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EGITTO. Quattro giornaliste nel mirino del regime di El Sisi


La direttrice della testata indipendente Mada Masr e tre giornaliste sono state accusate dalla magistratura di aver rivolto accuse infondate a un partito politico che sostiene il regime di Abdel Fattah El Sisi L'articolo EGITTO. Quattro giornaliste nel m

della redazione

Pagine Esteri, 8 settembre 2022 – La magistratura egiziana ha interrogato per ore quattro giornaliste dopo una denuncia per diffamazione presentata dal partito il Futuro della Nazione, legato al regime del presidente Abdel Fattah el Sisi, per un articolo scritto dalla testata indipendente Mada Masr. Le quattro sono state rilasciate su cauzione e restano indagate per i reati di pubblicazione di notizie false e diffamazione di membri di un partito politico.

In un paese dove i servizi di sicurezza hanno ridotto al silenzio quasi tutte le voci critiche, Madr Masr è uno dei pochi media egiziani che non sono sotto il diretto controllo statale o influenzati dal governo. Il 31 agosto ha pubblicato una newsletter su Futuro della Nazione, che domina il parlamento e sostiene il presidente El Sisi. L’articolo riferisce di una inchiesta in corso che vede coinvolti importanti dirigenti di questo partito e che riguarda “gravi violazioni finanziarie”. Il partito ha negato tutto accusando Madr Masr di utilizzare “tattiche dubbie e non professionali per destabilizzare la sicurezza del Paese”. Decine di denunce sono state presentate dai membri di Futuro della Nazione contro tre giornaliste – Rana Mamdouh, Sara Seif Eddin e Beesan Kassab – insieme alla loro caporedattrice, Lina Attalah.

Ieri le quattro donne sono state lungamente interrogate dai magistrati ed informate di essere accusate di calunnia e diffamazione, di utilizzo dei social media per molestare i membri di Futuro della Nazione della pubblicazione di notizie false intese a turbare l’ordine pubblico. Lina Attalah è stata anche accusata di gestire un sito web di notizie (Mada Masr) “senza licenza”. E’ dal 2018 che Madr Masr cerca di ottenere la licenza, quando è entrata in vigore una nuova legge che regola i media, ma non è ancora riuscito ad ottenerla. Da parte sua il giornale ha fatto sapere di credere “nell’integrità della nostra posizione legale e del nostro impegno per i più alti standard di pubblicazione professionale”. “Esprimiamo anche – ha scritto in un comunicato – il nostro rammarico per il fatto che il partito politico di maggioranza in Egitto, noto per essere vicino al potere, stia usando tali tattiche per intimidire un mezzo di stampa che opera per conto dell’interesse pubblico”.

Reporters sans frontières, l’organismo di tutela globale della libertà di stampa, si è detto estremamente preoccupato per la minaccia a Madr Masr e ha avvertito che “le continue molestie, intimidazioni e arresti di giornalisti da parte del governo egiziano stanno raggiungendo livelli pericolosi”. Sono migliaia i prigionieri politici in Egitto, in prevalenza attivisti e simpatizzanti dei Fratelli Musulmani ma anche giornalisti e difensori dei diritti umani tra i quali il più noto è Alaa Abdel Fattah. Pagine Esteri

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Sabra e Shatila. 40 anni dal massacro


Il ricordo della strage è conservato e tramandato e vive ancora la speranza del diritto al ritorno. Ma le loro condizioni di vita si aggravano. L'articolo Sabra e Shatila. 40 anni dal massacro proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2022/09/1

Pagine Esteri, 16 settembre 2022- Beirut, Libano. Era il 1982. Il 16 settembre. L’esercito israeliano era giunto nella zona occidentale di Beirut e insieme alla Falange libanese circondò i campi profughi di Sabra e Shatila.

L’obiettivo dichiarato era quello di scovare i combattenti palestinesi. Ma i campi erano privi di protezione militare: i combattenti erano andati via. Dopo dubbi e discussioni era stato deciso di accettare l’accordo proposto dagli Stati Uniti di Ronald Regan e ritirarsi dai campi profughi per evitare la strage.

Erano state date precise garanzie. Dagli USA e da Israele: una volta che usciti dal Libano i combattenti, la popolazione civile palestinese non avrebbe subito conseguenze.

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Ma il 16 settembre, per 3 giorni, i campi furono rastrellati. Prima i falangisti pareva cercassero solo gli uomini. Poi hanno cominciato a prendere anche le donne e ad assicurarsi che ci fossero i bambini.

L’esercito israeliano, intanto, aveva chiuso i campi, i palestinesi non potevano uscire e ai falangisti veniva permesso di entrare. L’obiettivo politico della Falange libanese era cacciare dal Libano i palestinesi.

E poi di vendicarsi. Vendicarsi per l’assassinio del suo leader, Bachir Gemajel, ucciso due giorni prima.

In questo modo cominciò la strage, illuminata dai fari di perimetro dell’esercito israeliano.

Andò avanti per 3 giorni.

I primi che visitarono i campi dopo il ritiro israeliano descrissero l’orrore di uomini, donne e bambini chiusi in trappola e trucidati. I metodi furono violenti e sanguinari e non si disdegnò l’utilizzo della decapitazione.

Dopo 40 anni i due campi profughi sono ancora lì. Ma la memoria è viva e tramandata da associazioni, volontari, scuole, dagli adulti ai bambini.

La situazione dei palestinesi è misera, i campi sono incredibilmente sovraffollati ma gli è vietato, in Libano, acquistare abitazioni.

La condizione sanitaria è preoccupante, cavi che spostano acqua e energia elettrica pendono insieme aggrovigliati come una rete tra i vicoli sempre più stretti e le case alte e buie. Ai palestinesi è vietato svolgere moltissimi lavori In Libano, decine. I bambini e le bambine spesso non possono far altro che lavorare con i genitori oppure vagare soli per i campi. Le associazioni li accolgono, provano a tenerli con loro, tra attività, giochi e istruzione, come fa la Beirut Atfal al Assomoud (La casa dei figli della Resistenza). Ma le forze non bastano mai.

Insieme al Comitato per non dimenticare Sabra e Shatila, delegazioni italiane e internazionali parteciperanno alle celebrazioni per il 40ennale che si terranno oggi, 16 settembre.

Un’occasione per ricordare ma anche per aprire gli occhi sul presente. Pagine Esteri

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La Cina prende atto delle crepe nelle relazioni attraverso lo Stretto di Taiwan


L’ultimo Libro bianco su Taiwan pubblicato dall’Ufficio cinese per gli affari di Taiwan del Consiglio di Stato nell’agosto 2022 espone la questione intrattabile al centro delle difficili relazioni della Cina continentale con Taiwan: le identità divergenti delle persone attraverso lo Stretto. Pechino vede Taiwan come una provincia rinnegata, una sbornia politica inquadrata nel contesto del […]

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L’altra faccia del regno di Elisabetta II


Globale, personale, individuale. Le reazioni alla morte della regina Elisabetta II sembravano cogliere alla sprovvista anche gli ignari repubblicani. In Australia, l’ex primo ministro Malcolm Turnbull, che aveva guidato l’Australian Republic Movement, è stato un pasticcio di riflessione sulla scomparsa. La vecchia nemica Francia risplendeva di un lontano calore familiare. Negli Stati Uniti si è […]

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Regina Elisabetta II: fede e virtù


La regina Elisabetta II è nata nell’era della radio, è stata incoronata nell’era della televisione ed è morta nell’era in cui la CGI poteva portare al tè un orso che mangiava marmellata. La sua vita è stata vissuta in un mondo fatto dai media, il che significa che non solo il suo è stato il […]

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Molto più di un ‘faccia a faccia’ tra Putin e Xi Jinping: il vertice di Samarcanda rimette in discussione l’ordine mondiale.


Contributi di solidarietà 140 miliardi di euro. Questo quanto la Commissione Europea punta a raccogliere imponendo un prelievo sugli extra profitti delle compagnie energetiche.


Ucraina: dentro l’ospedale della guardia nazionale di Kiev


Era da tempo che cercavo di visitare un ospedale militare in Ucraina, senza riuscirci. Poi inaspettatamente questa opportunità mi viene offerta per puro caso in una calda giornata di maggio. Il mio contatto sul posto tra un’intervista e l’altra già pianificate riceve una telefonata, e mi dice: “Mi hanno chiamato dall’ospedale della polizia e mi […]

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A Samarcanda: Russia, Cina, petrolio e guerra


Il Vertice di Samarcanda della Shanghai Cooperation Organization, occasione per sondare il rapporto Xi Jinping-Vladimir Putin con protagonista preso a pretesto il confronto tra il 'mondo secondo Pechino e Mosca' e il 'mondo secondo l'Occidente'

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L’esperienza del cittadino ed il passaporto “elettronico”


In questo articolo Pier Paolo Bucalo, si sofferma sul processo di richiesta del passaporto, in particolare sulla gestione della fotografia. L'articolo L’esperienza del cittadino ed il passaporto “elettronico” proviene da ilcaffeonline. https://ilcaffeon

L’esperienza del cliente/cittadino

Quattro anni fa ho disegnato e lanciato, in Luiss Business School, il primo programma executive in Italia in Customer Experience Management, ossia “Gestione dell’esperienza del cliente”. L’ obiettivo è la promozione della cultura della centralità del cliente all’interno delle aziende, ridisegnando ed organizzando i processi aziendali per ottimizzare l’esperienza del Cliente.

