Cronache di Lavoro & Welfare – Smartworking: una trappola per la produttività?
Il 15 novembre, alle ore 18.30, presso l’Aula Malagodi della Fondazione Luigi Einaudi, in via della Conciliazione 10, a Roma, si terrà un incontro dal titolo “Smartworking: una trappola per la produttività?”.
L’evento è il primo del ciclo di incontri “Cronache di Lavoro & Welfare”, un percorso composto di cinque sessioni, durante le quali saranno affrontati i maggiori temi di attualità inerenti la cosiddetta politica sociale. A questa materia, infatti, Luigi Einaudi si dedicò nel semestre di primavera del 1944 nei due campus universitari dell’Università di Ginevra e della Scuola di ingegneria di Losanna, tenendo un corso rivolto a studenti italiani iscritti nelle facoltà di giurisprudenza.
Durante questi seminari – in modo profetico – anticipava molte, per non dire tutte, le tematiche che avrebbero occupato e ancora occupano il campo di discussione del welfare state, dal salario alla previdenza, dall’assistenza sanitaria alla previsione di una pensione generale.
Relazione introduttiva:
Riccardo Fratini, Dottore di ricerca in diritto del lavoro e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Luigi Einaudi
Intervengono:
Raffaele Bonanni, già Segretario Generale della Cisl e Presidente della Fondazione Spaventa
Cesare Damiano, Deputato della Repubblica e già Ministro del Lavoro
Roberta Toffanin, già Senatrice della Repubblica e imprenditrice
Modera:
Raffaele Marmo, giornalista
Il convegno sarà fruibile anche in diretta streaming sul canale YouTube e sulla pagina Facebook della Fondazione.
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Midterm: i repubblicani sono davvero pronti a frenare gli aiuti all’Ucraina?
Il leader della minoranza alla Camera Kevin McCarthy ha sollevato le sopracciglia in ottobre quando ha detto che non ci sarebbe stato alcun ‘assegno in bianco’ per l’Ucraina se i repubblicani avessero conquistato il controllo del Congresso. Ora sul punto di diventare presidente della Camera, solleva interrogativi sul fatto che anche una singola camera controllata […]
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EU governments open the door for biometric mass surveillance in public spaces
Today, the EU Council Presidency’s proposal for a regulation on the use of Artificial Intelligence (AI) was leaked. Patrick Breyer, German Pirate Member of the European Parliament, warns that the proposal would open the door for biometric mass surveillance in public spaces on a broad scale:
„This proposal would justify the permanent and ubiquitious deployment of face surveillance to look for the thousands of ‚victims‘, ‚threats‘ and suspects of ‚serious crime‘ that are wanted at any time. We need to prevent a China-style dystopian future of biometric mass surveillance in Europe! This technology is being abused by authoritarian countries such as Russia or Iran, is this the direction our governments want to take us?With error rates (false positives) of up to 99%, ineffective facial surveillance technology bares no resemblance to the targeted search that proponents are trying to present it as. There is not a single example of real-time biometric surveillance preventing a terrorist attack, finding „missing children“ or other such events.
We must stand up against biometric mass surveillance in our public spaces because these technologies wrongfully report large numbers of innocent citizens, systematically discriminate against under-represented groups and have a chilling effect on a free and diverse society. Legislation allowing for indiscriminate mass surveillance has consistently been annulled by the courts due to their incompatibility with fundamental rights. The European Parliament will need to fight to have this ban implemented in the AI Act!“
According to a representative survey conducted by YouGov in 10 EU countries, a majority of Europeans opposes biometric mass surveillance in public spaces.
The European Data Protection Board and European Data Protection Supervisor have called for a „general ban on any use of AI for an automated recognition of human features in publicly accessible spaces“ due to its „resulting in a direct negative effect on the exercise of freedom of expression, of assembly, of association as well as freedom of movement“.
More than 200 civil society organizations, activists, tech specialists, and other experts around the world are advocating a global ban on biometric recognition technologies that enable mass and discriminatory surveillance, arguing that „[t]hese tools have the capacity to identify, follow, single out, and track people everywhere they go, undermining our human rights and civil liberties“.
The UN High Commissioner for Human Rights is also speaking out against the use of remote biometric recognition technologies in public spaces, referring to a „lack of compliance with privacy and data protection standards“, „significant accuracy issues“ and „discriminatory impacts“.
The European Parliament in a resolution voted in favour of a ban last year. Tomorrow an event on „Banning Biometric Mass Surveillance“ will take place in the European Parliament, bringing together high-level Members of the European Parliament.
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PALESTINA. VIDEO/FOTO. Le olive di Shireen a rischio aggressioni
Dei partecipanti al viaggio di conoscenza “Tutti a raccolta 2022” organizzato da Pax Christi
Pagine Esteri, 31 ottobre 2022 – “La raccolta delle olive inizia sempre dagli alberi a ridosso dell’insediamento israeliano di Bitar Illit. È qui che siamo più esposti al rischio di attacchi da parte dei coloni, è qui che la presenza di internazionali è fondamentale”.
