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Iran – USA: ai Mondiali di calcio Qatar 2022 scoppia la guerra … sul campo


Qualunque sia il risultato finale, la politicizzazione della squadra nazionale di calcio in mezzo alle proteste avrà forza, ma il movimento antigovernativo trarrà vantaggio solo se la squadra farà bene

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Renato Balestra, lo stilista del made in Italy più cosmopolita


Renato Balestra se n ‘è andato a 98 anni, il 26 novembre scorso 2022, lasciando un’immensa eredità nel mondo della moda e della creatività stilistica, oltre al ricordo di una figura straordinaria dai molteplici interessi mel campo della pittura, della musica della scenografia. Data l’età, era considerato il decano di questo variegato contraddittorio e agitato mondo, parte […]

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La passeggiata di @Christian Bernieri in #FieraMilano è un'occasione per parlare della frequente tentazione, da parte di chi gestisce gli esercizi commerciali o le fiere, di catturare i segnali bluetooth e wi-fi dei nostri cellulari

"una INFORMATIVA PRIVACY, non un semplice caretello, ci avvisa della presenza di un sistema di acquisizione dei segnali wifi presenti nell'area. Un sistema invisibile, posizionato ovunque, capace di ascoltare i segnali wifi e registrare le informazioni che riesce a captare.
Ogni cellulare, se il wifi è acceso, cerca in continuazione altre reti wifi e segnala la propria presenza lampeggiando come un faro, e come un faro ha un lampeggio tipico, dice che è lui, proprio lui, non un altro cellulare qualsiasi. Lampeggia dicendo il proprio nome / codice univoco / identificativo."

Di @Christian Bernieri sul suo blog
bernieri.blogspot.com/2022/11/…

#privacy #datipersonali

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friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
The Privacy Post

@Michele NO! (ma anche sì...😁)

Mi spiego: il fatto che la motorizzazione permetta ai costruttori di auto di fare serbatoi che perdano continuativamente un filo di benzina è un problema, certamente. Ma questo non rende meno colpevole il municipio gestore dell'illuminazione stradale quando i suoi lampioni rilasciano scintille.

Perché se l'auto prende fuoco, sarà pure colpa del costruttore, ma la responsabilità principale è proprio del comune che, conoscendo bene quali siano i problemi del parco circolante, trasforma ogni automobile in un potenziale ordigno.

Fuor di metafora, è chiaro che noi andiamo in giro con dei radiofari portatili, ma questo non solo non giustifica, ma rende ancora più colpevoli coloro che se ne approfittano per catturare dati!


@Christian Bernieri



Si chiamava Aryeh Shechopek, aveva 16 anni, un bel viso pulito. I genitori lo avevano portato a Gerusalemme dal Canada, dove era nato. La gente racconta che Aryeh era sempre pronto ad aiutare gli altri.


Cosa dare da mangiare al cane: meglio crocchette o cibo umido?


Cosa dare da mangiare al proprio amico a 4 zampe? Questa è una domanda che si pongono moltissime persone, anche perché in questi ultimi anni è cresciuta parecchio l’attenzione nei confronti dell’alimentazione del cane. Per essere sicuri di garantire al proprio animale domestico il meglio, l’importante è scegliere sempre alimenti di alta qualità e su […]

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Lavorare nel turismo: i requisiti indispensabili


Il turismo è uno dei settori economici più sviluppati in Italia e ogni anno il nostro Paese è meta di cittadini provenienti da tutto il mondo per le loro vacanze. Città d’arte, località al mare, centri sciistici e centri termali: l’Italia ha turisti 365 giorni all’anno. Per un giovane è un ottimo settore nel quale […]

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Etiopia, funzionario del Tigray accusa le forze eritree di “uccidere sommariamente” civili, chiede protezione al governo federale


Getachew Reda, portavoce del Fronte popolare di liberazione del Tigray (TPLF) e membro della delegazione per i colloqui di pace del Tigray, ha affermato che…

Getachew Reda, portavoce del Fronte popolare di liberazione del Tigray (TPLF) e membro della delegazione per i colloqui di pace del Tigray, ha affermato che le forze eritree hanno continuato a uccidere civili, compresi bambini e donne, mentre le forze del Tigray stanno portando avanti il ​​disimpegno come concordato a Pretoria/ Patto di pace di Nairobi.

Getachew domenica 27 novembre 2022 ha twittato:

“Le forze eritree stanno ancora uccidendo civili, saccheggiando, distruggendo e saccheggiando proprietà a piacimento. A maggio Abay la scorsa settimana, sono stati giustiziati sommariamente centinaia di donne e bambini”

È l’ultima di una continua accusa di atrocità avanzata dai funzionari del Tigray contro le forze eritree da quando l’accordo di pace è stato raggiunto per la prima volta in Sudafrica il 2 novembre.

Domenica scorsa, citando testimoni oculari e operatori umanitari, l’AP ha riferito che:

“gli alleati dell’esercito federale etiope stanno saccheggiando proprietà ed effettuando detenzioni di massa nel Tigray. Le truppe eritree e le forze della vicina regione etiope di Amhara – che hanno combattuto a fianco dell’esercito federale etiope nel conflitto del Tigray – hanno saccheggiato aziende, proprietà private, veicoli e cliniche sanitarie a Shire, una città nord-occidentale che è stata catturata dalle forze del Tigray il mese scorso”

Aggiungendo che:

“i civili accusati di aiutare le forze del Tigray sono” anch’essi detenuti nella città di Alamata, nel sud del Tigray.”

Una dichiarazione dello stato regionale rilasciata il 19 novembre ha accusato le forze eritree di aver commesso crimini contro l’umanità, saccheggio di proprietà appartenenti a privati ​​e istituzioni religiose. Lo stesso giorno le riprese trasmesse dal media regionale, Tigray TV, mostravano anche cadaveri sparsi sul terreno che si diceva fossero alcune delle 63 vittime civili, tra cui dieci bambini, uccise dalle forze eritree a Egela, nel Tigray centrale.


Lo avevo riportato su Focus On Africa: Etiopia, continuano violenze e abusi dell’Eritrea in Tigray nonostante l’accordo di Pretoria


La TV regionale del Tigray ha anche riferito domenica di continui pesanti bombardamenti del distretto di Irob nel Tigray orientale da parte di “forze eritree nonostante l’accordo di pace”.

Getachew ha dichiarato:

“È ovvio che gli eritrei non hanno alcun interesse per qualsiasi accordo pacifico tra il governo centrale e il Tigray poiché ostacolerebbe i loro nefasti piani nel Corno. La domanda è: i nostri partner per la pace ad Addis faranno la loro parte nell’accordo per proteggere i civili e fare tutto il necessario per convincere le “forze esterne e non ENDF” a lasciare il Tigray? La nostra speranza e aspettativa è che adempiano la loro parte dell’affare”

Il comandante dei combattenti del Tigray, il tenente generale Tadesse Werede, nella sua ultima intervista con Tigray TV , ha affermato che l’attuazione dell’accordo di pace è iniziata dalla parte del Tigray. Ha aggiunto che il disarmo delle armi pesanti da parte dei combattenti del Tigray è collegato al ritiro delle forze eritree e amhara dalla regione del Tigray.

Olusegun Obasanjo, alto rappresentante dell’Unione africana nel Corno d’Africa e capo negoziatore di pace tra il governo etiope e le autorità del Tigray, durante una visita a Mekelle, capitale della regione del Tigray il 24 novembre, ha dichiarato agli alti dirigenti dello stato regionale che:

“nessun paese dovrebbe accettare la presenza di un paese straniero sulla sua terra ”,

Sottolineando che la sua visita mira a determinare come risolvere al meglio le questioni, inclusa la questione delle truppe straniere.

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In risposta a un tweet dell’Ufficio per gli affari africani del Dipartimento di Stato americano che ha accolto con favore la visita di Obasanjo nel Tigray e la sua successiva dichiarazione sulla presenza indesiderata di truppe straniere, il ministro dell’Informazione dell’Eritrea Yemane Gebremeskel ha twittato che:

“le architetture di difesa tra Stati africani sovrani non sono soggette a precedente approvazione , o veto da parte di poteri estranei”.

