Cos’è il Commonwealth?
Non era solo la regina del Regno Unito. La defunta Elisabetta II era anche il leader del Commonwealth, un’associazione volontaria di 56 Paesi indipendenti, la maggior parte dei quali un tempo facevano parte dell’Impero britannico. Include anche 14 Stati che continuano ad avere il sovrano come capo di stato. Il Commonwealth risale a quasi 100 [...]
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La corona britannica sopravviverà a Elisabetta II?
Un esame della storia ci fa vedere che un paese come l’Inghilterra, con una consolidata tradizione monarchica, ha dimostrato che la Corona ha potenzialità storiche sufficienti per sopravvivere ai rischi dinastici, nonostante le carenze che le persone dall’ambiente familiare dei sovrani. Sembra chiaro, dopo la morte della regina Elisabetta II, che il monarca rimarrà e, [...]
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VPN: a che serve, quali sono i rischi e come scegliere il miglior provider
Alzi la mano chi usa una VPN. Ormai è uno strumento diventato di uso comune, con tantissimi servizi diversi e piani di abbonamento di ogni tipo. Se comprare un servizio VPN è diventato facilissimo, non lo è altrettanto capire quale possa essere quello giusto, soprattutto quando non è ben chiaro il funzionamento di una VPN e quali possono essere i rischi.
Oggi cercherò di spiegare in modo semplice cosa fa (e non fa) una VPN, quali sono le principali minacce a cui andiamo incontro e quali possono essere i criteri per decidere il provider migliore.
Cosa fa una VPN?
Nella normalità, quando navighiamo online sono gli Internet Service Provider (come Tim, Vodafone, Fastweb, ecc.) che ricevono le nostre richieste di connessione e le indirizzano al server di destinazione. Chiaramente, questo significa che nei confronti del nostro ISP siamo completamente trasparenti: sanno esattamente cosa facciamo e conoscono la nostra identità.
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Regina Elisabetta II: una modernizzatrice che ha guidato la monarchia britannica nel 21° secolo
Quando il compianto storico Sir Ben Pimlott ha intrapreso la sua biografia nel 1996, i suoi colleghi hanno espresso sorpresa per il fatto che avrebbe dovuto considerare la regina Elisabetta II degna di uno studio serio. Eppure il giudizio di Pimlott si è dimostrato valido e, se pochi accademici hanno seguito la sua guida, il [...]
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Educazione motoria alla primaria, diffusa la nota con i chiarimenti per l'insegnamento della disciplina nelle classi quinte da parte di docenti specialisti per l’anno scolastico 2022/2023.
Qui tutti i dettagli ▶️ miur.gov.
Torna feroce l’austerità europea contro i lavoratori e i poveri
"Ma soprattutto la decisione della BCE annuncia il ritorno ai patti di stabilità che distruggono la civiltà. Il commissario Gentiloni infatti ha già annunciato che gradualmente si tornerà ad essi e che in ogni caso paesi come l’Italia dovranno cominciare a mettersi a posto coi conti. Cioè a tagliare ancora servizi pubblici e sociali. Mentre si aumentano le spese militari. Come sta già facendo Draghi, che di questa politica di austerità europea e guerra americana è il primo rappresentante in Italia."
contropiano.org/news/politica-…
Torna feroce l’austerità europea contro i lavoratori e i poveri - Contropiano
La decisione della Banca Centrale Europea di alzare dello 0,75 il tasso di sconto è un atto di feroce austerità contro tutti i popoli europei.Redazione Contropiano (Contropiano)
Mercato immobiliare a Torino: è la terza città italiana
In generale il mercato immobiliare in Italia sta attraversando un momento di forte ripresa. Nel corso del 2022 sono aumentate le compravendite, con una tendenza che era emersa anche nel 2021. Tra le città che hanno visto una crescita maggiore c’è sicuramente Torino. Il capoluogo piemontese ha rappresentato negli ultimi tempi la terza piazza per [...]
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Elisabetta II e l’Africa: amore e risentimento
L'Africa e la regina: formalità, a tratti sincera ammirazione e perfino calore, su di un poderoso substrato di risentimento per il passato coloniale della Gran Bretagna
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È tempo per l’India di approfondire i legami con Taiwan?
Le tensioni nello Stretto di Taiwan hanno raggiunto il culmine. La visita del presidente della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi a Taiwan all’inizio di agosto ha acceso la rabbia della Cina, con l’EPL impegnato in una serie di esercitazioni di flessione muscolare nel Mar Cinese Meridionale, nel Mar Giallo e nelle Bohain Hills. Durante [...]
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La guerra di aggressione della Russia in Ucraina richiede un tribunale internazionale speciale
Cosa abbiamo fatto per fermare i crimini di guerra russi in Ucraina? Questa domanda viene inevitabilmente in mente a chiunque visiti i luoghi delle recenti atrocità russe in luoghi come Bucha e Irpin fuori Kiev. Il desiderio di giustizia è un’espressione fondamentale dello spirito umano, ma la comunità internazionale attualmente non dispone degli strumenti per [...]
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Si cresce a dispetto
Se revocassimo la sanzioni alla Russia per essere più ricchi, in realtà, diventeremmo immediatamente più poveri.