Shireen è al lavoro dalle 7 del mattino assieme alla sua numerosa famiglia. Mentre con un fazzoletto si asciuga ripetutamente il sudore che le scende copioso dal viso, Shireen sale e scende veloce dagli alberi per coordinare e gestire il gruppo di volontari italiani arrivati nel villaggio di Husan per la raccolta delle olive.
Lei e il fratello si occupano della potatura degli alberi mentre la mamma e la zia setacciano le olive prima di metterle nei sacchi, circondate dai tanti nipoti di ogni età che giocano felici rincorrendosi tra i campi. Come per ogni palestinese, la raccolta delle olive è una tradizione che fa parte della propria identità nazionale e che coinvolge l’intera famiglia scandendo i ritmi della giornata nei mesi di ottobre e novembre.
“Ogni giorno siamo minacciati dalla politica coloniale. Poche settimane fa le autorità israeliane hanno iniziato a costruire una nuova strada che dall’insediamento di Bitar Illit, costruito su terra degli abitanti di Husan e di altri villaggi palestinesi, porta dritta verso Hebron. Quindici dei nostri olivi sono stati completamente ricoperti di terra e massi. Ormai sono morti, soffocati. Nessuno è venuto a rimuovere i detriti, anzi, a metà ottobre hanno tagliato i rami dei pochi alberi sopravvissuti” ci racconta Shireen dall’alto di un ulivo.
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Proprio per evitare gravi atti di violenza e di saccheggio da parte dei coloni, i palestinesi che hanno terre a ridosso delle colonie sono molto spesso accompagnati nella raccolta delle olive da volontari internazionali il cui scopo è quello di prevenire e monitorare eventuali violazioni e violenze da parte dei coloni.
“Molto spesso però anche la presenza internazionale non è sufficiente” ci racconta Badee Dwaik, direttore dell’oganizzazione Human Rights Defenders di Hebron. “Mercoledì 19 ottobre i coloni di Ma’ale Amos hanno attaccato un gruppo di persone che stava aiutando i palestinesi nella raccolta delle olive nel villaggio di Kisan, nell’area di Betlemme. Una donna di 70 anni è stata accoltellata e portata d’urgenza in ospedale con numerose ferite sul corpo e una gamba rotta”.
Non si tratta di un episodio isolato. Come ogni anno, durante i mesi di raccolta si registra un aumento esponenziale della violenza e delle aggressioni dei coloni contro i contadini palestinesi dal nord al sud della Cisgiordania. Nello stesso villaggio di Kisan, i coloni hanno sradicato 300 olivi e spruzzato gli alberi con pesticidi chimici incendiari. A Jamaeen e a Qaffin, vicino a Nablus, i contadini palestinesi sono stati attaccati a sassate e sono stati costretti a sospendere la raccolta. Faz3a, la campagna del Coordinamento dei Comitati Popolari di Resistenza, costituita da attivisti palestinesi che lottano contro il colonialismo israeliano in diverse città e villaggi e che in questo periodo supportano le comunità locali nella raccolta delle olive, ha denunciato numerosi episodi di violenza: nel villaggio di At-tuwani, nell’area di Masafer Yatta, attivisti palestinesi e internazionali sono stati attaccati con gas lacrimogeni; a Turmosaya, nella zona di Ramallah, i coloni hanno appiccato fuoco ai campi di olivi e ad alcune auto palestinesi, mentre nel vicino villaggio di Jeibiya, un attivista palestinese è stato ricoverato in ospedale a seguito di un’aggressione e 10 auto sono state distrutte a sassate. Pagine Esteri
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LIBRI. Poesia. Mahmud Darwish, ovvero la saggezza del condannato a morte
della redazione
Pagine Esteri, 7 novembre 2022 – E’ in uscita nei prossimi giorni, “La saggezza del condannato a morte e altre poesie” (Edizione Emuse, 12 Euro) del grande poeta palestinese Mahmud Darwish.
Orizzonte di riferimento del libro sono stati i tre “personaggi” che emergono dalla sua produzione poetica: l’elegante erudito che esprime il suo amore virtuoso per la terra madre, la Palestina, e per l’amata immaginaria, l’io frammentato e il cantore della patria palestinese.
La miscellanea è composta da ventotto poesie, nove per ciascuno dei tre nuclei tematici: dell’amore, dell’io e della patria, precedute dal carme E noi amiamo la vita, selezionate con estrema cura all’interno dell’intera attività poetica di Darwish. Sono stati inclusi testi di ogni fase del suo vissuto poetico, da quando ha iniziato a scrivere lettere sulla libertà e sull’amore dalla sua terra in Palestina, fino alle domande esistenziali poste dal suo dialogo con l’esilio forzato dalla sua terra. La sequenza di questi temi e delle poesie al loro interno è un tentativo di ritrarre un volto italiano basato sulla musicalità lirica che ha accompagnato l’anima di Darwish investendone il linguaggio, nel tentativo di restituire un frammento della sua anima.