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Alla voce “Disarmo dei combattenti armati del Tigray”, della Dichiarazione del Piano Esecutivo punto 2.1/D, si afferma che “ il disarmo delle armi pesanti sarà effettuato in concomitanza con il ritiro delle forze straniere e non ENDF dalla regione“. (Copia dichiarazione)

Il governo federale non ha commentato le accuse di atrocità commesse dalle forze eritree, né vi è alcuna relazione sullo stato del loro ritiro dalla regione del Tigray.

Gli sforzi di Addis Standard per ottenere commenti sia dai servizi di comunicazione del governo federale che dalle forze di difesa nazionali etiopi (ENDF) non hanno avuto successo. Il capo delle pubbliche relazioni dell’ENDF, il colonnello Getnet Adane, si è astenuto dal commentare la questione e ha detto che dovremmo aspettare dichiarazioni ufficiali.


FONTE: addisstandard.com/news-tigraya…


tommasin.org/blog/2022-11-29/e…



Lothar Günther Buchheim – U boot il sommergibile


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James McGann passed away one year ago today. ISPI lost a source of inspiration and a dear friend. The global Think Tank community shines less bright without Jim.



#uncaffèconluigieinaudi – In Italia purtroppo la ripresa vera…


“In Italia purtroppo la ripresa vera del movimento economico non si è ancora bene affermata. Qua è là si intravede l’alba del giorno che sorgerà splendente” da Corriere della Sera, 17 gennaio 1910 L'articolo #uncaffèconluigieinaudi – In Italia purtroppo

“In Italia purtroppo la ripresa vera del movimento economico non si è ancora bene affermata. Qua è là si intravede l’alba del giorno che sorgerà splendente”

da Corriere della Sera, 17 gennaio 1910

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Italia – Francia: distanze rischiose


Siamo al punto che si rischia di pregiudicare definitivamente quel progetto del trattato del Quirinale che prevedeva una sempre più stretta cooperazione fino all’integrazione tra Italia e Francia

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Segnali positiviL'inflazione rallenta. O almeno così sembra, a giudicare da alcuni segnali che stanno emergendo nell’economia mondiale.


Negli ultimi giorni la Cina è stata attraversata da numerose e partecipate proteste contro la strategia zero-Covid imposta dal governo.


L'intelligenza artificiale è uno specchio, non un maestro, afferma Tim O'Reilly
"Abbiamo bisogno di un obbligo di responsabilità attiva da parte dei fornitori di modelli di intelligenza artificiale, che siano responsabili dell'utilizzo dei dati raccolti a beneficio di coloro da cui vengono raccolti e non contro di loro". Questo, a suo avviso, è molto più potente dell'ottenere il consenso, anche quando il consenso viene richiesto in un linguaggio semplice perché le persone possono essere troppo facilmente indotte a dare il consenso, come dimostra la storia delle iniziative sulla #privacy dei dati.
Di Gil Press su #Forbes
forbes.com/sites/gilpress/2022…

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La scorsa settimana, i leader dei gruppi politici del Parlamento europeo hanno concordato una “Dichiarazione europea sui diritti digitali e principi per il decennio digitale” . La firma da parte del Presidente del Parlamento è considerata una formalità.[1] Secondo il vicepresidente dell’UE Margrethe Vestager, il testo intende servire da punto di riferimento e guida per i decisori politici. L’...


Trapelato un documento sulla strategia sanitaria globale della Commissione per espandere il ruolo dell'UE a livello mondiale


Trapelato un documento sulla strategia sanitaria globale della Commissione per espandere il ruolo dell'UE a livello mondiale

!Notizie dall'Italia e dal mondo

La Commissione europea vuole che gli Stati membri dell'UE svolgano lo stesso ruolo decisivo che hanno avuto nella risposta globale alla pandemia di COVID-19, replicando il ruolo guida dell'UE nelle future sfide sanitarie.

La salute delle persone, i sistemi sanitari e le minacce per la salute sono al centro della nuova comunicazione sulla strategia sanitaria globale dell'UE che l'esecutivo dell'UE dovrebbe presentare mercoledì (30 novembre).

La strategia mira a garantire il ruolo centrale dell'UE nel dibattito sulla salute globale e fa seguito a una comunicazione che risale al 2010.

"Il messaggio principale di questa strategia è che l'UE intende riaffermare la propria responsabilità e rafforzare la propria leadership nell'interesse dei più elevati standard di salute raggiungibili, basati su valori fondamentali, come la solidarietà e l'equità, e il rispetto dei diritti umani",


ha scritto la Commissione in una recente bozza della strategia, visionata da EURACTIV.

Di Giedre Peseckyte su #Euractiv

euractiv.com/section/health-co…



Corea del Nord: l’ora della accettazione nucleare


Dobbiamo semplicemente trattare la Corea del Nord così com'è, piuttosto che come vorremmo che fosse, si sostiene in ambienti di Washington e Seoul. Accettare la Corea del Nord come Stato nucleare comporta rischi e opportunità. Intanto Biden non sembra considerare la questione nordcoreana meritevole di un grande impegno politico

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Chi deve sentirsi responsabile


Va dato atto all’esecutivo di aver fornito una risposta tempestiva, almeno per l’emergenza immediata. E di avere evitato di entrare nel merito della polemica che subito si è affacciata sulla stampa. Dove i titoli più frequenti hanno parlato di una «traged

Va dato atto all’esecutivo di aver fornito una risposta tempestiva, almeno per l’emergenza immediata. E di avere evitato di entrare nel merito della polemica che subito si è affacciata sulla stampa. Dove i titoli più frequenti hanno parlato di una «tragedia annunciata». Con riferimenti fin troppo espliciti alle due cause principali, strettamente intrecciate, dissesto idrogeologico e abusivismo edilizio: quasi trentamila richieste di condono su sessantamila abitazioni nell’isola – come ha ricordato Giuseppe Conte intervistato da Lucia Annunziata. Certo, poi ci sono i complici.

I ritardi negli interventi pubblici con stanziamenti già disponibili, e una burocrazia con passo di lumaca che non consente di dipanare matassa di ciò che potrebbe essere sanato e ciò che invece andrebbe abbattuto, prima che ci pensi l’alluvione. Ma ora, puntare il dito a cosa serve? Davvero c’è qualcuno che pensa di aver una via d’uscita?

Ciò che colpisce è l’ampiezza ormai strutturale del problema: un’isola – una delle più belle del Mediterraneo – trasformata in pochi decenni in un resort globale, con ogni anfratto finalizzato all’unica impresa fruttuosa, quella del mattone turistico. A dispetto di una conformazione organica che molto poco si presta allo scopo.

Basta guardare la mole imponente del monte Epomeo che, con balze scoscese, domina i paesi che si scavano – letteralmente – un po’ di spazio tra le sue pendici e il mare, per capire quanto sia precario l’equilibrio del gioiello estetico che richiama ogni anno centinaia di migliaia di visitatori.

Al punto in cui siamo, cosa si può fare? Passati i primi giorni di dolore per queste vite straziate dal fango, è sperabile che non si aggiunga al lutto la beffa di una disputa ideologica che non avrà mai un verdetto ragionevole. Già, su qualche giornale del Nord, si è affacciata la reprimenda sui meridionali extra-legem. Solleticando una reazione razzista magari in quegli stessi lettori che, d’estate, vorrebbero avere servizi all-inclusive a basso costo, e che certo non si domanderanno se tutte le licenze sono in ordine Mentre sulla stampa di sinistra si rispolverano leggi trascurate e/o inapplicate, che dovrebbero garantirci (?!) la salvaguardia dell’ambiente. Magari insinuando che il governo di centrodestra in carica volentieri le metterebbe in naftalina.

Senza, però, riuscire mai a calcolare quali sarebbero i costi effettivi – finanziari ed amministrativi – che renderebbe almeno in parte applicabile l’obiettivo di messa in sicurezza di una penisola pervicacemente saccheggiata. E, una volta calcolati i costi, spiegare chi pagherebbe il conto.