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La fine della geopolitica morale della regina Elisabetta II
La morte della regina Elisabetta II segna il passaggio di un’era nel Regno Unito. Potrebbe anche segnalare la fine di un approccio alla politica globale che lei personificava, un’idea di un mondo riunito come una famiglia o una comunità, a cui teneva profondamente. Il monarca è stato una fonte di continuità durante un drammatico periodo [...]
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Risparmio sul gas: la carta del volontariato
Nel ‘Piano Nazionale di Contenimento dei Consumi di Gas Naturale’ (emanato dal Ministero del transizione Ecologica qualche giorno fa) si sottolinea che una delle modalità utili per il risparmio energetico è la ‘Misura comportamentale (a costo zero)’ (punto 3.3). Essa è implementabile “ attraverso una campagna di sensibilizzazione, con il supporto della Presidenza del Consiglio [...]
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Regina Elisabetta II: perché Carlo è già re?
Il Regno Unito è in lutto per la regina Elisabetta II dopo la sua morte all’età di 96 anni. La sua scomparsa solleva importanti questioni costituzionali su come il Paese passa al regno di suo figlio, Carlo. Questi sono i momenti chiave a cui prestare attenzione nei giorni a venire, secondo il Professor Robert Hazell, [...]
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Re Carlo III: come il nuovo monarca cambierà la vita quotidiana inglese
Negli ultimi 70 anni, la Gran Bretagna si è abituata al profilo iconico della Regina Elisabetta II su francobolli e monete. Ora che il re Carlo III è salito al trono, probabilmente ci vorrà del tempo prima che molti si adattino al nuovo ordine reale. Le modifiche a cose come valuta e inni, sebbene banali, [...]
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Elisabetta II è nell’evoluzione della Nuova Zelanda
La morte della regina rappresenta un'altra opportunità per la Nuova Zelanda di rivalutare la propria nazionalità e forse di essere creativa
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Borsa: canapa, indice Canada positivo, meno quello USA
Le due principali piazze borsistiche mondiali nel settore della produzione, trattamento e commercializzazione della canapa, ovvero Canada e USA, questa settimana chiudono con andamento opposto, la Borsa USA chiude in rosso, la Borsa Canapa Canada chiude in positivo. L’indice medio delle piazze borsistiche internazionali, però, chiude la settimana corrente con valori positivi. Tutto questo dimostra, [...]
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Internet e social: la dose giusta per gli adolescenti. Il post di Carlo Venturini sull'Almanacco della Scienza
Sabrina Molinaro dell’Istituto di fisiologia clinica e Giorgia Bassi dell’Istituto di informatica e telematica del Cnr spiegano perché è importante che gli adolescenti riducano il tempo trascorso in Rete, utilizzando Internet e i social network. E fondamentale è anche il ruolo dei genitori, che vanno coinvolti nell’educazione digitale
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Gli Ufo esistono? Le Testimonianze Storiche
Gli UFO esistono? Ci sono testimonianze storiche degli UFO? Ci sono ritrovamenti archeologici che ne confermino l’esistenza? Questo articolo serve esclusivamente a calcolare esattamente quante visite in più farebbe questa pagina se iniziasse a trattareContinue reading
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Elisabetta II e l’Australia
A Elisabetta II piacevano l'Australia e gli australiani. Negli ultimi decenni della sua vita, la sua popolarità è cresciuta
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La Russia potrebbe non sopravvivere alla disastrosa decisione di Putin di invadere l’Ucraina
La guerra della Russia in Ucraina ha dimostrato che il Cremlino non rispetta i fondamenti del diritto internazionale o la santità dei confini internazionali. Questa politica estera imperialistica potrebbe presto rimbalzare sulla Russia stessa. L’integrità territoriale della Russia sembra destinata a diventare sempre più contestata dalle numerose repubbliche e regioni interne del paese poiché la [...]
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Elisabetta II: la fine della ‘nuova era elisabettiana’
Quando la regina Elisabetta II salì al trono nel 1952, la Gran Bretagna stava cambiando e lì c'era una giovane e bella regina che sedeva al suo timone
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L’Albania interrompe le relazioni con l’Iran, Washington applaude l’alleata Tirana
della redazione
Pagine Esteri, 9 settembre 2022 – Ha confermato il pieno sostegno degli Usa alle autorità di Tirana, il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, durante il colloquio telefonico che ha avuto con il primo ministro albanese, Edi Rama, dopo il presunto attacco informatico che l’Iran avrebbe compiuto il 15 luglio scorso all’Albania. Le parti hanno concordato di rafforzare la difesa informatica dell’Albania e discusso delle “sfide regionali e globali della Nato” di cui l’Albania fa parte dal 2009. Gli Stati Uniti ieri hanno promesso che “intraprenderanno ulteriori azioni per ritenere l’Iran responsabile di azioni che minacciano la sicurezza di un paese alleato e creano un precedente preoccupante per il cyberspazio”.
La Nato ha condannato l’attacco informatico ai danni dell’Albania attraverso il suo segretario generale Jens Stoltenberg. Condanna alla quale si aggiunge quella del Consiglio del Nord Atlantico (Nac) che ha espresso solidarietà a Tirana.
