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Separare le carriere? «Aspettate e vedrete», dice il Guardasigilli – ildubbio.news


Dibattito con Migliucci, che da presidente dei penalisti ha raccolto le firme per la legge sui magistrati e che ricorda: «È ora di attuare davvero il processo accusatorio» Giudice terzo, giusto processo e nuove frontiere della giustizia sono stati i temi

Dibattito con Migliucci, che da presidente dei penalisti ha raccolto le firme per la legge sui magistrati e che ricorda: «È ora di attuare davvero il processo accusatorio»


Giudice terzo, giusto processo e nuove frontiere della giustizia sono stati i temi al centro del dibattito che si è tenuto ieri a Roma tra il ministro della Giustizia Carlo Nordio, Sabino Cassese e l’ex presidente delle Camere penali Beniamino Migliucci, in occasione della presentazione del libro “Non diamoci del tu. La separazione delle carriere”, di Giuseppe Benedetto, presidente della Fondazione Einaudi, ed edito da Rubbettino. Il dibattito è stato coordinato dal neosegretario della Fondazione Andrea Cangini. Sotto Beniamino Migliucci, l’Unione Camere penali ha raccolto le oltre 70mila firme per la proposta di legge di iniziativa popolare per la separazione delle carriere depositata poi in Parlamento.

«È una riforma ineludibile», ha detto il penalista, «la riforma di tutte le riforme soprattutto se si immagina di mantenere un codice a tendenza accusatoria, liberale, che pone al centro del processo il contraddittorio, la parità delle parti». Nordio ha firmato la prefazione del volume di Benedetto: «Tutto il libro dovrebbe essere attentamente studiato alla Scuola della magistratura, perché smentisce definitivamente le apocalittiche obiezioni che l’Anm ci propina in occasione anche delle più moderate proposte riformatrici, come l’ultima della ministra Cartabia». Adesso la pensa allo stesso modo? «Quando ho scritto la prefazione – ha detto esordendo – non avrei mai immaginato di diventare parlamentare né ministro della Giustizia. Far parte del governo può limitare le aspettative e le volontà di Nordio come scrittore e modesto giurista, ma ciò non vuol dire che le mie idee liberali siano cambiate o si siano annacquate».

Il guardasigilli sente quasi il bisogno di giustificarsi, dopo aver ricevuto nelle ultime settimane anche delle critiche da parte di chi lo accusa di aver invertito la rotta rispetto ai suoi principi. «Le decisioni vengono prese collegialmente all’interno del governo, la complessità della politica richiede compromessi ma non al punto da tradire l’idea liberale che sarà mantenuta fermissima». Lo ha ribadito più volte, questo concetto: «Senza voler anticipare l’illustrazione delle linee programmatiche alle Camere prevista per il prossimo 6 dicembre, posso dire che le mie idee verranno riaffermate. La fattibilità politica poi verrà scansionata in base alle modalità tecniche: per riformare l’abuso di ufficio può bastare un mese, per avere una norma che preveda un organo collegiale che decida sulla custodia cautelare ci possono volere tre mesi, per fare una riforma costituzionale occorre più tempo».

Non fa mai esplicito riferimento alla “separazione delle carriere”, ma il nesso è chiaro dato il tema del libro e le altre cose dette, tra cui: «A questo mondo nulla è eterno. Stamattina ( ieri, ndr) ho avuto modo di incontrare per molto tempo il cardinale Ravasi ed è emerso che soltanto la verità del Signore rimane in eterno, il resto si può cambiare. Quindi non c’è nessun reato di lesa maestà se si propone una riforma costituzionale».

Poi è entrato un po’ più nel dettaglio sulle ragioni: «Quando è avvenuto il miracolo politico e giuridico della Costituzione, l’unità delle carriere, l’obbligatorietà dell’azione penale, la figura del pubblico ministero modellata su quella del giudice erano perfettamente coerenti tra loro. Ma i padri costituenti non potevano immaginare che 40 anni dopo Vassalli avrebbe varato un codice ispirato al processo anglosassone». Quindi «occorre necessariamente superare il paradosso di un codice “fascista”, firmato da Benito Mussolini e dal re, che gode di ottima salute e di un codice di procedura penale saccheggiato e demolito perché ritenuto incompatibile con la Costituzione. O torniamo al codice Rocco, pienamente conforme alla Costituzione, oppure cambiamo la Costituzione. Attualmente abbiamo i tre pilastri: Costituzione, codice penale e codice procedura penale, incompatibili tra di loro».

Il guardasigilli si è poi riferito alla spending review della legge di Bilancio che ha toccato anche via Arenula e il Dap. «Ho letto molte critiche sui tagli anche al nostro ministero: il taglio lineare che è stato fatto non era trattabile, come è giusto che sia. L’emergenza economica impone di devolvere queste riforme a chi non riesce ad arrivare alla fine del mese».

Nordio ha spiegato di condividere le misure, ma ha aggiunto: «Spero di uscire presto dall’emergenza, e che ci siano altre risorse il prossimo anno. C’è il Pnrr, non ci si può muovere con grande elasticità ma proveremo a farlo, anche col bilancio interno del ministero. Cercheremo di rimodulare per evitare le criticità che derivano dai tagli lineari». Ha poi sottolineato nuovamente come «l’obiettivo delle riforme iniziali è avere un impatto positivo sull’economia del Paese. Anche per questo incontrerò i rappresentanti Anci per discutere di una profonda revisione dei reati che paralizzano l’amministrazione, della “paura della firma” o come preferisco dire io della “amministrazione difensiva”».

Il Dubbio

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Mano visibile


Per Ita Airwais è stato interrotto il negoziato a due, finalizzato all’ingresso di un socio. Si riparte dalla caselle precedente, trattando con le due cordate iniziali. Intanto il solo socio imprenditoriale italiano si è dileguato. Il disegno iniziale era

Per Ita Airwais è stato interrotto il negoziato a due, finalizzato all’ingresso di un socio. Si riparte dalla caselle precedente, trattando con le due cordate iniziali. Intanto il solo socio imprenditoriale italiano si è dileguato. Il disegno iniziale era far ripartire la compagnia aerea con capitale pubblico e poi metterla sul mercato, adesso andrà già bene se lo Stato non resterà il solo azionista. Per Tim si sa solo che si vuole una “rete unica” (che già definirla non è facile: si nazionalizzano gli impianti degli altri?) e che sarà a capitale pubblico. Non si sa come e in che tempi, posto che lo Stato è già azionista di due reti diverse. Di sicuro si dovrà pagare o la rete che si trova in Tim, o gli azionisti che detengono Tim, in entrambi i casi ricomprando quel che i soldi pubblici costruirono, malamente vendettero e ora riprendono quando necessita di investimenti. Per Ilva, che fu la pubblica Italsider e ora ribattezzata Acciaierie d’Italia, il clamore fa credere che il processo si sia concluso, mentre invece siamo al primo grado: inchiesta cominciata nel 2012 e dieci anni dopo siamo tenuti a considerare gli imputati presunti innocenti. Nel frattempo l’acciaieria è stata scassata, il capitale privato entrato non è stato costretto a mantenere fede ai patti e nel 2024 tornerà tutto pubblico. Ma c’è una forte pressione a rinazionalizzare immediatamente. Così, giusto per citare tre casi.

Lo Stato fa male il proprio dovere, ovvero regolare, controllare ed eventualmente giudicare, ma è sempre pronto a fare il mestiere degli altri, dell’impresa. Non c’è economia di mercato di questo mondo in cui non ci sia la presenza di capitali pubblici, sicché i puristi del privato hanno sbagliato mondo. Ma fare investimenti pubblici per far marciare settori in cui il ritorno economico è a lunga scadenza (si pensi alla ricerca scientifica o all’esplorazione spaziale) e usare i capitali pubblici per prendere quel che è fallito, sono cose diverse. E, quando si usano capitali pubblici, una cosa è gestirli in una logica privatistica, puntando al profitto e alla separazione con gli obiettivi politici, come fu nell’impostazione di Beneduce e Mattioli, nel secolo scorso, altra l’impiegarli in nome di una “socialità” che genera asociale accumulazione di debiti.

Adam Smith riteneva che l’egoistico desiderio di ricchezza conducesse con sé, guidato da una <<mano invisibile>>, un bene pubblico. La carne che mangi non la devi alla generosità, ma all’egoismo del macellaio. È passato del tempo, ma la logica è quella. Se lo Stato mobilita soldi pubblici, ovvero dei contribuenti, lo fa agendo da mano visibile, non può che dichiarare le proprie intenzioni. Quale è l’intenzione? Salvare l’impresa, salvare i posti di lavoro? Se l’egoismo porta con sé benefici, un tale (peloso) altruismo porta con sé malefici. Se quei soldi vanno persi, se la produzione, il volo, il servizio telefonico non sono competitivi, il risultato sarà la dilapidazione, l’indebitamento, comunque un maggiore prelievo fiscale. E non c’è nulla di più asociale che prendere i miei soldi per indurmi a consumare prodotti e servizi che non vorrei consumare, che non consumo, sicché li pago altrove e in più pago anche il conto dei fallimenti.