Forse, dobbiamo rassegnarci a riconoscere che che l’Italia è molto più simile all’America che ai paesi nordeuropei che vorremmo prendere a modello. Ogni volta che – con implacabile regolarità stagionale – siti web e televisione si riempiono delle devastazioni degli incendi californiani e delle inondazioni dei cicloni che spazzano le coste della Florida, la mia istintiva reazione di cittadino europeo mi fa sbattere su due domande: come è possibile che migliaia di abitanti siano stati colti impreparati, e chi pagherà per questi danni? Poi, contro il mio istinto e controvoglia, mi ripeto la spiegazione che chiunque frequenti quel paese conosce. E che si racchiude in due principi, due abiti culturali e sociali.

Il primo comandamento è che suae quisque fortunae faber est. Ciascuno è artefice del proprio destino. È il cosiddetto credo liberale, che dai tempi della frontiera è il motore, nel bene e nel male, del progresso – e regresso – americano.

In molte zone della Florida, una casa è esposta a rischiosissimi eventi atmosferici, che – per chi è in grado di pagare – portano i prezzi delle assicurazioni alle stelle. Chi sceglie di vivere in quei posti, è consapevole dei rischi che corre. E, in ogni caso, non si aspetta che il governo se ne faccia carico. Questo è il secondo comandamento. Con un importante corollario.

Se poco o niente ci si può aspettare dal governo statale o federale, molto arriva in tantissimi casi dalla generosità dei soccorsi volontari. Sono le comunità locali la vera risorsa nei momenti di maggiore difficoltà.

Forse, l’America resta un mondo diverso. Ed è giusto che noi si continui a cercare altre soluzioni, altre strade. Ma la piega che sta prendendo il mondo sembra indicare almeno un punto fermo. La coperta statale si è ristretta. È bene che ciascuno sia pronto ad assumersi le proprie responsabilità.

Il Mattino

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Nelle città cinesi si moltiplicano le manifestazioni di protesta contro le restrizioni anti Covid. È la più grande sfida all’autorità nell’era di Xi Jinping.


La Cina sta abbandonando il bilanciamento tra Iran e Arabia Saudita?


Nulla suggerisce che i cinesi stiano scegliendo l'Arabia Saudita rispetto all'Iran, poiché entrambi i Paesi hanno un significato per la Cina. A nessuno dei due Pechino può rinunciare, ma all'Iran in modo particolare

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EU Declaration on Digital Rights agreed


Last week, the leaders of the European Parliament’s political groups agreed to a „European Declaration on Digital Rights and Principles for the Digital Decade”. The signing by the … https://www.patrick-breyer.de/wp-content/uploads/2022/11/Streamlined-tex

Last week, the leaders of the European Parliament’s political groups agreed to a „European Declaration on Digital Rights and Principles for the Digital Decade”. The signing by the President of the Parliament is considered a formality.[1] According to EU Vice-President Margrethe Vestager, the text is intended to serve as a benchmark and guide for political decision-makers.

MEP Patrick Breyer (Pirate Party) comments on the text:

“The declaration promises ‘effective protection of communications against access by unauthorised third parties’ and protection against illegal surveillance. The promise to promote interoperability, transparency, open technologies and standards is also a positive achievement. However, the plans for indiscriminate scanning of private communications („chat control“) and the blanket data retention laws in force in many European countries call into question the credibility of the agreed commitments.

Our attempt to enshrine a right to encryption and anonymity as well as a rejection of indiscriminate data retention failed due to resistance of governments and the EU Commission. Instead, strange compromises such as the promise to ban (already) unlawful surveillance were agreed.

To justify its plans to attack net neutrality by introducing internet access fees, the EU Commission wrongly refers to the new declaration. According to it, appropriate framework conditions are to be developed so all market players who benefit from the digital transformation make a fair and appropriate contribution to the costs of public goods, services and infrastructures. However, this call for a fair contribution is to be understood in terms of effective taxation of internet corporations, because only through taxation can all market actors really be made to contribute financially to the common good.

The declaration also professes, with problematic radicalism, to protect all children and young people from “harmful and illegal content”, exploitation, manipulation and abuse on the internet and to “prevent” the digital space from being used to commit or facilitate crimes. This objective should not be taken as an illusion that all criminal offences could be prevented, nor as a legitimisation for general surveillance or control of young people’s use of the Internet.”


patrick-breyer.de/en/eu-declar…



Le bolle ‘speculative’ della politica


La crisi finanziaria ed economica, per come continua ad essere percepita e non antropologica com’è nella realtà, ha contribuito a diffondere il termine di bolla finanziaria. In realtà questi eventi si sono sempre manifestati da quando è stato possibile l’investimento in valori mobiliari ed immobiliari, ma l’estensione ed il volume delle transazioni finanziarie, oggi ormai […]

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La geopolitica del gas naturale verso l’ Europa


All’epoca sembrava una buona idea. Nel gennaio 2022, mentre le truppe russe si stavano ammassando al confine con l’Ucraina, il governo degli Stati Uniti ha ritirato il sostegno al gasdotto EastMed , sostenendo che il progetto era in conflitto con gli obiettivi ambientali dell’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden e ha creato tensioni nella regione. Il gasdotto, […]

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Crimea russa, non ucraina


Una storia del difficile rapporto della regione con il dominio ucraino prima del 2014 mostra perché il tentativo di Kyiv di riconquistarla sarebbe difficile e fautore di ulteriori violenze

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Sua Maestà il rodio, il metallo più costoso al mondo


Il rodio è il metallo naturale più prezioso al mondo, mezzo milione di euro al chilogrammo. L'aumento della domanda di rodio è strettamente correlato alla ricerca di tecnologie efficienti e non inquinanti ed esiste solo in pochissimi luoghi del pianeta

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Ucraina: l’Occidente deve superare urgentemente la paura di provocare Putin


Il 23 novembre, mi sono seduto rannicchiato con i miei bambini terrorizzati in un rifugio antiaereo vicino a Kiev mentre i missili russi rombavano sopra di loro. Per la quattordicesima volta dall’inizio di ottobre, le città e le infrastrutture energetiche civili dell’Ucraina sono state attaccate. La motivazione di Putin è trasparente. Dopo il massiccio bombardamento […]

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Sanità in Italia


Di quel che funziona nel nostro sistema sanitario dovremmo essere consapevoli, anche per migliorarlo. Chi ieri era all’opposizione gridava contro i tagli alla sanità, avvertendo che mancano i medici. Chi oggi è all’opposizione fa la stessa cosa. Tutti con

Di quel che funziona nel nostro sistema sanitario dovremmo essere consapevoli, anche per migliorarlo.


Chi ieri era all’opposizione gridava contro i tagli alla sanità, avvertendo che mancano i medici. Chi oggi è all’opposizione fa la stessa cosa. Tutti convinti, scambiandosi i ruoli, che qualsiasi problema si risolva mettendoci più soldi, mentre nessuno sembra disposto a guardare i numeri e a fare i conti con guasti la cui origine sta proprio nel lavoro dei legislatori.

Il nostro sistema sanitario fornisce prestazioni che altrove non sono accessibili a tutti. Di quel che funziona dovremmo essere consapevoli, anche per migliorarlo. Ma la qualità della sanità offerta ai cittadini non è affatto omogena e risiedere in un posto anziché in un altro può fare la differenza, per la vita. Quel che non funziona si dovrebbe riconoscerlo, per correggerlo ed evitare di finanziare anche quello.

L’accessibilità ai medici è uno dei parametri che aiuta a capire. Si dice che ce ne siano troppo pochi, ma le cose stanno diversamente. Nella media ne abbiamo quanti gli altri Paesi europei: circa il 10% in meno di Germania o Spagna, ma il 20-30% in più di Francia, Olanda o Regno Unito. Però è vero che da noi non si trovano, perché il problema non è il numero (come non lo è il numero chiuso all’Università, più che giusto) ma l’organizzazione. Da noi il 35% lavora in ospedale, in Germania il 50%, in Francia il 65%. I medici di base, quelli di famiglia, sono sempre di meno, anche perché li si è trasformati in burocrati della ricetta. Come il resto della popolazione, anche i medici invecchiano, solo che da noi il 56% ha più di 55 anni e il 23% più di 65. Significa che, nei prossimi anni, smetteranno di lavorare.