Il governo dell’Albania ha interrotto le relazioni diplomatiche con l’Iran sostenendo, in un comunicato, che “il 15 luglio, il nostro Paese è stato oggetto di un grave attacco informatico, che aveva come obiettivo la distruzione dell’infrastruttura digitale del governo della Repubblica d’Albania, la paralisi dei servizi pubblici, nonché il furto di dati e comunicazioni elettroniche dai sistemi governativi. L’attacco non ha raggiunto il suo obiettivo. Rispetto agli obiettivi dell’aggressore, il danno può essere considerato minore. Tutti i sistemi sono stati ripristinati e nulla è andato irrimediabilmente perso”. Teheran però nega il suo coinvolgimento nell’attacco informatico e “condanna fermamente” la decisione dell’Albania di rompere le relazioni definendo “infondate” le accuse mosse da Tirana. Il ministero degli esteri iraniano definisce la scelta dell’Albania “un’azione sconsiderata e miope” e respinge le “azioni anti-iraniane” di Tirana.
I due paesi sono ai ferri corti da lungo tempo, in particolare per la decisione di Tirana di dare ospitalità a circa 3.000 uomini del movimento iraniano d’opposizione People’s Mojahedin Organization of Iran (PMOI), una organizzazione considerata “terrorista” dall’Iran. Pagine Esteri
Sul ruolo dell’Albania nella Nato e la sua crescente importanza per gli interessi statunitensi nei Balcani, vi invitiamo a leggere un articolo scritto a luglio dal nostro analista Marco Santopadre.
L’Albania si offre alla Nato come avamposto nei
Balcani
di Marco Santopadre
Pagine Esteri, 12 luglio 2022 – Nonostante il suo ingresso nella Nato risalga già al 2009, l’Albania è rimasta a lungo in una posizione defilata e periferica rispetto al processo di riorganizzazione dell’alleanza militare capitanata da Washington nel continente europeo. Negli ultimi mesi, però, il governo della piccola repubblica balcanica ha deciso di candidare il paese ad un ruolo assai più attivo e strategico nello schieramento atlantista, approfittando anche delle tensioni causate dalla crisi ucraina e dall’invasione russa. Il vertice della Nato svoltosi alla fine di giugno, in particolare, ha costituito l’occasione per una serie di incontri che hanno ulteriormente accelerato il processo di riconversione di alcune delle installazioni militari già esistenti nell’Adriatico meridionale.
Rama offre la base navale di Porto Romano
In occasione dello storico summit di Madrid dell’Alleanza Atlantica, il primo ministro di Tirana, Edi Rama, ha dichiarato che il suo paese è impegnato in una serie di colloqui con i collaboratori di Jens Stoltenberg allo scopo di realizzare una base navale nei pressi di Durazzo, per destinarla ad offrire supporto logistico e militare alle operazioni della Nato nel Mediterraneo.
L’area prescelta è quella di Porto Romano e la realizzazione dell’installazione dovrebbe essere cofinanziata dall’Albania e dal Patto Atlantico; secondo la proposta del premier socialista, la realizzazione della base militare nel porto marittimo sarebbe a carico della Nato mentre dell’area commerciale si occuperebbe Tirana. Grazie all’ampliamento di quest’ultima, il nuovo porto mercantile di Durazzo diventerebbe il più importante del paese.
«Un incontro speciale tra il team di esperti albanesi e della Nato si terrà presto per svelare il progetto dettagliato e proseguire con ulteriori colloqui e discussioni sul progetto» ha affermato Rama nel corso di una conferenza stampa. Intanto con un comunicato l’Alleanza ha informato che il 13 luglio il segretario generale della Nato riceverà a Bruxelles il premier albanese.
Lavori in corso alla base di Pashaliman
Già a maggio Rama ha offerto all’Alleanza Atlantica l’utilizzo della base navale di Pashaliman, che si trova 180 km a sud della capitale. L’installazione, che Tirana si è impegnata ad ampliare ed ammodernare, è stata costruita negli anni ’50 nel quadro della cooperazione militare con l’Unione Sovietica. Fino alla rottura tra Enver Hoxha e Mosca, nel 1960-61, Pashaliman ospitò 12 sottomarini sovietici, che in seguito si ridussero a quattro. Dopo l’implosione del regime socialista l’area venne in gran parte abbandonata e poi saccheggiata durante gli scontri del 1997, per poi essere ristrutturata dalla Turchia; da allora viene utilizzata come approdo logistico per alcune navi militari dell’Albania e di altri paesi che pattugliano lo Ionio e l’Atlantico. «In questi tempi difficili e pericolosi, credo che la Nato dovrebbe prendere in considerazione l’idea di avere una base navale in Albania» ha spiegato Rama.
La base aerea di Kuçovë
In attesa di capire se Stoltenberg accetterà l’offerta di Tirana, la Nato ha comunque già avviato dall’inizio dell’anno i lavori per potenziare la base aerea di Kuçovë, 85 km a sud di Tirana, in modo che possa essere utilizzata dai caccia dell’Alleanza, che per ora ha deciso di investire nell’operazione circa 50 milioni di euro sulla base di un accordo che risale al 2018.
La base originaria – all’epoca la località era stata ribattezzata Qyteti Stalin (“Città di Stalin”) – venne realizzata tra il 1952 e il 1955, e fu utilizzata dal governo albanese per ospitare decine di caccia prima sovietici (MiG, Yakovlev e Antonov) e poi, dopo la rottura con Mosca, di fabbricazione cinese (Shenyang J-5 e J-6), alcuni dei quali sono stati impiegati fino al 2005. Poi negli anni ’90 l’area venne di fatto abbandonata e saccheggiata, finché tra il 2002 e il 2004 il campo d’aviazione di Kuçovë fu rinnovato e adeguato agli standard minimi della Nato.