Eppure, se si parla di soldi privati viene in mente l’egoismo, mentre se si parla dei pubblici ricorrono i concetti di socialità e salvataggio. Trovare, in ciò, le differenze fra Meloni e Landini è da rubrica di enigmistica: ci sono, ma ci vuole occhio per vederle. Lo statalismo è ambidestro, non di destra o di sinistra.

La mano visibile fa la mano morta nella mia tasca. E non è piacevole. Quindi: il capitale pubblico può ben essere usato nel mercato, ma si dica prima con che strumento, finalità e in quali tempi, controllando poi che le cose non vadano diversamente e chiudendo per tempo quel che è fallimentare. Un po’ come capita con i fondi europei, che il cielo salvi i controllori e i vincoli. Si sarà più ricchi e più occupati a far quel che serve e/o piace.

La Ragione

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Colombia: un mostro energetico minaccia comunità e ambiente


La diga e la centrale idroelettrica di Hidroituango, in Colombia, promettevano sviluppo e benessere ma finora hanno provocato la morte del fiume Cauca, inondazioni e il trasferimento forzato degli indigeni e delle popolazioni locali L'articolo Colombia:

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 2 dicembre 2022 – Recentemente i media colombiani si sono concentrati sull’enorme serpente – un boa constrictor di oltre due metri – ritrovato nella sala turbine della centrale idroelettrica di Hidroituango. Ma è per altri motivi che centinaia di migliaia di persone tengono gli occhi puntati sull’enorme installazione, pronti a cogliere i segnali di una possibile catastrofe per mettersi in salvo.
Nelle ultime settimane, infatti, i lavori di completamento della diga e della centrale hanno subito una netta accelerazione per tentare di rispettare l’obiettivo di far entrare in funzione entro la fine di novembre almeno due delle otto turbineche, ad opera completata, dovranno trasformare la forza dell’acqua in elettricità. Nel caso in cui l’obiettivo non fosse stato raggiunto, l’impresa avrebbe dovuto pagare ingenti multe.

Un mostro idroelettrico
In costruzione ormai da molti anni tra ritardi, incidenti e promesse di sviluppo, la grande opera ha già provocato inondazioni, inquinamento e la distruzione dell’ecosistema dell’area della Colombia dove sorge, rappresentando una tetra minaccia per un vasto territorio.
Imbrigliare in un enorme bacino il Cauca – il secondo fiume più importante della Colombia dopo il Magdalena – ha condotto alla sparizione dei modi di vita tradizionali delle comunità che vivevano sulle sue sponde, e che si dedicavano alla pesca, all’agricoltura e all’estrazione artigianale dell’oro dalla sabbia. Neanche la valutazione di impatto ambientale, che ha messo in evidenza gli alti rischi connessi con le caratteristiche idrogeologiche di una zona altamente sismica e soggetta a smottamenti, ha impedito che l’EPM (la società pubblica Empresas Públicas de Medellín) continuasse la costruzione del gigante idroelettrico nel dipartimento di Antioquia, a circa 135 km da Medellín, nel nordest della Colombia.
Quando verrà ultimata, quella di Ituango sarà la diga più grande di tutto il paese e la quarta per importanza di tutta l’America Latina. Un progetto faraonico che ha bloccato il Cauca con un muro alto 225 metri – come un grattacielo di 80 piani – e lungo 560 in grado di contenere 20 milioni di metri cubi di acqua per produrre 14 mila gigawattora di energia all’anno. A regime – da previsioni, nel 2026 – la centrale dovrebbe produrre il 17% dell’energia totale del paese, permettendo di ridurre in modo consistente l’utilizzo di combustibili fossili e di abbassare il prezzo dell’elettricità.
Finora, però, i costi di realizzazione sono lievitati a dismisura, passando da 2 a 3,7 miliardi di euro. I lavori, iniziati nel 2009 e che inizialmente dovevano concludersi nel 2018, sono andati più a rilento del previsto a causa di una lunga sequela di errori ed incidenti.

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Un villaggio sommerso dalle acque del Cauca nel 2018

Nel 2018 si sfiorò la catastrofe
Nella primavera del 2018 si verificò l’incidente più grave e si sfiorò la tragedia: a causa dei detriti trasportati dal fiume dopo forti piogge e di alcune frane, i tunnel nei quali era convogliato il Cauca si ostruirono, e l’acqua cominciò a salire di livello nella diga e ad esercitare una forte pressione sul muro di contenimento non ancora ultimato. Per evitare il crollo della diga, la direzione dell’EPM decise di permettere lo sfogo dell’acqua attraverso la sala delle turbine, causandone la totale distruzione con un danno economico incalcolabile.
Pochi giorni dopo, però – era il 12 maggio – la pressione causò comunque la disostruzione di uno dei tunnel e l’acqua, irrompendo nel letto del fiume, inondò vasti territori a valle della diga spazzando via tutto ciò che incontrava. Numerosi comuni della zona dovettero essere evacuati; solo da tre municipi – Valdivia, Tarazá e Cáceres – furono sfollati circa 15 mila abitanti. Se la diga avesse ceduto circa 130 mila persone sarebbero state seriamente minacciate, ha ammesso recentemente Robinson Miranda, il direttore del settore sociale e ambientale delle Imprese Pubbliche di Medellín, durante una conversazione con alcuni giornalisti colombiani e stranieri. Una minaccia, ovviamente, che continua ad aleggiare sui territori a valle della centrale.
Delle famiglie evacuate nel 2018, circa 2500 ci hanno messo più di un anno a tornare alle proprie case, e comunque la forza dell’acqua ha distrutto decine di abitazioni, strade ed edifici pubblici soprattutto a Puerto Valdivia dove la scuola, l’ambulatorio e un ponte sono stati spazzati via e tuttora non sono ancora stati ricostruiti. A dar retta all’EPM tutti gli sfollati sono rientrati alle loro case, ma le testimonianze degli attivisti locali e dei giornalisti arrivati a Puerto Valdivia nelle ultime settimane raccontano di strade fantasma costellate di edifici in rovina che solo da qualche settimana hanno visto iniziare i lavori di ricostruzione.

Il rischio di una nuova catastrofe
Molte famiglie hanno abbandonato le loro case lungo il Cauca – dove tornano ogni tanto per controllare che i loro pochi averi non siano stati rubati – ed hanno dovuto prendere in affitto altre abitazioni sulle colline; troppa la paurache si ripeta ciò che è successo nel 2018 o che si verifichi un incidente ancora più devastante.
Una preoccupazione condivisa dal primo presidente di sinistra del paese; «Prima di accendere le turbine di Hidroituango si devono evacuare gli abitanti a rischio come misura di precauzione» ha scritto Gustavo Petro sulle reti sociali, raccogliendo gli appelli delle comunità e delle associazioni locali. Il pronunciamento della massima carica dello stato ha convinto le autorità locali a procedere all’evacuazione delle famiglie che vivono nella zona più vicina alla centrale nei giorni della messa in funzione delle prime due turbine. Nei giorni scorsi era stata la stessa la ministra delle Miniere e dell’Energia, Irene Velez, a citare il rischio di un cedimento della montagna al momento dell’entrata in funzione delle turbine, eventualità smentita dal governatore di Antioquia Anibal Gaviria.

Comunità sfollate ed ecosistemi danneggiati
“Incidenti” a parte, la realizzazione del colossale impianto ha provocato pesanti conseguenze ambientali sui territori circostanti e un irreversibile sconvolgimento degli ecosistemi.
Gli abitanti assicurano che dopo la realizzazione della diga il clima della regione è cambiato con un aumento dell’umidità che rende meno redditizia la coltivazione della yucca e del mais, le colture tradizionali della zona.
Inoltre negli ultimi anni la superficie del lago artificiale è stata ricoperta di giacinti d’acqua, una pianta galleggiante fortemente infestante che impedisce allo specchio d’acqua di ossigenarsi e fa da schermo alla luce del sole, danneggiando la flora e la fauna. La diffusione del giacinto d’acqua ha a sua volta provocato un ambiente adatto alla proliferazione delle zanzare che attraverso le loro punture trasmettono agli abitanti della zona il virus della leishmaniosi che causa ulcere, febbre, vomito e diarrea.

Negli ultimi anni, poi, la centrale ha più volte chiuso le paratie della diga prosciugando quasi completamente il fiume e provocando così la morte di decine di migliaia di pesci, con danni incalcolabili per l’intero ecosistema e per i pescatori che ancora riuscivano a sopravvivere sfruttando le acque del Cauca. L’opera artificiale, infine, ha distrutto i territori ancestrali degli indigeni Nutabe che, esclusi dai risarcimenti accordati alle comunità locali, si sono spesso ridotti a vivere ai margini dei centri abitati della zona, in una condizione di marginalità e sradicamento.

