Fr.#17 / Informazione e disinformazione (2+2=5)
Twitter fa un passo indietro sulla “disinformazione covid”
Allo stesso tempo, Twitter ci informa che dal 23 novembre 2022 non sono più in vigore le politiche contro la “disinformazione” sul covid. Quali erano queste politiche? Beh, ad esempio:
“Statements which are intended to influence others to violate recommended COVID-19 related guidance from global or local health authorities to decrease someone’s likelihood of exposure to COVID-19, such as: “social distancing is not effective,” or “now that it’s summertime, you don’t need a mask anymore, so don’t wear your mask!”
Difficile pensare che una tale censura possa essere ragionevole, considerando quanto sono cambiate le raccomandazioni governative negli ultimi due anni e quanto queste fossero differenti anche a seconda dello stato. Inoltre, sappiamo tutti ormai che erano proprio alcune (molte) indicazioni ufficiali ad essere totalmente infondate. Un esempio:
Contestare raccomandazioni ufficiali palesemente infondate è disinformazione? Secondo queste politiche, sì. Ma vediamo un altro esempio di politica anti-disinformazione:
Description of harmful treatments or preventative measures which are known to be ineffective or are being shared out of context to mislead people, such as “drinking bleach and ingesting colloidal silver will cure COVID-19.”
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Anche qui il problema è che tutte le (dis)informazioni sono uguali, ma alcune sono più uguali di altre. Ecco qui un esempio di chiara disinformazione che ha certamente messo a rischio la salute di milioni di persone, pensando di essere immuni solo per avere in tasca un QR code:
Qualcuno ha censurato Draghi o Sileri? Nah. Perché il punto è proprio questo: la lotta alla disinformazione è lotta alle fonti d’informazione non autorevoli. Non c’è in gioco la “verità” ma il rispetto dell’autorità e il controllo delle informazioni — a prescindere dalla loro veridicità.
Il Regolamento Europeo chiamato Digital Services Act, da poco entrato in vigore, lo dimostra: tra le misure contro i contenuti illegali c’è infatti il potenziamento della visibilità delle “fonti ufficiali” online e l’oscuramento di fonti non ufficiali.
Google investe nei fact-checker
In direzione completamente opposta, il 29 novembre Google ha annunciato l’inizio di un nuovo programma per affrontare la “disinformazione” online. In partnership con YouTube, lo European University Institute e la Calouste Gulbenkian Foundation organizzeranno un gruppo di lavoro che coinvolgerà più di 900 persone rappresentative di diversi settori: politica, ONG, media, accademia, settore tecnologico. Insieme, cercheranno di trovare nuovi modi per combattere proattivamente la disinformazione online.
Oltre a questa iniziativa, doneranno 13 milioni di dollari all’ International Fact-Checking Network (IFCN) per supportare le 135 agenzie di “fact-checking” in tutto il mondo.
È davvero difficile pensare che un progetto del genere possa portare a qualcosa di buono, considerando che da poco Google ha avviato una partnership con le Nazioni Unite per censurare i risultati di ricerca non allineati con la “scienza ufficiale”: "We own the science, and we think that the world should know it, and the platforms themselves also do.”
Ci stiamo pericolosamente avvicinando a quel momento in cui chi oserà sostenere che 2+2=4, contro le indicazioni dell’autorità, sarà identificato e censurato come un pericoloso sovversivo.
Meme del giorno
Citazione del giorno
“One of the strangest phenomena of our time, and one that will probably be a matter of astonishment to our descendants, is the doctrine which is founded upon this triple hypothesis: the radical passiveness of mankind,— the omnipotence of the law,—the infallibility of the legislator: this is the sacred symbol of the party that proclaims itself exclusively democratic.”
Frédéric Bastiat
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CISGIORDANIA. 5 palestinesi uccisi. Lapid chiede di fermare la Corte Penale Internazionale
di Michele Giorgio –
Pagine Esteri, 30 novembre, 2022 – Giunto ai suoi ultimi giorni da primo ministro, Yair Lapid ha inviato una lettera a più di 50 capi di stato e di governo in cui esorta a fermare i palestinesi intenzionati a sollecitare le Nazioni unite ad applicare la risoluzione approvata all’inizio di novembre che chiede il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia sull’occupazione militare israeliana, la colonizzazione ebraica e i piani di annessione allo Stato ebraico del territorio palestinese. Secondo Lapid sarebbe in atto «uno sforzo concertato contro Israele, per screditare le legittime preoccupazioni degli israeliani sulla sicurezza e per delegittimare l’esistenza» dello Stato ebraico.
Il premier israeliano uscente, un paio di mesi fa, si era detto a favore della soluzione a Due Stati (Israele e Palestina). Ma questa soluzione non potrà mai essere realizzata se prima non avrà termine l’occupazione militare israeliana dei territori di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est cominciata nel 1967. Occupazione presente in ogni momento dell’esistenza degli occupati e che ha colpito anche ieri: quattro palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano durante incursioni in Cisgiordania alla ricerca, afferma Tel Aviv, di «sospetti terroristi». A Kafr Ein sono stati uccisi due fratelli, Zafer e Jawad Rimawi. A Beit Ummar (Hebron) è stato colpito a morte Mufid Khalil. Il poliziotto dell’Anp Raed al Naasan è stato ucciso durante scontri nel villaggio di Al Mughayer (Ramallah).
I funerali di due dei cinque palestinesi uccisi, foto WAFA
Un quinto palestinese, Rani Fayez, è stato ucciso a Betunia dopo che, stando al bollettino diffuso dal portavoce dell’esercito, aveva investito intenzionalmente con la sua automobile e ferito gravemente una soldatessa israeliana appena uscita da un parcheggio. Inseguito, Fayez è morto sotto i colpi d’arma da fuoco sparati dalla polizia israeliana. Il portavoce militare ha spiegato le uccisioni come atti di «legittima difesa». Diverso il giudizio dei palestinesi della Cisgiordania. Il primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Muhammad Shtayyeh ha definito «un crimine atroce» l’uccisione dei due fratelli. «Siamo di fronte a una escalation – ha detto – che porta il presagio di grandi pericoli». «Con la continua dichiarazione di guerra al nostro popolo, chiediamo ai paesi del mondo di intervenire con urgenza per fermare e frenare la macchina per uccidere israeliana».