Il volume è stato curato e tradotto dal poeta italo-siriano Tareq Aljabr, in collaborazione con Sana Darghmouni, docente di arabo all’Università di Bologna, e Emiliano Cribari, poeta italiano, in un percorso che ci ha visti lavorare a stretto contatto con la Fondazione Mahmoud Darwish di Ramallah.
Vorremmo che questo libro potesse diffondersi, parlare, continuando a trasmettere il messaggio poetico e politico di Darwish e vi saremmo davvero grati se poteste contribuire in qualche modo alla sua diffusione attraverso la promozione sui vostri canali (materiali in allegato).
“La saggezza del condannato a morte e altre poesie” dal 10 NOVEMBRE sarà disponibile in tutte le librerie e on-line: emusebooks.com/libri/mahmud-da…
Mahmud Darwish (1941-2008) è nato a al-Birwa, nell’alta Galilea. Durante la creazione dello Stato di Israele nel 1948, il suo villaggio fu distrutto dalla milizia israeliana e la sua famiglia fu costretta a scappare in Libano, rientrando segretamente in patria l’anno successivo. Da giovane, Darwish dovette affrontare gli arresti domiciliari e la reclusione da parte delle autorità israeliane per il suo attivismo politico e per aver letto pubblicamente le sue poesie. Per ventisei anni, fino al 1996, anno del suo rientro in Palestina, visse in esilio tra Mosca, il Cairo, il Libano, la Tunisia e Parigi. Considerato il poeta più eminente della Palestina, e uno dei più grandi poeti arabi contemporanei, Mahmud Darwish ha pubblicato una trentina di raccolte di poesie e prose, tradotte in oltre venti lingue. Pagine Esteri
Nota per i lettori
La prima presentazione del libro è prevista nell’ambito di Bookcity, il 20 Novembre 2022, Ore 12:00, al Teatro Franco Parenti di Milano con l’incontro “L’io, la Palestina, l’amore. Mahmud Darwish, poeta tra parole transitorie” con Tareq Aljabr, Emiliano Cribari, Sana Darghmouni e Paolo Branca. Sarà l’occasione di fare conoscere l’opera di Darwish come contributo al dialogo tra culture e come occasione di riflessione.
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Elon Musk: un genio fanfarone padrone della comunicazione mondiale
Quanto si sta parlando di Twitter in questi giorni! E come mai Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo spende una cifra pazzesca per assicurarsene il controllo? Twitter, dopo polemiche e lotte di scalate che potrebbero essere temi di serial televisivi, con Jack Dorsey Dorsey, un informatico di St. Louis nel Missouri, è stata fondata […]
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I cavalli che hanno vinto di più e segnato la storia
Nel mondo delle corse e dell’ippica ci sono stati buoni cavalli e cavalli invece che hanno fatto la storia, segnando una generazione. Alcuni di questi sono diventati addirittura delle icone, non solo dello sport, rappresentando il cambiamento e la nascita di nuove dinastie. Ribot, Grundy, Nearco, fino al leggendario Varenne, sono solo alcuni dei nomi […]
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È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione.
🔸 Primo incontro tra il Ministro Valditara e i sindacati della scuola
🔸 Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate: la lettera del Min…
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione. 🔸 Primo incontro tra il Ministro Valditara e i sindacati della scuola 🔸 Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate: la lettera del Min…Telegram
Contare
In vista della legge di bilancio – in comprensibile ritardo a causa delle elezioni – ritoccate le previsioni di finanza. Comprensibile che serva un po’ di tempo, per impostare la legge di bilancio. Con una crescita dello 0,6% (quindi non la recessione), con un deficit alto, ma non sfondando e, anzi, tagli alla spesa corrente (800 milioni nel 2023, 1,2 miliardi nel 2024 e 1,5 nel 2025, a valere sulle spese ministeriali). Continuità, quindi.
Alcune decisioni sono rivelatrici: riavviare le perforazioni e l’estrazione di gas dall’Adriatico – così come impostato dal governo precedente – dimostra un salutare pragmatismo, considerato che chi oggi governa (come tanta parte di chi oggi s’oppone) portò il proprio chiassoso e masochista (forse direbbero: antinazionale) contributo al referendum “NoTriv”. Si trivella, dunque. Fortunatamente sono stati incoerenti.
Ragionevole che i primi incontri fra il nuovo governo italiano e i vertici delle istituzioni dell’Unione europea siano serviti a presentarsi e prendere contatti. E, del resto, solo la propaganda antieuropeista poteva pensare esistesse una quale che sia preclusione verso un governo democratico: contano i fatti.
Visto che la propaganda ha portato alla vittoria, si torna alla realtà. Bene, quindi. Anche se risulta un filo retorico e azzardato sostenere che “ora” si vuole “contare di più”, perché sarà dura che l’Italia conti più di quel che le è stato possibile per un paio d’anni, a cura di un Draghi che non è stato affatto accomodante ma decisamente competente.