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Pesci morti nel Cauca in secca

Gli oppositori perseguitati
Contro la diga, sin dall’inizio dei lavori, si è sviluppata nella regione una forte opposizione, coordinata dal movimento “Rio Vivos” – fiumi vivi – che ha tentato negli anni di sviluppare iniziative di denuncia e sensibilizzazione, scontrandosi però con minacce e persecuzioni (spesso da parte di bande paramilitari evidentemente al servizio degli interessi economici che sostengono Hidroituango) che hanno obbligato molti attivisti e attiviste a fuggire dal dipartimento di Antioquia per rifugiarsi in altre regioni della Colombia quando non all’estero. È il caso ad esempio di Milena Florez, che ha dovuto cercare scampo a Barcellona insieme alla sua famiglia.
In alcuni casi le intimidazioni si sono limitate a minacce di morte telefoniche, ma spesso hanno preso la forma di minacce fisiche dirette nei confronti degli attivisti e dei loro familiari. Numerosi sono i leader della protesta che sono stati assassinatio che sono semplicemente spariti, allungando la triste lista dei desaparecidos.
I grandi sponsor del gigante idroelettrico – in particolare l’ex presidente Alvaro Uribe e l’ex governatore di Antioquia Sergio Fajardo – hanno sempre presentato la realizzazione della diga come un qualcosa di inevitabile e prioritario.
Dopo anni di lavori, quando le prime due turbine sono state testate, appare chiaro che l’unico risultato visibile del mostro energetico per ora è la distruzione di migliaia di ettari di foresta tropicale, il trasferimento forzato delle comunità locali, l’assassinio dei suoi leader politici e sociali, la distruzione dell’economia dei territori interessati e lo sconvolgimento di interi ecosistemi. Ammesso che non si verifichino altri incidenti gravi, ne sarà valsa la pena? – Pagine Esteri

4000479* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora anche con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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Morti di lavoro, superate le mille vittime nel 2022. Va introdotto il reato di omicidio sul lavoro - Contropiano

"Dopo undici mesi i morti di lavoro in Italia hanno superato quota mille: al 30 novembre 2022 sono 1003, di cui 709 sul luogo di lavoro, 289 in itinere e 5 per Covid. La strage di lavoratrici e lavoratori va avanti così nel silenzio, rotto da qualche sussulto retorico della politica e del sindacalismo di maniera in occasione dei fatti più clamorosi."

contropiano.org/news/lavoro-co…

in reply to Giuseppe Pecoraro

Lavoro in edilizia e sulla sicurezza ci fanno un mazzo così. Un'ampia maggioranza dei morti è causata dal morto stesso che sceglie di non rispettare le norme di sicurezza oppure per distrazione. E posso confermarlo: io stesso sono stato testimone (e in un caso ahimè protagonista😱) di molti quasi infortuni che non hanno portato a nulla ma potenzialmente mortali
@Songase975


La Siria accusa: gli Usa ci rubano il petrolio


Mezza economia siriana in ginocchio per mancanza di carburante mentre, sostiene il governo di Damasco, Stati uniti e Sdf curde esportano illegalmente il petrolio siriano. Mistero intorno all'uccisione del leader dell'Isis Abu al Hasan al Quraishi. L'arti

di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 2 dicembre 2022 – Sarebbe avvenuta a metà ottobre l’uccisione del leader dello Stato islamico, Abu al Hasan al Quraishi, durante un raid nella provincia siriana meridionale di Daraa compiuto dal cosiddetto Esercito siriano libero (Esl), la milizia anti Bashar Assad sostenuta da Turchia e Stati uniti. Ad affermarlo è il colonello Joe Buccino, portavoce del Centcom, il comando centrale Usa in Medio oriente, che ha descritto la morte di Abu al Hasan al Quraishi come «un altro colpo» allo Stato islamico. La versione di Buccino non convince. Da tempo l’Esl è quasi scomparso dalla provincia di Daraa tornata in buona parte sotto il controllo di Damasco. Pertanto, un suo raid in quella parte del paese all’unico scopo di eliminare il capo dell’Isis è quanto meno improbabile. Così come appare strana la presenza di Al Quraishi nel sud della Siria, lontano dal territorio desertico dell’est del paese dove l’Isis continua i suoi attacchi mordi e fuggi contro soldati siriani e combattenti curdi. Da parte sua lo Stato islamico conferma la morte del suo leader avvenuta, ha comunicato, durante non meglio precisati «combattimenti», senza indicare né il luogo né l’ora della sua morte. E ha già annunciato il nome del suo nuovo capo: Abu al Hussein al Husseini al Quraishi. Il leader ucciso aveva assunto la guida dell’organizzazione jihadista dopo che l’ex numero uno dell’Isis, Abu Ibrahim al Qurashi, era stato colpito a morte da un commando statunitense in Siria, lo scorso 3 febbraio.

La notizia della morte di Al Quraishi ha avuto un impatto ridotto rispetto a quello delle uccisioni dei suoi predecessori, in particolare l’emiro Abu Bakr al Baghdadi nel 2019, a conferma che per i media locali e internazionali l’Isis ha perduto gran parte della sua rilevanza. Ma lo Stato islamico non è scomparso. Non controlla più territori ma l’ampia zona desertica della Siria orientale è teatro quasi quotidiano dei suoi sanguinosi raid contro le forze governative. Quest’area è importante anche per i suoi contesi giacimenti di petrolio. Dopo il 2014 lo Stato islamico li sfruttò vendendo un po’ a tutti e basso costo il greggio siriano. Oggi Damasco, alle prese con la carenza di carburante – nonostante le assicurazioni di Teheran, l’ultima petroliera iraniana è giunta ai porti siriani un mese fa e mezza economia siriana è in ginocchio -, punta il dito contro gli Stati uniti. Una compagnia petrolifera statunitense, affermano le autorità siriane, ha firmato un accordo con l’autoproclamata autonomia curda che controlla i giacimenti petroliferi del nord-est della Siria, allo scopo di «rubare» il greggio. «Questo accordo è nullo e privo di fondamento legale» protesta Damasco che denuncia «la violazione della sovranità siriana».

La Siria produceva 380.000 barili di petrolio prima che scoppiasse la guerra interna nel 2011. Damasco da anni non controlla più la maggior parte dei giacimenti petroliferi in un’area da est del fiume Eufrate fino a Deir al-Zor. Inoltre, le sanzioni occidentali hanno colpito anche l’industria energetica. Washington mantiene circa 900 soldati in territorio siriano, divisi tra la base di Al Tanf e le zone con i pozzi di petrolio. Il Pentagono alla fine dell’anno scorso ha precisato che i proventi dell’estrazione del greggio vanno alle unità di combattimento (Sdf) curdo-arabe, alleate degli Stati uniti.

Secondo l’agenzia ufficiale siriana Sana, il 25 settembre le forze americane hanno contrabbandato 79 autocisterne cariche di petrolio dalla regione di Jazira all’Iraq attraverso il valico di frontiera non ufficiale di Al-Mahmoudiya nel Kurdistan iracheno dove sono presenti anche forze statunitensi. In precedenza, altre 60 autocisterne avevano raggiunto il nord dell’Iraq. Il ministero siriano del petrolio e delle risorse minerarie riferisce che gli Stati uniti hanno trasferito fuori dalla Siria una media di 66.000 barili di petrolio ogni giorno nella prima metà del 2022, ovvero oltre l’83% della produzione giornaliera del paese. Nello stesso periodo le raffinerie di petrolio nazionali hanno ricevuto solo 14.200 barili al giorno. Tra perdite dirette e indirette, Damasco calcola in 107 miliardi di dollari le risorse sottratte alla Siria dall’Isis e da Washington e i suoi alleati dal 2011. Pagine Esteri

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#uncaffèconluigieinaudi – Il ritmo del progresso può temporaneamente rallentarsi…


Il ritmo del progresso può temporaneamente rallentarsi, per una fatalità di eventi; ma […] non può interrompersi da Corriere della Sera, 27 giugno 1911 L'articolo #uncaffèconluigieinaudi – Il ritmo del progresso può temporaneamente rallentarsi… proviene
Il ritmo del progresso può temporaneamente rallentarsi, per una fatalità di eventi; ma […] non può interrompersi


da Corriere della Sera, 27 giugno 1911

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Charles Michel incontra Xi Jinping a Pechino, mentre a Washington Macron è a colloquio con Biden. Così l’Europa cerca di destreggiarsi nel nuovo mondo polarizzato.


È stata inviata oggi a tutti gli istituti scolastici la nota con le indicazioni per le iscrizioni all’anno scolastico 2023/2024.

Anche quest’anno le procedure si svolgeranno online.



Biden – Macron: amicizia franco-americana con distinguo


Visita di Stato del Presidente francese Emmanuel Macron a Washington. Ottimo rapporto tra i due presidenti. Macron partner di riferimento dell'America in Europa. Punti di disaccordo costruttivi su guerra e pace in Ucraina, Russia post-guerra, energia, mantenendo l'unità transatlantica

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Alte aspettative10%. Questo il livello dell’inflazione dell’Eurozona a novembre. In discesa rispetto al +10,6% di ottobre, ma soprattutto più bassa rispetto a quanto ci si attendeva (+10,4%): una novità dopo mesi di previsioni costantemente sottostim…


La Russia è davvero il motivo per cui il Mali continua a respingere la Francia?