L’escalation di questi ultimi giorni, segnati anche da un attentato a Gerusalemme Ovest in cui sono morti due israeliani, rischia di aggravarsi nelle prossime settimane quando la palla passerà al nuovo governo di estrema destra che sta formando Benyamin Netanyahu. Preoccupa più di tutto l’incarico di futuro ministro della Pubblica Sicurezza, con poteri speciali, assegnato a Itamar ben Gvir, il leader del partito razzista Otzmah Yehudit. Stando ai media israeliani i comandi militari hanno avvertito Netanyahu che la situazione potrebbe precipitare in una terza Intifada palestinese se ci saranno provocazioni da parte dei suoi ministri ultranazionalisti.
Nella regione intanto cresce il rischio di una nuova guerra. Manovre aeree che simuleranno attacchi contro le centrali nucleari iraniane sono state avviate ieri dalle aviazioni militari di Israele e Stati Uniti. Si tratta di una delle esercitazioni congiunte più ampie ed impegnative degli ultimi anni. Pagine Esteri
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Cina, Turchia e UE insidiano il primato russo in Asia Centrale (1a parte)
di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 24 novembre 2022 – Nei giorni scorsi, il Tagikistan – che pure è il paese dell’Asia centrale forse più legato a Mosca – ha firmato un accordo con la Repubblica Popolare Cinese che prevede l’organizzazione di esercitazioni militari congiunte “antiterrorismo” ogni due anni. L’intesa rafforza e stabilizza la cooperazione tra i due paesi in materia militare, dopo le esercitazioni congiunte già realizzate sporadicamente in passato.
Si tratta dell’ultimo segnale di un aumento dell’influenza di Pechino nelle ex repubbliche sovietiche che, per motivi storici, culturali, economici e militari, hanno a lungo rappresentato il cortile di casa di Mosca dopo lo scioglimento dell’URSS.
La penetrazione militare cinese in TagikistanNell’area la Federazione Russia gode di un primato militare ancora forte, controllando le basi di Baikonur, Sary-Shagan e Balkhash in Kazakistan, la base aerea di Kant in Kirghizistan e l’installazione di Dushambe in Tagikistan. Ma stando a voci via via confermate, già dal 2016 la Cina ha realizzato una struttura militare in un’area dell’est del Tagikistan vicina al turbolento confine con l’Afghanistan. Le autorità tagike hanno sempre negato la circostanza, ma recentemente il quotidiano locale “Asia-Plus” ha nuovamente confermato, citando fonti militari, la costruzione del sito – grazie a fondi cinesi – che avrebbe dovuto essere utilizzato esclusivamente dalle forze di Dushambe. Secondo la testata, non solo i militari di Pechino avrebbero nel frattempo iniziato a utilizzare la base nella regione di Gorno-Badakhshan, ma avrebbero realizzato in Tagikistan tre centri di comando, cinque avamposti in prossimità della frontiera e un centro di addestramento. Già nel 2020 il dipartimento della Difesa di Washington, riferendosi proprio al Tagikistan, rilevava come Pechino stesse «cercando di stabilire infrastrutture più consistenti all’estero per consentire al suo esercito di proiettarsi a più elevate distanze». Nell’ottobre del 2021, del resto, lo stesso governo di Dushambe aveva annunciato la costituzione da parte della Cina di guarnigioni fisse per le unità di intervento rapido nel villaggio di Vakhon.
L’invasione dell’Ucraina spaventa l’Asia centrale
L’espansione cinese in Asia Centrale è un processo, lento ma senza interruzioni, che risale quanto meno al 2013, con l’avvio da parte di Pechino del gigantesco progetto infrastrutturale denominato “Belt and Road Initiative” o “Nuova Via della Seta”.
L’aggressione russa dell’Ucraina e le difficoltà incontrate dalle forze armate di Mosca nel paese invaso hanno accelerato – per motivi opposti – il distanziamento delle cinque repubbliche ex sovietiche. I regimi locali temono che lo sciovinismo russo, incarnato dalla dottrina del “Russkij Mir” che guida la strategia del Cremlino, possa presto rappresentare una minaccia diretta per paesi che ospitano una quota consistente di popolazione russa o russofona. Al tempo stesso, i rovesci militari di Mosca in Ucraina orientale hanno appannato l’aura di invincibilità di cui godeva finora l’Armata Russa.
Il Kazakistan, enorme e ricchissimo paese scelto dalla Cina per lanciare la sua iniziativa egemonica verso ovest, è il paese che più si sta allontanando da Mosca.
Il Kazakistan si allontana da Mosca
A gennaio le truppe dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), alleanza militare guidata da Mosca che include sei repubbliche ex sovietiche, salvarono il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev da una violenta ribellione. Il grosso dei 2500 soldati intervenuti a sedare nel sangue la rivolta – i morti furono alcune centinaia – apparteneva alla 45a brigata dell’esercito russo.
Ma l’invasione russa dell’Ucraina ha convinto Tokayev a continuare a prendere le distanze da Mosca e a cercare nuovi partner a livello internazionale. Il presidente vuole trasformare il Kazakistan in uno dei 30 paesi più sviluppati del mondo, forte di un enorme territorio ricco di idrocarburi, carbone e uranio e quindi assai appetibile per gli investitori internazionali.
Il governo kazako non ha mai espresso né sostegno né comprensione nei confronti dell’operazione militare russa contro Kiev; inoltre, Astana non ha riconosciuto l’indipendenza delle repubbliche del Donbass ed ha da subito implementato le sanzioni finanziarie, economiche e commerciali internazionali contro Mosca, mossa che ha irritato notevolmente il Cremlino. Alcuni media russi hanno infatti accusato Tokayev di aver addirittura inviato armi a Kiev tramite una triangolazione con Londra e Amman.