Ha ragione la presidente del Consiglio quando, dopo quegli incontri, ha affermato: «Ho smontato una narrativa». Vero, quella di chi descriveva le istituzioni europee come ostili ai nostri interessi nazionali. Dall’altra parte si era solo curiosi di sapere se il Paese più finanziato fosse veramente governato da chi considera i finanziatori «una banda di usurai».
Non è così e speriamo di averla chiusa lì, con quella stolta narrativa. Meloni ha anche fatto sapere di avere chiesto, per fronteggiare i guasti sul fronte dell’energia, di strutturare debito comune «sul modello Sure». Dove la notizia non è averlo chiesto (lo aveva già proposto il governo precedente, in accordo con la Francia), ma l’essersi accorti che esiste un «modello Sure» e che è già attivo del debito comune. Benvenuti nella realtà, che non coincide affatto con la precedente «narrativa».
Debito comune significa vincoli comuni. Corresponsabilità nell’onorarlo significa meno margini di autonomia nella spesa pubblica, quindi nella legge di bilancio. E qui si torna al punto di partenza, senza ancora approdo. Se si hanno debiti, vincoli e responsabilità comuni, poi non si può pensare di spendere a piacimento. I bilanci e i contribuenti di altri Paesi Ue rispondono anche delle nostre scelte, per questa ragione vincolate. Lo si tenga presente, cambiando «narrativa».
A tal proposito: ci sono crediti inesigibili, soldi che devo legittimamente avere e che so essere non incassabili, nel qual caso – sebbene con dolore – devo cancellare quel credito. Vale anche per cartelle esattoriali, tasse e imposte non pagate. Ma perché siano inesigibili occorre che si sia fatto tutto il necessario per esigerli, altrimenti la cancellazione si chiama condono.
E il condono è uno schiaffo agli onesti. Una pernacchia in faccia. Come lo è avere stabilito delle multe per chi non si vaccina e poi toglierle spiegando che ha avuto ragione a sottrarsi a un obbligo. Tale «narrativa» è l’opposto di “legge e ordine”, essendo prepotenza e disordine.
A settembre l’occupazione è cresciuta di 46mila unità, lo 0,2% in un mese e 316mila in un anno, +1,4%. La maggior parte sono contratti a tempo indeterminato. Cresce anche il numero dei giovani disoccupati (23,7% nella fascia d’età 15-24 anni), ma questo ha un suo risvolto positivo: non sono persone che hanno perso il lavoro ma che si sono decise a cercarlo, ritenendolo possibile. Dati, questi, coerenti con la crescita della ricchezza nazionale, che è stata positiva anche nel trimestre previsto in negativo. Questa è la realtà, ben diversa dalla trasversale «narrativa» elettorale.
Crescita e serietà hanno reso possibili margini significativi per finanziare aiuti per le bollette, che si aggiungo a quelli già attivi. Il realismo aiuta a contare, senza sbagliare i conti.
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PODCAST. Meron Rapoport: “L’uomo forte del governo israeliano sarà il suprematista Ben Gvir”
di Michele Giorgio –
Pagine Esteri, 7 novembre 2022 – Le ripercussioni della vittoria di Benyamin Netanyahu e dell’estrema destra alle elezioni israeliane della scorsa settimana, sono ciò su cui si interrogano commentatori e analisti politici.
Si teme il rinfocolarsi della tensione interna in Israele per l’agenda che ha in mente Itamar Ben Gvir, il leader della formazione razzista Sionismo religioso divenuta la terza forza nella Knesset. Ma è reale anche il pericolo di una escalation di violenze nella Cisgiordania occupata.
L’analista Meron Rapaport spiega le ragioni del successo di Ben Gvir e le possibilità che avrà di attuare il suo programma il leader di estrema destra.
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Fr.#14 / Fu il welfare a uccidermi
La morte, il miglior servizio di welfare
Uccidere i pazienti potrebbe portare a un risparmio per il sistema sanitario nazionale fino a 136 milioni di dollari. Così si leggeva nel 2017 sul sito della CBC canadese, che riportava i dati di uno studio della Canadian Medical Association. Per arrivare a queste conclusioni pare che i ricercatori usarono i dati pervenuti dall’Olanda e dal Belgio, dove la pratica dell’eutanasia è già legale da tempo.
L’eutanasia in Canada divenne legale dopo che la Corte Suprema ribaltò una storica sentenza che vietava il “suicidio assistito”. Arrivò poi la legge, il Bill C-14 (“medical aid in dying”, o MAiD), entrato in vigore nel 2016, che per la prima volta prevedeva la possibilità di eutanasia per gli adulti con malattie terminali. Qualche tempo dopo, la legge fu emendata per estendere l’ambito legale dell’eutanasia anche ad ogni adulto vittima di “sofferenze permanenti e intollerabili (“enduring and intolerable suffering”) o “ragionevoli aspettative di morte (“reasonably foreseeable death”). Da marzo 2022 l’eutanasia è un’opzione anche per adulti che soffrono di malattie mentali.