Che fine fanno i giovani medici? Intanto c’è la strozzatura delle specializzazioni, che il governo Draghi ha allargato per il futuro. Siccome non sono pagati per merito ma come se facessero una carriera burocratica, chi ci riesce sceglie le specializzazioni più remunerative, con il risultato che mancano al Pronto soccorso. Poi molti lavorano nella sanità privata, il che porta al tema della spesa: spesso si lamenta che la nostra spesa pubblica sia bassa, mentre si diffonde la leggenda che sia stata tagliata (è avvenuto per un solo anno).

Nella realtà la spesa italiana è alta, sommando quella pubblica alla privata. Com’è corretto fare. Dove c’è l’assicurazione obbligatoria, parametrata al reddito, pubblico e privato concorrono. Da noi funziona diversamente: è il pubblico che paga il privato convenzionato, sicché la spesa cresce e le strutture pubbliche lamentano tagli; oppure ci si rivolge al privato, di tasca propria, per indisponibilità o lunghe attese del pubblico. Tagliare le file cambierebbe la strutturazione della spesa. E per riuscirci non è che basti spendere di più; anzi, si può anche risparmiare (prego studiare il caso della Asl di Salerno e il suo risanamento operato da Maurizio Bortoletti).

La sanità non è solo un servizio essenziale, è anche un business che mobilita molta ricchezza e sempre più lo farà, visto l’invecchiamento della popolazione. Quando si volle chiudere le mutue, negli anni Settanta, avevano patrimonio e ricchezza, eppure i medici correvano a casa dei pazienti (“Il medico della mutua”, op. cit.). Ora le regioni accumulano debiti – avendo bilanci dedicati all’80% alla sanità – e i medici sono spariti. Che deve capitare perché ci si renda conto che questa statalizzazione regionalizzata è un fallimento?

Visto che siamo in campo sanitario: pompare soldi senza cambiare quel che visibilmente non funziona è come pompare sangue a uno con la giugulare aperta: o la tappi o si fa la fontana. I politici che sanno solo chiedere più soldi sono gli stessi che dovrebbero lavorare alle leggi che regolano sia la sanità che il mercato. Ma niente, ossessivamente si procede in modo dissociato, assecondando le pulsioni più varie, scassando quel che funziona e lottizzando, salvo poi chiedere più soldi per rimediare. E, a scanso di equivoci, i soldi li mette il contribuente, cui può capitare d’essere un paziente ma che farebbe meglio a essere impaziente.

La Ragione

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La scienza spaziale: guardar lontano restando sulla Terra


La diciassettesima edizione del Festival delle Scienze di Roma si è svolta mentre gli elementi di Artemis ancora girano attorno al satellite naturale della Terra e il cubesat italiano ArgoMoon dalla massa di appena 15 kg ne sta documentando tutte le fasi sperimentali della missione. Una semplice coincidenza che tuttavia sta stimolando fortemente l’attenzione verso […]

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Scuola di liberalismo, da lunedì il corso a Messina – Eco del Sud


Al via l’edizione 2022, la dodicesima, della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e con la Fondazione Bonino-Pulejo. Il corso, che tratterà princ

Al via l’edizione 2022, la dodicesima, della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e con la Fondazione Bonino-Pulejo. Il corso, che tratterà principalmente delle opere degli autori più rappresentativi del pensiero liberale, si articolerà in 14 lezioni, di cui 3 in presenza e 11 erogate in modalità telematica.

La prima lezione si svolgerà in presenza lunedì 28 novembre dalle ore 17 alle ore 18.30, nell’aula magna “Lorenzo Campagna” del Dipartimento di Scienze politiche e giuridiche dell’Università di Messina (sito in Piazza XX Settembre n. 4, Messina). Dopo la presentazione del corso da parte di Pippo Rao (direttore generale della Scuola) ed i consueti saluti istituzionali, il prof. Giuseppe Gembillo (direttore scientifico) relazionerà sull’opera “Quattro saggi sulla libertà” di Isaiah Berlin, considerata uno dei classici del Liberalismo moderno. Dell’incontro sarà realizzata anche una diretta streaming sulla pagina Facebook della Scuola di liberalismo di Messina (facebook.com/scuoladiliberalis…).

La partecipazione alla lezione è valida ai fini del riconoscimento di crediti formativi per gli avvocati iscritti all’Ordine degli avvocati di Messina, e per gli studenti dell’Università di Messina.

lecodelsud.it

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Venezuela – USA: segnali di … petrolio


Governo e opposizione firmano un accordo per far ripartire il dialogo e provare a salvaguardare la popolazione dalla crisi economico-finanziaria, e gli Stati Uniti rispondono liberando un po' di petrolio. E' un cambiamento nella strategia degli Stati Uniti sul Venezuela, ma anche della posizione di Maduro

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Un successo il primo evento della Scuola di Liberalismo – Rpiùnews.it


Un numeroso e attento pubblico ha partecipato al primo evento della nascente sezione abruzzese della Scuola di liberalismo della Fondazione Einaudi. A tenere a battesimo il primo ciclo di eventi, che prelude al primo vero e proprio “anno accademico”, prev

Un numeroso e attento pubblico ha partecipato al primo evento della nascente sezione abruzzese della Scuola di liberalismo della Fondazione Einaudi. A tenere a battesimo il primo ciclo di eventi, che prelude al primo vero e proprio “anno accademico”, previsto per il 2023, è stato il Presidente stesso della Fondazione Einaudi, l’avvocato Giuseppe Benedetto, che ha scelto Teramo per l’anteprima assoluta della presentazione del suo libro “Non diamoci del Tu: La separazione delle carriere”, arricchito dalla prefazione del ministro della Giustizia Carlo Nordio. All’incontro, hanno preso parte l’ex senatore Paolo Tancredi, l’ex vicepresidente del Consiglio Regionale Paolo Gatti e Andrea Davola, ricercatore della Fondazione Einaudi e autore della postfazione. A moderare il dibattito Rosita Del Coco, docente di Diritto Processuale Penale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Teramo.

Tema dell’incontro, introdotto dal Presidente della Fondazione Einaudi in Abruzzo, Alfredo Grotta, è stato quello che la stessa professoressa Del Coco ha definito “il” tema della Giustizia italiana, ovvero la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e magistratura giudicante.

In Italia magistrati requirenti (Pubblici ministeri) e magistrati giudicanti (giudici di Tribunale e Corti) appartengono alla stessa carriera, nel senso che sono selezionati da un unico concorso e dei loro trasferimenti e dei loro procedimenti disciplinari si occupa il Consiglio superiore della magistratura. Una “parentela” come qualcuno l’ha definita che, nei fatti, rende impari il rito processuale, e contro questa disparità la Fondazione Einaudi, e nel dettaglio il libro del Presidnete Benedetto, invoca una necessaria riforma.

Anche portando testimonianze di vita personale, i relatori, e in particolare Paolo Gatti e Paolo Tancredi, hanno sottolineato l’evidente differenza esistente tra la “teoria e la pratica”, ovvero tra la legge scritta e la prassi quotidiana, tra quello che impone la Costituzione e quello che accade nei Tribunali. Qualcosa, è stato ricordato, sta cambiando, visto che la riforma Cartabia prevede una riduzione dei passaggi di funzioni da 4 a 1, ma è una soluzione che non ha eliminato la questione dal dibattito politico e che, proprio partendo dalla Scuola di Liberalismo in Abruzzo, la Fondazione Einaudi ripropone con grande forza alla platea dei cittadini.

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MONDIALI IN QATAR. I tifosi arabi stanno con i palestinesi. I governi con Israele


Il grande gap tra i leader arabi del Golfo e i popoli: i primi si godono gli Accordi di Abramo con lo Stato ebraico, i secondi tifano per la Palestina. E boicottano Tel Aviv L'articolo MONDIALI IN QATAR. I tifosi arabi stanno con i palestinesi. I governi

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 28 novembre 2022 – Tra proteste per le morti sui cantieri degli stadi e lo sfruttamento dei manovali stranieri in Qatar, le polemiche per il mancato sostegno della Fifa ai diritti Lgbt+ e ai diritti umani nel Golfo, senza dimenticare l’inno non cantato e poi cantato dai calciatori della nazionale iraniana e altro ancora, questi Mondiali si stanno rivelando i più politicizzati della storia del calcio. Saranno però ricordati anche come la prova del fallimento di uno degli obiettivi degli Accordi di Abramo del 2020 tra Israele e quattro paesi arabi: integrare la popolazione dello Stato ebraico nella regione e far dimenticare i diritti dei palestinesi sotto occupazione. Invece le intese firmate di due anni fa confermano di aver rappresentato solo una ridefinizione dell’ordine regionale in senso anti-Iran e un accordo strategico tra governi. I cittadini arabi, o almeno i tifosi giunti in Qatar, non sembrano aver cambiato opinione su Israele e i diritti dei palestinesi.