Tra i messaggi emersi con più frequenza nel corso delle prime quattro edizioni del programma, sicuramente quello che sia limitante parlare di “clienti”.

Ognuno di noi, nel corso della vita, ha tanti cappelli in testa: io sono cliente, dipendente, studente, (a volte) paziente, tifoso, certamente un cittadino.

Ma a prescindere dal cappello specifico, con il quale l’essere umano vive una determinata esperienza, vuole sempre essere trattato in modo “umano” e rispettoso.

C’è una bella frase inglese che recita: “There is a big difference between a human being and being human”.

Il passaporto “elettronico”

Pensando all’esperienza del cittadino italiano, ossia alla somma delle numerose esperienze che ognuno di noi vive quando interagisce con le PA, ce n’è qualcuna di davvero incredibile.

In questa sede, vorrei soffermarmi sul processo di richiesta del passaporto, ed in particolare sul processo relativo alla gestione della fotografia sul passaporto, ora chiamato “elettronico”.

Io cittadino, per ottenere il mio passaporto “elettronico”, mi devo preoccupare di avere una fotografia bella e recente. Per definizione, nel 2022, tutte le foto recenti sono state acquisite in formato digitale. Per averne una in alta definizione, mi sarò rivolto ad un fotografo professionista o anche semplicemente ad un amico con uno smartphone recente.

A questo punto è triste scoprire che con la mia bella foto digitale in alta definizione, io cittadino non posso farci assolutamente niente, tranne che andare in uno studio fotografico per farmela stampare su carta fotografica nel minuscolo formato 45mm x 35 mm. Passaggio obbligato.

Questo ahimè con l’unico scopo di consentire a qualcuno, presso la Questura del territorio di residenza, di scansionare successivamente tale micro-fototessera per riportarla nel formato elettronico.

Non vi sembra assurdo?

Non sarebbe – ad esempio – molto più semplice consentire ai cittadini italiani di effettuare l’upload di una propria foto in formato digitale direttamente su SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale)?

Assumendosi personalmente tutte le responsabilità (anche penali) al riguardo, e successivamente consentire a tutte le amministrazioni pubbliche che rilasciano documenti (passaporto, carta d’identità, patente di guida, altro) di utilizzare tale fotografia?

Tale alternativa avrebbe il vantaggio di produrre documenti con fotografie di qualità nettamente migliore ed eviterebbe la necessità di onerosi processi manuali di scansione della foto stessa.

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Russia, Ucraina, Occidente: il posizionamento difficile


Nella fase attuale la politica chiamata a trovare soluzioni per porre fine alle ostilità, è sviluppare una narrativa politica per confezionare e 'vendere' tali soluzioni alla società

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I migranti dell’Asia centrale nelle vene della Russia


Gli asiatici centrali sono al centro dell'economia russa. Circa 9 milioni di abitanti dell'Asia centrale risiedono e lavorano in Russia

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The MED This Week newsletter provides expert analysis and informed comments on the MENA region’s most significant issues and trends.


Elisabetta II lascia un Canada meno britannico


Per i canadesi la morte della regina segna l'inizio di una riflettere su rilevanza e significato della monarchia in una Nazione che si riconcilia con il suo passato coloniale e cerca il suo posto sulla complessa scena globale

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Chat control: Internal documents show how divided the EU member states are


Original article here. The EU Commission’s proposal to screen private chat messages is met with scepticism by some member states. Others, however, think it’s great. So far unpublished minutes on … https://netzpolitik.org/2022/chatkontrolle-interne-dokum

Original article here.

The EU Commission’s proposal to screen private chat messages is met with scepticism by some member states. Others, however, think it’s great. So far unpublished minutes on the negotiations behind closed doors show: The future of the project is uncertain.

Hardly any EU net policy project is currently facing as much headwind as the so-called chat control. In order to combat depictions of sexualised violence against minors on the internet, the EU is planning drastic interventions in private communication. For example, providers will be ordered to screen private chats and scan photos. Even the highest EU data protection authorities have completely torn the draft apart.

Now, an internal survey of the Council’s working group on law enforcement shows that some member states are sceptical – but some are also in favour. The paper dates from July 2022 and cannot be published for reasons of source protection. According to the document, the most serious concerns are whether chat control should be extended to encrypted means of communications.

End-to-end encrypted chats like WhatsApp, Signal or Threema ensure that only senders and recipients can read a message. To scan these messages, they would either must be searched on the device directly or the encryption would have to be broken.

According to the paper, there is no explicit consent from a single member state for such chat control in encrypted communications. Germany and Austria are explicitly against it. Four states have unclear positions on this: The Netherlands, Belgium, Greece, and France.

Austria: Massive reservations

Austria has massive concerns about fundamental rights, especially the violation of the right to privacy, the document says. In fact, the contents of messages could only be read if the secure end-to-end encryption was fundamentally broken. The error rate in the automatic recognition of content is therefore problematically high.

Significantly more states agree with the rather general question of whether comprehensive chat control should be introduced – without defining in more detail whether encrypted communication would also fall under this. Experts warn against putting millions of users under suspicion. However, seven EU states expressly approve: France, Bulgaria, Hungary, Romania, the Netherlands, Latvia, and Finland. According to the paper, only Austria is clearly against it.

Germany still undecided

Germany’s position is not clear from the paper; in general, the German government supports the EU Commission’s proposal in a well-intentioned manner. The German representation points out that measures are alright if the confidentiality of communications is maintained. This must not be undermined either legally or technically. To this end, the planned regulation should explicitly state that encryption may not be broken.

Germany also welcomes stronger age controls if anonymous use is guaranteed. The planned law would oblige providers to introduce more age controls. They should identify minors and prevent adults from posing as children to initiate contact. This is also called cyber-grooming.

Germany had sent the EU Commission a long catalogue of questions on the planned law. In it, the government asked, among other things, critical questions about the planned age verification or the error rates in the detection of problematic material. The EU Commission gave only verbal and partly superficial answers.

No unity in the German coalition

Behind Germany’s ambivalent position is probably a dispute within the traffic light coalition. At the end of August, the FDP-led justice and digital ministries rejected the most important building blocks of chat control. However, the SPD-led Ministry of the Interior is responsible for negotiating the law. Different and ambivalent positions can be heard from Nancy Faeser’s ministry, clear announcements have not yet been publicly documented.

From the ranks of the Greens, some politicians have publicly taken a critical position, among them Family Minister Lisa Paus. She said at a conference she was against chat control for private communication. As a federal minister, Paus is responsible for children and young people – the exact group which should be protected by chat controls.

The negotiators in Brussels distinguish between chat control in general and chat control for private, encrypted communication. This could be an indication that a slimmed-down version of the project is already an option. However, it is also clear from the mood that many of the 27 member states have probably not yet taken a clear position. Other states contributing to the debate have partly formulated critical questions. The Netherlands, for example, would like more information on scanning and encryption, while Lithuania points out the need for data protection.

Comparison to spam filters

Further details on the EU plans are provided by a “for official use only” wire report from another meeting of the Council working group, which we publish in full text. To detect known depictions of violence against children, the EU Commission sees technologies such as the Microsoft product PhotoDNA as suitable. For the detection of new, previously unknown material and grooming, “AI similar to the technologies used to detect SPAM/virus content” could be considered.

According to the report, the Netherlands, Slovenia, and France have asked for a presentation of the technologies that can check content. According to the planned regulation, a new EU centre will make such technologies available to providers free of charge. If providers receive an order for so-called chat control, they would have to apply the technology and use it to check for grooming and image material.

Experts are critical of the technologies available so far for detecting unknown material and grooming. The EU Commission itself has admitted that the detection technologies currently have high error rates but accepts this as a necessary fact.

No backdoors, but “child safety by design”

According to the paper, another question raised by member states was whether providers would have to design “backdoors” into their products from the outset, even before they receive a chat control order. According to the Commission, providers are obliged to ensure “child safety by design” in their products, meaning ensuring that risks are minimised from the outset. However, the regulation does not provide for a “backdoor”. Providers would also not be liable if there was no functioning technology for their platforms. In such a case, no search order could be issued.

Civil society also plays a role in the debate on chat control. In Germany, civil rights organisations have already organised a street protest. Even some child protection NGOs have sharply criticised the EU proposal.

Here is the document in full text:

– Classification level: VS-For official use only

– Date: 25.07.2022

– From: Permanent Representation EU Brussels

– To: E11, Management

– Copy: BMI, BMWK, BMDV, BMFSFJ, BMBF, BMG, BMJ, BKAMT

– Subject: Meeting of the CWG on Law Enforcement (LEWP) on 20/07/2022

– Reference: Pol 350.80/1

I. Summary and evaluation

The focus of the RAG meeting was the discussion of Articles 8-15 of the draft regulation on combating child sexual abuse more effectively.