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Qualcuno potrebbe dire: se le persone vogliono morire, perché non aiutarle, risparmiando anche dei soldi pubblici? Purtroppo, la realtà è molto più grottesca di così. Le storie di persone “gentilmente spinte” verso la morte dal sistema si stanno moltiplicando a vista d’occhio.
Come Denise, in sedia a rotelle, che da sette anni cerca inutilmente un alloggio economicamente accessibile a Toronto che possa essere adeguato alle sue necessità. Denise non riesce, e ha iniziato a considerare un’altra opzione: il suicidio assistito. Due medici hanno già approvato la procedura.
O come Alan, che per 20 anni ha vissuto con dei dolori cronici e per 18 ha cercato di ottenere un intervento chirurgico che gli avrebbe risolto ogni problema. Purtroppo il sistema sanitario nazionale non l’ha mai approvato, riempiendolo invece di oppioidi. Così, dato che non può essere curato, ha deciso di farsi ammazzare.
O ancora, come Sathya, una donna di 44 anni che soffriva di SLA e che decise di farsi ammazzare dai medici, non a causa della sua malattia, ma a causa dell’assenza di un sistema di supporto adeguato da parte dello stato. Nelle sue ultime parole, dedicate agli amici e alla famiglia, scriveva: “Ultimately it was not a genetic disease that took me out, it was a system.”
Quando l’uomo diventa un ingranaggio del sistema
L’eutanasia in Canada, che incentiva le persone che sono un “peso” per la società (leggi: casse dello Stato) ad ammazzarsi, è una finestra sul futuro del (post)welfare universale.
È il risultato della vittoria dell’ideologia del sacrificio personale a favore della collettività. È ciò che abbiamo intravisto anche nel 2020 e 2021, quando le masse, i medici e i politici chiedevano alle persone di sacrificare le proprie convinzioni e la loro libertà per evitare di pesare sul sistema sanitario.
Sempre più le persone stanno perdendo la loro individualità, per trasformarsi in parte di un ingranaggio il cui fine ultimo è la realizzazione del “bene comune” (che non esiste): animali sacrificali che confondono ideologia di stato e valori morali, finendo per annientare se stessi in un circolo vizioso che non genera altro che odio, divisione sociale e morte.
Questo è il futuro del welfare universale. E come sempre, per comprendere il futuro non c’è nulla di meglio che guardare al passato. Richard Theodore Ely, intellettuale economista e principale leader del movimento Progressista, che diede vita alla nostra idea di welfare universale, era un fervido sostenitore dell’eugenetica. Cos’è questa, se non la sua degna eredità?
Gli incentivi funzionano
Che succederà quando gli stati occidentali concluderanno infine i loro progetti di identità digitale, sistemi interconnessi e profilazione1 continuativa della popolazione?
Che succederà quando inevitabilmente la pressione sociale verso categorie di persone già estremamente suscettibili, sarà tale da incentivarle ad ammazzarsi su parere del medico, invece di pretendere le cure per cui già pagano coi soldi estorti dalle tasse?
Che succederà quando una persona invalida o depressa si vedranno notificare dalla loro app di Stato qualcosa del tipo: “sappiamo che stai soffrendo, ecco perché hai diritto al suicidio assistito gratuito - contatta il tuo medico di fiducia”.
D’altronde, lo diceva già Colao: con l’identità digitale sarà lo Stato ad anticipare i bisogni delle persone. E tu hai davvero bisogno di ammazzarti, vero?
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Meme del giorno
Citazione del giorno
They paint the world full of shadows and then tell their children to stay close to the light. Their light. Their reasons, their judgment. Because, in the darkness...there be dragons.
But it isn't true. We can prove that it isn't true. In the dark there is discovery, there is possibility, there is...freedom. In the dark, once someone has illuminated it...
Captain Flint (Black Sails)
Frammenti è la rubrica gratuita in cui commento brevemente le notizie più interessanti della settimana. Un modo leggero e meno impegnativo di leggere Privacy Chronicles.
Sembra fantascienza ma non lo è: lo Stato già profila finanziariamente ogni cittadino. Dal 2021 in Italia il Ministero della Salute ha anche il potere di profilare la popolazione dal punto di vista sanitario. Ne ho parlato qui a gennaio.