Una nuova esplosione di sentimenti anticoloniali sta attraversando da tempo le ex colonie francesi. Parigi accusa il governo del Mali di essere “alleato dei mercenari russi di Wagner”, ma è una scusa. Quello degli africani è un sentimento di sconfessione della politica francese, ma Parigi non capisce

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Economic disruption, food shortage, social discontent. The Middle East and North Africa region is at a crossroads, again.


L’India può aprire un nuovo capitolo nei rapporti con l’Italia


Roma conosce le reali intenzioni della Cina e sta lavorando per costruire un rapporto pragmatico su interessi condivisi con Delhi

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Etiopia, Raxio diventa il primo data center certificato Tier III dopo aver ricevuto la certificazione dall’Uptime Institute


Raxio Data Center in Etiopia (“ET1”) è diventato ufficialmente il primo data center indipendente certificato Tier III in Etiopia dopo aver ricevuto la certificazione Uptime…

Raxio Data Center in Etiopia (“ET1”) è diventato ufficialmente il primo data center indipendente certificato Tier III in Etiopia dopo aver ricevuto la certificazione Uptime Institute Tier III il 21 ottobre 2022. “Questa certificazione è stata ottenuta dopo un attento esame e valutazione da parte di i team internazionali di esperti dell’Uptime Institute per garantire che Raxio ET1 soddisfi i severi requisiti della certificazione Tier III di Uptime”, ha affermato il data center.

Raxio Data Center ha dato il via alla costruzione del primo data center di colocation carrier neutral privato di livello III dell’Etiopia presso l’ICT Park di Addis Abeba nel marzo 2021.

Con questa certificazione, Raxio ET1 diventa uno dei pochi data center Tier III, di proprietà privata e carrier-neutral in Africa a ricevere questa designazione, che include anche la struttura di Raxio in Uganda. Durante il processo di certificazione, i team dell’Uptime Institute hanno valutato tutti gli aspetti della progettazione e delle apparecchiature della struttura, come alimentazione, raffreddamento, soppressione e rilevamento degli incendi e altro.
Per passare come data center conforme a Tier III, l’infrastruttura meccanica ed elettrica deve essere manutenibile contemporaneamente, il che significa che il data center dispone di componenti di capacità ridondanti e percorsi multipli di alimentazione e raffreddamento verso le apparecchiature IT. I data center Tier III offrono una capacità ridondante che consente di arrestare e mantenere ogni singolo componente necessario per supportare l’ambiente di elaborazione IT senza influire sul funzionamento della struttura e sulla fornitura di servizi ai clienti.

Oltre alla capacità ridondante, ET1 offre anche manutenibilità simultanea su tutti i sistemi e sottosistemi critici, garantendo la ridondanza completa in caso di arresti o guasti imprevisti. La manutenibilità simultanea è una delle caratteristiche di progettazione più importanti che i clienti richiedono quando esternalizzano le loro esigenze di data center, consolidando la posizione di ET1 come struttura competitiva a livello globale.

Parlando dell’annuncio, Bewket Taffere, direttore generale di Raxio Ethiopia, afferma: “L’ottenimento della certificazione Tier III di Uptime per ET1 è una chiara testimonianza dell’attenzione e dell’enfasi di Raxio nel fornire la massima qualità dell’infrastruttura e dimostra la notevole attenzione prestata allo standard dei servizi stiamo fornendo al mercato etiope. In qualità di data center accreditato a livello internazionale, ET1 offrirà la qualità e il livello dei servizi richiesti dai clienti, migliorando la capacità dell’Etiopia di competere in un ambiente sempre più globale. Ci sono voluti molto duro lavoro e visione per trasformare questo risultato in realtà, e siamo entusiasti del ruolo che stiamo svolgendo a livello locale e regionale, mentre l’Etiopia continua a investire nell’economia delle TIC”.

Robert Saunders, CTO di Raxio Group ha aggiunto: “Questo è un chiaro impegno che Raxio sta sviluppando strutture di livello mondiale in termini di progettazione e costruzione per servire i nostri mercati. Grazie alla collaborazione con Uptime Institute, stiamo investendo nella due diligence tecnica delle nostre strutture che i nostri clienti locali e internazionali si aspettano. Ci siamo impegnati in una partnership a lungo termine; questo è il nostro secondo data center certificato con molti altri in arrivo.”

La certificazione Tier III è un impegno evidente che Raxio ET1 fornirà il più alto livello di disponibilità del servizio sul mercato per i suoi clienti, che includerà colocation per esigenze primarie e di ripristino di emergenza, connessione incrociata e servizi di assistenza remota. La struttura ospiterà clienti etiopi, regionali e internazionali nel settore ICT in rapida crescita nel paese. La certificazione Tier III è di fondamentale importanza per i clienti esigenti che utilizzano la struttura per ospitare le proprie apparecchiature business-critical, come quelli nei settori dei servizi finanziari e della sanità, nonché per le aziende emergenti e i clienti internazionali che desiderano offrire la prossima generazione di ICT servizi guidati in Etiopia.
La disponibilità di un data center Tier III in Etiopia è un enorme passo avanti nella fornitura di un’infrastruttura tecnologica che supporterà le imprese abilitate alla tecnologia in iper-crescita, nonché l’infrastruttura per il numero crescente di utenti Internet.

Raxio ET1 incorpora anche funzionalità ecosostenibili sviluppate con standard ingegneristici e operativi internazionali per mitigare i crescenti costi dell’energia, nel rispetto dell’ambiente. Con la combinazione di servizi Tier III e un design rispettoso dell’ambiente, Raxio ET1 sta definendo lo standard per i servizi di colocation premium.


FONTE: addisstandard.com/innovation-r…


tommasin.org/blog/2022-12-01/e…



Etiopia, costruzione istituto sicurezza ICT – Information and Communications Technology


L’Etiopia sta costruendo un forte istituto di gestione della sicurezza della rete informatica con manodopera, sistemi moderni e tecnologia locale. Addis Abeba (ESA) 21 novembre…

L’Etiopia sta costruendo un forte istituto di gestione della sicurezza della rete informatica con manodopera, sistemi moderni e tecnologia locale.

Addis Abeba (ESA) 21 novembre 2015 (30 nov. 2022) L’Etiopia sta costruendo un forte istituto di gestione della sicurezza della rete informatica con manodopera, procedure moderne e tecnologia indigena, ha affermato Solomon Soka, direttore generale della gestione della sicurezza della rete informatica dell’Etiopia.

Il direttore generale ha annunciato che l’Etiopia ha condiviso la sua esperienza nella gestione della sicurezza delle reti informatiche all’International Internet Management Conference.

Alla conferenza, l’Etiopia ha condiviso il lavoro che sta svolgendo nella gestione della rete di informazioni e ha affermato che sta prendendo esperienza da altri.

Solomon Soka, direttore generale dell’Information Network Security Administration, ha dichiarato all’ESA; I paesi della conferenza internazionale si stanno scambiando esperienze.

Hanno affermato che i paesi lavoreranno insieme per rendere Internet, che è la piattaforma di comunicazione mondiale e una grande risorsa, sicura e protetta. Ha detto che anche l’Etiopia ha condiviso la sua esperienza alla conferenza.

Hanno anche discusso di sicurezza informatica, questioni politiche e problemi riscontrati nell’attuazione di linee guida e controlli.

In questo modo, ha condiviso l’esperienza di Ethiopian Information Network Security Management.

Ha inoltre sottolineato le questioni sollevate da altri paesi sulle linee guida e le politiche di gestione della sicurezza informatica.

Ha sottolineato che la strategia digitale del 2025 è fondamentale per consentire sia alle istituzioni governative che private in Etiopia di fornire servizi attraverso Internet.

Per questo, ha affermato che si stanno facendo molti lavori sulla proprietà della tecnologia e sulla sicurezza informatica, che sono fondamentali per la trasformazione digitale.

Ha confermato che l’Etiopia è pronta a condividere la sua esperienza passata poiché sta svolgendo un lavoro che può essere un esempio per altri paesi facendo della sicurezza informatica un’agenda.

Ha detto che l’Etiopia sta costruendo un forte istituto di gestione della sicurezza della rete informatica con manodopera, procedure moderne e tecnologia indigena.

Ha anche ricordato che l’Etiopia si sta promuovendo oltre a condividere la sua esperienza sul campo alla Conferenza internazionale sulla gestione di Internet che si terrà ad Addis Abeba.

La conferenza fornisce consulenza sulla governance di Internet, l’accessibilità a Internet, lo sviluppo delle infrastrutture, la sicurezza informatica e altre questioni correlate.