The next meeting is scheduled for 6 September.

II. In detail

1. Adoption of the Agenda

Doc. CM 03928/22

The agenda was adopted without amendments.

2. Information by the Presidency

The Presidency first provided information on the main content of the informal JHA Council and the informal COSI. The focus of the discussions had been the consequences of the war in Ukraine. Another topic addressed was the CSA Regulation. The JHA Council had determined that the prevention of CSAM (child sexual abuse material) was in the foreground of the Draft Regulation ; the service providers should focus on the removal of illegal content.

The President of the Council also informed about the current Schengen area report for the year 2022, which had been adopted on 10.06.2022. Insofar as the topics identified there also affected the work of the LEWP, The President of the Council would provide more information on this.

There had been numerous negotiations with COPEN on the follow-up to the “8th round of mutual evaluations (environmental crime)”. The President of the Council would follow up on FRA activities, but there were still about 20 follow-up reports to be dealt with. This would require either three joint meetings (LEWP and COPEN) to deal with the open reports and another to deal with the final report, or only one joint meeting in which only the final report would be dealt with and adopted. EUROPOL would then also be invited to this meeting. MS were invited to discuss their reports in public before the final report was adopted; MS should report to the President of the Council by 15.9 or submit any reports that had not yet been submitted. The deadline of 15.9. must be adhered to. The president did not (yet) say which procedure would be chosen.

With regard to the WIKIPOL platform, the President of the Council announced that the General Secretariat would send some documents to be updated; the deadline for feedback was 16 September 2022.

3. Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council laying down rules to prevent and combat child sexual abuse

Doc. 9068/22

The Presidency first welcomed the fact that COM had promised to draw up an overview of the competences of Europol and the planned EU Centre and to submit it by September. This was followed first by an article-by-article, then a section-by-section discussion of the Draft Regulation.

On Article 8: BEL (supported by ESP) asked about the relationship between the contact point and the main office of the providers (Art. 23 or 24 of the Draft Regulation) and asked for clarification on the time limit provided for in para. 3. POL and BEL also referred to the time limits of 24 and 12 months for CSAM and grooming respectively provided for in Art. 7(9) and asked for clarification on how a provider offering a (uniform) service should take account of the different time limits, also against the background of his obligation to cooperate 2 months before the expiry of the order.

FRA emphasised that it would definitely support the draft – despite some open questions. More flexibility and simplification of the proposed procedures should be sought in further negotiations. The role of LEAs must be strengthened in the draft regulation and the relationship to national regulations must be clarified. IRL expressed doubts about the necessity of a court/independent authority as a second decision-making instance. In view of the probably identical basis for decision-making and the high demand for (new) resources and capacities, it was questionable whether such a second level would represent a real added value. POL also emphasised a considerable increase in resources. The role of INHOPE was not sufficiently considered in the Draft Proposal as well as in the flowchart provided by the COM. EST supported this point, especially for smaller MS, NGOs like INHOPE/Safer Internet were of great importance.

With regard to the language regime of the Order, HUN, BEL, HRV emphasised the requirements of the DSA. It was important that English could be chosen in addition to the national language – also for cost reasons. GRC expressed doubts about the necessity of establishing an EU centre, as this would lead to delays. Delays could also be expected with removal orders. MLT and POL also stressed the fundamental importance of removing content quickly.

COM stated that detection orders should be served either on the head office if it is in the ordering MS or otherwise on the contact point. In view of the rapidly changing digital world, it was important to provide time limits for the maximum duration of orders. It should be noted that the issuing of a first order usually takes more time than the issuing of subsequent orders. This applies, among other things, because the provider is already obliged to check whether or which circumstances have changed before an order expires. In response to a question, COM explained that the formulations “manifest errors” and “not sufficient information” in Art. 8 para. 3 were taken from the TCO and that an assessment depended on the individual case. COM was confident that established national procedures could be maintained in compliance with the standards of the CSA Regulation. With regard to the language regime, COM explained that the aim was to achieve the greatest possible standardisation; where possible, for example, through “drop-down” menus in the respective languages.

For reasons of proportionality, it was necessary that the decision to issue a detection order be taken by a court or a quasi-judicial authority. It is necessary, also in view of the depth of the intervention, that the final decision is made by the courts. For this, corresponding (additional) capacities would have to be built up at the national courts. The Draft Regulation does not provide for CSAMs to be reported to LEAs, but to the EU Centre. However, reports to LEAs could be processed by them, there was no requirement that LEAs had to report to the EU centre.

FRA (supported by EST) reiterated whether it was true that under the CSA Regulation, companies could not identify CSAMs voluntarily, but only on the basis of an detection order. With regard to removal orders, harmonisation with national processes that already allowed for timely orders had to be ensured.

On INHOPE, COM explained that the role of INHOPE would be strengthened under the CSA Regulation; e.g. in assisting stakeholders in joint action with the (Coordinating Authorities) CA to remove CSAMs and in building capacity/resources in the MS. INHOPE would be directly elected in the EC. The services covered by the e-privacy regulation would not be able to identify voluntarily after August 2024. The CSA Regulation stipulates that in the future, identification will only take place according to legally secured standards. If the negotiations were not concluded by August 2024, a transitional arrangement would be needed so that there would be no regression to the status quo. Services that do not fall under the e-privacy regulation could continue to operate voluntarily according to the provisions of the GDPR. IRL summarised once again that the CSA Regulation does not constitute a legal basis for voluntary identification measures by interpersonal communication service providers.

Section 2: PRT voted for guidelines that are as detailed and binding as possible. ITA and IRL stressed that guidelines should take into account the tasks of LEAs. BEL asked about the relationship between the DSC and the CA and the oversight of the use of certain technologies. FRA reiterated that orders should be issued without delay; the possibility for all “affected users” to complain should pose major challenges for authorities (support from SWE). CYP welcomed that the proposal also provides for measures against grooming. Article 10 must be formulated in a technology-neutral way. The protection of children should take precedence over the protection of other personal rights. COM asked for confirmation that the existing bodies under DSA and TCO can be designated as CAs under the CSA Regulation.

NLD, SVN and FRA asked for a presentation of the technologies provided for under Art. 10. EST asked whether providers would be obliged to include so-called “backdoors” or whether they would first have to react to orders. There was also the question of the possible liability of providers if no technologies existed that enabled identification for the services they offered – especially if the EU centre could not provide suitable technologies. SWE called for more leeway for MS to determine the respective competent authority in connection with Art. 9. The deadline in Art. 10(6) (in conjunction with Art. 48) should be made more flexible in order to keep the administrative burden in view. In addition, it was important to consider the interaction with the prosecution of other offences in this context. DEU made a presentation as instructed.

COM explained that any conflicts between the data protection supervisory authority and the CSA Regulation had been countered with the extensive process in advance of an order. However, if conflicts arose, the decision would ultimately rest with the courts, which would take into account the recommendations of the data protection supervisory authorities and data protection law. Human oversight ensures that systems function properly. Affected users could already take action against voluntary measures, and this would not regularly overburden the courts. Guidelines would be issued as delegated acts and should contribute to the uniformity of decisions. The DSC could also function as a CA, provided the requirements under the CSA Regulation are met. If different authorities are involved, it is important that they work closely together. If providers use technologies that are not made available by the EU centre, providers would have to refer to data protection supervisory authorities. EDPB should therefore not necessarily be (additionally) involved. The EU Centre would have to check all notifications that go to LEAs or EUROPOL. The classification of technology as high-risk AI within the meaning of the AI Regulation represents a further “safeguard”, but does not lead to a delay in orders. It is necessary to subject new technologies to a conformity check under the AI Regulation before they are made available by the EU Centre.

Suitable technologies for recognising known CSAM are hash values and photo DNA, for new CSAM and grooming AI is used, similar to the technologies for recognising SPAM/virus content. The draft proposal provides for technology neutrality. If no technology is available that ensures adequate protection of fundamental rights, an order cannot be issued. The role of encrypted communication in the spread of CSAMs should not be underestimated. According to estimates, 2/3 of all messages would be dropped if E2EE was available in all messengers by “default”. Therefore, draft proposal is technology-neutral in order to ensure the protection of children. Providers are obliged to ensure “child safety by design” (iRd risk management), the draft proposal does not provide for the establishment of “backdoors by design”.

The Draft Regulation was designed to build on existing structures, such as those of the DSA and the TCO. When asked, COM clarified that it was not the providers’ task to determine the illegality of content. This is the task of the LEAs Art. 9 para. 2 represents a further “safeguard”, but does not lead to a suspensive effect, i.e. also not to delay.

The President of the Council announced a tech workshop for late September/early October.

Section 3: DEU presented as instructed. AUT submitted a special scrutiny reservation for Art. 8 – 24, combined with the proposal to hold a special data protection workshop. From the point of view of AUT/FRA/POL/MLT/SVN and HUN, the period of 3 months provided for in Art. 12(2) UA(2) was too short; a period in line with requirements should be sought. IRL stated that for effective prosecution, traceability of reports was necessary.