Il Governo Meloni preoccupa: evidente ignoranza giuridica
I primi 'segnali' che giungono da Palazzo Chigi e dal Viminale non sono rassicuranti: tentazione/involuzione autoritaria, ma soprattutto testi scombiccherati, scritti da persone di evidente ignoranza giuridica. Pasticcioni. Decreti manifesto, pasticciati e confusi
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COP27, tra coraggio e realismo
Non ha usato mezzi termini il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, in un margine con la stampa alla vigilia della COP27, la Conferenza internazionale sul clima che da oggi fino al 18 novembre si terrà a Sharm el-Sheikh in Egitto: “La COP27 deve essere il luogo in cui ricostruire la fiducia e ristabilire l’ambizione necessaria per evitare di […]
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Manifestare contro Putin per difendere noi stessi
Xi Jinping in un documento del 2012 diceva: “Ogni membro del partito ha il dovere di combattere ovunque e sempre i valori occidentali”. Valori che Vladimir Putin definisce “corrotti” e “decadenti” da almeno un quinquennio
Tutto, fatalmente, ritorna. Ritorna la Storia, ritorna la guerra e ritornano anche i valori. I valori soprattutto. È con la difesa dei valori tradizionali di Santa Madre Russia che Vladimir Putin ha giustificato la rottura con l’Occidente corrotto e corruttore. È sui valori del confucianesimo che si regge il sistema comunista della Cina imperialista di Xi Jinping.
È evocando valori sopiti nel profondo della nazione (Dio, Patria e famiglia) che Giorgia Meloni e altri come lei hanno costruito il proprio successo elettorale.
Chi pensava che decenni di consumismo e di globalizzazione avrebbero cancellato dall’animo umano il bisogno di identità e di tensione morale si sbagliava. Si sbagliava di grosso.
Del resto, è per la loro carica morale che la politica armeggia spesso e volentieri attorno ai temi etici, ai diritti, alle libertà. Una carica morale che mobilita, crea consenso, determina e radica identità e appartenenze.
È sulla “questione morale” che, da Berlinguer a Grillo passando per Di Pietro, si sono costruite carriere personali, fondati partiti, rivoluzionati assetti politici. È sulla “questione morale” che batte e ossessivamente ribatte da ormai trent’anni buona parte dell’informazione televisiva. È sul piano morale, quando non addirittura etico, che vengono poste oggi le più urgenti delle questioni: la difesa dell’ambiente, le politiche sanitarie, le scelte elettorali e persino le alleanze internazionali. Le alleanze internazionali in modo particolare.
E non per una scelta né per una particolare inclinazione nostra, ma perché così hanno voluto i nostri nemici. Xi Jimping, documento 19 presentato al congresso del Pcc del 2012: “Ogni membro del partito ha il dovere di combattere ovunque e sempre i valori occidentali”. Valori che Vladimir Putin definisce “corrotti” e “decadenti” da almeno un quinquennio.
Sotto attacco, dunque, sono i valori su cui si fonda l’Occidente; i principi cardine della nostra identità: la libertà e la democrazia. Con tutto quello che implicano. Potremo arrestare e vincere chi oggi, disprezzandoci, ci dichiara guerra solo se sapremo identificarci politicamente e appassionarci moralmente a qualcosa di più grande delle nostre piccole beghe interne: l’identità europea, la civiltà occidentale, i valori liberali. È in difesa di questi valori fondanti che oggi, a Milano, molti sono scesi in piazza. Non tanto in difesa degli ucraini, quanto di noi stessi e di ciò che ci tiene uniti.
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Manifestazione “Slava Ukraini”
La Fondazione Luigi Einaudi ha aderito convintamente alla manifestazione “Slava Ukraini” che si è svolta sabato 5 novembre, alle ore 16.00 a Milano. In epoca di finto pacifismo, e di veri antiamericanismo e anticapitalismo, schierarsi in difesa dello Stato e del popolo ucraino aggrediti dalla Russia significa schierarsi in difesa dei valori liberali e democratici su cui si fonda la cultura occidentale. Valori esplicitamente negati dall’autocrate Vladimir Putin.
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Lowlife - Diminuendo (Full Album)
Track listing1. A Sullen Sky2. Big Uncle Ugliness3. Ragged Rise To Tumbledown4. From Side to Side5. Off Pale Yellow6. Tongue Tied and Twisted7. Licking One's...YouTube
Caspariae perpetua et firma Libertas
Nel confine fra l’Umbria e la provincia di Arezzo, sopra una lieve alzatura che fa da contrafforte all' Appennino, sorge il Villaggio di Cospaia, già capo-luogo della repubblica o meglio dello Stato Libero di questo nome, che dal 1440 al 1826 conservò la sua autonomia e indipendenza, quantunque si reggesse senza leggi scritte, senza capi, senza milizie, senza imposte.
La Repubblica di Cospaia fu uno stato anarchico e libero, che per più di quattro secoli, dal 1440 al 1826, venne riconosciuto e rispettato come indipendente dagli stati limitrofi (Stato Pontificio e Repubblica di Firenze).
Oggi vedremo come nacque e finì lo Stato Libero di Cospaia, come funzionava l’economia e la vita sociale e quali sono le lezioni che possiamo imparare da questa incredibile storia italiana.
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Caspariae perpetua et firma Libertas
La Repubblica di Cospaia nacque per errore il 24 febbraio del 1440. In quel giorno venne stipulato un concordato fra Papa Eugenio IV e la Repubblica di Fiorenza (Firenze) per la cessione di alcuni territori dello Stato Pontificio. Le casse erano vuote ed Eugenio IV non si faceva problemi a vendere terreno per pagarsi le numerose spese.