Astana ha annullato la parata del 9 maggio – il Giorno della Vittoria – per evitare ogni possibile sovrapposizione con la propaganda russa sulla “denazificazione dell’Ucraina”. Nelle ultime settimane, inoltre, il governo ha iniziato l’iter per consolidare la diffusione e l’utilizzo della lingua nazionale e limitare quelle del russo, ampiamente utilizzato nella scuola e nell’amministrazione pubblica nonché parlato da milioni di cittadini. Secondo vari osservatori, con la scusa di redistribuire in maniera razionale la forza lavoro, le autorità di Astana starebbero costringendo molti cittadini kazaki che tornano in patria dall’estero a insediarsi nelle regioni settentrionali del paese, quelle dove si concentra la popolazione di origine russa che rappresenta circa il 15% del totale.
Lo sciovinismo russo allarma AstanaD’altronde, le autorità di Astana sono state messe in allarme da alcune dichiarazioni di esponenti politici russi che hanno più volte messo in dubbio l’esistenza stessa di una nazione kazaka o che hanno fatto appello alla difesa delle popolazioni russofone del nord del paese. Tra questi il deputato comunista al parlamento cittadino di Mosca, Sergey Savostyanov, che ha suggerito di includere il Kazakistan in una «zona di smilitarizzazione e denazificazione» che protegga la sicurezza e gli interessi di Mosca. Ad agosto, poi, Dmitry Medvedev, vicepresidente del Consiglio di Sicurezza di Mosca, ha scritto sul social Vkontakte che la Federazione dovrebbe occuparsi del Kazakistan del nord definendo il vicino, con cui condivide più di 8000 km di confine, di essere uno “stato artificiale” e accusando il regime kazako di realizzare un genocidio contro la popolazione russa. L’ex presidente russo ha poi cancellato il post lamentando un hackeraggio del suo account, ma il segnale ha comunque allarmato Tokayev anche perché già nel 2014 lo stesso Putin aveva utilizzato argomentazioni simili. Nel 2020, in un intervento alla tv di stato di Mosca, il deputato russo Vyacheslav Nikonov aveva poi dichiarato: «Il Kazakistan semplicemente non esisteva, il Kazakistan settentrionale non era abitato e il Kazakistan di oggi è un grande dono della Russia e dell’Unione Sovietica».
Nelle scorse settimane Mosca e Astana sono stati protagonisti di un conflitto diplomatico: la Russia ha preteso l’espulsione dell’ambasciatore ucraino ad Astana colpevole di feroci dichiarazioni antirusse, e il governo kazako ha accusato la Russia di non comportarsi come un “partner strategico di pari livello”. Contemporaneamente Astana ha affermato che non riconosce l’annessione alla Russia dei territori conquistati da Mosca in Ucraina, ed ha dichiarato che le decine di migliaia di cittadini russi che arrivano nel paese per sfuggire all’arruolamento (o che temono di essere coscritti in una prossima nuova mobilitazione a sorpresa) non saranno consegnati alle autorità russe. Già a marzo il viceministro degli Esteri kazako aveva detto che il suo paese era lieto di ospitare le aziende in fuga da Mosca a causa delle sanzioni.
In questa situazione si è abilmente inserita proprio la Cina. A settembre, in visita ufficiale in Kazakistan prima di partecipare al vertice di Samarcanda (Uzbekistan) dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, il leader cinese Xi Jinping ha esplicitamente offerto a Tokayev il proprio supporto a difesa dell’indipendenza, della sovranità e dell’integrità territoriale del Kazakistan, riferendosi implicitamente proprio alle neanche troppo velate minacce russe.
Astana si rivolge alla Cina e alla Turchia
Per diminuire l’ancora consistente dipendenza del Kazakistan dalla Russia, il leader kazako persegue esplicitamente una rapida diversificazione delle esportazioni del petrolio, cercando di bypassare il territorio russo e di sottrarre quindi a Mosca un elemento di possibile, forte condizionamento. Ora quasi l’80% del petrolio esportato da Astana verso l’Europa transita nel Caspian Pipeline Consortium (CPC), di cui Mosca detiene il 31%, oltretutto dal porto russo di Novorossiysk. Mentre il CPC trasporta ogni giorno un milione di barili di greggio, attraverso la rotta alternativa nel Mar Caspio Astana ne transitano solo 100 mila barili quotidiani. Se la Russia decidesse di chiudere il CPC, Astana perderebbe il 40% dei propri introiti totali. Per aumentare in maniera consistente la quota di petrolio esportata attraverso metodi alternativi Tokayev e si è rivolto alla Turchia e all’Azerbaigian.
Per la prima volta dalla sua ascesa al potere, nei mesi scorsi Tokayev si è recato in Turchia, dove ha ottenuto da Erdoganil varo di una partnership strategica e l’impegno da parte dell’industria militare turca a produrre i propri droni in Kazakistan. Come se non bastasse, Astana ha siglato con Ankara un accordo sullo scambio di informazioni militari.
Interessato al porto di Baku – snodo internazionale utile a distribuire il proprio petrolio evitando il territorio russo – Tokayev si è congratulato con il dittatore Aliyev per aver ripristinato l’integrità territoriale dell’Azerbaigian, riconquistando la maggior parte dei territori del Nagorno-Karabakh. E questo nonostante il Kazakistan sia un alleato dell’Armenia all’interno del CSTO.
Per ampliare la propria tradizionale “politica estera multivettoriale”, Astana guarda anche ad occidente, come vedremo nella seconda parte dell’articolo. – Pagine Esteri
Leggi la seconda parte dell’articolo: Cina, Turchia e UE insidiano il primato russo in Asia Centrale (2a parte)
* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora anche con il Manifesto, Catarsi e Berria.