Ora la vecchia base aerea nell’Albania centro-meridionale, che verrà estesa oltre i suoi 350 ettari attraverso un certo numero di espropri, diventerà una base operativa tattica della Nato – la prima dell’Alleanza nei Balcani occidentali – in grado di ospitare una squadriglia di caccia F-16. «La posizione del quartier generale avanzato in Albania fornirà una maggiore interoperabilità con i nostri alleati albanesi, un importante accesso agli hub di trasporto nei Balcani e una maggiore flessibilità logistica» recitava a gennaio un comunicato diffuso dal Comando per le operazioni speciali degli Stati Uniti in Europa (Soceur) basato a Stoccarda, in Germania.
Il 20 gennaio scorso a Kuçovë si è svolta la cerimonia di inaugurazione dei nuovi importanti lavori, alla presenza del primo ministro Rama, del Ministro della Difesa Niko Peleshi e dell’ambasciatrice degli Stati Uniti in Albania Yuri Kim. Come ha annunciato nel dicembre del 2021 Peleshi, la struttura è stata anche già scelta come quartier generale dell’Aviazione Militare albanese, al momento ridotta al lumicino e formata di fatto soltanto da alcuni elicotteri Cougar (in attesa di alcuni Blackhawk) ma da nessun caccia.
Il primo ministro socialista considera l’operazione una grande occasione per modernizzare e rafforzare le capacità operative delle forze armate albanesi e per accrescere il ruolo dell’Albania nell’Alleanza Atlantica e supportare la procedura di ingresso di Tirana nell’Unione Europea, approfittando di una fase segnata dall’aumento della conflittualità con Russia e Cina.
Un avamposto Nato contro Russia e Cina
Di fatto Tirana si candida a costituire un avamposto della Nato in grado di contenere le influenze di Mosca e Pechino su alcuni paesi dell’area come la Serbia, supportando al tempo stesso il processo di cooptazione nell’Alleanza di nuovi paesi dell’area come la Bosnia-Erzegovina e il Kosovo, dopo l’ingresso della Macedonia del Nord. In alcune sue dichiarazioni il titolare della Difesa Peleshi è stato molto esplicito: «La costruzione di questa base è un chiaro messaggio inviato ad altri attori con cattive intenzioni nella regione dei Balcani occidentali. (…) La crescente presenza occidentale in tutta la nostra regione non consentirà la penetrazione e l’influenza di questi rivali, che hanno programmi e interessi diversi da quelli in cui crediamo e condividiamo».
Stando alle stesse dichiarazioni di alcuni generali della Nato, si evince che l’Albania viene considerata un avamposto strategico per l’addestramento e il dispiegamento rapido delle forze speciali di Washington, da utilizzare nel corso di un’eventuale crisi bellica in tutta l’area balcanica.
«Grazie al supporto che stiamo trovando da parte delle strutture di difesa statunitensi, stiamo prendendo coscienza che se investiamo in modo intelligente e affrontiamo il nostro percorso di rafforzamento e miglioramento della qualità delle nostre forze militari, possiamo essere un valore aggiunto per la NATO, anche per eventuali altri progetti. Del resto, stiamo assistendo alla concretizzazione di qualcosa che, inizialmente, sembrava irrealizzabile» ha spiegato Rama, per il quale i progetti da realizzare in ambito Nato dovrebbero costituire un volano per lo sviluppo di varie opportunità di carattere economico e commerciale.
Proprio nei giorni scorsi, tra l’altro, il premier Rama ha annunciato la scoperta nel paese di importanti riserve di gas e di petrolio – ancora da quantificare – ad opera della compagnia energetica anglo-olandese Shell. Pagine Esteri
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I benefici della cannabis conquistano sempre più la comunità medico-scientifica internazionale
Stati Uniti: un ulteriore studio ha indicato che i pazienti sperimentano benefici dall’uso della cannabis per una serie di condizioni in cui i trattamenti convenzionali si sono rivelati inefficaci o inaccettabili. Il 17% ha dichiarato di aver iniziato a fare uso di cannabis terapeutica dopo una raccomandazione da parte di un operatore sanitario o di [...]
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ISRAELE/PALESTINA. L’archeologia strumento per l’espropriazione delle terre
di Jeff Wright – Mondoweiss*
Pagine Esteri, 9 settembre 2022 – Il sito archeologico della Città di David, gestito dall’organizzazione israeliana dei coloni, la fondazione Elad, si affaccia sul quartiere palestinese di Silwan, a Gerusalemme Est.
Nel suo rapporto biennale di 18 pagine pubblicato la scorsa settimana, Emek Shaveh documenta i piani degli enti governativi israeliani e delle organizzazioni di coloni che, a suo dire, sono “progettati per cambiare il carattere demografico e storico di Gerusalemme Est”. Il rapporto descrive anche “uno sforzo diffuso [in Cisgiordania] per reprimere l’edilizia palestinese, l’attività agricola e lo sviluppo dei siti del patrimonio archeologico”.
I coloni e gli enti governativi sequestrano i terreni o ne assumono il controllo, secondo il rapporto, “con il pretesto della ricerca archeologica o dello sviluppo dei siti storici per il pubblico beneficio”.