FONTE:


tommasin.org/blog/2022-12-01/e…



Cina: fermare la mano americana sull’industria dei semiconduttori


La tecnologia dei semiconduttori è considerata dagli Stati Uniti la chiave per frenare lo sviluppo high-tech della Cina. Puntano a mantenere il divario di generazione tecnologica dell'industria cinese dei semiconduttori a quattro o più generazioni. Ecco cosa può fare Pechino per fermare i danni causati alla sua industria di semiconduttori dagli USA

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La Russia ha espresso il desiderio di aumentare la cooperazione con l’Etiopia nel campo della ICT e sicurezza digitale


Addis Abeba (ESA) 22/11/2015 (1 dic. 2022) La Russia ha annunciato di voler intensificare la cooperazione con l’Etiopia nel campo della digitalizzazione, della sicurezza delle…

Addis Abeba (ESA) 22/11/2015 (1 dic. 2022) La Russia ha annunciato di voler intensificare la cooperazione con l’Etiopia nel campo della digitalizzazione, della sicurezza delle reti informatiche e delle competenze digitali

Il ministro dell’Innovazione e della tecnologia Bele Mola (PhD) ha discusso con il vice ministro russo per lo sviluppo digitale, le comunicazioni e i mass media Maxim Parshin e la sua delegazione.

Il ministro ha anche chiesto alla Russia di continuare a sostenere il percorso di trasformazione digitale dell’Etiopia.

Ha affermato che l’Etiopia vorrebbe condividere l’esperienza sviluppata dalla Russia nelle competenze digitali e nella sicurezza delle reti di informazioni.

Il vice ministro russo per lo sviluppo digitale, le comunicazioni e i mass media, Maxim Parshin, ha confermato che la Russia lavorerà per aumentare la sua cooperazione con l’Etiopia nel campo della tecnologia digitale.

Hanno annunciato che coopereranno nei servizi governativi elettronici, nelle competenze digitali, nella sicurezza delle reti informatiche e in altri settori.

Le informazioni ricevute dal ministero indicano che l’Etiopia e la Russia stanno lavorando insieme in vari campi di cooperazione, tra cui scienza, tecnologia e innovazione.


FONTE: ena.et/?p=195429


tommasin.org/blog/2022-12-01/l…



Quanto può durare la neutralità dell’Algeria nella guerra in Ucraina?


Radicata in un approccio degli anni ’70 agli affari globali basato sul non allineamento, la risposta dell’Algeria all’invasione russa dell’Ucraina non è stata sorprendente. Pur non volendo sconvolgere né il Cremlino né l’Occidente, l’Algeria è stata neutrale in questo conflitto. La situazione in Ucraina, che inasprisce pericolosamente le tensioni tra la Russia – partner strategico […]

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Una mostra dell’archivio custodito


Oggi la Fondazione Luigi Einaudi, (in via della Conciliazione 10, a Roma) apre i suoi archivi, inaugurando una mostra che sarà aperta al pubblico fino al 22 dicembre. Nelle teche allestite nel salone delle conferenze si potranno ammirare documenti autenti

Oggi la Fondazione Luigi Einaudi, (in via della Conciliazione 10, a Roma) apre i suoi archivi, inaugurando una mostra che sarà aperta al pubblico fino al 22 dicembre. Nelle teche allestite nel salone delle conferenze si potranno ammirare documenti autentici, pescati nella storia stessa della Fondazione e nei fondi che qui sono stati depositati, fra i quali quello di Giovanni Malagodi, Oronzo Reale, Gian Piero Orsello, Antonio Scialoja e Valerio Zanone.

A queste carte hanno lavorato (e continueranno a farlo) giovani ricercatori, coordinati da Leonardo Musci, responsabile dell’archivio storico. Dietro il vetro ci saranno non solo testimonianze di alto valore storico ma anche di umanità e di affetto, come quello che legava Emesto Rossi a Luigi Einaudi e a sua moglie. Messaggi personali che Rossi accompagnava con il disegno di un burattino “Esto”. Lo stesso che compariva sempre nelle lettere che dal carcere e dal confino inviò, per lunghi anni, alla compagna di tutta la sua vita. Lunghi anni di detenzione per la sola colpa d’essere un antifascista.

Il compito delle Fondazioni è proprio questo: non solo custodire gli archivi ma anche aprirli, renderli accessibili al pubblico, sollecitare con quelli la curiosità e l’impegno dei più giovani. Non è vero che i ragazzi non siano interessati al passato, semmai sono le generazioni dei loro genitori e nonni che hanno preferito, per convenienza, nasconderlo e modificarlo a piacimento.
In questa occasione la Fondazione Luigi Einaudi ricorda anche i 60 anni.

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Political advertising: EU lawmakers to reign in on surveillance-based targeting of political advertising


Today, the European Parliament’s LIBE committee voted to restrict the use of personal data to target online political advertisements to data explicitly provided for this purpose by citizens with their consent, …

Today, the European Parliament’s LIBE committee voted to restrict the use of personal data to target online political advertisements to data explicitly provided for this purpose by citizens with their consent, excluding the use of behavioral and inferred intelligence on citizens. LIBE has the exclusive competence on the articles dealing with data protection (the targeting). However, the position will be subject to trilogue negotiations with EU governments.

Specifically, the Committee decided:

  • The use of personal data to target online political advertisements would be limited to data explicitly provided for this purpose by citizens with their consent, excluding the use of behavioral and inferred intelligence on citizens (“surveillance advertising”). Refusing consent should be no more complicated than giving it. The “do not track” setting would need to be respected without bothersome prompts. Users who refuse to consent would still have access to online platforms.
  • The platforms would be banned from running opaque ad delivery algorithms to determine who should see a political ad; they would only be able to select recipients randomly in the pool of people delineated by the targeting parameters chosen by the sponsor.
  • In the 60 days prior to an election or referendum, different political messages may be spread only of the basis of a voter’s language and the constituency they live in, avoiding a fragmentation of the public debate and the sending of contradictory and dishonest messages.
  • If a data protection authority such as the Irish DPA fails to enforce the rules against large online platforms, the European Data Protection Board would be able to take over. In cases of illegal political ads targeting it will not only be able to impose financial sanctions but can also temporarily suspend the targeting of ads by advertisers who seriously and systematically violated the rules. This ensures that more affluent sponsors are not able to factor-in the price of financial sanctions in their budget.
  • The targeting of political ads on the basis of a person’s racial or ethnic origin, political opinions, religious beliefs, health conditions or sexual orientation is to be banned both offline and online.
  • Depending on interpretation, no restrictions might apply to the use of personal data (including behavioural and inferred intelligence as well as sensitive data) by campaigns to target political messages via letter, e-mail, or text messaging at large scale. The targeting rules (Articles 12- and 12) would apply only where external “political advertising services” are used, thus excluding letters, e-mail and text messages sent directly by campaigns.


Pirate MEP Patrick Breyer comments:

“From the Donald Trump and Brexit campaigns we have learned that you can very effectively manipulate a voter if you know which message works on them. While many parties are using personalised targeting, it benefits mostly populist and anti-democratic forces.

I regret that one major loophole remains, however. The loophole for direct messages is bound to be exploited by anti-democratic and anti-european movements to manipulate elections and referendums by spreading disinformation and hatred tailored to each voter’s personality and weaknesses. Their online behaviour and habits right down to sexual orientation or religious beliefs could be exploited to target manipulative and false political messages, as happened in the Trump and Brexit campaigns. We should not allow this Regulation to be circumvented by simply moving from manipulative Facebook Ads to direct messages. We urgently need to close this loophole thus in the upcoming process. For the time being we abstained on the position.”


patrick-breyer.de/en/political…

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Ucraina: vivere, muovere e combattere? Dipende dalla logistica


Il ruolo della logistica nella guerra in Ucraina. Problemi diversi, preoccupazioni identiche per russi e ucraini, in primis il problema munizioni

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TarOccati


Non è sensato che i soldi disponibili per Ischia non siano stati spesi e già si dicano insufficienti quelli disponibili per il Pnrr. I fondi europei per rimediare al dissesto idrogeologico, Ischia compresa, erano pari a 8.5 miliardi. Prima di Next generat

Non è sensato che i soldi disponibili per Ischia non siano stati spesi e già si dicano insufficienti quelli disponibili per il Pnrr. I fondi europei per rimediare al dissesto idrogeologico, Ischia compresa, erano pari a 8.5 miliardi. Prima di Next generation Eu e del Pnrr. C’era un coordinamento a Palazzo Chigi. Cambiato il governo (con il Conte 1) lo si è smontato. 8 miliardi sono andati dispersi in altri capitoli di spesa. Dei fondi europei 2014-2020 siamo stati capaci di spenderne sì e no la metà. E ora andiamo dicendo che i 235 miliardi per il Pnrr sono pochi. Prima che dalla galera, reclamata dall’impareggiabile Pichetto Fratin, si finisca al manicomio, fermiamoci a ragionare. Perché se anziché cercare scuse per deresponsabilizzarsi degli insuccessi si cerca responsabilmente di capire come rimediare, s’intravede anche un dovere politico che coinvolge maggioranza e opposizione, giacché riguarda il Parlamento.