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Il Fediverso
Riscaldatori elettrici: una soluzione per risparmiare sul gas
Sul mercato B2B l’esigenza di adottare soluzioni di riscaldamento che non prevedano l’utilizzo del gas è diventata un’esigenza di cruciale importanza. La ragione deriva dai costi, che sono diventati insostenibili e, quindi, risulta necessario valutare delle alternative, come ad esempio i sistemi di riscaldamento elettrici. Questi permettono di bypassare il consumo del gas e sono […]
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#uncaffèconluigieinaudi – Ognuno è consapevole, per lieta e dolorosa esperienza fattane
Ognuno è consapevole, per lieta e dolorosa esperienza fattane, che le sue sorti […] sono indissolubilmente connesse con le condizioni generali del paese
da Corriere della Sera, 27 giugno 1911
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Ucraina: la pace di Emmanuel e Francesco
Nella partita globale che si gioca dietro la guerra ucraina, un accordo di non belligeranza tra la Cina e gli USA, Biden ha bisogno di Macron e dell’Europa. Macron è pronto. E oltre lui, al lavoro c'è papa Francesco. L'Italia no, non c'è, Meloni è un altro mondo
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Etiopia, la crisi è tutt’altro che finita nel Tigray
L’accordo di pace tra le parti fa ben sperare, ma la crisi nel nord dell’Etiopia continua.
Dopo una guerra molto distruttiva e insensata nella regione del Tigray negli ultimi due anni, il governo dell’Etiopia e il Fronte popolare di liberazione del Tigray (TPLF) hanno firmato un accordo di pace per porre fine alle ostilità il 2 novembre.
Articolo di dibattito tra:
- Teklehaymanot G. Weldemichel – Borsista postdottorato presso NTNU
- Lyla Metha – Professore presso l’Institute of Development Studies presso la Sussex University e Noragric presso NMBU
Si sarebbe potuto pensare che la situazione fosse migliorata ora a tre settimane dalla firma dell'”accordo di pace” in Sudafrica, ma il fatto è che i circa sei milioni di abitanti del Tigray vivono ancora praticamente isolati dal mondo esterno. Hanno ancora scarso accesso ai servizi bancari, all’elettricità, ai trasporti e alle comunicazioni con il mondo esterno.
Ci sono anche poche indicazioni che le forze eritree si siano ritirate dal Tigray, che gli attacchi nemici siano cessati o che nella regione sia entrata una quantità sufficiente degli aiuti di emergenza tanto necessari.
Non esiste ancora quasi nessuna cura disponibile per malattie come il diabete, l’HIV e la tubercolosi. Anche l’ospedale del capoluogo del Tigray, Mekele, è privo di medicinali necessari . La carenza di medicinali potrebbe essere persino peggiore ora rispetto a prima della firma dell’accordo.
Una crisi dimenticata
È un dato di fatto che la guerra nel Tigray, con le sue conseguenze catastrofiche sotto forma di enormi bisogni umanitari e violazioni dei diritti umani, è tra le peggiori guerre che il mondo abbia vissuto negli ultimi anni.
Per due interi anni, il Tigray è stato sotto un blocco de facto , con pochissimi rifornimenti umanitari che entrano nella regione.
La crisi è rimasta nascosta al resto del mondo perché praticamente tutti i canali di comunicazione sono stati interrotti, ma anche perché ha ricevuto un’attenzione minima da parte della comunità internazionale. Questo perché molta attenzione è stata rivolta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ma anche perché le guerre africane sono spesso considerate meno importanti perché sono “ fuori vista ” per noi.
Nessuna delle due parti è senza colpa
Non ci sono parti in conflitto che siano irreprensibili. I rapporti indicano che i soldati del TPLF hanno commesso crimini di guerra nella vicina regione di Amhara nel Tigray entro la fine del 2021.
Ciò che sta accadendo nel Tigray dall’autunno del 2020 è tuttavia di portata completamente diversa. Un rapporto delle Nazioni Unite di settembre ha mostrato che le autorità etiopi ei loro alleati hanno commesso crimini contro l’umanità nel Tigray. Il rapporto afferma inoltre che ci sono buone ragioni per ritenere che le forze di resistenza nel Tigray siano state responsabili anche di crimini di guerra e gravi violazioni dei diritti umani.
La guerra è stata caratterizzata da violente ostilità contro i civili nel Tigray e nelle regioni limitrofe. L’Università di Ghent in Belgio ha stimato che siano andate perdute tra le 380.000 e le 600.000 vite civili, ma i numeri effettivi potrebbero essere più alti. La fame e la mancanza di medicine durante il blocco sono una delle cause principali, ma anche vite umane sono state perse a causa di orribili massacri e bombardamenti indiscriminati di obiettivi civili.
C’è stata anche una campagna di pulizia etnica nel Tigray occidentale, che ha provocato la fuga di massa di 1,2 milioni di persone da queste aree, principalmente verso altre parti del Tigray.
Il capo dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha recentemente descritto la guerra nel Tigray come “la peggiore crisi umanitaria mondiale provocata dall’uomo”. Il mese scorso, il Museo dell’Olocausto degli Stati Uniti ha lanciato l’allarme sull’aumento del rischio di genocidio nel Tigray. Ma l’avvertimento è arrivato troppo tardi, perché ci sono già prove che quello che è successo potrebbe essere un genocidio.
Gli agricoltori sono morti di fame
All’inizio di quest’anno abbiamo sottolineato che i contadini del Tigray, in particolare, erano a rischio di fame. Le loro fattorie sono state sistematicamente saccheggiate e distrutte durante la prima invasione del 2020, avvenuta nel bel mezzo del raccolto.
Il saccheggio e la distruzione sono stati seguiti da una campagna anti-agricola e da un assedio che ha impedito agli agricoltori di ottenere aiuti per ricostruire le loro fattorie, acquisire nuovo bestiame e altri prodotti essenziali come sementi e fertilizzanti per le due stagioni successive.
Proprio come nell’autunno del 2020, le forze etiopi e i loro alleati, come le forze eritree e varie milizie di etnia Amhara, questo autunno hanno lanciato un’offensiva su vasta scala lungo i confini del Tigray nel mezzo del raccolto.