È ancora vivo il ricordo della soddisfazione espressa a giugno, dopo mesi di colloqui con la Fifa, dai leader israeliani sul via libera all’ingresso in Qatar dei tifosi dello Stato ebraico con voli diretti Tel Aviv – Doha. «L’amore per il calcio e lo sport collega persone e Stati e la Coppa del Mondo ci apre una nuova porta per stringere legami», commentò l’allora ministro degli esteri israeliano Yair Lapid. I fatti lo smentiscono. La normalizzazione nelle strade non c’è stata, perché, saranno cambiate tante cose in Medio oriente in questi decenni e negli ultimi anni, ma i cittadini arabi conoscono quello che accade ogni giorno nei Territori palestinesi occupati. E forse, anche per questo, l’Arabia saudita, il peso massimo arabo, esita ad unirsi agli Accordi di Abramo e preferisce tenere dietro le quinte le relazioni che ha allacciato con Israele.

Non sorprende perciò che i giornalisti israeliani in Qatar stiano facendo una fatica enorme per intervistare i tifosi arabi che, con buone e brutte maniere, si allontanano da loro. Sui social circolano video di tifosi arabi che scappano via, spesso inneggiando alla Palestina, non appena si rendono conto di essere stati avvicinati da giornalisti e operatori di tv israeliane. «Speriamo che, dopo la Coppa del Mondo, chiudano la rotta aerea (Tel Aviv – Doha, ndr) – si è augurato Khaled al Omri, un saudita, parlando con la Reuters. «Certo – ha aggiunto – la maggior parte dei paesi del mondo arabo procede verso la normalizzazione ma questo avviene perché la maggior parte di essi non ha governanti che ascoltano la loro gente». Parole ripetute da altri tifosi arabi presenti a Doha, ben lontane da quelle del comunicato diffuso dal Dipartimento di Stato Usa che ha descritto i voli diretti tra Israele e Qatar «promettenti per il rafforzamento dei legami interpersonali e le relazioni economiche».

Espliciti sono stati in modo particolari alcuni tifosi libanesi. Le loro dichiarazioni hanno fatto il giro del web. Avvicinati da un giornalista della rete israeliana Canale 12, che precisa subito di venire da Israele, si allontanano scuotendo la testa, quindi si rivolgono al giornalista: «Israele non esiste – gli dice uno tifosi – si chiama Palestina». Certo il Libano era e resta in stato di guerra con Israele ma anche Asil Sharayah, un giovane giunto dalla Giordania, che invece con Israele ha un trattato di pace dal 1994, ha escluso di poter parlare con israeliani: «Le loro politiche stanno chiudendo la porta a qualsiasi opportunità per maggiori legami tra i paesi». Altri tifosi arabi hanno anche cantato «Con l’anima e il sangue, ci sacrifichiamo per la Palestina». I palestinesi ringraziano. Ai Mondiali la loro nazionale non c’è ma l’appoggio dei tifosi arabi è una boccata d’ossigeno. A Gaza il tifo è tutto per il Qatar, paese che dal 2013 ha donato a questo lembo di terra sotto blocco israeliano oltre un miliardo di dollari. Pagine Esteri

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Fondazione Einaudi, con il tema Giustizia avviate le lezioni della 1^ edizione della Scuola di Liberalismo in Abruzzo – ekuonews.it


TERAMO – Nella Sala Convegni dell’Hotel Abruzzi, primo appuntamento con la scuola di Liberalismo della Fondazione Einaudi. Nel porre in evidenza l’importante tradizione vantata, è stato dato il la al ciclo di lezioni che, nei fatti, costituirà essere la p

TERAMO – Nella Sala Convegni dell’Hotel Abruzzi, primo appuntamento con la scuola di Liberalismo della Fondazione Einaudi. Nel porre in evidenza l’importante tradizione vantata, è stato dato il la al ciclo di lezioni che, nei fatti, costituirà essere la prima edizione della Scuola di Liberalismo in Abruzzo.

Sotto l’egida einaudiana “giustizia non esiste là ove non vi è libertà”, è stato affrontato proprio il tema sul grande tema ed è stato presentato il libro, con la prefazione del neo Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, “Non diamoci del Tu: La separazione delle carriere” dell’Avv. Giuseppe Benedetto, Presidente della Fondazione Luigi Einaudi.

All’incontro, con l’autore, hanno preso parte Paolo Tancredi e Paolo Gatti; il dibattito è stato moderato da Rosita Del Coco, docente di Diritto Processuale Penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Teramo.

Il comunicato ufficiale: Un numeroso e attento pubblico ha partecipato ieri pomeriggio al primo evento della nascente sezione abruzzese della Scuola di liberalismo della Fondazione Einaudi. A tenere a battesimo il primo ciclo di eventi, che prelude al primo vero e proprio “anno accademico”, previsto per il 2023, è stato il Presidente stesso della Fondazione Einaudi, l’avvocato Giuseppe Benedetto, che ha scelto Teramo per l’anteprima assoluta della presentazione del suo libro “Non diamoci del Tu: La separazione delle carriere”, arricchito dalla prefazione del ministro della Giustizia Carlo Nordio. All’incontro, hanno preso parte l’ex senatore Paolo Tancredi, l’ex vicepresidente del Consiglio Regionale Paolo Gatti e Andrea Davola, ricercatore della Fondazione Einaudi e autore della postfazione. A moderare il dibattito Rosita Del Coco, docente di Diritto Processuale Penale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Teramo.

Tema dell’incontro, introdotto dal Presidente della Fondazione Einaudi in Abruzzo, Alfredo Grotta, è stato quello che la stessa professoressa Del Coco ha definito “il” tema della Giustizia italiana, ovvero la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e magistratura giudicante. In Italia magistrati requirenti (Pubblici ministeri) e magistrati giudicanti (giudici di Tribunale e Corti) appartengono alla stessa carriera, nel senso che sono selezionati da un unico concorso e dei loro trasferimenti e dei loro procedimenti disciplinari si occupa il Consiglio superiore della magistratura. Una “parentela” come qualcuno l’ha definita che, nei fatti, rende impari il rito processuale, e contro questa disparità la Fondazione Einaudi, e nel dettaglio il libro del Presidente Benedetto, invoca una necessaria riforma.

Anche portando testimonianze di vita personale, i relatori, e in particolare Paolo Gatti e Paolo Tancredi, hanno sottolineato l’evidente differenza esistente tra la “teoria e la pratica”, ovvero tra la legge scritta e la prassi quotidiana, tra quello che impone la Costituzione e quello che accade nei Tribunali. Qualcosa, è stato ricordato, sta cambiando, visto che la riforma Cartabia prevede una riduzione dei passaggi di funzioni da 4 a 1, ma è una soluzione che non ha eliminato la questione dal dibattito politico e che, proprio partendo dalla Scuola di Liberalismo in Abruzzo, la Fondazione Einaudi ripropone con grande forza alla platea dei cittadini.

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#NotiziePerLaScuola

È disponibile il numero 100 della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



La riforma Cartabia (per ora) non si tocca – editorialedomani.it


La settimana “giudiziaria” è stata caratterizzata da un giro di incontri del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che sta prendendo contatti con tutte le rappresentanze del mondo della giustizia. Politicamente, la linea del ministro sembra quella di co

La settimana “giudiziaria” è stata caratterizzata da un giro di incontri del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che sta prendendo contatti con tutte le rappresentanze del mondo della giustizia. Politicamente, la linea del ministro sembra quella di conservare l’impianto riformatore della riforma Cartabia, che entrerà in vigore per il penale a fine anno. Tuttavia, nel rispetto del programma di centrodestra, Fratelli d’Italia ha già dato segnali di voler mettere mano ad alcune questioni nel comparto giustizia, anche intervenendo sulle misure approvate nella passata legislatura.