Emek Shaveh è un’organizzazione non governativa israeliana che lavora “per difendere i diritti del patrimonio culturale e per proteggere i siti antichi come beni pubblici che appartengono ai membri di tutte le comunità, fedi e popoli”. Sul suo sito web, l’ONG sostiene che “le rovine del passato sono diventate uno strumento politico nel conflitto israelo-palestinese… [lavoriamo] per sfidare coloro che usano i siti archeologici per espropriare le comunità diseredate”.
Il suo rapporto sui recenti sviluppi a Gerusalemme si concentra sul lavoro della Fondazione Elad, uno dei gruppi di coloni più grandi e influenti di Israele. Secondo un articolo di Haaretz, Elad “opera a Gerusalemme Est con due obiettivi principali: insediare ebrei nel quartiere di Silwan, in gran parte arabo, e gestire siti turistici e di scavo”.
Il fiore all’occhiello di Elad è il Parco Archeologico City of David, che la fondazione gestisce per conto dell’Autorità Israeliana per la Natura e i Parchi. Il cuore del parco si trova nel quartiere palestinese di Silwan, a Gerusalemme Est.
I progetti relativi al parco includono un ponte sospeso, un caffè e un luogo per eventi chiamato Una casa nella Valle, e una proposta di funivia che inizierà nella parte occidentale di Gerusalemme, passerà sopra i quartieri palestinesi mentre attraversa Gerusalemme Est, e terminerà nel centro culturale di sette piani a tema biblico proposto dalla Città di David, che sarà costruito su un terreno dove un tempo si riunivano le famiglie palestinesi.
Emek Shaveh descrive nei dettagli come molti di questi progetti – tra cui case per i coloni, negozi per chi vuol fare spese – si stiano espandendo oltre il Parco Archeologico della Città di David, nella Valle di Hinnom a sud e nella Valle di Kidron a est.
Mentre Elad suggerisce che si tratta semplicemente di sforzi per espandere le opportunità turistiche della città, Emek Shaveh descrive come essi servano a fini politici e ideologici più nefasti: controllare lo sviluppo dell’area e celebrare la storia ebraica della zona, ignorando la narrazione multistrato delle culture e dei popoli che, nel corso dei millenni, hanno occupato Gerusalemme e i suoi dintorni.
Collusioni tra i coloni e il governo
Secondo il rapporto, “la moltiplicazione delle iniziative turistiche guidata dai coloni non sarebbe stata possibile senza la piena collaborazione degli organi governativi competenti, come l’Autorità per la Natura e i Parchi (INPA), il Comune di Gerusalemme e l’Autorità per lo Sviluppo di Gerusalemme (JDA)”.
“Insieme”, sostiene Emek Shaveh, “le loro azioni sfruttano i valori della natura e della conservazione del patrimonio per alterare l’identità multiculturale del nucleo storico di Gerusalemme”. A maggio, il governo israeliano ha annunciato la decisione di finanziare il proseguimento del lavoro con una sovvenzione di quasi 5 milioni di dollari per, come si legge nella sovvenzione, “migliorare lo status di Gerusalemme come città internazionale di fede, patrimonio, cultura e turismo”.
Emek Shaveh insiste sul fatto che, invece, si tratta di “una decisione politica per continuare a finanziare l’insediamento archeologico-turistico della Fondazione Elad, asservendo l’Autorità Israeliana per le Antichità alle sue esigenze ideologiche private… progettate per cambiare il carattere demografico e storico di Gerusalemme Est in generale, e del Bacino Storico in particolare”. “Utilizzando gli ordini di giardinaggio del Comune di Gerusalemme e la legge discriminatoria israeliana sulle Proprietà degli Assenti, Elad ha cospirato con l’Autorità israeliana per la Natura e i Parchi per avviare diversi nuovi progetti nella Valle di Hinnom che, per millenni, è stata la necropoli della città. La scorsa estate, l’organizzazione dei coloni ha creato un altro sito turistico, il Centro per l’Agricoltura Antica.
Qualcosa più che un’altra attrazione culturale
“La fattoria”, spiega il rapporto di Emek Shaveh, “è diventata un sito strategico per la Fondazione Elad nei suoi sforzi di raggiungere il pubblico laico israeliano tradizionale. Grazie alla sua vicinanza a Gerusalemme Ovest e alle istituzioni culturali tradizionali…”, continua il rapporto, “Elad è ben posizionata per attrarre folle relativamente non politiche che percepirebbero la fattoria come un altro luogo culturale nella zona”.
Negli ultimi mesi, riferisce Emek Shaveh, la Fondazione Elad ha ospitato gruppi di studenti delle scuole superiori, gruppi pre-militari e gruppi di volontari per lavorare sui terreni, alcuni dei quali, secondo i palestinesi, erano di proprietà privata e ora sono sotto l’egida del Custode Generale o della Municipalità di Gerusalemme.
Gli studenti a cui viene offerta l’opportunità di partecipare a un programma di “coinvolgimento sociale” ospitato dalla fattoria sono spesso “inconsapevoli delle implicazioni politiche ed etiche delle loro azioni”, secondo il rapporto. Elad non spiega ai genitori o agli insegnanti che si tratta di un progetto politico gestito dalla stessa Fondazione Elad.