FRA and EST raised questions on the relationship between Art. 12 and Art. 15a and 14 DSA. NLD requested that Art. 13 (g) not only take into account information on users, but also on data subjects. Regarding Art. 13 c) d), GRC asked what other (content) data was meant. HRV asked about the relationship to notifications based on national regulations.

COM explained that the wording of Art. 12 had been chosen to ensure consistency within the Regulation. While the standard is the same as for the DSA, the wording makes it clear that providers do not carry out their own checks. The provider becomes aware when content is reported to him. As a lex specialis to the DSA, the obligation to report under Article 12 of the CSA Regulation takes precedence over the obligation to report under Article 15a of the DSA. According to Art. 13 c) and d), the reports should contain all information that could also be relevant for LEAs, as well as information on data subjects. Overall, notifications would be subject to the highest data protection standards. The draft does not prevent MS from receiving notifications directly from NCMEC or other actors.

Section 4: SWE referred to the cross-border effect of the orders in the context of Art. 14(1) (para. 7). This had also been discussed in Art. 8/Art. 31 DSA. Even on the basis of the CSA Directive, there were still differences in national law. The cross-border component meant that the respective national standards had an impact on other MS. Conditions for removal orders should be discussed further. FRA was in favour of a separate procedure for cross-border removal orders. ITA asked COM for an overview of the workflow for removal orders. DEU presented as instructed. AUT stated that the deadline of 6 weeks in Art. 15(4) was too short. Information to the persons concerned could only be provided with the involvement of Europol or the LEAs. From FRA’s point of view, it would also be preferable for LEAs to be able to set the deadline for suspending information obligations to data subjects themselves.

COM confirmed that voluntary removal of content by providers would remain permissible under the CSA Regulation.

The Presidency announced that it would submit a revised version of the first and second chapters in September. The next meeting on 6 September will deal with Chapter 3 of the draft regulation.

License: The content of this article is licensed under Creative Commons BY-NC-SA 4.0.


patrick-breyer.de/en/chat-cont…



Il whistleblower Peiter Zatko in audizione al Senato USA: “Twitter? Una bomba a orologeria!”


Twitter? "10 anni di ritardo sulle vulnerabilità: una bomba a orologeria"! Mentre gli azionisti hanno appoggiato l'acquisizione di Elon Musk, l'ex capo della sicurezza Peiter Zatko che ha denunciato il suo ex datore di lavoro presso varie istituzioni USA,

“Twitter è una bomba a orologeria”, ma non ci riferiamo all’account twitter del MiTE violato proprio oggi, probabilmente grazie al fatto che l’autenticazione a due fattori è ancora un processo estremamente complesso da gestire per un ente ministeriale dedicato a problematiche più semplici, come risolvere il problema della transizione ecologica… Il titolo infatti fa riferimento alle dichiarazioni...

Source



Cyber Resilience Act: Protecting digital security works differently


Today, the EU Commission presented the “Cyber Resilience Act”, draft legislation which would oblige manufacturers of products “with digital elements” to guarantee cyber security throughout the entire … https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/e

Today, the EU Commission presented the “Cyber Resilience Act”, draft legislation which would oblige manufacturers of products “with digital elements” to guarantee cyber security throughout the entire product life cycle.[1] This way, the Commission wants to ensure that digital products are designed more securely from the beginning of the devices‘ life cycle and contain fewer vulnerabilities in order to be better equipped against cyber attacks.

MEP Dr Patrick Breyer (Pirate Party) comments on the draft:

“Because in the age of the digital revolution our security and our lives are threatened by insecure technology, the Pirates believe it is overdue to finally hold commercial manufacturers accountable. At first glance, however, today’s proposal falls short in some places and goes too far in others:

On the one hand, there is a lack of a clear obligation for commercial manufacturers to immediately fix known security gaps. Commercial manufacturers must be held liable for self-inflicted security loopholes in ordert to make IT security financially worthwhile! On the other hand, the voluntary development of free software is threatened because the same requirements are to be placed on commercial producers and on volunteers.

This proposal is immature and needs to be revised.”


patrick-breyer.de/en/cyber-res…



Ho deciso di scrivere qua, su questa piattaforma "intermedia" le mie considerazioni sulla discussione che si è scatenata a seguito di questo mio tweet:
twitter.com/chiaraepoi/status/…
Dopo 192 commenti, alcuni dei quali molto acidi e la solita schiera di fenomeni che sanno tutto loro ho deciso di chiudere i commenti perché mi sono stufata.
Cosa ho imparato da questa esperienza?
1) che la maggior parte delle persone sui social ha una scala di priorità che come minimo non coincide con la mia. Secondo me l'uso dei femminili nei nomi delle professioni, per quanto possa essere considerato importante, non può avere lo stesso peso delle discriminazioni (salariali e non) che le donne subiscono sul posto di lavoro.
2) che Twitter è pieno di fenomeni che credono di sapere tutto su tutto e non hanno l'umiltà di ammettere che al mondo ci sia qualcuno che ne sa più di loro (ma questo avrei dovuto saperlo prima)
3) che Twitter è pieno di gente che spara sentenze sulla gente che non conosce (e anche questo avrei dovuto saperlo)
4) che c'è un sacco di gente che non ha la minima idea dei problemi di discriminazione delle donne sul posto di lavoro (e non parlo solo di salario)
5) (e poi ho finito) che non so scrivere i curriculum, parlo di cose che non so solo perché esprimo quella che è chiaramente solo una mia opinione e che tutti lavorano in posti fantastici dove la parità tra i generi è una cosa acquisita e invece io in un posto di merda (e io che pensavo che la mia azienda fosse un po' meglio delle altre, pensate un po')
Chiudo qua questa cosa, pensando sempre di più che per vivere felici su Twitter bisogna scrivere solo frasi d'amore, mandare foto di gattini e al massimo far vedere ogni tanto le tette o il culo. Già se condividi il link a una canzone che ti piace parte la schiera dei puntacazzisti che hanno da ridire su quello che hai messo, figuriamoci.
Torno nel mio antro in silenzio, nei miei pensieri (perché io penso, anche se qualcuno non lo crede) e nelle cose che mi danno sicurezza e tranquilltà, anche perché credo di non essere più in grado di reggere uno shitstorm di questa portata.
in reply to Chiara R

io credo che dal momento in cui si accetta di esporsi con un pensiero su una qualsiasi piattaforma bisogna anche saper, purtroppo, sviluppare un certo distacco verso le considerazioni reiette. La troppoa libertà di parola che ci è stata data e che ci è sfuggita di mano ha portato a fenomeni come questi. Non vuol essere una giustificazione questo pensiero, solo una considerazione personale. Io tendo ad osservare e a percepire questi eventi con distacco dopotutto


La partita


Oltre l’Ucraina La riscossa militare ucraina dimostra che fornire aiuti e armi a chi ha subito una criminale invasione è non solo efficace, ma anche lo strumento per negoziare. Se i russi avessero potuto affondare come un coltello caldo nel burro nessun n

Oltre l’Ucraina


La riscossa militare ucraina dimostra che fornire aiuti e armi a chi ha subito una criminale invasione è non solo efficace, ma anche lo strumento per negoziare. Se i russi avessero potuto affondare come un coltello caldo nel burro nessun negoziato si sarebbe mai visto.

La grave depressione economica russa, l’incapacità produttiva, compresa quella di sostituire le armi distrutte, fino al punto da elemosinarle dagli stati canaglia, Corea del Nord in testa, dimostra che le sanzioni funzionano eccome. Quanti, nel mondo delle democrazie, erano contrari alle armi e diffondevano la bugia che le sanzioni puniscono più i sanzionatori che i sanzionati, non sono delle anime sensibili, ma sensibilizzate all’imperialismo putiniano. Una tara che non sarà cancellabile per molti anni.

Il conflitto, però, non sarà deciso sul campo. Nessuna delle due parti è in grado di prevalere. Che è poi la condizione per cui non si passa dall’aggressione criminale alla guerra mondiale. Sul campo, pagando con il sangue, si stabiliscono le premesse del negoziato. Su cosa?

Putin non voleva l’Ucraina in quanto tale. Ci credevano solo i suoi accoliti. Ha scelto l’Ucraina perché l’Occidente aveva dato prova dell’esatto opposto di quello di cui la propaganda putinofila lo ha accusato: era disposto a tollerare e abbozzare, pur di non guerreggiare.

Non era la Nato che si espandeva ad Est, era la Russia che si espandeva oltre i confini. Lo scopo della guerra russa, però, non era l’Ucraina, bensì un nuovo equilibrio globale, che restaurasse il mondo crollato nel 1990. Crollo festeggiato dagli uomini liberi e per il bene dell’umanità.

All’azzardo putiniano ha dato corda la Cina. Il sangue lo mettevano i russi, il crollo sarebbe stato russo, ma il guadagno poteva essere cinese. Da qui anche le iniziative su Taiwan. Quel disegno ha fallito. Sul lato russo tocca ai russi liquidarlo, con il suo artefice.

