti soltanto di un’alleanza elettorale o di una tregua temporanea tra Matteo Renzi e Carlo Calenda in mancanza di alternative, ma che al contrario sia “il primo passo verso la costruzione di un partito liberlademocratico europeo e atlantico in grado di offrire un’alternativa di governo alla confusione programmatica del Pd e al neo, ex, post fascismo di Fratelli d’Italia e Lega” (https://www.linkiesta.it/…/draghi-elezioni-bipopulismo…/). E ora tocca proprio a Renzi e Calenda dimostrare di saper costruire, a partire da questa alleanza, “qualcosa di nuovo, non solo tattico”.
A ben guardare, quello che è stato subito bollato come il “tradimento di Calenda” era nelle cose. Lo dico terra-terra: il Partito democratico non può diventare una sinistra moderna perché la sua gestione non è davvero contendibile, la minoranza liberal-democratica può avere solo un ruolo ancillare, di condizionamento, ma non può guidarlo. Questo è il problema. E prima o poi bisognerà farsene una ragione.
Lo ha spiegato meglio di me Michele Salvati sul Corriere della Sera (https://www.corriere.it/…/qual-vera-anima-pdil-caso). Secondo Salvati quel che è avvenuto è appunto “un altro segnale di un antico difetto di costruzione del Pd”, che “non è riuscito a creare un senso di comunità, di appartenenza e di identità forte quanto è necessario a consentire la convivenza di inevitabili differenza di opinione. Non è riuscito a creare una identità nuova, di sinistra liberale, e dunque diversa da quella delle forze politiche che confluirono nella formazione del partito: questo era l’auspicio con quale in tanti accompagnammo l’iniziativa di Veltroni” (c’ero e posso confermarlo).
E non c’è riuscito perché le forze contrarie ad un indirizzo di sinistra liberale “sono così ingranate negli equilibri interni del Pd” che prendere quella strada, procedere cioè in direzione di una sinistra liberale, non è possibile. Calenda, sottolinea Salvati, chiedeva infatti molto di più di “un accordo tecnico”: aveva in mente una “alleanza politica” e dunque “scelte che non smentissero in maniera plateale la credibilità di una coalizione politica”. Ma, come il coraggio, una identità di sinistra liberale, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare.
Messe così le cose, Calenda non poteva che imitare Guido Cavalcanti e, con un salto, andarsene. Mi è tornato infatti in mente il salto del poeta Cavalcanti, protagonista di un episodio del Decameron di Boccaccio. Per Italo Calvino, che sceglie l’agile salto improvviso del poeta-filosofo come “un simbolo augurale per l’affacciarsi al nuovo millennio”, nulla illustra meglio la sua idea che una necessaria leggerezza deve sapersi iscrivere nella vita e nella letteratura: “Guido, da lor veggendosi chiuso, prestamente disse: – Signori, voi mi potete dire a casa vostra ciò che vi piace – ;e posta la mano sopra una di quelle arche, che grandi erano, sì come colui che leggerissimo era, prese un salto e fussi gittato dall’altra parte, e sviluppatosi da loro se n’andò”.
Ma vengo ad un esempio dei nostri giorni. Per l’ala più radicale dei democratici americani, il senatore Joe Manchin del West Virginia è un rinnegato, la quinta colonna dei repubblicani, un mostro anti-ambiente al soldo delle compagnie di carbone, petrolio e gas. Insomma, peggio di Calenda e di Renzi messi insieme.
Si sa che al Senato i democratici e i repubblicani controllano 50 seggi a testa. Certo, la maggioranza ce l’hanno i democratici perché in caso di pareggio può votare anche la vicepresidente Kamala Harris. Ma serve il voto di tutti i senatori del partito, compreso Manchin.
Joe Manchin ha 74 anni, è in carica dal 2010 ed è considerato il più conservatore fra i senatori democratici. Da anni insiste sul fatto che le principali riforme devono essere concordate fra i membri di entrambi i partiti. Ma non è così facile. Gli analisti sottolineano da tempo la “polarizzazione” della politica americana e i due partiti incarnano ormai uno scontro aspro e inconciliabile fra due visioni del mondo incompatibili, che mette in discussione le normali regole democratiche. Lo stesso Trump è solo il sintomo più evidente della frattura profonda che attraversa il paese, che si è ampliata fino a diventare una minaccia per la stabilità democratica che generazioni di americani avevano dato per scontata.