I rapporti indicano che le forze hanno sistematicamente ucciso civili e che sono state coinvolte nell’incendio e nel saccheggio di raccolti e altre proprietà civili nelle aree di cui hanno preso il controllo.
Questi attacchi hanno seguito lo stesso schema delle recenti invasioni nella regione. Mentre le forze alleate si spingono nei villaggi remoti nella regione del Tigray, i campi di raccolti che avrebbero dovuto essere raccolti sono stati invece trasformati in campi di battaglia. La conseguenza è che gli agricoltori sono diventati incapaci di sostenersi.
Secondo gli esperti delle Nazioni Unite , ci sono anche buone ragioni per ritenere che le autorità etiopi abbiano dimostrato di aver usato la fame come arma di guerra.
Leggi anche: Ottimismo, ma anche delusione per i contenuti dell’accordo tra etiopi in Norvegia
La Norvegia deve aiutare
I bisogni sono ancora enormi nel nord dell’Etiopia e ora la comunità internazionale deve intervenire. Questo vale anche per la Norvegia, che per molti decenni ha fornito sostegno allo sviluppo sociale ed economico dell’Etiopia.
Anche il Comitato per il Nobel norvegese ha scelto di assegnare il premio per la pace al primo ministro Abiy Ahmed un anno prima che entrasse in guerra nel suo paese. Successivamente, sia i norvegesi che gli etiopi hanno sostenuto che il comitato per il Nobel che ha assegnato il premio ad Abiy deve dimettersi e il premio per la pace deve essere ritirato.
Considerando le strette relazioni diplomatiche ed economiche tra Etiopia e Norvegia, è nostra opinione che la Norvegia debba fare di più. Soprattutto da quando la Norvegia è stata al fianco dell’Etiopia in quelli che avrebbero dovuto essere i bei tempi del paese (assegnando il premio al primo ministro Abiy), dovremmo fare lo stesso ora e aiutare il paese nei momenti difficili.
Per la gente comune nel Tigray e in Etiopia in generale, i tempi non sono mai stati più duri di adesso. È importante che la Norvegia, insieme ad altri paesi partner, eserciti pressioni affinché l’accordo di pace venga attuato.
Leggi anche: Giornalisti introdotti clandestinamente nel Tigray, hanno documentato condizioni estreme
Un “accordo di pace”
Nonostante il diffuso elogio dell’accordo di pace per una “cessazione delle ostilità”, sono in molti a dubitare che il cessate il fuoco sarà effettivamente rispettato in futuro. Tra l’altro, ci sono stati diversi attacchi di droni dalla firma dell’accordo.
Fano, una milizia Amhara nota per la sua partecipazione alla pulizia etnica del Tigray occidentale, rimane nelle città e nei villaggi del Tigray dove si dice stia commettendo atrocità.
Il ruolo dell’Eritrea non è affatto menzionato nell’accordo di pace, sebbene il testo contenga una sezione sulla “fine del confronto con forze esterne su entrambe le parti del conflitto”.
Così com’è, è solo un “accordo di pace” sulla carta, e ci sono pochi cambiamenti reali per i milioni di persone intrappolate all’interno dei confini chiusi del Tigray.
Mukesh Kapila, che è un riconosciuto esperto di genocidio, ha recentemente affermato che fino a 5.000 persone moriranno nel Tigray ogni settimana se gli aiuti di emergenza non vengono portati ora.
Raccomandazioni alla comunità internazionale
Data la natura debole dell’accordo di pace, vorremmo formulare le seguenti raccomandazioni in particolare alla comunità internazionale, che comprende la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, le istituzioni multilaterali come l’ONU e l’UE, nonché le autorità nazionali:
- Garantire che il cessate il fuoco sia rispettato da tutte le parti in conflitto. Il cessate il fuoco deve essere monitorato da attori internazionali, non solo dall’Unione Africana, che ha svolto quello che riteniamo essere un ruolo politico e problematico nel conflitto.
- I rifornimenti umanitari e medici ei servizi di comunicazione devono essere immediatamente ripristinati e l’assedio revocato. È anche importante notare il fatto che l’accesso alla fornitura di aiuti di emergenza è stato qualcosa che può essere negoziato in questa crisi e che crea un precedente negativo per crisi simili in futuro.
- Il linguaggio ostile, la propaganda e l’incitamento all’odio devono cessare immediatamente e tutte le parti devono dimostrare di volere la pace.
- La Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e altre istituzioni multinazionali devono garantire che ogni sostegno all’Etiopia venga interrotto a meno che non ci sia la pace e il paese si assuma la responsabilità dei diritti umani e dei crimini di guerra che sono stati commessi.
- Le questioni relative alla giustizia, alla responsabilità e alla riconciliazione non devono essere trascurate. Non è possibile raggiungere una pace duratura se i responsabili delle violenze non vengono assicurati alla giustizia e riconciliati. Questo è l’unico modo per evitare un’altra guerra in futuro.
Sunniva Kvamsdal Svezia : giornalista di dibattito presso Bistandsaktuelt.
FONTE: bistandsaktuelt.no/den-afrikan…
Georgia: giovani, suburbani, non bianchi salveranno i democratici
Sono giovani, suburbani, non bianchi (per lo più asiatici, neri, ispanici) votano, e sembra consegneranno il seggio della Georgia al Senato (l’ultimo in palio) al partito Democratico quando, il prossimo martedì 6 dicembre, si terrà l’elezione che vede il democratico Raphael Warnock sfidare il candidato repubblicano Herschel Walker. Nello Stato si è già iniziato a votare […]
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Gli imprenditori? Meglio bravi che buoni
Il caso di Bankman-Fried, che si diceva pronto a donare metà della propria ricchezza ma si è rivelato un truffatore
Sam Bankman-Fried era il volto giovane del capitalismo «illuminato»: trentenne, finanziatore del partito democratico, esponente del movimento per l’«altruismo efficace». Era pronto a donare metà della propria ricchezza, in vista di obiettivi i più ambiziosi. La sua piattaforma di scambio di criptovalute si è rivelata una specie di schema Ponzi, dove le spese venivano spensieratamente approvate a colpi di emoji (le «faccine»).