Pena l’isolamento e la miseria per gli anni a venire. Quando ancora il conflitto non era iniziato ci si poneva il problema di come salvare la faccia a Putin, ora sono i russi a dovere stabilire come salvarsi da Putin. Il resto sarà confronto di forza militare senza guerra, di influenza economica e di capacità diplomatica.

Il mondo unipolare non c’era, non c’è e non ci sarà. Quello bipolare è morto e ha mancato la resurrezione. Ma gli equilibri sono tutti da definire. L’Occidente è stato unito e determinato nel sostenere l’Ucraina.

Continueremo a farlo, perché per loro è una guerra nazionale e per noi sono un Paese che combatte anche nel nostro interesse. Ma il conflitto si fermerà quando la diplomazia avrà iniziato il lavoro su equilibri che non riguardano né solo l’Ucraina né solo l’ex impero sovietico. E di questo no, non mi pare vi sia adeguata consapevolezza politica, dalle nostre parti.

Non solo le guerre, ma anche le partite si vincono se non si dimentica mai a quale scopo le si combatte e gioca. La nostra è imperdibile, perché intestata alla crescita della ricchezza e l’affermarsi della libertà.

La Ragione

L'articolo La partita proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Ucraina: è arrivata la bufera


Tra soldati che fuggono, astuti piani di inganno e inattesi colpi di fortuna quale sarà il destino della operazione militare speciale?

L'articolo Ucraina: è arrivata la bufera proviene da L'Indro.



Fr.#09 / b a n k r u n


Nel frammento di oggi: la corruzione del sistema bancario e le sue vittime / Lo stato socio occulto dei rapporti umani / Vieni alla Privacy Week 2022? / Meme e citazione del giorno.

La corruzione del sistema bancario e le sue vittime


Il sistema bancario, che ormai ha perso ogni utilità reale, se non quella di cane da guardia e arma dello stato, miete sempre più vittime.

Una di queste vittime è una giovane amica di nazionalità russa, che in effetti ama l’Italia più di me. Purtroppo il suo passaporto contiene un dato, la sua nazionalità russa, che viene mal digerito dai sistemi informativi dei sistemi bancari italiani (ma probabilmente vale lo stesso per molti paesi dell’Europa dei diritti). Per questo, diverse banche, in ultimo Unicredit, si rifiutano di aprirle un conto corrente.

Un’altra vittima del sistema bancario, di cui leggo su twitter, scrive ieri:

Oggi in banca mi hanno detto che chiuderanno la cassa a fine settembre.Rimarrà aperta solo in sede centrale a Firenze, se voglio prelevare solo da bancomat con le mie carte. Immagino già quando si spengeranno i bancomat per mancanza di energia. Controlli i miei soldi controlli tutto.

Ebbene sì, amico di twitter, chi controlla i tuoi soldi (che non sono tuoi, e neanche esistono, ma questa è un’altra storia) controlla tutto: la tua vita, le tue relazioni, la tua capacità di pensiero e di azione. Perdere la capacità di usare il contante equivale a perdere quel pizzico di capacità di controllo sulla moneta che ci rimane.

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E ancora, sempre ieri apprendo di una donna libanese costretta ad entrare in banca con una pistola, nel disperato tentativo di ricevere i “suoi” soldi in un paese in cui l’inflazione è ormai iper-inflazione e dove la moneta ha perso più del 95% del suo valore dal 2019 a oggi.

Che fare allora, quando dati come la nazionalità o l’etnia vengono usati contro di te dall’intero sistema bancario? Che fare quando il sistema bancario rimuove progressivamente ogni mezzo per detenere un minimo di controllo e possesso fisico sui tuoi soldi? Che fare quando, a causa delle politiche delle banche centrali e dei governi criminali, il potere d’acquisto della tua moneta viene annientato1 nel giro di qualche decade o pochi anni, costringendo la società intera a modificare completamente le sue preferenze temporali e modo di vivere?

Purtroppo non esiste e non potrà mai esistere una soluzione politica. La salvezza non è nella collettività o nello stato, solo la dannazione. È lo stato, di ogni tempo e ogni luogo, che continuamente usa il suo monopolio sulla moneta come arma contro i suoi nemici e cittadini (stessa cosa). È lo stato che svaluta appositamente la moneta, attraverso l’inflazione, per erodere il patrimonio dei cittadini e diminuire il carico del debito sulle sue spalle.

La soluzione non può che essere individuale; non arriverà nessuno a salvarvi. Uscire dal sistema bancario, slegarsi dalle catene monetarie di stato e usare Bitcoin, come moneta libera, privata, incensurabile, trasparente e accessibile a chiunque in ogni momento. Al protocollo Bitcoin non interessa la tua nazionalità. Il protocollo Bitcoin non detiene in ostaggio i tuoi soldi, sei tu la tua banca.

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Lo stato socio occulto dei rapporti umani


In questi giorni è uscito un nuovo libro di Daniele Capezzone, “Bomba a orologeria: L'autunno rovente della politica italiana” in cui cita alcuni estratti di due miei articoli usciti su Atlantico Quotidiano.

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Il contesto è quello di cui parla Privacy Chronicles: l’immoralità dell’ideologia collettivista e statalista, che porta allo sviluppo e accettazione di politiche liberticide, contro la privacy, proprietà e contro la libertà di autodeterminazione degli individui.

Qui i due articoli da cui sono stati presi gli estratti:

E qui invece un articolo a cui sono particolarmente affezionato, in cui cerco di spiegare l’ideologia collettivista e il ruolo degli intellettuali nel creare masse di zombie disposte ad accettare qualsiasi cosa.

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Vieni alla Privacy Week 2022?


Parlando ora di cose belle, fra esattamente 11 giorni inizia la Privacy Week 2022. Un evento organizzato da me e molte altre persone.

Cinque giorni (26-30 settembre) in cui si parlerà di privacy, sicurezza dei dati, Bitcoin, intelligenza artificiale e tanto altro con più di 100 speaker e dozzine di tavole rotonde, interviste, dibattiti e approfondimenti.

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L’evento si terrà a Milano in Cariplo Factory presso BASE Via Bergognone, 34.

Il 26 settembre alle 14:30, subito dopo l’apertura, parlerò anch’io. Se sei di Milano, perché non passi a trovarci? Cerca sul sito www.privacyweek.it gli eventi o le giornate che ti piacciono di più e registrati, ti aspettiamo!

Meme del giorno


238313Attenzione: non è un meme… è stato hackerato il profilo del Ministero e hanno iniziato a spammare news sul merge verso Proof of Shitcoinery di quello scam chiamato Ethereum.

Citazione del giorno


I don't believe we shall ever have a good money again before we take the thing out of the hands of government, that is, we can't take them violently out of the hands of government, all we can do is by some sly roundabout way introduce something that they can't stop.

- Friedrich A. Hayek (on Bitcoin)


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Leggi gli altri Frammenti

1

L’euro ha perso più del 50% del suo valore dal 2001 a oggi. Il dollaro più del 68%. La sterlina inglese ha perso più del 99% del suo valore durante tutto il regno della Regina Elisabetta.



BEN(E)DETTO 15 settembre 2022


Appello: non votiamo tutti i partiti che propongono scostamenti di bilancio. Cioè nuovo debito da pagare con le nostre tasse. Sarebbe un segnale di serietà ai partiti da parte degli elettori.

L'articolo BEN(E)DETTO 15 settembre 2022 proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Oggi #15settembre è la #GiornataMondialeDellaDemocrazia!

Il #DemocracyDay è stato istituito dalle Nazioni Unite e, quest’anno, all’evento si parlerà di come la libertà dei media sia una componente fondamentale di una sana democrazia.



L’autentico liberale non ha paura della verità


Essere liberali non significa essere popolari, né con la “P” maiuscola, né con la “p” minuscola. Significa essere controcorrente quando serve Essere liberali non significa essere popolari, né con la «P» maiuscola, né con la «p» minuscola. Significa essere

Essere liberali non significa essere popolari, né con la “P” maiuscola, né con la “p” minuscola. Significa essere controcorrente quando serve


Essere liberali non significa essere popolari, né con la «P» maiuscola, né con la «p» minuscola. Significa essere controcorrente quando serve. Sappiamo bene quale è il sentimento popolare sulla questione esplosa in queste ore dei finanziamenti russi a varie forze politiche dei Paesi occidentali. Ma i sentimenti sono questione da social. Ai report delle intelligence straniere, da qualunque Paese provengano, i liberali preferiscono le sentenze dei Tribunali della Repubblica.

Vogliamo l’accertamento dei reati. Non ci piace la sete spasmodica di informazione, che si trasforma in strumento di battaglia elettorale. Non ci piacciono le ipotesi di reato, nemmeno iscritte a registro da un pm, che diventano verdetti di condanna per acclamazione di popolo. Da sempre non ci piacciono gli inquinamenti a pochi giorni dal voto, né quando provengono dai pm militanti, né quando arrivano come soffiate dai servizi segreti.

