Salta al contenuto principale



Lo scorso 2 ottobre, il colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, capo di stato ad interim del Burkina Faso, ha rassegnato le dimissioni dalla presidenza del Mouvement patriotique pour la sauvegarde et la restauration (MPSR).


La sfida dell’influenza dei media della Cina


Quando nel 2018 è trapelato il famigerato elenco di 14 reclami della Cina con l’Australia, i commentatori hanno notato che alcuni reclami – inclusa la copertura mediatica “ostile” della Cina in Australia – erano questioni considerate nelle democrazie liberali come giustamente al di fuori del controllo del governo del giorno . Anche se forse è […]

L'articolo La sfida dell’influenza dei media della Cina proviene da L'Indro.



Biden convintamente verso la diplomazia con la Russia


I rapporti hanno rivelato che l'Amministrazione Biden ha avuto discussioni con l'Ucraina per spingerla verso i negoziati e si è impegnata in colloqui diretti segreti con la Russia per prevenire l'escalation nucleare

L'articolo Biden convintamente verso la diplomazia con la Russia proviene da L'Indro.



Il ‘male oscuro’ che corrode le carceri italiane


Ogni giorno…Non s’era mai visto un conflitto così aperto tra le due più alte cariche dello Stato. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella cerca di mettere una pezza all’incidente che il governo di Giorgia Meloni ha provocato con la Francia di Emmanuel Macron. Il presidente del Senato Ignazio LaRussa sente l’esigenza di intervenire e dire […]

L'articolo Il ‘male oscuro’ che corrode le carceri italiane proviene da L'Indro.



Quanta Italia a bordo dello Space Launch System


È in volo verso la Luna, Space Launch System (SLS) il razzo più potente mai costruito. A bordo del viaggio inaugurale, la navicella spaziale Orion della Nasa e l’ESM (European Service Module) dell’Esa che, una volta operativo, provvederà a tutti i bisogni primari degli astronauti, come acqua, ossigeno, azoto, controllo della temperatura, potenza e propulsione. […]

L'articolo Quanta Italia a bordo dello Space Launch System proviene da L'Indro.



Simbolotto, occhio ai simboli


Cosa hanno in comune un caffè, un baule, un disco, una rondine, un ombrello? Nulla, giusto? No, sbagliato. Sono 5 dei 45 simboli che sono alla base del gioco abbinato al Lotto. Stiamo parlando di Simbolotto. Il gioco ha un che di affascinante: a guardare questi simboli, vengono in mente i vecchi libri della scuola […]

L'articolo Simbolotto, occhio ai simboli proviene da L'Indro.



Intervista del nostro Segretario Generale, Andrea Cangini, ad Andrea Pancani di Coffee Break, su La7


Le elezioni di midterm americane, col mancato trionfo repubblicano, e il riavvicinamento tra Biden e Xi Jinping al G20 di Bali hanno spiazzato e ulteriormente isolato Putin. La reazione violenta della Russia non sorprende. Sorprendono, semmai, i commenti

Le elezioni di midterm americane, col mancato trionfo repubblicano, e il riavvicinamento tra Biden e Xi Jinping al G20 di Bali hanno spiazzato e ulteriormente isolato Putin. La reazione violenta della Russia non sorprende. Sorprendono, semmai, i commenti di diversi politici e molti opinionisti che trasudano insofferenza verso la bizzarra pretesa del popolo ucraino, e dei suoi rappresentanti, di vivere libero e non soccombere all’invasore. Chiamano “pace” la resa incondizionata di Kiev e nei fatti auspicano un ritorno alla legge della giungla. È una posizione che in molti nasce da un radicale antiamericanismo. Noi della Fondazione Luigi Einaudi siamo diversi. Noi sappiamo che, oltre al diritto all’autodeterminazione di un popopolo, in Ucraina si difendono i valori su cui si fondano l’Europa e l’Occidente: la libertà e la democrazia.

Di seguito il video di alcuni passaggi dell’intervista del nostro Segretario Generale, Andrea Cangini, ad Andrea Pancani di Coffee Break, su La7.

player.vimeo.com/video/7715308…

L'articolo Intervista del nostro Segretario Generale, Andrea Cangini, ad Andrea Pancani di Coffee Break, su La7 proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Segnali


I nativi americani usavano l’intermittenza delle nuvole di fumo per comunicare. Segnali adatti a messaggi non complessi. Stiano attenti, i governanti, a non privilegiare i segnali rispetto alla sostanza. Votando in prevalenza (ricordiamo che si tratta, pe

I nativi americani usavano l’intermittenza delle nuvole di fumo per comunicare. Segnali adatti a messaggi non complessi. Stiano attenti, i governanti, a non privilegiare i segnali rispetto alla sostanza. Votando in prevalenza (ricordiamo che si tratta, per tutta la coalizione di centro destra, pur sempre di meno della metà dei voti espressi) per Fratelli d’Italia non vi è dubbio che gli elettori abbiano scelto una politica maggiormente sensibile al mantenimento dell’ordine pubblico o al contenimento (sperabilmente il blocco) degli sbarchi d’immigrati.

È quindi naturale che il governo derivatone si attenga a quella linea. Difendere gli interessi italiani, però, non consiste nel proclamare di difendere gli interessi italiani, ma nel saperlo fare, una volta individuatili e messi in gerarchia delle priorità.

Tanto più che, se ci si concentra solo sui segnali, si finisce con il produrne di contrastanti. Difficile non leggere la distanza fra le parole del governo e quelle del Presidente della Repubblica, circa il rapporto con la Francia e l’Unione europea tutta. Un contrasto stridente.

Sul fronte dell’immigrazione, ad esempio, non subiremo conseguenze negative dall’avere coalizzato solo Cipro, Grecia e Malta. Ma quella prova di debolezza, facendo i grossi fra i piccoli, rischiamo di pagarla su altri tavoli. Scena molto diversa da quella che mise l’Italia con Francia e Germania, su un treno verso l’Ucraina. Non ci saranno conseguenze perché sull’immigrazione i fatti sono solidi, visto che non siamo affatto i soli a subire gli sbarchi e chi è secondo in graduatoria, ovvero la Spagna, non ha condiviso la nostra posizione.

Le richieste d’asilo sono rivolte prevalentemente verso la Germania (190.500 nel 2021), la Francia (120.700), la Spagna (65.300), mentre da noi vorrebbero restare solo in 53.600. Gli stranieri a vario titolo presenti nel Paesi europei sono il 17% della popolazione austriaca, il 13% degli irlandesi, il 12.7% dei tedeschi, l’11.3% degli spagnoli, mentre da noi sono l’8.7% degli italiani. Dopo la criminale aggressione russa la Polonia ha accolto 1.5 milioni di ucraini, la Germania 1 milione, la Repubblica Ceca 455mila e noi 171mila.

La nostra caratteristica è solo quella d’essere la principale meta degli sbarchi. Ragion per cui avremmo interesse non tanto alla redistribuzione, ma che della totalità (da noi come da altri) si occupi una comune giurisdizione Ue. In questi giorni ci siamo allontanati, non avvicinati a questo risultato.

Purtroppo l’approccio segnaletico è presente anche in altri campi. Abbiamo una scarsa partecipazione al lavoro e molti posti che restano vacanti per mancanza di competenza e voglia di occuparli. Anche la scorsa campagna elettorale ha visto uno scoppiettare di proposte per pensionamenti anticipati, che comportano più spesa e meno lavoratori. Per non dire della falsa flat tax, che si pensa di finanziare anche togliendo detrazioni a chi guadagna meno degli eventuali beneficiari, che se non fosse una follia sembrerebbe uno scherzo.

Mentre ciò s’esibisce sugli schermi, al ministero dell’economia studiano come varare una falsa flat che scassi poco e come incentivare la permanenza al lavoro dei pensionandi, piuttosto che l’anticipazione dell’uscita. Insomma si prova a tenere assieme i segnali di conferma con la sostanza di smentita, pensando che tutti i problemi si riducano alla necessità di trovare una formula verbale capace di tenere assieme cose opposte, senza indispettire, senza smentire e senza sfasciare.

Infine: il punto forte di Meloni è la scelta atlantica, con specifico riferimento alla guerra Ucraina. Bene. Ma se pensasse di compensare l’isolamento europeo con la sponda statunitense commetterebbe il grave errore dei brexiter e di Orban. Con l’aggravante di arrivare dopo, quindi di sapere come va a finire. L’incontro con Biden ricorda il punto forte. Sarebbe grave dimenticare che l’interesse italiano è sì atlantico, ma anche europeo. E il fumo va diradato, non utilizzato.

La Ragione

L'articolo Segnali proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Missili sulla Polonia: chi soffia sul fuoco e chi porta acqua


Sono partite le indagini, per le quali ci vorrà tempo. E il tempo aiuta anche a calmare e far ragionare chi alla notizia del bombardamento ha aperto la bottiglia di champagne. Immaginare scenari apocalittici comprensivi di guerre globali è non solo prematuro, ma stupido

L'articolo Missili sulla Polonia: chi soffia sul fuoco e chi porta acqua proviene da L'Indro.



"La crisi dei missili sulla Polonia sembra sia rientrata, con il presidente Usa che ha dichiarato l’improbabilità dell’attacco russo. Ma quando ancora non si era capito cosa fosse accaduto, Letta e Calenda avevano già messo l’elmetto."


CULTURA. William Faulkner e i romanzi dello scrittore palestinese Ghassan Kanafani (1a parte)


Kanafani riprese il modello faulkneriano e lo rielaborò per creare “Uomini sotto il sole”, in cui descrive le sofferenze di tre palestinesi che fuggono dai campi profughi e attraversano il deserto per emigrare in Kuwait nella speranza di costruire una vit

di Patrizia Zanelli*

Pagine Esteri, 16 novembre 2022 – Alcuni testi particolarmente originali sul piano artistico non diventano veri e propri best seller internazionali, ma hanno un impatto straordinario sullo sviluppo della cultura mondiale. Un caso famoso in tal senso è The Sound and the Fury,[1] (L’urlo e il furore) pubblicato nel 1929 dallo scrittore statunitense William Faulkner (1897-1962), vincitore del Nobel per la Letteratura 1949. La celebrità di questo romanzo modernista, ambientato nei primi tre decenni del ‘900 in una cittadina del Sud degli Stati Uniti, si deve anche al successo dell’omonimo adattamento cinematografico, uscito nel 1959. Lo stesso testo di Faulkner comincerà a influenzare la produzione culturale araba negli anni ’60 grazie all’avanguardismo di due intellettuali palestinesi: il letterato e pittore Giabra Ibrahim Giabra (Betlemme, 1919-Baghdad, 1994), e lo scrittore, critico letterario, giornalista e attivista marxista Ghassan Kanafani (Acri, 1936-Beirut, 1972). Entrambi erano stati costretti a lasciare la Palestina nell’ambito della Nakba (Catastrofe), l’evento traumatico vissuto dal loro popolo per via delle operazioni militari avvenute nei mesi precedenti la fondazione d’Israele, il 14 maggio 1948, e nel corso della prima guerra arabo-israeliana.