Di conseguenza, i visitatori dei siti di Elad – israeliani e internazionali – saranno probabilmente informati sulla vita e sulle pratiche associate al periodo del Primo e del Secondo Tempio, senza essere esposti al ricco patrimonio culturale di altre civiltà, per non parlare dei palestinesi le cui famiglie risiedono nell’area da secoli.
In una conversazione su Zoom, la coordinatrice delle attività internazionali di Emek Shaveh, Talya Ezrahi, ha descritto una tendenza preoccupante. Ha affermato il valore della conservazione del patrimonio ebraico e poi ha detto: “Mentre l’importanza di proteggere i siti ebraici e di condividere la storia ebraica si sta radicando in questa parte del mondo, il pubblico tradizionale spesso non è consapevole del fatto che i progetti si stanno spostando oltre la Linea Verde, che questi siti sono destinati ad escludere le storie palestinesi e le testimonianze di altri popoli e fedi che hanno vissuto in questa terra.”
I resti archeologici nell’area coprono un arco di 7.000 anni: la città è stata abitata da Cananei, Giudei, Assiri, Babilonesi, Persiani, Greci, Romani e Bizantini, compreso un millennio di dominio musulmano. “I coloni”, ha spiegato Ezrahi, “stanno prendendo l’affascinante e stratificata storia di Gerusalemme e la riducono a una narrazione esclusivamente ebraica”.
Il Monte degli Ulivi è di nuovo all’ordine del giorno
A febbraio, Mondoweiss ha riferito dei piani di Elad e dell’Autorità Israeliana per la Natura e i Parchi – descritta da Emek Shaveh come “I due che camminano insieme” – per prendere circa 7 ettari di terreno sul Monte degli Ulivi. All’epoca, era stato riferito che il piano era stato accantonato in risposta ad una lettera molto dura al Ministro israeliano per la Protezione dell’Ambiente, scritta dai leader delle chiese storiche di Gerusalemme.
I piani per l’estensione dei confini del parco sono stati ripresentati al comitato di pianificazione locale e saranno ascoltati a dicembre. Una mappa della superficie proposta include vaste parti del Monte degli Ulivi e parti delle valli di Hinnon e di Kidron.
Nella loro lettera, il Patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme Theophilos III, il Custode della Chiesa Cattolica di Terra Santa Francesco Patton e il Patriarca armeno di Gerusalemme Nourhan Manougian hanno descritto il Monte degli Ulivi come “uno dei siti più sacri per la cristianità”.
La lettera continuava: “Negli ultimi anni, non possiamo fare a meno di sentire che diverse entità stanno cercando di minimizzare, per non dire eliminare, qualsiasi caratteristica non ebraica della Città Santa….”. “Sembra che [il piano]”, hanno scritto i religiosi, “sia stato proposto e sia orchestrato, avanzato e promosso da entità il cui unico scopo sembra che sia quello di confiscare e nazionalizzare uno dei luoghi più sacri per la cristianità e di alterarne la natura.”
Anche se raramente commentato in pubblico, gli osservatori esterni delle leggi, delle politiche e delle pratiche di apartheid di Israele hanno riconosciuto che i Patriarchi e i Capi delle Chiese di Gerusalemme non nominano gli organismi governativi israeliani e le organizzazioni di coloni – e si astengono dall’usare i termini apartheid e pulizia etnica – per paura di rappresaglie da parte delle autorità israeliane, tra cui molestie e/o divieti nei confronti dei loro fedeli che cercano di praticare il culto nei luoghi santi di Gerusalemme, confisca delle proprietà della chiesa, imposizione di tasse attualmente esentate attraverso quelli che vengono descritti come accordi di status quo, e aumento degli attacchi fisici al loro clero da parte di estremisti.
Annessione di fatto
Il rapporto biennale di Emek Shaveh si chiude con una valutazione critica di ciò che descrive come “una campagna crescente da parte delle ONG dei coloni per estendere il controllo israeliano sui siti in Cisgiordania, mentre puntano il dito verso la distruzione e il furto di antichità su larga scala da parte dei palestinesi”.
Emek Shaveh ha contato circa 6000 siti di antichità in Cisgiordania, scrivendo che “in quasi tutti i villaggi e le città ci sono resti archeologici di dimensioni variabili, da una pozza per l’acqua a un tumulo a più strati”.
“Ne consegue”, riconosce il rapporto, “che c’è sempre una tensione tra la necessità di sviluppo e la salvaguardia del patrimonio”. Tuttavia, diversi siti sono descritti in dettaglio, illustrando la preoccupazione di Emek Shaveh che quando l’Autorità Israeliana per le Antichità sponsorizza dei progetti “significa che sono stati fatti dei passi verso un’annessione de facto nel regno dell’archeologia“. Pagine Esteri
*traduzione a cura di Assopace Palestina
L'articolo ISRAELE/PALESTINA. L’archeologia strumento per l’espropriazione delle terre proviene da Pagine Esteri.
ISRAELE/PALESTINA. L’archeologia strumento per l’espropriazione delle terre
di Jeff Wright – Mondoweiss*
Pagine Esteri, 9 settembre 2022 – Il sito archeologico della Città di David, gestito dall’organizzazione israeliana dei coloni, la fondazione Elad, si affaccia sul quartiere palestinese di Silwan, a Gerusalemme Est.