Vogliamo sapere. Vogliamo sapere se il regime russo ha finanziato dei partiti italiani. Come volevamo sapere se il PCI avesse ricevuto fondi dall’Unione Sovietica (ricordiamo anche che le posizioni della sinistra italiana erano ben diverse). Abbiamo il diritto di conoscere – qui risiede la differenza tra liberali e populisti – secondo le regole della Costituzione e della legge.

Qualora l’intelligence americana avesse delle informazioni rilevanti, pretendiamo che la Procura della Repubblica apra un fascicolo e indaghi rapidamente. Se riterrà sussistente l’illecito chiederà il rinvio a giudizio. In caso contrario, domanderà l’archiviazione. Si chiama Stato di diritto e va osservato sempre, nolente o volente.

Sarebbe gravissimo se delle forze politiche avessero ricevuto finanziamenti dal Cremlino. Ma non è un report dei servizi segreti, magari interpretato da questo o quel giornale house organ di partito, a potercelo dire. La contingenza politica e la raccolta di consensi non prevarichino le regole minime della civiltà occidentale.

Se un’indagine conoscitiva, mai giunta in Procura e a nessuna Istituzione italiana, dovesse influenzare le elezioni, allora sì, saremmo molto simili alla Russia. In conclusione questa vicenda non deve, né può essere affrontata con la curiosità morbosa delle infedeltà coniugali tra un calciatore e una soubrette. Questa è vicenda che va trattata secondo le regole del Diritto.

Il Giornale

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Investimenti online: sempre più gettonati i software per il trading automatico


L’accelerazione della trasformazione digitale ha interessato anche il mondo degli investimenti, portando un numero sempre maggiore di risparmiatori ad affacciarsi verso il trading online. Naturalmente, come tutte le altre modalità di investimento, anche in questo caso prima di iniziare a operare sui mercati finanziari è necessario disporre di un adeguato bagaglio di conoscenze, così da […]

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Attestato di prestazione energetica: tutto ciò che c’è da sapere al riguardo


Quando si parla di certificato Ape, ci si riferisce ad un documento molto importante, specie nel settore immobiliare. Anche definito certificazione energetica, esso è un documento obbligatorio ai fini della compravendita e della regolazione in termini burocratici di un immobile. L’attestato di prestazione energetica serve, come dice il nome stesso, a identificare le principali caratteristiche […]

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Hezbollah, il «guardiano» del gas del Libano


Il movimento sciita alza la voce nella trattativa con Israele sui confini marittimi e il giacimento di Karish. Ali Daamoush: «Se Israele estrarrà gas dalla zona contesa senza un accordo avrà scelto la guerra». L'articolo Hezbollah, il «guardiano» del gas

di Michele Giorgio* –

Pagine Esteri, 15 settembre 2022 – Il sogno dei libanesi è sfruttare il giacimento sottomarino di gas di Karish che lascia immaginare entrate per miliardi di dollari. La realtà è Beirut per metà al buio per la scarsa elettricità disponibile, gli aumenti del prezzo del carburante, l’inflazione fuori controllo e il crollo continuo della lira scambiata ieri a 36mila per un dollaro. E chi i dollari non li ha, gira avendo in tasca dozzine di banconote tenute strette da un elastico, necessarie anche solo per comprare qualcosa al minimarket sotto casa. Ammesso che si abbiano lire da spendere. Il 78% dei libanesi vive in condizioni di povertà. Jihad, il taxista che ci porta dal quartiere centrale di Hamra a quello periferico di Haret Hreik sente sulle sue spalle tutto il peso della crisi. «Ormai non si vive più, ogni giorno aumenta il prezzo della benzina e la lira non vale nulla. Se solo potessi partire e andare via da questo paese di politici falliti, tutti senza eccezione», ci dice dando una accelerata alla sua vecchia auto. Due giorni fa è arrivato un altro pugno allo stomaco della maggioranza dei libanesi. La Banca centrale ha revocato i sussidi per le importazioni di carburante facendo schizzare verso l’alto il prezzo di benzina e gasolio.

Tra una maledizione scagliata a questo o quel politico, Jihad ci fa notare che le lunghe code e gli ingorghi nelle strade di Beirut sono meno intensi di qualche tempo fa. «Muoversi in auto costa troppo, fare rifornimento non è più per tutti», ci spiega lasciandoci davanti all’ufficio del religioso Ali Daamoush, vicepresidente dell’esecutivo del movimento sciita Hezbollah. Esponente tra i più noti dell’ala politica del movimento sciita, Daamoush ha accettato di rispondere alle nostre domande sull’andamento della trattativa indiretta che il Libano sta portando avanti, con la mediazione statunitense, per la definizione del confine marittimo con Israele. Tel Aviv è decisa ad avviare nelle acque tra i due paesi lo sfruttamento del giacimento sottomarino di Karish entro settembre. Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha reagito a questa intenzione minacciando in una intervista a Mayadeen Tv che «Se l’estrazione di petrolio e gas dal giacimento di Karish inizierà a settembre prima che il Libano ottenga i suoi diritti, allora faremo di tutto per raggiungere i nostri obiettivi…Nessuno desidera la guerra e la decisione è nelle mani di Israele, non nelle nostre». Qualche settimana fa, Hezbollah ha inviato droni – abbattuti quasi subito – verso la nave mandata da Israele per effettuare i primi rilievi a Karish. Un messaggio inequivocabile.

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Daamoush smorza l’ottimismo generato dalle ultime dichiarazioni del mediatore Usa, Amos Hochstein sui progressi fatti dalla trattativa. «Si parla di segnali positivi – ci dice – ma dobbiamo vedere come andranno le cose alla fine, ci sono punti molto importanti da discutere. Noi restiamo fermi sulla nostra posizione, a ciò che ha detto il segretario Nasrallah sui diritti irrinunciabili del Libano». Quindi aggiunge di non fidarsi della mediazione statunitense: «Non vediamo negli Stati uniti una parte affidabile e credibile. Stanno sempre dalla parte di Israele. Hochstein ci offre condizioni che sono sempre favorevoli per Israele».

Il movimento sciita Hezbollah – sostenuto dall’Iran e forte di un’ala militare ben addestrata ed armata di decine di migliaia di razzi – malgrado il calo registrato dal suo schieramento politico («8 marzo») alle ultime elezioni, resta la forza più influente nella politica libanese. E non manca di far sentire il suo peso recitando, con l’approvazione di tanti libanesi e la disapprovazione di molti altri, il ruolo di unico difensore degli interessi economici del paese. Dall’esito del negoziato dipenderà la possibilità del Libano di poter sfruttare riserve di gas sottomarino al momento di entità incerta. La differenza se sarà deciso un confine marittimo piuttosto di un altro, è di miliardi di dollari, vitali per un paese che ha disperato bisogno di valuta pregiata per stabilizzare la lira e ridare fiducia ai libanesi che nel 2019 hanno manifestato in massa contro corruzione, malgoverno e l’intera classe politica.

Nell’ultimo periodo si sono intensificati raduni e manifestazioni, anche in mare, di libanesi che chiedono al governo uscente di adottare una posizione più ferma tale da garantire al paese una quota maggiore di riserve di gas. Daamoush rispondendo a una nostra domanda afferma che Hezbollah rispetterà le decisioni del governo. Poi avverte: «Pensiamo che il governo non rinuncerà ai diritti del popolo libanese. Se invece vedremo che non ci saranno benefici per la nostra gente allora faremo sentire forte la nostra voce». E ancora: «Se Israele estrarrà gas dalla zona contesa senza un accordo, allora difenderemo i nostri diritti. In quel caso sarà Israele che avrà scelto la guerra non noi». Ad agosto anche il premier israeliano Yair Lapid ha usato toni bellicosi avvertendo che il suo governo non esiterà a proteggere gli interessi del paese.

Il peggioramento delle condizioni economiche e finanziarie in Libano è parallelo allo stallo politico. Il premier incaricato Najib Mikati non è ancora riuscito a formare una maggioranza. Inoltre, il 31 ottobre scadrà il mandato del presidente Aoun e al momento non c’è ancora accordo sul nome del futuro capo dello Stato. Si pensa che in assenza di un nuovo gabinetto Aoun si rifiuterà di lasciare il palazzo di Baabda. I cittadini libanesi intanto già guardano con preoccupazione all’inverno che si avvicina con il carburante alle stelle e la poca elettricità disponibile. Charbel, nel suo piccolo negozio di souvenir, pensa di procurarsi quanta più legna da ardere possibile per la sua vecchia stufa. «Da anni era solo decorativa lì a casa ma ora dovrà riscaldarci per tutto l’inverno. Trovare la legna però non è facile» dice con un mezzo sospiro. Come lui proveranno a fare decine di migliaia di libanesi. Il paese famoso per i suoi cedri e gli alberi secolari ora rischia anche il disboscamento. «Non ci hanno lasciato altra scelta, comprare il gasolio ti porta via quanto spendi per sfamarti un mese», si giustifica Charbel. Pagine Esteri

*Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2022 dal quotidiano Il Manifesto

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GAZA. Il mare è una ricchezza ma spaventa chi vive sulla costa