La prossima settimana, tuttavia, arriveranno chiarimenti direttamente dal ministro Nordio, che presenterà le linee guida del suo ministero davanti alle camere.

Sul fronte dei contributi, in questa edizione trova spazio l’intervento del professor Andrea Morrone, che esamina il metodo comunicativo della Corte costituzionale, alla luce delle ultime pronunce. Proprio di questo si parlerà a un convengo di diritto costituzionale, organizzato dalla rivista Quaderni costituzionali a Bologna e che è possibile seguire in diretta streaming su Radioradicale.

LA RIFORMA CARTABIA

«La riforma Cartabia entrerà in vigore così com’è: ci potrà essere qualche ulteriore slittamento di qualche sua piccola parte, ma non si può pensare di ritrattare la normativa con la Commissione Europea: abbiamo già avuto tranche di finanziamento», parola del viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto.

In realtà, l’intenzione filtrata da Fratelli d’Italia è che la riforma sia oggetto di una sorta di restyling nel 2023, una volta affrontate le emergenze di fine anno. Tuttavia, la stella polare di ogni intervento deve essere il Pnrr, di cui la riforma è attuazione.

Tra le certe riforme che questo governo metterà in cantiere c’è però quella dell’ordinamento giudiziario (nella passata legislatura si è approvata anche questa, ma in gran parte si tratta di una legge delega di cui mancano i decreti attuativi). Proprio di questo parlerà il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che sarà con l’ex giudice costituzionale Sabino Cassese e l’ex presidente delle Camere penali, Beniamino Migliucci, in occasione della presentazione del libro “Non diamoci del tu” di Giuseppe Benedetto, Presidente della Fondazione Luigi Einaudi, il 30 novembre prossimo.

Il giorno successivo, 1 dicembre, invece, il ministro sarà davanti al parlamento per presentare le linee guida del suo ministero.

RICOMINCIA L’ITER DELL’EQUO COMPENSO

«L’avvocatura chiede espressamente che il governo tenga conto delle priorità più volte rappresentate: prima tra tutte l’approvazione della legge sull’equo compenso», è stata la richiesta della presidente del Cnf, Maria Masi, al viceministro Sisto e al sottosegretario alla Giustizia, Andrea Ostellari.

Detto fatto, il disegno di legge sull’equo compenso, approvato all’unanimità nella scorsa dalla Camera e dalla Commissione Giustizia del Senato e non approvato in via definitiva a causa della fine anticipata della legislatura, ha ricominciato il proprio iter legislativo in commissione Giustizia di Montecitorio. Il consenso è stato unanime nel procedere in modo spedito.

NORDIO INCONTRA IL CNF E L’ANM

Il ministro Nordio, dopo aver incontrato informalmente il Csm uscente, ha ricevuto una delegazione del Consiglio nazionale forense composta dalla presidente Maria Masi, insieme a una delegazione del Cnf composta dalla vicepresidente Patrizia Corona, dalla segretaria Rosa Capria e dal tesoriere Giuseppe Iacona.

L’avvocatura istituzionale gli ha sottoposto alcune direttrici di intervento: la necessità di intervenire sulle riforme approvate e in itinere per correggere alcune evidenti criticità e per garantire l’effettività dell’esercizio di difesa; il rafforzamento del ruolo e delle funzioni degli avvocati nei consigli giudiziari e a un loro maggiore coinvolgimento anche nell’organizzazione dei tribunali e negli uffici ministeriali.

Nell’incontro con la giunta dell’Anm, invece, sono stati segnalati alcuni interventi ritenuti più urgenti per assicurare piena funzionalità al servizio giustizia. In particolare, si è discusso di alcune criticità della nuova disciplina sull’udienza cartolare, prevista per il rito civile, e l’Anm ha espresso le sue preoccupazioni per le gravi scoperture degli organici del personale amministrativo.

GIUSTIZIA E POLITICA

Forza Italia spinge politicamente perchè venga istituita una commissione parlamentare d’inchiesta sull’uso politico della giustizia. La proposta, che era stata avanzata anche nella passata legislatura, muove dallo scandalo Palamara ed è stata sollecitata dal vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè, anche in seguito all’assoluzione di Silvio Berlusconi in uno dei filoni del processo Ruby ter.

I LAICI DEL CSM

In attesa della data del 13 dicembre, quando il parlamento si riunirà in seduta comune per eleggere i consiglieri laici del nuovo Csm, stanno arrivando le prime candidature.

Secondo il regolamento della Camera approvato nelle settimane scorse, per rispettare il principio di trasparenza imposto dalla riforma Cartabia, gli aspiranti laici devono candidarsi ufficialmente in proprio o su proposta di 10 parlamentari.

A questo link è possibile accedere all’elenco di tutti gli autocandidati: i partiti, infatti, non hanno ancora presentato nessun nome ed è probabile che scopriranno le loro carte solo negli ultimi giorni. Per ora, i nomi che spiccano sono quelli dell’avvocato delle cause contro il Movimento 5 Stelle, Lorenzo Borrè, l’ex avvocato di Silvio Berlusconi, Gaetano Pecorella, l’avvocato e professore Massimiliano Marotta e ex candidato alla Camera in Campania per Noi moderati

A questo proposito, va ricordato che il regolamento lascia irrisolta la questione della parità di genere, perchè fissa solo principi ordinatori.

LA MAGISTRATURA ONORARIA IN AGITAZIONE
«La magistratura onoraria aspetta da troppo, oltre 20 anni, non c’è piu’ tempo: i colleghi si ammalano e ci lasciano senza diritto a nulla, i colleghi amministrano il 60% della Giustizia pagati in modo indecente, i colleghi hanno una ridicola indennità ferma da inizio millennio, mentre l’apporto chiesto e fornito è esponenziale», si legge nel documento della Consulta della magistratura onoraria, sottolineando che «preoccupano non poco le recenti esternazioni del Presidente del Consiglio, su una manovra finanziaria a saldi invariati, con un rinvio anche delle storiche rivendicazioni’, da riprendere in un secondo momento».

La questione è aperta ormai da anni e l’Italia è stata ammonita anche a livello europeo, per cui un intervento è necessario anche al fine di scongiurare la procedura di infrazione con possibili ripercussioni sui fondi del Pnrr.

ITER SUL DL ANTI-RAVE

Inizia l’iter di conversione del decreto legge del 31 ottobre, che contiene la norma cosiddetta anti-rave, che è stata fortemente criticata anche da parti della stessa maggioranza che ha approvato il testo.

Le critiche riguardano in particolare l’indeterminatezza della condotta prevista dal reato e la pena, da 3 a 6 anni, che permette l’utilizzo delle intercettazioni come mezzo di ricerca della prova.

Il dl è stato incardinato in commissione Giustizia al Senato, dove sono stati ascoltati già alcuni esperti che hanno ribadito le osservazioni critiche. Entro giovedì 24 si chiuderà la discussione generale, il termine per la presentazione degli emendamenti è stato fissato a lunedì 28 novembre alle ore 12. Nella seduta di martedì 29 sono previsti l’illustrazione degli emendamenti e i pareri. Mercoledì 30 novembre si voteranno gli emendamenti.

E’ possibile che un emendamento venga depositato anche dal governo, per scongiurare nuovi strascichi di polemiche. Dentro la maggioranza, Forza Italia ha annunciato che – in mancanza di un intervento dell’esecutivo – depositerà emendamenti modificativi.

IL CASO DI NASRIN SOTOUDEH

In queste settimane di scontri in Iran e di mobilitazioni internazionali per i diritti delle donne nel paese, torna l’attenzione sul caso di Nasrin Sotoudeh, l’avvocata iraniana in prima linea nella lotta per i diritti umani e sostenuta nella sua battaglia dal Consiglio nazionale forense e dall’Associazione avvocati giuslavoristi italiani.

Nel 2017, a causa della sua attività professionale, resa anche in difesa di donne e uomini accusati di attività sovversive dal regime iraniano, è stata condannata a 38 anni di carcere, pena dapprima ridotta a 27 anni e poi aumentata di 5 anni, cui sono stati aggiunti 148 colpi di frusta. Nasrin ha scontato 3 anni di carcere per poi,a causa delle sue precarie condizioni di salute, ha ottenuto il ricovero ospedaliero e poi i domiciliari. A lei è stato attribuito il premio internazionale “Ipazia” dedicato all’eccellenza femminile, con premiazione che si terrà a Genova in occasione della Giornata mondiale dei Diritti dell’Uomo.