3664138Nel 1961, Giabra tradusse The Sound and the Fury, e la sua traduzione araba influì molto sull’arte narrativa di Kanafani che aveva iniziato nel 1957 a pubblicare racconti incentrati sul binomio esilio-morte, mentre insegnava lettere in Kuwait. Nel gennaio del 1963, lo stesso scrittore palestinese pubblicò il suo primo romanzo, “Uomini sotto il sole”,[2] proprio nella città in cui dopo nove anni avrebbe perso la vita per avere portato avanti le sue idee politiche. L’8 luglio 2022 è stato infatti commemorato il cinquantesimo anniversario della morte di Kanafani, assassinato a Beirut in un attentato di solito attribuito al Mossad israeliano; con l’esplosione della sua auto, se ne andò insieme a lui la nipote sedicenne Lamìs. Il 6 luglio di sessant’anni fa, invece, Faulkner morì per motivi di salute.

L’originalità di The Sound and the Fury sta nella molteplicità dei punti di vista abbinata alla frammentazione del racconto, un abbinamento che costituisce l’espediente tecnico fondamentale ideato dallo scrittore statunitense per creare questo romanzo. Nell’opera, l’autore presenta la situazione dei tre fratelli Compson e il modo in cui ognuno di loro considera la sorella Caddy che, per via della sua promiscuità sessuale, ha rovinato la reputazione della famiglia aristocratica ormai in decadenza a cui appartengono. Il testo è suddiviso in quattro sezioni; in ciascuna delle prime tre, uno dei protagonisti racconta la storia dal proprio angolo visuale; la narrazione è di tipo autobiografico, e il campo visivo è limitato, riflettendo la percezione soggettiva della realtà. Nella quarta sezione, invece, la linea narrativa è sviluppata da un narratore onnisciente, voce esterna che narra gli eventi, come se vedesse tutto dall’alto, conosce il passato, il presente, il futuro, la psicologia e i pensieri dei personaggi, e ogni altro elemento del racconto. Il romanzo ha una struttura temporale complessa, caratterizzata da analessi – o flashback – e da prolessi. L’autore usa inoltre la tecnica del flusso di coscienza perfino nella prima sezione del testo in cui la storia è raccontata dal fratello Compson più giovane che è affetto da una disabilità intellettiva. Non è facile la lettura di The Sound and the Fury, definito talvolta come “il romanzo dei romanzieri” in quanto inesauribile fonte d’ispirazione artistica. Inizialmente, la complessità tecnica del testo portò certi commentatori a trascurare il messaggio politico che Faulkner veicola nell’opera stessa, che di fatto è una denuncia contro la mentalità conservatrice e razzista predominante nel Sud degli Stati Uniti.

Kanafani riprese il modello faulkneriano e lo rielaborò a modo suo, ossia lo trasformò, per creare “Uomini sotto3664140 il sole”, in cui descrive le sofferenze di tre palestinesi che fuggono dai campi profughi e attraversano il deserto per emigrare in Kuwait nella speranza di costruire una vita più dignitosa per sé e le loro famiglie, ma non hanno documenti di viaggio e proprio quando stanno per giungere a destinazione, incontrano la morte. Muoiono per ipertermia e asfissia dentro la cisterna vuota in cui un camionista e passeur improvvisato, loro compatriota, li aveva convinti a nascondersi, mentre lui sbrigava le procedure per passare la frontiera irachena. Questo quarto personaggio è un palestinese che aveva perso la virilità combattendo come partigiano (fidā’ī) della resistenza nel ’48. Non potendo più costruirsi una famiglia, pensa solo a guadagnare soldi per vivere meglio dopo quella ferita a cui avrebbe preferito la morte. Sente inoltre di essersi sacrificato inutilmente, visto che con la sconfitta militare aveva perduto anche la patria. Alla fine del racconto, getta i cadaveri dei tre migranti in una discarica, e come per scaricare le proprie responsabilità su di loro, si domanda perché, mentre erano ancora vivi, non avessero bussato alle pareti della cisterna, per chiedere aiuto. Sembra che l’autore abbia scelto questo finale sconcertante per indurre il lettore a interrogarsi sul significato dell’intera opera e a cercare da sé la risposta; il narratore in effetti narra la storia, esponendo i fatti senza commentarli o esprimere giudizi.

Indubbiamente “Uomini sotto il sole” è una rappresentazione della diaspora palestinese; tuttavia sotto certi aspetti il testo è interpretabile in modi diversi, poiché è improntato al simbolismo. In questo breve romanzo, ambientato nel 1958, Kanafani descrive varie conseguenze della Nakba, il trauma post-coloniale subito dal suo popolo. Ognuno dei personaggi principali rappresenta una generazione diversa e una situazione personale particolare. L’autore denuncia sia la corruzione dei regimi arabi, simboleggiati dai funzionari degli uffici che controllano la frontiera iracheno-kuwaitiana, sia la mancanza di solidarietà tra i palestinesi stessi, che cercano di migliorare le proprie condizioni individualmente, invece di unirsi in una lotta politica comune. “Uomini sotto il sole” è un’opera intramontabile perché propone un tema di portata universale e purtroppo sempre attuale; fa riflettere sugli effetti terribili di una guerra, sulla vita difficile dei profughi, nonché sulle migrazioni in genere, sulle ragioni che inducono le persone a emigrare anche a costo di affrontare un viaggio pericoloso.

3664142
Ghassan Kanafani

Kanafani decise di frammentare il racconto, ma fece altre scelte importanti che rendono il romanzo diverso dal modello faulkneriano. Il testo è suddiviso in sette capitoli; ciascuno dei primi tre è dedicato a uno dei migranti; in quelli successivi vengono esposti i fatti che portano alla loro morte. La struttura temporale del romanzo è caratterizzata dalle analessi che ricostruiscono il passato dei quattro personaggi principali. In un segmento narrativo del quarto capitolo, è descritto il momento in cui il camionista aveva perso la possibilità di costruirsi una famiglia; la ferita personale riflette il trauma subito dal popolo palestinese con la perdita di una parte della propria patria. L’intera storia è narrata in terza persona da un narratore esterno; la voce narrante è unica, ma i punti di vista sono multipli. Questa molteplicità è realizzata tramite quella che Genette definisce come la focalizzazione interna variabile; di volta in volta uno dei quattro personaggi principali diventa focale; le immagini descritte nell’enunciato sono quelle percepite dai suoi occhi e, leggendo il segmento narrativo in questione, si ha l’impressione che sia lui a parlare. Dunque, è come se raccontasse la storia in prima persona dal proprio angolo visuale ristretto. Alla fine il racconto sembra un mosaico composto dalle diverse percezioni che i protagonisti hanno della stessa realtà. Kanafani abbina la voce esterna alla focalizzazione interna con maestria in “Uomini sotto il sole”, in cui usa di rado la tecnica del monologo interiore, talvolta il pensiero diretto legato e numerose sequenze dialogiche. Lo stile fluido e lineare della narrazione attenua la complessità di questo capolavoro il cui adattamento, “Gli ingannati”, realizzato dal regista egiziano Tewfik Saleh (Tawfīq Ṣāliḥ, 1926-2013) e uscito nel 1972, è tuttora considerato tra i 100 migliori film del cinema arabo.

Kanafani attinse maggiormente a The Sound and the Fury per creare “Tutto ciò che vi resta”[3], del 1966, ma compose questo suo secondo romanzo, rinunciando alla frammentazione del racconto. Nell’opera, l’autore descrive la situazione di una famiglia palestinese di Giaffa, i cui membri erano stati costretti a lasciare la città nel ’48, dopo che il padre era morto combattendo nella resistenza contro i miliziani sionisti poco prima della fondazione d’Israele. Nel tumulto della Nakba si erano dispersi andando a vivere in campi profughi diversi. Un figlio e una figlia vivono a Gaza; pensano che la madre sia in Giordania e forse è l’unica a sapere dove sia stato sepolto loro padre morto eroicamente. Il romanzo è incentrato sulla crisi identitaria associata alla diaspora palestinese.

I protagonisti sono il sedicenne Hamid, sua sorella Maryam rimasta incinta di Zakaria, prima che quest’uomo spregevole la sposasse; il Deserto che l’adolescente, turbato dal senso misto di odio e vergogna dovuto a questo fatto disonorevole per la famiglia, ha deciso di attraversare nella speranza di trovare la madre in Giordania; e l’Orologio il cui ticchettio risuona nella mente della giovane donna preoccupata per il fratello in viaggio, maltrattata dal marito e angosciata per essersi rovinata la reputazione per via della relazione extraconiugale che aveva avuto con lui.

3664144
William Faulkner

Cinque linee narrative si incontrano e scontrano senza un filo logico apparente nel racconto, caratterizzato dalle analessi e dalla tecnica del flusso di coscienza. Si scopre man mano che Zakaria aveva tradito sia la prima moglie – da cui aveva già avuto tre figli – sia la causa nazionale, poiché aveva rivelato al nemico il nome del capo di un gruppo di fedayin che aveva combattuto nella guerra di Suez del ’56. L’uomo era stato quindi giustiziato dalle autorità israeliane. Hamid lo conosceva, perché era un amico di famiglia, e temeva di fare la sua stessa fine. La crisi identitaria dell’adolescente non dipende soltanto dagli atti disonorevoli compiuti dalla sorella e dal cognato, ma anche dalla sua stessa incapacità di affrontare il nemico e diventare un eroe come il padre. Cerca il conforto della madre, che anche Maryam vorrebbe. Il fratello ama ancora la sorella, nonostante tutto, perché gli resta soltanto lei. Lui però si è allontanato da lei, che quindi ama il marito, benché sia spregevole, perché ormai le resta solo lui. La dispersione dei membri di una famiglia rappresenta la diaspora palestinese e una crisi identitaria collettiva dovuta allo sradicamento dalla patria, dalla comunità originaria, e da qui la paura della solitudine, di perdersi nel luogo d’esilio per l’assenza di legami affettivi stabili.