Cominciamo dal fondo: il Tribunale amministrativo regionale della Puglia accoglie un ricorso contro i lavori di costruzione di un importante nodo ferroviario, fra le altre cose ci sono dei Carrubi da salvare. Poi ci si lamenta che l’alta velocità va a rilento. Prendersela con il Tar serve a nulla, in quel modo si tarocca la realtà. Il procedimento è ancora in corso, magari si risolve e i Carrubi traslocano, ma il problema sono le norme: scritte come peggio non si potrebbe, prolisse, contraddittorie. Diche Giancarlo Coraggio, magistrato amministrativo e già presidente della Corte costituzionale (cambiano vorticosamente, e anche questo è grottesco): usiamo le direttive europee, così come sono, senza riscriverle malamente. Giusto. E facciamo i testi unici: una grande riforma, che costa niente ed è bastevole una squadra di giuristi. Più le leggi e i regolamenti sono confusi, più è difficile fare bandi e parteciparvi. E questo è l’altro problema: personale amministrativo non all’altezza. Ma basta avere università selettive e concorsi fatti bene. Mica serve essere paranormali, basta sapere dove mettere le mani.

Quindi si passa all’amministrazione centrale, il governo: quello Meloni ha opportunamente confermato la squadra tecnica predisposta dal governo Draghi, per il Pnrr. Bene. Intanto aggiunge che i ritardi erano precedenti e che il piano va cambiato. Cioè li ha confermati e li considera in difetto. Non ha senso. Stanno solo mettendo le mani avanti, il che serve a nulla. Il fatto è che il nuovo governo ha chiesto alle singole amministrazioni una ricognizione dei fondi disponibili, delle spese in corso e dei lavori avviati. Giusto, ma insensato. Perché sono cose che dovrebbero essere continuamente aggiornate e disponibili a tutti gli interessati. Altrimenti è come comprare casa e poi chiedere se c’è il tetto e l’impianto elettrico. E siccome i signori ministri non sono onniscienti (taluni tolgono il dubbio) vanno a fidarsi di qualche funzionario, che non sia quello di cui ci si fidava prima. A quel punto puoi pure confermare la squadra, ma senza un capo coerente giocheranno in cortile.

Il che porta al legislatore. Fare leggi che richiamano leggi e che nessuno è in grado di leggere è follia, ma è anche il solo modo per infilarci le magagne (tipo Ischia nel 2018). Questo poi corrompe la parte amministrativa e via di seguito. Ci siamo capiti. Tutto questo polverizzando le responsabilità, diffondendo irresponsabilità e portando poi nei tribunali, ove è impossibile si rimedi ai guasti ormai prodotti. È come chiede all’autopsia come curare il defunto.

In queste condizioni nessuno è in grado di governare o amministrare. O si procede per commissariamenti, a loro volta bancarotte del diritto, o si cercano scuse. Nessun governo è eterno, ma questi problemi restano. Ecco il terreno su cui far fiorire una politica che non sia coltivazione d’egolatrie insignificanti: smontare e ristrutturare l’intera baracca. E a parlare di cose concrete, mandando a stendere gli sbandieratori, c’è anche il rischio di collaborare e riuscirci.

La Ragione

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Mediterraneo Contemporaneo 2022. La rassegna culturale ci racconta la Tunisia


Una serie di appuntamenti tra Napoli e Salerno per la nuova edizione del festival curato da Maria Rosaria Greco. Musica, cultura, cinema, attualità L'articolo Mediterraneo Contemporaneo 2022. La rassegna culturale ci racconta la Tunisia proviene da Pagin

Pagine Esteri, 1 dicembre 2022 – Torna Mediterraneo contemporaneo il luogo della cultura altra e considerata diversa. La visione decoloniale è centrale in questa rassegna, curata da Maria Rosaria Greco, che dopo il Libano della prima edizione, quest’anno è dedicata alla Tunisia, con appuntamenti che vanno dal 30 novembre al 3 dicembre fra Napoli e Salerno, con un filo conduttore: democrazia e migrazioni.

Il progetto è lo spazio mediterraneo del Centro di produzione teatrale Casa del Contemporaneo e vuole intercettare le avanguardie artistiche, le voci messe a tacere, le identità culturali che attraversano le società mediterranee, delle quali siamo parte integrante più di quanto immaginiamo.

Dopo il Libano era interessante passare al continente africano – dichiara la curatrice Maria Rosaria Greco – alla riva sud del Mediterraneo. E la Tunisia in particolare vive un momento molto delicato: dopo la rivoluzione dei gelsomini del 2011 che cacciava il tiranno Ben Ali, oggi il Paese è una democrazia? Esiste una prospettiva decoloniale? Nessuna riforma strutturale è stata adottata, sia in campo economico che sociale, e la Tunisia è rimasta intrappolata in una grave crisi economica, peggiorata dalla pandemia e dalla crisi energetica, che spinge sempre più giovani tunisini a prendere la via del mare verso l’Europa. In questo contesto qual è lo scenario artistico e culturale? Di sicuro una delle grandi conquiste dei tunisini dopo il 2011 è stata la liberazione della parola, in questa libertà d’espressione trova spazio la nuova Tunisia, quella democratica, plurale, coraggiosa, che non vuole tornare alla dittatura. Mediterraneo contemporaneo vuole scoprire e ascoltare questa voce”.

Ogni appuntamento permette di conoscere da vicino la Tunisia, le sue tensioni culturali e sociali, i suoi sapori, la sua musica, e ogni ospite sarà un pezzo di questo racconto.

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Mercoledi 30 novembre a Napoli il primo appuntamento, all’Accademia di Belle Arti alle ore 10, in collaborazione con la Scuola di Cinema e grazie alla KITCHENFILM. È la proiezione del film La bella e le bestie della regista Kaouther Ben Hania, con la presenza della protagonista Mariam Al Ferjani. Ispirato a una storia vera il film è liberamente tratto dal libro Coupable d’avoir été violée (2013), scritto da Meriem Ben Mohamed assieme alla giornalista Ava Djamshidi e racconta la storia di Mariam, violentata da tre poliziotti, che decide di denunciare. Modera Gina Annunziata, docente ABANA di storia del cinema.

Giovedì 1 dicembre il secondo incontro. Si fa a Salerno, al Teatro Ghirelli alle ore 18 con Renata Pepicelli, docente di Islamistica e storia dei paesi islamici all’Università di Pisa (tra le maggiori esperte in Italia della realtà socioculturale tunisina), per un approfondimento sulle tensioni sociali e culturali della Tunisia, con lei Giso Amendola, docente di sociologia del diritto all’Università di Salerno, accompagnati dal dj set di Kais Zriba, giornalista e dj tunisino. Durante la serata sarà offerto cous cous e tè alla menta, a cura dell’associazione Ubuntu – Nuove generazioni italiane. (Ingresso libero – prenotazione consigliata al n. +393499438958).

Il terzo appuntamento è venerdì 2 dicembre alle ore 11,30 all’Università degli studi di Salerno, Aula 1 SSC -Edificio C, con la giornalista Arianna Poletti che presenta l’inchiesta appena pubblicata e condotta con la collega Aida Delpuech: “TuNur, il modello di esportazione di energia verde dal Nord Africa all’Ue”. Un’impresa britannico-tunisina sta progettando una gigantesca centrale solare nel deserto della Tunisia, un impianto che richiede un enorme consumo d’acqua. L’energia verde però andrà solo all’Europa. Con lei i docenti Unisa Gennaro Avallone, sociologia dello spazio e Giso Amendola, sociologia del diritto.

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Sabato 3 dicembre al Teatro Ghirelli di Salerno, alle ore 19.30 si chiude con il concerto dei Fanfara Station. Il trio è composto da Marzouk Mejri voce, percussioni, fiati tunisini, loop, Charles Ferris tromba, trombone e loop, Ghiaccioli e Branzini elettronica e programming. I Fanfara Station fondono la forza di un’orchestra di fiati e l’elettronica ai ritmi e canti del Maghreb. Il progetto si ispira al ricordo della banda del padre di Marzouk a Tunisi. La formazione celebra l’epopea dei popoli migranti del Mediterraneo, delle culture musicali della diaspora africana e dei flussi che da sempre uniscono il Medio Oriente al Maghreb, all’Europa e alle Americhe. (Ingresso 12 euro – prenotazione obbligatoria al n. +393499438958).

APPUNTAMENTI IN BREVE

  • CINEMA – Mercoledì 30 novembre, ore 10,00. All’Accademia di Belle Arti di Napoli la proiezione del film “La bella e le bestie” della regista Kaouther Ben Hania, con la presenza della protagonista Mariam Al Ferjani e Gina Annunziatadocente di storia del cinema.
  • CULTURA – Giovedì 1 dicembre, ore 18,00. Al teatro Ghirelli di Salerno l’approfondimento sulle tensioni sociali e culturali in Tunisia, con la presenza di Renata Pepicelli, docente di Islamistica e storia dei paesi islamici all’Università di Pisa, Giso Amendola, docente di sociologia del diritto all’Università di Salerno, accompagnati dal dj set di Kais Zriba. A chiusura cous cous e tè alla menta, a cura dell’associazione Ubuntu – Nuove generazioni italiane.
  • ATTUALITA’ – Venerdì 2 dicembre, ore 11,30. All’Università degli studi di Salerno, Aula 1 SSC – Edificio C, la giornalista Arianna Poletti presenta l’inchiesta appena pubblicata: “TuNur, il modello di esportazione di energia verde dal Nord Africa all’Ue” con i docenti Unisa Gennaro Avallone, sociologia dello spazio e Giso Amendola, sociologia del diritto.
  • MUSICA – Sabato 3 dicembre, ore 19,30. Al Teatro Ghirelli di Salerno il concerto dei Fanfara Station. Il trio è composto da Marzouk Mejri voce, percussioni, fiati tunisini, loop, Charles Ferris tromba, trombone e loop, Ghiaccioli e Branzini elettronica e programming.