Nel suo rapporto biennale di 18 pagine pubblicato la scorsa settimana, Emek Shaveh documenta i piani degli enti governativi israeliani e delle organizzazioni di coloni che, a suo dire, sono “progettati per cambiare il carattere demografico e storico di Gerusalemme Est”. Il rapporto descrive anche “uno sforzo diffuso [in Cisgiordania] per reprimere l’edilizia palestinese, l’attività agricola e lo sviluppo dei siti del patrimonio archeologico”.
I coloni e gli enti governativi sequestrano i terreni o ne assumono il controllo, secondo il rapporto, “con il pretesto della ricerca archeologica o dello sviluppo dei siti storici per il pubblico beneficio”.
Emek Shaveh è un’organizzazione non governativa israeliana che lavora “per difendere i diritti del patrimonio culturale e per proteggere i siti antichi come beni pubblici che appartengono ai membri di tutte le comunità, fedi e popoli”. Sul suo sito web, l’ONG sostiene che “le rovine del passato sono diventate uno strumento politico nel conflitto israelo-palestinese… [lavoriamo] per sfidare coloro che usano i siti archeologici per espropriare le comunità diseredate”.
Il suo rapporto sui recenti sviluppi a Gerusalemme si concentra sul lavoro della Fondazione Elad, uno dei gruppi di coloni più grandi e influenti di Israele. Secondo un articolo di Haaretz, Elad “opera a Gerusalemme Est con due obiettivi principali: insediare ebrei nel quartiere di Silwan, in gran parte arabo, e gestire siti turistici e di scavo”.
Il fiore all’occhiello di Elad è il Parco Archeologico City of David, che la fondazione gestisce per conto dell’Autorità Israeliana per la Natura e i Parchi. Il cuore del parco si trova nel quartiere palestinese di Silwan, a Gerusalemme Est.
I progetti relativi al parco includono un ponte sospeso, un caffè e un luogo per eventi chiamato Una casa nella Valle, e una proposta di funivia che inizierà nella parte occidentale di Gerusalemme, passerà sopra i quartieri palestinesi mentre attraversa Gerusalemme Est, e terminerà nel centro culturale di sette piani a tema biblico proposto dalla Città di David, che sarà costruito su un terreno dove un tempo si riunivano le famiglie palestinesi.
Emek Shaveh descrive nei dettagli come molti di questi progetti – tra cui case per i coloni, negozi per chi vuol fare spese – si stiano espandendo oltre il Parco Archeologico della Città di David, nella Valle di Hinnom a sud e nella Valle di Kidron a est.
Mentre Elad suggerisce che si tratta semplicemente di sforzi per espandere le opportunità turistiche della città, Emek Shaveh descrive come essi servano a fini politici e ideologici più nefasti: controllare lo sviluppo dell’area e celebrare la storia ebraica della zona, ignorando la narrazione multistrato delle culture e dei popoli che, nel corso dei millenni, hanno occupato Gerusalemme e i suoi dintorni.
Collusioni tra i coloni e il governo
Secondo il rapporto, “la moltiplicazione delle iniziative turistiche guidata dai coloni non sarebbe stata possibile senza la piena collaborazione degli organi governativi competenti, come l’Autorità per la Natura e i Parchi (INPA), il Comune di Gerusalemme e l’Autorità per lo Sviluppo di Gerusalemme (JDA)”.
“Insieme”, sostiene Emek Shaveh, “le loro azioni sfruttano i valori della natura e della conservazione del patrimonio per alterare l’identità multiculturale del nucleo storico di Gerusalemme”. A maggio, il governo israeliano ha annunciato la decisione di finanziare il proseguimento del lavoro con una sovvenzione di quasi 5 milioni di dollari per, come si legge nella sovvenzione, “migliorare lo status di Gerusalemme come città internazionale di fede, patrimonio, cultura e turismo”.
Emek Shaveh insiste sul fatto che, invece, si tratta di “una decisione politica per continuare a finanziare l’insediamento archeologico-turistico della Fondazione Elad, asservendo l’Autorità Israeliana per le Antichità alle sue esigenze ideologiche private… progettate per cambiare il carattere demografico e storico di Gerusalemme Est in generale, e del Bacino Storico in particolare”. “Utilizzando gli ordini di giardinaggio del Comune di Gerusalemme e la legge discriminatoria israeliana sulle Proprietà degli Assenti, Elad ha cospirato con l’Autorità israeliana per la Natura e i Parchi per avviare diversi nuovi progetti nella Valle di Hinnom che, per millenni, è stata la necropoli della città. La scorsa estate, l’organizzazione dei coloni ha creato un altro sito turistico, il Centro per l’Agricoltura Antica.
Qualcosa più che un’altra attrazione culturale
“La fattoria”, spiega il rapporto di Emek Shaveh, “è diventata un sito strategico per la Fondazione Elad nei suoi sforzi di raggiungere il pubblico laico israeliano tradizionale. Grazie alla sua vicinanza a Gerusalemme Ovest e alle istituzioni culturali tradizionali…”, continua il rapporto, “Elad è ben posizionata per attrarre folle relativamente non politiche che percepirebbero la fattoria come un altro luogo culturale nella zona”.
Negli ultimi mesi, riferisce Emek Shaveh, la Fondazione Elad ha ospitato gruppi di studenti delle scuole superiori, gruppi pre-militari e gruppi di volontari per lavorare sui terreni, alcuni dei quali, secondo i palestinesi, erano di proprietà privata e ora sono sotto l’egida del Custode Generale o della Municipalità di Gerusalemme.