Eppure, come ha sottolineato nei giorni scorsi Fareed Zakaria (https://edition.cnn.com/…/exp-gps-0731-fareeds-take), sembra proprio che, in barba ai media e sfidando l’incredulità degli esperti, Joe Biden stia riuscendo nell’impresa di “governare dal centro”, come aveva promesso in campagna elettorale (e a dire il vero fin dalla competizione tra l’ala “moderata” e quella di “sinistra”, che ha caratterizzato le primarie democratiche e ha segnato la fine, in questa stagione, del tentativo del leader radicale Bernie Sanders di spostare l’asse del partito a sinistra, su posizioni che anche in passato non hanno mai portato alla Casa bianca il partito dell’asinello).
Le prove si stanno accumulando. Il compromesso raggiunto al Senato tra il leader della maggioranza Charles E. Schumer e Joe Manchin è passato (con il sostegno dell’altra pecora nera della famiglia, la senatrice Kyrsten Sinema, fermamente posizionata nell’ala più a destra del partito) ed ora attende il via libera della Camera controllata dai democratici. Si tratta del più grande investimento federale in energia pulita mai realizzato negli Stati Uniti e, allo stesso tempo, del più grande pacchetto di riduzione del disavanzo in un decennio (secondo il Congressional Budget Office ridurrà di deficit di oltre 300 miliardi di dollari in una decina d’anni).
L’accordo si aggiunge al Chips and Science Act, che prevede enormi investimenti nella ricerca di base e nelle tecnologie essenziali (e un investimento senza precedenti per aumentare la produzione di semiconduttori e affrontare le vulnerabilità della catena di approvvigionamento); al primo intervento legislativo bipartisan sul controllo delle armi e al progetto di legge sulle infrastrutture da trilioni di dollari: una delle (mancate) promesse elettorali di Donald Trump.
Non per caso, J. Bradford DeLong, su Project Syndicate, ha parlato di una “estate dell’amore”, sul piano legislativo, per Biden: “Presi insieme questi provvedimenti sono più che sufficienti per capovolgere la narrazione relativa ai primi due anni in carica di Biden. Improvvisamente, i risultati legislativi dell’amministrazione sono passati da ‘deludenti’ a ‘oltre ogni aspettativa’”.
Insomma, Biden sta dimostrando che si può “governare dal centro”. Non come prima, ovviamente. Zakaria ricorda che quando, negli anni ’80 e ’90, il Congresso discuteva grandi progetti di legge bipartisan sulla Social Security, per riformare le tasse, aiutare gli americani con disabilità o ridurre l’inquinamento atmosferico, gli autori dei progetti di legge venivano acclamati dai media e all’interno dei loro stessi partiti. Oggi invece non si fa che ripetere che non bisogna scendere a compromessi; e resistere al “nemico” permette di raccogliere più fondi e guadagnare il sostengo degli elementi più radicali del proprio schieramento.
Infatti, nei primi anni del 2000 un grande sforzo bipartisan per affrontare la riforma dell’immigrazione si è arenato sotto i colpi degli estremisti di entrambe le parti. Il Dream Act, racconta il giornalista americano, era sostenuto da due senatori lontani ideologicamente, che tuttavia erano anche buoni amici: il democratico Edward Kennedy e il repubblicano Orrin G. Hatch. Erano tra i membri più anziani del Senato e incarnavano un vecchio modo di fare politica non più in sintonia con i tempi. La rivoluzione di Gingrich degli anni ’90 ha infatti cambiato il Partito repubblicano e la stessa Washington. E da allora il compromesso è considerato un tradimento.
Cercando di far rivivere quel vecchio modo di far politica e di governare, Biden sta andando controcorrente. Ma sorprendentemente, a piccoli (significativi) passi, sembra riuscirci. Il che rappresenterebbe davvero una rivoluzione in grado di cambiare la struttura degli incentivi e ridurre la tossicità a Washington.