Nel romanzo è inoltre raffigurata la relazione tra Spazio e Tempo nella Storia, in senso sia narratologico che storiografico e sociologico. Grazie all’introspezione, ai ricordi di famiglia e specialmente del padre morto eroicamente per la liberazione nazionale, Hamid e Maryam trovano letteralmente la forza e il coraggio per liberarsi dei problemi del passato e pensare al futuro; la soluzione sta nel ribellarsi contro la realtà opprimente del presente. Rispetto al modello faulkneriano, “Tutto ciò che vi resta” è contraddistinto dal simbolismo e dalla confusione delle linee narrative, riconoscibili solo grazie al cambiamento del tipo di carattere usato di volta in volta da Kanafani. La lettura del testo non è facile; e una parte della critica accusò l’autore di avere privilegiato lo sperimentalismo artistico all’impegno di esprimere le rivendicazioni politiche del suo popolo in un modo accessibile al pubblico generale. D’altro canto, “Tutto ciò che vi resta” è una vera gemma letteraria, forse l’opera in cui Kanafani, che si dedicava anche alla pittura, diede maggior sfogo alla propria creatività unendo cultura scritta e visuale tramite l’adozione di tecniche simili a quelle cinematografiche. Nel testo di appena 80 pagine, l’autore veicola comunque un messaggio politico importante soprattutto per le nuove generazioni, un invito a ribellarsi per cambiare la situazione e raggiungere la libertà. Pagine Esteri

*Patrizia Zanelli insegna Lingua e Letteratura Araba all’Università Ca’ Foscari di Venezia. È socia dell’EURAMAL (European Association for Modern Arabic Literature). Ha scritto L’arabo colloquiale egiziano (Cafoscarina, 2016); ed è coautrice con Paolo Branca e Barbara De Poli di Il sorriso della mezzaluna: satira, ironia e umorismo nella cultura araba (Carocci, 2011). Ha tradotto diverse opere letterarie, tra cui il romanzo Memorie di una gallina (Istituto per l’Oriente “C.A. Nallino”, 2021) dello scrittore palestinese Isḥāq Mūsà al-Ḥusaynī.

NOTE

[1] William Faulkner, L’urlo e il furore, tr. Augusto Dauphiné, Mondadori, 1947; tr. Vincenzo Mantovani, Mondadori, 1980; Einaudi, 1997.

[2] Ghassan Kanafani, Uomini sotto il sole, tr. Isabella Camera d’Afflitto, Rispostes, 1984; Edizioni Lavoro, 2016.

[3] Ghassan Kanafani, Tutto ciò che vi resta, tr. Emanuela Capobianco, Cicorivolta, 2017.

L'articolo CULTURA. William Faulkner e i romanzi dello scrittore palestinese Ghassan Kanafani (1a parte) proviene da Pagine Esteri.



USA/ISRAELE. L’insuccesso elettorale trumpista rovina la festa di Netanyahu


Il futuro premier israeliano sperava in una sconfitta sonora dei Democratici e, più di tutto, in un indebolimento di Joe Biden che avrebbe lasciato mano libera al suo governo di estrema destra L'articolo USA/ISRAELE. L’insuccesso elettorale trumpista rov

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 11 novembre 2022 – Benyamin Netanyahu potrebbe dormire tranquillo tra due guanciali. Ha vinto le elezioni e ha umiliato suoi rivali di sinistra e di destra. Ha ricevuto messaggi di congratulazioni persino dal presidente turco Erdogan, uno dei suoi avversari più agguerriti. E il suo principale partner di governo, l’estremista di destra Itamar Ben Gvir, ieri omaggiava pubblicamente il suo mentore, il rabbino Meir Kahane leader del partito razzista Kach, assassinato 32 anni fa negli Usa, senza suscitare reazioni sdegnate.

Ha davanti una strada in discesa. E invece il premier israeliano in pectore tra non pochi tormenti ha passato la notte di mercoledì a seguire gli aggiornamenti elettorali dagli Stati uniti. La netta sconfitta democratica in cui sperava non c’è stata.

Un’ampia maggioranza repubblicana alla Camera unita a un comodo margine al Senato avrebbe fatto di Joe Biden un presidente debole. E i media americani avrebbero iniziato il conto alla rovescia per il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, che resta un alleato naturale di Netanyahu nonostante le invettive lanciate dal tycoon alla fine del 2020. L’allora primo ministro israeliano scelse di congratularsi con il presidente eletto degli Stati uniti e di non credere alla tesi trumpista della vittoria rubata. Con un Biden nell’angolo, il leader della destra israeliana e i suoi alleati si sarebbero sentiti pronti a respingere qualsiasi ammonimento della Casa Bianca. Invece il presidente Usa è ancora in piedi e alcuni governatori democratici sono stati rieletti in importanti Stati. Il Partito democratico ha ottenuto risultati positivi oltre ogni aspettativa e appare in grado di contrastare le ambizioni di Trump che si accinge a candidarsi per le presidenziali del 2024. A rendere più amaro l’esito del voto americano a Netanyahu è stata la vittoria di Josh Shapiro, il prossimo governatore della Pennsylvania, sul trumpista Doug Mastriano molto gradito alle forze che comporranno il nascente governo israeliano.

I Democratici, è bene ricordarlo, non sono ostili a Israele, anche con un governo di destra. E lo hanno dimostrato in innumerevoli occasioni. Biden non ha riportato l’ambasciata Usa a Tel Aviv, ha stretto i rapporti con lo Stato ebraico e rinunciato (per ora) a rilanciare l’accordo internazionale (Jcpoa) sul programma nucleare iraniano. E starà dalla parte di Israele se Netanyahu nei prossimi due anni ordinerà alla sua aviazione di attaccare le centrali atomiche iraniane. «Siamo fratelli» e «faremo la storia insieme» avrebbe detto Biden congratulandosi con Netanyahu. Ma l’attuale Amministrazione non asseconderà, come aveva fatto Trump, tutti i piani dell’estrema destra al potere in Israele. Netanyahu dovrà tenerne conto.

L’ambasciatore statunitense in Israele Tom Nides ha avvertito in più di una intervista che la Casa Bianca respingerà qualsiasi tentativo del futuro governo israeliano di annettere la Cisgiordania palestinese come Netanyahu aveva provato a fare nel 2020 e che Itamar Ben Gvir, probabile ministro della pubblica sicurezza, intende inserire nel programma dell’esecutivo. «La nostra posizione è chiara: non sosteniamo l’annessione. Combatteremo qualsiasi tentativo in tal senso», ha detto Nides all’emittente pubblica Kan. I commenti dell’ambasciatore sono giunti ​​dopo che Yariv Levin, figura di primo piano della destra, aveva dichiarato che l’annessione della Cisgiordania è in cima all’agenda del futuro governo. Pagine Esteri

L'articolo USA/ISRAELE. L’insuccesso elettorale trumpista rovina la festa di Netanyahu proviene da Pagine Esteri.



Luisa Morgantini: “La guerra? Fra uccidere e morire c’è una terza via: vivere”


Luisa Morgantini, già vicepresidente del Parlamento europeo, è stata tra le fondatrici delle Donne in Nero italiane, dell’Associazione per la pace in Palestina di cui è presidente e della rete internazionale delle Donne contro la guerra. L'articolo Luisa

di Frida Nacinovich – Sinistra sindacale*

Luisa Morgantini, quanto andrà ancora avanti questa follia? Quando Russia e Ucraina si decideranno finalmente a negoziare il cessate il fuoco?

Questa situazione è allucinante. Si diceva che questo mondo era razionale, invece è un mondo totalmente irrazionale. Impazzito. Costruire, continuare a fabbricare armi è irrazionale. Costruiamo cose per distruggere. La bomba nucleare è fatta per distruggere ogni cosa. Perchè siamo arrivati a questo punto è difficile dirlo, ma la risposta non possono essere altre armi. Non si può incentivare, incrementare la distruzione e la morte. Dobbiamo dire basta, come donne, come pacifiste. Mi viene a mente una frase bellissima della scrittrice tedesca Christa Wolf, messa in bocca all’amazzone: “Fra uccidere e morire c’è una terza via, vivere”. Se ci siamo spinti così avanti è perché rinunciamo a pensare. Siamo di fronte alla morte dell’umanità. Non sarà l’apocalisse, ma per noi che siamo contro le guerre, contro la violenza, si intrecciano sentimenti di grande tristezza e preoccupazione”.

Specialmente nei primi mesi del conflitto russo ucraino, l’informazione ha messo l’elmetto ed è partita verso il fronte …

“Negli ultimi trent’anni, forse ancora di più, la guerra si è affermata e riproposta in tutte le sue dimensioni. Urlavamo “fuori la guerra dalla storia”, invece la guerra è rientrata prepotentemente nella storia. È pazzesco questo mondo va a rovescia. Oggi si parla di Europa per dire che non ha una linea comune, che non ha fatto una scelta politica. Non sono d’accordo.

Purtroppo l’Europa nelle sue dimensioni istituzionali, ha fatto una scelta politica ben precisa, che è quella di essere al servizio della Nato. Sono gli Stati Uniti che decidono e comandano, nelle basi militari del nostro paese ospitiamo le loro pericolosissime armi. Per anni abbiamo detto e ripetuto “via le basi americane dall’Italia”. Invece le ritroviamo ancora tutte, sempre di più”.

Dall’Europa ci si deve aspettare molto di più?