REPORTAGE. E' cresciuto a causa del cambiamento climatico e minaccia le case del campo profughi di Shate. E' solo uno degli effetti del disastro ambientale in questo lembo di territorio palestinese sotto blocco israeliano ed egiziano. L'articolo GAZA. Il

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 8 settembre 2022 – Nella Striscia di Gaza nessuno dimentica i lutti sofferti da 49 famiglie durante l’ultima escalation, un mese fa, tra Israele e il Jihad islami e sotto i bombardamenti dell’aviazione israeliana. Ma la vita va avanti e a migliaia vanno in spiaggia e al mare, l’unica vacanza possibile per i 2 milioni e duecentomila palestinesi che vivono come prigionieri. Questo piccolo lembo di terra palestinese, sotto blocco israeliano da 15 anni, offre ai suoi abitanti circa 40 chilometri di costa. «Abbiamo solo il mare» ci dice Bilal, 29 anni, con la famiglia nella spiaggia del capoluogo Gaza city, «facciamo il bagno con le nostre bambine e ci proteggiamo dal gran caldo di questi giorni. Arriviamo al mattino e andiamo via al tramonto, come gran parte delle famiglie che vedi in spiaggia». Mentre Bilal risponde alle nostre domande, sette-otto ragazzi davanti a noi si tuffano in acqua lanciando urla di gioia. Una donna va in riva con la sua bimba che piange impaurita. Alle nostre spalle un nugolo di ragazzini circonda il carretto dei ghiaccioli da pochi centesimi. Scene da mare, come in qualsiasi parte del mondo. E fare il bagno a Gaza quest’anno è ancora più bello. Con il completamento di tre impianti di trattamento delle acque reflue – grazie a donazioni per 250 milioni di dollari – quest’estate i bagnanti possono tuffarsi senza temere malattie.

A qualcuno però il mare di Gaza fa paura. Dozzine di famiglie del campo profughi di Shate, alla periferia nord di Gaza city, lo vedono troppo vicino alle loro povere case fatiscenti. La crisi climatica, l’aumento delle temperature e il conseguente innalzamento dei mari sta avendo un impatto anche su Gaza dove la sostenibilità ambientale è già fragile da lungo tempo. «Il nostro campo è vicino al mare, un tempo avevamo la spiaggia, oggi è quasi sparita», ci racconta Mohammad Abu Hamada, 72 anni, figlio di profughi palestinesi della Nakba. «Fino a una decina di anni fa il mare era nostro amico» prosegue «la sua bellezza ci aiutava a sopportare la povertà. Ora non più, l’acqua è troppo vicina. Quando viene l’inverno e il mare è grosso abbiamo paura che le onde possano inghiottirci, assieme alle nostre case. Nessuno interviene e presto saremo costretti ad andare via, sta diventando pericoloso». Timori ampiamente giustificati.

La gente di Gaza, già costretta a sopportare le conseguenze di guerre e bombardamenti e la carenza di acqua potabile ed elettricità, ora deve lottare per costruire una resilienza climatica. «Non è facile porre rimedio alla devastazione ambientale mentre si è sotto blocco (israeliano) da anni, con una crisi umanitaria da affrontare ogni giorno» ci spiega il professore Ahmed Hilles, direttore del Nied, l’Istituto per l’ambiente e lo sviluppo a Rimal (Gaza city). «Gli interventi da fare sono urgenti» aggiunge «le precipitazioni complessive, già scarse, sono diminuite ulteriormente. E quando arrivano sono molto violente, in poche ore cadono gli stessi millimetri di pioggia che anni fa misuravamo in un arco di tempo molto più ampio e provocano inondazioni in aree urbane popolate. Non solo, queste piogge tanto violente devastano le coltivazioni accrescendo l’insicurezza alimentare e contribuiscono a far infiltrare nel terreno le sostanze tossiche di cui Gaza è impregnata».

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In Medio Oriente le temperature sono aumentate di 1,5 gradi, ben al di sopra delle tendenze globali di 1,1 gradi. Le temperature dovrebbero salire di oltre 4 gradi entro la fine del secolo, accompagnate da una diminuzione delle precipitazioni annuali con stime che vanno dal 30 al 60%. Gaza è diventata un hotspot del cambiamento climatico all’interno di un hotspot in cui domina una emergenza umanitaria di base che vede al centro dei problemi la poca acqua potabile. Quella disponibile al 90% non è bevibile secondo gli standard internazionali. Il blocco israeliano è un fattore centrale perché accresce la difficoltà se non l’impossibilità di intervenire con progetti e programmi specifici per affrontate il cambiamento climatico e la poca acqua. Gli impianti di desalinizzazione costruiti a Gaza sono costosi, richiedono una manutenzione continua e non bastano a soddisfare il fabbisogno. «In media – ricorda il professor Hilles – una persona a Gaza riceve circa un quinto della quantità di acqua potabile raccomandata dall’Oms (solo 21 litri al giorno, contro i 100 litri raccomandati, ndr). Questo è meno del 10 percento dei 280 litri medi che i cittadini israeliani ricevono ogni giorno». A Gaza solo la falda acquifera costiera è sicura per bere ed è l’unica fonte d’acqua naturale della Striscia. Tuttavia, avverte Hilles, «questa riserva d’acqua, a causa dell’aumento del livello e della forza del mare, è infiltrata sempre di più dall’acqua salata. Un problema al quale contribuiscono anche l’estrazione eccessiva e le acque reflue non trattate». Intervenire non è facile. «Lo scontro in atto (dal 2007) tra il governo dell’Anp a Ramallah e quello di Hamas a Gaza complica qualsiasi tentativo di mettere in campo interventi seri per contrastare gli effetti del cambiamento climatico. Le due parti invece di farsi la guerra dovrebbero cooperare» ci dice un giornalista di Khan Yunis che vuole restare anonimo.

Ma l’ostacolo principale alla capacità di rispondere alla crisi umanitaria e a mitigare i cambiamenti climatici resta il blocco israeliano. Da anni Israele limita severamente l’ingresso di materiali a Gaza che definisce di «doppio uso», ossia utilizzabili sia per scopi civili che militari da parte di Hamas. L’accesso dei palestinesi ai materiali di base per la costruzione e la manutenzione delle infrastrutture è sotto il controllo dell’esercito israeliano che può decidere in qualsiasi momento di bloccare del tutto l’ingresso di certi materiali. Ciò rallenta i progetti per la riabilitazione delle reti idriche, per l’energia elettrica e la sicurezza alimentare. «Intanto – conclude il professor Hilles – aumentano i bisogni di una popolazione in forte crescita demografica in un territorio minuscolo. Ogni anno il saldo tra morti e nuovi nati fa segnare +70-80mila. Di pari passo aumentano i bisogni primari e si aggrava l’inquinamento». Pagine Esteri

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GRAN BRETAGNA. Ong per i diritti umani a nuova premier Truss: basta attacchi ai migranti


Due organizzazioni della società civile e un sindacato hanno presentato presso l'alta corte di Londra una denuncia contro una delle politiche più controverse del governo dell'ex premier: un accordo per il trasferimento forzato in Ruanda dei richiedenti as

della redazione con testi dell’agenzia DIRE

Pagine Esteri, 7 settembre 2021 – La nuova primo ministro Liz Truss “avrebbe la possibilità di lasciarsi alle spalle le politiche divisive che hanno segnato l’amministrazione del predecessore Boris Johnson”, e invece durante la sua campagna per la leadership conservatrice “ha scommesso ancora di più sulle politiche dell’ex premier crudeli verso i più vulnerabili, tra cui profughi e rifugiati”. Sonya Sceats, direttrice esecutiva dell’organizzazione britannica di difesa dei diritti delle vittime di tortura Freedom from Torture, commenta così all’agenzia Dire l’incarico come primo ministro di Truss, affidatole dal suo partito e sugellato quest’oggi dalla Regina Elisabetta nel Castello scozzese di Balmoral.

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Elizabeth Truss

La nuova premier, 46 anni, nativa di Oxford, ministra degli Esteri durante la passata amministrazione, è stata eletta alla guida del Partito conservatore, schieramento che governa il Paese, da circa 172mila elettori iscritti alla formazione dei “tories”. Le consultazioni si sono rese necessarie dopo le dimissioni di Johnson, che ha dovuto lasciare l’incarico dopo essere sopravvissuto a un voto di sfiducia, a fronte anche delle forti critiche ricevute per aver violato le limitazioni imposte dal suo governo durante la fase più acuta della pandemia di Covid-19 prendendo parte a una festa nella sede del governo nonché sua residenza, al 10 di Downing street.

Due organizzazioni della società civile e un sindacato hanno presentato presso l’alta corte di Londra una denuncia contro una delle politiche più controverse del governo dell’ex premier: un accordo per il trasferimento forzato in Ruanda dei richiedenti asilo che fanno ingresso irregolare in Gran Bretagna. L’intesa, firmata nella capitale Kigali lo scorso aprile dalla ormai ex ministra degli Interni Priti Patel – che si è dimessa ieri dopo la nomina di Truss alla guida dei conservatori – è stata annunciata in contemporanea da Johnson a Londra. Il primo volo verso il Paese africano sarebbe dovuto partire a giugno, ma è stato bloccato già sulla pista di decollo dopo un ricorso alla Corte europea dei diritti umani (Cedu) presentata da uno dei passeggeri. I giudici europei hanno stabilito che il piano del governo britannico non può essere applicato finché la giustizia britannica non avrà concluso tutti i procedimenti giudiziari che sono stati presentati contro tale misura.