ANCORA SUL CASO LOGGIA UNGHERIA

Si è svolta l’udienza preliminare del processo per calunnia all’ex segretaria di Piercamillo Davigo, Marcella Contrafatto. L’indagata è accusata di essere il “corvo” del Csm che inviò in forma anonima i verbali di Piero Amara sulla loggia Ungheria alle redazioni del Fatto Quotidiano, Repubblica e al consigliere Csm, Nino Di Matteo.

«La perizia grafologica disposta dal giudice ha escluso la riconducibilità alla mia assistita della lettera recapitata a Antonino Di Matteo che accompagnava il verbale di interrogatorio dell’avvocato Amara», ha detto al termine dell’udienza l’avvocata Alessia Angelini.

Contrafatto ha reso dichiarazioni spontanee, dicendo che «Quanto all’accusa che mi è stata rivolta voglio precisare ancora una volta che non conosco Francesco Greco, né ho mai avuto qualcosa da recriminare nei suoi confronti. Non ho inviato al dottor Di Matteo nessun interrogatorio e tanto meno lettere. Peraltro non avrei avuto necessità di spedire nulla, lavorando all’interno dello stesso edificio. Tantomeno ho mai telefonato alla dottoressa Milella (giornalista di Repubblica ndr). Il mio cellulare proprio perché intestato al CSM non aveva blocchi e mi è capitato più di una volta di lasciarlo incustodito sulla scrivania».

ANCORA CARENZE DI ORGANICO

Gli uffici giudiziari restano in una situazione di grave sofferenza per «le sempre crescenti scoperture di organico che presto, in mancanza di misure adeguate, arriveranno a quasi 2000 unità», ha detto il vicepresidente del Csm, David Ermini, chiedendo una modifica legislativa che riduca a un anno dagli attuali 18 mesi il tempo del tirocinio per i nuovi magistrati. L’ultimo conferimento di funzioni è della settimana scorsa, con 258 nuovi magistrati.

LA NOMINA DI AVVOCATO GENERALE DI CASSAZIONE

La sostituta pg di Cassazione, Rita Sanlorenzo, è stata nominata dal plenum del Csm avvocato generale presso la corte di Cassazione. A distanza di due anni dalla nomina di Margherita Cassano a presidente aggiunto della Corte, una donna arriva anche in uno dei ruoli di vertice della Procura generale.

Gli avvocati generali sono cinque: due nel servizio civile e tre nel servizio penale, con compiti di coordinamento e distribuzione delle udienze. Hanno funzioni direttive requirenti di legittimità, svolgono anche il servizio disciplinare forense (le funzioni requirenti nelle udienze giurisdizionali del Cnf, relative ai procedimenti disciplinari nei confronti degli avvocati, e nei procedimenti disciplinari a carico degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria) e sono responsabili per le relazioni con la Rete dei procuratori generali dell’Unione Europea.

Sanlorenzo, in passato leader di Magistratura democratica, è stata scelta all’esito di un ballottaggio con un’altra donna, l’ex consigliera del Csm Pina Casella.

CAMERA PENALE DI ROMA

L’avvocato Gaetano Scalise è il nuovo presidente della Camera Penale di Roma, vincendo con 261 voti di lista contro lo sfidante Fabrizio Merluzzi. In base al regolamento alla lista vincente vengono assegnati 6 consiglieri, all’altra quattro.

I membri del direttivo eletti sono: Giuseppe Belcastro (155 voti), Salvatore Sciullo (154), Cesare Gai (113), Domenico Naccari (122) Roberto Borgogno (109), Eleonora Piraino (97), Fabrizio Merluzzi (di diritto), Emma Tosi (99), Marina Lo Faro (84), Francesco Compagna (82).

IL CONGRESSO STRAORDINARIO DI AIGA
“Next Generation Lawyers. Protagonisti del cambiamento”: è questo il titolo del congresso straordinario dell’Associazione italiana giovani avvocati (Aiga), che si terrà il 25 e 26 novembre, a Bologna. Fra i partecipanti il viceministro e il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto e Andrea Delmastro Delle Vedove ed il presidente di Cassa forense Valter Militi, la conclusione dei lavori sarà affidata al presidente dell’Aiga, Francesco Paolo Perchinunno.

Domani

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Cina, Turchia e UE insidiano il primato russo in Asia Centrale (2a parte)


L'Unione Europea corteggia le repubbliche dell'Asia Centrale, approfittando della debolezza di Mosca. Mentre gli "stan" alzano la voce la Cina tenta il sorpasso sulla Russia L'articolo Cina, Turchia e UE insidiano il primato russo in Asia Centrale (2a pa

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 28 novembre 2022 – Negli ultimi anni e in maniera ancora più consistente negli ultimi mesi i legami economici tra Kazakistan e Cina sono cresciuti. In Pechino il Kazakistan – insieme al Turkmenistan– ha trovato una sponda per diversificare le esportazioni di gas e petrolio (estratti spesso da aziende russe) grazie alla realizzazione delle pipeline Asia Centrale-Cina e Kazakistan-Cina; in cambio delle forniture di idrocarburi all’energivoro gigante asiatico, le repubbliche centrasiatiche hanno ottenuto decine di miliardi di investimenti e l’accesso delle proprie merci all’enorme mercato cinese.

Il Kazakistan guarda a Pechino e non solo
La dichiarazione congiunta Cina-Kazakistan seguita al vertice di settembre pone le basi per un ulteriore sviluppo della cooperazione economica nei settori dell’energia e delle infrastrutture.

Dopo l’indipendenza raggiunta all’atto dello scioglimento dell’Unione Sovietica, il Kazakistan è stato inserito in tutti i progetti di integrazione promossi da Mosca, dalla Comunità degli Stati Indipendenti all’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, dall’Unione Economica Eurasiatica all’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva. Il presidente Tokayev, così come il suo predecessore Nazarbayev, è cosciente del fatto che il suo paese dipende ancora molto, soprattutto economicamente, dal potente vicino del nord. Ma nonostante il crescente nervosismo di Mosca, Astana continua a perseguire la diversificazione dei rapporti economici e politici internazionali, approfittando della sua posizione di snodo dei traffici tra est e ovest e delle sue ingenti risorse naturali.
Durante il suo ultimo viaggio negli Stati Uniti per partecipare all’Assemblea generale dell’Onu, Tokayev ha incontrato i rappresentanti di importanti multinazionali statunitensi, tra le quali Microsoft e General Electric. La Casa Bianca e tutto il fronte occidentale, ovviamente, osserva con interesse i movimenti di Astana.

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L’Unione Europea corteggia l’Asia CentraleEsortazioni ad ampliare lo stato di diritto e ad applicare riforme democratiche a parte, né gli Usa né l’UE hanno adottato alcuna sanzione contro il regime autocratico kazako neanche dopo la sanguinosa repressione – costata centinaia di morti – della rivolta del gennaio scorso contro Tokayev, sedata grazie all’intervento delle forze speciali russe.