“L’Europa non è riuscita ad avere una voce autonoma. Questa è la realtà. Le istituzioni non sono state capaci di avere una propria autonomia, lo scollamento con il popolo è evidente. Dico di più, l’Europa non ha neppure cercato di prendere una strada diversa. Al contrario, è diventata sempre più guerrafondaia nelle parole dei suoi governi, a partire da quello italiano. Guerrafondaia come la presidente della Commissione europea. Abbiamo risposto alla guerra immorale scatenata da Putin con una politica di guerra. Così facendo abbiamo incentivato le distruzioni, e le morti degli ucraini e dei soldati russi. Abbiamo distribuito armi all’Ucraina invece di tentare come Europa di avere una politica diversa da quella degli Stati Uniti. Ed è una cosa incredibile, non si capisce perché dobbiamo essere al servizio della crescita a dismisura della presenza nord americana in Europa. Ricordo l’aggressione all’Iraq da parte degli Stati Uniti, anche allora con la nostra connivenza e complicità. Saddam Hussein aveva detto nel consesso arabo che, al posto del dollaro, la moneta di scambio sarebbe stato l’euro. E questa sarebbe stata una cosa importantissima. Niente da fare, l’Europa si è sempre accodata alle scelte degli Stati Uniti. Penso che lo abbia fatto con consapevolezza. Non ha mai voluto giocare un ruolo autonomo, e se l’ha fatto per un breve periodo ha assunto una posizione in qualche modo di ‘soft power’. Ma di fatto abbiamo sempre aderito a queste scelte di guerra: l’Iraq, la Libia, la Jugoslavia. Eppure avevamo un governo con Massimo D’Alema ministro degli Esteri. Credo che, in quel preciso momento, se invece di fare una dichiarazione di alleanza occidentale, con la Nato, avessimo avuto la forza e il coraggio di dire di no, noi la guerra non la facciamo, ripudiamo la guerra come dice la nostra Costituzione, sarebbe cambiato il mondo. Non so cosa sarebbe successo, forse avrebbero fatto un colpo di Stato contro di noi. Ma sicuramente ci troveremmo in una situazione completamente diversa. Perché, a partire dalle prime guerre del Golfo, per arrivare a quella in Jugoslavia, abbiamo visto crescere sempre di più la presenza degli Stati Uniti dalla nostraparte, Kosovo, Iraq, Afghanistan, sono serviti nei fatti ad accrescere la potenza statunitense”.

Sempre in prima linea contro la guerra, la ricordiamo vestita di nero ai tempi della guerra nell’ex Jugoslavia, per denunciare anche allora la follia di ogni conflitto armato.

Le guerre si fanno perché si producono le armi. E le armi devono essere sempre usate e poi cambiate, così si fanno nuovi investimenti e ci sono nuovi profitti per le aziende che realizzano armamenti. Questa guerra non è più russo-ucraina, è una guerra geopolitica. Come dicono molti studiosi, anche non di sinistra, questa è una guerra geopolitica in cui gli Stati Uniti continuano, noi tutti continuiamo a dare armi all’Ucraina per distruggere, invece di puntare fortemente su un piano negoziale. Anche le manifestazioni chiedono questo, il cessate il fuoco fuoco e puntare sui negoziati”.

All’inizio del secolo il Partito della pace fu definito dal New York Times la seconda superpotenza mondiale, ma a mani nude non è facile contrastare il Partito della guerra.

“Nel 2003 c’è stata l’ultima grandissima manifestazione per la pace. Ma secondo me in qualche modo ha segnato anche la rottura della nostra democrazia. Perché milioni e milioni di persone sono scese in piazza, non solo in Italia ma in tutto il mondo, contro la guerra, e invece la guerra l’hanno fatta lo stesso. Non si è più tenuto conto della posizione della società civile, dell’opinione pubblica. Io vedo il 2003 come un punto di non ritorno. La mia impressione è che da allora non viviamo più in un sistema democratico, ma in un sistema in cui la democrazia e la partecipazione delle persone non sono più prese in considerazione. Non soltanto rispetto alla guerra e alle pace, anche rispetto ai problemi di carattere sociale, al lavoro, ai diritti. E allora alle elezioni vanno a votare sempre meno persone. Da questo punto di vista hanno giocato un ruolo decisivo i media. La disaffezione alla politica, dovuta a un qualunquismo per cui son tutti uguali, tutti rubano, tutti sono corrotti. C’è la casta da abbattere. Il trentennio berlusconiano ha distrutto la partecipazione, ovviamente ci abbiamo messo del nostro anche noi di sinistra. Invece di essere uniti ci dividiamo in mille rivoli, prevale ancora il settarismo”.

Come ogni pacifista, ormai per trovare sintonia politica deve leggere il quotidiano dei vescovi l’Avvenire e ascoltare il pontefice?

“Leggo l’Avvenire, il Fatto quotidiano, il manifesto. E le parole giuste le usa Papa Francesco, non soltanto sulla pace e sulla guerra, anche sul lavoro, sulla produzione di armi. E forse non è un caso che questo Papa non sia nato in Italia, Germania, Polonia. In Argentina ha vissuto la dittatura dei militari, ha conosciuto le interferenze nordamericane nei sistemi dittatoriali. Questo mondo è grandissimo, grande e terribile, diceva Gramsci. Però, nello scacchiere ci sono ormai altri interlocutori, che vengono messi da una parte, come hanno fatto con Lula. Allora vedi quanto i media stiano influenzando la cultura. Come si nascondono le verità. Come ci siano due pesi e due misure nelle diverse situazioni. Pensiamo ai curdi. E io penso soprattutto alla Palestina. Se un ragazzino palestinese tira un sasso contro un carro armato è un terrorista, mentre viene invece esaltato da parte dei media occidentali l’eroismo di un ragazzino ucraino che spara. Intanto si permette a Israele di applicare l’apartheid, ammazzare tutti i giorni, rubare terra ai palestinesi, demolire le case, uccidere ragazzini. Tutto viene denunciato, i rapporti delle Nazioni Unite espongono chiaramente i fatti. Però nessuno tocca Israele”.

Occhio per occhio e il mondo sarà cieco, lo gridavano gli studenti di Berkeley ai tempi della guerra in Vietnam…

“Spero che le piazze siano piene per dire no alle guerre. Questo popolo che si schiera per la pace chiede basta guerre, basta violenza. Negoziate, cessate il fuoco, e poi vedremo cosa succede. Siamo tutti sconfitti nella follia della guerra. Abbiamo distrutto mezzo Medio Oriente, mezza Europa. Basta. Io spero, mi auguro che la gente capisca, sappia urlare il proprio ripudio della guerra, mostri una forza che possa far cambiare le linee politiche dei nostri governi. Dobbiamo disarmare questo mondo, e forse dobbiamo impegnarci di più per farlo. Contro guerre, sfruttamento, ingiustizie, diseguaglianze. Pochi giorni fa ero a un’iniziativa politica per sostenere Mimmo Lucano, contro di lui è stato intentato un processo aberrante, lo accusano di cose gravissime, anche se fortunatamente dagli atti è venuto fuori chiaramente che lui non si è mai appropriato di nulla. Al più ha commesso reati di umanità. No, non mi stancherò mai di scendere in piazza. Credo che valga comunque la pena di tener aperta questa luce, questa speranza. “Magari fossi una candela in mezzo al buio”. Vale la pena, vale sempre la pena”.

*https://www.sinistrasindacale.it/images/numero18_2022/SinistraSindacale18_2022.pdf

L'articolo Luisa Morgantini: “La guerra? Fra uccidere e morire c’è una terza via: vivere” proviene da Pagine Esteri.



#NotiziePerLaScuola

Sicurezza online a scuola, martedì 22 novembre il webinar con gli esperti di Generazioni Connesse. L’incontro offre a docenti e dirigenti scolastici un aggiornamento professionale altamente qualificato su tematiche attuali.



Andrea Cangini a Radio Rai: “Con la Fondazione Luigi Einaudi inizia la mia terza vita”


Comincia, per me, una terza vita in fondo coerente con l’attività svolta come direttore di giornale e, poi, come senatore della Repubblica: mettere a nudo i problemi, indicare soluzioni realistiche, diffondere il metodo liberale einaudiano. Intervista a P

Comincia, per me, una terza vita in fondo coerente con l’attività svolta come direttore di giornale e, poi, come senatore della Repubblica: mettere a nudo i problemi, indicare soluzioni realistiche, diffondere il metodo liberale einaudiano.

Intervista a Paola Severini Melograni, per Le Sfide della Solidarietà, Radio Rai

Ascolta l’intervista completa su Radio Rai, click qui.

L'articolo Andrea Cangini a Radio Rai: “Con la Fondazione Luigi Einaudi inizia la mia terza vita” proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Polonia: chi cerca di boicottare la pacificazione ucraina?


I missili 'caduti' in Polonia sono verosimilmente causati dagli antimissili ucraini o sono un missile ucraino, quindi il vero tema è capire se c'è chi cerca di boicottare la pacificazione, e se sì chi è, mentre Biden e Xi hanno di fatto deciso di tirare il freno alla guerra

L'articolo Polonia: chi cerca di boicottare la pacificazione ucraina? proviene da L'Indro.




Ucraina: i droni iraniani sono la chiave della strategia russa


Da quando la strategia militare della Russia si è spostata per attaccare le infrastrutture critiche dell’Ucraina, i veicoli aerei senza pilota (UVA) di fabbricazione iraniana sono stati fondamentali per lo sforzo bellico. Aumentando il ritmo in ottobre, i modelli Shahed-136 e Shahed-131 sono stati usati per prendere di mira edifici civili e hanno danneggiato circa […]

L'articolo Ucraina: i droni iraniani sono la chiave della strategia russa proviene da L'Indro.




Oltre i limitiSecondo l’Onu, oggi la popolazione mondiale ha superato gli 8 miliardi. È l’esito di una crescita senza precedenti, quella dell’ultimo secolo, durante la quale gli esseri umani sono più che quadruplicati.


Il fronte occidentale, in cerca di eroi sbagliati


Se mai si arriverà a negoziati si tratterà di trovare un difficile equilibrio fra l’esigenza di garantire la pace in Europa e quella di non negare i diritti di un popolo ferocemente aggredito Non è ancora finita, e i colpi di coda potrebbero essere terr

Se mai si arriverà a negoziati si tratterà di trovare un difficile equilibrio fra l’esigenza di garantire la pace in Europa e quella di non negare i diritti di un popolo ferocemente aggredito

Non è ancora finita, e i colpi di coda potrebbero essere terribili, ma al momento Davide, come l’abbandono russo di Kherson testimonia, sta sconfiggendo Golia. Grazie alla volontà degli ucraini di difendersi e al sostegno occidentale. Un sostegno che, dalle nostre parti, in tanti, senza riuscire, almeno fino ad ora, nel loro intento, avrebbero voluto far cessare.