E’ da qui quindi, dal versante dei diritti, soprattutto quelli a rischio, che Sceats guarda al nuovo esecutivo a guida Truss che verrà annunciato nelle prossime ore. “La nuova premier potrebbe abbandonare una serie di politiche di cui il popolo britannico è veramente stufo”, premette l’attivista, che però aggiunge: “Durante la sua campagna per farsi eleggere alla guida dei tories ha scommesso ancora più fortemente su politiche che attaccano i diritti umani come l’intesa con il Ruanda, siglata all’insegna del principio ‘soldi in cambio di persone’, e poi il National security bill e il British Bill of Rights”. Le bozze di questi due ultimi provvedimenti sono al momento entrambe in fase di esame da parte della Camera dei Lord, uno dei primi passaggi dell’iter necessario per diventare leggi, così come prevede l’ordinamento britannico. Le misure sono state duramente criticate da diverse organizzazioni, in quanto accusate, fra le altre cose, di assestare duri colpi alla libertà di espressione e dei diritti umani, oltre a fornire la possibilità a Londra di sottrarsi alle sentenze della Cedu.

Freedom from Torture, che fornisce assitenza psicosociale alle vittime di tortura che ottegono asilo nel Regno Unito, fornirà un documento con diverse testimonianze a sostengo della causa presentata ieri contro il piano di Londra e Kigali. Un rapporto della ong Medical Justice Uk ha individuato almeno 14 vittime di tortura che erano state destinate al trasferimento verso il Ruanda, un Paese che le organizzazioni non considerano sicuro per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e le garanzie contro la tortura.

“Sappiamo che le misure su cui punterà Truss avranno un impatto enorme sulle comunità più vulnerabili della nostra società, logorando così quella rete di sicurezza dei diritti umani che ci rende tutti più sicuri”, constata Sceats.
L’attivista lancia quindi un appello alla politica ma ancora di più ai cittadini britannici: “In tempi di crisi economica senza precedenti, questo Paese ha bisogno di una leader sensibile e compassionevole, non di un’esponente di destra ancora più inutilmente muscolare. Sta al popolo della Gran Bretagna- scandisce ancora Sceats- chiedere al suo governo di rappresentare tutti, a prescindere dalla loro condizione economica o dalla loro provenienza”. Pagine Esteri

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Ursula von der Leyen traccia un bilancio e indica sfide e priorità dell’UE nel discorso sullo Stato dell’Unione. Il primo, dice, “mentre in Europa infuria una guerra”. “Putin fallirà.


L’Europa attende il gas del Turkmenistan


In risposta alla guerra del Cremlino contro l’Ucraina, l’Unione Europea si sta muovendo per emanciparsi dal gas naturale russo. Sebbene la mossa abbia un buon senso geopolitico, il taglio delle forniture di gas russe ha già causato problemi economici. Prima della guerra, la Russia forniva il 40 per cento del gas europeo. L’Unione Europea ora [...]

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Etiopia: Abiy e la sua paura della pace


Il Tigray ha offerto colloqui per la pace, ma il premier federale Abiy Ahmed non risponde. Il suo problema più grande è l'Eritrea. Si rischia una guerra regionale

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Tutto è permessoSono ormai 4 milioni le persone ucraine che hanno fatto richiesta di protezione temporanea negli Stati membri dell’Ue.


Cavernicoli, curricoli e grotte di Altamira


Nel dipanarsi della catena evoluzionistica dell’uomo, qual è esattamente l’anello cruciale che fa da discrimine fra ominide e umano? Nel comune immaginario iconografico probabilmente campeggia il diorama dell’australopiteco che scartoccia la sua colonna v

Nel dipanarsi della catena evoluzionistica dell’uomo, qual è esattamente l’anello cruciale che fa da discrimine fra ominide e umano?

Nel comune immaginario iconografico probabilmente campeggia il diorama dell’australopiteco che scartoccia la sua colonna vertebrale, si solleva dalla quadrupede contemplazione del suolo disegnando una trionfale parabola ascendente.

Homo erectus, homo habilis, homo ergaster… queste sono le etichette tassonomiche riportate da tutti i manuali scolastici per descrivere la gestazione della storia, fino approdare a lui: l’homo sapiens di cui noi illustri eredi porteremmo il pedigree genetico.

Eppure, ci sarà uno spartiacque.

Se dovessi indicare il momento del fatidico “fiat” lo vedrei nelle pitture rupestri di Altamira. Queste grotte della Cantabria recano stilizzate figure di animali, acerbi ghirigori, timbri di mani. Ma nello sbozzato naif dei graffiti c’è il segno di un passaggio. Lo scimmiesco primate, totalmente avviluppato nella sua struggle for existence, fa qualcosa del tutto sottratto alla logica dell’utile. Coprirsi, scaldarsi, nutrirsi, quanti quotidiani assilli nel suo quotidiano ambiente!
Eppure, non gli basta più cacciare il bisonte, lui vuole rappresentarlo.

Proiezione di un desiderio, di una premonizione, di un auspicio… non sapremo mai quali valenze sacrali o rituali affollavano la mente del disegnatore, ma sicuramente la scabra parete rocciosa diventa tela su cui far riverberare un’impellenza espressiva (urgenza inedita nella quotidiana girandola del cacciare-essere cacciato).

Il segno lasciato dal primitivo artista somiglia al gesto infantile di intingere la mano nel colore e tracciare un’impronta; primigenia traccia di esistere e non solo sopravvivere.

Non è dunque l’abilità di fabbricare strumenti, né la sofisticazione cognitiva dei suoi costrutti a identificare il nostro cavernicolo come uomo, ma proprio l’impellenza creativa di un qualcosa avulso alla pragmaticità dell’impiego; non sarebbe nemmeno la capacità del sentimento o l’ingegnosità del problem solving a costituire il tratto identificativo umano.

Esse sono infatti caratteristiche ugualmente presenti in diversa misura anche nell’animale, anzi, gli esperimenti di Köhler mostrano scimmie estremamente intuitive nell’escogitare soluzioni. Ciò che non compare in esse è l’afflato creativo. Tale vocazione si riscontra già nel bambino e nella fisiologica urgenza di estrinsecare fuori le chimere del dentro, non ancora ingabbiate in sovrastrutture sociali.

Nella società contemporanea, troppo spesso vengono bollate come “inutili” tutte le attività del pensiero non direttamente correlate a una concreta applicazione.
“A cosa serve?”
Questa domanda fa cadere la mannaia educativa nell’impostazione didattica di scuole e università, in nome di una strabica e regressiva ‘modernità’ di curricoli.

Le magnifiche sorti e progressive della contemporaneità si conformano ad una visione della cultura intesa come puro processo strumentale a un impiego pratico. Come un manuale dell’Ikea: il libro è funzionale alla realizzazione di qualcosa, non è visto nel suo intrinseco valore plasmante. Gli enti formativi millantano di preparare per il futuro giovani lavatori e non individui pensatori.

Ogni qual volta le discipline legate all’estrinsecazione del pensiero e dell’espressività vengono immolate sull’altare dell’utile, non facciamo altro che deodorare e incravattare l’australopiteco, che continua a dilagare in una società stemma del know how, ma che ormai paradossalmente don’t know why.

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Cile: la sconfitta al referendum rende Boric un’anatra zoppa


Ecco perchè i cileni hanno respinto il progetto di riforma costituzionale. Ora il nuovo Presidente è in seria difficoltà, per uscirne deve risolvere il problema di come consolidare il processo di transizione verso la democrazia

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La vittoria ucraina manda in frantumi la reputazione della Russia come superpotenza militare


Lo straordinario successo della recente controffensiva ucraina ha messo in luce la cattiva realtà dietro la reputazione della Russia come superpotenza militare. A più di sei mesi dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina di Vladimir Putin, è ora ovvio che il suo esercito è in realtà un’istituzione profondamente imperfetta che non ha quasi alcuna somiglianza con l’immacolata forza [...]

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Perchè il price cap, come le sanzioni, non funzionerà contro la Russia


Qualsiasi soluzione del genere, si rivela presto inefficace e con grandi effetti collaterali. Serve solo alle élite politiche socio-populiste dell'Occidente a sedare l'elettorato

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Venerdì 16 settembre si terrà "Tutti A Scuola", la tradizionale cerimonia di inaugurazione del nuovo anno scolastico!

L’Istituto di Istruzione Superiore “Curie-Vittorini” di Grugliasco, in provincia di Torino, accoglierà il Presidente della Repubbli…



Elisabetta II: più che monarca, marchio globale


La monarchia britannica è un eccellente esempio di marchio aziendale heritage. Valore stimato: 67,5 miliardi di sterline

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