Ora con SBF rischiano di venire travolti gli enti non profit che finanziava e lo stesso «altruismo efficace». Che invece rispecchia, a partire dal padre nobile Peter Singer, una sensibilità nuova. Anziché augurarsi che anche i ricchi piangano e confidare nella tassazione progressiva e in uno Stato sociale pesante, gli altruisti efficaci, abbienti o squattrinati che siano, si impegnano a donare del loro a gruppi che dimostrano di saper fare bene il bene. L’ambizione è che quei dollari e quegli euro finiscano dove meglio possono essere impiegati: non per utilità personale, ma a vantaggio dell’umanità intera.
Che un filantropo sia un truffatore non significa che la filantropia sia una truffa. E tuttavia guai a dimenticare che il fine non giustifica i mezzi. Chi ha sempre insistito che l’unica responsabilità dell’impresa è fare profitti intendeva proprio questo. Gli uomini d’affari devono seguire le norme vigenti e rendere conto a investitori o azionisti nel linguaggio freddo ma veritiero dei bilanci. Gli slanci ideali sono ammirevoli, le intenzioni generose pure. Però il compito di FTX è assolvere gli obblighi assunti con i suoi clienti e poi remunerare chi vi ha investito. Il bravo imprenditore offre ai consumatori beni e servizi di valore e poi fa profitto per sé e gli azionisti. L’imprenditore buono parte di quel profitto lo dona con generosità. È apprezzabile che vi siano imprenditori buoni, a essere «socialmente necessari» sono gli imprenditori bravi.
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Frana ad Ischia: la politica illegale dell’ Italia nel fango
Non crediamo mai abbastanza a ciò in cui non crediamo (M. Conte S. 2004) Quando siamo stati piccoli sentivamo ogni tanto in un dialogo improvvisato qualcuno sbottare con un ‘qui succede Casamicciola!’ per dire di un disastro che sarebbe esploso. Diventato grande, ho letto del terremoto di Casamicciola del 28 luglio 1883 quando nell’isola di […]
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Abuso d’abuso
Abusare significa fare un cattivo, illecito o smodato uso di una qualche cosa. Ma capita che l’abuso sia nella cosa stessa, specie quando si legifera, per definire e punire gli abusi, abusando della genericità. Il risultato è che si capisce la minaccia, ma non si capisce niente del resto. E nella discussione sulla modifica del reato d’abuso d’ufficio, come nelle conseguenze degli abusi edilizi, spesso si cade nell’errore di discutere le conseguenze e non le cause. Perché una legge funzioni è necessario che sia chiaro in che consista l’illecito, quali sono le sanzioni e che si sia in grado di farle valere. Non appaia strano, ma c’è molto in comune fra i procedimenti costruiti senza prove e le case costruite senza permessi. I rimedi ci sono.
Quasi tutti sanno cos’è un divieto di sosta: c’è un cartello, ci sono strisce per terra, c’è una curva, e so che se passa il vigile becco la multa. Ma se, per atteggiarsi a ecourbanisti, si stabilisse che è proibito parcheggiarle dove “danno fastidio”, sarebbe una cosa apparentemente giusta, ma praticamente insensata: che significa? a chi? con quale criterio? Risultato: tutti se ne impipano e le multe sono tutte ricorribili.
L’abuso d’ufficio funziona così: quando la procura non riesce a contestare la corruzione o la concussione, non avendo alcun elemento per farlo, contesta l’abuso d’ufficio. Tanto nessuno sa cosa sia. Risultato, relativo ai sindaci: nel 60% dei casi la procura che aveva avviato il procedimento chiede poi il proscioglimento; nel 20% sarà il giudice dell’indagine preliminare a chiudere la partita, per mancanza di palla; nel 18% si va a giudizio, che nel 2% dei casi porta alla condanna. Uno scherzo. Dispendioso.
Ma c’è l’altro risultato: chi ha il sindaco (o altro pubblico ufficiale) sul gozzo, magari stando all’opposizione, presenterà un generico esposto, la procura avvierà un indagine, emetterà un avviso di garanzia ed ecco che si può fare una bella campagna contro l’indagato, chiedendone le dimissioni. Se poi verrà condannato in primo grado, nonostante la Costituzione ne attesti l’immutata presunta innocenza, un’altra legge incivile (la Severino) provvede a farlo decadere. La successiva assoluzione servirà a nulla.
Meritorio che ci si proponga di sbaraccare questo circo, ma il tendone è solo la conseguenza di due terribili vizi:
a. una giustizia lentissima, sicché fra il sospetto e l’assoluzione passa una non assolvibile vita;
b. la pretesa di portare il giudizio sempre in sede giudiziaria, anziché sostenere che il sindaco è un incapace, anche senza reato.
Andiamo ai mattoni.
Chiedo di costruire una casa o un capannone, indicando luogo e dimensioni. La risposta dovrebbe essere: sì o no. Ma nessuno mi risponde. O ci rinuncio, o dico che sono stato costretto a farlo senza permessi. La casa l’ho costruita abusivamente e deve essere demolita, ma nessuno viene a buttarla giù (a Ischia poco più dell’1% dei casi). Cosa m’insegna questo? Che la denuncia per omissione d’atti d’ufficio è inutile, tanto l’amministrazione avrà sempre un parere mancante che la vincolava, mentre se mi demolisci casa la denuncia al sindaco, per abuso, non gliela toglie nessuno, mentre il voto glielo tolgono quasi tutti. Conseguenza: nessuno firma più niente, salvo che non abbia un buon motivo per farlo.