Per i democratici americani c’è, inoltre, un reale spazio di crescita. Perché sono in una posizione migliore dei repubblicani per diventare un grande tent party. Come ha dimostrato uno studio di Brookings, nel 2020 “la vittoria di Biden è arrivata dai sobborghi” e quegli elettori sono verosimilmente più moderati e centristi rispetto alla base democratica. Gli elettori suburbani sembrano essere sempre più distanti dalle posizioni repubblicane su questioni come l’aborto e le armi. E sull’onda del ribaltamento della storica sentenza Roe v. Wade da parte della Corte Suprema, i sondaggi in vista delle elezioni di medio termine che prima favorivano i repubblicani sembrano ora indicare un pareggio.
Ma (e veniamo al punto che riguarda anche noi) essere un grande tent party, un partito pigliatutto, è difficile. Significa avere a che fare anche con persone con cui sei profondamente in disaccordo. Ma, spiega Zakaria, in un paese grande e diversificato con oltre 330 milioni di persone, è l’unico modo per governare. Alcuni dei più grandi successi dei democratici si sono concretizzati con quello spirito. Franklin D. Roosevelt ha rinviato l’intervento sui diritti civili per poter approvare il New Deal. Lyndon B. Johnson ha arruolato il sud segregazionista per sostenere gran parte della sua legislazione sulla Great Society. Bill Clinton dovette governare principalmente con un Congresso controllato dai repubblicani. E anche quando Barack Obama aveva la maggioranza al Congresso, ha scelto di dare la priorità all’assistenza sanitaria universale rispetto a molte altre importanti questioni sociali, incluso il matrimonio tra persone dello stesso sesso. A volte, inoltre, il compromesso può portare a risultati migliori. Ad esempio, spiega il columnist, il disegno di legge sull’immigrazione era un progetto migliore di quello che entrambe le parti avrebbero approvato in modo autonomo perché teneva conto delle preoccupazioni legittime e delle argomentazioni valide di entrambe le parti.
Senza contare che alcuni degli argomenti di Manchin erano fondati: “Sul clima, il suo punto di vista secondo cui non dovremmo porre fine definitivamente all’uso dei combustibili fossili prima di avere abbastanza tecnologie verdi su larga scala per sostituirli può darsi sia un atteggiamento interessato del senatore del West Virginia, ma è anche una lettura accurata di dove ci troviamo oggi”.
Oltretutto, è la sua risolutezza che dovrebbe sorprendere. Non sarebbe male tenere a mente infatti che Manchin rappresenta uno Stato che Trump, nel 2020, ha vinto con circa 40 punti di distacco. Bisogna pensare a Manchin come a una cartina di tornasole, dice Zakaria. Se i democratici sono in grado di tenere Manchin con loro, per definizione stanno costruendo un grande tent party, che potrebbe comprendere la maggioranza degli americani.
Del resto, anche il Pd di casa nostra nasce (ricordate?) sul presupposto che il centrosinistra, anziché limitarsi unicamente ad allargare l’alleanza mettendo insieme sigle e partiti, doveva puntare a conquistare nuovi elettori ed ampliare l’area del radicamento, scommettendo sul fatto che le propensioni degli elettori potevano mutare. Ma siamo sempre lì: per conquistare nuovi elettori bisogna cambiare. E oggi quel che occorre non è il ritorno alle antiche certezze, ma il dichiarato superamento di vecchi atteggiamenti e vecchie posizioni.
Se i democratici di casa nostra non sono in grado di tenere con loro neppure Calenda e Renzi, come possono costruire una big tent aperta alla maggioranza degli italiani? Se si vuole governare, si governa dal centro. Non dalle posizioni della Squad di Ocasio-Cortez. Il che significa che con i “mostri” – come Manchin, come Sinema, come Renzi, come Calenda – bisogna fare i conti. Perché senza i mostri non c’è nessuna big tent, c’è la vecchia sinistra di sempre. E che ciascuno vada per la propria strada è inevitabile.
Buon Ferragosto!
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Nicola Chiaromonte – Lo spettatore critico
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La cultura è l’unica cosa che ci salverà.
Per tutti quelli che si scandalizzano per Roberto Fiore (dichiarato fascista) candidato per Forza Nuova alle #elezionipolitiche2022 lo può fare perché siamo in uno stato democratico.Fascista Roberto Fiore – candidato elezioni 2022 per Forza Nuova
Anche se nel 1985 è stato condannato per il reato di associazione sovversiva e banda armata e rifugiato politico a Londra affiliato al MI6 confutato dalla Commissione Europea d’inchiesta su razzismo e xenofobia, oggi sta scontando quelle pene per cui era stato condannato per l’assalto alla CGIL di Roma.