Anche questa guerra, come tante altre vicende, testimonia del fatto che le società occidentali si trovano in una condizione paradossale. Da un lato, valorizzano al massimo l’importanza e la dignità delle persone garantendo loro una vasta panoplia di diritti individuali.

Dall’altro lato, sono anche società in cui vengono elaborate e ampiamente diffuse concezioni della vita associata e della storia umana che tolgono valore ai singoli, alle persone in carne ed ossa. Con la conseguenza di negare o dimenticare proprio le ragioni che rendono possibile, qui, da noi, l’esistenza di quei diritti individuali.

Nelle versioni (apparentemente) più sofisticate si tratta di concezioni per le quali contano solo le «strutture» – sociali, economiche, eccetera- che avvolgono gli individui, li plasmano e , di fatto, li svuotano di ogni volontà propria. Nelle versioni più rozze, quegli individui sono pupazzi, burattini o pulci ammaestrate, nelle mani di «poteri forti», anzi fortissimi (le grandi potenze, la Nato, le multinazionali, il mostro denominato capitale finanziario, eccetera).

Non si tratta, si badi, di concezioni che restano chiuse in circoli intellettuali ristretti. No, inondano la comunicazione pubblica, arrivano ovunque. I tanti che pensano che nella guerra in Ucraina l’unica cosa che conti davvero sia il braccio di ferro fra la Nato e Putin, lo vogliano o no, considerano irrilevanti le idee e le volontà delle persone comuni, le trattano, per l’appunto, come burattini o pulci ammaestrate. Naturalmente, l’inconsistenza di queste posizioni è dimostrata dal fatto che mai i loro sostenitori si sognerebbero di pensare a se stessi in quei termini: i burattini sono soltanto gli altri.

Queste concezioni hanno pesato sul modo in cui una parte dell’Europa, minoritaria ma tutt’altro che irrilevante, e comunque assai visibile e vociante, è stata presente nella comunicazione pubblica fin dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina e conteranno, forse ancora di più, nella prossima fase del conflitto. Le armi dei Paesi occidentali non sarebbero servite a nulla se gli ucraini, le persone comuni, non avessero deciso di resistere, di difendere se stesse, i propri cari, la propria libertà, il proprio Paese.

Hanno trovato — come a volte, fortuitamente, accade nella storia — un leader (e il suo entourage) all’altezza della sfida. Ma Zelensky non avrebbe potuto fare nulla se gli ucraini non avessero scelto di seguirlo in una resistenza che all’inizio sembrava disperata, senza possibilità di vittoria. Una volontà di resistenza a cui si contrapponeva — dato che le persone, per l’appunto, non sono semplici pedine nelle mani dei potenti — l’assenza di motivazione dei soldati russi ai quali risultava incomprensibile perché fossero lì ad uccidere e a morire.

Come ai tempi dell’intervento americano in Vietnam o dell’invasione russa dell’Afghanistan, a fare la vera differenza non sono gli aiuti esterni — che ci sono sempre stati — ma la forza o la debolezza delle motivazioni e delle convinzioni dei combattenti (da una parte e dall’altra), nonché dei gruppi umani coinvolti. Ciò spiega perché, talvolta, Davide riesca a sconfiggere Golia.

Questa però non è solo una riflessione sul passato. Riguarda anche il presente e il futuro. Tra poco diventeranno sempre più insistenti in Europa le voci di coloro che accuseranno Zelensky di essere ingordo e arrogante, di volere troppo (il ritorno ai confini di prima dell’invasione della Crimea).

È evidente che la comunità internazionale deve fare tutto il possibile per evitare che dalla guerra in Ucraina si passi a una conflagrazione generale. Un rischio dovuto al fatto che gli autocrati non possono accettare facilmente le sconfitte in guerra. Perderebbero, prima o poi, il potere, il che spesso significa, in quel tipo di regimi, perdere anche la vita.

La stessa sorte toccherebbe ai fedelissimi dell’autocrate. Ma è altrettanto evidente, o dovrebbe esserlo, che Zelensky non è solo, deve rispondere a un popolo che è passato attraverso una prova terribile, i cui lutti e le cui sofferenze non possono essere cancellate con un colpo di spugna. Altro che «scurdammoce ‘o passato». L’odio per l’invasore non si placherà. Come non si placherebbe quello di chiunque altro avesse vissuto una vicenda simile. Fosse pure un certo tipo di pacifista nostrano.

Se mai si arriverà a negoziati si tratterà di trovare un difficile equilibrio fra l’esigenza di garantire la pace in Europa e quella di non negare i diritti di un popolo ferocemente aggredito. Un effetto collaterale di questa guerra — se davvero alla fine la Federazione russa risulterà sconfitta — sarà, plausibilmente, la fine delle estese simpatie di cui ha goduto in Europa Putin, «l’uomo forte», quello capace di tenere testa agli americani.

L’insuccesso distrugge la popolarità. Naturalmente, resti o meno Putin al potere, poiché è poco probabile che la Russia diventi una democrazia, la sua pericolosità per l’Occidente, e specificamente per l’Europa, non diminuirà. Ma, per lo meno, il principale «eroe» e campione dell’anti-occidentalismo agli occhi degli anti-occidentali nostrani, perderà capacità di attrazione.

Certamente, al suo posto, verranno individuati, prima o poi, nuovi eroi. I dirigenti cinesi? Dalla Cina verrà certamente una sfida assai pericolosa e insidiosa per le società occidentali. Ma non è probabile che Xi Jinping finisca per godere in Europa della stessa popolarità di cui ha goduto Putin: il salto culturale è troppo forte.

Però i nemici nostrani delle società occidentali possono tranquillizzarsi. Non resteranno a lungo a corto di eroi. Verrà certamente fuori, da qualche parte, prima o poi, un altro nuovo campione dell’anti-occidentalismo. Anche lui teso a dimostrare che siamo tutti pupazzi (tranne lui e quelli che credono nella sua causa) alla mercé di forze diaboliche.

Magari, in seguito, un imprenditore fiuterà il business e, come accadde con Che Guevara, si metterà a produrre magliette con l’effigie dell’eroe. Alcuni di coloro che le indosseranno penseranno di fare un gesto di ribellione nei confronti della società aperta occidentale. Invece, contribuiranno a rinnovarne i fasti.

Corriere della Sera

L'articolo Il fronte occidentale, in cerca di eroi sbagliati proviene da Fondazione Luigi Einaudi.




Ucraina: dopo Kherson, l’orso andrà in letargo?


Cosa succederà durante i prossimi mesi invernali sul campo di battaglia ucraino? Ecco cosa progettano, cosa sperano, cosa approntano gli eserciti russo e quello ucraino

L'articolo Ucraina: dopo Kherson, l’orso andrà in letargo? proviene da L'Indro.



La crisi in Ucraina al centro del G20 in Indonesia. Zelensky annuncia un piano di pace ma avverte: “Non accettiamo compromessi”. Putin è assente e Mosca è sempre più isolata. La fase storica nella quale viviamo “non deve essere un’era di guerra”.


La guerra in Ucraina offre alla Cina un’opportunità irta di insidie


Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha potenzialmente commesso un errore strategico quando ha inquadrato la lotta per l’Ucraina come una battaglia tra democrazia e autocrazia. In tal modo, ha fatto un favore involontario al principale rivale dell’America, la Cina. L’Ucraina non riguarda la democrazia contro l’autocrazia; dal punto di vista dell’America, potrebbe essere una buona […]

L'articolo La guerra in Ucraina offre alla Cina un’opportunità irta di insidie proviene da L'Indro.



VIDEO. Cisgiordania: tre coloni accoltellati a morte e una ragazza palestinese uccisa dai soldati


Tre coloni israeliani sono stati uccisi durante un agguato ad Ariel, nella Cisgiordania occupata. Nella giornata di ieri una giovane palestinese di 16 anni è stata colpita a morte dai soldati israeliani L'articolo VIDEO. Cisgiordania: tre coloni accoltel

Pagine Esteri,15 novembre 2022 – Mohammad Souf, 18 anni, è stato colpito a morte dopo aver accoltellato e ucciso 3 coloni israeliani di Ariel, nella Cisgiordania occupata.
player.vimeo.com/video/7712089…

Fulla Musalama, una ragazza palestinese di 16 anni è stata uccisa dai soldati israeliani a Betunia, vicino Ramallah. L’auto su cui viaggiava, secondo i militari, non si è fermata all’alt ed è stata per questo crivellata di colpi.
player.vimeo.com/video/7712092…

L'articolo VIDEO. Cisgiordania: tre coloni accoltellati a morte e una ragazza palestinese uccisa dai soldati proviene da Pagine Esteri.



Ucraina: Odessa rifiuta Caterina la Grande a causa dell’invasione russa


I preparativi per smantellare il controverso monumento di Caterina la Grande di Odessa sono iniziati all’inizio di novembre, con il sito isolato e la figura dell’imperatrice russa coperta da un velo di plastica nera decisamente poco dignitoso. È caduta vittima di cambiamenti radicali nell’opinione pubblica mentre la brutale invasione di Vladimir Putin costringe gli ucraini […]

L'articolo Ucraina: Odessa rifiuta Caterina la Grande a causa dell’invasione russa proviene da L'Indro.



Declino e irrilevanza dell’ASEAN e aperture future per la Cina


I recenti 40° e 41° vertici dell’ASEAN e relativi summit hanno messo a nudo la divisione e il persistente divario del raggruppamento regionale, esponendo l’incombente declino della rilevanza e del ruolo dell’organizzazione regionale di 55 anni, salvo una revisione significativa. L’ASEAN deve affrontare le questioni critiche che permangono, che continuano a plasmare la prospettiva e […]

L'articolo Declino e irrilevanza dell’ASEAN e aperture future per la Cina proviene da L'Indro.



L’Ucraina ha bisogno di aiuto urgente per contrastare gli attacchi russi alle infrastrutture energetiche


La Russia ha bombardato le infrastrutture elettriche e del gas dell’Ucraina dall’inizio dell’invasione a febbraio. Nell’ultimo mese, questi attacchi si sono intensificati drammaticamente mentre Mosca cerca di privare la popolazione civile ucraina di riscaldamento, acqua ed elettricità prima della stagione invernale. Questa campagna di attacchi aerei contro le infrastrutture civili ucraine sta sollevando timori di […]

L'articolo L’Ucraina ha bisogno di aiuto urgente per contrastare gli attacchi russi alle infrastrutture energetiche proviene da L'Indro.