L’errore maldestro venne fatto dai funzionari inviati dal Papa e da Firenze a delimitare i nuovi confini tra i due Stati. Questi avevano ricevuto ordine di segnarli tra il territorio di San Sepolcro e San Giustino, lungo il torrente Rio. Un’operazione apparentemente semplice.
Se non fosse che di torrenti Rio ce n’erano due: uno settentrionale e uno meridionale. I funzionari dello Stato Pontificio e della Repubblica di Fiorenza, che evidentemente non si parlavano tra loro, segnarono rispettivamente i confini presso il Rio meridionale e quello settentrionale.
In mezzo ai due torrenti, come a formare un triangolo con la base verso il Tevere e la punta verso le colline, rimase così una terra di circa 330 ettari (3km²) che improvvisamente non era più di nessuno. Gli abitanti, circa 350-500 persone, non ci misero molto a rendersene conto, e presto si auto-proclamarono liberi. I due Stati decisero di rispettare questa dichiarazione, non valeva la pena spendere denaro e risorse per farsi guerra su un territorio così piccolo.
Filippo Natali, nel libro “Lo Stato Libero di Cospaia” (1892), descrive così la Repubblica: Un caso pratico di anarchia in mezzo ad una società basata sul principio autoritario il più assoluto […]
USA: elezioni Midterm 2022, Trump incombe ancora
Dopo un’estate in cui il Partito democratico statunitense è sembrato in grado di gestire il voto di midterm meglio di quanto gli osservatori prevedessero, con l’approssimarsi della scadenza elettorale le cose sembrano essere drasticamente cambiate. A partire da ottobre, la tendenza espressa dai sondaggi sembra, infatti, essersi invertita e, a una settimana dalla consultazione, le […]
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La pena delle pene
Inutile innalzare gli anni di carcere nel tentativo di limitare i reati e disincentivare i criminali. Non è una tesi nuova: la sostenne Cesare Beccaria nel diciottesimo secolo e lo dimostrò, in maniera impareggiabile, suo nipote Alessandro Manzoni…
Per cercare di fermare o, almeno, disincentivare il crimine, l’esistenza dei criminali e i reati non serve proprio a niente minacciare decenni di carcere. In altre parole, alzare le pene.
Non è una tesi nuova, lo sosteneva Cesare Beccaria nel XVIII secolo. Lo dimostrò spiegandolo in maniera impareggiabile suo nipote, un tale Alessandro Manzoni, nel primo capitolo dei Promessi Sposi, quando prese mirabilmente in giro le “gride”, che erano le leggi spagnole della Milano di allora: erano tante, sempre terribili, sempre tonitruanti. Però quasi nessuno le conosceva. Nessuno le osservava.
Quindi, quello che serve veramente è assicurare la certezza della pena o, comunque, la ragionevole probabilità che un criminale ha di essere condannato. Questo disincentiva il crimine. Mentre vengono promessi 50.000 anni di carcere, ma la probabilità di essere condannato è una su un milione, la cosa lascia abbondantemente il tempo che trova.
Non bisogna pensare che la giustizia penale sia la soluzione per tutto. Portare tutto sempre al penale, avere sempre la galera come minaccia è un errore. Anche questa tesi è largamente presente in scuola e, soprattutto, è il pensiero di un tal Carlo Nordio, attuale Ministro della Giustizia.
È un giurista raffinatissimo, è un cultore del diritto. Anzi specificava Carlo Nordio – grazie alla sua esperienza di Pubblico Ministero – che se si continua ad alzare la pena il risultato è che il giudice di merito, cioè quello che deve irrogare la pena, che deve condannare e stabilire a quanto ammonta la pena, finisce inevitabilmente col buttarsi sul lato basso, sul lato inferiore della pena, perché quello maggiore è irragionevole.
Tutto questo, ripeto, è pacifico in scuola e nella realtà. Ma quando parte la propaganda politica nulla è più irresistibile dal fare nuove leggi, immaginare nuovi reati e proporre l’aumento delle pene, perché è un modo per raccontare all’opinione pubblica che si tiene il pugno duro.
Poi, ripeto, la realtà va abbastanza per i fatti suoi. Guardate cosa è successo all’ormai celebre rave party nei pressi di Modena: se ne sono andati tutti con la coda fra le gambe e se ne sono andati non in ragione del pugno duro, ma di un intervento molto ragionevole, per il quale bisognerebbe solo che complimentarsi con le autorità locali, che sono intervenute dicendo: “Qui ci sono delle mura pericolanti, correte un rischio enorme. Naturalmente, se succede qualcosa, la responsabilità e di chi organizza. Che vogliamo fare?”