Gli studenti a cui viene offerta l’opportunità di partecipare a un programma di “coinvolgimento sociale” ospitato dalla fattoria sono spesso “inconsapevoli delle implicazioni politiche ed etiche delle loro azioni”, secondo il rapporto. Elad non spiega ai genitori o agli insegnanti che si tratta di un progetto politico gestito dalla stessa Fondazione Elad.
Di conseguenza, i visitatori dei siti di Elad – israeliani e internazionali – saranno probabilmente informati sulla vita e sulle pratiche associate al periodo del Primo e del Secondo Tempio, senza essere esposti al ricco patrimonio culturale di altre civiltà, per non parlare dei palestinesi le cui famiglie risiedono nell’area da secoli.
In una conversazione su Zoom, la coordinatrice delle attività internazionali di Emek Shaveh, Talya Ezrahi, ha descritto una tendenza preoccupante. Ha affermato il valore della conservazione del patrimonio ebraico e poi ha detto: “Mentre l’importanza di proteggere i siti ebraici e di condividere la storia ebraica si sta radicando in questa parte del mondo, il pubblico tradizionale spesso non è consapevole del fatto che i progetti si stanno spostando oltre la Linea Verde, che questi siti sono destinati ad escludere le storie palestinesi e le testimonianze di altri popoli e fedi che hanno vissuto in questa terra.”
I resti archeologici nell’area coprono un arco di 7.000 anni: la città è stata abitata da Cananei, Giudei, Assiri, Babilonesi, Persiani, Greci, Romani e Bizantini, compreso un millennio di dominio musulmano. “I coloni”, ha spiegato Ezrahi, “stanno prendendo l’affascinante e stratificata storia di Gerusalemme e la riducono a una narrazione esclusivamente ebraica”.
Il Monte degli Ulivi è di nuovo all’ordine del giorno
A febbraio, Mondoweiss ha riferito dei piani di Elad e dell’Autorità Israeliana per la Natura e i Parchi – descritta da Emek Shaveh come “I due che camminano insieme” – per prendere circa 7 ettari di terreno sul Monte degli Ulivi. All’epoca, era stato riferito che il piano era stato accantonato in risposta ad una lettera molto dura al Ministro israeliano per la Protezione dell’Ambiente, scritta dai leader delle chiese storiche di Gerusalemme.
I piani per l’estensione dei confini del parco sono stati ripresentati al comitato di pianificazione locale e saranno ascoltati a dicembre. Una mappa della superficie proposta include vaste parti del Monte degli Ulivi e parti delle valli di Hinnon e di Kidron.
Nella loro lettera, il Patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme Theophilos III, il Custode della Chiesa Cattolica di Terra Santa Francesco Patton e il Patriarca armeno di Gerusalemme Nourhan Manougian hanno descritto il Monte degli Ulivi come “uno dei siti più sacri per la cristianità”.
La lettera continuava: “Negli ultimi anni, non possiamo fare a meno di sentire che diverse entità stanno cercando di minimizzare, per non dire eliminare, qualsiasi caratteristica non ebraica della Città Santa….”. “Sembra che [il piano]”, hanno scritto i religiosi, “sia stato proposto e sia orchestrato, avanzato e promosso da entità il cui unico scopo sembra che sia quello di confiscare e nazionalizzare uno dei luoghi più sacri per la cristianità e di alterarne la natura.”
Anche se raramente commentato in pubblico, gli osservatori esterni delle leggi, delle politiche e delle pratiche di apartheid di Israele hanno riconosciuto che i Patriarchi e i Capi delle Chiese di Gerusalemme non nominano gli organismi governativi israeliani e le organizzazioni di coloni – e si astengono dall’usare i termini apartheid e pulizia etnica – per paura di rappresaglie da parte delle autorità israeliane, tra cui molestie e/o divieti nei confronti dei loro fedeli che cercano di praticare il culto nei luoghi santi di Gerusalemme, confisca delle proprietà della chiesa, imposizione di tasse attualmente esentate attraverso quelli che vengono descritti come accordi di status quo, e aumento degli attacchi fisici al loro clero da parte di estremisti.
Annessione di fatto
Il rapporto biennale di Emek Shaveh si chiude con una valutazione critica di ciò che descrive come “una campagna crescente da parte delle ONG dei coloni per estendere il controllo israeliano sui siti in Cisgiordania, mentre puntano il dito verso la distruzione e il furto di antichità su larga scala da parte dei palestinesi”.
Emek Shaveh ha contato circa 6000 siti di antichità in Cisgiordania, scrivendo che “in quasi tutti i villaggi e le città ci sono resti archeologici di dimensioni variabili, da una pozza per l’acqua a un tumulo a più strati”.
“Ne consegue”, riconosce il rapporto, “che c’è sempre una tensione tra la necessità di sviluppo e la salvaguardia del patrimonio”. Tuttavia, diversi siti sono descritti in dettaglio, illustrando la preoccupazione di Emek Shaveh che quando l’Autorità Israeliana per le Antichità sponsorizza dei progetti “significa che sono stati fatti dei passi verso un’annessione de facto nel regno dell’archeologia“. Pagine Esteri
*traduzione a cura di Assopace Palestina
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