Vent’anni di Forum Sociale Europeo


Venti anni fa Firenze vedeva sfilare lungo le strade della città un milione di persone, in rappresentanza del mondo alter-mondialista e dei movimenti in lotta per la pace e il disarmo. Era il primo Forum Sociale Europeo, un evento immenso, pacifico e di massa, il più grande svoltosi in Europa, accolto da una città aperta, […]

L'articolo Vent’anni di Forum Sociale Europeo proviene da L'Indro.



L’Ucraina sta abbandonando i discorsi su un ingresso accelerato nella NATO?


Un possibile cambiamento diplomatico nella guerra in Ucraina potrebbe essere passato in gran parte inosservato quando Kiev è sembrata segnalare che avrebbe potuto rinunciare alla sua aspirazione a diventare un membro della NATO. O almeno declassando la sua urgenza. All’inizio di novembre è stato riferito che l’amministrazione USA stava esercitando pressioni private sul Presidente Zelensky […]

L'articolo L’Ucraina sta abbandonando i discorsi su un ingresso accelerato nella NATO? proviene da L'Indro.



Giovanni Scipione Rossi – L’America di Margherita Sarfatti


L'articolo Giovanni Scipione Rossi – L’America di Margherita Sarfatti proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/giovanni-scipione-rossi-lamerica-di-margherita-sarfatti/ https://www.fondazioneluigieinaudi.it/feed


Alaa sospende lo sciopero della sete ma continua la lotta contro il regime di El Sisi


Il più noto dei prigionieri politici egiziani, protagonista della rivolta contro Hosni Mubarak del 2011, è tornato a bere l'acqua ma continua lo sciopero della fame. Il regime di El Sisi gli nega contatti regolari con la sua famiglia e l'avvocato. L'arti

di Valeria Cagnazzo –

Pagine Esteri, 15 novembre 2022 – Ha interrotto lo sciopero della sete il prigioniero egiziano Alaa Abd El-Fattah, che aveva smesso di bere il 6 novembre scorso, data dell’inaugurazione della COP27 nel suo Paese, dove il potere a dir poco autoritario del presidente Abdel Fattah El Sisi ha portato in carcere migliaia di prigionieri politici e dissidenti. Lo hanno reso noto sui loro account social le sue sorelle, Mona e Sanaa Seif. “Sono così sollevata”, ha scritto Mona, “Abbiamo appena ricevuto una lettera dalla prigione indirizzata a mia madre, Alaa è vivo, dice che sta bevendo di nuovo acqua dal 12 novembre scorso. E’ assolutamente la sua calligrafia. Una prova di vita, quantomeno. Perché ce l’hanno tenuta nascosta per 2 giorni?”.

twitter.com/sana2/status/15920…

La sorella fa riferimento alla lettera del fratello, pubblicata poco dopo online, nella quale Alaa Abd El-Fattah, che nei giorni scorsi era stato condotto in ospedale per un peggioramento delle condizioni cliniche, scrive alla madre: “Da oggi ritorno a bere, così puoi smettere di preoccuparti per me finché non mi vedrai con i tuoi occhi. I parametri vitali sono nella norma. Li sto misurando regolarmente e sto ricevendo cure mediche”.

twitter.com/FreedomForAlaa/sta…

Nonostante gli sia stato permesso di inoltrare questa lettera “breve” – promette che ne arriverà una più lunga – né ai familiari né al suo avvocato è stato concesso di fargli visita. “Semplicemente non permetteranno a nessuno di vederlo e appurare il chiaro impatto di un lungo sciopero della fame sul corpo di Alaa”, ha denunciato sua sorella Mona, “(Le autorità egiziane, ndr) vogliono che resti in piedi la loro narrativa: che Alaa non è in sciopero della fame e che la sua famiglia sta mentendo”.

SUL CASO DI ALAA ABD EL FATTAH E LA COP27 VI INVITIAMO A LEGGERE L’ARTICOLO PUBBLICATO L’8 DICEMBRE

di Valeria Cagnazzo –

Pagine Esteri, 8 novembre 2022È iniziata il 6 novembre a Sharm el-Sheikh, in Egitto, la ventisettesima COP, la Conferenza delle parti dell’United Nations climate change conference (COP27), che dovrebbe portare all’attuazione dell’Accordo di Parigi per l’emergenza ambientale. Una COP basata sui fatti e sulla pianificazione di strategie energetiche e ambientali da realizzare subito nei Paesi aderenti, questa la speranza del direttore esecutivo, Simon Stiell, che ha dichiarato: “Con il regolamento di Parigi sostanzialmente concluso grazie alla COP26 di Glasgow dello scorso anno, la cartina di tornasole di questa e di ogni futura COP è quanto le deliberazioni siano accompagnate dall’azione. Tutti, ogni singolo giorno, ovunque nel mondo, tutti devono fare tutto il possibile per evitare la crisi climatica”. Gli ha fatto eco il presidente della COP27, il ministro degli esteri egiziano Sameh Shoukry: “La COP27 deve essere ricordata come la “COP dell’attuazione”, quella in cui ripristiniamo il grande consenso che è al centro dell’accordo di Parigi”. Ha, inoltre, sottolineato le catastrofiche conseguenze di un’”inazione miope” di fronte agli effetti del cambiamento climatico ed esortato ad agire immediatamente, nonostante le sfide geopolitiche e le difficoltà economiche dell’attuale periodo storico. Le sfide ambientali non sono senza dubbio meno importanti di altre, per quanto si sia arrivati alla ventisettesima assemblea delle Nazioni Unite per ribadirsi ancora una volta, sempre a parole, l’importanza di inserire la questione climatica nelle rispettive agende di governo.

La catastrofe ambientale nel frattempo ha raggiunto proporzioni spaventose e le sue conseguenze stanno “finalmente” – in francese “finelment” significa alla fine, ma si può leggere anche nell’accezione italiana, perché forse è vero che era necessario toccarle con mano – letteralmente bussando alle nostre porte. Se non si era mai avuto un ottobre così caldo, infatti, è perché il livello dei gas serra nell’atmosfera continua ogni anno a superare i record precedenti. La temperatura media del 2022, rivela il rapporto “Stato del clima globale nel 2022” dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) diffuso in apertura della COP27, è di 1,15 gradi sopra ai livelli pre-industriali.

Gli effetti sono la desertificazione, lo scioglimento dei ghiacciai, inondazioni e alluvioni distruttive per gli insediamenti umani in tutto il mondo. A causa della siccità, milioni di persone nel 2022 sono state condannate alla malnutrizione, milioni sono state costrette a emigrare da aree desertificate o inondate, decine di migliaia sono state uccise da catastrofi climatiche. Il caldo, inoltre, favorisce la diffusione delle malattie e la proliferazione degli agenti patogeni. Secondo l’OMS, ogni anno, tra il 2030 e il 2050, ci saranno circa 250.000 morti in più per malnutrizione, diarrea, malaria e stress da caldo. A registrare le conseguenze più drammatiche per la vita umana sono i Paesi in via di sviluppo. Per questo motivo, tra i temi in cima all’ordine del giorno della COP27, che si concluderà il 18 novembre, dovrebbero esserci dei progetti di finanziamento e risarcimento per i Paesi più poveri, i meno inquinanti ma i più colpiti dall’inquinamento prodotto dai Paesi più industrializzati. Secondo molti attivisti, tuttavia, si tratterebbe di uno dei punti che incontrerà più ostilità alla sua effettiva attuazione nella “COP dei fatti”. A questo proposito, il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, nel suo discorso di apertura, ha chiesto ai governi di tassare i profitti delle compagnie di combustibili fossili e di reindirizzare quel denaro ai Paesi in via di sviluppo, dove la popolazione piange le sue perdite a causa del cambiamento climatico. Il progetto dell’ONU si chiama “Primo allarme per tutti”, e dovrebbe raccogliere almeno 3,1 miliardi di dollari dai Paesi aderenti, al momento 50, tra il 2023 e il 2027. Da Sharm el-Sheikh, inoltre, il premier spagnolo Pedro Sánchez ha annunciato che la Spagna metterà a disposizione “un capitale iniziale di 5 milioni di euro” per il clima e la cooperazione multilaterale. Ursula von der Leyen ha promesso che la Commissione europea stanzierà un miliardo di euro per salvare le foreste. L’ex vice-presidente americano Al Gore ha ventilato il rischio di un miliardo di migranti economici in Occidente e delle conseguenze sociali, in termini di xenofobia e tensione, che questi potrebbero provocare. Grandi assenti, Cina e Russia. Tra i partecipanti all’assemblea dedicata a un impegno contro il clima che mette in prima linea le donne e le giovani generazioni, anche rappresentanti di regimi autoritari e restrittivi sui diritti umani. Tra i volti approdati a Sharm el Sheikh, anche il principe saudita Mohammed Bin Salman.

Anche Giorgia Meloni, in rappresentanza dell’Italia nel suo primo viaggio come primo ministro, accompagnata da Pichetto Fratin, ministro dell’ambiente, ha raggiunto la destinazione esotica della COP. Il primo incontro ufficiale quello con il Presidente Al Sisi, durante il quale, oltre ai temi di materia ecologica, i due leader sembrano aver definitivamente disteso le relazioni tra i rispettivi Paesi, incrinatesi dopo il rapimento e l’omicidio brutale compiuto dai servizi di sicurezza egiziani di Giulio Regeni, per discutere di forniture di gas, cooperazione industriale e collaborazione nel respingimento dei migranti nel Mediterraneo.

Sempre il 6 novembre scorso, mentre veniva inaugurata la COP27, non troppo lontano dalle sontuose sale della conferenza adibite per ospitare i leader mondiali, in un carcere egiziano succedeva qualcos’altro. Alaa Abd El Fattah iniziava lo sciopero della sete. L’informatico e attivista in carcere per la sua partecipazione alle manifestazioni della primavera araba, dopo 218 giorni di sciopero della fame il 6 novembre ha annunciato che avrebbe rinunciato anche all’acqua. Una decisione durissima in segno di protesta contro il suo arresto illegale e contro quello di migliaia di detenuti delle prigioni egiziane per reati di opinione (ne avevamo parlato qui), proprio in occasione del più importante evento sul clima che riunisce i rappresentanti di quasi tutto il mondo nel Paese che li detiene ingiustamente.