Se ne sono andati. ci si ricordi di questo, perché sono passaggi importanti per gli organizzatori di quella roba lì possono essere – e, secondo me, devono essere – portati in giudizio anche senza il bisogno di nuove leggi. Hanno occupato suolo di altri, pubblico o privato che sia, senza autorizzazione. Hanno occupato un immobile di altri, senza alcuna autorizzazione e, per giunta, senza rispettare le norme di sicurezza e quelle igienico-sanitarie. Lo hanno fatto a scopo di lucro, perché vendevano i biglietti per l’ingresso. Ancora, si trattava di un ambiente in cui erano liberi ed abbondanti lo spaccio, il commercio e l’uso di droga.
Voglio dire: ce n’è di che far processi. Il tema è: funziona la giustizia? Ecco quest’ultimo capitolo sembra essere la cosa più difficile da spiegare agli elettori, ai cittadini, al popolo. Nessuno si può prendere questo mestiere. Vogliono tutti prendersi il mestiere o della comprensione o del punire duramente.
Ma a che serve se la giustizia non funziona? La delinquenza organizzata è più alta, dove la giustizia funziona meno. Questo sembra essere un argomento negletto. Da questo potete capire come va a finire al prossimo giro: nuove pene, nuovi reati, nuove severità. Però lo spaccio continua in tutte le piazze d’Italia.
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Opposti giustizialismi
La giustizia va maneggiata con molta cura. Se si vuol far rispettare le leggi occorre anche che si legiferi in modo rispettabile. E se si vuole essere rispettati nei propri diritti si deve cominciare con il rispettare quelli degli altri, specie se avversari.
Fare un decreto legge, sostenendone l’urgenza, e dopo poche ore affermare che il Parlamento potrà modificarlo (bella scoperta), anche perché contiene degli errori, è già grottesco. Avere detto di volere escludere le intercettazioni, invece rendendole possibili, è fantozziano. Partire volendo depenalizzare e cominciare con un nuovo reato è surreale.
Intanto giornalismo e opposizioni scoprono che fra il personale di governo vi è chi ha pendenze giudiziarie di varia natura, perdendo l’ottima occasione per ricordare la presunzione d’innocenza e la civiltà che impone di rispettarla.
Una gara fra opposti giustizialismi che ben spiega come ci si sia ridotti con una giustizia non funzionante e corporativizzata. Ditevi di smetterla. Potete solo perderci.
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USA: cosa succederà nel martedì del Midterm
Il pacchetto di incarichi in palio, la posta in gioco per democratici e repubblicani, i rischi per Biden, il dietro i sondaggi
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La Camera USA è vecchia, e i congressisti troppo pochi
Perché la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha 435 seggi e come potrebbe cambiare. Nel secolo scorso, la capacità di ogni singolo membro della Camera di rappresentare veramente i propri elettori è stata diluita
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#laFLEalMassimo – Episodio 75: Istruzione e merito
Nuovo episodio della FLE al Massimo, spiace molto che alla riapertura di questa rubrica i bombardamenti sui civili in Ucraina siano ancora in corso e l’invasore russo non sia stato ancora definitivamente respinto, nonostante ci siano stati importanti passi avanti.
Questa rubrica conferma il sostegno alla nazione aggredita e si auspica che il conflitto possa terminare quanto prima con la riconquista da parte del paese invaso della propria integrità territoriale, della libertà dei propri cittadini e che questo possa essere coronato dall’accoglimento prima nella NATO e poi nell’Unione Europea
Spiace anche che ogni volta che si prova a parlare di merito in questo paese si debba necessariamente scadere in male intese e ideologicamente distorte considerazioni sull’uguaglianza.
Premetto di non aver nessuna affiliazione o affinità con i partiti che sostengono il governo presieduto dall’onorevole Giorgia Meloni, di non averli votati e di ritenermi in linea di massima distante da molti dei valori che questi rivendicano dal nazionalismo, al sovranismo passando per alcuni confusi elementi di identità culturale.
Tuttavia non condivido gli attacchi e le discussioni emerse non appena la parola merito è stata accostata all’istruzione nella nuova denominazione del ministero. E’ di tutta evidenza che la meritocrazia, senza un livellamento delle posizioni di partenza costituirebbe solo un maggior vantaggio per chi si trova già in una posizione privilegiata. Lo scopo dell’istruzione dovrebbe invece essere l’opposto, la realizzazione di quel ascensore sociale che putroppo manca e di cui il paese ha un disperato bisogno.
Ma una volta che a tutti sono state garantite pari opportunità di competere, compensando gli svantaggi di chi non ha avuto la ventura di nascere in una famiglia o in una località fortunate è solo il riconoscimento obbiettivo del merito individuale che porta alla realizzazione di una società più giusta, più civile e a una distribuzione più equa delle risorse.
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Come i sovietici e i russi prima, la Cina è una minaccia vuota
Molto inchiostro è stato versato analizzando il Congresso nazionale del Partito comunista cinese in cui il dittatore Xi Jinping si è senza sorpresa assegnato un terzo mandato quinquennale senza precedenti (in tempi recenti). Quindi, non da quando il fondatore del regime comunista, Mao Zedong, un leader cinese non aveva accumulato così tanto potere. Tuttavia, rompere […]
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