Il progetto è promosso da Casa del Contemporaneo, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana, in partenariato con Regione Campania, Provincia di Salerno, Comune di Salerno, Università degli studi di Salerno, Accademia di Belle Arti di Napoli, Fondazione Salerno Contemporanea, Teatro Antonio Ghirelli e Associazione Ubuntu – Nuove generazioni italiane. Media partner il Manifesto e Pagine Esteri.

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Termocamino a legna: quali sono i vantaggi e perché conviene (anche in città)


È una soluzione sempre più in voga anche in città, negli appartamenti, nelle abitazioni dallo stile moderno. Quali sono, però, i vantaggi e perché il termocamino a legna conviene rispetto ad altre soluzioni per il riscaldamento? Proviamo a rispondere, non prima di aver almeno accennato al fatto che a renderla un’opzione sempre più comune ha […]

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Sabato 26 novembre si sono svolte le elezioni locali della Repubblica di Cina, Taiwan. Come previsto dagli ultimi sondaggi prima del silenzio elettorale, ha vinto in maniera netta il Guomindang (GMD), il principale partito di opposizione.



Mondiali Qatar: RAI e dovere di non-trasmissione


Noi in Qatar non ci siamo andati per la (s)brillantezza del nostro calcio e dei suoi dirigenti, ma non ci saremmo comunque dovuti andare. La RAI ci è andata, e non avrebbe mai dovuto andarci, avrebbe dovuto dire che i mondiali non li avrebbe trasmessi

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Dimensionamento #scuola: la riforma si pone l’obiettivo di armonizzare la distribuzione delle Istituzioni scolastiche a livello regionale con l’andamento della denatalità e quindi della riduzione degli studenti.


Afghanistan: tutti i soldi dei talebani


Nell’autunno 2021, quando a Kabul erano arrivati e si erano insediati i talebani, gli osservatori internazionali si chiedevano dove i nuovi padroni dell’Afghanistan avrebbero potuto trovare risorse finanziarie che permettessero loro di mantenere il controllo del Paese. Le aspettative erano decisamente pessimiste. Nei mesi a seguire, il pessimismo ha preso la forma dell’indigenza galoppante che […]

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I travagli COVID-19 della Cina


Una riapertura completa oggi potrebbe portare a 363 milioni di infezioni e quasi 620.000 morti

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Political advertising: EU Parliament disagrees on personalised targeting of political messages


The EU Parliament’s Civil Liberties Committee (LIBE) will vote tomorrow at 12:00 to restrict the use of personal data to target online political advertisements to data explicitly … https://www.patrick-breyer.de/wp-content/uploads/2022/11/2022-11-29-parle

The EU Parliament’s Civil Liberties Committee (LIBE) will vote tomorrow at 12:00 to restrict the use of personal data to target online political advertisements to data explicitly provided for this purpose by citizens with their consent, excluding the use of behavioural and inferred intelligence on citizens. Due to a lack of political agreement there will be a separate vote (“COMP12a”) on whether the use of personal data to target political messages at large scale via direct letters, e-mail and text messages will be restricted or not. Patrick Breyer (Pirate Party and Greens/EFA LIBE negotiator) explains:

“The direct messages loophole would be bound to be exploited by anti-democratic and anti-european movements to manipulate elections and referendums by spreading disinformation and hatred tailored to each voter’s personality and weaknesses. Their online behaviour and habits right down to sexual orientation or religious beliefs could be exploited to target manipulative and false political messages, as happened in the Trump and Brexit campaigns. We cannot allow this Regulation to be circumvented by simply moving manipulative Facebook Ads to direct messages.”

COMP12a reads: “When sponsors process personal data for direct targeted political advertising, such as sending targeted electronic mail or text messages, at large scale and on a systematic basis, the restrictions on targeting techniques in this Article and Article 12- shall apply, regardless of whether a service is involved or not.”

While there is political agreement on a so-called recital 47h to this end, the Legal Service has questioned this week whether a recital would be able to override the operative text, and recommends changing it. The targeting rules (Articles 12- and 12) are to apply only where external “political advertising services” are used, thus excluding letters, e-mail and text messages sent directly by campaigns.


patrick-breyer.de/en/political…



Con nuovi infissi si risparmia in bolletta


La stagione invernale è ormai vicina e per ridurre le spese energetiche, un ottimo rimedio è l’installazione di nuovi infissi. I materiali più richiesti sono il PVC e il legno. Infissi su misura: non solo per il risparmio energetico Infissi vecchi causano una dispersione di calore di oltre il 25% e di conseguenza provocano un […]

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Mondiali 2022: i doppi standard del Qatar e dei suoi critici


Con Paesi come l'Arabia Saudita e l'Egitto che ospitano o preparano offerte per ospitare numerosi eventi sportivi mondiali, il Qatar sarà probabilmente solo il primo di numerosi campi di battaglia mediorientali incentrati sui diritti

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Prove di guerra anti-Iran nei cieli del Mediterraneo


È cominciata il 29 novembre una delle più grandi esercitazioni aeree mai effettuate congiuntamente dalle forze armate di Stati Uniti d’America e Israele. Fino a giovedì 1 dicembre i cacciabombardieri USA e israeliani simuleranno un attacco contro le centr

di Antonio Mazzeo –

Pagine Esteri, 30 novembre 2022 – Prove di guerra nucleare anti-Iran. Ha preso il via martedì 29 novembre nei cieli del Mediterraneo orientale una delle più grandi esercitazioni aeree mai effettuate congiuntamente dalle forze armate di Stati Uniti d’America e Israele. Fino a giovedì 1 dicembre i cacciabombardieri USA e israeliani simuleranno un attacco contro le centrali sospettate di concorrere al programma di riarmo nucleare iraniano.

“Caccia e aerei cisterna per il rifornimento in volo della Israeli Air Force (IAF) e di US Air Force parteciperanno all’esercitazione e simuleranno diversi scenari per far fronte alle minacce regionali”, spiega in una nota l’ufficio stampa dell’Aeronautica militare di Tel Aviv.

È The Jerusalem Post a rivelare il vero obiettivo dei war games. “Con le crescenti tensioni per il programma nucleare dell’Iran e le ostilità nella regione, Israele e la Repubblica islamica si minacciano reciprocamente e gli Stati maggiori dei due paesi affermano che le rispettive forze armate sono in grado di colpire gli avversari”, scrive il quotidiano. In vista di un sempre più prevedibile attacco alle infrastrutture nucleari iraniane, le autorità israeliane hanno varato un ambizioso e costoso programma di rafforzamento del dispositivo aeronavale: per il bilancio della difesa 2023 sono stati stanziati 58 miliardi di shekel (16,29 miliardi di euro circa), 3,2 miliardi dei quali destinati specificatamente contro Teheran.

Secondo quanto riportato dai media statunitensi, la decisione di organizzare l’esercitazione aerea è stata presa lo scorso 23 novembre in occasione della vista negli USA del Capo delle forze armate di Israele, il generale Aviv Kochavi. “Il leader militare israeliano insieme al Capo di Stato Maggiore degli Stati Uniti d’America, gen. Mark Milley e al comandante di CENTCOM (Central Command) gen. Michael Kurilla, starebbero considerando di svolgere nelle prossime settimane un’attività addestrativa congiunta per addestrare i militari in vista di un possibile conflitto con l’Iran e i suoi alleati in Medio oriente”, annunciava Fox News Digitala conclusione del vertice.

Durante la sua missione in territorio USA, il gen. Aviv Kochavi è stato pure ospite del consigliere del presidente Biden per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, e del direttore della Central Intelligence Agency (CIA), William J. Burns. Al Comando delle forze navali di Norfolk (Virginia), il capo delle forze armate israeliane è stato accompagnato dai massimi responsabili di US Navy a bordo di un sottomarino nucleare e di una portaerei per “approfondire le conoscenze sulle loro capacità operative”, come riporta la Marina USA. Kochavi ha concluso il tour partecipando a un’esercitazione di “pronto intervento” in caso di crisi presso il quartier generale del Comando centrale CENTCOM a Tampa, Florida, dove ha ricevuto la medaglia al Merito militare “per aver contribuito a rendere più profonda la partnership strategica tra gli Stati Uniti d’America e Israele”.