Dell’incompatibilità di un evento internazionale sull’ambiente con un sistema dittatoriale, che reprime con torture e arresti qualsiasi forma di dissenso, si erano accorti in molti, nei mesi scorsi, e non solo attivisti come Naomi Klein. In una lettera pubblicata mercoledì scorso, quindici premi Nobel hanno chiesto che in occasione della COP27 gli Stati chiedano libertà per Alaa Abd El Fattah e gli altri prigionieri politici egiziani. A firmare la lettera, indirizzata a diversi capi di Stato, Svetlana Alexievich, J. M. Coetzee, Annie Ernaux, Louise Gluck, Abdulrazak Gurnah, Kazuo Ishiguro, Elfriede Jelinek, Mario Vargas Llosa, Patrick Modiano, Herta Muller, Orhan Pamuk, Roger Penrose, George Smith, Wole Soyinka, and Olga Tokarczuk. Nel loro appello si legge “La voce potente di Alaa Abd El Fattah per la democrazia è vicina ad essere estinta, vi chiediamo di rifarle fiato leggendo le sue parole”. Ai premi Nobel, si sono uniti in questi giorni intellettuali e scrittori da tutto il mondo. fb.watch/gFJY3wqHk1/

Nel video, la scrittrice Arundhati Roy che aderisce all’appello #FreeAlaa Da Amnesty International, Greenpeace a diversi attivisti contro il cambiamento climatico hanno denunciato l’ipocrisia epocale di questo evento. Prima tra tutti Greta Thumberg, che non ha accettato che la conferenza climatica venga ospitata in un Paese dittatoriale che uccide gli attivisti per i diritti umani. Non parteciperà, quindi, alla COP27, neanche per gridare in faccia ai potenti che lì fanno solo “blah blah blah”, come aveva fatto un anno fa. Quest’anno, con la COP27 faranno qualcosa di peggiore: Thumberg parla di “greenwashing”. Sui suoi account social, ha denunciato le violazioni dei diritti umani nel Paese e l’ingiusta detenzione di Abd El Fattah. Il 30 ottobre, poi, si è unita al sit-in di fronte all’ufficio del Commonwealth e dello Sviluppo Estero a Londra organizzato dalle sorelle di Abd El Fattah per chiedere al governo inglese di intervenire per la sua scarcerazione.

Abd El Fattah sarebbe, infatti, cittadino egiziano e inglese, e secondo le sorelle Sanaa e Mona Seif Londra dovrebbe intervenire per liberarlo e riportarlo in Gran Bretagna. Secondo quanto dichiarato in questi giorni dal governo di Al Sisi, invece, Abd El Fattah non avrebbe mai completato le pratiche per ottenere la cittadinanza britannica e sarebbe “solo” un cittadino egiziano. E come tale verrà trattato. “Non è affatto una rassicurazione”, hanno risposto le sorelle. Quando le porte della COP27 si sono aperte, è proprio sugli account twitter di Sanaa Seif che si è letto che il fratello avrebbe bevuto il suo ultimo bicchiere d’acqua. Ore di tensione, durante le quali la stessa Sanaa si è recata direttamente a Sharm El Sheikh, per portare fisicamente la sua protesta nella sede della COP27. Per suo fratello, se nessuno tra i leader impegnati a promettersi svolte ecologiche e rivoluzioni verdi tra poltroncine e coffee break interverrà, la sopravvivenza potrebbe essere una questione di ore o di una manciata di giorni.

Il 7 novembre, con una climax di tweet pubblicati da Mona Seif, la famiglia ha fatto, inoltre, presente che dopo ore di attesa in carcere, la lettera settimanale di Alaa, l’unico strumento per il detenuto per comunicare con i familiari e con il mondo, non le è stata consegnata. Le guardie carcerarie avrebbero affermato che il prigioniero non aveva voglia di scrivere. Poco credibile, secondo i Seif, che iniziano a domandarsi se l’uomo sia ancora in vita.

twitter.com/AgnesCallamard/sta… Mentre Alaa Abd El Fattah smetteva di bere e Al Sisi stringeva la mano ai leader mondiali, per le strade egiziane almeno un centinaio di altri attivisti erano già stati arrestati, secondo l’Egyptian Commission for Rights and Freedoms, sempre per reati di opinione sui social. Sono vietate le manifestazioni nel Paese – mentre nei padiglioni della COP27 c’è un’intera area “Verde” apparentemente dedicata agli scambi di opinione liberi e democratici tra i giovani di tutto il pianeta. “Sulla strada verso la COP27, ricordate che molti Egiziani stanno pagando un prezzo pesante per la vostra presenza. Stanno avvenendo arresti per onorare la vostra presenza. Il minimo che possiate fare sarebbe mostrare un po’ di rispetto alle decine di migliaia nelle prigioni di Al Sisi”, ha scritto Sanna Seif. Sharm El Sheikh è militarizzata e costellata di posti di blocco, dove un controllo sul cellulare e un tweet di troppo potrebbe costare la prigione. Molte serrande sono chiuse. Il Paese tace imbavagliato. Il messaggio è chiaro: nessuno in Egitto deve parlare e raccontare, mentre i grandi del pianeta passeggiano a Sharm El Sheikh. Pagine Esteri

L'articolo Alaa sospende lo sciopero della sete ma continua la lotta contro il regime di El Sisi proviene da Pagine Esteri.



Fr.#15 / Robo-vigili e Precrimine


Nel frammento di oggi: ad Arezzo arriva Robocringe / Algoritmi predittivi contro il crimine in Italia e UK / Meme e citazione del giorno.

I robo-vigili di Arezzo


La polizia municipale di Arezzo sarà presto un laboratorio di test di un nuovo prototipo di occhiali che ricordano Robocop, ma meno cattivo e più cringe. Gli occhiali hi-tech sembrerebbero dotati di una tecnologia che permette all’agente di visualizzare l’equivalente di uno schermo da 50” e al tempo stesso scansionare in tempo reale le targhe delle automobili in corsa.

232158

Grazie alla connessione con diversi database della pubblica amministrazione gli occhiali daranno all’agente informazioni rilevanti sul veicolo, come l’assicurazione, le revisioni, o eventuali fermi amministrativi. Alcuni articoli dicono che gli occhiali sarebbero anche in grado di valutare la velocità delle vetture, ma non ne sono sicuro.

Gli amministratori intervistati dicono che l’attività della polizia sarà più efficiente e i cittadini saranno più tutelati.

Ti piace Privacy Chronicles? Allora perché non ti iscrivi e mi aiuti a farla crescere?

Insomma, la tecnologia promette di tagliare un incredibile traguardo: i nostri prodi guardiani delle strade potranno finalmente emettere contravvenzioni senza muovere un muscolo, senza alcuna contestazione, mentre guardano una TV da 50”. Vi sentite più tutelati?

Gli algoritmi contro il crimine… forse


Sempre sulla falsa riga della tecnologia che permetterà alle forze dell’ordine di lavorare meno e tutelare meglio i cittadini vale la pena commentare un fenomeno che sta prendendo velocemente piede in Italia: gli algoritmi antimafia. Ci sono almeno due esempi che conosco.

Il primo è quello di Padova, dove pare che verrà usato un algoritmo predittivo per scovare le aziende a “rischio collusione con la mafia” per proteggere gli appalti del PNRR. L’algoritmo userà diversi indicatori, come il numero di dipendenti, il capitale sociale, le transazioni e così via. In pratica una mescola di tutte le informazioni rilevanti sulla vita di un’azienda — che non si sa bene come verranno trattate.

3645136

I ricercatori ci tengono però a precisare, com’è ovvio che sia, che l’algoritmo non individua le aziende colluse, ma soltanto quelle a “rischio”. Ricordo ai cari lettori che il rischio altro non è che qualcosa che non esiste; un’ipotesi più o meno plausibile e probabile che potrebbe anche non verificarsi mai. Insomma, un’azienda segnalata a “rischio” collusione potrebbe non essere affatto collusa.

Il problema è evidente: persone innocenti potrebbero essere escluse dagli appalti pubblici sulla base di segnalazioni arbitrarie fatte da un algoritmo di cui non si conosce neanche il funzionamento. Qualcuno potrebbe dire che favorire certe aziende ed escluderne altre in modo arbitrario sia esattamente il modo in cui opera la mafia…

Share

Il secondo algoritmo antimafia arriva direttamente da una collaborazione europea tra forze di polizia. Si chiama I-CAN (Interpol Cooperation Against Ndrangheta) e il suo lavoro sarà quello di “intercettare le strategie espansionistiche dell'organizzazione criminale e anticipare la minaccia".

3645138

A costo di ripetermi, anche in questo caso parliamo di “previsioni” che potrebbero non avere alcun riscontro nel mondo reale.

La buona notizia è che se la realtà non si sottometterà ai modelli predittivi, potranno sempre prendersela con la realtà e chiedere più finanziamenti per usare altri modelli predittivi fino ad azzeccarne almeno una. Come le previsioni climatiche, insomma.

La cattiva notizia è che la finestra di Overton si sta spostando verso l’accettazione dell’uso di algoritmi in grado di prevedere il futuro e anticipare la minaccia criminale. Nei film di fantascienza non finisce mai bene, ma fate pure voi. Chi sono io per dirvi come spendere i miei soldi?

Sostieni Privacy Chronicles

La Precrimine in UK


Un esempio di questa stupenda finestra di Overton ce l’abbiamo proprio in UK, dove Scotland Yard si è recentemente vantata di essersi dotata di algoritmi di profilazione per “fermare i potenziali criminali prima che commettano il crimine”. Nello specifico, l’algoritmo dovrebbe prevedere quali uomini potrebbero commettere violenze verso le donne.

232159

Vi chiedo, come potremmo mai definire un uomo che non ha ancora commesso alcun crimine?

Meme del giorno


232160

Share

Citazione del giorno

It is with government, as Caesar said it was in war, that money and soldiers mutually supported each other; that with money he could hire soldiers, and with soldiers extort money.
Lysander Spooner

Sostieni Privacy Chronicles

Articoli consigliati


Immagine/fotoPrivacy Chronicles

Caspariae perpetua et firma Libertas

Nel confine fra l’Umbria e la provincia di Arezzo, sopra una lieve alzatura che fa da contrafforte all' Appennino, sorge il Villaggio di Cospaia, già capo-luogo della repubblica o meglio dello Stato Libero di questo nome, che dal 1440 al 1826 conservò la sua autonomia e indipendenza, quantunque si reggesse senza leggi scritte, senza capi, senza milizie, senza imposte…
Read more
10 days ago · 9 likes · 4 comments · Matte | mrk4m1

Leggi gli altri Frammenti

Privacity reshared this.