Ci riempiamo di sempre nuove sovrastrutture (normative, ideologiche, giudiziarie) per cercare di mettere un filtro, fermare, combattere, bloccare la frangia (neo) fascista.
Mentre dall’altra parte ci sono personaggi che sanno che per il sistema democratico possono permettersi di esprimere la “propria opinione” facendo il gioco di un certo tipo di propaganda.
Ricordiamo su questo la #matrice della Meloni come esempio su tutti.
Quelle sovrastrutture non hanno senso d’esistere se non complementari all’unica vera soluzione: lavorare sulla cultura, sul lato culturale. Senza la conoscenza e la sua condivisione, la propaganda (il ripetere un concetto fino a renderlo vero) attecchirà sempre nonostante tutti gli escamotage creati.
Un esempio? La legge sull’apologia di fascismo, sentenze, assoluzioni e fatti che non sussistono. (fonte: it.wikipedia.org/wiki/Apologia… )
Questo si allinea anche sull’andamento di un’Italia che vede un degrado culturale in crescita sia dal punto di vista prettamente individuale (quanti libri legge una persona anche solo per diletto? quanti si fermano solo al titolo di un articolo di giornale?) o che si parli di strutture e centri di cultura martoriati da una governance sempre più propensa al capitalismo, al benessere come obiettivi elettorali da regalare ai votanti sgretolando le realtà che promuovono la cultura (da qualche parte bisogna prendere le risorse, nulla si crea, nulla si distrugge… è fisica)
Se le campagne elettorali sono sempre più estreme, a partire dai loghi elettorali, alzano sempre più slogan dalle parole più simili a televendite che a proposte potenzialmente realiste, è perché nella corsa spasmodica della ricerca di consenso, anche fosse per un unico voto in più, ormai si è compromesso anche quel poco di integrità morale che si poteva mantenere fino a qualche tempo fa.
Un esempio? Non è colpa della pandemia se va tutto male.
Altro che “andrà tutto bene”, saremo migliori dopo, impareremo dai nostri errori… la storia si ripete smepre se mai nessuno prende consapevolezza che bisogna aprrire gli occhi, nessuno escluso: se non c’è volontà di cambiamento e crescita, di maturare da parte del singolo individuo, la società sì, si strasformerà in qualcosa che non sarà più sostenibile e naturale. Gli effetti continuiamo a vederli.
La cultura è l’unica cosa che adesso dovremmo coltivare tutti, ognuno di noi per capire, comprendere, conoscere in maniera condivisa per il bene comune… e l’educazione come catalizzatrice della cultura, ma un’educazione che non si deve chiamare indottrinamento.
Se no prepariamoci per andare tutti a ramengo.
Pace.
Ucraina: guida alla Kiev in tempo di guerra
Un viaggio nell'odierna Kiev offre l'opportunità di assistere alla storia del mondo in divenire fornendo al contempo agli ucraini un significativo supporto morale e materiale
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L’India compie 75 anni: tutto sulla costituzione che guida la democrazia più popolosa del mondo
L’India, oggi, 15 agosto 2022, celebra il suo 75° compleanno La sua indipendenza dal dominio coloniale britannico seguì un processo complesso, inclusa la partizione: la divisione dell’India in Pakistan a maggioranza musulmana e India a maggioranza indù. La partizione ha causato lo sfollamento di decine di milioni di persone e ha causato la perdita di vite [...]
L'articolo L’India compie 75 anni: tutto sulla costituzione che guida la democrazia più popolosa del mondo proviene da L'Indro.
dicaeffe
in reply to Informa Pirata • • •Se provo ad interagire da Feddit mi dice che devo fare il login.
Informa Pirata
in reply to dicaeffe • •@dicaeffe puoi copiare questo link < poliverso.org/objects/0477a01e… >nella casella di ricerca di mastodon e "vedere" il post originario.
Da lì puoi commentare
PS: stiamo aggiungendo già i primi i link ai programmi elettorali
Informa Pirata
in reply to dicaeffe • •