In particolare, l’Unione Europea ha esplicitamente investito nel tentativo di diventare un attore geopolitico ed economico influente in Asia Centrale, cercando di intaccare lo storico primato russo.
L’UE ha decisamente puntato su Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, offrendo alle cinque repubbliche ex sovietiche partenariati regionali e internazionali, con l’obiettivo di aggiudicarsi crescenti forniture di idrocarburi utili a sostituire le esportazioni finora provenienti dalla Russia, trovare nuovi sbocchi commerciali, perorare l’isolamento di Moscaed evitare che a trarre vantaggio dall’indebolimento dell’influenza russa nell’area siano solamente Pechino e Ankara.
A tale scopo, alla fine di ottobre, il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel si è incontrato ad Astana con i leader dei cinque “stan”; poco prima, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen aveva avuto un incontro in videoconferenza con il presidente kazako Tokayev.
L’Unione Europea sta letteralmente corteggiando l’Asia Centrale, ed in particolare Kazakistan e Uzbekistan. Per ottenere lo scopo Bruxelles potrebbe investire parte dei 300 miliardi di euro messi a disposizione entro il 2027 nell’ambito del “Global Gateway”, un piano ideato per rappresentare l’alternativa europea alla Belt and Road Initiative di Pechino. L’UE punta a implementare la sua Rotta Internazionale di Trasporto trans-caspico o “Corridoio Mediano”, un sistema di trasporto delle merci via ferrovia e via nave che ha lo scopo di collegare l’Europa alla Cina aggirando il territorio russo attraverso Turchia, Azerbaigian e Kazakistan. Su questo progetto dei passi in avanti sono stati compiuti durante i colloqui di Samarcanda del 17 e 18 novembre tra i rappresentanti europei e quelli locali. «L’UE ha molto da offrire per aiutarvi a diversificare le vostre opzioni di politica estera» e a «sostenere i vostri sforzi di integrazione regionale» ha detto il capo della diplomazia europea Josep Borrell nel corso del suo intervento. «Noi siamo il più grande investitore in Asia centrale: quasi la metà degli investimenti cumulati nella regione – più del 40% – sono stati effettuati da imprese dell’UE» ha aggiunto Borrell.

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Josep Borrell a Samarcanda

Gli “stan” alzano la voce
Recentemente Astana e le altre capitali dell’Asia Centrale sono state al centro dell’intenso lavorio diplomatico e geopolitico accelerato dall’invasione russa dell’Ucraina. Alcuni degli eventi più importanti hanno anche rappresentato lo scenario all’interno del quale i leader di alcuni “stan” hanno pubblicamente tenuto testa, in maniera anche eclatante, alle pretese russe.

A settembre, durante il vertice della Sco di Samarcanda, il presidente kirghiso Sadyr Japarov ha lasciato che Vladimir Putin lo aspettasse per diversi minuti da solo, davanti alle telecamere, prima del previsto incontro bilaterale.
Al vertice della Comunità degli Stati Indipendenti del 14 ottobre ad Astana, invece, il presidente del Tagikistan Emomali Rahmon ha pubblicamente ammonito il capo del Cremlino a trattare gli stati dell’Asia Centrale con più rispetto. Il video del suo intervento, durante il quale ricorda a Putin che “non sono più i tempi dell’Unione Sovietica” e sollecita Mosca ad aumentare i suoi investimenti nel suo paese, è diventato virale.

I due episodi, inconcepibili fino a qualche mese fa, manifestano una crescente insofferenza da parte dei paesi dell’Asia Centrale nei confronti dell’influenza russa o, quantomeno, indicano che le difficoltà russe in Ucraina stanno convincendo i regimi dei vari “stan” ad alzare il prezzo della propria fedeltà a Mosca – comunque non più totale e incondizionata – allo scopo di ottenere maggiori investimenti e nuove concessioni.

La Cina apre i cordoni della borsaD’altronde il leader cinese Xi Jinping, quando si è recato in Uzbekistana metà settembre per prendere parte al vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, ha firmato con Tashkent accordi per 16 miliardi di dollari, quasi quattro volte il valore di quelli sottoscritti con Mosca (4,6 miliardi). Inoltre, nel 2021 la Cina ha superato la Russia come fonte principale di investimenti diretti esteri in Uzbekistan con 2,2 miliardi di dollari contro i 2,1 di Mosca.
A margine del vertice di Samarcanda, poi, l’Uzbekistan ha firmato, con la Cina e il Kirghizistan, uno storico accordo da 4,5 miliardi per la realizzazione di una ferrovia che colleghi i tre paesi e che sia in grado di trasportare più rapidamente le merci (in particolare quelle di Pechino) verso occidente bypassando il territorio russo.
Il presidente Shavkat Mirziyoyev, al potere dal 2016, accentua così l’autonomia da Mosca di un paese che non fa parte né dell’Unione Economica Eurasiatica – guidata dalla Russia – né dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva.
Oltre che a Pechino, Tashkent cerca sponde ad Ankara: il 29 marzo, nel corso di una visita di Erdogan nel paese, i ministri della Difesa uzbeko e turco hanno firmato un accordo per lo sviluppo della cooperazione militare.

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Reparti della CSTO

La “Nato russa” vacilla?
Uno degli strumenti di influenza russa in Asia Centrale che sembra perdere più mordente sembra essere quello di carattere militare, che pure Mosca ha utilizzato con successo a gennaio per evitare la caduta del regimie kazako inviando nel paese le truppe del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), alleanza che riunisce Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan.
Quando però nel settembre scorso le forze armate azerbaigiane, sostenute dalla Turchia, hanno aggredito la Repubblica Armena – e non più solo l’enclave del Nagorno-Karabakh – il CSTO ha mostrato tutti i suoi limiti. Non solo Mosca non è riuscita ad impedire preventivamente l’aggressione, nonostante la presenza sul campo di migliaia di soldati russi in veste di peacekeepers, ma ha faticato molto a bloccare le forze azere. Infine alla richiesta, da parte di Erevan, di intervento delle truppe dell’alleanza per proteggere l’integrità territoriale dell’Armenia sulla base dell’articolo 4 del trattato, Mosca ha risposto picche, nonostante tra la Russia e il piccolo paese esista anche un’alleanza militare diretta.
Neanche gli altri membri del CSTO, d’altronde, hanno dimostrato particolare entusiasmo per l’intervento, viste le crescenti relazioni economiche e militari intrattenute con l’Azerbaigian e la Turchia. L’atteggiamento di Mosca ha provocato delusione e sdegno in Armenia, il cui governo si è rivolto agli Stati Uniti (che hanno inviato a Erevan Nancy Pelosi) e a Bruxelles.
Per di più il Ministro della Difesa kazako Mukhtar Tleuberdi ha affermato che il paese intendeva abbandonare il patto militare, anche se poi è stato smentito dal presidente Tokayev.
Infine, sempre a settembre gli eserciti di due membri del CSTO – Tagikistan e Kirghizistan – si sono duramente scontrati per il controllo di estese aree di confine oggetto di una contesa che dura da decenni. Anche in questo caso Mosca ha faticato a convincere i contendenti a cessare il fuoco, l’ennesimo segnale che la tenuta della cosiddetta “Nato russa” scricchiola.

La Russia perde terreno
Ovviamente, nonostante la crescita dell’influenza di alcuni dei suoi competitori nell’area, la presa della Russia sull’Asia Centrale è ancora prevalente, grazie alla sua diffusa presenza militare diretta e alla dipendenza delle economie locali da quella di Mosca. Ad esempio, le rimesse inviate in patria dai propri emigrati in Russia rappresentano circa il 30% del prodotto interno lordo di Kirghizistan e Tagikistan.
Però sembra che la situazione determinata dall’avventura bellica in Ucraina abbia provocato un allentamento – occorrerà vedere se temporaneo o meno – del controllo russo sull’Asia Centrale a favore soprattutto della Cina, ma anche della Turchia. Se negli ultimi decenni la competizione sino-russa nell’area aveva portato a una relativa divisione dei ruoli – lo sceriffo russo deteneva il controllo militare e politico mentre la Cina sviluppava la propria influenza economica e commerciale – le recenti evoluzioni geopolitiche stanno avvantaggiando Pechino anche come interlocutore politico strategico dei diversi “stan”.
In prospettiva, inoltre, anche le attenzioni europee e statunitensi potrebbero dare dei grattacapi a Mosca, che allo stato rimane il principale attore della scena centrasiatica ma che potrebbe presto subire l’ascesa della potenza di Pechino nel suo tradizionale cortile di casa. – Pagine Esteri

3914004* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora anche con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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#uncaffèconluigieinaudi – Nelle industrie, le quali secondano il genio e le attitudini naturali di un paese…


Nelle industrie, le quali secondano il genio e le attitudini naturali di un paese, agli iniziali sacrifici ed alle prime incertezze non può mancare in seguito un progresso sicuro e promettente da Corriere della Sera, 16 gennaio 1909 L'articolo #uncaffèco
Nelle industrie, le quali secondano il genio e le attitudini naturali di un paese, agli iniziali sacrifici ed alle prime incertezze non può mancare in seguito un progresso sicuro e promettente


da Corriere della Sera, 16 gennaio 1909

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