“Al fine di migliorare le nostre capacità per affrontare le sfide nella regione, l’attività comune con CENTCOM si espanderà significativamente in futuro”, ha dichiarato il gen. Kohavi prima di far rientro in Israele. “Allo stesso tempo le forze armate israeliane continueranno ad agire a ritmo accelerato contro il radicamento del regime iraniano nella regione”.

“L’Iran è sottoposto a molte pressioni economiche, militari e interne e d’altro canto continua a promuovere il suo programma nucleare”, ha aggiunto Kohavi. “Con il gen. Mark Milley siamo d’accordo: ci troviamo in un punto critico e il tempo richiede di accelerare i piani operativi e di cooperazione contro l’Iran e i suoi alleati terroristi regionali”.

La pericolosa escalation del confronto-scontro di Washington/Tel Aviv con Teheran trova conferma in altre recentissime dichiarazioni ufficiali. Una settimana prima del viaggio del gen. Kohavi, era stato il comandante di CENTCOM, gen. Michael Kurilla, a recarsi in vista nel nord di Israele per partecipare alla consegna di tre nuovi cacciabombardieri F-35 “stealth” da parte della holding industriale-militare Lochkeed Martin, previa scorta nell’Oceano atlantico e nel Mediterraneo di due bombardieri strategici B-52 di US Air Force. “Noi stiamo operando insieme su tutti i fronti per raccogliere dati di intelligence, neutralizzare minacce e prepararci per vari scenari in una o più arene, sviluppando capacità militari contro l’Iran e altre minacce in Medio oriente”, dichiaravano i generali Kohavi e Kurilla.

Il 22 novembre il Comando delle forze navali USA e della V Flotta di stanza a Manama (Bahrain) ha emesso un comunicato stampa in cui si accusava l’Iran per l’attacco di un drone aereo contro una nave cisterna battente bandiera liberiana, il 15 novembre nelle acque del Mar arabico settentrionale. “Un laboratorio di U.S. Navy in Bahrain ha confermato l’Iran connection: due tecnici esperti in ordigni e esplosivi sono saliti a bordo della motonave Pacific Zircon, il giorno successivo all’attacco, per valutare i danni e raccogliere i frammenti del velivolo senza pilota per le analisi forensi”, scrive il Comando USA. “Il laboratorio ha accertato che il drone che ha colpito la nave cisterna è uno Shahed-136, adattandosi a un modello storico del crescente uso di una capacità letale direttamente da parte dell’Iran o dai suoi alleati in Medio oriente. L’Iran ha rifornito di droni aerei gli Huthi in Yemen ed essi sono stati utilizzati contro l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti negli ultimi anni. In aggiunta, la piattaforma Shahed-136 è la stessa dei droni che l’Iran ha fornito alla Russia per essere impiegati contro l’Ucraina”.

Ancora più nette le parole del vice ammiraglio Brad Cooper, comandante dell’U.S. Naval Forces Central Command e della V^ Flotta: “L’attacco iraniano contro un’unità commerciale in transito in acque internazionali è stato deliberato, palese e pericoloso, e ha messo in grave pericolo le vite dell’equipaggio, destabilizzando la sicurezza marittima in Medio oriente”.

Coincidenza vuole che due giorni prima della pubblicazione del comunicato stampa sul presunto strike “iraniano” alla Pacific Zircon, una delegazione delle forze armate israeliane guidate dal consigliere per la sicurezza nazionale Eyal Hulata, veniva ricevuta proprio dal Comando delle forze navali USA in Bahrain. Ad accogliere gli israeliani il viceammiraglio Brad Cooper e il coordinatore dell’U.S. National Security Council per il Medio oriente e il nord Africa, Brett McGurk. “La delegazione ha visitato il quartier generale della V^ Flotta per discutere sulle future opportunità di cooperazione nell’area e conoscere gli impegni in atto per rafforzare le partnership marittime regionali e integrare le nuove tecnologie”, riporta il Comando di Manama. “L’autunno scorso il Pentagono ha riposizionato Israele dall’area sottoposta al Comando USA in Europa e quello del Comando centrale che opera in questa regione per rafforzare la cooperazione militare navale principalmente nel Mar Rosso”.

In Bahrain la delegazione israeliana ha pure incontrato i membri della Task Force 59, l’unità d’élite della Marina USA istituita nel 2021 per contribuire allo sviluppo di nuovi sistemi di droni navali e subacquei e di tecnologie AI (Intelligenza artificiale) a favore della V^ Flotta. “La task force ha presentato agli ospiti i risultati delle collaborazioni avviate con l’industria privata, le università e i partner regionali per migliorare la visibilità sopra, sotto e il mare”, spiega US Navy. Adesso con la maxi-esercitazione aerea israelo-statunitense si passa a dare visibilità alle minacce nucleari nei cieli del Mediterraneo e del Golfo Persico.

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CISGIORDANIA. 5 palestinesi uccisi. Lapid chiede di fermare la Corte Penale Internazionale


Nuove letali incursioni dell'esercito dello Stato ebraico nei Territori occupati. Un quinto palestinese è stato ucciso dopo aver investito intenzionalmente una israeliana con la sua automobile. L'articolo CISGIORDANIA. 5 palestinesi uccisi. Lapid chiede

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 30 novembre, 2022 – Giunto ai suoi ultimi giorni da primo ministro, Yair Lapid ha inviato una lettera a più di 50 capi di stato e di governo in cui esorta a fermare i palestinesi intenzionati a sollecitare le Nazioni unite ad applicare la risoluzione approvata all’inizio di novembre che chiede il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia sull’occupazione militare israeliana, la colonizzazione ebraica e i piani di annessione allo Stato ebraico del territorio palestinese. Secondo Lapid sarebbe in atto «uno sforzo concertato contro Israele, per screditare le legittime preoccupazioni degli israeliani sulla sicurezza e per delegittimare l’esistenza» dello Stato ebraico.

Il premier israeliano uscente, un paio di mesi fa, si era detto a favore della soluzione a Due Stati (Israele e Palestina). Ma questa soluzione non potrà mai essere realizzata se prima non avrà termine l’occupazione militare israeliana dei territori di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est cominciata nel 1967. Occupazione presente in ogni momento dell’esistenza degli occupati e che ha colpito anche ieri: quattro palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano durante incursioni in Cisgiordania alla ricerca, afferma Tel Aviv, di «sospetti terroristi». A Kafr Ein sono stati uccisi due fratelli, Zafer e Jawad Rimawi. A Beit Ummar (Hebron) è stato colpito a morte Mufid Khalil. Il poliziotto dell’Anp Raed al Naasan è stato ucciso durante scontri nel villaggio di Al Mughayer (Ramallah).

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I funerali di due dei cinque palestinesi uccisi, foto WAFA

Un quinto palestinese, Rani Fayez, è stato ucciso a Betunia dopo che, stando al bollettino diffuso dal portavoce dell’esercito, aveva investito intenzionalmente con la sua automobile e ferito gravemente una soldatessa israeliana appena uscita da un parcheggio. Inseguito, Fayez è morto sotto i colpi d’arma da fuoco sparati dalla polizia israeliana. Il portavoce militare ha spiegato le uccisioni come atti di «legittima difesa». Diverso il giudizio dei palestinesi della Cisgiordania. Il primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Muhammad Shtayyeh ha definito «un crimine atroce» l’uccisione dei due fratelli. «Siamo di fronte a una escalation – ha detto – che porta il presagio di grandi pericoli». «Con la continua dichiarazione di guerra al nostro popolo, chiediamo ai paesi del mondo di intervenire con urgenza per fermare e frenare la macchina per uccidere israeliana».

L’escalation di questi ultimi giorni, segnati anche da un attentato a Gerusalemme Ovest in cui sono morti due israeliani, rischia di aggravarsi nelle prossime settimane quando la palla passerà al nuovo governo di estrema destra che sta formando Benyamin Netanyahu. Preoccupa più di tutto l’incarico di futuro ministro della Pubblica Sicurezza, con poteri speciali, assegnato a Itamar ben Gvir, il leader del partito razzista Otzmah Yehudit. Stando ai media israeliani i comandi militari hanno avvertito Netanyahu che la situazione potrebbe precipitare in una terza Intifada palestinese se ci saranno provocazioni da parte dei suoi ministri ultranazionalisti.

Nella regione intanto cresce il rischio di una nuova guerra. Manovre aeree che simuleranno attacchi contro le centrali nucleari iraniane sono state avviate ieri dalle aviazioni militari di Israele e Stati Uniti. Si tratta di una delle esercitazioni congiunte più ampie ed impegnative degli ultimi anni. Pagine Esteri

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After Russia's invasion of Ukraine and its weaponisation of natural gas supplies, energy security has become a top political priority for Europe.



La Cina deve alimentare la ripresa nel 2023


Dopo un difficile 2022, la Cina cerca di muoversi verso la ripresa nel 2023, tra la stagnazione negli Stati Uniti e la profonda recessione nell’Eurozona. Battuta da sfide interne e dirompenti venti contrari esterni, l’economia cinese ha affrontato un anno difficile. Il blocco dell’hub dei trasporti di Guangzhou, un numero crescente di casi a Pechino […]

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