Rimedi:
1. una legge che non si capisce è illegittima;
2. una legge fatta di richiami ad altre leggi è illeggibile, ergo è scritta da incapaci o da complici degli abusi, servono testi unici leggibili;
3. se l’abuso è sempre condonato, che sia edilizio o fiscale, se ne trae incentivo ad abusare, quindi non si condona, se non dopo avere cambiato l’andazzo;
4. al potere deve corrispondere la responsabilità, del fare e del non fare, il che valga per i sindaci, ma anche per i magistrati (amministrativi, civili e penali): mi porti ingiustamente a giudizio, sospendi una delibera corretta e devi risponderne.
5. una società sana punisce chi sporca, non legifera pensando di cancellare il male, perché quello è pattume ipocrita, che prelude al condono.
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Paesi baltici cani da guardia su cooperazione Russia – Occidente
L'accordo del grano simboleggia bene il ruolo rivestito da Lituania, Lettonia ed Estonia nelle relazioni dell'Occidente con Mosca
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L’impatto della designazione della Russia come Stato terrorista
Il 2023 sarà il primo anno dalla fine della Guerra Fredda in cui il continente europeo si starà impegnando collettivamente nei confronti della Russia da una nuova prospettiva in gran parte guidata dall'est
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Il patto di difesa USA-Filippine aumenta lo scontro con la Cina?
La scorsa settimana il vicepresidente Kamala Harris ha visitato le Filippine, promettendo più fondi per gli aiuti e proponendo una cooperazione militare allargata. “Come alleati, gli Stati Uniti stanno con le Filippine di fronte alle intimidazioni e alla coercizione nel Mar Cinese Meridionale”, ha affermato Harris . Questo è “un impegno incrollabile”, ha aggiunto, che […]
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Iran – USA: ai Mondiali di calcio Qatar 2022 scoppia la guerra … sul campo
Qualunque sia il risultato finale, la politicizzazione della squadra nazionale di calcio in mezzo alle proteste avrà forza, ma il movimento antigovernativo trarrà vantaggio solo se la squadra farà bene
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Renato Balestra, lo stilista del made in Italy più cosmopolita
Renato Balestra se n ‘è andato a 98 anni, il 26 novembre scorso 2022, lasciando un’immensa eredità nel mondo della moda e della creatività stilistica, oltre al ricordo di una figura straordinaria dai molteplici interessi mel campo della pittura, della musica della scenografia. Data l’età, era considerato il decano di questo variegato contraddittorio e agitato mondo, parte […]
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La passeggiata di @Christian Bernieri in #FieraMilano è un'occasione per parlare della frequente tentazione, da parte di chi gestisce gli esercizi commerciali o le fiere, di catturare i segnali bluetooth e wi-fi dei nostri cellulari
"una INFORMATIVA PRIVACY, non un semplice caretello, ci avvisa della presenza di un sistema di acquisizione dei segnali wifi presenti nell'area. Un sistema invisibile, posizionato ovunque, capace di ascoltare i segnali wifi e registrare le informazioni che riesce a captare.
Ogni cellulare, se il wifi è acceso, cerca in continuazione altre reti wifi e segnala la propria presenza lampeggiando come un faro, e come un faro ha un lampeggio tipico, dice che è lui, proprio lui, non un altro cellulare qualsiasi. Lampeggia dicendo il proprio nome / codice univoco / identificativo."
Di @Christian Bernieri sul suo blog
bernieri.blogspot.com/2022/11/…
Andiamo a divertirci un po'.
Andiamo a divertirci... e vediamo cosa succede. Ieri, in occasione del Milan Games Week, come decine di migliaia di altre persone (ragazzi,...bernieri.blogspot.com
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@Michele NO! (ma anche sì...😁)
Mi spiego: il fatto che la motorizzazione permetta ai costruttori di auto di fare serbatoi che perdano continuativamente un filo di benzina è un problema, certamente. Ma questo non rende meno colpevole il municipio gestore dell'illuminazione stradale quando i suoi lampioni rilasciano scintille.
Perché se l'auto prende fuoco, sarà pure colpa del costruttore, ma la responsabilità principale è proprio del comune che, conoscendo bene quali siano i problemi del parco circolante, trasforma ogni automobile in un potenziale ordigno.
Fuor di metafora, è chiaro che noi andiamo in giro con dei radiofari portatili, ma questo non solo non giustifica, ma rende ancora più colpevoli coloro che se ne approfittano per catturare dati!
Cosa dare da mangiare al cane: meglio crocchette o cibo umido?
Cosa dare da mangiare al proprio amico a 4 zampe? Questa è una domanda che si pongono moltissime persone, anche perché in questi ultimi anni è cresciuta parecchio l’attenzione nei confronti dell’alimentazione del cane. Per essere sicuri di garantire al proprio animale domestico il meglio, l’importante è scegliere sempre alimenti di alta qualità e su […]
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Lavorare nel turismo: i requisiti indispensabili
Il turismo è uno dei settori economici più sviluppati in Italia e ogni anno il nostro Paese è meta di cittadini provenienti da tutto il mondo per le loro vacanze. Città d’arte, località al mare, centri sciistici e centri termali: l’Italia ha turisti 365 giorni all’anno. Per un giovane è un ottimo settore nel quale […]
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Etiopia, funzionario del Tigray accusa le forze eritree di “uccidere sommariamente” civili, chiede protezione al governo federale
Getachew Reda, portavoce del Fronte popolare di liberazione del Tigray (TPLF) e membro della delegazione per i colloqui di pace del Tigray, ha affermato che le forze eritree hanno continuato a uccidere civili, compresi bambini e donne, mentre le forze del Tigray stanno portando avanti il disimpegno come concordato a Pretoria/ Patto di pace di Nairobi.
Getachew domenica 27 novembre 2022 ha twittato:
“Le forze eritree stanno ancora uccidendo civili, saccheggiando, distruggendo e saccheggiando proprietà a piacimento. A maggio Abay la scorsa settimana, sono stati giustiziati sommariamente centinaia di donne e bambini”
È l’ultima di una continua accusa di atrocità avanzata dai funzionari del Tigray contro le forze eritree da quando l’accordo di pace è stato raggiunto per la prima volta in Sudafrica il 2 novembre.