ANALISI. Chi ha vinto le elezioni di Midterm negli USA? (Seconda parte)


Tutti i 6 membri del “The Squad” di Alexandra Ocasio-Cortez alla Camera sono stati rieletti. Di rilievo il successo di Maxwell Frost, il giovanissimo leader studentesco contro la diffusione delle armi nelle mobilitazioni di March for Our Lives. L'articol

Pagine Esteri, 15 novembre 2021 Chi ha vinto le elezioni di Midterm negli USA di martedì 8 novembre? Rispondere a questa domanda non è affatto semplice, anche considerando che mentre scriviamo, sei giorni dopo l’election day, in alcuni stati si stanno ancora contando i voti, la maggioranza alla Camera non è ancora stata annunciata ufficialmente, così come il risultato di due elezioni per i governatori statali.

Ha vinto la sinistra Dem?

L’ala più progressista dei Democratici ha celebrato alcuni successi. Tutti i 6 membri del “The Squad” di Alexandra Ocasio-Cortez alla Camera sono stati rieletti e altri due deputati neoeletti, Summer Lee e Greg Casar vi si uniranno.
Il senatore Bernie Sanders ha salutato l’elezione di tanti altri deputati e senatori Dem, di cui aveva sostenuto la corsa alle primarie contro esponenti dell’ala centrista del partito. Fra essi, anche Maxwell Frost, il giovanissimo (classe 1997) leader studentesco che si batteva per il controllo della diffusione delle armi nelle mobilitazioni di March for Our Lives, la cui elezione è uno dei pochissimi segnali positivi per il Dem in Florida. In generale, l’affluenza dell’elettorato giovanile ha in parte compensato l’astensione delle altre classi d’età dell’elettorato Dem ed ha premiato largamente i democratici e in particolar modo i candidati più progressisti.

Attorno a Sanders, numerose organizzazioni indipendenti, come il Working Families Party, Our Revolution, Move On ed altre, stanno dimostrando un interessante protagonismo, mobilitandosi per i diritti riproduttivi delle donne, per la crisi climatica, per il salario minimo, per l’estensione della copertura sanitaria pubblica e i diritti delle comunità Lgbt+.

Sanders ha fortemente rivendicato, nei comizi tenuti per queste Midterm, il suo sostegno a Biden che ha fruttato i più grandi pacchetti di spesa pubblica per la classe media e lavoratrice nella storia recente USA. Questo nonostante nel mondo che lo circonda sia presente molta diffidenza se non frustrazione verso il presidente e l’ala moderata del partito. Ma la perdita della maggioranza alla Camera rischia di compromettere l’intero impianto su cui Sanders e l’ala progressista hanno fondato la loro azione al Congresso, poiché d’ora in poi ogni provvedimento di peso, soprattutto se comporta obblighi di spesa, dovrà passare dalle negoziazioni coi repubblicani. Difficile che nel nuovo quadro possano intensificarsi, come chiede Sanders, le politiche in grado di ridurre le enormi disuguaglianze che caratterizzano gli USA. Lo stesso Michael Moore, regista e riferimento di tutta l’ala progressive coi suoi post e podcast quasi quotidiani, ha esultato per aver ucciso la “red wave” repubblicana. Resta difficile immaginare però la prospettiva di quest’area se i prossimi due anni saranno nuovamente bloccati fra trattative e veti reciproci. In questo senso, anche la ricandidatura di Biden, oggi 79enne, nel 2024, confermata alcune settimane fa, sembra indebolirsi progressivamente.

3644990
Alexandria Ocasio Cortez

Infine, se a parte DeSantis, di fatto, non ha vinto nessuno, qual è il quadro generale che esce dalle Midterm?I risultati hanno confermato l’estrema polarizzazione fra i due principali partiti, fotografata dall’equilibrio nei voti e da una campagna elettorale durissima. Secondo entrambi i contendenti era infatti in gioco in primo luogo la stessa democrazia nel Paese. Da una parte, i Dem hanno presentato i Repubblicani come il partito dominato da Trump, che ancora non riconosce la vittoria di Biden alle presidenziali, e che ha cercato di manipolare e limitare l’accesso al voto, nonché privare le donne del diritto all’aborto. Il “vote denying”, la negazione della sconfitta del 2020 e la “vote suppression”, cioè le difficoltà poste nel registrarsi e poter votare e la rimodulazione dei collegi (il “gerrymandering”) ad opera delle autorità statali per favorire una parte sull’altra.

Dall’altra, i Repubblicani accusano i democratici di voler limitare le libertà fondamentali degli americani ed i loro valori tradizionali, con l’intervento statale, l’aumento delle tasse, l’attacco al diritto di portare armi, la cosiddetta teoria gender. E utilizzando anche truffe elettorali (moltissimi candidati repubblicani sostenevano la teoria della “grande bugia” sulle elezioni 2020 e oggi stanno diffondendo accuse di brogli circa i ritardi nei conteggi in diversi stati).

Il sistema politico USA, pur diviso nei mille rivoli delle legislazioni dei 50 stati, è rigidamente ed istituzionalmente bipartitico, con moltissime cariche amministrative e giudiziarie decise, come per i parlamentari, da elezioni dirette in collegi uninominali, precedute da cicli di elezioni primarie gestite dagli stati. Questo dominio della logica maggioritaria impedisce di vedere rappresentata in maniera più rispondente alla realtà l’enorme complessità di una società che negli ultimi anni è in piena ebollizione. All’interno dei due partiti vivono organizzazioni e cordate, veri partiti nei partiti, capaci di raccogliere fondi e sostenere i propri candidati, ma non di scalfire il sostanziale equilibrio negli indirizzi fondamentali della politica USA. L’affluenza di queste Midterm, appena il 47%, è anche sintomo di ciò.

Quando invece gli elettori sono chiamati a decidere direttamente su temi di grande interesse con dei referendum, che accompagnano sempre, nei singoli, stati, queste grandi tornate elettorali, la situazione si mostra interessante e a tratti sorprendente, soprattutto se la paragoniamo allo scenario italiano. Decisamente più avanzata rispetto agli equilibri di Washington.

Innanzitutto, in Vermont, Michigan e California sono stati approvati testi che prevedono di istituire il diritto all’aborto. In altri stati come il Kentucky e Montana, sono stati bocciati testi che proponevano di limitarlo.
In Nebraska e Discrict Columbia, lo stato di Washington, sono stati approvati referendum per alzare significativamente il salario minimo oltre i 15$, la cifra della nota campagna che ha attraversato gli USA negli ultimi anni. In Nevada la soglia è stata alzata a 12$. Ancora, in New Jersey, Montana, Arizona è stato legalizzato tramite referendum l’uso terapeutico e anche ricreazionale della cannabis. In Oregon e Colorado sono stati legalizzati anche i cosiddetti “funghetti” allucinogeni. Pagine Esteri

LEGGI LA PRIMA PARTE DELL’ARTICOLO

ANALISI. Chi ha vinto le elezioni di Midterm negli USA? (Prima parte)


pagineesteri.it/2022/11/14/in-…

L'articolo ANALISI. Chi ha vinto le elezioni di Midterm negli USA? (Seconda parte) proviene da Pagine Esteri.


pagineesteri.it/2022/11/15/mon…


in reply to Signor Amministratore ⁂

Hi @Michael Vogel , unfortunately I can't send you a message on matrix at heluecht:feneas.org. Can I ask you to connect with me? I would like to ask you a private question
Unknown parent

friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
Signor Amministratore ⁂
@Michael Vogel I sent you my message! I'm glad my report helped at least get your Matrix address updated... 😅



#uncaffèconLuigiEinaudi – Lo Stato siamo noi…


Lo Stato siamo noi; il Governo è una nostra creatura; e lamentarsi del Governo, senza far nulla per renderlo migliore, è segno di animo fiacco. «Corriere della Sera», novembre 1917 L'articolo #uncaffèconLuigiEinaudi – Lo Stato siamo noi… proviene da Fond
Lo Stato siamo noi; il Governo è una nostra creatura; e lamentarsi del Governo, senza far nulla per renderlo migliore, è segno di animo fiacco.


«Corriere della Sera», novembre 1917

L'articolo #uncaffèconLuigiEinaudi – Lo Stato siamo noi… proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Italia – Francia: Roma preferisce Cipro


«Abbassiamo i toni» dice Giorgia Meloni, ma i toni nella sostanza non cambiano; Mattarella telefona a Macron; Tajani va a Bruxelles, forte della sua armatina Brancaleonina Malta-Cipro-Grecia, ma la sua omologa non c'è, è a Bali; il Trattato del Quirinale traballa, l'Europa a due velocità, con l’Italia nella parte 'lenta', ci torna attendere

L'articolo Italia – Francia: Roma preferisce Cipro proviene da L'Indro.



rant su spot televisivi

Ho sempre prestato eccessiva attenzione al linguaggio pubblicitario, quello televisivo in particolare.

E se certe cose non hanno tempo (come piazzare ore pasti tutti gli spot che fanno passare l'appetito), altre segnano vere e proprie ondate.

Ad esempio c'è stato il periodo della body positivity, in cui più o meno goffamente veniva inserito - finendo per evidenziarlo invece che integrarlo - qualche corpo o volto normale in contesti di usuale perfezione di corpi e volti televisivi.

Ora, sarà che i recenti fatti elettorali mi avranno un po' colpito, ma: non suona anche a voi un po' esagerata la presentazione patriottica del cioccolato ITALIANO con latte ITALIANO e nocciole ITALIANE? Lo dice proprio così. (Segue personaggio con espressione grottesca che scandisce "mmmh, SFITZERO?" e surreale risposta corale di bambini perfetti.)

in reply to J. Alfred Prufrock

re: rant su spot televisivi

non guardo tv da anni, ma forse ho compreso di quale pubblicità si tratti. La mia memoria non è mai stata buona, ma la parte finale credo sia rimasta invariata da diversi anni, no?

In ogni caso anche a me sembra esagerata ed un po' paradossale questa presentazione estremamente patriottica dato che, giustamente, sono loro stessi a riportare come il cacao venga dall'Ecuador: elah-dufour.it/en/ingredients