Domenica scorsa, citando testimoni oculari e operatori umanitari, l’AP ha riferito che:
“gli alleati dell’esercito federale etiope stanno saccheggiando proprietà ed effettuando detenzioni di massa nel Tigray. Le truppe eritree e le forze della vicina regione etiope di Amhara – che hanno combattuto a fianco dell’esercito federale etiope nel conflitto del Tigray – hanno saccheggiato aziende, proprietà private, veicoli e cliniche sanitarie a Shire, una città nord-occidentale che è stata catturata dalle forze del Tigray il mese scorso”
Aggiungendo che:
“i civili accusati di aiutare le forze del Tigray sono” anch’essi detenuti nella città di Alamata, nel sud del Tigray.”
Una dichiarazione dello stato regionale rilasciata il 19 novembre ha accusato le forze eritree di aver commesso crimini contro l’umanità, saccheggio di proprietà appartenenti a privati e istituzioni religiose. Lo stesso giorno le riprese trasmesse dal media regionale, Tigray TV, mostravano anche cadaveri sparsi sul terreno che si diceva fossero alcune delle 63 vittime civili, tra cui dieci bambini, uccise dalle forze eritree a Egela, nel Tigray centrale.
Lo avevo riportato su Focus On Africa: Etiopia, continuano violenze e abusi dell’Eritrea in Tigray nonostante l’accordo di Pretoria
La TV regionale del Tigray ha anche riferito domenica di continui pesanti bombardamenti del distretto di Irob nel Tigray orientale da parte di “forze eritree nonostante l’accordo di pace”.
Getachew ha dichiarato:
“È ovvio che gli eritrei non hanno alcun interesse per qualsiasi accordo pacifico tra il governo centrale e il Tigray poiché ostacolerebbe i loro nefasti piani nel Corno. La domanda è: i nostri partner per la pace ad Addis faranno la loro parte nell’accordo per proteggere i civili e fare tutto il necessario per convincere le “forze esterne e non ENDF” a lasciare il Tigray? La nostra speranza e aspettativa è che adempiano la loro parte dell’affare”
Il comandante dei combattenti del Tigray, il tenente generale Tadesse Werede, nella sua ultima intervista con Tigray TV , ha affermato che l’attuazione dell’accordo di pace è iniziata dalla parte del Tigray. Ha aggiunto che il disarmo delle armi pesanti da parte dei combattenti del Tigray è collegato al ritiro delle forze eritree e amhara dalla regione del Tigray.
Olusegun Obasanjo, alto rappresentante dell’Unione africana nel Corno d’Africa e capo negoziatore di pace tra il governo etiope e le autorità del Tigray, durante una visita a Mekelle, capitale della regione del Tigray il 24 novembre, ha dichiarato agli alti dirigenti dello stato regionale che:
“nessun paese dovrebbe accettare la presenza di un paese straniero sulla sua terra ”,
Sottolineando che la sua visita mira a determinare come risolvere al meglio le questioni, inclusa la questione delle truppe straniere.
In risposta a un tweet dell’Ufficio per gli affari africani del Dipartimento di Stato americano che ha accolto con favore la visita di Obasanjo nel Tigray e la sua successiva dichiarazione sulla presenza indesiderata di truppe straniere, il ministro dell’Informazione dell’Eritrea Yemane Gebremeskel ha twittato che:
“le architetture di difesa tra Stati africani sovrani non sono soggette a precedente approvazione , o veto da parte di poteri estranei”.
Alla voce “Disarmo dei combattenti armati del Tigray”, della Dichiarazione del Piano Esecutivo punto 2.1/D, si afferma che “ il disarmo delle armi pesanti sarà effettuato in concomitanza con il ritiro delle forze straniere e non ENDF dalla regione“. (Copia dichiarazione)
Il governo federale non ha commentato le accuse di atrocità commesse dalle forze eritree, né vi è alcuna relazione sullo stato del loro ritiro dalla regione del Tigray.
Gli sforzi di Addis Standard per ottenere commenti sia dai servizi di comunicazione del governo federale che dalle forze di difesa nazionali etiopi (ENDF) non hanno avuto successo. Il capo delle pubbliche relazioni dell’ENDF, il colonnello Getnet Adane, si è astenuto dal commentare la questione e ha detto che dovremmo aspettare dichiarazioni ufficiali.
FONTE: addisstandard.com/news-tigraya…
Lothar Günther Buchheim – U boot il sommergibile
#uncaffèconluigieinaudi – In Italia purtroppo la ripresa vera…
“In Italia purtroppo la ripresa vera del movimento economico non si è ancora bene affermata. Qua è là si intravede l’alba del giorno che sorgerà splendente”
da Corriere della Sera, 17 gennaio 1910
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Italia – Francia: distanze rischiose
Siamo al punto che si rischia di pregiudicare definitivamente quel progetto del trattato del Quirinale che prevedeva una sempre più stretta cooperazione fino all’integrazione tra Italia e Francia
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"Abbiamo bisogno di un obbligo di responsabilità attiva da parte dei fornitori di modelli di intelligenza artificiale, che siano responsabili dell'utilizzo dei dati raccolti a beneficio di coloro da cui vengono raccolti e non contro di loro". Questo, a suo avviso, è molto più potente dell'ottenere il consenso, anche quando il consenso viene richiesto in un linguaggio semplice perché le persone possono essere troppo facilmente indotte a dare il consenso, come dimostra la storia delle iniziative sulla #privacy dei dati.
Di Gil Press su #Forbes
forbes.com/sites/gilpress/2022…
AI Is A Mirror, Not A Master, Says Tim O’Reilly
Tim O'Reilly on fixing AI by fixing ourselves.Gil Press (Forbes)
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Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂
in reply to emiliomillepiani • •emiliomillepiani
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ • •ahahahah...nooo, per nulla, anzi....quella la si costruisce molto meglio di altre grazie alla sua versalità...è l'ondata di cui sopra... :
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